Abstract [ITA]: Dopo un excursus sui tratti essenziali del contratto di donazione contestualizzato al profilo pubblicistico, si analizza l’istituto in relazione ai contratti pubblici, se sia o meno compatibile col codice di riferimento. La trattazione si sofferma sull’eventuale diritto di rogito del segretario comunale e se sia tipizzato il presupposto di imposta. Si analizzano inoltre i principali rischi corruttivi e gli obblighi di trasparenza che si evincono dai recenti fascicoli ANAC oltre a proporre soluzioni emendative che possano contribuire alla repressione e alla prevenzione dei principali reati contro la PA che possano interessare il tessuto economico-sociale.
Abstract [ENG]: After an overview of the essential features of the donation contract within the context of public law, the article analyzes the institution in relation to public contracts, assessing whether or not it is compatible with the applicable code. The article focuses on the municipal secretary's right to execute the deed and whether the taxable basis is defined. It also analyzes the main corruption risks and transparency obligations identified in recent ANAC documents, and proposes amendments that can contribute to the repression and prevention of the main crimes against the public administration that can affect the economic and social fabric.
SOMMARIO: 1. Matrice civilistica del contratto di donazione – 2. La donazione nel contesto del codice dei contratti pubblici (lavori, servizi, forniture) - 3. Sulla legittimazione del segretario comunale alla stipula del contratto di donazione in qualità di pubblico ufficiale rogante– 4. Riflessioni sulla tipizzazione del tributo concernente il diritto di rogito dell’atto donativo - 5. Sulla prevenzione della corruzione - 6. Sul rispetto degli obblighi di trasparenza.
- Matrice civilistica del contratto[1] di donazione
Ai sensi dell’art 769 del codice civile la donazione «è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione» (cd. donazione diretta). Invece, in tutti quei casi in cui, il disponente non trasferisca del denaro o dei beni semplicemente nelle forme della donazione, ma utilizza sistemi che mascherino una donazione si ha una donazione “indiretta”[2]. Dunque, secondo autorevole dottrina[3] «si parla di donazione diretta quando una persona ha l’intento di arricchire un’altra persona e lo fa nelle forme previste per la donazione (atto pubblico, salvo che si tratti di donazioni di modico valore), mentre si parla di donazione indiretta quando una persona finge un’operazione onerosa nascondendo di fatto di aver fatto una donazione». Tuttavia tale distinzione non è sempre di facile soluzione[4].
Il tratto caratterizzante che costituisce la causa[5] della donazione è lo spirito di liberalità[6] (animus donandi, o anche causa in senso soggettivo del contratto) inteso quale incontro di due volontà e non di una come per le promesse unilaterali, affinché infatti tale liberalità produca effetti è necessaria l'accettazione dell'altra parte. La causa della donazione è stabilita dalla legge nell'impoverimento da parte del donante e nel conseguente arricchimento del donatario (causa oggettiva del contratto)[7]. Assume quindi rilievo la natura contrattuale[8] della donazione, il che implica fisiologicamente che, per il perfezionamento della stessa, sia necessario l’accordo tra il donante e il donatario[9]. Lo spirito di liberalità, secondo la giurisprudenza di legittimità, va ravvisato nella consapevolezza del donante di attribuire al donatario un vantaggio patrimoniale in assenza di qualsivoglia costrizione, giuridica o morale[10]. Per tale ragione, è nullo il contratto preliminare di donazione, creando lo stesso, a carico del promittente, un vincolo giuridico a donare ritenuto contrastante con lo spirito di liberalità che deve permeare costantemente la donazione[11].
Per regola generale il contratto di donazione è irrevocabile se non in due ipotesi tipicamente disciplinate dal codice civile a tutela di un interesse mai patrimoniale: per ingratitudine del donatario (interesse morale) e per sopravvenienza di figli da parte del donante (interesse familiare)[12]. Tra l'altro, la domanda di revoca per ingratitudine è accoglibile per i soli fatti di cui all’art. 801 del codice civile[13]. A tal proposito è opportuno muovere alcune considerazioni in relazione agli effetti e alle problematiche che potrebbero delinearsi nel momento in cui, il donante, una volta disposta la liberalità a favore dell’ente pubblico, e una volta che questi l’abbia accettata, decida, eventualmente, di disporre domanda di revoca della predetta liberalità. Il principale problema di carattere pratico è se l’ente abbia già impegnato la liberalità ricevuta (nella maggior parte dei casi consistente in denaro) sulla base dell’aspettativa che ha maturato, ingenerata dal donante, per realizzare lo scopo per cui la liberalità è stata disposta. Sul punto il progetto preliminare del codice civile esonerava le pubbliche amministrazioni dalla revocazione per ingratitudine, ma non da quella per sopravvenienza di figli. Questa posizione veniva spiegata sottolineando che l'atto di ingratitudine, di cui si rendano eventualmente colpevoli i rappresentanti dell'Ente-donatario, in nessun caso può attribuirsi all'Ente medesimo e farne quindi subire le relative conseguenze. Nel progetto definitivo, però, questa norma di esenzione non venne riprodotta e conseguentemente non ha trovato cittadinanza nel codice, non, però, perché si volesse ripudiare il principio; tutt'altro. La soppressione, infatti, era giustificata solo dall'impossibilità di riferire all'Ente pubblico i fatti costituenti ingratitudine; pertanto, considerando corrispondente a verità detto rilievo se ne deduce che anche in mancanza di espressa disposizione, le donazioni ad enti pubblici si sottraggono alla revocabilità per ingratitudine proprio perché i fatti che consentono, codice alla mano, la revocazione medesima esigono il dolo del donatario; negli stessi termini la dottrina[14]. Quindi, le donazioni ad enti pubblici non sono soggette a revocazione per ingratitudine; al contrario, nessuna ragione sussiste invece per non consentire, ove ne ricorressero i presupposti, quella per sopravvenienza di figli, non ritenendosi, evidentemente, che il sotteso «interesse familiare» possa essere assorbito dallo scopo, anche se di ordine generale, a cui è ispirata la donazione all'Ente pubblico[15].
A norma dell'art. 782, comma 2 del codice civile, la donazione si perfeziona con l'accettazione da parte del donatario[16], la quale deve coesistere con la volontà del donante, in mancanza della notificazione al donante dell'atto pubblico di accettazione del donatario, ai sensi dell'articolo 782, comma 2 c.c., va riconosciuto in capo all'accipiens il solo animus detinendi e non l'animus possidendi, trattandosi di negozio traslativo non ancora venuto ad esistenza in quanto privo dell'elemento conclusivo di una fattispecie a formazione progressiva[17]. Nell’ipotesi in cui la donazione sia disposta a favore di un comune la notificazione al donante della delibera di accettazione, ai sensi ed agli effetti dell'articolo suddetto, non può trovare equipollente nella affissione dell'atto nell'albo pretorio[18], trattandosi di forma di pubblicità indirizzata alla generalità dei cittadini e inidonea ad integrare specifica comunicazione nei confronti di detto donante[19]. Inoltre l'accettazione della donazione, ove fatta con atto pubblico posteriore, è idonea a determinare il perfezionamento del contratto solo con la notificazione al donante dell'atto di accettazione. Tale effetto non si verifica, pertanto, qualora la delibera, con cui un consiglio comunale abbia accettato una donazione, sia rimasta atto interno del comune e non sia stata né esteriorizzata né portata a conoscenza del donante[20]. La donazione ad una persona giuridica è un contratto a formazione progressiva che si perfeziona con la dichiarazione di donare da parte del donante e con l'accettazione del donatario, alla quale non può ritenersi equivalente la richiesta dell'autorizzazione governativa ad accettare; questa, se notificata al donante, ha solo l'effetto di rendere irrevocabile la dichiarazione di donare, ma non può sostituire l'accettazione, che deve essere sempre posta in essere quale manifestazione di volontà a sè stante, essenziale per il perfezionamento del contratto[21].
Per quanto concerne la forma contrattuale prevista ex lege a pena di nullità[22], considerando che l'effetto che la donazione mira a produrre, ovvero l'arricchimento del donatario, proprio perché conseguente all'impoverimento del donante, è assunto dal nostro ordinamento come un interesse di rilievo primario, ne discende l'esigenza sociale, recepita dall'ordinamento giuridico, a mezzo della previsione della forma solenne per atto pubblico[23]. L’atto è pubblico quando è redatto nelle prescritte e dovute forme da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato affinchè gli sia conferita pubblica fede nel luogo dove questo è formato. A riprova del fatto che la solennità della forma non può essere derogata dalla volontà del donante, la legge notarile prescrive che, egli non ha la facoltà di rinunciare alla presenza dei testimoni in sede di stipula dell’atto[24].
Dunque, la funzione di rogito è tipicamente prerogativa del notaio[25] o di altro pubblico ufficiale qualora espressamente previsto e autorizzato per legge.
Per quanto concerne l’argomento oggetto della trattazione, si analizzerà successivamente il ruolo e la funzione del segretario comunale dell’ente che riceve una liberalità e se questi sia dalla legge autorizzato a rogare l’atto di donazione.
- La donazione nel contesto del codice dei contratti pubblici (lavori, servizi, forniture)
Preliminarmente giova evidenziare come, il contratto di donazione si differenzi da quello di sponsorizzazione[26]: la Cassazione in alcuni casi ha tracciato la differenza tra l'erogazione liberale e la sponsorizzazione chiarendo che « il cosiddetto contratto di sponsorizzazione comprende una serie di ipotesi nella quali un soggetto, detto sponsorizzato, si obbliga a consentire ad altri l'uso della propria immagine e del proprio nome, per promuovere un marchio o un prodotto specificamente marcato, dietro corrispettivo» . Emerge dunque, una corrispettività del rapporto che nella donazione è assente. Contestualizzando il contratto di donazione strettamente alla liberalità rivolta in favore della pubblica amministrazione, vi è chi giunge ad una tripartizione delle diverse modalità con cui il privato possa donare alla P.A.[27]: «La prima ipotesi, quella della donazione modale (erogazione diretta di denaro finalizzata ad un determinato scopo), che è disciplinata dall'art. 793 del Codice civile, non pone problemi interpretativi, nel senso che si stipula generalmente una convenzione, per atto pubblico, per disciplinare appunto le finalità della donazione, senza che sorgano particolari problemi sotto il versante degli adempimenti a cui sono tenute le pubbliche amministrazioni, che poi nell'utilizzo delle somme ricevute saranno tenute a rispettare le procedure di evidenza pubblica.
La seconda ipotesi è quella che può creare qualche problema in più: la donazione può consistere nell'assunzione di una obbligazione di fare che può riguardare la fornitura di un bene, o la prestazione di un servizio, o l'esecuzione dei lavori (art. 769 c.c.). Qui siamo proprio nel triplice campo del Codice degli appalti e la peculiarità consiste nel fatto che la fornitura dei beni, il servizio e i lavori vengono effettuati, svolti dalla Fondazione, e non dalla pubblica amministrazione;
La terza ipotesi è in sostanza una variante della prima, con la differenza che il pagamento della somma oggetto della donazione non viene fatto direttamente nei confronti del soggetto pubblico, dell'ente pubblico, ma viene fatto attraverso un accollo di debito, disciplinato da convenzione. Il problema può essere quello della verifica che il denaro abbia la destinazione per cui è stato erogato e si potrebbe ipotizzare di fissare dei limiti temporali per le pubbliche amministrazioni per utilizzare i fondi ricevuti, così come avviene per i finanziamenti comunitari. Altro profilo, esaminato in seguito, è quello attinente al come individuare il soggetto a cui donare » [28].
La seconda delle tre modalità elencate (ossia quando il privato provvede direttamente allo svolgimento della prestazione) appare la più critica e va contestualizzata in virtù del fatto che si ricada in lavori, servizi, forniture.
Per quanto riguarda i lavori che sono effettuati su immobili, suoli, terreni di proprietà non del privato ma del soggetto pubblico, sorge il problema se qualsiasi attività può essere oggetto di una donazione. Una pronuncia del Consiglio di Stato[29] ha escluso che l'attività di progettazione di una opera pubblica possa essere svolta da un soggetto privato[30]. Anche secondo i giudici di legittimità «in materia di appalto di opere pubbliche, le disposizioni disciplinanti l'attività di progettazione nell'ambito del contratto, in quanto rispondenti a finalità pubblicistiche, sono, in linea di principio, norme imperative, ai sensi dell'articolo 1418, comma 1, del Cc, e non possono essere derogate dai contraenti se non nei casi e nei modi previsti dalle norme medesime. In particolare, è norma imperativa quella che attribuisce all'amministrazione e all'ente aggiudicatore dell'appalto la predisposizione del progetto esecutivo dell'opera sulla cui base soltanto si può procedere all'affidamento dei lavori, con conseguente sostituzione automatica, ai sensi dell'articolo 1339 del Cc, della norma di legge inderogabile alla contraria regola pattizia dichiarata nulla» [31].
Per il settore dei servizi, dato che le donazioni possono avere ad oggetto anche obbligazioni di fare, anche la prestazione di servizi può costituire oggetto di una donazione, bisogna però non ricadere nel rapporto di corrispettività altrimenti è opportuno utilizzare il modello della sponsorizzazione.
La fornitura di beni è l’ipotesi che presenta meno insidie dato che il privato può acquistare un bene che può essere poi donato al soggetto pubblico. In tal caso non ci sono particolari profili di incompatibilità con il Codice dei contratti pubblici, cioè non sussistono particolari profili per cui si possa invocare l'applicazione del suddetto Codice, o quanto meno di procedure di evidenza pubblica.
- Sulla legittimazione del segretario comunale alla stipula del contratto di donazione in qualità di pubblico ufficiale rogante
Con riferimento ai limiti e ai poteri del segretario comunale, occorre delineare se questi, oltre ai contratti di appalto per l’esecuzione delle opere pubbliche e oltre a quelli per la fornitura di beni e servizi, possa redigere e sottoscrivere, in qualità di ufficiale rogante, anche i contratti di donazione a favore del proprio ente oppure se sia necessario avvalersi inderogabilmente di un notaio.
Secondo l’art. 87 della legge comunale e provinciale[32], i segretari comunali sono legittimati a rogitare «I contratti di Comuni (v. analogamente l'art. 140 per le province) riguardanti alienazioni, locazioni, acquisti, somministrazioni od appalti di opere devono di regola essere preceduti da pubblici incanti con le forme stabilite per contratti dello Stato» nell’esclusivo interesse del Comune o della Provincia. Dal tenore letterale della norma si evince che le donazioni sembrerebbero escluse, non essendo queste precedute e assoggettate ad alcuna forma di evidenza pubblica. La competenza di tali funzionari era quindi circoscritta agli atti indicati nelle leggi sugli enti locali; atti tra i quali certamente la donazione non era compresa. La deduzione che doveva trarsi in linea logica era semplice: l'incapacità dei segretari comunali e provinciali a rogare donazioni[33].
Dalle suesposte disposizioni normative, si perveniva (anche) alla conclusione[34] che il Segretario comunale o provinciale potesse ricevere soltanto gli atti pubblici nei quali il Comune o la Provincia intervenisse come parte acquirente, perché in tal caso il Comune o la Provincia doveva ritenersi soggetto all’obbligo di corrispondere le spese dell’atto, ai sensi dell’art. 1475 c.c.[35].
Successivamente, il comma 68 dell'art. 17 della legge cd. Bassanini-bis, poi trasfuso nel D.lgs n. 267/2000 all’art. 97, ha ampliato notevolmente i poteri di rogito dei segretari comunali e provinciali. Il mutamento si è verificato sia per la competenza di rogito dei segretari comunali e provinciali, espansa considerevolmente, sia per la previsione – per la prima volta – della competenza di questi ad autenticare scritture private e atti unilaterali. Nel caso però di scrittura privata contenente un negozio unilaterale proveniente da terzi, il Segretario comunale o provinciale potrebbe autenticarne la sottoscrizione, solo e soltanto qualora la sua competenza a procedere all’autentica rimanesse correlata all’esistenza di un interesse del Comune o della Provincia; infatti non sarebbe possibile al Segretario comunale o provinciale autenticare delle scritture private nelle quali l'Ente locale non fosse appunto parte[36]. Dunque, la legge Bassanini bis tende a generalizzare e ad ampliare le competenze rogatorie del segretario legittimandone il suo intervento, in qualità di pubblico ufficiale rogante, tutte le volte in cui il suo ente di appartenenza sia parte contrattuale del rapporto giuridico senza più prevedere nemmeno la sussistenza né dell’interesse esclusivo[37] né quello del puro e semplice interesse.
Orbene, a questo punto della disamina, pur sembrando pacifico il riconoscimento di quella che potrebbe essere definita una “competenza generalizzata” del segretario comunale a rogare l’atto tutte le volte in cui il suo ente di appartenenza è parte contrattuale, va segnalato che in senso opposto si è pronunciata la Corte dei Conti Trentino[38]. I giudici contabili richiamano una pronuncia della Cassazione secondo la quale: «Quanto agli ufficiali della pubblica amministrazione, e precisamente per quanto concerne i segretari comunali e provinciali, la dizione di cui all'art. 97, co. 4, lett. c), del D. Lgs. n. 267/2000, permette che possano rogare su richiesta dell'ente i contratti nei quali l'ente è parte e autenticare scritture private ed atti unilaterali nell'interesse dell'ente (formula che ripropone nella sostanza quanto già previsto dal RD n. 383/1934). È quindi prevalsa la tesi che, alla luce delle norme in esame, i segretari comunali possano rogare solo atti nei quali ente locale fosse intervenuto come acquirente, restando però esclusa la possibilità di rogare donazioni, stante la specifica riserva ricavabile dall'art. 2699 c.c.» [39].
- Riflessioni sulla tipizzazione del tributo concernente il diritto di rogito dell’atto donativo
Per quanto concerne il profilo fiscale, la suddetta pronuncia della Corte dei Conti del Trentino, sempre in riferimento all’ipotesi del segretario comunale che in qualità di pubblico ufficiale roga il contratto di donazione in favore dell’ente, richiamando la medesima Cassazione, pone in evidenza una discrasia attinente all’imposizione tributaria che andrebbe a creare evidenti disarmonie nell’ordinamento sulla natura di tributo del cd. diritto di rogito. In tale direzione, osserva che, «nonostante le modifiche, in senso espansivo, della potestà rogatoria del segretario comunale apportate alla legge 8 giugno 1962 n. 604, non risulta emendata l’allegata tabella “D” che, al numero 4, consente la riscossione dei diritti di rogito, solo ricorrendo le fattispecie contrattuali tassativamente previste. Come ricordato nella medesima richiesta di parere, il diritto di rogito è un tributo dovuto alla pubblica amministrazione dai destinatari di alcune attività da questa compiute nello svolgimento delle sue funzioni di diritto pubblico»[40], la natura di tributo del diritto di rogito, impedirebbe comunque di accogliere la tesi prospettata, nella richiesta di parere, di un’interpretazione evolutiva del quadro normativo al modificato contesto, stante il dettato costituzionale dell’art. 23 Cost., secondo il quale «Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge». Sarebbe peraltro singolare che le donazioni in favore dei comuni, esentate dalle imposte di registrazione, ipotecaria e catastale (d.lgs. 31.10.1990 n. 347), venissero poi assoggettate ai diritti di segreteria richiesti dal comune al destinatario delle attività di diritto pubblico, che nel caso di specie sarebbe il donante. Prescindendo, dunque, dalla dubbia potestà rogatoria dei segretari comunali di rogare donazioni, sembrerebbe che comunque nessun tributo, sub specie di diritto di rogito, possa essere imposto per le donazioni. In definitiva, secondo la Corte dei Conti succitata, è consentita la riscossione dei diritti di rogito solo ricorrendone le fattispecie contrattuali tassativamente previste[41] tra cui non figura il contratto di donazione. Non sussiste quindi il presupposto di imposta che è da un punto di vista fiscale il fatto o l’evento che determina il sorgere dell’obbligazione tributaria in capo al contribuente che nel caso di specie coincide con la figura del donante.
- Sulla prevenzione della corruzione
Nell’ambito dei rapporti tra privato e pubblica amministrazione, è sempre più frequente il verificarsi di donazioni disposte dai privati in favore della pubblica amministrazione. Dunque, essendo il contratto di donazione caratterizzato dallo spirito di liberalità si tratta di verificare il sussistere o meno di uno spirito di “liberalità disinteressato” che non sia prodromico a maturare l’aspettativa che l’amministrazione possa compiere o disporre determinate azioni o comportamenti a vantaggio del donante e dei suoi interessi. Tali atti dispositivi spesso sfuggono al controllo nell’ambito dei piani anticorruzione anche perché, ad oggi, tali operazioni non paiono ben disciplinate e ben delineate nell’ambito di una perimetrazione che ne renda definibile l’area di operatività e la regolamentazione della fattispecie. Non meno importante è la possibilità che tali atti donativi possano fungere da tramite per reimmettere nel tessuto economico denaro frutto di riciclaggio o autoriciclaggio. Lo snodo, allora, diventa quello di stabilire i rischi che tali prestazioni, eseguite per spirito di liberalità, possano implicare per quanto riguarda il delinearsi di potenziali conflitti di interesse. La riflessione trae origine dal recente fascicolo ANAC n. 790 del 2025 in cui i consiglieri di minoranza di un Comune interpellano l’autorità in ordine all’esposizione a rischio corruttivo delle acquisizioni di denaro, beni e servizi da parte dell’amministrazione per spirito di liberalità. Ebbene, il codice dei contratti pubblici disciplina tale fattispecie all’art 8, comma 3 stabilendo che: «Le pubbliche amministrazioni possono ricevere per donazione beni o prestazioni rispondenti all'interesse pubblico senza obbligo di gara. Restano ferme le disposizioni del codice civile in materia di forma, revocazione e azione di riduzione delle donazioni»[42]. La norma, consente di derogare il principio dell’evidenza pubblica sulla scorta del fatto che vi è un effettivo arricchimento della stazione appaltante senza un esborso di denaro pubblico[43]. Una volta delineata la condotta che la PA deve intraprendere e le procedure da osservare, l’attenzione deve focalizzarsi sul fornire al privato che intende donare un idoneo iter che permetta di valorizzare lo spirito di liberalità e che ponga in essere degli alert volti a far emergere eventuali indici di anomalia forieri di fenomeni corruttivi[44].
Si segnala che oltre alle previsioni normative del d.P.R. n. 62 del 2013[45], l’Autorità attribuisce alle singole amministrazioni la verifica in ordine alla sussistenza delle potenziali condizioni di conflitto e delle conseguenti misure ritenute efficaci[46]. Sembra delinearsi, ancora una volta, la necessarietà di predisporre delle valutazioni da parte della P.A. legate al caso concreto che potrebbe necessitare di specifici strumenti di prevenzione oltre a quelli già previsti ex lege[47].
La materia dei contratti pubblici, per espressa previsione della L.190 del 2012, è particolarmente esposta al rischio corruttivo. Pertanto, il legislatore, all’art. 16 del d.lgs. n. 36 del 2023 ha inteso attribuire rilievo alla ipotesi di conflitto di interessi[48] in tutte le fasi che permeano e caratterizzano la contrattualistica pubblica[49]. Pare opportuno sottolineare come, il legislatore, preoccupandosi di conciliare il conflitto di interessi con il principio della fiducia allo scopo di deflazionare la cosiddetta “paura della firma” abbia previsto al comma 2 del citato articolo 16 che «la percepita minaccia all’imparzialità e indipendenza deve essere provata da chi invoca il conflitto sulla base di presupposti specifici e documentati e deve riferirsi a interessi effettivi, la cui soddisfazione sia conseguibile solo subordinando un interesse all’altro». In definitiva per l’ANAC le riflessioni avviate dall’amministrazione comunale sul regolamento costituiscono una preziosa occasione per rafforzare la strategia di prevenzione nel settore dei contratti pubblici mediante l’applicazione di efficaci presidi anticorruzione, quale, ad esempio, la predisposizione di check list sulla base di quanto indicato nell’Aggiornamento 2023 al PNA 2022. A parere di chi scrive, la necessità nonché l’obbligo è quello di estendere tali procedure e tali protocolli anche ai consorzi, alle società partecipate, alle aziende speciali, alle fondazioni di partecipazione e a tutte quelle forme giuridiche societarie che pure avendo i tratti caratteristici di società private siano di fatto enti pubblici finanziati con risorse pubbliche e perseguenti interessi pubblici. Sono queste le maggiori ipotesi che rappresentano la zona d’ombra in cui possono insinuarsi contratti donativi retti non dallo spirito di liberalità ma da aspettative confliggenti con i principi cardine che regolano lo svolgimento e l’operato della pubblica amministrazione. Tali società possono fungere da veicolo per reimmettere nel ciclo economico denaro e beni donati frutto di proventi illeciti oltre che favorire determinati operatori economici a discapito di altri. Un efficace strumento di prevenzione[50], nel caso in cui si versasse in casistiche che prevedano la pubblicazione di un bando di gara, potrebbe essere quello di prevedere nella cd. lex specialis l’inibizione della partecipazione a tutti gli operatori economici che, nei 3 anni precedenti l’indizione del bando, hanno disposto donazioni in favore della stazione appaltante banditrice. Da un recente fascicolo ANAC[51], nel ribadire ancora che «a differenza dei soggetti privati, la stazione appaltante può accettare la prestazione a condizione che essa non sia volta a conseguire vantaggi economici, diretti o indiretti, da parte del donante, sia conforme all’interesse pubblico perseguito (o, comunque, all’interesse della collettività) e produca un effettivo arricchimento della sfera patrimoniale del soggetto pubblico beneficiario » si evince come l’Autorità sembra delineare 3 condizioni essenziali, coesistenti tra loro, come presupposto affinchè l’amministrazione possa accettare delle liberalità[52]. Ancora, sottolinea come «fuoriescono dalla categoria degli atti animati da spirito di liberalità, invece, i contratti gratuiti, come evidenziato anche nella Relazione illustrativa al Codice dei contratti pubblici» [53].
Infine, come strumento di prevenzione a presidio della disciplina del riciclaggio e autoriciclaggio[54], qualora l’oggetto donativo sia costituito da denaro, si paventa l’ipotesi per la stazione appaltante di richiedere al privato donante il rilascio di un’apposita dichiarazione con cui si attesti la provenienza lecita del denaro impiegato nella donazione.
- Sul principio di trasparenza[55]
Preliminarmente giova evidenziare come la stretta correlazione tra il principio di trasparenza e la sua funzione quale strumento anticorruzione, ha consentito al principio in parola di assumere una connotazione non più ancorata soltanto alla conoscibilità esterna dell’agere e dell’ordinamento amministrativo ma di essere inteso in senso di accessibilità totale delle informazioni e dei dati pubblici, in nome della garanzia dell’omonimo diritto del cittadino all’accessibilità totale agli atti e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni[56].
Per l’Autorità, per quanto concerne la disciplina della trasparenza, i dati riferiti alle donazioni ricevute da una stazione appaltante non sono soggetti all’obbligo di ostensione derivante dal combinato disposto degli artt. 37 d.lgs. n. 33/2013 e 28 d.lgs. n. 36/2013.
Sarebbe opportuno, a parere di chi scrive, una volta ricevuta la liberalità, che vi sia la procedimentalizzazione di tutta l’attività (ai sensi della L. 241 del 1990) che l’amministrazione debba porre in essere attraverso una puntuale rendicontazione delle modalità di impiego e di destinazione della liberalità affinchè nella sezione “amministrazione trasparente” sia sempre possibile ed effettivo verificare che la liberalità ricevuta sia stata destinata allo scopo per cui il donante l’ha disposta. Si deve dunque evincere che, non si sia “dissolto”, durante l’attività posta in essere dalla P.A., quello che potrebbe essere definito come “nesso di pertinenzialità” dell’impiego della liberalità con la finalità per la quale essa è stata disposta. Non vi sia stata, in definitiva, la distrazione della stessa da parte dell’amministrazione.
Secondo l’Autorità l’adozione di un regolamento volto a formalizzare una procedura per l’acquisizione di prestazioni liberali da parte di una P.A., costituisce il primo presidio a tutela dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa allo scopo di garantire la prevenzione di eventuali conflitti di interesse e di favorire la trasparenza dell’iter che porta all’acquisizione della liberalità.
Sempre nel succitato fascicolo di luglio 2025 l’ANAC compie un ulteriore passo concretizzantesi nell’incentivare le amministrazioni a elaborare un «prospetto riassuntivo delle liberalità ricevute da pubblicare su base semestrale/annuale sul sito istituzionale dell’ente, nella sottosezione “Altri contenuti” – “Dati ulteriori” della sezione “Amministrazione Trasparente” provvedendo alla anonimizzazione dei dati personali eventualmente presenti, in virtù di quanto disposto dall'art. 4, c. 3, del d.lgs. n. 33/2013».
E ancora, a parere di chi scrive, sempre al fine di promuovere la trasparenza e di monitorare l’operato della pubblica amministrazione, sarebbe ipotizzabile, ai sensi dell’art. 4 bis comma 1 del d.lgs. n. 33/2013 rubricato “trasparenza nell’utilizzo delle risorse pubbliche”, rendicontare la liberalità ricevuta attraverso il sito dedicato e gestito dall’AGID denominato “soldi pubblici”. Essendo il suddetto articolo rivolto esclusivamente alle risorse pubbliche va anche evidenziato che si tratterebbe di una somma “stanziata” da un privato e che quindi non sia ab origine una risorsa pubblica ma che sicuramente lo divenga dato i fini per cui la liberalità è disposta ossia recare un arricchimento all’amministrazione donataria e perseguire un interesse pubblico.
Nel suddetto fascicolo, per quanto concerne la tutela del donante in relazione al bilanciamento tra la disciplina della privacy in contrapposizione con quella della trasparenza «la pubblicazione nella sezione “Amministrazione trasparente” dell’avviso di ricezione di una proposta di donazione, prospettata nell’istanza, potrebbe costituire una ulteriore misura di prevenzione. Preme chiarire, tuttavia, che, in mancanza di specifico obbligo di trasparenza, l’avviso costituirebbe un dato ulteriore, per il quale vige il dovere di procedere “alla indicazione in forma anonima dei dati personali eventualmente presenti” ai sensi dell’art. 7 bis, comma 3, d.lgs. n. 33/2013. Non costituiscono, invece, dati personali i nominativi delle persone giuridiche coinvolte dal donante per l’esecuzione della liberalità».
Tra gli elementi da rendere assolutamente noti, assume rilievo l’oggetto della donazione, le sue caratteristiche e le qualità principali in modo tale da garantire, da un lato, un controllo diffuso sulla coesistenza di tutti gli elementi essenziali che legittimano la deroga alla procedura dell’evidenza pubblica e, dall’altro, costituire un incentivo affinchè eventuali e potenziali donanti possano donare cose di una certa qualità. Ritiene inoltre necessario «rilevare come l’opportunità di omettere l’indicazione dell’operatore economico designato dal donante scaturisca anche dall’esigenza di preservare la natura dello schema negoziale, evitando il rischio che l’impresa possa ricevere un beneficio di carattere patrimoniale anche solo in termini di visibilità e/o ritorno d’immagine».
Dai profili delineati, si evince come, l’Autorità non detti delle prescrizioni imperative e lasci, ad oggi, in capo alle singole amministrazioni la discrezionalità di porre in essere i meccanismi di prevenzione che ritengano più opportuni purchè questi siano efficaci ed effettivi.
A parere di scrive non è da escludere l’opportunità di dedicare una specifica sezione del piano nazionale anticorruzione all’atto donativo disposto in favore della P.A. con un vero e proprio protocollo uniforme da seguire per tutti gli enti pubblici nonché un emendamento alla L. n.190 del 2012 con uno specifico comma dedicato alla fattispecie e in coordinamento col piano suddetto. Allo stato attuale la tematica pare poco attenzionata sia dalla legislazione che dalla dottrina oltre ad essere scarna di pronunce giurisprudenziali. La rilevanza dell’istituto però, e il suo emergere in modo sempre più frequente, è testimoniata dal fatto che in pochi mesi l’ANAC, interpellata da 2 distinte amministrazioni, si è pronunciata in ben 2 diversi fascicoli in merito alla fattispecie oggetto della trattazione.
[1] Sul contratto di donazione, v. B. BIONDI, Le donazioni, in F. VASSALLI (a cura di), Trattato di diritto civile italiano, XII, 4, Torino, 1961; A. TORRENTE, La donazione, in A.C ICU-F. MESSINEO (già diretto da), L. MENGONI (continuato da), Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 2006; E. DEL PRATO (a cura di), Delle donazioni. Art. 769-809, in G. DE NOVA (a cura di), Commentario del Codice civile e codici collegati SCIALOJA-BRANCA-GALGANO, II, Delle successioni, Bologna-Roma, 2019.
[2] Sui tratti essenziali e sulle principali problematiche inerenti alla donazione indiretta vedi R. GIOVAGNOLI, Manuale di diritto civile ed. 2024 pagg. 405 ss.; Cass. civ sez. II, 26 agosto 2025, n.23868; Cass. Civ. sez. II del 30 ottobre 2020 n. 24040 in IUS Famiglie, 13 GENNAIO 2021 con nota di N.A. CIMMINO.
[3] Sulla differenza tra donazione diretta e indiretta vedi https://www.gianlucasicchiero.it/effetti-delle-donazioni-sulleredita/.
[4] Vd. commento a Cass. Civ. sez. un., 27 luglio 2017, n. 18725 di N. RUMINE su Spunti intorno alla distinzione tra donazione diretta e indiretta alla luce delle Sezioni Unite, GiustiziaCivile.com., 27 aprile 2018.
[5] «La causa della donazione, d'altro canto, si estrinseca nel trasferimento della proprietà di una cosa senza corrispettivo e per la soddisfazione di un interesse non economico», A. ARCERI, Appunti in tema di liberalità e gratuità nei contratti, in Giur. mer., 2000, 516.
[6] Cass. Civ. sez. II, 28 agosto 2008, n.21781; Trib. di Trapani, sez. I, 8 febbraio 2021, n. 118.
[7] Cass. Civ., sez. I, 12 marzo 2008, n. 6739; 24 giugno 2015, n. 13087
[8] «Sul punto viene rilevata la stranezza insita nel fatto che la donazione sebbene venga definita come «contratto» dall'art. 769 c.c. sia posta non già tra i contratti tipici, bensì in coda alle regole sulle successioni. Ciò, insieme alla peculiare natura della donazione che mal si concilia con l'idea di scambio economico, ha portato alcuni a ritenere che in realtà si tratti di un atto unilaterale, persistendo quindi la medesima qualificazione attribuitale dal codice abrogato: art. 1050». Vd. A. D'ANGELO, Donazione, Tratt. ROPPO-BENEDETTI, II. Cessione e uso di beni (Milano 2014), 313 ss.
[9] Art. 1321, cod. civ. «Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale».
[10] Cass. civ, sez. II, sentenza n.8018 del 21 maggio 2012.
[11] Cass. civ, sez. II sentenza n. 6080 del 4 marzo 2020.
[12] Sulla sopravvenienza di figli vedi R. GIOVAGNOLI, Manuale di diritto civile ed.2024 pag . 414 ss.
[13] Art. 801, cod. civ. «La domanda di revocazione per ingratitudine non può essere proposta che quando il donatario ha commesso uno dei fatti previsti dai numeri 1, 2 e 3 dell'articolo 463, ovvero si è reso colpevole d'ingiuria grave verso il donante o ha dolosamente arrecato grave pregiudizio al patrimonio di lui o gli ha rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti ai sensi degli articoli 433, 435 e 436».
[14] Vd. G. GIOFFRÉ, Donazioni e competenza rogatoria dei segretari comunali e provinciali, In nuova rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza, Rivista amministrativa quindicinale per Comuni, Province, Regioni, Aziende Sanitarie Locali, Comunità Montane, Associazioni Intercomunali ed altri Enti, ISSN 1825-2710, Anno LXXXVI - N. 6, Marzo 2012, pp. 697-701.
[15] Vedi A. TORRENTE, La donazione, Giuffrè, Milano, 2006, seconda ed. pp. 704-705.
[16] Vedi Cass. Civ. sez. II del 13 dicembre 2024, n. 32333 in Diritto & Giustizia 2024, 16 dicembre con nota di M.ZACCARA secondo cui « La notificazione dell'accettazione della donazione, prevista dall'art. 782, comma 2, c.c., per i casi in cui proposta ed accettazione siano contenuti in atti pubblici distinti deve eseguirsi in modo rituale e costituisce requisito indispensabile per la perfezione del relativo contratto che, pertanto, prima del suo verificarsi non può considerarsi ancora concluso »; nello stesso senso, cfr. Cass. 28 novembre 2001 n. 15121, in Riv. not., 2002, 980, con nota di S. VOCATURO, e in Foro it. 2002, I, 2110; Cass. 14 settembre 1991, n. 9611, in Giur. it., 1992, I, 1, 235; Cass., S.U., 29 novembre 1988 n. 6481, in Giust. civ. Mass. 1988, fasc. 11; Cass. 6 maggio 1982, n. 2834, in Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 5.
[17] Cass. civ., Sez. II, 21 marzo 2022, n. 9133.
[18] Vedi T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 16 ottobre 2024, n. 17929.
[19] Cass., sez. un., 29 novembre 1988, n. 6481, in Giurisprudenza italiana, 1989, I, 1, c. 1552, con nota di C. CACCAVALE, Un problema di forma: "struttura" e "funzione" della notifica nella donazione.
[20] Cass. civ., 18 dicembre 1975, n. 4153, in Rivista notariato, 1976, II, p. 918;
[21] Cass. civ, sez. VI, 6 maggio 1982, n. 2834.
[22] Sulla forma della proposta di donazione vedi T.A.R. Lazio sez. II - Roma, 16 ottobre 2024, n. 17929 secondo cui «Una proposta di donazione deve reputarsi nulla ove priva dei requisiti di forma (atto pubblico e presenza di testimoni) normativamente richiesti ad substantiam e come tale integra una dichiarazione del tutto inidonea a consentire la valida conclusione del contratto alla cui formazione è diretta, pur se, in ipotesi, seguita da un'accettazione formale debitamente notificata all'altra parte »… «La donazione a persona giuridica pubblica (nella specie, un Comune) è, per sua natura, un negozio giuridico (contratto) a formazione progressiva, che si perfeziona con la dichiarazione di donare da parte del donante e la dichiarazione di accettare da parte del donatario, le quali devono soddisfare i requisiti di forma solenne richiesti ad validitatem dalle pertinenti norme. Di conseguenza, la mera scrittura privata non autenticata è chiaramente inidonea, alla stregua del chiaro tenore letterale di cui all'art. 782 c.c. e all'art. 48 della l. 16 febbraio 1913 n. 89, a valere quale valida proposta di donazione».
[23] Art. 782, cod. civ.: «La donazione deve essere fatta per atto pubblico, sotto pena di nullità. Se ha per oggetto cose mobili, essa non è valida che per quelle specificate con indicazione del loro valore nell'atto medesimo della donazione, ovvero in una nota a parte sottoscritta dal donante, dal donatario e dal notaio» … «L'accettazione può essere fatta nell'atto stesso o con atto pubblico posteriore. In questo caso la donazione non è perfetta se non dal momento in cui l'atto di accettazione è notificato al donante». «Prima che la donazione sia perfetta, tanto il donante quanto il donatario possono revocare la loro dichiarazione».
[24] Art. 48, L. 16 febbraio 1913, n. 89.
[25] Art. 1, primo comma, legge 16 febbraio 1913, n. 89: «I notari sono ufficiali pubblici istituiti per ricevere gli atti tra vivi e di ultime volontà, attribuire loro pubblica fede, conservarne i certificati e gli estratti».
[26] «Nella sponsorizzazione è chiaro l'inserimento dell'operazione di finanziamento al progetto culturale nell'attività d'impresa, volta alla promozione dell'immagine commerciale dell'azienda, ed è evidente, quindi, il ruolo meramente complementare del profilo altruistico» vedi A. MONTANARI Donation-based crowdfunding, mecenatismo, beni culturali: liberalità e partecipazione alla vita culturale della comunità, Europa e Diritto Privato, fasc.1, 1° marzo 2024, pag. 73.
[27] Tale assunto trae spunto dall'intervento svolto in occasione della Tavola rotonda “Fondazioni e pubblica amministrazione: la sponsorizzazione tra evidenza pubblica ed erogazione”, Bologna, 22 gennaio 2010 in cui si analizza la natura delle Fondazioni bancarie.
[28] Vd. R. CHIEPPA in Aedon, rivista di arti e diritto on line, numero 1, 2010, il Mulino.
[29] Vd. Cons. Stato, sez. VI, 22 gennaio 2008, n. 1008.
[30] La disposizione legislativa, allora prevista ai sensi dell’art 91, comma 8 del d.lgs. n. 163 del 2006, è attualmente vigente e confluita nell’art. 157, comma 3 del d.lgs. n. 36 del 2023 secondo il quale: «E’ vietato l’affidamento di attività di progettazione, direzione lavori, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, collaudo, indagine e attività di supporto per mezzo di contratti a tempo determinato o altre procedure diverse da quelle previste dal presente codice ». Si segnala, in senso contrario autorevole dottrina secondo cui « I dubbi sulla validità della soluzione adottata dal Consiglio di Stato con la citata sentenza n. 1008/2006 sono stati rafforzati dalla normativa sopravvenuta, che ha definitivamente confermato l'ammissibilità di interventi in cui la progettazione avviene a cura di un soggetto privato (sponsor, ma il principio vale anche per le erogazioni liberali; v. l'art. 199-bis del Codice dei contratti pubblici, ma il principio vale anche al di fuori del settore dei beni culturali). La tesi secondo cui determinate attività, tra cui la progettazione, sarebbero riservate alla p.a., che le realizza direttamente o tramite soggetto scelto con gara, si pone in contrasto con l'art. 26 del Codice dei contratti pubblici, che espressamente prevede che i lavori possano essere realizzati a cura dello sponsor, facendo poi riferimento al necessario rispetto dei requisiti di qualificazione dei progettisti (con ammissione implicita che la progettazione possa essere svolta dallo sponsor). Inoltre, anche l'art. 199-bis prevede che la sponsorizzazione tecnica consista in una forma di partenariato estesa "alla progettazione" e alla realizzazione di parte o di tutto l'intervento a cura e a spese dello sponsor e in questi casi gli obblighi di evidenza pubblica sussistono solo per la scelta dello sponsor, non per l'attività successiva a cura dello sponsor. Anche le linee guida precisano che in caso di sponsorizzazione tecnica, lo sponsor può essere diretto esecutore dei lavori oppure può avvalersi di imprese terze, avendo come unico obbligo in questo secondo caso di scegliere imprese (o progettisti) che siano in possesso degli stessi requisiti che sarebbero richiesti se i lavori fossero affidati direttamente dall'amministrazione. Le linee guida sono, quindi, chiare nell'affermare che "non è possibile rinvenire nell'ordinamento alcuna norma specifica che prescriva un obbligo da parte dello sponsor di selezionare mediante procedura ad evidenza pubblica le imprese che eseguiranno le lavorazioni, posto che ai sensi dell'articolo 32, comma 1, lett. d), del Codice degli appalti l'obbligo di rispettare le norme codicistiche sussiste solo nelle ipotesi in cui l'amministrazione finanzi per più del 50% la realizzazione delle opere. È, pertanto, da ritenere che l'individuazione dell'impresa esecutrice sia rimessa all'autonoma scelta dello sponsor, salvo il necessario controllo da parte dell'amministrazione in merito alla sussistenza dei necessari requisiti di qualificazione. Ovviamente analoghi principi non possono che valere a maggior ragione in presenza di una erogazione liberale, che avvenga attraverso l'assunzione di una obbligazione di fare, sia che essa concerna l'esecuzione di lavori, sia che venga estesa alla progettazione. Resta fermo che se l'amministrazione non intende rinunciare all'esecuzione o progettazione diretta dei lavori, può sempre accettare solo un tipo di sponsorizzazione o di erogazione liberale "pura" o, comunque, non estesa come obbligazione di facere ad alcuni aspetti, come ad esempio quello della progettazione». Vd Il regime giuridico delle sponsorizzazioni culturali tra diritto pubblico e privato, Il nuovo regime delle erogazioni liberali e delle sponsorizzazioni: il settore dei beni culturali e l'intervento delle fondazioni di R. CHIEPPA in Aedon, rivista di arti e diritto on line, numero 2, 2013, il Mulino.
[31] Vd. Cass. Civ. sez. I ,15 febbraio 2021, n. 3839.
[32] R.D. 3 marzo 1934, n. 383.
[33] Sull'incompetenza a rogare donazioni da parte del Segretario comunale (o provinciale) vd. Cass civ., sez. II, 15 febbraio 1963, n. 329; Cass. sez. un., 14 marzo 1961, n. 577; Cass. 25 novembre 1960, n. 3136; Cass. sez. un., 18 febbraio 1955, n. 470.
[34] Si veda lo studio n. 1762, Legge Bassanini e competenza di rogito dei segretari comunali, approvato dalla Commissione Studi del Consiglio Nazionale del Notariato il 23 settembre 1997.
[35] Art. 1475 c.c. «Le spese del contratto di vendita e le altre accessorie sono a carico del compratore, se non è stato pattuito diversamente».
[36] Vd. G. GIOFFRÉ, Donazioni e competenza rogatoria dei segretari comunali e provinciali, In nuova rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza Rivista amministrativa quindicinale per Comuni, Province, Regioni, Aziende Sanitarie Locali, Comunità Montane, Associazioni Intercomunali ed altri Enti, ISSN 1825-2710, Anno LXXXVI - n. 6, Marzo 2012, pp. 697-701.
[37] Ai sensi degli artt. 89 e 142 del R.D. n. 383/1934
[38] Si veda Corte dei Conti Trentino, deliberazione n.53 del 28 maggio 2024,
[39] Cass. civ., Sez. II, Sent. n. 2360 del 24 gennaio 2024.
[40] Corte cost. sent. n. 156 del 19 marzo 1990.
[41] Si fa riferimento alla tabella D allegata alla Legge 604/1992, al numero 4 rubricata «elenco descrittivo delle tasse e degli emolumenti che comuni e le province sono autorizzati ad esigere per la spedizione degli atti infradescritti (oltre l'importo della carta bollata, della tassa sulle concessioni governative e dei diritti di registro nei casi previsti dalle leggi)».
[42] Tale previsione era già presente all’art 20 del d.lgs. n. 50 del 2016.
[43]«In armonia con il principio di autonomia contrattuale di cui al comma 1, la disposizione chiarisce che l’amministrazione, come tutti i soggetti del diritto (salvo incapacità giuridiche speciali) ha la capacità giuridica di ricevere per atto di liberalità. L’unica condizione aggiuntiva, rispetto agli altri soggetti del diritto, per l’accettazione è la previa valutazione che l’acquisizione del bene o della prestazione sia conforme all’interesse pubblico perseguito o, comunque, all’interesse della collettività. La precisazione è volta a richiamare l’attenzione del donatario/ricevente sugli effetti negoziali dell’atto che deve tradursi in un effettivo arricchimento della sfera patrimoniale o non patrimoniale (artistica, culturale ecc.) di quest’ultimo ed è volta ad escludere donazioni o atti di liberalità posti in essere dal donante/disponente al solo scopo di liberarsi da oneri di manutenzione di beni immobili privi di qualunque utilità o valore, traslandoli sul donatario »si veda pag. 22 della Relazione Illustrativa al codice.
[44] Il donante deve preliminarmente possedere e dichiarare la propria capacità di contrarre con la PA ossia la capacità risultante dalla dichiarazione sostitutiva con la quale il soggetto che intende donare attesta che non sono in corso e non sono state applicate misure che comportino il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione.
[45] Si fa riferimento agli artt. 7 e 14, il primo statuisce che «il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza»; il secondo dispone che «Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto dell'amministrazione, nonché nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di terzi, né corrisponde o promette ad alcuna utilità a titolo di intermediazione, né per facilitare o aver facilitato la conclusione o l'esecuzione del contratto. Il presente comma non si applica ai casi in cui l'amministrazione abbia deciso di ricorrere all'attività di intermediazione professionale. Il dipendente non conclude, per conto dell'amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile. Nel caso in cui l'amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese con le quali il dipendente abbia concluso contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, questi si astiene dal partecipare all'adozione delle decisioni ed alle attività relative all'esecuzione del contratto, redigendo verbale scritto di tale astensione da conservare agli atti dell'ufficio. Il dipendente che conclude accordi o negozi ovvero stipula contratti a titolo privato, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile, con persone fisiche o giuridiche private con le quali abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell'amministrazione, ne informa per iscritto il dirigente dell'ufficio. Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente apicale responsabile della gestione del personale. Il dipendente che riceva, da persone fisiche o giuridiche partecipanti a procedure negoziali nelle quali sia parte l'amministrazione, rimostranze orali o scritte sull'operato dell'ufficio o su quello dei propri collaboratori, ne informa immediatamente, di regola per iscritto, il proprio superiore gerarchico o funzionale».
[46] Si segnala il caso del Comune di Napoli che in ossequio ai protocolli anticorruzione sul proprio sito web (Comune di Napoli - Amministrazione trasparente - Altri contenuti - Donazioni e mecenatismo) nella sezione “amministrazione trasparente” si è dotato di un apposito spazio rubricato “Donazioni e mecenatismo” approvando il “regolamento sulla disciplina delle liberalità e degli interventi di mecenatismo”. Ogni donante, in relazione alla natura del bene, dovrà compilare una modulistica apposita finalizzata a ridurre il rischio corruttivo.
[47] Tale necessità è ravvisabile anche all’art 16.4 del d.lgs. 36 del 2023 in cui si prevede che: «Le stazioni appaltanti adottano misure adeguate per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti e delle concessioni e vigilano affinché gli adempimenti di cui al comma 3 siano rispettati».
[48] L’Autorità, in un recente fascicolo del 23 ottobre 2025 n.3587, nell’ambito di un parere reso in merito alla sussistenza di ipotesi di conflitto di interessi in capo ad un Consigliere comunale, oltre a fornire i riferimenti normativi ha puntualizzato ancora una volta come «il conflitto di interessi si realizza nel caso in cui l’interesse pubblico venga deviato per favorire il soddisfacimento di interessi privati, di cui sia portatore direttamente o indirettamente il pubblico funzionario»…. «Una costante giurisprudenza ritiene che l'obbligo di astensione, per conflitto di interessi da parte dei soggetti appartenenti ad organi collegiali, sussista in tutti i casi in cui i soggetti tenuti alla sua osservanza siano portatori di interessi personali che possano trovarsi in posizione di conflittualità o anche solo di divergenza rispetto a quello, generale, affidato alle cure dell'organo di cui fanno parte (ex multis, TAR Puglia-Lecce, sez. I, 18 luglio 2009, n. 1884; Consiglio di Stato, sez. V, 13 giugno 2008, n. 2970)»…… «Inoltre, il rischio di conflitto di interessi, secondo la giurisprudenza, riguarda principalmente le determinazioni dal contenuto discrezionale che, per loro natura, implicano scelte che possono essere più facilmente condizionate dal fatto che chi concorre all’adozione dell’atto abbia, nella vicenda, un interesse personale. Il rischio di conflitto di interessi è, al contrario, ridotto/eliminato solo nel caso di attività vincolata, ossia di quella attività volta a una verifica oggettiva di requisiti, presupposti o condizioni interamente predeterminati per legge (cfr. “La nozione di conflitto di interesse nel diritto amministrativo e nell’ambito della p.a.", in riv. Corte dei Conti n. 1/2023)».
[49] In particolare «Si ha conflitto di interessi quando un soggetto che, a qualsiasi titolo, interviene con compiti funzionali nella procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione degli appalti o delle concessioni e ne può influenzare, in qualsiasi modo, il risultato, gli esiti e la gestione, ha direttamente o indirettamente un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione; In coerenza con il principio della fiducia e per preservare la funzionalità dell’azione amministrativa, la percepita minaccia all’imparzialità e indipendenza deve essere provata da chi invoca il conflitto sulla base di presupposti specifici e documentati e deve riferirsi a interessi effettivi, la cui soddisfazione sia conseguibile solo subordinando un interesse all’altro; Il personale che versa nelle ipotesi di cui al comma 1 ne dà comunicazione alla stazione appaltante o all’ente concedente e si astiene dal partecipare alla procedura di aggiudicazione e all’esecuzione; Le stazioni appaltanti adottano misure adeguate per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti e delle concessioni e vigilano affinché gli adempimenti di cui al comma 3 siano rispettati».
[50] Sugli strumenti atti alla prevenzione vedi E. CARLONI, L'anticorruzione. Politiche, regole, modelli, Il Mulino, Bologna 2023, pagg. 13 e ss.
[51] Fascicolo ANAC n. 2582/2025, adunanza del 9 luglio 2025.
[52] È necessario, pertanto, che l’ente, prima di procedere all’accettazione, verifichi la sussistenza di tutti gli elementi essenziali della liberalità (interesse non patrimoniale del donante, conformità all’interesse pubblico e incremento del patrimonio dell’amministrazione).
[53] Solo in riferimento a questi l’art. 13, comma 5, d.lgs. n. 36/2023 richiama il principio di trasparenza, da attuarsi mediante la pubblicazione dei dati specificamente indicati nel Comunicato del Presidente del 24 maggio 2024.
[54] Sul rapporto tra le due fattispecie vedi Cass. Pen., sez. II, sent. 18 aprile 2018 n. 17235
[55] Vedi E. CARLONI, L'anticorruzione. Politiche, regole, modelli, Il Mulino, Bologna 2023, pagg. 18 e ss.; vedi Corte Cost., sentenza del 23 gennaio 2019 n.20 secondo cui «Dall’altra parte, con eguale rilievo, i principi di pubblicità e trasparenza, riferiti non solo, quale corollario del principio democratico (art. 1 Cost.), a tutti gli aspetti rilevanti della vita pubblica e istituzionale, ma anche, ai sensi dell’art. 97 Cost., al buon funzionamento dell’amministrazione (sentenze n. 177 e n. 69 del 2018, n. 212 del 2017) e, per la parte che qui specificamente interessa, ai dati che essa possiede e controlla. Principi che, nella legislazione interna, tendono ormai a manifestarsi, nella loro declinazione soggettiva, nella forma di un diritto dei cittadini ad accedere ai dati in possesso della pubblica amministrazione, come del resto stabilisce l’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 33 del 2013. Nel diritto europeo, la medesima ispirazione ha condotto il Trattato di Lisbona a inserire il diritto di accedere ai documenti in possesso delle autorità europee tra le “Disposizioni di applicazione generale” del Trattato sul funzionamento dell’Unione, imponendo di considerare il diritto di accesso ad essi quale principio generale del diritto europeo (art. 15, paragrafo 3, primo comma, TFUE e art. 42 CDFUE)».
[56] Vd. R.PERNA, Accesso e trasparenza: due linee destinate ad incontrarsi?, 2017, in www.giustiziaamministrativa.it.