Ambito di applicazione

1. Le disposizioni del codice si applicano ai contratti di appalto e di concessione.

2. Le disposizioni del codice non si applicano ai contratti esclusi, ai contratti attivi e ai contratti a titolo gratuito, anche qualora essi offrano opportunità di guadagno economico, anche indiretto.

3. Le disposizioni del codice non si applicano ai contratti di società e alle operazioni straordinarie che non comportino nuovi affidamenti di lavori, servizi e forniture. Restano ferme le disposizioni del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, in materia di scelta del socio privato e di cessione di quote o di azioni.

4. Con regolamento del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), sono disciplinate, le procedure di scelta del contraente e l'esecuzione del contratto da svolgersi all'estero, tenuto conto dei principi fondamentali del presente codice e delle procedure applicate dall'Unione europea e dalle organizzazioni internazionali di cui l'Italia è parte. Resta ferma l'applicazione del presente codice alle procedure di affidamento svolte in Italia.

5. L'affidamento dei contratti di cui al comma 2 che offrono opportunità di guadagno economico, anche indiretto, avviene tenendo conto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3.

6. Le definizioni del codice sono contenute nell'allegato I.1.

7. Le disposizioni del codice si applicano, altresì, all'aggiudicazione dei lavori pubblici da realizzarsi da parte di soggetti privati, titolari di permesso di costruire o di un altro titolo abilitativo, che assumono in via diretta l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dell'articolo 28, comma 5, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ovvero eseguono le relative opere in regime di convenzione. L'allegato I.12 individua le modalità di affidamento delle opere di urbanizzazione a scomputo del contributo di costruzione.

1 - I contratti gratuiti interessati

L’'articolo 13, comma 2, escludendo in via radicale l’applicazione del codice ai contratti gratuiti, supera l’opzione giurisprudenziale (Cons. Stato,  V, n. 4164/2017; Corte  Giust., IV, 10 settembre 2020, in causa C-367/19), che aveva acceduto a un’interpretazione estensiva del concetto di contratto di appalto, come tale a titolo oneroso, comprensiva anche dei contratti che, pur senza prevedere un corrispettivo in favore dell’esecutore della prestazione, siano volti al soddisfacimento di un suo pur indiretto interesse patrimoniale (fattispecie relative all’attribuzione a un professionista dell’incarico gratuito, con il solo rimborso spese, dell’incarico di redigere il nuovo strumento urbanistico del Comune di Catanzaro: il contratto è stato considerato un appalto pubblico di servizi, come tale soggetto alle regole del codice). Il nuovo codice, in quadro volto a limitare contratti d’opera intellettuale gratuiti, non considera “i contratti gratuiti interessati” appalti (per i quali c’è bisogno, quindi, di un’onerosità diretta), ma contratti estranei, soggetti solo ai principi di cui sopra.

Sull’equo compenso di cui alla legge n. 49/2023, cfr. Corte Giustizia 25.1.2024, C. 438/2022 (relativa al Consiglio forense), che esclude limiti alla libertà di fissazione dei compensi se non si tratti di tariffe non discriminatorie, necessarie e proporzionate. Vedi anche Corte Giust. n. 377 del 4.7.2019 sul caso tedesco.

Sul  problema dell’equo compenso, TAR Venezia, 03.04.2024 n. 632 ha affermato che la legge 49/2923 sull’equo compenso si applica  anche ai contratti pubblici producendo  l’eterointegrazione della lex specialis. Ne deriva che non sono ribassabili i compensi previsti dai decreti ministeriali per le varie prestazioni professionali, salva la ribassabilità delle voci relative ai costi e ad altre oneri economici.

Si consideri, poi, Cons. Stato, Sez. III, 8 gennaio 2024, n. 249: sull’ambito di applicazione del codice in rapporto all’ art 13, d.lgs. n. 36/2023 (art. 57 d.lgs. n. 117/2017 e applicazione Codice contratti pubblici:

I) Il servizio previsto dall’art. 57 del d.lgs. n. 117 del 2017 (codice del terzo settore) non deve necessariamente limitarsi ai soli infermi, ben potendo porsi la necessità che ad essere trasportato, in situazioni di emergenza e urgenza, per operare sul luogo di intervento, sia il personale sanitario (medico e infermiere) munito degli adeguati mezzi di soccorso. Pertanto le automediche – che sono funzionali ad espletare il servizio di trasporto sanitario in casi di emergenza e urgenza, anche in supporto al servizio effettuato tramite ambulanze, e in grado di far pervenire sul luogo dell’evento l’équipe sanitaria con la relativa attrezzatura – vanno ricomprese a tutti gli effetti tra i mezzi di soccorso sanitario.

II) Le stazioni appaltanti possono scegliere alternativamente tra il modulo derogatorio dell’affidamento e il ricorso al mercato. In tale ultimo caso l’amministrazione deve rendere una motivazione della scelta.

III) La fissazione di un tetto massimo alle somme rimborsabili non implica che tutte le spese richieste siano per ciò solo riconoscibili, dovendosi comunque superare, in maniera congiunta, il vaglio astratto di ammissibilità ed il vaglio concreto di effettività. 

IV) Il meccanismo della “clausola sociale” si può applicare anche in caso di affidamento del servizio di trasporto in emergenza, in quanto le organizzazioni di volontariato possono anche assumere, in parte, personale dipendente (oltre ai volontari), senza che ciò stravolga la natura giuridica di queste associazioni.

Sul tema delle concessioni demaniali scadute e sulla legittimità delle procedure selettive per l’affidamento delle stesse cfr. TAR Liguria, Sez. I, ord., 27 maggio 2024, n. 96, a tenore del quale: “L’indizione delle procedure selettive per l’affidamento delle concessioni demaniali marittime scadute è legittima e doverosa per consentire la proroga tecnica fino al 31 dicembre 2024 in favore degli attuali concessionari; per contro, non è applicabile l’art. 4, comma 4-bis, della l. n. 118/2002, recante il divieto di emanare bandi fino all’adozione di una disciplina uniforme a livello nazionale, sia perché il termine di sei mesi per l’esercizio della delega legislativa è spirato sia in quanto la disposizione, veicolando un’ulteriore proroga dei precedenti rapporti concessori, è in contrasto con il diritto europeo.

L’assegnazione ai titolari delle concessioni di uno spatium temporis di tre mesi e mezzo per la presentazione dell’istanza (con scadenza il 30 giugno 2024) e ai potenziali concorrenti di un termine di successivi trenta giorni, lungi dall’essere una previsione giugulatoria per i primi, finisce di fatto per favorirli, perché coloro che utilizzano da anni il bene demaniale marittimo sono perfettamente a conoscenza delle relative potenzialità di sfruttamento.

La scelta di parametrare l’indennizzo unicamente all’ammontare degli investimenti non ammortizzati non appare irragionevole né violativa della legge n. 118/2022.

Sul presupposto della gratuità nell’affidamento ad enti non profit si veda Cons. Stato, Sez. VI, 7 agosto 2024, n. 7020 secondo cui: “La gratuità, che consente l’affidamento selettivo riservato ad enti non profit, deve essere intesa, secondo il Consiglio di Stato, tenendo presente che “lo svolgimento di un servizio in assenza di corrispettivo non pone in radice problemi di distorsione della concorrenza in quanto (e nei limiti in cui) si risolve in un fenomeno non economico, ossia strutturalmente al di fuori delle logiche di mercato perché incapace di essere autosufficiente mediante la copertura dei costi con i ricavi. In tal caso la gratuità assume due significati: sotto un primo profilo, la creazione di ricchezza tramite il lavoro del prestatore di servizi non remunerato dal profitto; sotto un secondo profilo il sostenimento eventuale di costi senza rimborso né remunerazione, a puro scopo di solidarietà sociale (evenienza tipica delle associazioni di volontariato, cfr art. 17 del codice del terzo settore). In tali casi si realizza la corretta fattispecie della gratuità, vale a dire un aumento patrimoniale di un soggetto, in questo caso la collettività, cui corrisponde una sola e mera diminuzione patrimoniale di altro soggetto, cioè il depauperamento del capitale lavoro o del patrimonio del prestatore. Per questa linea, la effettiva gratuità si risolve contenutisticamente in non economicità del servizio poiché gestito, sotto un profilo di comparazione di costi e benefici, necessariamente in perdita per il prestatore. Di conseguenza, esso non è reso dal mercato, anzi è fuori dal mercato. Viceversa, la gratuità si risolverebbe, addirittura, in concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori che in ipotesi dessero vita a un mercato di tali servizi.”.Più in dettaglio, quanto al concetto di onerosità/gratuità, il Consiglio di Stato ha ritenuto che “solo il rimborso spese a piè di lista che, in particolare, escluda la remunerazione, anche in maniera indiretta, di tutti i fattori produttivi e comprenda unicamente le documentate spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall’ente, consente di affermare la gratuità della prestazione del servizio e, dunque, di postulare la estraneità all’ambito del Codice dei contratti pubblici. È, in special modo, necessario che sia acclarata l’assenza di qualunque remunerazione a carico del soggetto pubblico affidante, quale che ne sia la formale denominazione e qualunque sia il meccanismo economico o contabile anche indiretto, al personale volontario o dipendente e direttivo dell’ente e, altresì, che non ricorrano forme di forfetizzazione dei rimborsi né di finanziamento a fondo perduto, né di finanziamento, acquisto o contributo in conto capitale. Solo la sicura esclusione di ogni possibile ripianamento con risorse pubbliche del costo dei fattori produttivi utilizzati dall’ente e l’assenza di alcuna forma di incremento patrimoniale anche se finalizzato al servizio stesso dimostrano, infatti, l’oggettiva assenza dell’economicità e, dunque, determinano l’ascrizione del servizio entro la categoria dei servizi non economici di interesse generale, con conseguente fuoriuscita dall’ambito oggettuale del Codice dei contratti pubblici”.

Di recente il TAR Liguria, Sez. I, 5 dicembre 2024, n. 843 si è pronunciato sull’obbligo della gara pubblica per l’affidamento della concessione dell’organizzazione del Festival della canzone italiana, statuendo che: “Tuttavia, ancorché escluso dall’ambito di applicazione del Codice, l’affidamento di un contratto attivo che offra un’opportunità di guadagno alla controparte dell’Amministrazione deve avvenire (in base a quanto stabilito dall’art. 13, co. 5 del Codice) nel rispetto (oltre che dei principi del risultato e della fiducia, stabiliti rispettivamente dall’art. 1 e dall’art. 2 del Codice) dei principi di concorrenza, imparzialità, non discriminazione, pubblicità, trasparenza e proporzionalità (art. 3 del Codice, richiamato espressamente dall’art. 13, co. 5). Vale a dire, mediante l’interpello del mercato e il confronto di offerte concorrenti, nel rispetto della disciplina di cui alla legge di contabilità generale dello Stato (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440) e del relativo regolamento di attuazione (r.d. 23 maggio 1924, n. 827). Detti principi sono stati – con ogni evidenza – violati nel caso di specie, in quanto il Comune, reiterando la prassi finora seguita, ha stipulato la Convenzione RAI in assenza di una procedura di evidenza pubblica, che sola consente di rispettare i principi sopra richiamati. Ciò è avvenuto, peraltro, nonostante la presentazione, da parte di JE, di una specifica Manifestazione di interesse, circostanza che rendeva palese la concreta possibilità di coinvolgere altri operatori e, dunque, di conseguire offerte migliori. All’annullamento delle delibere di approvazione delle Convenzioni dovrebbe conseguire la caducazione delle Convenzioni medesime, in quanto trattasi di contratti che accedono ad una concessione di bene pubblico e sono, pertanto, privi di sostanziale autonomia rispetto a quest’ultima; ne consegue che detti contratti sarebbero destinati ad essere travolti automaticamente per effetto dell’annullamento dei provvedimenti di concessione (e ciò a prescindere dalla formulazione – comunque avvenuta – di un’espressa domanda in tal senso da parte della ricorrente), come riconosciuto dalla costante giurisprudenza (Cons. St., sez. VI, 15 marzo 2021, n. 2207). Il Collegio, tuttavia, rileva che l’organizzazione della 75ª edizione del Festival è in stato avanzato. Nel caso di specie, a determinare in tal senso l’esito del presente giudizio è il più generale principio di proporzionalità…Risulterebbe evidentemente sproporzionato e irragionevole incidere sull’edizione del Festival già svolta e sull’edizione che si svolgerà tra pochi mesi, a fronte di un interesse della ricorrente che, in base a quanto dalla stessa rappresentato nel corso del giudizio (ove non ha dedotto – comprensibilmente – alcunché in ordine ad attività preparatorie svolte in vista della partecipazione ad un’eventuale procedura di evidenza pubblica), non può che appuntarsi sull’effetto conformativo della presente sentenza”.

Secondo il Cons. Stato, Sez. V, 2 marzo 2025, n. 2776 i servizi legali, al di là della procedura di scelta del contraente, sono appalti pubblici; ne consegue l’ obbligo di indicazione del CIG e la soggezione al controllo ANAC.

La V Sezione del Consiglio di Stato ha affrontato una questione cruciale riguardo l'affidamento dei servizi legali da parte delle Amministrazioni pubbliche. La sentenza stabilisce che, a prescindere dalla procedura utilizzata per la selezione del contraente, i contratti per i servizi legali devono essere considerati appalti pubblici, sia nel caso di prestazioni occasionali sia nel caso di veri e propri appalti di servizi. Un aspetto centrale della pronuncia riguarda l’obbligo di comunicazione CIG, che serve a garantire la tracciabilità dei flussi finanziari, e la necessità che tali contratti siano soggetti al controllo dell’ANAC. Anche se le Amministrazioni non sono tenute a seguire procedure competitive per l'affidamento di incarichi legali occasionali, devono comunque rispettare i principi di imparzialità, pubblicità e concorrenza. La sentenza sottolinea, inoltre, che la vigilanza dell’ANAC è essenziale per prevenire abusi nei casi di affidamento diretto e per garantire la concorrenza, nonostante i servizi legali siano esclusi dalla procedura di evidenza pubblica. Infine, viene affrontato il tema del “gold plating”, chiarendo che la regolamentazione italiana non viola le direttive UE, ma anzi, rafforza i principi di trasparenza e concorrenza.

Il Cons. Stato, Sez. V, 27 giugno 2025, n. 5602 si pronuncia sulla concessione dell’organizzazione del Festival della canzone italiana tra affidamento diretto e rispetto dei principi del Codice

In tema di organizzazione della 75ª edizione del Festival di Sanremo, il Consiglio di Stato rigetta definitivamente ogni ipotesi di sottrazione della concessione del marchio (Festival della Canzone italiana) ai principi del Codice.

Il Festival, quale manifestazione canora ben individuata, costituisce, quindi, un evento del quale è titolare (possessore di marchio) il Comune di Sanremo; che a tale evento sia stato associato nel tempo un programma televisivo il cui format è ideato da altri soggetti è circostanza che si pone su tutt’altro piano, che nulla ha a che vedere col marchio comunale.

In tale prospettiva, senz’altro è ravvisabile la qualificazione della concessione del marchio relativo al Festival in termini di contratto attivo per il Comune, dal quale discende un’entrata a beneficio dell’amministrazione; come tale, lo stesso è sottratto all’applicazione del Codice dei contratti pubblici (art. 13, comma 2, d.lgs. n. 36 del 2023), bensì soggetto ai relativi principi, giacché il relativo «affidamento […] avviene tenendo conto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3» (art. 13, comma 5, d.lgs. n. 36 del 2023).

Non vale il richiamare, in senso inverso, né il regime di contabilità pubblica, segnatamente di cui all’art. 3, comma 1, l. cont. St. e 41 Regol. cont. pubbl., né l’art. 56, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 36/2023, né la circostanza per cui il Festival sarebbe ricompreso fra gli eventi per i quali la normativa di settore prescrive una trasmissione in chiaro da parte di un operatore TV: ciò, oltre a non incidere affatto sul profilo strettamente organizzativo della manifestazione (bensì su quello esclusivamente tele-trasmissivo) in ogni caso non vale sic et simpliciter a legittimare un affidamento diretto.

In tale contesto, seppure è condivisibile in linea di principio che l’evidenza pubblica non costituisca l’unica e imprescindibile modalità di affidamento dei contratti pubblici, d’altra parte è pur vero che la stessa rappresenta la modalità principiale o “normale” di approvvigionamento pubblico, anche in presenza di un’entrata a beneficio dell’amministrazione: in ogni caso, per quanto qui di rilievo, l’osservazione non consente di ravvisare, nel caso, elementi tali da far ritenere legittimo l’affidamento diretto eseguito dal Comune.

Ciò premesso, neppure sembra potersi affermare la soggezione dell’affidamento dell’organizzazione del Festival, non solo ai principi del Codice, ma a specifica procedura ad evidenza pubblica nei sensi di cui all’art. 115, comma 3, d.lgs. n. 42 del 2004, modulato sulle cc.dd. «attività di valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica».

Ed invero, ad avviso del Collegio, non risultano integrati, nella specie, gli elementi per ascrivere il Festival nella categoria di “espressione di identità culturale collettiva” ai sensi della Convenzione Unesco del 2003 per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale.

Nel caso di specie, si è invece in presenza di un singolo evento organizzato, coincidente con una specifica manifestazione canora, che non esprime né un’arte dello spettacolo in sé, né una consuetudine sociale come tale, né tanto meno un evento rituale o festivo; allo stesso modo, non si tratta di un’attività umana identitaria e distintiva di una comunità, e dunque tale da assurgere a «espressione di identità culturale collettiva» (art. 7-bis d.lgs. n. 42 del 2004, cit.).

 

Né rileva, in diverso senso, il fatto che il Festival sia riconosciuto quale evento di particolare rilevanza con delibera AGCOM n. 8/99 e dal d.m. 27 maggio 2022, attuativo dell’art. 33, comma 3, d.lgs. n. 208 del 2021, che hanno tutt’altro valore.

Annotazioni


2 - Focus concessioni demaniali marittime in specie balneari

Il tema dell’illegittimità delle proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime per contrasto con il diritto unionale (art. 12 Dir. 2006/123/CE- Art. 49 T.F.U.E.) si veda il Cons. Stato, Sez. VII, 20 maggio 2024, n. 4479, a tenore del quale: “La Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno ha effetti diretti nell’ordinamento degli Stati Membri, è self-executing ed è immediatamente applicabile, secondo quanto è stato chiarito sia dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza Promoimpresa del 14 luglio 2016, in C-458/14 e in C-67/15 e, da ultimo, nella sentenza Comune di Ginosa del 20 aprile 2023, in C-348/22, sia dalla giurisprudenza amministrativa, a partire dalle sentenze n. 17 e n.18 del 2021 dell’Adunanza Plenaria e da ultimo nella sentenza della VII sezione del Consiglio di Stato del 19 marzo 2024, n.2679.

Tutte le proroghe delle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreativa sono illegittime per contrasto con l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE e con l’art. 49 T.F.U.E. e devono essere disapplicate dalla pubblica amministrazione ad ogni livello, compreso quello comunale, poiché introducono una sistematica violazione del diritto dell’Unione.

Il provvedimento concessorio può essere rilasciato solo all’esito di una procedura di gara trasparente, imparziale e non discriminatoria, che preveda un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.

In merito alla scarsità della risorsa naturale in questione, in assenza di risultati, ancorché parziali e provvisori, che dimostrino in modo serio e attendibile, sia a livello nazionale che a livello locale, che le spiagge non rappresentino una risorsa scarsa sulla base di criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati e secondo una valutazione non meramente quantitativa ma qualitativa della risorsa, si deve riaffermare la sicura scarsità della spiagge, da cui discende l’applicabilità della previsione di cui all’art. 12 della Dir. 2006/123/CE dato che la scarsità, per le caratteristiche stesse delle concessioni, è da presumersi finché non venga acclarato invece, sulla base di apposita istruttoria e illustrato con specifica motivazione, che il territorio costiero presenti una quantità di spiagge adeguate e sufficienti, nel rispetto dei principi di tutela dell’ambiente e del paesaggio.”.

 

Ancora sulla necessità della procedura comparativa di evidenza pubblica ai fini dell’’assegnazione delle nuove concessioni demaniali o i loro rinnovi post scadenza del 31 dicembre 2023 di recente Cons. Stato, Sez. VII, 31 luglio 2024, n. 6883: “Donde l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, correlata al verificarsi di una situazione di diritto nuova e sostitutiva rispetto a quella esistente al momento della proposizione del ricorso, tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza, in quanto la società ricorrente non potrebbe comunque ottenere il bene della vita richiesto.”.

 

Secondo il TAR Trieste, Sez. I, 11 novembre 2024, n. 333 per l’affidamento delle concessioni demaniali marittime, è sufficiente che il procedimento informale di cui agli artt. 37 cod. nav. e 18 reg. es. cod. nav. si svolga con modalità idonee a soddisfare gli obblighi di trasparenza, imparzialità e par condicio, rendendo effettivo il confronto fra le istanze in comparazione.

In particolare, la Corte afferma che: L’amministrazione non è tenuta ad adottare, per l’affidamento di concessioni demaniali marittime, le forme e le regole tipiche delle procedure ad evidenza pubblica, ma solo a garantire che il procedimento informale di cui agli artt. 37 cod. nav. e 18 reg. es. cod. nav. si svolga con modalità idonee a soddisfare gli obblighi di trasparenza, imparzialità e par condicio, rendendo effettivo il confronto fra le istanze in comparazione (C.G.A., sez. giur., 22 maggio 2023, n. 350).

L’art. 37 cod. nav. regola, infatti, una situazione nella quale la manifestazione di interesse perviene direttamente dal mercato - in senso opposto, quindi, rispetto all’ipotesi tipica dei contratti pubblici, in cui è l’amministrazione a rivolgersi al mercato - così che la concomitanza di richieste di concessione è di per sé espressiva di una situazione concorrenziale, che l’amministrazione si limita ad assecondare”.

Il “Rende noto” di cui agli artt. 37 cod. nav. e art 18 reg. es. cod. nav. non è una gara adeguata, così afferma il Consiglio di Stato, Sez VII del 16 dicembre 2024 n. 10131, secondo cui: “ Risulta infatti evidente, alla luce del diritto nazionale, ma anche di quello europeo, che l’applicazione di una procedura di selezione imparziale e trasparente, ora prevista dall’art. 4 del d.l. n. 118 del 2022 (come da ultimo novellato dalla l. n. 166 del 2024), si impone in maniera sufficientemente condizionata e precisa a tutte le autorità nazionali, a cominciare da quelle comunali, tenute a dare applicazione al diritto europeo e alla (conforme) legislazione nazionale.

(…). È del tutto evidente, infatti, come quel procedimento seguito dall’amministrazione comunale ai sensi degli artt. 36 e 37 cod. nav. nonché dell’art. 18 del relativo regolamento di esecuzione non possa ritenersi conforme e satisfattivo degli obiettivi di libera circolazione dei beni e dei servizi all’interno del mercato unico europeo imposto dalla Dir. n. 2006/123/CE”.

Il TAR Liguria, 14 dicembre 2024, n.  869 si occupa (ancora) delle concessioni demaniali marittime e della proroga automatica, ritenendo che debba essere disapplicata la normativa domestica per contrasto con quella unionale.

Nel dettaglio: “Si disapplica l’ennesima proroga – disposta ancora una volta in assenza di gara – delle concessioni demaniali marittime prevista dal legislatore con il D.L n. 131/2024, convertito in Legge 14 novembre 2024, n. 166”.

 

Sulla pubblicità delle gare per l’affidamento delle concessioni demaniali marittime si è pronunciato il Cons. Stato, Sez. VII, 11 febbraio 2025, n. 1129 affermando che: “Il modello dell’art. 37 cod. nav. deve ritenersi non più adeguato alle esigenze di trasparenza e concorrenzialità che permeano questo settore dell’ordinamento, nell’evoluzione che esso ha subito, al pari di altri settori dell’ordinamento, non solo per l’effetto naturale del diritto dell’Unione e della Direttiva n. 2006/123/CE, ma anche in conseguenza della progressiva tutela e valorizzazione dell’ambiente e del paesaggio che ha contraddistinto, e continua a contraddistinguere, la normativa che regola i beni pubblici e, in particolare, il patrimonio costiero.

A ben riflettere ogni disposizione del diritto nazionale, che non garantisca adeguate procedure selettive precedute da idonee forme di pubblicità  e, soprattutto, dalla predisposizione di criteri imparziali e trasparenti, di fatto reitera e aggrava tale diritto di insistenza perché consente al concessionario uscente di ottenere il rinnovo della concessione con un mero simulacro di gara o, addirittura, senza un reale confronto competitivo, a condizioni di imparzialità garantite dall’amministrazione nazionale”.

Il TAR Campania, Napoli, Sezione VII, 14 gennaio 2025, n. 365 torna sulla (il)legittimità della proroga tecnica in materia di concessioni demaniali-balneari per finalità turistico-ricreative, prevedendo che: “Le concessioni balneari in scadenza in data 31 dicembre 2023 sono suscettibili di essere prorogate, sino al 31 dicembre 2024, in forza dell’art. 3 L., 5 agosto 2022, n. 118, solo in presenza di ragioni oggettive che impediscano la conclusione della procedura selettiva, trattandosi, in tal caso, di “proroga tecnica” (C.d.S., nn. 3940/2024, 4479/2024 e 4480/2024). Invece, la proroga sino al 31 dicembre 2027, prevista dal D.L., 16 settembre 2024, n. 131, che ha novellato il richiamato art. 3 L. 118/2022, rappresentando “proroga mera”, non può trovare concreta applicazione, in quanto la predetta fonte normativa si pone in aperto contrasto con la Direttiva n. 2006/123/CE (anche nota come “Direttiva Bolkestein” o “Direttiva Servizi”) e, come tale, deve essere disapplicata sia dalla pubblica amministrazione in sede procedimentale, sia dal giudice amministrativo in sede giudiziale”.

Negli stessi termini, cfr. TAR Liguria, Sez. I, 19 febbrai 2025, n. 183.

 

Il Tar Liguria, Sez. I, 7 aprile 2025, n. 360 torna sull’annosa questione delle concessioni balneari, affermando che senza la legge statale, vincono i principi europei.

Secondo la Corte: “In tema di procedure di assegnazione delle concessioni demaniali marittime, in assenza di normativa statale di riordino a seguito dell’infruttuoso esercizio della delega legislativa di cui all’art. 4 L. 118/2022, i Comuni conservano la competenza a disciplinare le relative procedure secondo i principi eurounitari di pubblicità, imparzialità e concorrenza, applicando il Codice della Navigazione, la normativa europea (art. 12 Dir. 123/2006/CE) e i principi nazionali di concorrenza, pur in presenza di risorsa naturale (litorale) scarsa, senza che la mancata attuazione della delega statale possa giustificare inerzia amministrativa o proroghe generalizzate.”.

Il TAR Lazio, Sez. V ter, 26 giugno 2025, n. 12743 torna sull’annoso argomento delle concessioni demaniali e diritto dell’Unione europea: tra automatismi nazionali e legalità sovranazionale.

Nel dettaglio la Corte affronta il delicato equilibrio tra normativa nazionale e diritto eurounitario in materia di concessioni demaniali marittime, rigettando un ricorso avverso il rinnovo delle concessioni fino al 2033 da parte del Comune di Santa Marinella. Il Tribunale qualifica come inammissibile o irricevibile l’azione della ricorrente, anche alla luce del consolidato orientamento sulla natura annullabile – e non nulla – degli atti adottati in violazione mediata del diritto UE. L’analisi offre spunti di riflessione sul principio del favor partecipationis e sui limiti dell’azione di accertamento nel processo amministrativo.

Il TAR Sicilia, Sez. V, 25 giugno 2025, n. 1412 è pronunciato in merito all’ esperienza triennale nella gestione di stabilimenti balneari e partecipazione alle gare per concessioni demaniali marittime.

Secondo la Corte: “Nella gestione degli stabilimenti balneari, l’arco temporale di riferimento va dal 1° maggio al 30 settembre di ogni anno, come statuito dall’art. 2 comma 1 lett. e) della D. Lgs. 30/5/2008 n. 116 e dal DDG dell’Assessorato regionale alla Salute n. 323 del 21/3/2025.

L’esperienza triennale elevata a requisito va intesa come completa, in grado cioè di coprire l’intero periodo considerato (dall’1/5 al 30/9 di ogni anno).

Accettare anche un periodo inferiore (ad es. bimestrale, trimestrale o quadrimestrale) significherebbe ammettere una decisione arbitraria, disancorata da qualsiasi parametro oggettivo.

L’affermata presa di possesso dei luoghi in data anteriore non è suscettibile di apprezzamento, ove non avallata da atti formali che abbiano legittimato un’esecuzione anticipata.

Non persuade neppure la prassi, rappresentata dai legali delle parti resistenti in Camera di consiglio, di un concreto inizio di stagione balneare differenziato per ciascun Comune e posticipato alla seconda metà di giugno.

Alla luce dell’univoca prescrizione della lex specialis, l’unica interpretazione possibile è quella che esige il requisito “pieno”.

Il bilanciamento tra il livello di esperienza e professionalità necessari e l’esigenza di massima partecipazione è stato effettuato “a monte” dalla stazione appaltante con la formulazione delle regole di gara”.

 

Con decisione del 1° luglio 2025 la Corte Costituzionale si è pronunciata in merito alla legittimità costituzionale della Legge regionale Toscana n. 30/2024 (e in specie sugli artt. 1, 2, commi 3 e 4 e 3) in quanto incidente sull’assetto concorrenziale del mercato balneare.

La Corte, evidenziando che la disciplina delle concessioni balneari riguarda diversi settori anche di competenza regionale, ritiene che il legislatore regionale non possa però intervenire a disciplinare aspetti che rientrino nella competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Infatti, le disposizioni ritenute illegittime incidono sullo svolgimento delle procedure selettive di affidamento delle suddette concessioni, laddove prevedono criteri premiali per le piccole e medie imprese, svantaggiando quelle imprese che hanno una dimensione imprenditoriale diversa, nonché modalità di determinazione dell’indennizzo a favore del contraente uscente, indennizzo che grava sull’aggiudicatario diverso dall’uscente.

La Consulta, dunque, chiarisce che: “La disciplina regionale interferisce evidentemente con l’assetto concorrenziale del mercato delle concessioni balneari, «restringe[ndo] il libero esplicarsi delle iniziative imprenditoriali» (sentenza n. 109 del 2018, richiamata dalle sentenze n. 161 del 2020 e n. 221 del 2018), in violazione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza”. Il giudice costituzionale supera - pertanto -  l’assunto secondo cui si tratterebbe di modifiche meramente descrittive, evidenziando che le disposizioni impugnate hanno un contenuto innovativo e precettivo.

Rileva, inoltre, che l’intervento del legislatore regionale non può essere nemmeno giustificato dall’inerzia del legislatore statale su una materia di competenza esclusiva dello stesso, quale quella esaminata, evidenziando (fra l’altro) che sia in ambito europeo sia nazionale erano già enucleabili i principi e altri indicatori utili per indire le gare di affidamento delle concessioni balneari.

 

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sez. VII, 4 giugno 2025, causa C‑464/24 si pronuncia – ancora – sulle concessioni balneari.

Secondo la Corte: “In tali circostanze, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 12 della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva le concessioni demaniali marittime gestite per finalità turistico-ricreative, il cui titolare non effettua una prestazione di servizi determinata dell’ente aggiudicatore, ma esercita un’attività economica in un’area demaniale statale sulla base di un accordo che gli conferisce il diritto di gestire taluni beni o risorse pubblici, nell’ambito di un regime di diritto privato o pubblico, di cui lo Stato si limita a fissare le condizioni generali d’uso, una volta che tali concessioni riguardano risorse naturali, ai sensi di tale disposizione e posto che il numero di autorizzazioni disponibili per le attività turistico-ricreative è limitato per via della scarsità delle risorse naturali.

 Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 44 della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che concessioni demaniali marittime gestite per finalità turistico-ricreative, rilasciate prima del 28 dicembre 2009 e rinnovate successivamente a tale data, rientrano nell’ambito di applicazione di detta direttiva al momento del loro rinnovo, essendo irrilevante, al riguardo, la data in cui tali concessioni sono state inizialmente rilasciate.

Ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando una domanda di pronuncia pregiudiziale è manifestamente irricevibile, la Corte, sentito l’avvocato generale, può decidere in qualsiasi momento di statuire con ordinanza motivata, senza proseguire il procedimento.

Si deve applicare detta disposizione alla presente causa, per quanto riguarda le questioni terza e quarta.

Nel caso di specie, la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene indicazioni precise che consentano di comprendere con sufficiente chiarezza e precisione le ragioni per le quali l’interpretazione dell’articolo 195 TFUE, letto alla luce dell’articolo 345 TFUE e dell’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 2006/123, potrebbe essere utile al giudice del rinvio per statuire sull’azione risarcitoria di cui è investito.

la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene alcun indizio del fatto che la Balneari Rimini eserciti attività che partecipano all’esercizio dei pubblici poteri sui terreni demaniali oggetto della concessione di cui trattasi nel procedimento principale.

In tali circostanze, detta domanda non soddisfa neppure i requisiti enunciati all’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura per quanto riguarda tale questione.

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, la domanda di pronuncia pregiudiziale è, in applicazione dell’articolo 53, paragrafo 2, del regolamento di procedura, manifestamente irricevibile nella parte in cui essa riguarda le questioni terza e quarta”.

 

Il Cons. Stato, sez. VI del 4 aprile 2025 n. 2907 si sofferma sulla illegittimità della revoca delle gare già indette dopo la nuova proroga delle concessioni balneari

Secondo il Collegio: “Ne consegue che l’invocata necessità, da parte dell’Ente comunale, di revocare le procedure di gara già iniziate a causa della asserita ridefinizione dell’interesse pubblico conseguente alla “profonda revisione della legge 118/2022 per effetto del D.L. 131/2024”, è smentito dalla stessa sopraggiunta normativa, che viene presa a fondamento, la quale fa salve le procedure selettive in corso.

Né può condividersi l’interpretazione prospettata sul punto dall’amministrazione appellata, secondo la quale, essendo “la regola” prevista dallo ius superveniens (costituito dalle sopraggiunte modifiche normative) “quella della proroga delle concessioni sino alla data del 30.9.2027”, l’eccezione della salvezza della azione amministrativa già posta in essere (i.e. delle procedure e degli affidamenti intervenuti medio tempore all’entrata in vigore della disposizione del decreto-legge) sarebbe “condizionata alla motivazione adeguata (quindi rafforzata) del relativo provvedimento”. 

In contrario, deve rammentarsi che, come statuito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (anche con la recente sentenza del 20 aprile 2023, resa nella causa C-348-22), gli obblighi contenuti nella direttiva 2006/123 (c.d. Direttiva Bolkenstein) devono ritenersi enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso sicché gli stessi sono immediatamente produttivi di effetti diretti.

Come a più riprese statuito dalla Corte di Giustizia, risulta dallo stesso tenore letterale dell’art. 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento

Ne consegue che l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali non conformi al diritto comunitario (nella specie, tutte le disposizioni nazionali che hanno introdotto e continuano ad introdurre, con una sistematica violazione del diritto dell’Unione, le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative) incombe non solo sui giudici, ma anche sulle autorità amministrative ivi comprese quelle comunali (cfr. Corte di Giustizia 20 aprile 2023, resa nella causa C-348-22; Cons. Stato, sez. VII, 20 maggio 2024, n. 4481; id., 20 maggio 2024, nn. 4479 e 4480; Cons. Stato, Ad. Plen., 25 giugno 2018, n. 9).

Pertanto, l’amministrazione comunale non doveva fornire alcuna adeguata motivazione sull’obbligo di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, al fine di evitare un ulteriore proroga delle concessioni demaniali affidate – obbligo che, peraltro, nel rispetto del diritto comunitario e dei relativi principi, era stato correttamente adempiuto con la pubblicazione degli avvisi – bensì avrebbe dovuto adeguatamente motivare sulla sussistenza di specifiche ragioni a sostegno della revoca delle procedure di affidamento già avviate”.

 

Il Cons. Stato, Sez. V, 24 luglio 2025, n. 6583 si è pronunciato in materia di riparto di giurisdizione in materia di concessioni pubbliche dopo la firma della convenzione.

Secondo la Corte: “Il potere amministrativo non è ravvisabile in linea di principio quando, esaurita la fase pubblicistica della scelta del concessionario, sia sorto il vincolo contrattuale e siano in contestazione la delimitazione del contenuto del rapporto, gli adempimenti delle obbligazioni contrattuali e i relativi effetti sul piano del rapporto, salvo che l’amministrazione intervenga con atti autoritativi che incidono direttamente, seppure successivamente all’aggiudicazione, sulla procedura di affidamento mediante esercizio del potere di annullamento d’ufficio, o comunque nella fase esecutiva, mediante altri poteri riconosciuti dalla legge[1]”.

 

Il Cons. Stato, sez. V, 16 settembre 2025, n. 7333 si è soffermato sul Piano Economico Finanziario nelle concessioni: quando l'equilibrio non può fondarsi sulla forza dell'impresa

Secondo la Corte: “Nelle concessioni di servizi, il Piano Economico Finanziario deve dimostrare l'equilibrio economico-finanziario della singola commessa, non potendo i costi delle prestazioni - incluse le migliorie decisive ai fini dell'aggiudicazione - essere sottostimati o giustificati mediante il richiamo alla generale solidità patrimoniale dell'operatore economico”.

Il Cons. Stato, Sez. VII, 14 ottobre 2025, n. 8024 si è soffermato sulla devoluzione delle opere non amovibili nelle concessioni demaniali marittime nel settore balneare

La sentenza in commento opera una lettura dell'art. 49 del Codice della Navigazione alla luce dei principi affermati dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea nella sentenza dell'11 luglio 2024, causa C-598/22, così contribuendo all'evoluzione della consolidata giurisprudenza amministrativa in materia di concessioni demaniali marittime.

La pronuncia si inserisce nel solco di un orientamento giurisprudenziale consolidato che ha definitivamente chiarito la compatibilità del meccanismo devolutivo previsto dalla normativa italiana con il diritto eurounitario, confermando il principio di inalienabilità del demanio pubblico e il carattere precario delle concessioni demaniali marittime.


[1] Cass., SS.UU., 8 luglio 2019, n. 18267.

 

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