Cons. St., Sez. V, 3 febbraio 2015, n. 497

 

Cons. St., Sez. V, 3 febbraio 2015, n. 497

Estensore N. Gaviano; Presidente A. Pajno

 

Nel caso delle imprese pubbliche, che sono enti aggiudicatori nei settori speciali ma non sono contemplati tra le amministrazioni aggiudicatrici nei settori ordinari, allorché si versi in tema di appalti “estranei”, aggiudicati per scopi diversi dalle loro attività nei settori speciali, la sottrazione alla direttiva 2004/17/CE non comporta l’espansione della direttiva 2004/18/CE, ma piuttosto la sottrazione ad entrambe le direttive. Con riferimento, pertanto, agli appalti di cui all’art. 217 d.lgs. n. 163/2006 aggiudicati per scopi diversi dalle attività dei settori speciali, l’Adunanza Plenaria ha chiarito che delle due l’una:

a) o l’ente aggiudicatore è un’amministrazione aggiudicatrice, e in tal caso l’appalto, estraneo al settore speciale, ricade nei settori ordinari, e dunque nel raggio di azione della direttiva 2004/18/CE;

b) o l’ente aggiudicatore è un’impresa pubblica, ossia un soggetto di diritto privato, e in tal caso l’appalto, estraneo al settore speciale, non ricade nei settori ordinari (e dunque nel raggio di azione della direttiva 2004/18/CE, che non contempla tra le stazioni appaltanti le imprese pubbliche), e neppure ricade sotto i principi dei Trattati a tutela della concorrenza.

Sicché, in conclusione, dinanzi ad un appalto estraneo ai settori speciali, di cui al citato art. 217, che sia stato posto in essere da un’impresa pubblica, va affermato il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo e, per converso, la giurisdizione del Giudice ordinario.

 

BREVI ANNOTAZIONI

OGGETTO DELLA DECISIONE

Con la sentenza in commento i giudici del Consiglio di Stato tornano ad affrontare la questione del riparto di giurisdizione in materia di controversie sull’affidamento di appalti da parte di imprese pubbliche. Si evidenzia come le imprese pubbliche siano tenute all’osservanza della disciplina degli appalti pubblici solo nei settori speciali, mentre, non sono contemplate tra le amministrazioni aggiudicatrici e gli altri soggetti aggiudicatori nei settori ordinari.

Particolare attenzione da parte della giurisprudenza ha riguardato l’ipotesi di affidamento di appalti “esclusi” dai settori speciali di riferimento tassativamente indicati dal legislatore.

Al riguardo, è stato osservato come la linea di confine tra servizi caratterizzati da scopi “diversi” e quelli direttamente attuativi degli scopi propri dell’esercizio di attività rientranti nei settori speciali dipenda dalla interpretazione di un concetto indeterminato ed elastico, quale il nesso di “strumentalità” ossia di diretta finalizzazione del servizio da appaltare rispetto all’attività speciale, costituente l’oggetto precipuo dell’attività del gestore.

 

PERCORSO ARGOMENTATIVO

La vicenda giudiziaria trae origine dal contenzioso instaurato a seguito dell’esclusione di un’impresa dalla procedura per l’aggiudicazione di un appalto avente ad oggetto la progettazione esecutiva e la realizzazione di un impianto di innevamento.

In primo grado il Tar respingeva il ricorso adducendo che la sottoscrizione dell’offerta tecnica da parte dei ricorrenti non si era uniformata ai requisiti formali previsti dal disciplinare di gara.

La ricorrente proponeva appello avverso la sentenza pronunciata dai giudici di prime cure denunciando l’omissione di soccorso istruttorio secondo cui la stazione appaltante avrebbe dovuto invitarla a regolarizzare l’offerta e a sanare, in tal modo, la partecipazione alla gara.

La stazione appaltante si costituiva in giudizio proponendo un appello incidentale con cui eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario. Si tratta di una pregiudiziale di rito che va vagliata dal giudice preliminarmente rispetto al merito.

Più nello specifico, in relazione alla natura giuridica della stazione appaltante, dovrà essere valutato dal giudice se l’ente aggiudicatore sia o meno impresa pubblica e quale sia il giudice deputato a conoscere le relative controversie. 

Con la sentenza in epigrafe, i giudici tornano a puntualizzare le differenze intercorrenti tra organismo di diritto pubblico e impresa pubblica, due nozioni di derivazione comunitaria rilevanti ai fini dell’individuazione dell’alveo operativo della disciplina contenuta nel Codice Appalti. Elementi comuni tra impresa pubblica e organismo di diritto pubblico attengono all’impiego dello strumento societario e, dunque, alla fase di costituzione nonché all’esigenza di perseguire l’interesse pubblico. Le differenze tipologiche riguardano, invece, le modalità di svolgimento dell’attività e la conseguente possibile compatibilità, esistente soltanto per le imprese pubbliche, tra lo scopo lucrativo e quello di interesse generale. Il Collegio ritiene che, in base alla disciplina comunitaria e nazionale, la differenza sostanziale tra impresa pubblica e organismo di diritto pubblico non si cristallizza nel modello organizzativo adottato, ma nella circostanza che l’impresa pubblica è esposta alla concorrenza, mentre l’organismo di diritto pubblico è caratterizzato dalla mancata esposizione alle regole del mercato e dal conseguente obbligo di ripianamento in caso di perdite da parte dell’ente di riferimento. A differenza di quanto previsto per l’organismo di diritto pubblico, si prescinde dal fine perseguito riconoscendosi valenza decisiva al legame tra impresa e pubblica amministrazione “dominante”. 

La distinzione tra le due figure rileva anche sul piano del riparto di giurisdizione.

Nel caso dell'organismo di diritto pubblico si ha la giurisdizione del giudice amministrativo; in presenza dell'impresa pubblica la giurisdizione spetta invece al giudice ordinario trattandosi di un soggetto di diritto privato, salvo il caso dei settori speciali ex art. 207 d.lgs. 163/2006, in cui a tale impresa, in qualità di amministrazione aggiudicatrice, si applicano le regole sull'evidenza pubblica con la conseguente cognizione del giudice amministrativo.

Il problema si è posto con riferimento alle imprese pubbliche operanti nei settori speciali che, tuttavia, indicano gare estranee al loro ambito di attività predisposte “per scopi diversi dall’esercizio delle loro attività di cui agli articolo da 208 a 2013”, così recita testualmente il testo normativo.

In base al criterio dettato dalla giurisprudenza dal Consiglio di Stato potrà dirsi “strumentale” alle attività dei settori speciali esercitate dall’ente aggiudicatore, solo un appalto che “si pone in termini di mezzo a fine”, ovvero che può essere considerato come incluso nella gestione di un servizio di un’attività di cui ai settori speciali.

L’Adunanza Plenaria n. 16/2011, ha delineato la figura dei così definiti “appalti estranei” aggiudicati dalle imprese pubbliche operanti nei settori speciali, per scopi diversi dalle attività proprie di tali settori. Tale sentenza ha segnato un’inversione di rotta incidendo sull’architettura giuridica delle regole di affidamento dei contratti di lavori, servizi e forniture delle imprese pubbliche, chiarendo definitivamente che tali appalti sono sorretti dal diritto privato.

La stessa giurisprudenza comunitaria afferma che le previsioni della direttiva 2004/17/CE devono essere applicate restrittivamente, con conseguente inapplicabilità anche per le imprese pubbliche della c.d. “teoria del contagio” di cui alla giurisprudenza Mannesman, che estende il regime applicabile all’organismo di diritto pubblico a tutti i suoi appalti anche se aggiudicati per lo svolgimento di attività promiscue e molteplici.

Ebbene, l’assoggettabilità dell’affidamento di un servizio alla disciplina dettata per i settori speciali non può essere desunta solo sulla base di un criterio soggettivo ma dipende anche da un parametro di tipo oggettivo attento alla riferibilità del servizio da affidare a una delle attività speciali.

Operata una ricognizione dei principi di carattere generale, occorre soffermarsi sulle caratteristiche della fattispecie concreta. Senza dubbio, la stazione appaltante non può essere qualificata quale organismo di diritto pubblico non possedendo il requisito teleologico della soddisfazione di un interesse generale, avente carattere non industriale o commerciale. Solo la dimostrazione che l’attività della società venga svolta con metodo non economico, senza rischio di impresa, e che la stessa opera in un mercato non concorrenziale è utile al fine di detta qualificazione. Dalla lettura dell’atto costitutivo e dello statuto della società non si evincerebbe, secondo i giudici, in alcun modo, la sussistenza di peculiari relazioni finanziarie con l’azionista maggioritaria idonee a garantire in ogni caso la sua presenza e permanenza sul mercato contemplandosi tra le attività di sua competenza la costruzione e l’esercizio di impianti di risalita anche per conto di terzi e più, in generale, di strutture connesse all’esercizio di piste da sci e di strutture connesse all’esercizio degli sport invernali.

La stazione appaltante opera, infatti, come impresa pubblica quale concessionaria nell’ambito del settore dei trasporti, uno dei settori speciali della parte III d.lgs. 163/2001. Tuttavia, l'appalto in controversia ha ad oggetto la progettazione esecutiva e la realizzazione di un impianto d’innevamento e un impianto di adduzione d’acqua, ossia attività non riconducibili all’esercizio del trasporto pubblico di cui all’art. 210 d.lgs. cit., e quindi ai settori speciali, ma semmai solo funzionali all’esercizio delle piste da sci.

Si è, pertanto, in presenza di un appalto “estraneo”, aggiudicato per scopi diversi dall’esercizio delle specifiche missioni rientranti nel settore speciale dei trasporti, privo del vincolo di strumentalità, per il quale la giurisdizione dovrà radicarsi in capo al giudice ordinario.

Sulla scorta delle suddette argomentazioni il Collegio conclude con l’accoglimento dell’appello incidentale e con la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione del g. a. a favore del giudice ordinario.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

E’ ben noto che, nel caso in cui avverso la sentenza resa in primo grado siano stati presentati un appello principale e un appello incidentale, può, a seconda dei casi, essere data priorità all’esame del ricorso che risulta decisivo per dirimere la lite, tenendo conto dei principi di economia processuale e di logicità (cfr. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. III, 4 novembre 2011 n. 5866). I Giudici di Palazzo Spada definiscono la peculiarità dell’appello incidentale autonomo od improprio che quella è di non essere diretto contro il medesimo capo della sentenza aggredito con l’appello principale, configurandosi come un autonomo gravame, la cui natura incidentale discende unicamente dall’esser stato proposto dopo un precedente appello principale, con la conseguenza dell’applicazione del principio di concentrazione delle impugnazioni sancito dall’art. 333 cod. proc. civ. secondo la logica del simultaneus processus e del correlativo onere per la parte proponente di rispettare i medesimi termini di impugnazione previsti per quello principale.

Venendo in rilievo una questione di giurisdizione con riferimento ad un appalto aggiudicato da un impresa pubblica nel settore speciale dei trasporti, il Collegio si conforma a quanto affermato dall’Adunanza Plenaria con l’arresto n. 16/2011.

Nell’ambito dei contratti “esclusi” dall’applicazione della disciplina ad evidenza pubblica, si opera, quindi, una innovativa distinzione fra appalti “esenti” ed “estranei”.

 Nella prima categoria rientrano appalti, aventi ad oggetto attività che “rientrano nei settori di intervento delle direttive, ma che ne vengono esclusi per ragioni latu sensu di politica comunitaria”, con riferimento ai quali l’ente aggiudicatore è tenuto al rispetto dei principi del Trattato CE in materia di concorrenza (economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità).  Gli appalti “estranei, invece,  aventi ad oggetto attività “del tutto al di fuori dei settori di intervento delle direttive o dello stesso ordinamento comunitario” qualora vengano affidati da imprese pubbliche non soggiacciono alla disciplina dei settori ordinari, in quanto non contemplate tra le amministrazioni aggiudicatrici in detti settori, ma devono solo rispettare i principi civilistici.

In presenza di procedure di aggiudicazione da parte di imprese pubbliche, dunque, il giudice amministrativo dovrà accertarsi se la disciplina applicabile sia quella del diritto privato nazionale con conseguente pronuncia di difetto di giurisdizione e radicamento della stessa in capo al giudice ordinario, sulla base delle seguenti dirimenti: natura giuridica della stazione appaltante, ambito soggettivo ed oggettivo dei settori speciali, rapporto di strumentalità tra attività oggetto dell’appalto e core business della stazione appaltante nel settore speciale. 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

F. Caringella, M. Giustiniani, Manuale di diritto amministrativo. IV. I contratti pubblici, Ed. Dike, 2014, pp. 1555 ss.; F. Caringella, M. Giustiniani, Codice dei contratti pubblici, Ed. Dike, 2014.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7912 del 2014, proposto dalla Saudin S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Palumbo e Stefano Ascioni, con domicilio eletto presso il primo in Roma, viale Giulio Cesare 95; 

contro

Cervino S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Hebert D'Herin e Claudio De Portu, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, Via Flaminia 354; 

nei confronti di

Technoalpin S.p.a., in proprio e quale mandataria del costituendo Consorzio ordinario con la Ivies S.p.a.; 
Ivies S.p.a., in proprio e quale mandante del medesimo Consorzio; 

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. VALLE D'AOSTA n. 41/2014, resa tra le parti, concernente l’aggiudicazione dell’appalto per la progettazione esecutiva e la realizzazione di un impianto di innevamento e di un impianto di adduzione acqua nel comprensorio sciistico di Breueil - Cervinia.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Cervino S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2014 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti l’avv. Francesco Palumbo, nonché l’avv. Massimo Colarizi su delega dell'avv. Claudio De Portu;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con ricorso al T.A.R. per la Valle d’Aosta la S. S.r.l. (di seguito, la S.) impugnava la propria esclusione dalla procedura per l'aggiudicazione dell'appalto avente ad oggetto la progettazione esecutiva e la realizzazione dell'impianto di innevamento programmato delle piste 2-3-3.0-3.00-3bis-5-14-60, nonché dell'impianto di adduzione dell'acqua tra Laghi Cime Bianche - Fornet nel comprensorio sciistico di Breuil - Cervinia (C.I.G. 557950405C).

Veniva contestualmente impugnata la clausola di cui alla sezione 2.2, lett. d), del disciplinare di gara, nella parte in cui prevedeva l'esclusione dalla procedura in caso di omessa sottoscrizione in calce dell'offerta tecnica.

Resisteva al gravame la Stazione appaltante C. S.p.a..

Il Tribunale adìto con la sentenza n. 41/2014 in epigrafe, emessa ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm., respingeva il ricorso.

Tanto in forza della seguente motivazione.

Rilevato che l’impresa ricorrente si duole dell’esclusione da una gara pubblica, disposta in proprio danno per avere il legale rappresentante ed i progettisti sottoscritto gli elaborati A), B), C) del progetto-offerta non in calce, ma sulla prima pagina, e ciò in violazione del disciplinare di gara, sezione 2.2, lett. d);

Considerato che, in tema di appalti pubblici, se è pur vero che il requisito della sottoscrizione dell’offerta – e dei documenti che ne costituiscono parte integrante – è soddisfatto anche da forme equipollenti, quali l’apposizione della sola sigla, unitamente al timbro dell’impresa ed alle generalità del legale rappresentante, è altresì vero che altrettanto non può dirsi per l’apposizione della firma sul frontespizio o in testa o sulla prima paginache non è in grado di assolvere adeguatamente alla funzione di rendere sicuramente riferibile al firmatario l’offerta stessa (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 20 aprile 2012 n. 2317) …”.

Nel frattempo, poiché la gara era culminava in un’aggiudicazione definitiva della commessa al costituendo consorzio tra T. s.p.a. e I. s.p.a., la SAUDIN insorgeva nuovamente dinanzi al T.A.R. locale impugnando tale aggiudicazione.

La medesima ricorrente proponeva, indi, il corrente appello dinanzi alla Sezione avverso la sentenza in epigrafe.

Con la presente impugnativa veniva allegato, in sintesi, che il T.A.R. aveva omesso di verificare se, come contestato con il primo motivo dell’originario ricorso introduttivo, la clausola del disciplinare dianzi citata fosse compatibile con il disposto del comma 1-bis dell’art. 46 d.lgs. n. 163/2006. Il Tribunale avrebbe mancato inoltre di pronunciarsi sul secondo motivo dello stesso ricorso, in tema di omissione di soccorso istruttorio, doglianza secondo la quale la Stazione appaltante avrebbe dovuto chiedere alla società di regolarizzare la propria offerta.

La Stazione appaltante si costituiva in giudizio in resistenza all’appello proponendo, a sua volta, un appello incidentale con il quale deduceva il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo in favore dell’A.G.O..

Essa eccepiva, inoltre, l’inammissibilità dell’appello avversario, facendola risalire alla circostanza che la S. aveva violato la segretezza della propria offerta economica di gara, fatto che avrebbe attentato all’imparzialità ed obiettività di una ipotetica, futura valutazione da parte della Commissione della sua offerta tecnica.

Infine, la C. S.p.a. deduceva l’infondatezza dell’altrui appello, domandandone comunque la reiezione.

La S. dal canto suo, opponeva la irricevibilità e l’infondatezza dell’appello incidentale, replicando alle eccezioni e contestazioni di merito della Stazione appaltante ed insistendo per l’accoglimento del gravame principale.

La C. controdeduceva sui temi in discussione con la propria memoria conclusiva.

Alla pubblica udienza dell’11 dicembre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello incidentale è ammissibile e fondato.

1 L’art. 9 C.P.A. (“Difetto di giurisdizione”) dispone: “Il difetto di giurisdizione e' rilevato in primo grado anche d'ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione.

La sentenza oggetto della presente impugnativa ha pronunziato implicitamente sulla giurisdizione, ritenendola, nello statuire sul merito di causa.

Tale implicito capo autonomo della pronunzia di primo grado era perciò appellabile, come ha fatto la Stazione appaltante.

2a L’originaria ricorrente ha eccepito la tardività del relativo appello incidentale, sottolineando che questo era stato notificato solo in data 17 ottobre 2014, ossia oltre il termine perentorio di trenta giorni decorrente dalla notifica della sentenza di primo grado effettuata -dalla medesima C.- il precedente 24 luglio. Si sarebbe difatti trattato di un appello sostanzialmente autonomo (appello incidentale c.d. improprio), asseritamente sorretto da un interesse indipendente dall’impugnativa principale e, del resto, vertente su capi di decisione non connessi né dipendenti da quelli gravati in via principale.

Il gravame incidentale sarebbe stato, pertanto, vincolato al rispetto dei termini ordinari di impugnazione dettati dall’art. 92 C.P.A..

2b In contrario, tuttavia, è stata correttamente contestata la qualificazione dell’appello incidentale in termini di appello improprio, rilevando che la Cervino, parte vittoriosa nel merito in primo grado, non avrebbe avuto alcun autonomo interesse ad un’impugnazione immediata della sentenza in epigrafe. Il suo interesse a gravarsi poteva scaturire solo dall’altrui proposizione del gravame principale, e ciò allo scopo, logicamente subordinato, di paralizzare l’azione avversaria.

In difetto di una condizione di soccombenza della parte che lo ha proposto, l’appello incidentale non può dunque che essere qualificato come un’impugnativa spiegata ai sensi dell’art. 334 cod. proc. civ., forma di gravame esperibile, giusta l’art. 96, comma 4, C.P.A., anche contro capi del tutto autonomi della sentenza di primo grado.

2c L’appello incidentale risulta, pertanto, tempestivo (l’art. 334 cit. stabilisce che “Le parti contro le quali è stata proposta impugnazione possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse è decorso il termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza”).

La peculiare materia che ne forma oggetto, riflettendo un presupposto processuale, esige, però, che la sua trattazione sia anteposta a quella delle tematiche sollevate dall’appello principale.

3a Il difetto di giurisdizione denunziato con l’appello incidentale si richiama ai principi enunciati dalla decisione dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio n. 16 del 1° agosto 2011.

Esso viene fatto discendere dalla natura giudica della Stazione appaltante e dall’oggetto dell’appalto.

Sotto il primo aspetto è richiamato il fatto che la C. S.p.a., società con capitale pubblico maggioritario (il cui 97,127 % appartiene alla Finanziaria regionale della Valle d’Aosta, F. s.p.a.) contrassegnata dall’ampio oggetto indicato in atti, costituisce un’impresa pubblica. E che essa opera, tra l’altro, quale concessionaria pubblica, in virtù quindi di “diritti speciali ed esclusivi”, nel settore dei trasporti, ossia uno dei settori speciali della parte III del d.lgs. n. 163/2006 (art. 210).

Sotto il secondo aspetto viene rilevato che l'appalto in controversia ha per oggetto la progettazione esecutiva e la realizzazione di un impianto di innevamento e un impianto di adduzione d’acqua, vale a dire attività estranee all’esercizio del trasporto pubblico di cui all’art. 210 d.lgs. cit., e semmai funzionali all’esercizio delle piste da sci.

3b Posta questa premessa, occorre allora subito ricordare le coordinate stabilite dalla citata pronuncia dell’Adunanza Plenaria, la quale ha effettuato le seguenti puntualizzazioni.

Ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. e) n. 1) C.P.A., l’ambito della giurisdizione del Giudice amministrativo. sulle procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture è individuato sulla scorta di nozioni tratte dal diritto sostanziale dei pubblici appalti. All’uopo occorre che vi sia una procedura di affidamento di pubblici lavori, servizi o forniture svolta da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente, “all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale”.

La procedura di affidamento ha in sé, infatti, carattere neutro, e si connota solo in virtù della natura del soggetto che la ponga in essere, essendo quindi indispensabile, sia per la sussistenza della giurisdizione del G.A., sia per l'applicazione del diritto pubblico degli appalti dettato dal d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, che il soggetto procedente sia obbligato (“comunque tenuto”) al rispetto delle procedure di evidenza pubblica in base al diritto comunitario o interno.

Tanto premesso, la normativa comunitaria e nazionale, pur perseguendo lo scopo di sottoporre alla disciplina di evidenza pubblica anche i c.d. settori speciali (già “esclusi”, perché regolati dal diritto privato), delimita in modo rigoroso non solo il loro ambito soggettivo ma anche quello oggettivo, descrivendo in dettaglio ciascun settore con prescrizioni che devono essere applicate restrittivamente, onde conservare ai detti settori connotati di specialità, e alle stazioni appaltanti maggiore libertà nella scelta degli operatori economici.

In tal senso viene in rilievo l’art. 207 d.lgs. n. 163/2006, circa l’ambito soggettivo dei settori speciali; e analogamente rileva l'art. 217 del medesimo d.lgs., che stabilisce che la disciplina dei settori speciali non si applica agli appalti che gli enti aggiudicatori aggiudicano “per scopi diversi dall'esercizio delle loro attività di cui agli articoli da 208 a 213

Donde la conferma che l'assoggettabilità dell'affidamento di un servizio alla disciplina dettata per i settori speciali non può essere desunta sulla base di un criterio solo soggettivo, riflettente cioè il fatto che ad affidare l'appalto sia un ente attivo nei settori speciali, ma dipende anche da un parametro di tipo oggettivo, attento alla riferibilità del servizio da affidare ad una delle attività speciali.

A questo proposito esiste, però, anche la necessità di operare una distinzione tra soggetti.

Le imprese pubbliche, a differenza degli organismi di diritto pubblico, rientrano -giusta le definizioni rispettivamente fornite dall'art. 3, commi 26 e 28, d.lgs. n. 163/2006 - tra gli “enti aggiudicatori” tenuti all'osservanza della disciplina degli appalti nei settori speciali ex art. 207 d.lgs. cit., mentre non sono, in quanto tali, contemplate tra le “amministrazioni aggiudicatrici e altri soggetti aggiudicatori” tenuti all’osservanza della disciplina degli appalti nei settori ordinari (art. 32, d.lgs. n. 163/2006).

Nel caso delle amministrazioni aggiudicatrici, che sono soggetti di diritto pubblico, non vi sarebbero ostacoli ad ammettere che, per i loro appalti estranei ai settori speciali, si riespanda l’applicazione della disciplina degli appalti dei settori ordinari.

Diversamente, però, nel caso delle imprese pubbliche, che sono enti aggiudicatori nei settori speciali ma non sono contemplati tra le amministrazioni aggiudicatrici nei settori ordinari, allorché si versi in tema di appalti “estranei”, aggiudicati per scopi diversi dalle loro attività nei settori speciali, la sottrazione alla direttiva 2004/17/CE non comporta l’espansione della direttiva 2004/18/CE, ma piuttosto la sottrazione ad entrambe le direttive.

Con riferimento, pertanto, agli appalti di cui all’art. 217 d.lgs. n. 163/2006 aggiudicati per scopi diversi dalle attività dei settori speciali, l’Adunanza Plenaria ha chiarito che delle due l’una:

a) o l’ente aggiudicatore è un’amministrazione aggiudicatrice, e in tal caso l’appalto, estraneo al settore speciale, ricade nei settori ordinari, e dunque nel raggio di azione della direttiva 2004/18/CE;

b) o l’ente aggiudicatore è un’impresa pubblica, ossia un soggetto di diritto privato, e in tal caso l’appalto, estraneo al settore speciale, non ricade nei settori ordinari (e dunque nel raggio di azione della direttiva 2004/18/CE, che non contempla tra le stazioni appaltanti le imprese pubbliche), e neppure ricade sotto i principi dei Trattati a tutela della concorrenza.

Sicché, in conclusione, dinanzi ad un appalto estraneo ai settori speciali, di cui al citato art. 217, che sia stato posto in essere da un’impresa pubblica, va affermato il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo e, per converso, la giurisdizione del Giudice ordinario.

3c Operata, così, la ricognizione dei complessi contenuti della decisione anzidetta, non resta che focalizzare maggiormente l’attenzione sulle caratteristiche della fattispecie concreta.

3d A questo proposito, non rileva il semplice dato che la Cervino S.p.a. con il bando di gara in rilievo abbia scelto di autovincolarsi al rispetto delle regole di evidenza pubblica di matrice comunitaria.

Come la citata decisione dell’Adunanza Plenaria n. 16/2011 ha ben chiarito, la sottoposizione o meno di un appalto al regime pubblicistico dettato dal d.lgs. n. 163/2006 discende dalle caratteristiche oggettive dell'appalto e da quelle soggettive della Stazione appaltante. Se è vero, infatti, che l’art. 133 C.P.A. fa riferimento, come si è visto, al fine di stabilire l'ambito della giurisdizione amministrativa, al soggetto “comunque tenuto” al rispetto di procedure di evidenza pubblica, siffatta ampia espressione non può tuttavia che riferirsi pur sempre ad un vincolo eteronomo, e non autonomo, di rispetto delle suddette procedure, con la conseguenza che un mero autovincolo, se è idoneo a rendere applicabili le regole richiamate, è però inidoneo a determinare spostamenti della giurisdizione.

3e Tanto premesso, la C. S.p.a. effettivamente si presenta come un’impresa pubblica, e non quale un organismo di diritto pubblico.

Secondo la definizione contenuta nell’art. 3, comma 26, d.lgs. n. 163/2006 è organismo di diritto pubblico “qualsiasi organismo, anche in forma societaria:

- istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;

- dotato di personalità giuridica;

- la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”.

I tre requisiti indicati, come la giurisprudenza ha da tempo chiarito, hanno carattere cumulativo (cfr. tra le tante Corte di Giust., CE, 15 gennaio 1998, C-44/96; Cass. Civ., SS.UU, 4 aprile 2000, n. 97; C.d.S., VI, 9 giugno 2008, n. 2764; V, 30 gennaio 2013, n. 570).

Di essi la Stazione appaltante non risulta possedere quello, c.d. teleologico, dell’istituzione “per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale”.

L’accertamento intorno a tale requisito richiede una duplice verifica, concernente l’elemento positivo del carattere generale del fine perseguito e quello, negativo, del carattere non industriale né commerciale del fine stesso.

La verifica circa l’istituzionale perseguimento di finalità di interesse generale non è infatti sufficiente (C.d.S., VI, 17 settembre 1998, n. 1267; Cass. SS.UU., 4 aprile 2000, n. 97, e Corte di Giust. CE, 10 maggio 2001, C-299/99 e 260/99), in quanto l’attività dell’organismo di diritto pubblico deve anche avere «carattere non industriale o commerciale». I suoi compiti devono, pertanto, essere svolti non con metodo economico, ma mediante l’esercizio di una attività che non implica assunzione del rischio di impresa (Cass., SS.UU., 9 maggio 2011, n. 10068).

Ora, l’oggetto sociale della C. contempla in netta prevalenza delle comuni attività d’impresa, quali la costruzione e l’esercizio di impianti di risalita, anche per conto terzi, la costruzione ed esercizio di piste da sci, impianti di neve artificiale e, più ampiamente, strutture connesse all’esercizio degli sporti invernali, la costruzione di strade, l’esecuzione di lavori e servizi edili e impiantistici, la costruzione ed esercizio di alberghi, ecc.

La difesa della Stazione appaltante ha inoltre rivendicato, senza incontrare specifiche obiezioni, che la società svolge attività che (eccezion fatta per la sua posizione di concessionaria di alcune funivie, peraltro qui non rilevante) sono liberamente accessibili, esposte alla concorrenza e “rinunciabili”, e che la stessa non gode del ripianamento delle perdite da parte della propria azionista maggioritaria, la F. s.p.a..

Per contro, ex adverso non è stato dimostrato che la società agisca senza assunzione del rischio di impresa, né che operi in un mercato non concorrenziale (cfr. C.d.S., VI, 20 marzo 2012, n. 1574).

Né può persuadere il tentativo avversario di revocare in dubbio la natura di impresa pubblica della C. S.p.a. argomentando non già dai suoi fini specifici, come occorrerebbe fare, bensì da quelli del suo azionista.

Senza dire, poi, che il fatto la Finanziaria regionale possa, per propria norma statutaria, assumere partecipazioni in società finalizzate a conseguire “obiettivi di interesse per il contesto economico regionale” (locuzione che non equivale, tra l’altro, a quella di “esigenzedi interesse generale”) non potrebbe certo valere a configurare per ciò stesso e a priori quali organismi di diritto pubblico le sue partecipate.

E neppure vale dedurre- come l’appellante principale apoditticamente fa- l’illegittimità della coesistenza in un medesimo soggetto giuridico della duplice natura di impresa pubblica e di società in house in forza dell’incompatibilità sancita tra tali due figure dall’art. 13 d.l. n. 223/2006, poiché tale prospettazione non escluderebbe la necessità di avere comunque riguardo, ai fini per cui è causa, all’attuale configurazione giuridica del soggetto che ha indetto la procedura per cui è controversia.

3f Per quanto precede, dunque, la Stazione appaltante si configura quale impresa pubblica che svolge, tra l’altro, una delle attività di cui agli artt. da 208 a 213 del d.lgs. n. 163/2006, operando segnatamente nel settore dei trasporti.

Essa, in coerenza con il suo oggetto sociale, oltre ad operare nel settore degli impianti di risalita per il trasporto di turisti e sciatori, si occupa anche, come è già emerso, della costruzione ed esercizio di piste da sci, impianti di neve artificiale e, più ampiamente, strutture connesse all’esercizio degli sporti invernali.

Orbene, l'appalto in controversia ha per oggetto la progettazione esecutiva e la realizzazione di un impianto di innevamento e un impianto di adduzione d’acqua, ossia attività non riconducibili all’esercizio del trasporto pubblico di cui all’art. 210 d.lgs. cit., e quindi ai settori speciali, ma semmai funzionali all’esercizio delle piste da sci.

Si è in presenza, pertanto, di un appalto “escluso” dall’ambito di applicazione della disciplina dei settori speciali ai sensi dell’art. 217, d.lgs. n. 163/2006, in quanto aggiudicato per scopi diversi dall’esercizio delle specifiche missioni rientranti nei settori stessi.

Né esiste la possibilità di reputare l’appalto riconducibile ad una di tali missioni in forza di un vincolo di strumentalità, tenuto conto della necessità di un’interpretazione restrittiva delle prescrizioni che delimitano i settori speciali, come pure dello stesso correlativo concetto di “strumentalità” (Ad.Pl. n. 16/2011, paraggr. 21 e 24; cfr. anche Sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 4934, e soprattutto 22 aprile 2014 n. 2026, recante una dettagliata casistica di fattispecie in cui la giurisprudenza ha ravvisato la sussistenza dell’anzidetto nesso strumentale, casistica che fa appunto fede del rigore seguito nella relativa valutazione).

Si ricade, pertanto, nell’ambito della previsione dell’art. 217 d.lgs. 163, che, come già detto, stabilisce che la disciplina dei settori speciali non si applica “agli appalti che gli enti aggiudicatori aggiudicano per scopi diversi dall'esercizio delle loro attività di cui agli articoli da 208 a 213

3g Deve infine escludersi che un ipotetico obbligo dell’appellante incidentale di rispettare le procedure ad evidenza pubblica possa essere fatto risalire all’art. 32, comma 1, lett. c), del codice dei contratti pubblici. Tale norma riguarda le società a capitale pubblico che non siano organismi di diritto pubblico e che abbiano ad “oggetto della loro attività ...... la produzione di beni o servizi, non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza”, laddove in questa sede non è stato dimostrato che la Stazione appaltante agisca senza assunzione del rischio di impresa né che operi in un mercato non concorrenziale. E ciò è tanto più vero proprio in relazione all’indizione della gara per cui è causa, concernente un appalto che non è connesso all’esercizio del trasporto pubblico su base concessoria, bensì all’azione della società nel settore della costruzione ed esercizio di piste da sci.

3h Da tutto ciò si desume la sussistenza del difetto di giurisdizione dedotto con l’appello incidentale.

4 In conclusione, in accoglimento dell’appello incidentale la sentenza impugnata deve essere riformata, e il ricorso di primo grado dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo in favore del Giudice ordinario.

Con riferimento alla declinatoria di giurisdizione che viene così emessa gli effetti sostanziali e processuali della domanda attorea sono fatti salvi, ai sensi dell’art. 11, comma 2, C.P.A., qualora il processo venga riassunto nella sede propria nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della decisione.

L’appello principale va conseguentemente dichiarato improcedibile.

L’assenza di una giurisprudenza del tutto assestata sulla complessiva materia e la circostanza della mancata formulazione dell’eccezione di giurisdizione sin dal primo grado di giudizio inducono a compensare le spese processuali del doppio grado di giudizio fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, così provvede:

- accoglie l’appello incidentale, e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara inammissibile l’originario ricorso introduttivo per difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo, spettando la giurisdizione stessa al Giudice ordinario;

- dichiara improcedibile l’appello principale.

Compensa tra le parti le spese processuali del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Alessandro Pajno, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore

Carlo Schilardi, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere