TAR Campania, Napoli, Sez. V, 30 giugno 2025 n. 4842

Sulla base del combinato disposto degli artt. 41, comma 14, 108, comma 9, e 110, comma 1, del D.Lgs. n. 36 del 2023, deve ritenersi che, per l'operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera, la conseguenza non è l'esclusione dalla gara, ma l'assoggettamento della sua offerta alla verifica dell'anomalia: in quella sede l'operatore economico avrà l'onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, oltre il rispetto dei minimi salariali. Tale interpretazione del dettato normativo consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera, che costituisce la ratio della previsione dello scorporo dei costi della manodopera, con la libertà di iniziativa economica e d'impresa, costituzionalmente garantita, la quale, nel suo concreto dispiegarsi, non può che comportare la facoltà dell'operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l'importo rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante negli atti di gara. Solo seguendo tale impostazione si spiega anche l'obbligo del concorrente di indicare i propri costi della manodopera, a pena di esclusione dalla gara (art. 108, comma 9 del D.Lgs. n. 36 del 2023), previsione che sarebbe evidentemente superflua se i costi della manodopera non fossero ribassabili, e il successivo art. 110, comma 1, che include i costi della manodopera dichiarati dal concorrente tra gli elementi specifici, in presenza dei quali la stazione appaltante avvia il procedimento di verifica dell'anomalia.

Guida alla lettura

Con sentenza n. 4842 dello scorso 30 giugno, il TAR Campania – Napoli, ha affermato che l’indicazione nel modulo dell’offerta dei costi della manodopera da parte dei concorrenti non ha la funzione di integrare un elemento dell’offerta (in quanto - se così fosse- sarebbe violata la norma che stabilisce che i costi della manodopera devono essere scorporati dall’ammontare a base d’asta e sarebbero oggetto di un ribasso diretto e non percentuale), ma - non diversamente dall’indicazione dei costi interni per la sicurezza - ha invece la diversa funzione, confermata dal comma 9 dell’articolo 108 e dall’articolo 110 del d.lg. n. 36 del 2023, di assoggettare a verifica il concorrente che, nello stimare i propri costi della manodopera, abbia indicato un costo inferiore a quello stimato dalla stazione appaltante in sede di determinazione dell’importo dell’appalto.

In pratica, l’effetto di queste norme è quello di vietare un ribasso per così dire “diretto” dei costi della manodopera (nel senso che la stima dei costi di manodopera richiesta in sede di formulazione dell’offerta economica non integra quest’ultima) e di consentire, attraverso l’indicazione di un costo inferiore (che può essere giustificato da una maggiore efficienza aziendale e/o dalla circostanza che il concorrente benefici di particolari agevolazioni etc. …), una sorta di ribasso “indiretto” da assoggettare a verifica.

La norma di riferimento è l’art. 41, comma 14, ai sensi del quale “nei contratti di lavori e servizi, per determinare l'importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l'ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall'importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l'operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell'importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.

Il Tar rammenta la giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui “sulla base del combinato disposto degli artt. 41, comma 14, 108, comma 9, e 110, comma 1, del D.Lgs. n. 36 del 2023, deve ritenersi che, per l'operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera, la conseguenza non è l'esclusione dalla gara, ma l'assoggettamento della sua offerta alla verifica dell'anomalia: in quella sede l'operatore economico avrà l'onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, oltre il rispetto dei minimi salariali. Tale interpretazione del dettato normativo consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera, che costituisce la ratio della previsione dello scorporo dei costi della manodopera, con la libertà di iniziativa economica e d'impresa, costituzionalmente garantita, la quale, nel suo concreto dispiegarsi, non può che comportare la facoltà dell'operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l'importo rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante negli atti di gara. Solo seguendo tale impostazione si spiega anche l'obbligo del concorrente di indicare i propri costi della manodopera, a pena di esclusione dalla gara (art. 108, comma 9 del D.Lgs. n. 36 del 2023), previsione che sarebbe evidentemente superflua se i costi della manodopera non fossero ribassabili, e il successivo art. 110, comma 1, che include i costi della manodopera dichiarati dal concorrente tra gli elementi specifici, in presenza dei quali la stazione appaltante avvia il procedimento di verifica dell'anomalia”.

Il combinato disposto con gli articoli 108 e 110 chiarisce che tali costi devono essere indicati nell’offerta e possono essere oggetto di ribasso, a condizione che vi sia una motivazione solida e documentata.

Ai sensi dell’art. 108, comma 9, infatti, “nell'offerta economica l'operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale”; mentre, l’art. 110, comma1 stabilisce che: “Le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell'articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l'avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione”.

Dunque, nelle ipotesi in cui l'operatore economico applichi il ribasso anche ai costi della manodopera, la conseguenza non è l'esclusione dalla gara, ma l'assoggettamento della sua offerta alla verifica dell'anomalia: in quella sede l'operatore economico avrà l'onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, oltre il rispetto dei minimi salariali

 

 

Pubblicato il 30/06/2025

N. 04842/2025 REG.PROV.COLL.

                                                                                                                       N. 00914/2025 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 914 del 2025, integrato da motivi aggiunti, proposto da
GSA – Gruppo Servizi Associati S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Caruso, Luca Mazzeo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Università degli Studi di Napoli l'Orientale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;

nei confronti

Dussmann Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Maurizio Basile, Bruno Ricciardelli, Alessandro Sciolla, Sergio Viale, Diego Iula, Chiara Forneris, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per ottenere,

per quanto riguarda il ricorso introduttivo: l’annullamento, previa adozione di idonee misure cautelari, del Decreto Rettorale prot. 765 del 10.01.2025, comunicato a GSA con nota del 13.01.2025, anch’essa impugnata, recante aggiudicazione alla Dussmann Service S.r.l. della “Procedura aperta telematica sopra soglia comunitaria per l’affidamento del servizio di portierato ed assistenza alla didattica, regolazione accessi garage, conduzione autoveicoli, servizio di posta interna ed assistenza alle biblioteche, per un periodo di 2 anni con opzione di proroga per altri 2 anni –(CIG B06E7478E9)” per l’importo di € 2.144.901,53, oltre IVA; della Delibera del Consiglio di Amministrazione del 30.10.2024, richiamata nel Decreto Rettorale prot. 765 del 10.01.2025, recante approvazione della proposta di aggiudicazione, anch’essa impugnata; di tutti i Verbali di Gara, nessuno escluso, con i relativi allegati, di tutti i punteggi assegnati alle offerte tecniche ed economiche e del verbale di congruità del 10.10.2024 a firma del RUP; di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, nonché, in via subordinata, del Disciplinare e dei suoi allegati, nei limiti di quanto esposto in atti; e per la condanna della resistente Amministrazione al risarcimento del danno in forma specifica, mediante declaratoria del diritto della ricorrente alla aggiudicazione, con dichiarazione di inefficacia del contratto, ove medio tempore stipulato con l’attuale illegittimo aggiudicatario, e con subentro di GSA nel contratto, per l’intera durata programmata; nonché, in subordine, in tutto o in parte, per il risarcimento del danno per equivalente; nonché, ai sensi dell’art. 116 c.p.a., per la condanna dell’Amministrazione resistente all’ostensione dell’offerta tecnica integrale presentata in gara dalla Dussmann Service S.r.l., come richiesta con istanze di accesso del 13.1.2025 e 15.1.2025, sollecitate il 28.1.2025, e delle offerte economiche di tutti gli Operatori partecipanti, come richieste con istanza di accesso del 3.2.2025, previo annullamento della nota di diniego del 6.2.2025 e della nota di pubblicazione del 31.1.2025 e, comunque, degli atti, espressi o taciti, con i quali l’accesso è stato negato o riconosciuto in forma parziale;

per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da Dussmann Service s.r.l. il 13 marzo 2025: l’annullamento, per quanto occorrer possa, degli artt. 3 e 17 del Disciplinare di gara ove interpretati nel senso di ostare alla presentazione di un’offerta economica in cui i costi interni della manodopera della concorrente siano inferiori rispetto a quelli stimati da parte della Stazione Appaltante nonché ove interpretati nel senso di legittimare l’esclusione dalla gara della concorrente che dichiari di avere costi interni della manodopera diversi rispetto a quelli stimati dalla S.A.; di tutta la lex specialis di gara, ove interpretata nel senso di escludere la partecipazione dei soggetti che abbiano indicato, nell’offerta economica, un costo della manodopera inferiore a quello stimato dalla S.A.; ove occorrer possa, dei chiarimenti nn. D12, D30 e D32 ove interpretati nel senso di determinare l’esclusione delle offerte economiche nelle quali i concorrenti abbiano indicato un costo della manodopera inferiore a quello stimato dalla S.A.; di ogni altro atto presupposto, antecedente e conseguente ove interpretato in senso difforme da quanto in questa sede argomentato;

per quanto riguarda i motivi aggiunti al ricorso principale presentati il 3 aprile 2025: l’annullamento del Decreto Rettorale prot. n. 18221 del 3.03.2025 rep. 181/2025, comunicato con nota prot. 18489 del 5.03.2025 trasmessa via p.e.c. in pari data, anch’essa impugnata, con il quale è stata disposta la rettifica dei seguenti atti e provvedimenti già impugnati col ricorso introduttivo, ossia: i) della Delibera del CdA n. 288 del 30.10.2024; ii) del dispositivo del Decreto Rettorale prot. 765 del 10.1.2025 rep. 19/2025; iii) della nota di comunicazione prot. 940 del 13.01.2025; della Deliberazione del CDA, a oggi non conosciuta, assunta nell’adunanza del 26.3.2025, con la quale si è provveduto sulla procedura per cui è causa e comunque in ordine alla ratifica del Decreto Rettorale prot. n. 18221 del 3.03.2025, in mancanza della quale quest’ultimo è inefficace e/o decaduto ex tunc;

per quanto riguarda i motivi aggiunti al ricorso incidentale presentati il 18 aprile 2025: l’annullamento dei Verbali di Gara, con i relativi allegati, ed in particolare del Verbale del 10/07/2024 prot. n. 48447/2024 registrato al n. 5958 rep., nonché del provvedimento di aggiudicazione e degli altri atti di gara limitatamente alle parti in cui è stata considerata ammissibile l’offerta economica presentata da GSA e quest’ultima è stata indicata quale seconda classificata nella graduatoria finale; di ogni altro atto presupposto, antecedente e conseguente, ove interpretato in senso difforme da quanto in questa sede argomentato.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Dussmann Service S.r.l. e di Università degli Studi di Napoli L'Orientale;

Visti il ricorso incidentale e i relativi motivi aggiunti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2025 il dott. Davide Soricelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La controversia all’esame si riferisce agli esiti della gara telematica indetta il 20 febbraio 2024 dall’Università degli studi di Napoli l’Orientale per l’affidamento per il periodo di due anni (prorogabili) del “servizio di portierato e assistenza alla didattica, regolazione accessi garage, conduzione di autoveicoli, servizio di posta interna e assistenza alle biblioteche servizi accessori”.

Per quanto qui interessa, l’importo della gara – da aggiudicare con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa – era fissato in complessivi euro 2.350.233,80, di cui euro 233,80 per oneri di sicurezza e euro 2.290.000 (1.145.000 annui) per costi di manodopera non soggetti a ribasso.

All’esito del procedimento, la gara con decreto rettorale 765 del 10 gennaio 2025 era aggiudicata alla Dussmann Service s.r.l. per “un importo contrattuale complessivo, depurato del ribasso percentuale offerto del 99,99%, di euro 2.144.901,53 oltre I.V.A.”.

La GSA – Gruppo servizi associati s.p.a., ricorrente principale, si classificava al secondo posto e proponeva quindi il ricorso all’esame, notificato il 12 febbraio e depositato il 21 febbraio 2025.

Essa premette che, in base alle regole della lex specialis, la parte “ribassabile” dell’importo a base di gara ammonta a euro 60.000; in pratica 60.000 euro sono la differenza tra l’importo a base di gara di euro 2.350.233,80 e gli importi degli oneri di sicurezza interferenziali, pari a euro 233,80, e gli oneri di manodopera non ribassabili, stimati dalla stazione appaltante in euro 2.290.000 (2.350.233,80 – 233,80 – 2.290.000 = 60.000); puntualizza a questo riguardo che l’articolo 17 del disciplinare di gara espressamente stabilisce che “ai sensi dell’art. 41 comma 14 del Codice i costi della manodopera indicati al punto 3 del presente disciplinare non sono ribassabili. Resta la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale. Sono inammissibili le offerte economiche che superino l’importo a base d’asta o che non siano formulate nel rispetto dei prezzi di riferimento indicati al punto 3 del presente disciplinare”.

Da ciò deriverebbe che una offerta inferiore a euro 2.290.000 avrebbe dovuto essere automaticamente esclusa, risultando inferiore agli oneri di manodopera non ribassabili; questo sarebbe il caso dell’offerta della controinteressata che, nella propria offerta economica, ha indicato un ribasso del 99,99% e dichiarato costi della manodopera di euro 2.144.666,51.

Sostiene quindi GSA nel primo motivo che l’offerta della Dussmann avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile ed esclusa, in quanto di importo inferiore ai costi della manodopera non ribassabili con conseguente violazione del divieto di ribasso dei costi di manodopera (articoli 3 e 17 del disciplinare di gara).

In via logicamente subordinata, GSA denuncia l’illegittimità per difetto di istruttoria degli esiti della verifica di anomalia dell’offerta.

Al riguardo essa evidenzia che: a) la verifica è stata condotta considerando esclusivamente i costi della manodopera, nonostante questi ultimi non esauriscano tutte le “voci” della commessa, per le quali non è stato eseguito alcun controllo, nonostante per esse residuasse “l’irrisorio importo di poco più di duecento euro” (la differenza tra l’importo dell’aggiudicazione di euro 2.144.901,53 e l’importo degli oneri di manodopera dichiarati dall’aggiudicataria pari a euro 2.144.665,51 è infatti pari a euro 236,02); b) le giustificazioni dei costi della manodopera presentate dalla Dussmann si caratterizzano per gravi errori metodologici e sottostime che rendono totalmente insostenibile la sua offerta (sono denunciate sottostime di costi per la sola manodopera di almeno euro 233.264, di cui 50.000 attribuibili all’uso “spregiudicato” del lavoro supplementare, euro 60.000 attribuibili alla mancata considerazione delle ore di formazione obbligatoria degli apprendisti, euro 113.823,48 attribuibili “all’abuso dell’istituto dell’apprendistato” e euro 9.440,75 attribuibili alla mancata considerazione degli accessori delle indennità ad personam e di funzione spettanti al personale addetto al servizio).

In via ulteriormente subordinata, la ricorrente chiede l’annullamento dell’intera gara a causa della contraddittorietà tra i punti 3 e 17 del disciplinare (si tratta della previsioni relative alla inammissibilità del ribasso dei costi di manodopera) e il contenuto del modulo dell’offerta economica (allegato n. 4 al disciplinare) che prescrive l’indicazione del ribasso “… sull’importo complessivo posto a base di gara, al netto di Iva, nonché degli oneri per la sicurezza dovuti a rischi da interferenze”; la ricorrente sostiene che il modulo, non precisando che il ribasso percentuale avrebbe dovuto riferirsi all’importo a base di gara depurato anche dei costi della manodopera (questa precisazione, infatti, è stata fornita solo con i chiariment1 nn. 12 e 30 reso in sede di gara), avrebbe generato una “incertezza sulla possibilità di ribassare i costi della manodopera”. Questa situazione di incertezza sarebbe dimostrata: a) dalla circostanza che alcuni concorrenti (segnatamente quelli collocati ai primi otto posti della graduatoria) hanno offerto ribassi elevatissimi (da 80% a 100%), mentre gli altri (cioè quelli collocati dall’ottavo al diciannovesimo posto) hanno offerto ribassi molto contenuti (da 0,73% al 26,71%); la ricorrente sostiene che i primi hanno evidentemente fatto riferimento all’importo ribassabile di euro 60.000 mentre gli altri hanno fatto riferimento all’intero importo a base di gara; peraltro la commissione di gara ha trattato tutte le offerte “allo stesso modo, applicando indiscriminatamente tutti i ribassi alla sola parte ribassabile”; b) dalla circostanza che la stessa stazione appaltante – resasi conto della possibilità che i concorrenti indicassero nell’offerta economica “un ribasso dell’importo complessivo e/o sui soli costi di gestione” e di una possibile “difficoltà operativa di applicazione del punteggio economico da parte della Commissione giudicatrice” – ha fatto ricorso a un parere legale per valutare se conservare o annullare/revocare la gara (il parere ha concluso nel senso della non opportunità dell’annullamento).

In definitiva, la ricorrente sostiene che per fatto della stazione appaltante si è determinata “una grave confusione” che ha “portato alcuni Operatori (tra cui la stessa ricorrente) a integrare il modulo di offerta per escludere la manodopera dall’importo ribassabile e altri Operatori a seguire alla lettera il modulo, così ribassando anche sulla manodopera”. Puntualizza la ricorrente che “l’offerta di Dussmann è ancora diversa perché quest’ultima pur applicando il ribasso alla sola parte ribassabile ha poi ribassato autonomamente anche il costo della manodopera, come dimostrato dall’importo di aggiudicazione (€ 2.144.901,53), che è inferiore al costo della manodopera non ribassabile (€ 2.290.000,00)”.

La ricorrente conclude, quindi, chiedendo l’annullamento – in via principale - della mancata esclusione della Dussmann, oltre al risarcimento del danno (in via principale in forma specifica, mediante declaratoria del suo diritto all’aggiudicazione, dichiarazione di inefficacia del contratto eventualmente stipulato e ordine di subentro nel rapporto, e, in via subordinata, mediante equivalente monetario); in caso di mancato accoglimento della domanda proposta in via principale, la ricorrente chiede in via subordinata l’annullamento dell’intera gara; essa, inoltre, chiede l’accertamento dell’illegittimità del diniego di accesso all’offerta tecnica dell’aggiudicataria e la condanna della stazione appaltante a esibirla in copia integrale.

L’amministrazione e la Dussmann Service s.r.l. si sono costituite in giudizio e resistono al ricorso. Esse rappresentavano sviluppi ulteriori della vicenda e, in particolare, che:

1) in data 28 febbraio 2025 l’aggiudicataria aveva presentato una istanza alla stazione appaltante in cui aveva chiesto la rettifica dell’atto di aggiudicazione in quanto inficiato da un errore materiale; in particolare era fatto presente che: 1a) Dussmann – in coerenza con la normativa di legge e con la lex specialis di gara –aveva offerto l’importo di euro 2.290.239,80, risultante dalla somma degli oneri di manodopera e degli oneri di sicurezza (non ribassabili) e del ribasso del 99,99% dell’importo di gara soggetto a ribasso di euro 60.000 (2.290.000,00 + 233,80 + 6 = 2.290.239,80); 1b) l’indicazione in euro 2.144.665,51 dei costi interni di manodopera nel modulo dell’offerta economica non costituiva “esplicazione dell’offerta del candidato” ma costituiva “solo uno degli elementi che la compone, che deve essere scorporato in ossequio a quanto previsto dall’articolo 108, comma 9 d.lg. 36/2003”; 1c) di conseguenza l’importo contrattuale indicato nel decreto rettorale di aggiudicazione in euro 2.144.901,53 avrebbe dovuto essere rettificato in euro 2.290.239,80 corrispondente all’effettivo importo offerto da Dussmann;

2) l’istanza di rettifica era stata accolta e, con decreto rettorale n.181 del 3 marzo 2025, il provvedimento di aggiudicazione era stato rettificato in conformità a quanto richiesto.

In data 13 marzo 2025 Dussmann notificava e depositava un ricorso incidentale con il quale impugnava la lex specialis di gara (in particolare gli articoli 3 e 17 del disciplinare di gara e i chiarimenti nn. 12, 30 e 32 forniti in corso di gara dalla stazione appaltante, ove essi fossero interpretati nel senso di legittimare l’esclusione dalla gara di concorrenti che nella propria offerta economica avessero indicato costi interni della manodopera inferiori a quelli stimati dalla stazione appaltante); in sostanza Dussmann – ribadito che il ribasso da essa offerto del 99,99% si riferiva all’importo a base di gara al netto sia degli oneri di scurezza che dei costi di manodopera indicati nella lex specialis (euro 60.000) – evidenziava che l’indicazione nell’offerta economica di costi di manodopera inferiori a quelli stimati dalla stazione appaltante è pienamente legittima, dato che è ammessa dall’articolo 41, comma 14, d.lg. 31 marzo 2023, n. 36 (secondo cui “nei contratti di lavori e servizi, per determinare l'importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l'ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall'importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l'operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell'importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”); d’altro lato gli articoli 108, comma 9, e 110, comma 1, d.lg. n. 36 confermano la necessità della indicazione dei costi interni della manodopera (la prima disposizione infatti prevede l’obbligo di indicare nell’offerta “a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro …” e la seconda dispone che sia eseguita la valutazione di congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità della migliore offerta “che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa”); queste disposizioni confermano la possibilità che i costi di manodopera dichiarati possano risultare inferiori a quanto stimato dalla stazione appaltante; e infatti, se così non fosse, esse sarebbero “svuotate” di significato, dato che non avrebbe senso obbligare il concorrente a indicare i propri costi della manodopera se questi non potessero essere diversi e eventualmente inferiori a quelli stimati dalla stazione appaltante e indicati dalla lex specialis. Del resto – conclude l’aggiudicataria – in questo senso è orientata la giurisprudenza.

In data 21 marzo 2025 la ricorrente principale depositava una dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse alla istanza di accesso contenuta nel proprio ricorso (motivata dalla circostanza che tra la ricorrente principale e l’aggiudicataria-ricorrente incidentale era intervenuto un accordo in forza del quale esse consentivano l’ostensione integrale delle rispettive offerte tecniche).

In data 3 aprile 2025 la GSA notificava e depositava un primo atto recante motivi aggiunti col quale impugnava il decreto rettorale del 3 marzo 2025 sopra citato (cioè il provvedimento recante la rettifica dell’importo dell’aggiudicazione), denunciandone l’illegittimità: a) per violazione delle garanzie procedimentali, nel senso che tale provvedimento, che concreterebbe una nuova aggiudicazione, non è stato preceduto da avviso nei propri confronti, nonostante essa avesse un preciso interesse a interloquire nel relativo procedimento sia quale partecipante alla gara (seconda classificata) che come ricorrente in sede giurisdizionale contro il provvedimento rettificato; b) per difetto di presupposti, dato che la rettifica è possibile solo in presenza di un errore materiale cioè “di vizi formali e facilmente riconoscibili che non alterano il contenuto sostanziale dell’atto e che possono derivare da grossolani errori di calcolo, refusi o errori di trascrizione di nomi, cifre o date”, mentre nel caso in esame la questione attiene alla corretta interpretazione dell’impegno negoziale; sul punto viene evidenziato che di questo presunto errore materiale la Dussmann si sarebbe resa conto solo a distanza di 49 giorni dal provvedimento di aggiudicazione e di svariati mesi dal procedimento di anomalia nel contesto del quale i giustificativi presentati da Dussmann risultavano “coerenti con l’importo di aggiudicazione inizialmente indicato in tutti i provvedimenti della Stazione Appaltante e non anche con l’importo ora rettificato; il che esclude che si possa parlare di mero errore materiale ma, piuttosto, di una diversa interpretazione del valore dell’offerta, tardivamente fatto valere da Dussmann”.

In via subordinata, GSA riproponeva, integrandoli, i motivi del ricorso principale.

Il 18 aprile 2025, Dussmann ha notificato e depositato motivi aggiunti al proprio ricorso incidentale in sostanza denunciando che l’offerta della ricorrente principale è incapiente e inattendibile e quindi tale da dover essere esclusa. In pratica Dussmann premette che GSA ha formulato una offerta di euro 2.299.900, dato che ha offerto un ribasso dell’83,50% dell’importo ribassabile di euro 60.000 (corrispondente a euro 9.900); dopo aver evidenziato che GSA nella propria offerta ha dichiarato un costo della manodopera di euro 2.290.000 e oneri di sicurezza interna di euro 9.900, essa denuncia che, di conseguenza, l’offerta della ricorrente principale è non solo priva di utile ma tale da non coprire alcun costo diverso dagli oneri di manodopera (per es. costi per attrezzature e divise, costi per la formazione del personale, spese generali e amministrative, spese per le migliorie offerte in gara e spese per “attrezzature, mezzi e forniture aggiuntive”).

In data 30 aprile 2025 GSA ha notificato e depositato una nuova istanza incidentale di accesso per chiedere la condanna della stazione appaltante – previa declaratoria di illegittimità del silenzio da essa serbato sulla istanza presentata il 27 marzo 2025 - all’esibizione di copia del “Verbale del Consiglio di Amministrazione dell’adunanza del 26 marzo 2025” e della/e “Delibera/e assunta/e dal Consiglio di Amministrazione all’esito dell’adunanza del 26 marzo 2025 relativa/e alla ratifica del D.R. prot. 18221 del 3.3.2025e a ogni altra questione afferente l’affidamento della procedura di gara indicata in oggetto”.

Infine in data 9 maggio 2025 GSA ha notificato e depositato ulteriori motivi aggiunti con cui ha sostanzialmente integrato alcune delle censure già prospettate in sede di ricorso principale e di primi motivi aggiunti alla luce di quanto sostenuto dalla stazione appaltante e da Dussmann nelle proprie difese, ulteriormente argomentando in merito alla non sostenibilità della offerta dell’aggiudicataria e della sua non corrispondenza a quanto richiesto dal bando e insistendo per l’esibizione del verbale del c.d.a. del 26 marzo 2025.

Ai fini della migliore comprensione delle ragioni della decisione è opportuno premettere in punto di fatto che:

1) come accennato, la lex specialis fissava in euro 2.350.233,80 l’importo complessivo a base di gara, indicando in euro 233,80 gli “oneri per la sicurezza da interferenze non soggetti a ribasso” e in euro 1.145.000, “con riferimento alle tabelle ministeriali applicabili per la Campania”, i costi (annui) per la manodopera, con espressa indicazione che tali costi non fossero “soggetti a ribasso” e che il CCNL di riferimento fosse il “CCNL Multiservizi”;

2) il modulo dell’offerta economica allegato al disciplinare di gara richiedeva l’indicazione di tre “voci”: alla lettera a), il ribasso percentuale “sull’importo complessivo posto a base di gara, al netto di IVA, nonché degli oneri per la sicurezza dovuti a rischi di interferenze”; alla lettera b), la “stima” dei costi aziendali relativi alla salute e alla sicurezza sui luoghi di lavoro; alla lettera c), la “stima” dei costi della manodopera;

3) entrambe le parti hanno dimostrato di essere consapevoli che il “ribasso percentuale” andasse calcolato al netto non solo “di IVA, nonché degli oneri per la sicurezza dovuti a rischi di interferenze”, ma anche dei costi della manodopera (come del resto la stessa stazione appaltante aveva indicato ai concorrenti nelle risposte ai quesiti e, in particolare, rispondendo al quesito D12 ove era espressamente affermato che l’imporro ribassabile ammontava a 60.000 euro);

4) infatti, tanto GSA quanto Dussmann integravano la lettera a) del modulo riferendo la percentuale di ribasso offerta (anche) ai costi della manodopera (oltre che a IVA e oneri da rischi di interferenze) e indicavano nelle lettere b) e c) la “stima” dei propri oneri per la salute e sicurezza dei lavoratori (rispettivamente euro 9.900 e euro 30.360) e la “stima” dei costi della manodopera (rispettivamente euro 2.290.000 e euro 2.144.666,51);

5) di conseguenza, l’importo offerto da Dussmann risulta di euro 2.290.239,80, pari alla somma di euro 6, corrispondente allo 0,0001% dell’importo di euro 60.000 soggetto a ribasso, di euro 233,80 (oneri per la sicurezza da rischi interferenziali non ribassabili) e euro 2.290.000 (oneri per manodopera non ribassabili); analogamente l’offerta di GSA è di euro 2.300.133,80, pari alla somma di euro 9.900, corrispondente al 16,50% dell’importo di euro 60.000 soggetto a ribasso e degli oneri non ribassabili per la sicurezza da rischi interferenziali di euro 233,80 e per manodopera di euro 2.290.000;

6) da quanto precede risulta, quindi, che il provvedimento di aggiudicazione definitiva del 10 gennaio 2025 è effettivamente inficiato da un errore, perché Dussmann non aveva affatto offerto l’importo di euro 2.144.901,53, come erroneamente ritenuto dalla Stazione appaltante nell’originario provvedimento di aggiudicazione; va osservato, peraltro, che dagli atti del procedimento risulta che questo errore si è palesato per la prima volta nella delibera del 30 ottobre 2024 con la quale il c.d.a. dell’Università ha preso atto degli esiti della gara e del procedimento di verifica dell’offerta di Dussmann e accolto la proposta del r.u.p. (formulata il 10 ottobre 2024) di aggiudicazione (provvisoria) della gara; è opportuno precisare che la nota del r.u.p. del 10 ottobre 2024 non reca, però, l’indicazione dell’importo complessivo offerto da Dussmann ma solo dei costi di manodopera e di sicurezza del personale oggetto del procedimento di verifica; alla nota erano allegati gli atti del procedimento di verifica che parimenti non contengono l’indicazione dell’ammontare dell’offerta;

7) non risulta che alla Dussmann la delibera del 30 ottobre 2024 fosse stata comunicata e, quindi, può presumersi che essa abbia avuto la possibilità di rendersi conto dell’errore citato solo a seguito della comunicazione del decreto rettorale di aggiudicazione definitiva del 10 gennaio 2025; di fatto, come già rilevato, la Dussmann ha presentato l’istanza di rettifica del provvedimento di aggiudicazione solo in epoca successiva alla notificazione del ricorso, cioè il 28 febbraio 2025.

Tutto ciò premesso, può osservarsi che il ricorso principale – e in particolare il primo motivo - si basa sul presupposto che l’offerta economica della Dussmann fosse di euro 2.144.901,53, come risulta dal provvedimento di aggiudicazione del 10 gennaio 2025.

Tale presupposto tuttavia è inesatto perché – come si desume inequivocamente dal modulo offerta presentato dalla Dussmann - la sua offerta era di euro 2.290.239,80 (i dati numerici sono stati già indicati e quindi è inutile ripeterli); e infatti il provvedimento di aggiudicazione del 10 gennaio 2025 è stato “rettificato” con il decreto rettorale del 3 marzo 2025 (successivamente ratificato dal c.d.a.), avendo preso atto la stazione appaltante dell’errore compiuto a seguito della istanza presentata dalla Dussmann del 28 febbraio 2025.

Occorre quindi stabilire se questa operazione (cioè la rettifica dell’aggiudicazione) fosse ammissibile e legittima.

La ricorrente principale nei propri (primi) motivi aggiunti sostiene che la rettifica sia illegittima non sussistendone i presupposti, cioè un “errore materiale” riconoscibile come tale; la sua tesi è che non vi sia alcun errore materiale ma che in realtà la stazione appaltante abbia diversamente interpretato, ex post, l’offerta economica della Dussmann; si sostiene, quindi, che questa operazione sia illegittima in primo luogo perché non sarebbe “possibile utilizzare lo strumento della rettifica per addivenire a una diversa interpretazione di una stessa offerta economica” e che “il fatto stesso che la medesima offerta economica possa prestarsi a due o più interpretazioni priva detta offerta della sua caratteristica essenziale e qualificante, ossia la certezza e determinatezza”; tutto ciò, nella prospettazione della ricorrente principale, sarebbe confermato dalle circostanze che: a) il presunto errore materiale è stato varie volte reiterato dato che esso si ritrova in vari atti del procedimento a partire dalla delibera del c.d.a. del 30 ottobre 2024; b) di esso la stazione appaltante non si è mai resa conto, avendo attivato il procedimento di rettifica su sollecitazione della Dussmann; c) la rettifica è stata richiesta con abnorme ritardo, dato che la Dussmann ha richiesto di rettificare il presunto errore solo dopo la notifica del ricorso e quindi a notevole distanza di tempo dalla comunicazione dell’aggiudicazione; d) l’ammontare di 2.290.239,80 non è indicato in alcun documento o atto del procedimento mentre l’importo originario sarebbe stato indicato nella nota del r.u.p. del 10 ottobre 2024; e) se errore vi fosse stato, esso sarebbe emerso nel corso del procedimento di verifica dell’anomalia e la circostanza che così non sia conferma che – essendo i giustificativi dell’offerta coerenti con “l’importo di aggiudicazione inizialmente indicato in tutti i provvedimenti della Stazione Appaltante e non anche con l’importo ora rettificato” – non vi sia stato alcun errore materiale ma “una diversa interpretazione del valore dell’offerta, tardivamente fatto valere da Dussmann”.

Ad avviso del Collegio la rettifica risulta legittima; come già rilevato, che l’offerta economica di Dussmann non fosse di euro 2.144.901,53 ma di euro 2.290.239,80 risulta oggettivamente e univocamente dal modulo offerta da essa presentato; da questo modulo (il cui schema effettivamente è stato mal congegnato dato che non richiedeva l’indicazione del complessivo importo offerto ma solo della percentuale di ribasso dell’importo suscettibile del ribasso stesso e della stima dei costi di manodopera e dei costi interni di sicurezza senza precisare che il ribasso avrebbe dovuto essere formulato al netto – oltre che di IVA e degli oneri interferenziali – anche dei costi di manodopera) si ricava con una semplice operazione di calcolo che l’importo complessivo offerto era effettivamente di euro 2.290.239,80. Non potrebbe in contrario ritenersi che l’ammontare complessivo offerto dovesse individuarsi nella somma dell’importo ribassabile al netto del ribasso offerto maggiorato degli oneri interferenziali e dei costi di manodopera stimati dal concorrente (cioè della somma indicata al punto c) del modulo offerta); l’indicazione nel modulo dell’offerta dei costi della manodopera da parte dei concorrenti, infatti, non ha la funzione di integrare un elemento dell’offerta (perché, se così fosse, sarebbe violata la norma che stabilisce che i costi della manodopera devono essere scorporati dall’ammontare a base d’asta e sarebbero oggetto di un ribasso diretto e non percentuale); l’indicazione in questione, non diversamente dall’indicazione dei costi interni per la sicurezza, ha invece la diversa funzione – confermata dal comma 9 dell’articolo 108 e dall’articolo 110 del d.lg. n. 36 citato – di assoggettare a verifica il concorrente che, nello stimare i propri costi della manodopera, abbia indicato un costo inferiore a quello stimato dalla stazione appaltante in sede di determinazione dell’importo dell’appalto; in pratica, l’effetto di queste norme è quello di vietare un ribasso per così dire “diretto” dei costi della manodopera (nel senso che la stima dei costi di manodopera richiesta in sede di formulazione dell’offerta economica non integra quest’ultima) e di consentire, attraverso l’indicazione di un costo inferiore (che può essere giustificato da una maggiore efficienza aziendale e/o dalla circostanza che il concorrente benefici di particolari agevolazioni etc. …), una sorta di ribasso “indiretto” da assoggettare a verifica; in questo senso si è espressa la giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui “sulla base del combinato disposto degli artt. 41, comma 14, 108, comma 9, e 110, comma 1, del D.Lgs. n. 36 del 2023, deve ritenersi che, per l'operatore economico che applichi il ribasso anche ai costi della manodopera, la conseguenza non è l'esclusione dalla gara, ma l'assoggettamento della sua offerta alla verifica dell'anomalia: in quella sede l'operatore economico avrà l'onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, oltre il rispetto dei minimi salariali. Tale interpretazione del dettato normativo consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera, che costituisce la ratio della previsione dello scorporo dei costi della manodopera, con la libertà di iniziativa economica e d'impresa, costituzionalmente garantita, la quale, nel suo concreto dispiegarsi, non può che comportare la facoltà dell'operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l'importo rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante negli atti di gara. Solo seguendo tale impostazione si spiega anche l'obbligo del concorrente di indicare i propri costi della manodopera, a pena di esclusione dalla gara (art. 108, comma 9 del D.Lgs. n. 36 del 2023), previsione che sarebbe evidentemente superflua se i costi della manodopera non fossero ribassabili, e il successivo art. 110, comma 1, che include i costi della manodopera dichiarati dal concorrente tra gli elementi specifici, in presenza dei quali la stazione appaltante avvia il procedimento di verifica dell'anomalia” (Consiglio di Stato, sez. V, 19 novembre 2024, n. 9254).

Non vi è, quindi, una diversa interpretazione dell’offerta (perché diverse interpretazioni, in realtà, non sarebbero nemmeno possibili a fronte di un mero calcolo aritmetico) ma un errore che è stato compiuto e reiterato dalla stazione appaltante a partire dalla delibera del c.d.a. del 30 ottobre 2024. Le circostanze invocate dalla ricorrente principale a sostegno del suo assunto non risultano idonee a dimostrarlo; la circostanza che l’errore risalga alla delibera del 30 ottobre 2024 e sia stato reiterato senza che la stazione appaltante se ne accorgesse risulta scarsamente rilevante come anche la circostanza che sia stata l’aggiudicataria a segnalarlo chiedendone la rettifica; non risulta fondato l’assunto secondo cui l’importo indicato nel provvedimento di aggiudicazione di euro 2.144.901,53 sarebbe stato indicato nella nota del r.u.p. del 10 ottobre 2024; in questa nota, infatti, questo importo non è stato indicato e anzi probabilmente il successivo errore è dipeso proprio dalla circostanza che il r.u.p. si sia limitato a fare menzione dei costi della manodopera e degli oneri di sicurezza interni stimati dall’aggiudicataria e alla relativa verifica senza indicare quale fosse l’importo complessivo offerto; quanto al procedimento di verifica, nei relativi documenti non è indicato l’importo complessivo dell’offerta ma solo l’importo dei costi della manodopera e degli oneri di sicurezza (che sono poi i soli elementi dell’offerta che – evidentemente in ragione del loro rilievo preponderante nell’economia dell’affidamento – sono stati concreto oggetto di verifica); quindi non può ritenersi che gli atti del procedimento di verifica siano coerenti con l’ipotesi che l’importo offerto fosse di euro 2.144.901,53 e non di euro 2.290.239,80. In realtà – se davvero il r.u.p. avesse ritenuto che la Dussmann avesse offerto 2.144.901,53 – l’offerta sarebbe stata presumibilmente considerata anomala dato che, avendo la Dussmann stimato in 30.600 i costi aziendali relativi a salute e sicurezza dei lavoratori, l’importo di 2.144.901,53 sarebbe stato inidoneo a garantire la remuneratività dell’affidamento. L’unico elemento – tra quelli indicati – che risulta singolare è, quindi, il ritardo con cui l’aggiudicataria ha chiesto la rettifica, dovendosi presumere che essa fosse stata in grado di rilevare l’errore sin dal momento in cui le è stata comunicata l’aggiudicazione disposta con il decreto rettorale del 10 gennaio 2025. Tuttavia questo solo elemento non è idoneo a escludere che vi sia stato un mero errore materiale perché che un errore vi sia stato risulta oggettivamente, se si considera il contenuto del modulo recante l’offerta economica della Dussmann.

In questo contesto, la circostanza che del procedimento di rettifica non sia stata edotta la ricorrente mediante apposito avviso, nonostante essa avesse notificato il ricorso il 12 febbraio 2025, risulta giustificato dal rilievo che la rettifica – alla luce dei dati di fatto più volte esposti – costituiva nulla più che un atto dovuto e vincolato.

Da ciò deriva: a) l’improcedibilità del primo motivo del ricorso principale, in quanto basato sul presupposto che la commessa fosse stata aggiudicata per l’importo di euro 2.144.901,53, avendo Dussmann presentato un’offerta che prevedeva il ribasso dei costi della manodopera; come già visto, invece, la Dussmann ha presentato un’offerta che prevedeva il ribasso del 99,99% dell’importo di euro 60.000 soggetto a ribasso e la stima dei costi della manodopera e degli oneri di sicurezza interni, come richiesto dal disciplinare di gara (e dal d.lg. n. 36 del 2023); b) la reiezione delle censure recate nei primi motivi aggiunti relative alla “rettifica”; c) l’inammissibilità del ricorso incidentale, perché a sua volta basato sul presupposto che con il ricorso principale fosse censurata la facoltà (prevista dal disciplinare di gara in aderenza a quanto previsto dal codice degli appalti) di indicare costi della manodopera diversi e inferiori a quelli stimati dalla stazione appaltante e sostenuta la tesi secondo cui un concorrente che tale facoltà avesse esercitato avrebbe dovuto essere automaticamente escluso; in pratica la ricorrente incidentale impugna gli articoli 3 e 17 del disciplinare di gara ove esso fosse interpretato nel senso di “legittimare l’esclusione dalla gara della concorrente che dichiari di avere costi interni della manodopera diversi rispetto a quelli stimati dalla S.A.” ovvero “tutta la lex specialis di gara, ove interpretata nel senso di escludere la partecipazione dei soggetti che abbiano indicato, nell’offerta economica, un costo della manodopera inferiore a quello stimato dalla S.A.”; in realtà il ricorso principale non contesta la possibilità di indicare i costi della manodopera in misura inferiore a quelli stimati dalla stazione appaltante ma si basa sul diverso presupposto (errato per le ragioni già viste e rettificato dal provvedimento del 3 aprile 2025) che l’aggiudicataria avesse fatto un’offerta economica di 2.144.901,53 che implicava il ribasso dei costi della manodopera che il disciplinare (come del resto il codice degli appalti) espressamente considerano non ribassabili, ammettendo e prevedendo solo la possibilità di “dimostrare che il ribasso complessivo dell'importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”. A sua volta il disciplinare di gara si limita a riprodurre le disposizioni del codice degli appalti in punto di indicazione della stima degli oneri di manodopera e dell’inammissibilità di un loro ribasso, salva la facoltà di giustificare la stima di oneri inferiori a quelli stimati dal bando di gara sulla base di una migliore organizzazione aziendale, e quindi non è interpretabile né è stato interpretato nel senso (tuzioristicamente) contestato nel ricorso incidentale.

Può quindi procedersi all’esame dei restanti motivi del ricorso principale e dei motivi aggiunti al ricorso principale relativi alla attendibilità e sostenibilità dell’offerta dell’aggiudicataria.

Come accennato, la tesi della GSA è che:

1) la verifica dell’anomalia operata dalla stazione appaltante sia viziata da carenza d’istruttoria perché essa è stata rivolta solo alla verifica dei costi della manodopera senza considerare in alcun modo gli altri elementi (in particolar modo le varie migliorie proposte e per le quali è stato attribuito punteggio in sede di valutazione del merito dell’offerta tecnica);

2) l’offerta Dussmann sia insostenibile, essendo la stima dei costi della manodopera proposta e giustificata viziata da errori metodologici e sottostime; al riguardo, viene premesso che il capitolato speciale contiene una “clausola sociale” che prescrive l’assorbimento nell’organico del vincitore del personale (26 addetti, di cui 25 con rapporto di lavoro a tempo pieno) già impiegato dal gestore uscente (che è la GSA, cioè la ricorrente stessa) garantendo l’applicazione del CCNL cd. Multiservizi e che la Dussmann nelle sue giustificazioni ha dichiarato “di garantire il mantenimento del numero di unità lavorative attuale e del relativo inquadramento, incluso monte ore, scatti, indennità, ecc.”; in particolare la Dussmann ha dichiarato nei giustificativi del 4 ottobre 2024 “che le 26 unità di cantiere saranno riassorbite alle stesse condizioni contrattuali (livello, qualifica, mansione, monte ore) considerando tutti gli scatti ad personam ed indennità di funzione” e che “Dussmann Service s.r.l., in riferimento ai prospetti relativi alla manodopera presenti a pag. 5 della precedente relazione di giustifica di congruità, ha riepilogato le ore di effettivo lavoro per lo svolgimento del servizio senza prevedere alcun tipo di taglio del personale, senza taglio del monte ore, senza alcun tipo di ridimensionamento del servizio, senza alcuna variazione dei livelli contrattuali”; denuncia la ricorrente che questo impegno è però sconfessato dai prospetti presentati che contemplano un taglio di circa il 19% del monte ore contrattuale di ogni lavoratore da “assorbire”; questa “operazione” viene attuata inserendo per ciascun lavoratore una quota del 19% di “lavoro supplementare” (che in base al CCNL Multiservizi è il lavoro svolto “oltre l'orario di lavoro concordato tra le parti nel contratto individuale ed entro il limite del tempo pieno”; osserva la ricorrente che il lavoro supplementare per sua natura presuppone l’inquadramento del lavoratore “a tempo parziale” ma, dei lavoratori impiegati, 25 sono “a tempo pieno”; in pratica la Dussmann attraverso la previsione delle ore di “lavoro supplementare” (che consente di ottenere minori costi rispetto alle ore ordinarie) opera un taglio del monte ore contrattuale dei lavoratori, così violando la clausola sociale; ciò si tradurrebbe in una sottostima di circa 50.000 euro;

3) sotto diverso profilo, l’offerta conterrebbe una ulteriore sottostima di circa 60.000 euro collegata all’utilizzo per la sostituzione del personale assente per la copertura delle ore aggiuntive offerte di apprendisti; nel quantificare il relativo costo, infatti, la Dussmann non ha considerato l’incidenza nelle ore di assenteismo o comunque nel costo complessivo di ogni risorsa delle ore di formazione obbligatoria (120 ore/anno secondo quanto prevede il CCNL); se si considera questo elemento, il costo orario di ciascun apprendista stimato da Dussmann in euro 13,90 (ipotizzando 1581 ore annue lavorate ) risulta di euro 15,04 (ipotizzando invece un monte ore annuo di 1461 ore pari alla differenza tra il monte ore annuo di 1581 e le 120 ore di formazione obbligatoria), con una differenza di euro 1,14 che darebbe luogo a una sottostima di euro 60.712,86;

4) sotto ulteriore diverso profilo, la ricorrente denuncia un’ulteriore sottostima di 113.823,48 euro in correlazione all’uso di apprendisti; premette la ricorrente che, dalla tabella a pagina 7 delle giustificazioni del 4 ottobre 2024, risulta un numero di 20 apprendisti (su un totale di 46 addetti; a parte il rilievo che ciò costituirebbe un ulteriore “espediente contabile” dell’aggiudicataria e che “un simile dispiegamento di apprendisti non è affatto realistico, e comporterebbe la presenza massiccia e sistematica di risorse non qualificate in servizio, senza il necessario affiancamento e la compresenza di risorse qualificate, tenuto conto che il servizio in appalto prevede la presenza di un solo operatore per postazione”, la ricorrente rileva che il costo delle sostituzioni a mezzo di apprendisti per 53.138,85 ore è stimato in euro 738.629,95 (in base al costo orario di euro 13,90); tuttavia, “volendo considerare (in via prudenziale) che le ore per le sostituzioni (40%) siano ripartite tra apprendisti (10%) e lavoro ordinario (il restante 30%) già si avrebbe nei 24 mesi una (ulteriore) sottostima di € 113.823,48”; in pratica questa cifra si ottiene ipotizzando che, delle 53.138,85 ore per sostituzioni stimate, solo 5.313,89 siano svolte da apprendisti (al costo orario di euro 13,90) e le restanti 47.824,97 siano svolte da personale inquadrato nel secondo livello retribuito al costo orario di euro 16,28 (in pratica 5.313,89 * 13,90 * 47.824,97 = 852.453,43 – 738.629,95 = 113.823,48);

5) ancora, nel quantificare in euro 15.068,16 quanto previsto a titolo di “importo ad personam e indennità di funzione”, la Dussmann ha considerato un ammontare mensile di euro 627,84; questo importo, desunto da una tabella riportata all’articolo 15 del capitolato, “rappresenta la sola quota erogata in busta paga al lavoratore che è poi assoggettata a tredicesima (€ 52,32), quattordicesima (€ 52,32), INPS 30,11% (€ 220,55), INAIL 1,90% (€ 13,92) e TFR (€ 54,26)”; l’importo mensile effettivo quindi sale a euro 1.021,20 con una differenza di euro 393,36 che implica nel biennio una sottostima di euro 9.440,75.

6) infine non è stato considerato il costo per le spese generali, i costi di formazione, il costo delle migliorie offerte e l’utile di impresa.

Nei primi e secondi motivi aggiunti presentati a seguito della conoscenza integrale dell’offerta tecnica dell’aggiudicataria e delle difese di quest’ultima, la ricorrente principale ha infine integrato le censure già proposte deducendo che:

7) l’aggiudicataria non ha giustificato le “ore aggiuntive” senza ulteriori oneri per l’università; si tratta di 9.600 ore annuali di servizio corrispondenti a 12.979 ore annue contrattualizzate; la ricorrente evidenzia che il capitolato stimava in euro 60.000 le ore annuali di servizio; la conseguenza è che Dussmann avrebbe dovuto giustificare costi di manodopera per 69.600 ore annuali di servizio (139.200 ore nel biennio); invece nei giustificativi il monte ore stimato da Dussmann è di 133.162, cosicché risultano “non giustificate” 6.038 ore; ad avviso di GSA, “la mancata giustificazione di tali costi (che la ricorrente ha stimato in ulteriori 97.246,18) non rappresenta solo un problema (ulteriore) di insostenibilità dell’offerta (astrattamente rimediabile in sede di rinnovazione della verifica di congruità) ma comporta, prima ancora, una inammissibile modifica postuma dell’offerta, motivo di esclusione diretta. Infatti, la controinteressata dopo aver presentato una generosa offerta migliorativa, che ha formato oggetto di punteggio premiale per l’elemento di valutazione 4.1 … ha poi disatteso e/o ritrattato tale offerta, come chiaramente risulta dalla giustificazione dei costi, parametrata a un monte-ore, come detto, minore rispetto a quello garantito”;

8) non sono state giustificate le varie prestazioni migliorative offerte in sede di gara pur implicando chiaramente ulteriori costi; la ricorrente menziona “l’installazione in ciascuna sede di pannelli indoor con tecnologia theBreath, l’installazione di sistemi di disinfezione continua dell’ambiente, l’installazione di un software per la gestione centralizzata di strutture dotate di più sedi, la fornitura di uno smartphone di ultima generazione a ciascun operatore in servizio a garanzia di una reperibilità costante, il servizio di gestione informatizzata delle chiavi di accesso ai vari locali e delle chiavi delle automobili di servizio, l’installazione di barriere antisporco adesive presso gli ingressi principali di ciascun immobile, l’installazione di dispositivi sonori sotto ai tappeti, interventi certificati di sterilizzazione tastiere, installazione di dispositivi di tracciabilità bluetooth e di dispositivi antimalore di seconda generazione per lavoro in solitudine, fornitura di totem informativi e di diverse tipologie di contenitori dedicati (per ombrelli, mozziconi, chewing-gum, tappi di plastica…)”, oltre a elementi dell’offerta formativa (per la quale Dussmann ha ottenuto il miglior punteggio) quali la previsione di “corsi di lingua inglese”, “corsi antiterrorismo”, “corso per addetti al primo soccorso” “corso di sensibilizzazione LIS (Lingua Italiana dei Segni)”.

In definitiva la ricorrente sostiene che, anche a voler far riferimento all’importo rettificato di euro 2.290,239,80 (che comporta rispetto ai costi di manodopera dichiarati in sede di offerta di euro 2.144.901,53, una differenza di euro 114.979,49), sta di fatto che questa differenza comunque non può essere invocata per sostenere la sostenibilità dell’offerta, dato che i costi erroneamente valutati e quelli non considerati nei giustificativi ammontano a una cifra superiore di oltre 100.000 euro, il che – anche a non voler ritenere che la aggiudicataria andasse esclusa per aver modificato la sua offerta – ne conferma la sostanziale inattendibilità e non sostenibilità sul piano economico.

Le argomentazioni della ricorrente in merito all’insufficienza dell’istruttoria eseguita per valutare la sostenibilità dell’offerta Dussmann sono, come oltre si vedrà, idonee a dar contezza di effettive sottostime ma queste non sono tali da permettere di ritenere che l’offerta Dussmann risulti manifestamente insostenibile.

Va premesso che – tenuto conto che nell’economia della commessa i costi per la manodopera e i costi per la sicurezza e la salute dei lavoratori hanno un rilievo determinante – non può considerarsi un vizio della verifica che quest’ultima si sia concentrata su queste due voci di costo. Considerato infatti che l’offerta economica della Dussmann è di euro 2.290,239,80 e che essa ha stimato i propri costi di manodopera in euro 2.144.466,51 e i propri costi aziendali per salute e sicurezza in euro 30.600 – tale offerta astrattamente garantirebbe la copertura di ogni altro costo e la garanzia di un utile un importo di euro 115.173,29 (va poi considerato che la cifra di euro 2.144.466,51 comprende una “riserva per maggiori oneri di euro 78.327,36”; cfr. la tabella a pag. 12 dei giustificativi del 4 ottobre 2024). Se quindi la stima di questi costi si fosse dimostrata esatta, l’offerta della Dussmann si sarebbe rivelata congrua, dato che la differenza di euro 115.173,29 (cui dovrebbe aggiungersi la riserva per maggiori oneri di personale sopra citata) costituisce un ammontare chiaramente sufficiente a coprire spese generali, spese per migliorie, etc. e a garantire la remuneratività della commessa.

Per verificare, quindi, se l’offerta in questione risulti insostenibile come denunciato dalla ricorrente occorre che le sottostime (e i costi non considerati) denunciati dalla ricorrente superino quell’ammontare.

Per quanto concerne la questione del ricorso al “lavoro supplementare”, il Collegio condivide le argomentazioni della ricorrente; è incontestato che i lavoratori addetti al servizio che la Dussmann è obbligata a “assorbire” con garanzia del loro attuale inquadramento (si tratta di un impegno espressamente e inequivocamente assunto) siano 26 e che 25 di essi siano lavoratori a tempo pieno; il lavoro supplementare presuppone però che il rapporto di lavoro sia a tempo parziale (e infatti l’articolo 33 del CCNL Multiservizi che lo prevede si riferisce al rapporto di lavoro a tempo parziale); da ciò deriva che, per poter fare ricorso al lavoro supplementare, occorrerebbe che i 25 lavoratori a tempo pieno siano reinquadrati come lavoratori a tempo parziale ma ciò contrasta con l’impegno assunto al mantenimento dell’attuale inquadramento. Da ciò deriva che per 25 dei 26 lavoratori da riassorbire non è possibile il ricorso al lavoro supplementare perché il rapporto di questi lavoratori è a tempo pieno e il loro reinquadramento come lavoratori a tempo parziale (che renderebbe possibile il ricorso al lavoro supplementare) contrasta con gli impegni assunti. Utilizzando i dati della tabella citata ne scaturisce una sottostima di quasi 49.000 euro sul biennio.

Per quanto concerne il ricorso a apprendisti, le argomentazioni della ricorrente non sono invece persuasive; il ricorso a apprendisti è infatti consentito dalla normativa entro limiti che non sono superati nella fattispecie (cfr. articolo 12 CCNL Multiservizi) e la valorizzazione del costo degli apprendisti usando il parametro orario di euro 13,90 trova puntuale riscontro nella tabella relative al costo della manodopera in Campania (allegata ai giustificativi).

È invece persuasivo il rilievo relativo alla sottostima delle indennità ad personam e di funzione per non aver considerato tredicesima e quattordicesima mensilità, contributi INPS e INAIL e TFR; Dussmann nelle proprie difese asserisce che la sua stima sarebbe persino prudenziale in quanto i cd. superminimi individuali e l’indennità di funzione sono considerati assorbibili nei futuri incrementi retributivi e essa avrebbe operato la propria quantificazione “considerando gli aumenti retributivi previsti dall’adeguamento del CCNL, somme che dovrebbero assorbire in parte qua il superminimo”; va osservato in contrario che i superminimi sono assorbibili a condizione che ciò sia previsto dagli accordi individuali che li riconoscono e nel caso all’esame ciò non risulta.

Per quanto concerne le migliorie offerte, risulta abbastanza evidente che la “partita” più rilevante è costituita dalle ore aggiuntive offerte in misura di 9.600 in ragione d’anno (quindi 19.200 nel biennio) che, secondo la prospettazione della ricorrente, non sarebbero state in alcun modo considerate e che, ove lo fossero state, avrebbero implicato un costo aggiuntivo di 97.246,18 euro (in sostanza questa cifra corrisponde a 6.038 ore, avendo Dussmann, a fronte di un monte ore stimato dalla stazione appaltante di 120.000 quantificato il proprio costo della manodopera facendo riferimento a 133.162 ore; in pratica 120.000 + 19.200 – 133.162 = 6038).

A questo riguardo va osservato che il capitolato speciale di appalto indica effettivamente in 60.000 ore annue il monte ore annuo presunto per le prestazioni da garantire (peraltro nei chiarimenti la stazione appaltante aveva specificato che il monte ore di 120.000 non fosse un monte ore minimo da espletare); però, come osservato dalla Dussmann, dalla tabella relativa ai monte-ore dei lavoratori attualmente impegnati nel servizio risulta un monte ore annuo di 52.908 (e quindi di 105.816 ore nel biennio); il monte ore annuo di 60.000 indicato nel capitolato speciale non può quindi essere considerato vincolante per il concorrente, costituendo invece una stima di massima ampiamente prudenziale, per cui la circostanza che le giustificazioni presentate facciano riferimento a un monte ore di 133.162 non permette di affermare con sicurezza che non siano state giustificate 6.038 ore con le implicazioni indicate in punto di maggiori costi. Se il monte ore reale fosse infatti quello di 105.816 risultante dalla tabella relativa alle ore lavorate dagli attuali addetti, la stima di 133.162 di Dussmann risulterebbe persino eccessiva e prudenziale (e lo stesso accadrebbe se il monte ore reale fosse una media tra quello stimato nel bando di gara e quello risultante dal monte ore lavorato dagli attuali addetti). In definitiva l’aver giustificato i costi della manodopera usando il parametro di 133.162 ore non risulta manifestamente irragionevole o incongruo o in contrasto coi dati forniti ai concorrenti, anche tenendo conto che le ore aggiuntive sono solo eventuali. Sotto diversa prospettiva può dirsi che la stima delle ore operata dall’aggiudicataria non risulta manifestamente incongrua scontando al massimo l’assunzione di un ragionevole rischio d’impresa.

Alla luce di quanto precede la conclusione è che le giustificazioni presentate da Dussmann sono sottostimate per un importo di circa 60.000 euro e sono quindi tali da trovare capienza nella riserva che la stessa aggiudicataria ha indicato che è di circa 76.000 euro.

Se quindi si considera che, come sopra rilevato e ove i costi di manodopera indicati da Dussmann fossero risultati attendibili, ne sarebbe risultata una differenza rispetto all’importo dell’aggiudicazione di 115.173,29 euro, risulta confermata la correttezza della scelta della stazione appaltante di chiedere la giustificazione dei soli costi di manodopera e per salute e sicurezza dei lavoratori, perché l’importo differenziale di 115.173,29 euro è all’evidenza sufficiente ad assicurare sia la copertura di spese generali e costi delle (altre) migliorie offerte che un utile d’impresa.

Per quanto concerne le censure proposte in via subordinata e preordinate a ottenere l’annullamento dell’intera gara, esse sono infondate. Senza ripetere quanto già rilevato in merito al regolamento di gara e alla sua corrispondenza a quanto previsto dal d.lg. n. 36 del 2023 in punto di formulazione dell’offerta economica e di oneri ribassabili, va osservato che – anche se si volesse ammettere che il fac simile di modulo dell’offerta economica, per il fatto di non indicare che il ribasso andava ragguagliato all’importo posto a base di gara al netto (non solo) degli oneri interferenziali (ma anche) ai costi della manodopera, fosse idoneo a indurre in errore i concorrenti (nonostante nella risposta alle richieste di chiarimenti D12 e D30 fosse stato esplicitamente affermato che il ribasso dovesse essere formulato anche al netto dei costi della manodopera stimati e che pertanto l’importo ribassabile risultava di euro 60.000) – sta di fatto che sia la ricorrente che l’aggiudicataria hanno mostrato con la loro offerta (espressamente formulando il ribasso al netto anche dei costi della manodopera) di aver esattamente compreso quale fosse il regolamento di gara; insomma né la ricorrente né l’aggiudicataria sono stati tratti in errore e quindi nessuna lesione dell’interesse della ricorrente principale sotto questo specifico profilo vi è stata; l’unico errore, poi rettificato, l’ha compiuto la stazione appaltante in sede di aggiudicazione; la circostanza che anche alcuni concorrenti possano essere stati tratti in errore è invece irrilevante, nel senso che, ove confusione e errore vi fossero stati, questi concorrenti avrebbero avuto l’onere di dolersene a tutela dei propri interessi.

Quanto, infine, alla istanza di accesso incidentale alla delibera del c.d.a. dell’Università del 26 marzo 2025 essa risulta improcedibile in quanto la delibera in questione – che si limita a una mera ratifica del decreto rettorale di rettifica del 3 marzo 2025 senza aggiungere ulteriori elementi o contenuti – è stata trasmessa alla ricorrente.

Conclusivamente il ricorso principale è in parte improcedibile e in parte infondato; parimenti infondati sono i primi e i secondi motivi aggiunti. L’infondatezza delle domande della ricorrente principale comporta l’inammissibilità del ricorso incidentale e l’improcedibilità dei motivi aggiunti ad esso.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Il contributo unificato, anche quanto al ricorso incidentale e relativi motivi aggiunti, resta a carico delle parti che l’hanno anticipato.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sede di Napoli, sezione V, definitivamente pronunciandosi sul ricorso principale e sui motivi aggiunti, sul ricorso incidentale e sui relativi motivi aggiunti, così dispone; in parte dichiara improcedibile e in parte respinge il ricorso principale; respinge i primi e secondi motivi aggiunti al ricorso principale; dichiara improcedibili le istanze incidentali di accesso; dichiara inammissibile il ricorso incidentale e improcedibili i relativi motivi aggiunti.

Condanna GSA – Gruppo Servizi Associati S.p.A. al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro cinquemila, oltre accessori di legge, a favore di ciascuna parte resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:

Maria Abbruzzese, Presidente

Davide Soricelli, Consigliere, Estensore

Fabio Maffei, Primo Referendario