Recesso

1. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 88, comma 4-ter e 92, comma 4, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, la stazione appaltante può recedere dal contratto in qualunque momento purchè tenga indenne l’appaltatore mediante il pagamento dei lavori eseguiti o delle prestazioni relative ai servizi e alle forniture eseguiti nonchè del valore dei materiali utili esistenti in cantiere nel caso di lavori o in magazzino nel caso di servizi o forniture, oltre al decimo dell’importo delle opere, dei servizi o delle forniture non eseguite, calcolato secondo quanto previsto all’articolo 11 dell’allegato II.14.

2. L'esercizio del diritto di recesso è manifestato dalla stazione appaltante mediante una formale comunicazione all'appaltatore da darsi per iscritto con un preavviso non inferiore a venti giorni, decorsi i quali la stazione appaltante prende in consegna i lavori, servizi o forniture ed effettua il collaudo definitivo o verifica la regolarità dei servizi e delle forniture.

3. L'allegato II.14 disciplina il rimborso dei materiali, la facoltà di ritenzione della stazione appaltante e gli obblighi di rimozione e sgombero dell'appaltatore.

 

1 - Revoca dell’aggiudicazione dopo la sottoscrizione

La revoca dell’aggiudicazione dopo la sottoscrizione del contratto configura un’ipotesi di carenza di potere in concreto, perché il potere di revoca dei propri provvedimenti spetta alle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 21 quinquies della legge 241/1990, e dunque in astratto sussiste, ma in concreto non può essere esercitato dalle stazioni appaltanti dopo la conclusione del contratto: in sostanza, il fatto che il contratto non sia ancora stato concluso costituisce una condizione per il legittimo esercizio del potere di revocare l’aggiudicazione. T.A.R. Brescia, I, n. 912/2023.

Il TAR Sicilia, Sez. V, 4 febbraio 2025, n. 478 si è pronunciato sul recesso da parte della Stazione appaltante a seguito di rilascio di interdittiva antimafia nei confronti dell’operatore, aggiudicatario, da parte del Prefetto. Al riguardo ha statuito che: “Il recesso della stazione appaltante per sopravvenuta informativa antimafia è un atto estraneo alla sfera di diritto privato, che esprime uno speciale potere pubblicistico che spetta alla stazione appaltante anche nella fase esecutiva del contratto, finalizzato a scongiurare il rischio di intrattenere rapporti contrattuali con imprese legate alla criminalità organizzata

(…) A fronte di un’interdittiva che accerti il pericolo di condizionamento dell’impresa da parte della criminalità organizzata (valutazione compiuta dal Prefetto, a monte, in ordine ad un requisito fondamentale richiesto dall’ordinamento per la partecipazione alle gare), non residua in capo all’ente committente (a valle) alcuna possibilità di sindacato nel merito dei presupposti che hanno indotto il Prefetto alla sua adozione, atteso che si tratta di provvedimento volto alla cura degli interessi di rilievo pubblico, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva all’Autorità di pubblica sicurezza e non può essere messo in discussione da parte dei soggetti che alla misura di interdittiva devono prestare osservanza.

 

(…) la legittimità dell’esercizio del potere vincolato e quindi la validità del recesso deve essere apprezzata dal Giudice, in forza del principio del tempus regit actum, con riferimento alla data della sua adozione, rimanendo ininfluenti sulle sue sorti gli atti sopravvenuti e le successive vicende giurisdizionali dell’interdittiva prefettizia.

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