Cons. Stato, Sez. V, 21 ottobre 2025, n. 8155

La sentenza in commento afferma un principio chiaro: nelle gare pubbliche è ammissibile un’attività interpretativa, da parte della stazione appaltante, della volontà dei concorrenti al fine di superare eventuali ambiguità nella formulazione dell’offerta, purché si giunga ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale con essa assunti. Tale attività interpretativa, essendo riferita ad atti negoziali, deve essere svolta al fine di ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità o gli errori di scritturazione e di calcolo, e non può prescindere dagli artt. 1362 ss. c.c.

Guida alla lettura

La sentenza in commento interviene su un tema fondamentale quale l’interpretazione delle offerte nelle gare pubbliche.

Il caso concreto nasce da una procedura d’appalto in cui un operatore economico aveva presentato un’offerta con una discordanza evidente tra il ribasso espresso in cifre e quello indicato in lettere. La stazione appaltante, esercitando un’attività interpretativa, ha ritenuto l’errore palesemente materiale, in quanto il ribasso espresso in cifre risultava perfettamente coerente con il prezzo complessivo e con tutti gli altri dati economici presentati. Per questa ragione, la stazione appaltante ha deciso di dare prevalenza al valore in cifre.

La società esclusa ha impugnato tale decisione, sostenendo che la stazione appaltante avesse violato la par condicio e disapplicato una clausola vincolante del disciplinare di gara. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania ha accolto l’impostazione della stazione appaltante, stabilendo che la regola del disciplinare che assegna prevalenza al dato in lettere non può essere applicata in modo rigido e automatico quando la difformità è un mero refuso. In tali circostanze, l’Amministrazione ha il dovere di interpretare la reale volontà negoziale del concorrente, un’operazione che impedisce di sacrificare la sostanza dell’offerta a causa di un eccessivo formalismo.

L’interpretazione di tali offerte, che sono atti negoziali, è ammissibile per superare ambiguità, errori di calcolo o di scritturazione, a condizione che si arrivi a un esito certo sull’impegno contrattuale assunto. Questa attività non può prescindere dalle norme legali di ermeneutica contrattuale (artt. 1362 e ss. c.c.), le quali prevalgono sulle regole interpretative della lex specialis (come il disciplinare di gara), a meno che quest'ultime non abbiano una valenza meramente suppletiva. In particolare, la regola della buona fede oggettiva (art. 1366 c.c.) impone di non stravolgere la reale intenzione dell'offerente a causa di rigidi formalismi.

Nel caso di specie, il Consiglio di Stato afferma che la clausola di un disciplinare (come l’art. 17, che attribuisce prevalenza all’importo in lettere su quello in cifre) non è assoluta, ma deve essere coordinata con i criteri legali, in particolare l’interpretazione sistematica (art. 1363 c.c.), che impone l’analisi complessiva dell’offerta. Inoltre, dev’essere interpretata essa stessa secondo buona fede, limitandone l’applicazione ai casi di obiettiva incertezza e non estendendola a meri refusi o errori materiali palesi.

La prevalenza della buona fede e dei criteri legali è funzionale alla conservazione dell’offerta nella misura in cui consente di salvare l’offerta e ammettere l’operatore economico se la sua reale volontà è ricostruibile con certezza, alla luce del principio di massima partecipazione. Inoltre, aiuta a individuare il contenuto effettivo dell’offerta, garantendo che l’aggiudicazione e la successiva esecuzione contrattuale avvengano sulla base del reale impegno negoziale assunto dal concorrente.

Questa interpretazione, a giudizio del Collegio, non crea disparità di trattamento, in quanto tutti gli operatori economici sono soggetti alle medesime regole ermeneutiche legali.

Nel caso specifico, l’analisi complessiva (considerando il ribasso espresso in cifre, l’utile atteso e le tabelle costi manodopera/spese generali) ha permesso di individuare in modo chiaro e inequivoco la reale volontà dell’operatore economico (un ribasso del 26,11%), qualificando l’indicazione errata in lettere come un mero errore materiale facilmente riconoscibile.

Questa conclusione è in linea con la giurisprudenza che, in caso di discordanza macroscopica, attribuisce rilievo agli elementi diretti e univoci dell’offerta che configurano un errore meramente materiale, al fine di individuare l’effettivo valore dell’offerta (Cons. Stato, Ad. Plen., 13 novembre 2015, n. 10).

La stazione appaltante deve, in sintesi, usare l’interpretazione per confermare e non per stravolgere l’impegno assunto dall’offerente.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2643 del 2025, proposto da Pellegrini Consolidamenti a r.l., in proprio e quale mandataria del costituendo raggruppamento, Esseti Sistemi e Tecnologie a r.l., in proprio e quale mandante del costituendo raggruppamento, Società Edil Tecno Scavi a r.l., in proprio e quale mandante del costituendo raggruppamento, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, in relazione alla procedura CIG 9714185F0B, rappresentati e difesi dagli avvocati Paolo Cantile e Donato Lettieri, con domicilio eletto presso lo studio Mario Caliendo in Roma, via del Trullo n.6;

contro

Autostrade per L’Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giorgio Fraccastoro e Alice Volino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Consorzio Stabile Aurora, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati Francesco Lilli e Fabio Massimo Pellicano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 01895/2025;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Autostrade per L’Italia S.p.A. e di Consorzio Stabile Aurora;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2025 il Cons. Francesca Picardi e uditi per le parti gli Avvocati Donato Lettieri, Alice Volino e Fabio Massimo Pellicano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con il ricorso r.g. n. 6504 del 2024, proposto dinanzi al T.a.r. della Campania, il Consorzio Stabile Aurora ha impugnato l’aggiudicazione della gara per l’affidamento di una serie di lavori per interventi di sistemazione delle tratte autostradali (lotto 6B) al costituendo RTI tra Pellegrini consolidamenti, Esseti sistemi e tecnologie, Edil Tecno Scavi. In particolare ha dedotto la violazione degli artt. 95 del d.lgs. n. 50 del 2016, 1362 c.c., 17 del disciplinare di gara, oltre all’eccesso di potere per erroneità manifesta, travisamento e difetto di istruttoria e carenza di motivazione, avendo la Commissione aggiudicatrice erroneamente attribuito la prevalenza, nella lettura della propria offerta, al ribasso indicato in lettere (diciassette virgola diciassette) rispetto a quello indicato in cifre (26,11%).

Il ricorso in esame è stato riunito ad un ulteriore ricorso principale proposto avverso la stessa aggiudicazione dalla Gheller s.p.a. e dalla Società cooperativa CLEI (r.g. n. 3469 del 2024).

2.Il T.a.r. ha rigettato il ricorso principale proposto dalla Gheller s.p.a. e dalla Società cooperativa CLEI (r.g. n. 3469 del 2024), ha dichiarato inammissibile il ricorso incidentale proposto dalla Società Pellegrini Consolidamenti a r.l., Esseti Sistemi e Tecnologie s.r.l. ed Edil Tecno Scavi s.r.l., ed improcedibili le istanze di accesso, mentre ha accolto il ricorso principale proposto dal Consorzio Stabile Aurora, compensando integralmente le spese di lite tra le parti.

Ad avviso del giudice di primo grado, pur essendo indubbia la preferenza da accordare al ribasso espresso in lettere, poiché esso è evidentemente il frutto della più meditata manifestazione della volontà del concorrente, tale regola, esplicitata nell’art. 17 del disciplinare, non è applicabile allorquando l’espressione in lettere del ribasso sia frutto di un evidente errore, mentre il ribasso in cifre corrisponde all’effettivo prezzo offerto. Nel caso di specie, si è ritenuto riconoscibile, senza alcun margine di incertezza ed in base ad elementi interni all’offerta, l’errore dichiarativo e conseguentemente rettificabile l’espressione in lettere, in virtù dei principi di conservazione degli atti giuridici e di massima partecipazione, che inducono a far prevalere l’effettiva volontà del concorrente, esistendo “un termine di paragone (il prezzo di € 9.975.150,00, che corrisponde al ribasso del 26,11% e non può corrispondere al 17,17%) in grado di risolvere la contraddizione tra termini altrimenti inconciliabili, di talché il criterio astratto della prevalenza dell’espressione in lettere è destinato a recedere”.

3. La Società Pellegrini Consolidamenti a r.l. ha proposto appello avverso tale sentenza, deducendo l’error in iudicando ed in procedendo, atteso che la sentenza ha disapplicato la chiara regola posta dall’art. 17.1 del disciplinare, ai sensi del quale “in caso di discordanza tra quanto espresso in cifre ed in lettere, la prevalenza sarà attribuita all’espressione in lettere” (regola che non consente l’individuazione e la correzione di eventuali errori ictu oculi, peraltro non configurabili in caso di discrasie tra valori espressi in cifre ed in lettere), ed ha richiamato un orientamento giurisprudenziale non pertinente, in quanto formatosi con riferimento ad ipotesi in cui l’operatore economico, a fronte delle discrasie esistenti nell’offerta, è stato escluso. Ad avviso dell’appellante, da un lato, la disapplicazione dell’art. 17.1 del disciplinare - che non presenta alcun profilo di nullità e non si presta, stante la chiarezza, ad alcuna interpretazione, né giustifica il soccorso istruttorio – integra una disparità di trattamento ed una violazione della par condicio e, dall’altro, non possono prendersi in considerazione allegati dell’offerta economica che non devono essere valutati ai fini della determinazione del punteggio.

4. Si sono costituiti in giudizio Autostrade per l’Italia s.p.a. e il controinteressato Consorzio Stabile Aurora, che hanno concluso per il rigetto dell’appello.

5. Tutte le parti hanno depositato ulteriori memorie difensive.

Dalle memorie di Autostrade e di Consorzio Stabile Aurora risulta che: 1) la Commissione ministeriale di gara, in ottemperanza alla sentenza oggetto della presente impugnazione, ha riformulato la graduatoria del lotto 6B, rettificando il ribasso offerto dal Consorzio Stabile Aurora, che è risultato primo in graduatoria, per cui ASPI ha disposto l’aggiudicazione del lotto 6B a suo favore; 2) RTI Pellegrini ha impugnato la nuova aggiudicazione, ma il ricorso è stato rigettato dal T.a.r. con sentenza n. 4782 del 27 giugno 2025, oggetto di appello (appello notificato in data 12 agosto 2025, di cui l’Amministrazione resistente e la controinteressata hanno eccepito la tardività). Alla luce di tali premesse Autostrade ha eccepito, in ordine al presente appello, l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse in conseguenza della cristallizzata legittimità dell’aggiudicazione disposta in favore del Consorzio Aurora, che preclude al raggruppamento temporaneo di imprese Pellegrini di conseguire l’aggiudicazione della commessa in esame.

6.All’udienza del 25 settembre 2025 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1. Pregiudizialmente occorre rilevare che l’eccepita tardività dell’appello proposto avverso la sentenza del T.a.r. Campania n. 4782 del 2025 (r.g.6586 del 2025) non incide sull’appello in esame e non ne può, pertanto, determinare l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto si tratta di una questione - ancora sub iudice - relativa alla tempestiva e rituale instaurazione di un processo, che deve essere valutata e decisa, con efficacia di giudicato, in quel giudizio, mentre non può essere oggetto di esame incidenter tantum in questa sede, non assumendo carattere pregiudiziale in senso logico o tecnico rispetto alla presente decisione.

2. Passando all’esame dell’appello, l’unica censura formulata dall’appellante non merita accoglimento.

2.1. Ad avviso dell’appellante, la sentenza ha erroneamente disapplicato la chiara regola posta dall’art. 17.1, comma 4, del disciplinare, ai sensi del quale “in caso di discordanza tra quanto espresso in cifre ed in lettere, la prevalenza sarà attribuita all’espressione in lettere” - regola che non presenta alcun profilo di nullità, non si presta ad alcuna interpretazione, stante il chiaro tenore letterale, e non consente né l’attivazione del soccorso istruttorio, né l’individuazione e la correzione di eventuali errori ictu oculi, peraltro non configurabili in caso di discrasie tra valori espressi in cifre ed in lettere. Tale disapplicazione, effettuata nella sentenza impugnata, integrerebbe una disparità di trattamento, fondata su un orientamento giurisprudenziale non pertinente, in quanto riferito ad ipotesi di esclusione del concorrente, e su allegati dell’offerta economica, non valutabili ai fini dell’integrazione del suo contenuto.

2.2. Tuttavia, contrariamente a quanto asserito dall’appellante, la sentenza impugnata non è incorsa in alcun error in procedendo o in iudicando.

2.3. Nelle gare pubbliche è ammissibile un’attività interpretativa, da parte della stazione appaltante, della volontà dei concorrenti al fine di superare eventuali ambiguità nella formulazione dell’offerta, purché si giunga ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale con essa assunti (da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 2 luglio 2025, n. 5712). Tale attività interpretativa, essendo riferita ad atti negoziali, deve essere svolta al fine di ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità o gli errori di scritturazione e di calcolo (Cons. Stato, Sez. V, 21 marzo 2024, n. 2784), e non può prescindere dagli artt. 1362 ss. c.c.

Da tale premessa deriva che la regola ermeneutica dell’offerta economica dettata dalla lex specialis deve necessariamente essere coordinata con le regole ermeneutiche legali, che sono, peraltro, di rango superiore e, ove non abbiano una valenza meramente suppletiva, non possono essere derogate da un provvedimento amministrativo. Pertanto, la regola ermeneutica, di cui all’art. 17 del disciplinare di gara, che accorda prevalenza agli importi espressi in lettere rispetto a quelli espressi in numeri nell’offerta economica, va coordinata con i criteri legali dell’interpretazione sistematica, di cui all’art. 1363 c.c., che impone di analizzare l’offerta nel suo complesso, e con quello di buona fede oggettiva, di cui all’art. 1366 c.c., che impone di non stravolgere, in base a rigidi formalismi, la reale intenzione dell’offerente.

Inoltre, il disciplinare di gara stesso, quale atto amministrativo, è suscettibile di interpretazione da effettuarsi sempre alla luce delle regole ermeneutiche legali (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. V, 28 maggio 2025, n. 4635, secondo cui nelle gare pubbliche, nell'interpretazione della lex specialis di gara, devono trovare applicazione le norme in materia di contratti e, dunque, anzitutto i criteri letterale e sistematico previsti dagli artt. 1362 e 1363 c.c.). Invero, sebbene l’art. 17.1 del disciplinare di gara si presenti apparentemente univoco nell’attribuire prevalenza al dato letterale su quello numerico, dovendo la clausola in esame confrontarsi anche con gli altri criteri ermeneutici legali e soprattutto dovendo essa stessa essere interpretata secondo buona fede, il suo ambito applicativo deve essere necessariamente circoscritto, come correttamente fatto dai giudici di primo grado, alle ipotesi di obiettiva incertezza del contenuto dell’offerta economica e non può, invece, essere esteso alle ipotesi di refusi o errori materiali, in quanto lo stravolgimento o la modifica della volontà dell’offerente non è un’operazione ermeneutica e si pone in contrasto con buona fede.

Né tale conclusione si traduce in una disparità di trattamento tra gli operatori economici, tutti sottoposti alle medesime regole ermeneutiche.

Pertanto, l’art. 17.1, comma 4, del disciplinare di gara, nello stabilire che in caso di discordanza tra quanto espresso in cifre e in lettere, la prevalenza sarà attribuita all’espressione in lettere, pone una regola interpretativa dell’offerta economica dei concorrenti che, come correttamente ritenuto dal giudice di primo grado, può trovare applicazione solo in presenza di una reale contraddizione o antinomia presente nell’offerta economica e non di un mero refuso o di un errore materiale, inidoneo ad incidere sulla individuazione della portata e del contenuto di tale offerta, che deve sempre avvenire in base alle regole ermeneutiche desumibili dalla legge, prevalenti, ove non abbiano una portata meramente suppletiva, rispetto a quelle dettate dalla lex specialis.

2.4. Nel caso di specie, correttamente il giudice di primo grado ha escluso la presenza di un’antinomia da risolvere con l’applicazione della regola di cui all’art. 17.1, in quanto, in base ad un’analisi complessiva del contenuto dell’offerta economica, si evince in modo chiaro ed inequivoco che il ribasso offerto è quello del 26,11 % e non quello del 17,17%. In tal senso depongono gli elementi indicati nella stessa lettera d’offerta, doc. 10: in particolare dall’indicazione dell’utile atteso di euro 897.763,50, quantificato nel 9%, si desume che il prezzo proposto è pari a euro 9.975.150,0 e, quindi, comporta il ribasso percentuale del 26,11% rispetto alla base d’asta di euro 13.500.000,00. Ulteriori ed inequivoci elementi a conferma di ciò si rinvengono nel contenuto della tabella dei costi della manodopera e delle spese generali, doc. 11 e 12, in cui è indicato esplicitamente quale prezzo offerto quello di euro 9.975.150,00, che corrisponde a quello base con un ribasso del 26,11%.

Pertanto, il contenuto complessivo dell’offerta economica consente di individuare in modo preciso ed inequivoco la volontà dell’operatore economico, che è stata espressa in modo chiaro, salva la presenza di un mero errore materiale, facilmente riconoscibile.

In proposito occorre precisare che l’art. 17 del disciplinare di gara ha ad oggetto il contenuto della busta C e, cioè, dell’offerta economica, prevedendo alcuni elementi obbligatori (di cui si occupa l’art. 17.1) e, cioè, necessari a pena di esclusione, ed altri elementi facoltativi (di cui si occupa l’art. 17.2), in quanto la loro assenza non è causa di esclusione. Più precisamente, ai sensi dell’art. 17.1, l’offerta economica, a pena di esclusione, deve contenere: il ribasso percentuale, espresso in cifre e in lettere, d’applicarsi sull’elenco prezzi posto a base di gara, al netto di Iva e/o altre imposte e contributi di legge, nonché gli oneri per la sicurezza; la stima dei costi aziendali relativi alla salute ed alla sicurezza sui luoghi di lavoro; la stima dei costi della manodopera; la stima dei costi indiretti; la stima dell’utile atteso per l’intervento; invece, l’art. 17.2 consente (ma non impone) che la busta C, avente ad oggetto l’offerta economica, contenga la tabella relativa alle spese generali e quella relativa ai costi della manodopera, la cui assenza non determina l’esclusione dalla gara. Sia l’art. 17.1 sia l’art. 17.2 si riferiscono all’offerta economica, da inserire nella busta C, per cui la tabella delle spese generali e quella dei costi della manodopera non costituiscono, come sostenuto dall’appellante, dei meri allegati rispetto all’offerta economica, ma ne sono parte integrante, confluendo nel suo contenuto.

A ciò si aggiunga che, come già rilevato, l’erroneità della indicazione in lettere del ribasso è manifestamente desumibile anche dalla sola lettera d’offerta, doc. 10, in cui si è precisato che l’utile atteso di euro 897.763,50 corrisponde al 9% del prezzo complessivo proposto, pari, quindi, ad euro 9.975.150,00 e, cioè, a quello base di euro 13.500.000,00 con un ribasso percentuale del 26,11%.

2.5. Infine, deve rilevarsi che la decisione impugnata è coerente con quanto affermato da Cons. Stato, Ad. Plenaria, 13 novembre 2015 n.10, secondo cui, in caso di discordanza macroscopica tra la proposta espressa in cifre e quella espressa in lettere, si deve attribuire rilievo agli elementi diretti ed univoci tali da configurare un errore meramente materiale o di scritturazione, permettendo alla commissione aggiudicatrice di emendarlo, tramite la priorità conferita all'effettivo valore dell'offerta: principio generale, che opera non solo per evitare l’esclusione di un concorrente dalla gara, ma in primo luogo per individuare l’effettivo contenuto dell’offerta.

2.6. Per completezza va precisato che le argomentazioni svolte nella censura formulata in ordine alla validità dell’art. 17 del disciplinare e all’inapplicabilità del soccorso istruttorio si riferiscono a motivi del ricorso introduttivo assorbiti e, quindi, non necessitano di esame in questa sede in considerazione del rigetto dell’appello. Non ci si deve, quindi, soffermare sulla compatibilità dell’art. 17 del disciplinare di gara (prevalenza dell’offerta in lettere su quella in cifre), riconducibile a disposizioni legislative oggi abrogate (in particolare agli artt. art. 5 della legge n. 14 del 1973, 90 del d.P.R. n. 554 del 1999, 119 del d.P.R. n. 207 del 2010), con l’art. 72 del r.d. n. 827 del 1924, che sancisce il diverso criterio della prevalenza dell’offerta più vantaggiosa per l’Amministrazione e che risulta ancora formalmente vigente. Come già precisato, difatti, nel caso di specie, non deve farsi applicazione dell’art. 17 del disciplinare di gara.

3.In conclusione, l’appello va respinto.

Le spese di lite devono essere integralmente compensate stante la complessità della questione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese integralmente compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2025 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Sara Raffaella Molinaro, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere

Francesca Picardi, Consigliere, Estensore