Tar Piemonte, Sez. I, ordinanza 28 gennaio 2014, n. 161

 

Tar Piemonte, Sez. I, ordinanza 28 gennaio 2014, n. 161

Presidente Balucani; Estensore Malanetto

 

Devono essere rimessi al giudice comunitario i seguenti quesiti:

1)“Dica la Corte di Giustizia se il diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici – nel caso in esame, trattandosi di contratti esclusi, i principi generali di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità – osti ad una normativa nazionale che permetta l’affidamento diretto del servizio di trasporto sanitario ad associazioni di volontariato prevalentemente organizzate in base a prestazioni d’opera non retribuita ed a fronte di un genuino rimborso spese”;

2) Ove siffatta tipologia di affidamento venga ritenuta compatibile con il diritto comunitario, dica la Corte di Giustizia se occorra una preventiva comparazione di offerte provenienti da più operatori omogenei (eventualmente anche comunitari) e titolati all’affidamento diretto, onde limitare il rischio dell’esposizione di costi inefficienti o non congrui, e se pertanto in tal senso debba essere interpretata la normativa nazionale che consente l’affidamento diretto;

3) Ove siffatta tipologia di affidamento venga ritenuta compatibile con il diritto comunitario dica la Corte di Giustizia se le associazioni di volontariato titolari di affidamenti diretti debbano essere soggette a precisi limiti percentuali di parallelo accesso al mercato, e se pertanto in tal senso debba essere interpretata la disposizione nazionale che prescrive la marginalità delle attività commerciali di queste associazioni.

BREVI ANNOTAZIONI

 

  • L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

 

Nel rimettere al Giudice comunitario ex art. 267 TFUE la questione dell’ammissibilità, nei settori esclusi, dell’affidamento diretto in convenzione ad associazioni di volontariato del servizio di trasporto sanitario, il Tar Piemonte effettua un’attenta ricognizione delle norme e dei principi nazionali e comunitari di settore, anche alla luce degli obiettivi delle nuove direttive appalti e, in chiusura, prospetta una soluzione espressamente ispirata al “contemperamento dei principi ed interessi” coinvolti: da un lato, la primaria esigenza di tutela della concorrenza; dall’altro, la parimenti rilevante opportunità di conservare l’attuale assetto strutturale e funzionale delle organizzazioni di volontariato e dei loro rapporti con l’amministrazione sanitaria.

 

  • IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

 

Alcune imprese commerciali del settore dei servizi di autonoleggio e taxi insorgono dinanzi ai Giudici piemontesi denunciando la violazione della normativa nazionale e comunitaria di evidenza pubblica riveniente dal provvedimento di un’ASL torinese, che aveva affidato in via diretta, mediante convenzione, il servizio di trasporto sanitario (trasporto d’urgenza in ambulanza) in favore di associazioni di volontariato.

Rilevata, con l’ordinanza di sospensione del giudizio, la necessità di acquisire dalla Corte di Giustizia una “valutazione completa della compatibilità comunitaria della normativa” di settore, nell’ordinanza in commento i Giudici piemontesi si soffermano anzitutto sul quadro normativo nazionale e regionale di riferimento.

Viene così evidenziato il “ruolo attivo nell’ambito delle prestazioni sanitarie” svolto dalle organizzazioni di volontariato, le quali – in attuazione dei principi di solidarietà e sussidiarietà recati rispettivamente dagli artt. 2 e 118 Cost. – “possono concorrere ai fini istituzionali del servizio sanitario nazionale” (art. 1 legge 23 dicembre 1978, n. 833), tra l’altro stipulando con le ASL apposite convenzioni per disciplinare l’erogazione delle prestazioni sanitarie affidate, con previsione di controlli sulla gratuità delle prestazioni medesime ed indicazione delle modalità di rimborso delle spese (art. 45 legge n. 833/1978; artt. 3, 5 e 7 legge 11 agosto 1991, n. 266). Nei medesimi sensi dispone la L.R. Piemonte 29 agosto 1994, n. 38.

Ai sensi dell’art. 3 legge n. 266/1991, le organizzazioni di volontariato, indipendentemente dalla forma giuridica assunta, devono indefettibilmente possedere i requisiti dell’assenza di finalità lucrativa e della prevalente gratuità delle prestazioni degli aderenti; il successivo art. 5 prevede, inoltre, che le stesse possano svolgere “attività commerciali e produttive marginali”.

Il Tar procede, quindi, ad un’articolata rassegna dei principi comunitari pertinenti, individuandoli non solo nella tutela della concorrenza, ma altresì nella tutela della salute e nel rispetto dell’autonomia degli Stati membri in materia di organizzazione dei servizi sanitari.

In particolare, quanto al profilo oggettivo della natura del servizio, l’ordinanza precisa preliminarmente che il trasporto d’urgenza in ambulanza, sicuramente rientrante nel genus dei servizi di interesse generale, è figura “di confine” tra i servizi commerciali e quelli privi di rilievo economico. Viene quindi richiamata la direttiva appalti approvata il 15 gennaio 2014, ove si puntualizza che “la presente direttiva non dovrebbe applicarsi a taluni servizi di emergenza se effettuati da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro, in quanto il carattere particolare di tali organizzazioni sarebbe difficile da preservare qualora i prestatori di servizi dovessero essere scelti secondo le procedure di cui alla presente direttiva” e chei servizi di trasporto in ambulanza non dovrebbero essere esclusi”, ma “soggetti al regime speciale previsto per i servizi sociali e altri servizi specifici (regime alleggerito)”.

Con riferimento al profilo soggettivo della questione, rileva il Tar che – secondo consolidato orientamento del Giudice comunitario – “l’assenza di fini di lucro non esclude che siffatte associazioni [di volontariato] esercitino un’attività economica e costituiscano imprese ai sensi delle disposizioni del Trattato relative alla concorrenza”, e la circostanza che tali associazioni “possano presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli di altri offerenti non impedisce loro di partecipare alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici” (sentenza 29 novembre 2007, in causa C-119/06). Infine, quanto alla nozione di “onerosità” del contratto di appalto, si richiama la recente sentenza 19 dicembre 2012, in C-159/11, ove è affermato che “un contratto non può esulare dalla nozione di appalto pubblico per il solo fatto che la remunerazione in esso prevista sia limitata al rimborso delle spese sostenute per fornire il servizio”.

Infine, nel paragrafo dedicato al “contemperamento principi ed interessi”, i Giudici piemontesi ritengono che, sulla scorta del necessario coordinamento dei principi di tutela della concorrenza con le specifiche esigenze del settore sanitario, pure contemplate e salvaguardate a livello comunitario, “residui un margine di compatibilità con l’ordinamento comunitario di un convenzionamento con associazioni di volontariato” nell’ambito del servizio sanitario nazionale.

Difatti, secondo il Tar, se è “vero che le associazioni di volontariato sono state astrattamente ammesse a concorrere alle gare pubbliche in quanto ‘operatori economici’, ciò tuttavia non implica un corrispondente obbligo delle stesse di comportarsi come tali in ogni circostanza, né tanto meno comporta che l’attività commerciale sia la loro ragione di essere”, tanto più in quanto, secondo la normativa nazionale, l’attività commerciale è facoltativa e deve essere in ogni caso marginale. Ne consegue che, prestando il servizio dietro mero (e “genuino”) rimborso spese, l’associazione di volontariato opererebbe al di fuori dell’ambito commerciale, risultando con ciò giustificate le deroghe all’evidenza pubblica.

Rimarrebbe comunque ferma la necessità di una procedura comparativa – peraltro “limitata alla platea di concorrenti tra loro strutturalmente omogenei e per offerte tra loro perciò comparabili” – onde scongiurare il rischio di accollare all’amministrazione aggiudicatrice costi gestionali eccessivi o inefficienti.

Si renderebbe, altresì, necessario un meccanismo idoneo a prevenire gli effetti distorsivi della concorrenza derivanti dalla facoltà delle associazioni di volontariato di rivolgersi al mercato ordinario. Secondo l’ordinanza annotata, a tal fine sarebbe sufficiente il limite dello svolgimento solo “marginale” di attività commerciale previsto dalla normativa italiana, potendosi al più ipotizzare anche l’applicazione di un limite percentuale massimo di accesso al mercato, sulla falsariga di quanto previsto dalle nuove direttive per i contratti conclusi tra amministrazioni aggiudicatrici.

Vengono quindi sottoposti al Giudice comunitario i seguenti quesiti: 1) se sia compatibile con il diritto comunitario l’affidamento diretto del servizio di trasporto sanitario ad associazioni di volontariato a fronte di un mero rimborso spese, e, nell’ipotesi affermativa: 2) se occorra una previa comparazione di offerte tra operatori omogenei; e 3) se le associazioni di volontariato titolari di affidamenti diretti debbano essere soggette a precisi limiti percentuali di parallelo accesso al mercato.

 

  • CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

 

E’ di grande attualità e delicatezza il tema affrontato nell’ordinanza annotata, ed originale è la soluzione prospettata dai Giudici piemontesi, ispirata alla condivisibile duplice esigenza di contemperare la tutela della concorrenza con la salvaguardia di altri valori parimenti protetti a livello nazionale e comunitario, nonché di individuare secondo un approccio concreto e non aprioristico gli strumenti più idonei a garantire il corretto funzionamento del mercato.

Si noti che, di recente (con ord. 27 febbraio 2013, n. 1195), la Terza Sezione del Consiglio di Stato aveva rimesso alla Corte di Giustizia analoga questione.

Analoga ma non identica, come precisa il Tar Piemonte nell’ordinanza di sospensione del giudizio ai fini della successiva rimessione alla Corte (ord. n. 59/2014), ritenendo che “il caso di specie presenti problematica affine e tuttavia la sostanziale divergenza di basarsi su un meccanismo di genuino rimborso spese”, e che sia pertanto “opportuno che la problematica venga complessivamente portata all’attenzione del giudice comunitario per consentire una valutazione completa della compatibilità comunitaria della normativa ed anche delle sue eventualmente necessarie diversificazioni”.

La puntualizzazione sembra trovare ragion d’essere non solo nell’intento di completare il quadro delle questioni sottoposte alla Corte di Giustizia, ma altresì di prospettare al Giudice comunitario una possibile soluzione contemperativa, diversa da quella del Consiglio di Stato che, nella citata ordinanza n. 1195/2013, si era espresso nel senso della probabile incompatibilità della disciplina nazionale del volontariato con la normativa comunitaria: “quanto più (si riconosce che) le associazioni di volontariato (più in generale i soggetti no

profit) possono oggi partecipare alle gare di appalto in condizioni di apparente parità con gli altri operatori, tanto meno si giustificano oramai le disposizioni di legge che autorizza(vano) la stipula di convenzioni ‘dirette’ con le amministrazioni pubbliche per lo svolgimento di servizi, al di fuori di un confronto concorrenziale”.

Ed è forse questo il vero nodo da sciogliere: ove risulti accertato, come nella fattispecie all’esame del Tar Piemonte e diversamente dal caso delibato dal Consiglio di Stato, che a fronte dell’affidamento diretto del servizio viene corrisposto unicamente un (effettivo) rimborso spese, la primaria esigenza di tutela della concorrenza deve necessariamente condurre all’applicazione dell’evidenza pubblica, oppure potrebbe risultare più funzionale – anche al fine di salvaguardare i principi costituzionali e comunitari di solidarietà e sussidiarietà e di contenimento della spesa pubblica – un meccanismo di affidamento diretto del servizio?

La questione è duplice. Da un lato, bisogna indagare a fondo il predicato di “onerosità” che connota il contratto di appalto secondo il diritto comunitario (e secondo l’art. 3 del Codice dei contratti), per verificare se effettivamente debba rientrarvi anche il mero riconoscimento di un rimborso spese, come pure recentemente affermato dalla Corte di Giustizia.

Dall’altro, occorre altresì riflettere sugli eventuali limiti del concetto “onnivoro” di tutela della concorrenza, in nome della quale potrebbe paradossalmente ritenersi necessario – per scongiurare il rischio di elusione delle norme sull’evidenza pubblica – un confronto competitivo tra “concorrenti non omogenei” (imprese commerciali ed associazioni di volontariato) potenzialmente foriero di ulteriori e non meno gravi effetti distorsivi della concorrenza.

L’ordinanza in commento invita dunque ad una interessante riflessione, suggerendo che talvolta, per tutelare effettivamente e non solo nominalmente il valore della concorrenza, potrebbe risultare più opportuno derogare all’evidenza pubblica, piuttosto che ammettere “a confronto alcuni soggetti comunque tenuti al rispetto di minimi retributivi (oggetto di una possibile verifica di anomalia in sede di gara, poiché la stessa, ancorché non obbligatoria, neppure è vietata nei settori esclusi), e altri che praticamente azzerano detti costi”.

Al fondo, il Tar Piemonte si avvede anche del rischio che, con l’applicazione di un confronto concorrenziale aperto anche agli operatori commerciali, possano risultare pregiudicati consolidati e funzionanti meccanismi partecipativi tra pubblico e privato nella gestione di servizi rivolti alla tutela della persona umana, in attuazione dei principi degli artt. 2 e 118 della Carta costituzionale.

E ciò sarebbe tanto più grave nella realtà dell’assistenza sanitaria italiana, che necessita ormai imprescindibilmente dell’apporto collaborativo (e propositivo) del terzo settore ai fini della predisposizione ed erogazione dei servizi sanitari. Una pronuncia negativa della Corte imporrebbe, infatti, al legislatore nazionale di ripensare e ridisegnare la fisionomia delle associazioni di volontariato, che oggi possono solo “marginalmente” svolgere attività d’impresa.

 

  • PERCORSO BIBLIOGRAFICO

 

F. Caringella, M. Giustiniani, Manuale di diritto amministrativo. IV. I contratti pubblici, Ed. Dike, 2014; R. Garofoli, G. Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, Ed. Neldiritto, 2013; R. Caranta, Attività pubblica, attività no-profit e disciplina dei contratti pubblici di servizi, in Urbanistica e appalti, n. 3/2008; A. Reggio d’Aci, Evidenza pubblica e associazioni di volontariato: l’onerosità della convenzione va valutata in termini comunitari, in Urbanistica e appalti, n. 6/2013; M. Coppola, Il Consiglio di Stato sulla partecipazione delle associazioni di volontariato alle gare e sulle intestazioni delle cauzioni presentate dalle a.t.i., in questa Rivista.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 631 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Consorzio Artigiano Servizio Taxi e Autonoleggio - C.A.S.T.A., Galati Lucimorto Roberto - Titolare Impresa "Autonoleggio Galati", Seren Bernardone Guido - Titolare Impresa "Autonoleggio Seren Guido", rappresentati e difesi dagli avv. Massimo Bellardi, Pietro Troianiello, con domicilio eletto presso l’avv. Massimo Bellardi in Torino, corso Stati Uniti, 62;

contro

Azienda Sanitaria Locale di Cirie', Chivasso e Ivrea - A.S.L. To4, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Francesca Dealessi, con domicilio eletto presso la medesima in Torino, via Paolo Sacchi, 44;
Regione Piemonte, non costituita;

nei confronti di

Associazione Croce Bianca del Canavese, Associazione di volontariato Ivrea Soccorso, Associazione di volontariato soccorso sud Canavese, Associazione volontari assistenza soccorso Caravino, A.N.P.A.S. Associazione nazionale pubbliche assistenze- Comitato Regionale Piemonte onlus, rappresentate e difese dagli avv. Edoardo Thellung De Courtelary, Claudio Tamburini, con domicilio eletto presso l’avv. Edoardo Thellung De Courtelary in Torino, corso Montevecchio, 45;

per l'annullamento

della deliberazione del Direttore Generale della A.S.L. TO4 n. 381 del 31 maggio 2013, con la quale è stato affidato il servizio di trasporto dializzati sulle diverse sedi aziendali per il periodo giugno 2013-dicembre 2013 e autorizzazione di spesa e di tutti gli atti presupposti, connessi, consequenziali (schema di lettera di invito compresa) ancorchè non conosciuti.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Sanitaria Locale di Cirie', Chivasso e Ivrea - A.S.L. To4 e di Croce Bianca del Canavese Associazione di volontariato Ivrea Soccorso, Associazione di volontariato soccorso sud Canavese, Associazione volontari assistenza soccorso Caravino, A.N.P.A.S. Associazione nazionale pubbliche assistenze- Comitato Regionale Piemonte onlus

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2014 la dott.ssa Paola Malanetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

I ricorrenti, rappresentanti ed esponenti del settore artigiano di servizio taxi e autonoleggio, hanno impugnato il provvedimento con il quale la ASL To 4 ha disposto l’affidamento diretto in convenzione del servizio di trasporto dializzati, a favore delle associazioni di volontariato controinteressate.

Contestano i ricorrenti l’intervenuta violazione della disciplina nazionale e comunitaria dell’evidenza pubblica.

1. La normativa nazionale e regionale di riferimento.

Il convenzionamento diretto è disciplinato delle seguenti norme, nazionali e regionali: artt. 1 e 45 l. 833/1978 (G.U. 28.12.1978, n. 360, S:O.; www.normattiva.it); art. 7 l. 266/91 (G.U. 22.8.1991, n. 196; www.normattiva.it); art. 9 l.r. Piemonte 38/1994 (B.U. Piemonte 7.9.1994, n. 36).

1.1 Recita in particolare l’art. 1 della l. 833/78: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale…. Il servizio sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione, senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio. L'attuazione del servizio sanitario nazionale compete allo Stato, alle regioni e agli enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini… Le associazioni di volontariato possono concorrere ai fini istituzionali del servizio sanitario nazionale nei modi e nelle forme stabiliti dalla presente legge.” Recita il successivo art. 45: “E' riconosciuta la funzione delle associazioni di volontariato liberamente costituite aventi la finalità di concorrere al conseguimento dei fini istituzionali del servizio sanitario nazionale. Tra le associazioni di volontariato di cui al comma precedente sono ricomprese anche le istituzioni a carattere associativo, le cui attività si fondano, a norma di statuto, su prestazioni volontarie e personali dei soci. … I rapporti tra le unità sanitarie locali e le associazioni del volontariato ai fini del loro concorso alle attività sanitarie pubbliche sono regolati da apposite convenzioni nell'ambito della programmazione e della legislazione sanitaria regionale.”

1.2 Recita l’art. 1 della l. n. 266/91: “1. La Repubblica italiana riconosce il valore sociale e la funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo salvaguardandone l'autonomia e ne favorisce l'apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato, dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali…..” Ai sensi del successivo art. 3 : “1. È considerato organizzazione di volontariato ogni organismo liberamente costituito al fine di svolgere l'attività di cui all'articolo 2, che si avvalga in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti. 2. Le organizzazioni di volontariato possono assumere la forma giuridica che ritengono più adeguata al perseguimento dei loro fini, salvo il limite di compatibilità con lo scopo solidaristico. 3. Negli accordi degli aderenti, nell'atto costitutivo o nello statuto, oltre a quanto disposto dal codice civile per le diverse forme giuridiche che l'organizzazione assume, devono essere espressamente previsti l'assenza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l'elettività e la gratuità delle cariche associative nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, i criteri di ammissione e di esclusione di questi ultimi, i loro obblighi e diritti…. 4. Le organizzazioni di volontariato possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento oppure occorrenti a qualificare o specializzare l'attività da esse svolta. 5. Le organizzazioni svolgono le attività di volontariato mediante strutture proprie o, nelle forme e nei modi previsti dalla legge, nell'ambito di strutture pubbliche o con queste convenzionate.” Ai sensi dell’art. 5 della legge n. 266/91: “1. Le organizzazioni di volontariato traggono le risorse economiche per il loro funzionamento e per lo svolgimento della propria attività da: …. f) rimborsi derivanti da convenzioni; g) entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali.” Infine l’art. 7 disciplina le convenzioni come segue: “1. Lo Stato, le Regioni, le province autonome, gli enti locali e gli altri enti pubblici possono stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato ….che dimostrino attitudine e capacità operativa. 2. Le convenzioni….devono inoltre prevedere forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità nonché le modalità di rimborso delle spese.”

1.3 In attuazione delle riportate disposizioni nazionali, la legge regionale piemontese n. 38/94 prevede all’art. 1: “ La Regione Piemonte riconosce il valore sociale ed il ruolo dell'attività di volontariato volta alla realizzazione di finalità di natura sociale, civile e culturale, salvaguardandone l'autonomia e l'apporto originale. Promuove le condizioni atte ad agevolare lo sviluppo delle organizzazioni di volontariato, quali espressioni di solidarietà e pluralismo, di partecipazione ed impegno civile.” Prevede poi l’art. 9: “La Regione, gli Enti locali e gli altri Enti pubblici possono stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato …. Nelle convenzioni si devono individuare la tipologia dell'utenza, le prestazioni da erogare, le modalità di erogazione. 2. Le convenzioni, oltre a quanto disposto dall'articolo 7 della legge n. 266 del 1991, devono tra l'altro prevedere: …f) le modalità di rimborso degli oneri relativi alla copertura assicurativa e delle spese documentate sostenute dall'organizzazione per lo svolgimento dell'attività convenzionata; g) le modalità di verifica dell'attuazione della convenzione anche attraverso incontri periodici tra i responsabili dei servizi pubblici e i responsabili operativi dell'organizzazione; ..”

1.4 In definitiva l’ordinamento italiano, tanto nazionale che regionale, in attuazione del principio solidaristico, prescritto dall’ art. 2 della Costituzione, e del principio di sussidiarietà, garantito dall’art. 118 della Costituzione, attribuisce alle associazioni di volontariato dotate di determinati requisiti (assenza di scopo di lucro, prevalenza delle prestazioni rese in forma di volontariato, marginalità dell’attività commerciale e produttiva) un ruolo attivo nell’ambito delle prestazioni sanitarie.

2. I principi di diritto comunitario di riferimento.

Appare preliminarmente necessario inquadrare la natura del servizio qui in contestazione.

2.1 Trattasi di prestazioni di trasporto fornite a soggetti dializzati direttamente dalla ASL, nell’ambito del servizio sanitario nazionale. La prestazione è finalizzata a consentire ai pazienti di fruire delle necessarie terapie, garantendo loro il materiale accesso alle strutture sanitarie, ove impossibilitati a farlo di persona. Il servizio risponde dunque al duplice obiettivo di rendere fisicamente ed economicamente accessibile una prestazione sanitaria, resa nell’ambito del servizio sanitario nazionale. Come tale il servizio si può collocare quantomeno nel contesto dei servizi di interesse generale, ancorchè caratterizzato da rilevanza economica.

2.2 Secondo il libro verde sui servizi di interesse generale COM/2003/0270def. la sanità, nel suo complesso, appartiene a questo ambito, mentre il confine tra i servizi di interesse generale a carattere economico e quelli che di tale caratteristica sono privi è fisiologicamente dinamico. Il livello di questi servizi varia in base alle tradizioni culturali e storiche e alle caratteristiche geografiche degli Stati membri, oltre che allo sviluppo tecnologico. “L'Unione europea rispetta questa diversità e il ruolo delle autorità nazionali, regionali e locali nel garantire il benessere dei loro cittadini e le scelte democratiche relative fra l'altro al livello della qualità dei servizi.”

2.3 Con riferimento a prestazioni previdenziali a rilevanza sanitaria la giurisprudenza comunitaria ha affermato, nella sentenza 17 giugno 1997, in causa C-70/95: “… allo stato attuale del diritto comunitario, uno Stato membro può, nell'ambito della competenza ad esso spettante per organizzare il suo sistema previdenziale, considerare che un sistema socio-assistenziale implichi necessariamente, per raggiungere i suoi obiettivi, che l'ammissione di operatori privati a tale sistema in quanto prestatori di servizi d'assistenza sociale venga subordinata alla condizione che essi non perseguano fini di lucro. Peraltro, l'impossibilità per le società che perseguono fini di lucro di partecipare automaticamente alla realizzazione di un sistema legale di assistenza sociale di uno

Stato membro con la stipulazione di una convenzione che dà diritto al rimborso da parte dello Stato dei costi di servizi di assistenza sociale a rilevanza sanitaria non può collocare le società a fini di lucro di altri Stati membri in una situazione di fatto o di diritto sfavorevole in relazione a quella delle società a fini di lucro dello Stato membro di stabilimento….Gli artt. 52 e 58 del Trattato non ostano a che uno Stato membro consenta ai soli operatori privati che non perseguono fini di lucro di concorrere alla realizzazione del sistema di assistenza sociale con la stipula di convenzioni che danno diritto al rimborso da parte dello Stato dei costi di servizi d'assistenza sociale a rilevanza sanitaria.”

2.4 Anche senza riconoscere una sorta di riserva a favore degli operatori senza fini di lucro (come evincibile dalla citata giurisprudenza), dovendosi considerare la fisiologica mobilità del confine tra ciò che può essere qualificato a carattere economico o meno e quindi del progressivo ampliarsi delle tutele della concorrenza, non vi è chi non veda che la particolare natura del servizio implica la rilevanza di esigenze ulteriori rispetto alla concorrenza. Proprio nell’ambito di similari settori ci si è più volte interrogati sulla rilevanza del contributo del volontariato, tant’è che nella successiva comunicazione COM/2004/0374/def. libro bianco sui servizi di interesse generale è stata tra l’altro evidenziata la necessità “di organizzare e regolamentare i servizi di interesse generale tenendo conto il più possibile degli interessi dei cittadini e salvaguardando nel contempo il principio di sussidiarietà. La Commissione rispetta il ruolo fondamentale degli Stati membri e delle autorità regionali e locali nel settore dei servizi di interesse generale.”

3. Il TFUE e la nuova direttiva appalti.

Nell’ambito del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea l’art. 9 prevede che l’Unione: “nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, tiene conto delle esigenze connesse con …la garanzia di un'adeguata protezione sociale, la lotta contro l'esclusione sociale e un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana”, principi in sintonia con quello solidaristico tutelato dalla Costituzione italiana, di cui è espressione il volontariato. L’art. 7 del TFUE sancisce che “L'Unione assicura la coerenza tra le sue varie politiche e azioni, tenendo conto dell'insieme dei suoi obiettivi ...” L’art. 14 del TFUE stabilisce che l’Unione e gli Stati, nel loro ruolo della promozione della coesione sociale e territoriale, con riferimento ai servizi di interesse economico generale, provvedono “affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti.” L’art. 106 prevede che… “Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale ..sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata.”

3.1 Infine, proprio per la evidente collocazione “di confine” delle prestazioni di trasporto qui in esame, la recente “Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 15 gennaio 2014 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici” ha puntualizzato: “la presente direttiva non dovrebbe applicarsi a taluni servizi di emergenza se effettuati da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro, in quanto il carattere particolare di tali organizzazioni sarebbe difficile da preservare qualora i prestatori di servizi dovessero essere scelti secondo le procedure di cui alla presente direttiva. La loro esclusione, tuttavia, non dovrebbe essere estesa oltre lo stretto necessario. Si dovrebbe pertanto stabilire esplicitamente che i servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza non dovrebbero essere esclusi. In tale contesto è inoltre necessario chiarire che nel gruppo 601 "Servizi di trasporto terrestre" del CPV non rientrano i

servizi di ambulanza... Occorre pertanto precisare che i servizi identificati con il codice CPV 85143000-3, consistenti esclusivamente in servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza, dovrebbero essere soggetti al regime speciale previsto per i servizi sociali e altri servizi specifici ("regime alleggerito"). Di conseguenza, anche gli appalti misti per la prestazione di servizi di ambulanza in generale dovrebbero essere soggetti al regime alleggerito se il valore dei servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza fosse superiore al valore di altri servizi di ambulanza.”

Si consideri che, nel caso di specie, il convenzionamento ha ad oggetto nel complesso una serie di prestazioni di trasporto (ed in particolare il trasporto d’emergenza in ambulanza) di cui il trasporto dializzati per le terapie costituisce una minima parte.

La nuova direttiva appalti pertanto sancisce sì in astratto la regolamentazione secondo i principi della concorrenza del settore, tuttavia prescrive già in principio l’applicazione del solo “regime alleggerito”.

4. Il rimborso spese nella fattispecie in esame.

Non è contestato che il trasporto reso si inserisca nelle prestazioni del servizio sanitario e sia funzionale alla fruizione delle terapie somministrate a pazienti dializzati. Le associazioni con le quali la ASL resistente ha stipulato le convenzioni, poi, presentano tutti i requisiti legali propri delle associazioni di volontariato prescritte dalla normativa nazionale e regionale (la circostanza non è neppure contestata dai ricorrenti). Il meccanismo di rimborso spese utilizzato dalla ASL appare infine al collegio genuinamente tale poiché, pur essendo state formulate (al fine di consentire agli enti pubblici interessati gli stanziamenti preventivi di spesa necessari dal punto di vista contabile) previsioni di massima, è chiaramente prescritto nelle convenzioni che i rimborsi saranno riconosciuti solo a consuntivo, a fronte di spese documentate. Inoltre la contestata assegnazione di un locale presso le strutture ospedaliere, da utilizzare per consentire il servizio nel suo complesso (per altro solo a favore di talune delle controinteressate), nonché il riconoscimento, in determinati casi, di buoni pasto agli addetti, paiono a questo collegio non alterare il sostanziale meccanismo del rimborso spese, poiché discendono, oltre che da diverse ed espresse disposizioni di legge, dalla circostanza che le associazioni, unitamente al servizio di trasporto dializzati (unico fatto oggetto di contestazione da parte dei ricorrenti) svolgono, in forza delle medesime ed unitarie convenzioni, ulteriori prestazioni, in particolare d’urgenza (le quali richiedono appunto una disponibilità in loco e una presenza continuativa); queste ultime giustificano ad altro titolo dette previsioni.

Infine la genuinità della natura volontaria delle prestazioni si evince anche indirettamente dal significativo risparmio di spesa garantito alla ASL tramite il convenzionamento diretto, rispetto a quanto richiesto, per il medesimo servizio, dagli operatori commerciali.

Posto che dunque si ritengono rispettati i requisiti di legge per il convenzionamento diretto con le associazioni di volontariato, appare rilevante vagliarne la compatibilità con il diritto comunitario.

5. I precedenti della Corte di Giustizia.

5.1 Non ignora il collegio che il giudice comunitario, con riferimento alla normativa italiana sul volontariato, ha innanzitutto affermato che: “senza negare l’importanza sociale delle attività di volontariato, si deve necessariamente constatare che…. l’assenza di fini di lucro non esclude che siffatte associazioni esercitino un’attività economica e costituiscano imprese ai sensi delle disposizioni del Trattato relative alla concorrenza (in questo senso, sentenze 16 novembre 1995, causa C 244/94, Fédération française des sociétés d’assurance e a., Racc. pag. I 4013, punto 21; 12 settembre 2000, cause riunite da C 180/98 a C 184/98, Pavlov e a., Racc. pag. I 6451, punto 117, nonché 16 marzo 2004, cause riunite C 264/01, C 306/01, C 354/01 e C 355/01, AOK Bundesverband e a., Racc. pag. I 2493, punto 49). Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, entità come le organizzazioni sanitarie che garantiscono la fornitura di servizi di trasporto d’urgenza e di trasporto di malati devono essere qualificate imprese ai sensi delle norme di concorrenza previste dal Trattato (sentenza 25 ottobre 2001, causa C 475/99, Ambulanz Glöckner, Racc. pag. I 8089, punti 21 e 22). Ne deriva che le associazioni interessate possono esercitare un’attività economica in concorrenza con altri operatori. La circostanza che, poiché i loro collaboratori agiscono di norma a titolo volontario, tali associazioni possano presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli di altri offerenti non impedisce loro di partecipare alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici previste dalla direttiva 92/50 (in tal senso, sentenza 7 dicembre 2000, causa C 94/99, ARGE, Racc. pag. I 11037, punti 32 e 38).” (Corte di Giustizia 29.11.2007 in causa C- 119/06).

Detto principio è tuttavia stato affermato in una controversia in cui si è ritenuto che il rimborso spese prospettato non fosse effettivamente tale, in quanto garantiva un ulteriore corrispettivo, nonostante la gratuità delle prestazioni d’opera degli addetti.

5.2 Il giudice comunitario, onde evitare effetti elusivi dell’applicazione delle direttive in materia di appalti, ha anche chiarito nella sentenza 19.12.2012, in causa C-159/11, che: “, e come risulta dal senso normalmente e abitualmente attribuito all’espressione «a titolo oneroso», un contratto non può esulare dalla nozione di appalto pubblico per il solo fatto che la remunerazione in esso prevista sia limitata al rimborso delle spese sostenute per fornire il servizio convenuto.”

6. Il contemperamento dei principi e degli interessi.

Date queste premesse appare al collegio necessario che, nel complessivo contesto del diritto comunitario, i principi di tutela della concorrenza vengano coordinati con le ulteriori e specifiche esigenze ampiamente illustrate ai paragrafi 2 e 3, propri del settore in questione e contemplati anche dalla disciplina dell’evidenza pubblica. Infatti è pur vero che le associazioni di volontariato sono state astrattamente ammesse a concorrere alle gare pubbliche in quanto “operatori economici”, ciò tuttavia non implica un corrispondente obbligo delle stesse di comportarsi come tali in ogni circostanza, né tanto meno comporta che l’attività commerciale sia la loro ragione di essere.

6.1 La stessa direttiva comunitaria in corso di approvazione in materia di appalti di servizi evidenzia, come detto, che “il carattere particolare di tali organizzazioni sarebbe difficile da preservare qualora i prestatori di servizi dovessero essere scelti secondo le procedure di cui alla presente direttiva”. La normativa nazionale applicabile sancisce che le possibili attività commerciali di queste associazioni debbano essere necessariamente marginali. Pertanto non pare al collegio che affermare che possa esserci una attività commerciale di queste associazioni equivalga a dire che essa debba esserci in ogni caso, con il paradossale risultato di rendere normativamente impraticabile il volontariato in un contesto, quello delle prestazioni sanitarie in senso lato, in cui sono particolarmente rilevanti ragioni di coesione sociale, sussidiarietà e persino sostenibilità economica delle prestazioni da parte degli enti pubblici. Infatti l’amministrazione aggiudicatrice, tramite il convenzionamento con le associazioni di volontariato, ha beneficiato di significativi risparmi di spesa, i quali contribuiscono al rispetto del patto stabilità interno, cui tutte le amministrazioni sono avvinte, e consentono di acquisire, secondo il principio di sussidiarietà, il contributo della società civile alla piena attuazione delle esigenze del servizio sanitario. D’altro canto le direttive appalti in corso di definitiva approvazione pongono tra gli obiettivi della loro disciplina anche quelli di accrescere l’efficienza della spesa pubblica e di permettere ai committenti di conseguire obiettivi condivisi a valenza sociale.

Pertanto ove il meccanismo del convenzionamento risponda, come nel caso di specie, al rigoroso rispetto del rimborso spese, ritiene il collegio che l’associazione stia operando al di fuori dell’ambito commerciale, cosa che giustifica delle deroghe all’evidenza pubblica.

6.2 Inoltre la struttura volontaristica colloca queste associazioni su un piano di difficile comparabilità, anche astratta, con gli ordinari operatori del mercato. Infatti, non essendo la maggioranza degli addetti di una associazione di volontariato retribuita (e ciò per espressa previsione normativa, oltre che per libera scelta dei volontari, che rinvengono la loro “remunerazione” in valori diversi dalla retribuzione economica), l’associazione beneficerà di costi della manodopera inferiori rispetto a quelli di operatori economici a vocazione commerciale. Questa strutturale difformità di organizzazione, pur non vedendosi come potrebbe ascriversi a pratica anticoncorrenziale illecita, necessariamente rende molto difficile ogni comparazione. Se è infatti vero che il mercato fisiologicamente conosce imprenditori per i quali il costo del lavoro può essere anche significativamente variabile, ben altra operazione logica è porre a confronto alcuni soggetti comunque tenuti al rispetto di minimi retributivi (oggetto di una possibile verifica di anomalia in sede di gara, poiché la stessa, ancorchè non obbligatoria, neppure è vietata nei settori esclusi), e altri che praticamente azzerano detti costi.

6.3 Ritiene in definitiva il collegio che residui un margine di compatibilità con l’ordinamento comunitario di un convenzionamento con associazioni di volontariato (che ne rispettino rigorosamente i requisiti) nell’ambito del servizio sanitario nazionale, ed a fronte di un mero rimborso spese. Resta salvo l’onere di verificare la genuinità di detto rimborso (come già evidenziato dal giudice comunitario), cui si dovrebbe aggiungere l’onere dell’amministrazione di comparare le offerte di più associazioni di volontariato, onde evitare che, con lo schermo del rimborso spese, vengano comunque accollati all’amministrazione aggiudicatrice costi gestionali in verità inefficienti o non effettivamente tali.

Detta comparazione tuttavia potrebbe essere limitata alla platea di concorrenti tra loro strutturalmente omogenei e per offerte tra loro perciò comparabili; l’accesso alla procedura comparativa, ove di interesse transfrontaliero, dovrebbe essere ammesso anche a favore di operatori comunitari che presentino caratteristiche sovrapponibili alle associazioni nazionali di volontariato come descritte dalla normativa nazionale.

6.4 Infine residuerebbe l’esigenza di individuare un meccanismo che impedisca e prevenga effetti distorsivi della concorrenza sul mercato, ove si consideri che le associazioni di volontariato, secondo quanto allo stato stabilito dalla Corte di Giustizia, potrebbero rivolgersi al mercato ordinario. La normativa italiana espressamente sancisce che le attività commerciali debbano essere, per questo tipo di enti, “marginali”; siffatto limite pare di per sé inibire un significativo effetto distorsivo, rendendolo verosimilmente recessivo rispetto all’esigenza di salvaguardare il valore sociale e pubblico del volontariato. Per altro, come già evidenziato, un effetto necessariamente ed ugualmente distorsivo si crea anche ammettendo che soggetti che operano ex lege con prestazioni d’opera gratuita debbano essere posti in concorrenza con soggetti che dette prestazioni sono tenuti a retribuire.

A tutto concedere, infine, potrebbero trovare applicazione ulteriori prescrizioni desumibili dal diritto comunitario che impongono, rispetto a ipotesi di legittimi affidamenti diretti, limiti consistenti in percentuali ristrette di accesso al mercato da parte degli operatori coinvolti. Si avrebbe in tal modo una puntuale quantificazione del concetto di “attività commerciale marginale” fissato dalla legge italiana. A mero titolo esemplificativo si consideri la previsione della più volte citata direttiva appalti in corso di approvazione, che ammette le amministrazioni aggiudicatrici (anch’esse considerate dalla giurisprudenza comunitaria operatori economici, pur nelle loro evidenti peculiarità) a contrattare direttamente tra di loro quando: 1) il contratto tenda a garantire i servizi pubblici che esse sono tenute a svolgere; 2) il rapporto diretto risponda ad un interesse pubblico; 3) le stesse amministrazioni interessate svolgano sul mercato aperto meno del 20% della loro attività.

7. Quesiti sottoposti all’interpretazione pregiudiziale della Corte di Giustizia dell’Unione europea.

Si ritiene pertanto, per la rilevanza degli interessi coinvolti e la complessità dei valori in gioco, di sottoporre al giudice comunitario i seguenti quesiti:

1)“Dica la Corte di Giustizia se il diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici – nel caso in esame, trattandosi di contratti esclusi, i principi generali di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità – osti ad una normativa nazionale che permetta l’affidamento diretto del servizio di trasporto sanitario ad associazioni di volontariato prevalentemente organizzate in base a prestazioni d’opera non retribuita ed a fronte di un genuino rimborso spese”;

2) Ove siffatta tipologia di affidamento venga ritenuta compatibile con il diritto comunitario, dica la Corte di Giustizia se occorra una preventiva comparazione di offerte provenienti da più operatori omogenei (eventualmente anche comunitari) e titolati all’affidamento diretto, onde limitare il rischio dell’esposizione di costi inefficienti o non congrui, e se pertanto in tal senso debba essere interpretata la normativa nazionale che consente l’affidamento diretto;

3) Ove siffatta tipologia di affidamento venga ritenuta compatibile con il diritto comunitario dica la Corte di Giustizia se le associazioni di volontariato titolari di affidamenti diretti debbano essere soggette a precisi limiti percentuali di parallelo accesso al mercato, e se pertanto in tal senso debba essere interpretata la disposizione nazionale che prescrive la marginalità delle attività commerciali di queste associazioni.

Ai sensi della «nota informativa riguardante la proposizione di domande di pronuncia pregiudiziale da parte dei giudici nazionali» 2011/C 160/01 in G.U.C.E. 28 maggio 2011, vanno trasmessi alla cancelleria della Corte mediante plico raccomandato gli atti del giudizio in copia, comprensivi della presente ordinanza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

1) rimette, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, alla Corte di Giustizia delle Comunità europee le questioni pregiudiziali indicate in motivazione;

2) dispone che, a cura della Segreteria, siano trasmessi gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nei sensi e con le modalità di cui in motivazione;

3) il processo resta sospeso, come da ordinanza n. 59/2014, fino alla definizione del giudizio sulle questioni pregiudiziali e con riserva, all’esito, di ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente

Paola Malanetto, Primo Referendario, Estensore

Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario