Cons. Stato, sez. V, 21 ottobre 2025, n. 8141

Premesso che, di regola, le procedure di stabilizzazione non implicano l’esercizio di un potere amministrativo, con conseguente devoluzione delle controversie ad essere relative alla giurisdizione del giudice ordinario, nel caso di procedure di stabilizzazione “mediate”, lato sensu concorsuali, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, in ragione della valutazione discrezionale che il tipo di procedimento implica.

Guida alla lettura

La presente pronuncia trae avvio da una decisione di primo grado che aveva dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, il ricorso con cui venivano impugnati gli atti, concernenti l’annullamento in autotutela dell’indizione e approvazione di una procedura di stabilizzazione del personale del Comune di Acquaro. In particolare, il T.A.R. ha ritenuto che la controversia, avendo ad oggetto la posizione giuridica soggettiva del lavoratore ed essendo scaturita da un comportamento meramente negoziale della P.A., andasse ricondotta alla giurisdizione ordinaria.

Tuttavia, in appello, il privato ha censurato la pronuncia affermando che l’oggetto del giudizio (il c.d. petitum sostanziale) non fosse l’accertamento di un diritto soggettivo inerente al rapporto di lavoro, bensì la legittimità o meno dell’esercizio del potere di autotutela tipicamente pubblicistico. Ne consegue che, ad avviso dell’appellante, la tutela richiesta al giudice non attenga ad un diritto soggettivo, bensì ad un interesse legittimo subordinato all’esercizio di un potere autoritativo. Tale profilo non è stato ritenuto dirimente dai giudici.

Il Collegio adito in sede di appello, diversamente da quanto affermato in primo grado, ritiene sussistente la giurisdizione amministrativa in base alla natura comparativa della procedura oggetto di esame, con conseguente applicazione del comma 4 dell’art. 63 del d.lgs. 165 del 2001, il quale riserva le controversie in materia concorsuale al giudice amministrativo. Nel caso di specie, invero, l’operazione svolta dall’amministrazione non si limita ad una mera verifica di requisiti predeterminati in sede legislativa, bensì consiste in una valutazione comparativa tra candidati, connotata da una discrezionalità tipicamente amministrativa (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 22 maggio 2024, n. 779). Più nel dettaglio, di norma le procedure di stabilizzazione sono “dirette”, dunque consistono in un mero accertamento di sussistenza di requisiti stabiliti in precedenza, non presupponendo alcun esercizio di potere pubblico; tuttavia, oggetto di esame è, al contrario, una stabilizzazione c.d. mediata, assimilabile ad una procedura di tipo concorsuale.

In tale ricostruzione il ruolo del contratto diviene del tutto secondario, in quanto le vicende che lo riguardano sono delle mere ripercussioni degli esiti dei procedimenti amministrativi a monte, di stabilizzazione prima e di annullamento in autotutela poi. Perdendo la sua autonomia, il contratto non è più idoneo a costituire il fondamento della giurisdizione ordinaria, diversamente da quanto affermato dal T.A.R.

Nell’ottica di garantire una concentrazione delle tutele di cui gode il privato, è opportuno evidenziare come sia ormai superata la tesi tradizionale che riteneva sussistente la giurisdizione amministrativa in sede di gara fino al momento dell’aggiudicazione, attribuendo invece le controversie inerenti al contratto al giudice ordinario. Anche alla luce dell’art. 122 del Codice del processo amministrativo, il giudice amministrativo è oggi dotato di giurisdizione anche per quanto attiene alle controversie aventi ad oggetto la sorte del contratto stipulato a valle di una procedura concorsuale, in tutti i casi in cui l’efficacia del contratto venga meno per effetto dell’annullamento dell’aggiudicazione.

 

Pubblicato il 21/10/2025

N. 08141/2025REG.PROV.COLL.

N. 03268/2025 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3268 del 2025, proposto da
Pasquale Montirosso, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Izzo e Antonio Barilaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Acquaro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Raffaele Marciano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria (Sezione Seconda) n. 729 del 2025, resa tra le parti.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Acquaro;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

visti gli artt. 105, comma 2 e 87, comma 3, cod. proc. amm.;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2025 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Francesco Izzo, in proprio e in delega dell'avv. Antonio Barilaro, e l'avv. Raffaele Marciano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Il sig. Pasquale Montirosso impugnava la delibera n. 46 dell’11 giugno 2024, con cui la Commissione Straordinaria del Comune di Acquaro – a distanza di dieci mesi dall’assunzione – aveva annullato in autotutela gli atti con cui era stata programmata la procedura di stabilizzazione a tempo indeterminato e parziale (18 ore settimanali) del ricorrente medesimo con qualifica di operatore specializzato e funzione di autista scuolabus, nonché la successiva determinazione n. 83 del 9 luglio 2024, con cui il Responsabile dell’Area Amministrativa del Comune di Acquaro – in dichiarata esecuzione alla predetta delibera della Commissione Straordinaria n. 46 dell’11 giugno 2024 e a distanza di undici mesi dall’assunzione del ricorrente – aveva annullato in autotutela gli atti di indizione e approvazione dell’esito finale della procedura concorsuale di stabilizzazione, disponendo l’immediata caducazione e risoluzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato con il sig. Pasquale Montirosso.

La procedura di stabilizzazione del personale precario era stata indetta dal Comune di Acquaro ai sensi dell’art. 3, comma 5, del d.l. 22 aprile 2023, n. 44, mentre il conseguente annullamento in autotutela della stessa era stato motivato dalla sua illegittimità per non aver l’Ente locale coperto il 50% dei posti vacanti tramite procedura aperta.

Nel merito, il ricorrente deduceva in primo grado: la violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento previste agli artt. 7 ss. della l. 241/1990; la mancanza dei presupposti per disporre l’annullamento in autotutela ai sensi dell’art. 21 nonies l. cit.; il fatto che, nonostante fossero state indette due procedure di stabilizzazione, ad essere stata annullata fosse stata solo la procedura cui partecipava il ricorrente.

Dopo aver accolto l’istanza cautelare, accoglimento confermato anche in appello con ordinanza n. 3672 del 4 ottobre 2024, il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria (Sezione Seconda) affermava, invece, il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario, dichiarando il ricorso inammissibile con sentenza n. 729 del 22 aprile 2025, appellata dal sig. Montirosso con un unico motivo di gravame:

I) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e 133 c.p.a., dell’art. 63 del d.lgs. n. 165/2001 – erroneità ed ingiustizia della sentenza appellata per aver declinato la giurisdizione in favore del giudice ordinario.

L’appellante chiedeva, pertanto, la riforma della sentenza impugnata, con conseguente affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo e rimessione della causa al primo giudice ai sensi dell’art. 105 c.p.a.

Si costituiva l’amministrazione comunale, insistendo per il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e chiedendo il rigetto dell’appello.

Successivamente l’appellante depositava memoria a sostegno delle proprie conclusioni.

Alla camera di consiglio del 25 settembre 2025 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l’appello presentato dal sig. Pasquale Montirosso avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria (Sezione Seconda) n. 729 del 2025, con cui il giudice di prime cure ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario in relazione all’impugnazione degli atti concernenti l’annullamento in autotutela dell’indizione e approvazione dell’esito finale di una procedura concorsuale di stabilizzazione per il personale precario del Comune di Acquaro e la contestuale immediata caducazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato con l’appellante.

A seguito dell’approvazione dell’esito di tale stabilizzazione, avvenuta con determina n. 134 del 21 agosto 2023, in conseguenza della quale veniva stipulato il contratto di lavoro a tempo indeterminato con attribuzione delle mansioni di autista di scuolabus per l’appellante, con determina n. 83 del 9 luglio 2024 il Comune di Acquaro annullava l’intera procedura in autotutela. Nello specifico, l’Ente locale annullava: a) la precedente determina n. 117 del 27 luglio 2023, recante l’avvio della procedura di stabilizzazione interna vinta dall’appellante; b) la precedente determina n. 134 del 21 agosto 2023, che approvava l’esito positivo della suddetta procedura; c) il contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato con l’appellante.

L’annullamento veniva disposto in dichiarata esecuzione della delibera della Commissione Straordinaria n. 46 dell’11 giugno 2024 che, a seguito di confronto con il Dipartimento Funzione Pubblica, determinava l’annullamento degli atti relativi alla programmazione della procedura di stabilizzazione vinta dall’appellante, per non aver l’Ente comunale riservato la copertura del 50% dei posti vacanti tramite selezione aperta all’esterno.

Tale annullamento veniva impugnato dal sig. Pasquale Montirosso; tuttavia, il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria dichiarava il ricorso inammissibile, declinando la giurisdizione in favore del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, ritenendo che la controversia riguardasse la posizione giuridica soggettiva connessa al rapporto di lavoro in essere e non il potere di autotutela sulla procedura concorsuale esercitato dall’amministrazione.

Nel caso di specie, per il Tar non si controverte dell’annullamento disposto dall’amministrazione comunale, bensì del diritto soggettivo vantato dal ricorrente, costituito dalla reintegrazione nel posto di lavoro.

Invero, secondo il giudice di prime cure: “la sottoscrizione del contratto di lavoro, a conclusione della procedura di stabilizzazione, esclude (come detto) la giurisdizione del giudice amministrativo, poiché in tale fase l'amministrazione esercita unicamente poteri negoziali in veste di datrice di lavoro, ed ogni rapporto va ricondotto alla sfera di azione privatistica dell’amministrazione, sulla quale il sindacato è devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario, il quale potrà disapplicare, ove ritenuti illegittimi, gli atti amministrativi rilevanti ai fini della decisione” (cfr. sentenza appellata).

A sostegno di tale tesi, il giudice di primo grado riporta l’orientamento giurisprudenziale che, distinguendo tra petitum formale e petitum sostanziale, fonda il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo sul generale criterio del petitum sostanziale, individuato in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio. Nel caso in parola, per il Tribunale “il petitum sostanziale in questione si traduce, dunque, nell'accertamento del diritto soggettivo del ricorrente alla stabilizzazione del rapporto di lavoro o meglio alla prosecuzione del rapporto di lavoro, a seguito dell’intervenuta stabilizzazione e della conseguente sottoscrizione del contratto di lavoro” (cfr. sentenza appellata).

Il sig. Pasquale Montirosso, pertanto, impugnava la sentenza con unico motivo di appello riguardante la giurisdizione, che secondo l’appellante sarebbe da rinvenire in capo al giudice amministrativo, dovendosi avere riguardo alla natura del potere esercitato dall’amministrazione, l’autotutela, tipica espressione di un potere autoritativo. Infatti, per l’appellante il provvedimento di annullamento in autotutela, fondato sul presunto mancato rispetto della quota di accesso riservata all’esterno, non è un atto di gestione privatistica del rapporto, bensì un provvedimento di secondo grado che incide direttamente sul precedente atto di macro-organizzazione. Ragion per cui l’oggetto del giudizio non è l’accertamento del diritto soggettivo alla stabilizzazione, ma la legittimità o meno dell’annullamento in autotutela, potestà pubblicistica rispetto alla quale la posizione del privato ha consistenza di interesse legittimo e la cui giurisdizione, dunque, spetta al giudice amministrativo.

Peraltro, secondo l’appellante, un ulteriore argomento decisivo a fondamento della giurisdizione amministrativa risiede nella natura selettiva e comparativa della procedura in questione, con conseguente applicazione non già del primo comma dell’art. 63 d.lgs. 165 del 2001, che regola il riparto di giurisdizione nelle controversie di pubblico impiego contrattualizzato, quanto piuttosto del comma 4, che riserva al giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali.

Per l’amministrazione comunale, invece, il riferimento esclusivo è al primo comma della disposizione, che devolve tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, atteso che il petitum in questione si traduce nell’accertamento del diritto soggettivo vantato dall’appellante alla prosecuzione del rapporto di lavoro, essendo l’annullamento intervenuto nella fase di esecuzione del rapporto.

L’appello è fondato.

Dirimente, nel caso di specie, risulta essere il tipo di procedura di cui si discute.

La procedura di stabilizzazione del personale precario dedotta in lite, infatti, è nella specie assimilabile a un concorso, implicando l’espletamento di una vera e propria selezione tra i candidati, per titoli e colloquio. L’amministrazione procedente, oltre alla predisposizione di un bando, aveva previsto, invero, l’attribuzione ai candidati di punteggi in relazione ai titoli posseduti e ad una prova orale, la formazione di una graduatoria di merito e la conseguente stabilizzazione dei vincitori. Emerge chiaramente, dunque, la presenza di una decisione amministrativa a monte, consistente nella scelta del candidato più idoneo a seguito di un’autentica selezione soggettiva.

Si evince, allora, come nel caso di specie non venga in rilievo una mera verifica di requisiti predeterminati ex lege, ossia un potere vincolato dell’amministrazione, ma una valutazione comparativa dei candidati, con conseguente spendita di un potere discrezionale dell’amministrazione.

Si configura, pertanto, l’inerenza della procedura in parola ad una effettiva procedura concorsuale, ossia “quelle procedure che iniziano con l’emanazione di un bando (contenente l’indicazione dei posti messi a concorso) e sono caratterizzate dalla valutazione discrezionale –comparativa dei candidati e dalla compilazione di una graduatoria finale che individua i vincitori, così costituendo l’atto terminale del procedimento di selezione” (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 22 maggio 2024, n. 779), tutti elementi riscontrabili nel caso di specie.

D’altronde, lo stesso art. 3, comma 5, del d.l. 22 aprile 2023, n. 44, ai sensi del quale veniva disposta la procedura in parola, fa riferimento ad una stabilizzazione nei limiti dei posti disponibili “previo colloquio selettivo”.

Nel caso di specie, non si tratta di una stabilizzazione “diretta”, ossia effettuata senza il ricorso a procedure concorsuali e riservata a coloro che sono in possesso di determinati requisiti, bensì di una stabilizzazione “mediata” dal superamento di una procedura concorsuale. Infatti, “nel primo caso si chiede l’accertamento di alcuni presupposti oggettivi in capo agli interessati, senza che sussista lo spazio per l’apertura di procedure selettive e per la formazione di corrispondenti graduatorie, nonché per la formulazione di valutazioni discrezionali attinenti ai requisiti e al merito riconducibili a ciascun candidato: di qui la giurisdizione dell’AGO, data l’assenza di qualsivoglia procedura selettiva da intraprendere al fine di stabilizzare il predetto personale precario. Nel secondo caso, […], poiché ci si trova dinanzi ad una vera e propria “procedura concorsuale” […] la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo” (cfr. Cons. Stato, V, 3 gennaio 2025 n. 31, che richiama la precedente pronuncia della sez. III, 15 giugno 2020, n. 3801, secondo cui, in tali casi “la procedura posta in essere dalla P.A. ai fini della stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato è configurata e disciplinata come una vera e propria selezione concorsuale e non già come mera verifica dei requisiti temporali oggettivi di durata del singolo rapporto di lavoro a tempo determinato, sicché le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo”).

Il petitum dell’intera controversia si incentra, dunque, sulla procedura di stabilizzazione che costituisce, per così dire, il fulcro della vicenda, collocandosi il contratto successivamente stipulato con l’appellante solo su un piano secondario. Ciò di cui si discute, infatti, è l’annullamento in autotutela di tale procedura, che inevitabilmente attrae anche il rapporto di lavoro di seguito instauratosi, il cui contratto ne segue e condivide necessariamente le sorti. Il caso di specie, tuttavia, non origina da un atto privatistico (come può essere la stipula del contratto) bensì da un potere di tipo pubblicistico che, come tale, resta assoggettato alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Ed invero, la procedura amministrativa a monte non solo influenza, ma è essa stessa origine e presupposto del contratto, ragion per cui l’atto di annullamento della procedura travolge inevitabilmente l’atto stipulato a valle, determinandone la caducazione.

È dunque evidente che non si dibatte di una vicenda propria del contratto, né di una sua patologia autonoma, ma degli effetti automaticamente prodottisi su di esso per effetto della procedura amministrativa in parola e del suo conseguente annullamento. I due atti risultano collegati da un rapporto di stretta dipendenza, per non dire di presupposizione necessaria, tale per cui la patologia afferente l’atto primario investe inevitabilmente anche quello secondario, che ne subisce le conseguenze.

D’altronde, la stessa determina n. 83 del 9 luglio 2024, impugnata in primo grado e recante l’annullamento in autotutela della procedura, dava atto che “l’annullamento degli atti di cui sopra comporta la caducazione e pertanto la risoluzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato in data 21.08.2023 (con decorrenza dal 28.08.2023) col Sig. Montirosso Pasquale”. Il che dimostra come il contratto non faccia altro che subire le implicazioni del vizio che affligge la procedura amministrativa a monte.

La conseguenza che il provvedimento di autotutela abbia prodotto effetti anche sul rapporto di lavoro e conseguentemente si sia riverberata sul contratto, dunque, non vale ad escludere la giurisdizione amministrativa, dovendo considerarsi primario l’esercizio del potere pubblicistico di annullamento della procedura selettiva e non già il venir meno del rapporto di lavoro instaurato con il contratto, che costituisce l’atto per così dire derivato.

Peraltro, la medesima questione si poneva, prima che il legislatore intervenisse con il d.lgs. n.104 del 2010, in relazione alla sorte del contratto d’appalto medio tempore stipulato tra stazione appaltante e aggiudicatario a seguito dell’eventuale annullamento della procedura, in via giurisdizionale o in sede di autotutela.

Ed invero, la giurisprudenza ha a lungo discusso sull’appartenenza, in tale ipotesi, della giurisdizione in capo al giudice amministrativo o al giudice ordinario.

In sintesi, la tesi tradizionale faceva riferimento all’annullabilità del contratto, seguendo l’impostazione dicotomica che scinde tra il momento dell’aggiudicazione della procedura pubblicistica, la cui giurisdizione si radicava presso il giudice amministrativo, e quello di annullamento del contratto stipulato a valle, la cui giurisdizione veniva invece riservata al giudice ordinario; altri propendevano per l’ipotesi di nullità del vincolo negoziale per violazione di norme imperative.

Superando tali orientamenti, parte della giurisprudenza amministrativa ha in seguito cominciato ad enucleare una diversa interpretazione.

Al fine soprattutto di garantire una tutela effettiva, e non solo formale, al privato che fosse stato illegittimamente estromesso dalla procedura di evidenza pubblica, si è ricostruito il rapporto tra annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto facendo riferimento alla caducazione automatica dello stesso, partendo dall’assunto della consequenzialità necessaria tra i due momenti (inter alia, Cons. Stato, V, n. 3465/2004; VI, n. 2332/2003; V, n. 677/1998).

Costituendone il presupposto o la condicio iuris, l’atto a valle (il contratto) è infatti inevitabilmente travolto dall’annullamento dell’atto a monte (l’aggiudicazione), risultando così caducato («è necessario prendere le mosse dall’innegabile esistenza di un raccordo tra gli atti, [tale per cui] i due termini della distinzione sono accomunati dall’esistenza di un nesso di derivazione o presupposizione fra c.d. “atto a monte” e c.d. “atto a valle”», cfr. Cons. Stato, V, 28 maggio 2004, n. 3465).

Detto altrimenti, l’annullamento della procedura di evidenza pubblica provoca un effetto caducante automatico anche della fase negoziale, in virtù della consequenzialità tra i due momenti, e così “pone nel nulla l'intero effetto-vicenda derivato dall'aggiudicazione, a cominciare quindi dal contratto di appalto che non ha alcuna autonomia propria […] ma è destinato a subire gli effetti del vizio che affligge il provvedimento cui è inscindibilmente collegato ed a restare automaticamente ed immediatamente caducato” (Cass. Civ., sez. I, 26 maggio 2006, n. 12629).

Il contrasto è stato ricucito con il Codice del processo amministrativo, nel quale il legislatore ha effettivamente inteso concentrare la tutela per il privato in un unico processo. L’attuale formulazione dell’art. 122 c.p.a., infatti, affida al giudice che annulla il provvedimento di aggiudicazione il potere di definire, in sede di giurisdizione esclusiva, la sorte del contratto d’appalto, così attribuendo al giudice amministrativo il compito di definire per intero le vicende contenziose in materia di appalti pubblici antecedenti alla fase dell’esecuzione, successiva alla stipula del contratto. Invero, l’art. 133 c.p.a. devolve al giudice amministrativo, inter alia, le controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, “con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione ed alle sanzioni alternative”.

Peraltro, tale orientamento è stato di recente confermato dalla giurisprudenza amministrativa, che ha così statuito: “nel caso in cui l’annullamento giurisdizionale travolga l’intera procedura di affidamento del contratto, oltre al provvedimento di aggiudicazione, […] l’integrale annullamento della procedura di affidamento comporta l’automatico travolgimento o caducazione anche del contratto stipulato con l’illegittimo aggiudicatario” (Cons. Stato, V, 17 gennaio 2023, n. 589).

Tutto ciò considerato, dovendo nel caso di specie affermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo in virtù della centralità della procedura in questione, l’appello va accolto, e, per l’effetto, va disposto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 105 c.p.a.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice di primo grado ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 105 c.p.a.

Spese compensate.

Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2025 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Sara Raffaella Molinaro, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere, Estensore

Giorgio Manca, Consigliere