Consiglio di Stato, Sezione III, ordinanza 7 gennaio 2013, n. 25

Consiglio di Stato, Sezione III, ordinanza 7 gennaio 2013, n. 25
Presidente Lodi; Estensore Simonetti


1. Va rimessa alla Corte di giustizia dell'Unione Europea la questione pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 2 quinquies, par. 4, della direttiva n. 2007/66, ossia se lo stesso vada interpretato nel senso che, qualora un’amministrazione aggiudicatrice, prima di affidare il contratto direttamente ad un operatore economico determinato, scelto senza previa pubblicazione del bando, abbia pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’avviso di trasparenza preventiva e abbia atteso almeno dieci giorni per la stipulazione del contratto, sia automaticamente precluso – sempre e comunque - al giudice nazionale di pronunciare la privazione di effetti del contratto, anche se ravvisi la violazione delle norme che consentono, a determinate condizioni, di affidare il contratto senza l’espletamento di una gara.

 

2. Va rimessa alla Corte di giustizia dell'Unione Europea la questione pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 2 quinquies, par. 4, della direttiva n. 2007/66, ossia se lo stesso - ove interpretato nel senso di escludere la possibilità che a norma del diritto nazionale (art. 122 del codice del processo amministrativo) sia pronunciata l’inefficacia del contratto, nonostante il giudice abbia accertato la violazione delle norme che consentono, a determinate condizioni, di affidare il contratto senza l’espletamento di una gara – sia conforme ai principi di parità delle parti, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, nonché assicuri il diritto ad un ricorso effettivo sancito dall’art. 47 della Carta dei diritti dell’Unione europea.
 

BREVI ANNOTAZIONI

                                                                 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

Il Consiglio di Stato ha rimesso all’esame della Corte di Giustizia dell’Unione europea la questione pregiudiziale sulla validità dell’art. 2 quinquies, par. 4, della direttiva 2007/66/CE ove la sua interpretazione neghi in ogni caso al giudice nazionale di pronunciare ai sensi dell’art. 122 c.p.a. l’inefficacia del contratto, nonostante l’accertata violazione delle norme che consentono, a determinate condizioni, di affidare il contratto senza l’espletamento di una gara.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

Nell’ambito dell’argomentazione tracciata con l’ordinanza in commento, un ruolo di indubbia centralità riveste l’applicazione della deroga espressa (contenuta nell’art. 2 quinquies, par. 4, della direttiva 2007/66 nonché nell’art. 121, comma 5 c.p.a.) alla regola generale dell’inefficacia "necessaria" (di cui agli artt. 2 quinquies, par. 1 della direttiva 2007/66 e 121, comma 1 c.p.a.)

Infatti, l’analisi effettuata dal Consiglio di Stato parte dalla considerazione che la norma nazionale citata, recependo quella della direttiva 2007/66, impedisce di dichiarare inefficace il contratto qualora la pubblica amministrazione, nel disporre illegittimamente l’affidamento diretto dello stesso senza previa pubblicazione del bando, abbia provveduto a pubblicare precedentemente l’avviso di trasparenza preventiva e abbia atteso almeno dieci giorni per la stipulazione del contratto (ipotesi espressamente previste agli artt. 2 quinquies, par. 4, della direttiva 2007/66 e 121, comma 5, lett. b) e c) c.p.a.).

In realtà, la Sezione Terza ha chiarito che la scelta di fondo della direttiva 2007/66, volta a sanzionare l’affidamento diretto dei contratti pubblici fuori dai casi espressamente previsti per legge e in assenza dei requisiti richiesti, si può cogliere con riferimento alle violazioni più gravi, in quanto persino per esse la privazione degli effetti del contratto non è mai una conseguenza ineluttabile e neppure automatica, ma è fatto salvo un margine di flessibilità e di adattamento al caso concreto.

Punto centrale dell’argomento in esame è dunque la valorizzazione dei poteri decisionali di apprezzamento dell’autorità chiamata a pronunciarsi sulla questione dell’esistenza o meno di ipotesi nelle quali il contratto debba invece essere, comunque e sempre, salvaguardato; e ciò anche qualora questa soluzione comporti una limitazione dell’autonomia procedurale degli Stati membri che non potrebbero prevedere diversamente, sebbene il 20° Considerando della direttiva 2007/66 faccia salva, in linea generale, la possibilità di applicare sanzioni più rigorose a norma del diritto nazionale.

In altri termini, il Collegio ha affermato che dovrebbe essere privilegiata l’interpretazione della direttiva secondo cui sarebbe concesso, nel diritto nazionale, di ricomprendere nel novero delle violazioni "minori", ovvero nell’ambito degli "altri casi" di cui all’art. 122 c.p.a., l’ipotesi in cui l’affidamento diretto, illegittimo, del contratto sia stato preceduto dalla pubblicazione dell’avviso di trasparenza preventiva e siano trascorsi almeno dieci giorni per la stipulazione del contratto.

Alla luce di tali considerazioni, il Consiglio di Stato, ritenendo che l’impossibilità di dichiarare il contratto inefficace ai sensi dell’art. 121, comma 5, lett. a), b), c), c.p.a. non dovrebbe impedire di disporne l’inefficacia ai sensi dell’art. 122, ove ne ricorrano le condizioni, e dubitando, peraltro, che l’art. 2 quinquies, par. 4, della direttiva 2007/66 - ove interpretato nel senso di un divieto assoluto e indistinto di privare di effetti il contratto frutto di un illegittimo affidamento senza gara – sia conforme ai principi di parità delle parti, di non discriminazione e di concorrenza, i quali trovano il loro fondamento nella libertà di circolazione delle merci, nella libertà di stabilimento e nella libertà di circolazione dei servizi, ha conseguentemente rimesso all’esame della Corte di Giustizia dell’Unione europea la questione pregiudiziale sull’interpretazione e sulla conseguente validità dell’art. 2 quinquies, par. 4, della direttiva 2007/66/CE.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Dalla analisi dell’ordinanza in commento, si evincono chiaramente le non poche perplessità del Consiglio di Stato ad intendere in senso assoluto il divieto di disporre l’inefficacia del contratto nelle ipotesi previste dall’art. 2 quinquies, par. 4, della direttiva 2007/66,  attraverso un percorso argomentativo che appare pienamente condivisibile per i motivi che seguono.

Osserva la Sezione Terza che la locuzione “Gli Stati membri prevedono che il paragrafo 1, lettera a), del presente articolo non si applichi quando, previsione poi recepita dalla normativa nazionale e trasfusa nel 5° comma dell’art. 121 del codice del processo amministrativo, debba essere intesa in conformità alla volontà del Legislatore europeo, quale può evincersi anche dalla disamina del 13°, 14° e 20° Considerando  della direttiva 2007/66.

La ratio sottesa alla disciplina comunitaria in esame consiste nel fatto che la privazione degli effetti del contratto, anche riguardo alle violazioni più gravi, non è mai una conseguenza ineluttabile e neppure automatica, restando comunque salvo un margine di flessibilità e di adattamento al caso concreto, nel rispetto dei “criteri ispirati all’assenza di automatismi e alla graduazione e proporzionalità delle conseguenze, nel segno di un flessibile bilanciamento tra i contrapposti interessi”.

Pertanto, l’art. 2 quinquies, par. 4, della direttiva 2007/66, nel disciplinare i casi in cui non si applica l’inefficacia necessaria prevista dal par. 1 dello stesso articolo, non dovrebbe intendersi “tassativamente”, bensì andrebbe interpretato tenuto conto che: la privazione degli effetti è la conseguenza soltanto in linea di principio di un contratto risultante da un affidamento diretto illegittimo, e pertanto sarebbe illogico ritenere che invece la norma che esclude l’applicazione dell’inefficacia debba intendersi in senso assoluto e non appunto in linea di principio, lasciando la valutazione del caso concreto di volta in volta all’esame delle autorità preposte.

Nondimeno, una interpretazione squisitamente letterale dell’art. 2 quinquies par. 4, “indifferente” al contesto normativo in cui esso si colloca, consentirebbe sempre e comunque alla pubblica amministrazione di aggiudicare appalti sulla base di procedure negoziate illegittime senza mai incorrere nella declaratoria di inefficacia del contratto, per il solo fatto di aver agito nel rispetto dei requisiti menzionati (nella specie, l’amministrazione aggiudicatrice ha pubblicato l’avviso di trasparenza preventiva ed il contratto non è stato concluso prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni civili a decorrere dal giorno della pubblicazione), violando il procedimento di evidenza pubblica, che costituisce regola generale delle procedure di selezione e di aggiudicazione dei contratti pubblici, in ossequio ai principi comunitari di tutela e promozione della concorrenza.

Verosimilmente proprio per scongiurare tali ipotesi, il Collegio ha  posto in evidenza l’opportunità di ricomprendere nel novero delle violazioni "minori", ovvero degli "altri casi" di cui all’art. 122 del codice del processo amministrativo, tale affidamento diretto illegittimo del contratto.

Tale soluzione appare condivisibile, invero, anche per motivi di giustizia sostanziale che sarebbe inevitabilmente compromessa dall’imposizione al giudice nazionale di non poter valutare con un necessario margine di autonomia e flessibilità il caso concreto, così “forzando” la decisione nell’ambito dei requisiti formali menzionati, il che impedirebbe una pronuncia di inefficacia a prescindere dall’esame caso per caso del “grado” di illegittimità dell’affidamento diretto.

 

REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 5526 del 2012, proposto da:

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro


Fastweb S.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. Paolo Stella Richter, presso il cui studio ha eletto il domicilio in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 11;
 

nei confronti di
 

Telecom S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. ti Francesco Cardarelli e Filippo Lattanzi, con domicilio eletto presso il primo di essi in Roma, via G.Pierluigi Da Palestrina, 47;
 

per la riforma
 

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: sezione I TER n. 4997/2012, resa tra le parti, concernente la procedura negoziata senza bando per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica a favore del Dipartimento di pubblica sicurezza e dell'Arma dei Carabinieri, quali servizi di fonia vocale, fonia mobile trasmissione dati


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Fastweb S.p.a. e di Telecom S.p.a.;
Visto l’appello incidentale di Telecom S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visto l'art. 79, comma 1, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2012 il Cons. Hadrian Simonetti, uditi per le parti gli avvocati Stella Richter, Cardarelli e dello Stato Varrone.


I fatti di causa
1. Il Ministero dell’Interno, Dipartimento di Pubblica Sicurezza, concluse nel 2003 una convenzione con Telecom Italia per la disciplina e lo sviluppo dei servizi di telecomunicazione, in seguita integrata da una serie di atti aggiuntivi, con scadenza prevista il 31 dicembre 2011.
1.1. In vista della scadenza di tale convenzione, il Ministero ha ritenuto di poter fare applicazione dell’art. 28 par. 1) lett. e) della direttiva 2009/81/CE del 13 luglio 2009, relativa al coordinamento delle procedure per l’aggiudicazione di taluni appalti di lavori, servizi e forniture nei settori della difesa e della sicurezza e, più in generale, di quanto previsto dall’art. 57 co. 2 lett. b) del d.lgs. 163/2006 con il quale sono state recepite, nel diritto nazionale, le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.
1.2. Ha ritenuto, in particolare, che un solo operatore economico - coincidente con Telecom Italia S.p.a., precedente gestore - fosse in grado di eseguire il nuovo appalto di servizi, sussistendo ragioni tecniche in tal senso, oltre che la titolarità di (alcuni) diritti esclusivi, e che ciò consentisse quindi il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara.
Su questa convinzione, l’Amministrazione aggiudicatrice ha richiesto (con nota del 12 dicembre 2011) un parere preventivo all’Avvocatura Generale che, con atto del 20 dicembre, si è espressa favorevolmente. Nello stesso giorno ha proceduto, ai sensi dell’art. 79-bis del citato d.lgs. 163/2006, alla pubblicazione dell’Avviso volontario per la trasparenza sul supplemento della Gazzetta Ufficiale Europea ed il 22 dicembre è stata adottata la determinazione con la quale si invitava Telecom Italia a partecipare alla negoziazione fissata per il giorno successivo. All’esito della negoziazione, il 31 dicembre le parti hanno sottoscritto la convenzione quadro avente ad oggetto la “fornitura di servizi di comunicazione elettronica a favore del Dipartimento di pubblica sicurezza e dell’Arma dei Carabinieri, quali servizi di fonia vocale, fonia mobile, trasmissione dati”.
Il 16 febbraio del 2012 è stato pubblicato, sempre sulla Gazzetta Ufficiale Europea, anche l’avviso di aggiudicazione dell’appalto.
2. Fastweb s.p.a. ha, con un primo ricorso, impugnato tale ultimo atto. Premettendo di avere in precedenza già manifestato al Ministero il proprio interesse ad essere invitata a partecipare a future gare, ha censurato la scelta di non bandire una procedura di gara, deducendo la violazione dell’art. 28 della Direttiva 2009/18/CE e dell’art. 57 del d.lgs. 163/2006, nonché il difetto di motivazione e l’eccesso di potere, sul rilievo che non ricorrevano le condizioni per avviare una procedura negoziata senza bando. Ha quindi chiesto l’annullamento dell’aggiudicazione e, ove già stipulato, la dichiarazione di inefficacia del contratto.
2.1. Con successivi motivi aggiunti ha impugnato i provvedimenti anteriori, di cui non aveva avuto in precedenza conoscenza, in particolare la già menzionata determinazione del 22.12.2011 che individuava Telecom quale operatore con cui negoziare l’affidamento del servizio, ed ha dedotto ulteriori violazioni di legge, con riferimento all’art. 16 della l. 241/1990 e agli artt. 17, 59 e 79-bis del d.lgs. 163/2006, censurando in particolare la scelta compiuta dall’Amministrazione di disciplinare il servizio attraverso un accordo quadro, con oggetto indeterminato e per una durata temporale assai ampia, e le modalità attraverso le quali si era giunti alla stipula della convenzione il 31.12.2011, atto preceduto dall’avviso volontario per la trasparenza preventiva di cui ha dedotto la carenza dei suoi elementi fondamentali e, come tale, la sua inidoneità a produrre gli effetti di cui all’art. 121 co. 5 del Codice del processo amministrativo.
3. Il Tribunale amministrativo regionale ha respinto le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa erariale e da quella di Telecom (con la sola eccezione dell’impugnazione del decreto di segretazione, giudicata inammissibile), anche sul rilievo che Fastweb avrebbe potuto eseguire il servizio affidato alla controinteressata, se non interamente in proprio, comunque attraverso gli istituti dell’avvalimento e del raggruppamento temporaneo di imprese. Nel merito della controversia, dopo avere lungamente ripercorso le contrapposte deduzioni di parte (da p. 9 a p. 20) ed il quadro normativo di riferimento (da p. 21 a p. 23), ha giudicato che la scelta compiuta dal Ministero non fosse immune dalle censure proposte da Fastweb e che i dati e le circostanze indicati dall’Amministrazione non integrassero quelle “ragioni tecniche” che, ai sensi dell’art. 57 co. 2 lett. b) del d.lgs. 163/2006, fanno si che “il contratto possa essere affidato unicamente ad un solo operatore economico determinato”, quanto piuttosto “ragioni di opportunità e difficoltà che potrebbero derivare dall’affidamento dei servizi ad operatori economici diversi da Telecom”. Ciò anche dalla luce del fatto che alcuni dei servizi rientranti nella procedura contestata avevano costituito oggetto di contratti quadro stipulati all’esito di gare indette da centrali di committenza nazionali (CNIPA e Consip).
3.1. Accolta la domanda di annullamento, il Tribunale ha ritenuto che nel caso di specie non fosse possibile pronunciare l’inefficacia del contratto ai sensi dell’art. 121 del codice del processo amministrativo, dovendosi applicare il co. 5 di tale articolo, per effetto dell’avviso volontario per la trasparenza ex art. 79 bis pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il 20.12.2011; ma che ciò non significava che il contratto non potesse essere dichiarato pur sempre inefficace ai sensi dell’art. 122, ricorrendone le condizioni.
3.2. Ha quindi dichiarato inefficace la convenzione sottoscritta il 31.12.2011, con decorrenza solamente dal 31.12.2013.
3.3. Avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale hanno proposto appello sia il Ministero dell’Interno che Telecom Italia S.p.a.
I motivi di ricorso
4. Il Ministero dell’Interno ha impugnato la sentenza riproponendo le eccezioni di rito sollevate in primo grado e lamentando, nel merito, l’erronea applicazione dell’art. 57 co. 2 lett. b) del d.lgs. 163/2006, con particolare riferimento al requisito delle “ragioni tecniche”, sul presupposto che la relazione istruttoria prodotta in primo grado fosse esaustiva nel dimostrare la loro sussistenza nel caso di specie.
4.1. Ha censurato la sentenza anche nel capo contenente la statuizione sull’inefficacia del contratto, assumendo che nella fattispecie in questione non potesse applicarsi l’art. 122 ma solo l’art. 121 co. 5 che tale pronuncia di inefficacia espressamente esclude.
4.2. Ha proposto appello, in via incidentale, anche Telecom, sulla base di argomentazioni sostanzialmente coincidenti con quelle del Ministero, quindi lamentando che il Tar avrebbe disatteso il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e che, nel merito, non avrebbe tenuto nella debita considerazione la relazione istruttoria depositata in primo grado dalla quale sarebbero emerse le ragioni tecniche a fondamento della scelta compiuta dal Ministero.
4.3.Telecom ha inoltre impugnato la pronuncia relativa alla sorte della convenzione quadro sostenendo che una corretta applicazione della direttiva ricorsi 2007/66/CE, in particolare di quanto previsto all’art. 2-quinquies, par. 4, vieterebbe in questo caso di dichiararne comunque l’inefficacia. Ciò quale conseguenza dell’avviso pubblicato sulla GUE, ai sensi dell’art. 3 bis, dodici giorni prima della conclusione della convenzione.
4.4. Si è costituita Fastweb, replicando con articolata memoria difensiva, ed assumendo che la convenzione quadro fosse da ritenersi inefficace ai sensi dell’art. 122 del codice del processo amministrativo.
5. Questa Sezione, con sentenza parziale, ha risolto le questioni di rito, respingendo le eccezioni di inammissibilità delle impugnazioni di primo grado, e si è pronunciata nel merito sul capo della pronuncia di primo grado con il quale il Tribunale amministrativo regionale ha annullato gli atti della procedura negoziata, in particolare l’aggiudicazione disposta in favore di Telecom Italia.
5.1. Tale annullamento è stato confermato, respingendo quindi gli appelli in parte qua, ritenendo che non vi fossero – o, per meglio dire, che non fossero state sufficientemente dimostrate - le condizioni per ricorrere ad una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando.
5.2. Si è infatti ritenuto che, dall’insieme delle allegazioni svolte e della documentazione prodotta (compresa la relazione tecnica depositata in primo grado il 28.4.2012), emergesse non già un’oggettiva impossibilità di affidare i medesimi servizi ad operatori economici in ipotesi diversi quanto, piuttosto, l’asserita inopportunità di una tale soluzione, essenzialmente perché, a giudizio del Ministero, questo comporterebbe dei cambiamenti, dei costi e dei tempi necessari di adeguamento.
6. La conferma, anche all’esito dell’appello, dell’annullamento dell’aggiudicazione pone all’attenzione della Sezione la questione della sorte della convenzione quadro per la cui definizione si ritiene necessario approfondire la portata della disciplina comunitaria in materia di procedure di affidamento di appalti pubblici di servizi, nei termini che di seguito si espongono.
La disciplina comunitaria sulla privazioni di effetti del contratto in materia di aggiudicazione di appalti pubblici
7. La direttiva 2007/66/CE ha modificato le direttive 89/665/CEE e 92/12/CEE, sulle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, rafforzando sia gli strumenti di tutela preventiva, volti a prevenire per quanto possibile la stipula del contratto prima che la parte abbia potuto contestare in giudizio la legittimità dell’aggiudicazione (v. art. 2, par. 3 e art. 2 bis, par. 2); che gli strumenti di tutela successiva alla stipula del contratto, in direzione di una maggiore effettività, individuando tre ipotesi nelle quali gli Stati membri debbono assicurare che l’appalto “sia considerato privo di effetti” (v. art. 2 quinquies, par. 1). Al di fuori di tali ipotesi, nella quali la privazione di effetti è misura tendenzialmente obbligata (ma v. Infra), la direttiva stabilisce che, nei restanti casi, gli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto stipulato in seguito ad essa “sono determinati dal diritto nazionale” (v. art. 2, par. 7).
7.1. Con particolare riferimento sempre alla tutela successiva alla stipulazione del contratto, è importante ricordare il 13° ed il 14° Considerando della direttiva 2007/66 dove si afferma che:
-l’affidamento diretto degli appalti rappresenta per la Corte di Giustizia la violazione più grave del diritto comunitario degli appalti e che pertanto un contratto risultante da un affidamento diretto illegittimo dovrebbe essere considerato in linea di principio privo di effetti;
-la privazione di effetti è il modo più sicuro per ripristinare la concorrenza e creare nuove opportunità commerciali per gli operatori economici che sono stati illegittimamente privati delle possibilità di competere.
7.2. Si deve anche richiamare, per completezza e perché invocato dalle difese appellanti, il 26° Considerando dove si legge che: “Per evitare l’incertezza giuridica che può derivare dalla privazione di effetti, gli Stati membri dovrebbero prevedere una deroga diretta ad escludere ogni profilo di privazione di effetti anche nei casi in cui l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore considerano che l’aggiudicazione mediante affidamento diretto di un qualsiasi contratto senza pubblicazione preliminare di un bando di gara nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea sia consentita conformemente alla direttiva 2004/18/CE e alla direttiva 2004/17/CE e hanno applicato un termine sospensivo minimo che consente mezzi di ricorso efficaci”.
7.3. Tra le ipotesi per le quali la direttiva prevede la privazione di effetti vi è proprio il caso in cui “l’amministrazione aggiudicatrice ha aggiudicato un appalto senza previa pubblicazione del bando nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea senza che ciò sia consentito a norma della direttiva 2004/18/CE” (art. 2 quinquies, par. 1 lett. a).
7.4. Sempre la direttiva prevede, peraltro, che il paragrafo 1, lettera a) dell’art. 2-quinquies non si applichi quando:
-l’amministrazione aggiudicatrice ritiene che l’aggiudicazione senza previa pubblicazione del bando sia consentita a norma delle direttiva 2004/18/CE;
-la stessa amministrazione ha pubblicato sulla GUE un avviso preventivo con cui manifesta l’intenzione di concludere il contratto;
-il contratto sia stato concluso non prima dello scadere di dieci giorni a decorrere dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell’avviso.
8. Nella vicenda in esame questa Sezione, con la sentenza parziale sopra ricordata, ha accertato che il Ministero dell’Interno ha aggiudicato l’appalto a Telecom Italia S.p.A., sulla base di una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, in assenza delle condizioni necessarie.
8.1. Il Ministero dell’Interno, sul presupposto che nel caso di specie fosse invece consentita una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, ha pubblicato sulla GUE l’avviso preventivo in data 20.12.2011 e il successivo 31.12.2011 ha sottoscritto la nuova convenzione quadro con l’aggiudicataria Telecom Italia s.p.a.
8.2. Poiché la vicenda in esame ha ad oggetto un appalto per il quale si invoca l’applicazione della direttiva 2009/81/CE nei settori della difesa e della sicurezza, è importante sottolineare come tale direttiva contenga per i ricorsi una disciplina pressoché corrispondente (v. art. 60) a quella di cui alla direttiva 89/665/CEE per come modificata dalla direttiva 2007/66/CE.
9. Da questa prima disamina della disciplina comunitaria racchiusa nelle direttive, sembra potersi ricavare che:
-a) in alcuni casi, corrispondenti alle violazioni più gravi, gli Stati membri debbono assicurare che (in caso di annullamento dell’aggiudicazione) il contratto sia considerato privo di effetti;
-b) in altri casi gli Stati membri prevedono che questa regola (di inefficacia tendenzialmente obbligatoria) non si applichi;
-c) nei restanti casi è rimessa agli Stati membri la scelta di stabilire quali effetti abbia sul contratto l’annullamento dell’aggiudicazione.
9.1. Dove il punto da chiarire, nella vicenda in esame, riguarda l’ipotesi sub b), ovvero i casi per i quali la direttiva stabilisce che gli Stati membri prevedano che la privazione di effetti (tendenzialmente) obbligatoria non si applichi.
9.2. Il Collegio si chiede se tale esclusione - ovvero tale eccezione alla regola di cui alla lettera a) - debba essere interpretata in maniera assoluta, nel senso che il contratto deve essere considerato sempre e comunque efficace; oppure se non sia possibile interpretarla nel senso che il contratto non è obbligatoriamente privo di effetti ma può essere riconosciuto come tale, a discrezione del diritto nazionale e, quindi, rientrare nelle ipotesi residuali di cui alla lettera c) (si vedrà che questa seconda via è stata seguita dal Tribunale Amministrativo regionale nella sentenza impugnata).
9.3. Ove si accolga la prima interpretazione, la conseguenza sarebbe che in un’ipotesi di affidamento diretto illegittimo, una violazione così grave, nell’ottica della tutela della concorrenza, non sarebbe mai sanzionabile con l’inefficacia del contratto.
Questo perché la stazione appaltante avrebbe provveduto a fornire, mediante l’avviso preventivo, una pubblicità ritenuta equipollente, assicurando un termine sospensivo minimo per proporre ricorso.
La disciplina nazionale sull’inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni e negli altri casi
10. Il legislatore italiano ha recepito la direttiva 2007/66 attraverso il d.lgs. 53/2010 che, attuando la delega di cui all’art. 44 della l. 88/2009, ha modificato alcuni articoli del d.lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici). In seguito, con l’approvazione del codice del processo amministrativo (d.lgs. 104/2010), la disciplina è confluita al suo interno, agli artt. 120-125 (ma restano nel Codice dei contratti alcune norme aventi rilevanza processuale, come quelle sullo standstill e sulla preinformativa).
10.1. Per quanto riguarda la tutela successiva alla stipulazione del contratto, è bene premettere che il legislatore nazionale non ha circoscritto l’inefficacia del contratto ai soli casi di “violazioni gravi” ma, come era consentito dalla direttiva, l’ha estesa anche alle “altre violazioni”, sebbene con delle significative differenze.
10.2. I casi di “violazioni gravi” sono presi in considerazione dall’art. 121 del Codice del processo amministrativo e riguardano:
- fattispecie di aggiudicazione senza previa pubblicazione del bando (compresa l’ipotesi della procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, ove ciò sia avvenuto fuori dei casi consentiti);
- fattispecie di violazione del termine dilatorio o sospensivo previsto per la stipulazione del contratto, sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell’aggiudicazione, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento.
10.3. In tali casi si parla di inefficacia “ necessaria” del contratto, anche se non si tratta di una conseguenza automatica ed ineluttabile, potendo essere esclusa ove ricorrano “esigenze imperative connesse ad un interesse generale”, valutazione riservata al giudice amministrativo sulla base dei parametri individuati dall’art. 121 co. 2. Sicché parte della dottrina ha parlato anche di inefficacia “cedevole”.
10.3.1. Vi è poi una deroga espressa alla regola generale dell’inefficacia “necessaria” ed è contenuta nell’art. 121 co. 5, cui si richiamano nella vicenda in esame le difese del Ministero dell’Interno e di Telecom Italia s.p.a.
10.3.2. La norma nazionale, recependo quella della direttiva 2007/66, stabilisce che “l’inefficacia del contratto prevista dal comma 1, lettera a) e b), non trova applicazione” quando la stazione appaltante abbia:
-con atto motivato anteriore all’avvio della procedura di affidamento, dichiarato che la procedura senza previa pubblicazione del bando è consentita dal d.lgs. 163/2006 (Codice dei contratti);
-pubblicato un avviso volontario per la trasparenza preventiva ai sensi dell’art. 79 bis del d.lgs. 163/2006;
-concluso il contratto non prima di dieci giorni civili dalla data di pubblicazione dell’avviso.
10.4. Gli “altri casi”, di violazioni ritenute meno gravi, sono presi in considerazione dall’art. 122 del codice del processo amministrativo. Riguardo ad essi la direttiva lasciava un’ampia libertà agli Stati membri che, quindi, potevano optare sempre e comunque per l’inefficacia o, all’inverso, per l’efficacia del contratto, o infine accogliere una soluzione mediana.
10.5. Il legislatore italiano ha seguito questa terza via prevedendo una inefficacia “possibile”, il cui accertamento è demandato al giudice amministrativo sulla base dei parametri individuati dall’art. 122. In tal modo, si è osservato, il giudice amministrativo è chiamato ad un delicato bilanciamento degli interessi coinvolti, secondo un modello tradizionalmente proprio del giudizio cautelare.
10.6. All’interno di tale bilanciamento rientra anche la scelta, ove si pronunci per l’inefficacia del contratto, di fissare la decorrenza di tale inefficacia, se retroattivamente o meno.
11. Nella vicenda in esame il Tribunale amministrativo regionale ha ritenuto che, esclusa l’inefficacia “necessaria” per il disposto dell’art. 121 co. 5, fosse tuttavia applicabile l’art. 122 del codice del processo amministrativo sull’inefficacia “possibile”, e in questo modo ha accolto la domanda presentata da Fastweb, disponendo l’inefficacia del contratto con decorrenza posticipata, a far data dal 1° gennaio 2014, dando così alla stazione appaltante un ampio termine per predisporre la pubblicazione del bando e gestire la nuova procedura.
Sull’interpretazione della direttiva 2007/66
12. Si è già sottolineato come la disciplina della direttiva, circa le conseguenze che l’annullamento dell’aggiudicazione determina sul contratto, segua criteri ispirati all’assenza di automatismi e alla graduazione e proporzionalità delle conseguenze, nel segno di un flessibile bilanciamento tra i contrapposti interessi.
Il segno di tale scelta di fondo si può cogliere con riferimento alle violazioni più gravi, in quanto persino per esse la privazione degli effetti del contratto non è mai una conseguenza ineluttabile e neppure automatica, ma è fatto salvo un margine di flessibilità e di adattamento al caso concreto.
13. In questo quadro, teso a valorizzare i poteri decisionali di apprezzamento dell’autorità chiamata a pronunciarsi sulla questione, ci si interroga se, all’inverso, possano esistere ipotesi nelle quali il contratto debba invece essere, comunque e sempre, salvaguardato; anche a costo di limitare l’autonomia procedurale degli Stati membri che non potrebbero prevedere diversamente, sebbene il 20° Considerando della direttiva 2007/66 faccia salva, in linea generale, la possibilità di applicare sanzioni più rigorose a norma del diritto nazionale.
14. Il punto di vista del Collegio, nella soluzione da dare alla prima delle questione pregiudiziali sottoposte, che viene espresso ai sensi del par. 23 delle Istruzioni della Corte di Giustizia 160/01 del 2011, è che dovrebbe essere privilegiata un’interpretazione (della direttiva) che permetta, nel diritto nazionale, di ricomprendere nel novero delle violazioni “minori”, ovvero degli “altri casi” di cui all’art. 122 del codice del processo amministrativo, l’ipotesi in cui l’affidamento diretto del contratto senza previa pubblicazione del bando sia stata preceduta dalla pubblicazione dell’avviso di trasparenza preventiva. Detto in altri termini, l’impossibilità di dichiarare il contratto inefficace ai sensi dell’art. 121 non dovrebbe impedire di disporne l’inefficacia ai sensi dell’art. 122, ove ne ricorrano le condizioni.
15. Ciò premesso si formula il seguente quesito:
“Dica la Corte di Giustizia se l’art. 2 quinquies, par. 4, della direttiva n. 2007/66 vada interpretato nel senso che, qualora un’amministrazione aggiudicatrice, prima di affidare il contratto direttamente ad un operatore economico determinato, scelto senza previa pubblicazione del bando, abbia pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’avviso di trasparenza preventiva e abbia atteso almeno dieci giorni per la stipulazione del contratto, sia automaticamente precluso – sempre e comunque - al giudice nazionale di pronunciare la privazione di effetti del contratto, anche se ravvisi la violazione delle norme che consentono, a determinate condizioni, di affidare il contratto senza l’espletamento di una gara”.
In via subordinata: sulla validità dell’art. 2 quinquies, par. 4, della direttiva 2007/66
16. Ove la questione interpretativa dovesse essere risolta nel senso che l’art. 2 quinquies, par. 4, impone in ogni caso la conservazione degli effetti del contratto, senza che gli Stati membri possano prevedere nulla di diverso; ci si interroga sulla adeguatezza di una tale soluzione, con riferimento sia a taluni principi derivanti dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea - quali in ispecie i principi di parità delle parti, di non discriminazione e di tutela della concorrenza - che al diritto ad un ricorso effettivo sancito dall’art. 47 della Carta dei diritti dell’Unione europea.
17. Il punto di vista del Collegio, nella soluzione da dare alla seconda delle questione pregiudiziali sottoposte, che viene espresso ai sensi del par. 23 delle Istruzioni della Corte di Giustizia 160/01 del 2011, è che si possa dubitare che l’art. 2 quinquies, par. 4, della direttiva 2007/66 - ove interpretato nel senso di un divieto assoluto e indistinto di privare di effetti il contratto frutto di un illegittimo affidamento senza gara – sia conforme ai principi di parità delle parti, non discriminazione e di concorrenza, principi che trovano il loro fondamento nella libertà di circolazione delle merci, nella libertà di stabilimento e nella libertà di circolazione dei servizi (v. il 2° Considerando della direttiva 2004/18/CE).
17.1. Si dubita inoltre che tale soluzione assicuri una tutela davvero effettiva agli operatori economici i cui diritti e le cui libertà siano stati violati, in quanto la sola tutela risarcitoria per equivalente può non essere sufficiente a riparare la violazione subita e a prevenire che la stessa violazione sia reiterata in futuro, attraverso nuovi affidamenti diretti.
18. Ciò premesso si formula il seguente quesito:
“Dica la Corte di Giustizia se l’art. 2 quinquies, par. 4, della direttiva n. 2007/66 - ove interpretato nel senso di escludere la possibilità che a norma del diritto nazionale (art. 122 del codice del processo amministrativo) sia pronunciata l’inefficacia del contratto, nonostante il giudice abbia accertato la violazione delle norme che consentono, a determinate condizioni, di affidare il contratto senza l’espletamento di una gara – sia conforme ai principi di parità delle parti, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, nonché assicuri il diritto ad un ricorso effettivo sancito dall’art. 47 della Carta dei diritti dell’Unione europea”.
19. Va precisato, per completezza, che gli stessi quesiti, preceduti dalle stesse considerazioni, possono essere riferiti anche all’art. 60, par. 4, della citata direttiva 2009/81/CE, relativa ai settori della difesa e sicurezza, la cui disciplina sul punto coincide con quella di cui all’art. 2 quinquies, par. 4 della direttiva 2007/66/CE.
Atti da trasmettere alla Corte di Giustizia dell’Unione europea
20. In conclusione, alla luce di quanto esposto, si rimettono all’esame della Corte di Giustizia dell’Unione europea:
a) la questione pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 2 quinquies, par. 4, della direttiva 2007/66/CE, come sollevata dalla parte appellante incidentale e sopra riportata tra virgolette sub 15);
b) in via subordinata, la questione pregiudiziale sulla validità dell’art. 2 quinquies, par. 4, della direttiva 2007/66/CE, sopra riportata tra virgolette sub 18).
20.1. Ai sensi della «nota informativa riguardante la proposizione di domande di pronuncia pregiudiziale da parte dei giudici nazionali» 2011/C 160/01 in G.U.C.E. 28 maggio 2011, vanno trasmessi alla cancelleria della Corte mediante plico raccomandato in copia gli atti del giudizio, di primo e di secondo grado, comprensivi della presente ordinanza nonché della sentenza parziale adottata dal Collegio all’esito della camera di consiglio del 14 dicembre 2012.
21. Il presente giudizio viene sospeso nelle more della definizione del procedimento pregiudiziale, e ogni ulteriore decisione, anche in ordine alle spese, è riservata alla pronuncia definitiva.
 

P.Q.M.
 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, dispone:
1) a cura della Segreteria, la trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nei sensi e con le modalità di cui in motivazione, e con copia degli atti ivi indicati;
2) la sospensione del presente giudizio;
3) riserva alla sentenza definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:


Pier Luigi Lodi, Presidente
Hadrian Simonetti, Consigliere, Estensore
Dante D'Alessio, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere