Consiglio di Stato, Sez. V, 27 marzo 2013, n. 1815

 

Consiglio di Stato, Sez. V, 27 marzo 2013, n. 1815

Presidente Volpe; Estensore Lotti

 

In tema di gare d’appalto, è irrilevante la generica doglianza secondo cui le buste contenenti le offerte non sarebbero state adeguatamente custodite in quanto incombe sul ricorrente l’ulteriore onere di allegare le specifiche circostanze atte a far ritenere che si possa essere verificata la sottrazione o la sostituzione dei plichi, la manomissione delle offerte o un altro fatto anomalo rilevante ai fini della regolarità della procedura.

 

In sede di verifica delle offerte anomale, non è possibile fissare a priori una quota di utile “rigida”, al di sotto della quale la proposta dell’appaltatore debba considerarsi incongrua, e, parimenti, non può considerarsi anomala un’offerta solo perché determinate voci di prezzo si discostano da quelle di mercato, ma è necessario operare una valutazione complessiva dell’affidabilità dell’offerta, di tal guisa che la stessa possa considerarsi idonea a garantire la serietà dell’esecuzione del contratto.

 

 

BREVI ANNOTAZIONI

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

Pronunciandosi su una controversa procedura ad evidenza pubblica, che aveva visto, ab initio, la commissione giudicatrice omettere di indicare, nel verbale di gara, le cautele adottate al fine di tutelare l’integrità delle buste contenenti le offerte e la conservazione delle medesime, ma, ex post, allegare una dichiarazione tardiva attestante la conservazione in cassaforte della documentazione, il Consiglio di Stato esamina ex professo ed inter alia i confini del generale obbligo di custodia dei documenti di una gara pubblica da parte della stazione appaltante, affermando il seguente principio di diritto: “l’omessa menzione nei verbali di gara delle specifiche cautele adottate dalla stazione appaltante per la conservazione dei plichi contenenti le offerte non costituisce un vizio ex se invalidante della procedura di gara”.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

La sentenza in commento affronta una tematica molto invalsa nelle procedure ad evidenza pubblica, vale a dire quella inerente alla sussistenza o meno, in capo alla stazione appaltante, di un obbligo giuridico di verbalizzazione delle modalità di conservazione e di custodia delle buste contenenti le offerte dei concorrenti.

Come è noto, l’obbligo di predisporre adeguate cautele a tutela dell’integrità dei plichi di gara non discende da una apposita previsione da parte del legislatore. Tuttavia, in ossequio ai principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, consacrati nell’art. 97 Cost., è unanimemente considerato un adempimento imprescindibile, in quanto l’integrità dei plichi contenenti le offerte dei partecipanti all’incanto costituisce un corollario necessario per assicurare la sicurezza delle offerte e la par condicio di tutti i concorrenti. Ceteris paribus, tenuto conto del carattere imperativo di tale incombenza, è necessario analizzarne la latitudine.

Come opportunamente premesso dai Giudici di Palazzo Spada nella sentenza de qua, sussiste, seppur apparentemente, un contrasto tra due differenti orientamenti giurisprudenziali.


Secondo un primo indirizzo, avente un carattere eminentemente formalistico, “l’omessa menzione nei verbali di gara delle specifiche cautele adottate a tutela dell’integrità e della conservazione delle buste contenenti le offerte determina, di per sé, l’illegittimità delle operazioni di gara, a prescindere dalla mancata dimostrazione dell’effettiva manomissione delle buste e del loro contenuto” (in senso conforme, ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. V, 28 marzo 2012, n. 1862).

Invece, in ossequio al secondo orientamento, più sostanzialistico, l’omessa verbalizzazione “non costituisce di per sé motivo di illegittimità dell’attività svolta dalla Commissione a meno che non vengano addotti elementi concreti e specifici tali da far ritenere probabile o quanto meno possibile la sostituzione delle buste, la manomissione delle offerte o altro fatto rilevante ai fini della regolarità della procedura” (in senso conforme, ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. III, 14 gennaio 2013, n. 145).

I Giudici di Palazzo Spada, nella sentenza in commento, prendono posizione in ordine alla citata vexata quaestio, aderendo al filone sostanzialistico attraverso un ragionamento che, di fatto, opera uno sforzo teso a ridimensionare la portata del contrasto giurisprudenziale.


Infatti, il Collegio giudicante rileva che, attraverso una disamina più approfondita delle statuizioni riconducibili agli orientamenti in contrasto, che tenga conto della specifica situazione di fatto nella quale si insinua il decisum, emergono sovente delle situazioni peculiari, caratterizzate da aspetti anomali o anormali, astrattamente idonei ad influenzare la genuinità della gara. In altri termini, si sarebbero verificate, nella pluralità delle fattispecie concrete, delle anomalie tali da rendere più pregnante l’esigenza di integrità e di segretezza delle offerte e da determinare, a seguito dell’omessa verbalizzazione, la necessità ineludibile di invalidamento della procedura. Pertanto, sarebbe irragionevole, in assenza di doglianze circostanziate, ritenere che la P.A. abbia disatteso il generale obbligo di custodia dei documenti di una gara pubblica, dovendo operare una presunzione di correttezza della conservazione degli atti amministrativi da parte della stazione appaltante. Tuttavia, non si tratta di una presunzione assoluta, bensì di una praseumptio iuris tantum, contro la quale è ammessa prova contraria. Peraltro, come espressamente ribadito dal collegio giudicante, l'incombenza dell'onere probatorio grava su chi lamenta tale violazione, il quale avrà l’onere di fornire almeno un principio di prova idoneo a far desumere l'irregolare svolgimento della procedura, in ossequio al tradizionale principio secondo cui il giudice deve giudicare iuxta alligata et probata.

Infine, tale ricostruzione è suffragata anche a seguito di un approccio ermeneutico alle disposizioni di cui agli artt. 46, comma 1-bis, e 78, comma 1 del d.lgs. n. 163/2006. Le norme citate prevedono, rispettivamente, alcune cause di esclusione dei concorrenti e un elenco di informazioni che devono essere contenute nei verbali di gara, senza contenere alcun riferimento a precise modalità di custodia dei plichi consegnati dagli offerenti in gara. Pertanto, dovrà essere privilegiato, in assenza di qualsivoglia previsione della lex specialis in tal senso, l’approccio sostanzialistico, con la conseguenza che, anche attraverso l’analisi delle disposizioni contenute nel Codice dei Contratti Pubblici, il generale principio di riservatezza non potrà di per sé dirsi violato solo per il fatto che non siano state adottate specifiche modalità di custodia da parte della stazione appaltante, in quanto il mero rischio di violazione degli plichi non può assurgere a generica violazione del principio di segretezza, in totale assenza di concreti indizi circa il verificarsi di effettive anomalie. A tal proposito, la deduzione del carattere anomalo della dichiarazione attestante la conservazione in cassaforte della documentazione di gara, in quanto postuma rispetto al verbale, costituisce motivo di doglianza privo di pregio.

La sentenza in commento esamina, da ultimo, alcune doglianze relative al procedimento di verifica delle c.d. offerte anomale.

Avviata la procedura ad evidenza pubblica finalizzata alla scelta del contraente, la stazione appaltante procede all’individuazione dell’offerta aggiudicataria, in ossequio ai criteri previsti ex artt. 81-84 del Codice dei Contratti Pubblici. A tal riguardo, può accadere che l’uso dei criteri di aggiudicazione rilevi un’offerta anomala, ossia eccessivamente bassa rispetto all’entità delle prestazioni richieste dal bando. Il Collegio giudicante ha ribadito in proposito che, in sede di verifica delle offerte anomale, non è possibile fissare ab origine una quota di utile “rigida”, al di sotto della quale la proposta del concorrente debba considerarsi sic et simpliciter incongrua (in senso conforme, ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 25 novembre 2010, n. 8227). Difatti, una disposizione in tal senso sarebbe in palese contrasto con il principio di libertà di iniziativa economica ex art. 41, comma 1 Cost. nonché con quello del favor partecipationis alle procedure di gara. Inoltre, è stato evidenziato che un’offerta non potrà considerarsi anomala per il solo fatto che determinate voci di prezzo si discostino da quelle di mercato, in quanto i singoli prezzi sottoposti a verifica di anomalia non possono essere considerati isolatamente bensì nella loro incidenza complessiva sull’offerta globale: solo in questo modo l’offerta potrà considerarsi idonea a garantire la serietà dell’esecuzione del contratto.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

La sentenza in esame si inserisce nell’ambito del contrasto giurisprudenziale tra sostenitori dell’approccio formalistico, secondo cui l'omessa menzione, nei verbali, delle prescrizioni adottate dalla P.A. per assicurare la segretezza delle offerte determina, ipso facto, l'illegittimità delle operazioni di gara, e fautori dell’orientamento sostanzialistico, per i quali non è sufficiente ad invalidare la procedura la mera omissione de qua ma occorrerà accertare, in concreto, che non si sia verificata alcuna alterazione della documentazione di gara, aderendo a quest’ultimo filone giurisprudenziale.

De iure condito, si tratta di una decisione fortemente ancorata ai principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa consacrati dall’art. 97 Cost., di segretezza delle offerte e di par condicio tra tutti i concorrenti, nonché al principio di trasparenza. Tali “punti cardinali”, informando l’intero operato della P.A., sorreggono e giustificano il ricorso alla procedura di gara per l’individuazione del contraente nei contratti pubblici.

Fermo restando il carattere assolutamente imperativo dell’obbligo, in capo alla stazione appaltante, di predisporre adeguate cautele a tutela dell’integrità dei plichi di gara, sarebbe totalmente irragionevole e ingiusto ascrivere alla P.A. un qualsivoglia sospetto circa un’avvenuta manomissione dei documenti di gara o, comunque, il rischio concreto che tale manomissione potesse avvenire, annullando sic et simpliciter l’intera procedura o addivenendo all’esclusione di un concorrente. A tal riguardo, pertanto, appare conferente il richiamo degli ordinari principi in tema di riparto dell’onere della prova, imponendo l'incombenza del relativo onere su chi lamenta tale doglianza, il quale sarà tenuto a fornire almeno un principio di prova idoneo a far desumere l'irregolare svolgimento della procedura, consentendo al giudice di decidere iuxta alligata et probata. Rebus sic stantibus, le anomalie che devono essere, quanto meno, allegate dal ricorrente al fine di dimostrare la sussistenza di un interesse non emulativo sembrano inesorabilmente dirette verso una sorta di “tipizzazione giurisprudenziale” e, come rilevato dai Giudici di Palazzo Spada, possono riassumersi nell’eccessiva durata delle operazioni di gara, nell’inversione dell’ordine di valutazione tra offerta tecnica ed economica, nella sottrazione di un documento di gara ad opera di ignoti e, infine, nella presenza di circostanziati elementi indiziari e sintomatici di una possibile manomissione dei documenti di gara.

In conclusione, la latitudine dell’obbligo di predisporre adeguate cautele a tutela dell’integrità dei plichi di gara appare ormai incontrovertibilmente delineata, sia alla luce dell’applicazione dei principi fondamentali che sorreggono le procedure ad evidenza pubblica che grazie all’opera di tipizzazione compiuta dal case law, che rendono inconferente un eventuale intervento legislativo de iure condendo.

Di rilevante interesse è, infine, la posizione del Collegio giudicante in tema di verifica dell’offerta anomala. Aderendo all’orientamento giurisprudenziale ormai unanime, occorrerà tener presente che la verifica della congruità di un’offerta “anomala” è espressione di un potere tecnico-discrezionale della pubblica amministrazione. Pertanto, il giudice amministrativo dovrà semplicemente accertare che la stazione appaltante, secondo gli ordinari canoni della ragionevolezza e della proporzionalità, abbia compiuto una verifica che non sia incentrata esclusivamente sulle aspettative di utile del concorrente, né sull’analisi di tutte le componenti dell’offerta e di tutti gli elementi che concorrono a formare ciascuna componente, bensì volta a rilevare la serietà dell’offerta nel suo complesso e la plausibilità delle giustificazioni formulate dallo stesso.

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

F. Bartolini, Codice Amministrativo, CELT CasaEditriceLaTribuna, 2012; R. Galli, Corso di diritto amministrativo, V ed., Cedam, 2011; G. Giuliano, Il Consiglio di Stato trasversalmente su alcuni temi delle gare pubbliche: dalle dichiarazioni “per quanto a mia conoscenza”, alla custodia dei plichi e alla motivazione dei confronti a coppie, in questa Rivista; A. Manzi, Commento agli artt. 86 e ss., in F. Caringella, M. Protto, Codice dei contratti pubblici, Ed. Dike, 2012, pp. 627 ss.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5853 del 2012, proposto da: Quendoz s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Claudio De Portu e Hebert D'Herin, con domicilio eletto presso l’avv. Claudio De Portu in Roma, via Flaminia, 354;

contro

Aimeri Ambiente s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Ferdinando Acqua Barralis e Guido Francesco Romanelli, con domicilio eletto presso l’avv. Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria, 5;

nei confronti di

Comune di Aosta, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Gianni Maria Saracco e Lorenzo Sommo, con domicilio eletto presso l’avv. Giorgio Papetti in Roma, via Monzambano, 5; De Vizia Transfer s.p.a.;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VALLE D'AOSTA n. 00050/2012, resa tra le parti, concernente appalto per l'affidamento dei servizi di igiene urbana e di raccolta e trasporto rifiuti urbani (r.u.) ed assimilati.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Aimeri Ambiente s.r.l. e del Comune di Aosta;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 febbraio 2013 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti gli avvocati Romanelli e Saracco;

 

 

FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Valle d’Aosta, con la sentenza n. 50 del 15 maggio 2012, ha accolto il ricorso proposto dall’attuale appellato Aimeri Ambiente s.r.l., limitatamente alla domanda subordinata (5° motivo), per l’annullamento del provvedimento n. 1633 in data 22 dicembre 2011 del dirigente dell'Area T2 - Settore Ambiente Servizio Igiene Urbana del Comune di Aosta, di aggiudicazione della gara di appalto mediante procedura aperta per l'affidamento dei servizi di igiene urbana e di raccolta e trasporto r.u. ed assimilati alla società Quendoz s.r.l., nonché dei verbali di gara nella parte in cui non dispongono l'esclusione, dalla procedura ad evidenza pubblica, della società Quendoz s.r.l.; per l’effetto, il TAR ha annullato l’intera procedura di gara.

Il TAR, dopo aver esaminato approfonditamente i primi tre motivi del ricorso di primo grado ed averne argomentato l’infondatezza, fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che il quinto motivo, con cui viene dedotta la violazione dei principi fondamentali in materia di gare pubbliche per la mancanza nei verbali della commissione di gara di alcuna verbalizzazione circa eventuali cautele adottate per la conservazione e la custodia in sicurezza delle offerte nel corso del procedimento, era accoglibile sulla base dell’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa.

Secondo il TAR, infatti, la commissione di gara deve predisporre particolari cautele a tutela dell'integrità e della conservazione delle buste contenenti le offerte, di cui deve farsi menzione nel verbale di gara, e tale tutela va assicurata in astratto e a prescindere dalla mancata dimostrazione dell'effettiva manomissione dei plichi, senza che tale illegittimità possa essere sanata dalla dichiarazione postuma del presidente e del segretario della commissione sulla conservazione in cassaforte della documentazione, atteso che tale dichiarazione non vale a sostituire le funzioni del verbale di gara, il quale è sottoscritto dai componenti della commissione; e che comunque anche una tal cautela non soddisfa le richiamate esigenze, in mancanza di prova di sigillatura delle buste.

In sintesi, concludeva il TAR, l'omessa verbalizzazione delle cautele sulla conservazione dei plichi costituisce un vizio ex se invalidante.

Il TAR ha poi assorbito il quarto motivo di ricorso, che era stato dedotto in via subordinata.

L’appellante società Quendoz s.r.l. contestava la sentenza del TAR e, con l’appello in esame, chiedeva la reiezione del ricorso di primo grado, deducendo: Errata rappresentazione dei fatti presupposti. Violazione e falsa applicazione del principio del buon andamento dell’azione amministrativa, del principio di conservazione degli atti giuridici e delle regole sul regime della prova che grava il deducente dell’onere di allegare i fatti costitutivi del vizio. Violazione e falsa applicazione dell’art. 78, comma 1, e dell’art. 46, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 163/2006.

Si costituiva la parte appellata Aimeri Ambiente S.r.l. chiedendo il rigetto dell’appello e proponendo appello incidentale per contestare il rigetto dei motivi di ricorso disposto dal TAR nella sentenza impugnata e riproponendo in quella sede un motivo subordinato dichiarato assorbito dal TAR medesimo.

Si costituiva altresì l’Amministrazione intimata chiedendo l’accoglimento dell’appello.

All’udienza pubblica del 19 febbraio 2013 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Rileva il Collegio che la questione centrale proposta nell’atto d’appello, ovvero la sussistenza di un obbligo giuridico di verbalizzazione delle modalità di conservazione e di custodia delle buste contenenti le offerte, ha visto la giurisprudenza amministrativa apparentemente dividersi su due differenti orientamenti.

Secondo un primo indirizzo, più rigoroso, seguito dalla sentenza del TAR qui impugnata, l’omessa menzione nei verbali di gara delle specifiche cautele adottate a tutela dell’integrità e della conservazione delle buste contenenti le offerte determina, di per sé, l’illegittimità delle operazioni di gara, a prescindere dalla mancata dimostrazione dell’effettiva manomissione delle buste e del loro contenuto (cfr., ad es., Consiglio di Stato, Sez. V, 28 marzo 2012, n. 1862).

In base ad un secondo indirizzo, più attento agli effetti sostanziali di tale omessa verbalizzazione, tale omissione non costituisce di per sé motivo dì illegittimità dell’attività svolta dalla Commissione a meno che non vengano addotti elementi concreti e specifici tali da far ritenere probabile o quanto meno possibile la sostituzione delle buste, la manomissione delle offerte o altro fatto rilevante ai fini della regolarità della procedura (cfr., Consiglio di Stato, Sez. V, 18 ottobre 2011, n. 5579 e, più di recente, Consiglio di Stato, Sez. III, 14 gennaio 2013, n. 145).

Come ha, tuttavia, ben messo in luce la parte appellante, tale contrasto giurisprudenziale risulta apprezzabile soltanto sul piano della mera ricognizione dei principi risultanti dalle massime delle relative pronunce, poiché ad un esame approfondito, che tenga conto della situazione di fatto concreta e peculiare che ha caratterizzato le diverse controversie oggetto di sindacato giudiziale, per tale specifico aspetto risulta evidente che nella assoluta prevalenza delle statuizioni giudiziarie la fattispecie concreta presentava comunque degli aspetti peculiari tali da poter destare un ragionevole sospetto circa un’avvenuta manomissione dei documenti di gara o, comunque, il rischio concreto che tale manomissione potesse avvenire.

In altre parole, soltanto nella considerazione, molto spesso non esplicitata nell’ambito della massima delle relative pronunce, dell’esistenza di eventi anomali o anormali rispetto alla regolarità della procedura che rendano particolarmente avvertite le esigenze di integrità e segretezza delle offerte, la giurisprudenza più rigorista e formalista ha richiesto in astratto e senza bisogno di dimostrazioni specifiche, la sussistenza di una verbalizzazione puntuale circa l’adozione delle cautele impiegate dall’Amministrazione o dalla commissione per la custodia dei plichi.

Come ha, infatti, chiarito recentemente questo Consiglio (Consiglio di Stato, Sez. III, 5 febbraio 2013, n. 688), la pubblica amministrazione (P.A.) nelle gare di appalto ha la piena disponibilità e l’integrale responsabilità della conservazione degli atti di gara, cui in corso del procedimento l’interessato non può subito accedere, giusto quanto stabilito dall’art. 13, comma 2, D.lgs. n. 163/2006, spettando alla P.A. stessa, ma solo a fronte di una seria e non emulativa allegazione presuntiva dell’interessato circa l’effetto di non genuinità degli atti stessi e fermo il diritto d’accesso, di dare idonea contezza dell’efficacia dei metodi di custodia in concreto adoperati, a tal fine dimostrandola non solo con il verbale (che di per sé ha fede privilegiata), ma pure con ogni idoneo mezzo di prova.

Le anomalie che, pertanto, devono essere quantomeno allegate per dimostrare l’interesse non emulativo alla custodia dei plichi possono riassumersi (quasi tipizzarsi): nell’eccessiva durata delle operazioni di gara (è proprio il caso che la sentenza di questo Consiglio, Sez. V, n. 1617/2011, invocata dal TAR a sostegno della decisione qui impugnata, ha affrontato in relazione ad un’attività valutativa che, nel suo complesso, si è protratta per oltre 17 mesi); ovvero nell’inversione dell’ordine di valutazione tra offerta tecnica ed economica (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1862-2012); ovvero nella sottrazione di un documento di gara ad opera di ignoti o per la presenza di circostanziati elementi indiziari e sintomatici di una possibile manomissione dei documenti di gara (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4487/2011).

Pertanto, in presenza del generale obbligo di custodia dei documenti di una gara pubblica da parte della stazione appaltante, è da presumere che lo stesso sia stato assolto con l’adozione delle ordinarie garanzie di conservazione degli atti amministrativi, tali da assicurare la genuinità ed integrità dei relativi plichi.

In tal caso, la generica doglianza, secondo cui le buste contenenti le offerte non sarebbero state adeguatamente custodite, è irrilevante allorché non sia stato addotto alcun elemento concreto, quali in generale anomalie nell’andamento della gara ovvero specifiche circostanze atte a far ritenere che si possa essere verificata la sottrazione o la sostituzione dei medesimi plichi, la manomissione delle offerte o un altro fatto rilevante al fini della regolarità della procedura.

Nel caso in esame, il procedimento di gara non presenta alcun andamento anomalo, né il ricorrente in primo grado ha dedotto circostanze concrete da cui possa desumersi anche solo il rischio di una sottrazione o manomissione dei documenti di gara.

Infatti, il procedimento oggetto della presente controversia, la cui aggiudicazione è stata annullata dalla sentenza del TAR impugnata, non evidenzia alcun andamento anomalo che potrebbe giustificare un atteggiamento rigoroso rispetto all’omessa verbalizzazione delle operazioni di custodia delle buste.

Infatti, nel caso di specie, le operazioni di gara hanno avuto una corretta e ragionevole durata (dal 25 luglio 2011 sino all’8 novembre 2011), considerata la complessità delle offerte e la necessità di sostituire uno dei commissari; la valutazione delle offerte tecniche si è svolta in lineare sequenza, secondo l’ordine d’esame indicato nel disciplinare di gara; nel verbale n. 1 della seduta pubblica del 25 luglio 2011 deputata all’apertura dei plichi si è dato atto che tutti i plichi sono arrivati prima della scadenza del bando e che sono state rispettate le clausole relative al loro confezionamento e sigillatura, alla presenza dei membri della commissione e dei rappresentanti delle ditte partecipanti; è stata elencata in modo analitico la documentazione contenuta in ciascuna delle buste “A” relative alla documentazione amministrativa; nel verbale n. 4 della seduta pubblica del 12 settembre 2011, deputata all’apertura delle buste “B” relative alle offerte tecniche, si è dato atto, per ciascuno dei concorrenti, dell’integrità della sigillatura e della constatazione dell’effettiva presenza delle schede riepilogative dei servizi oggetto dell’appalto alla presenza dei rappresentanti delle ditte partecipanti alla gara e si è elencata in modo analitico la documentazione contenuta in ciascuna delle buste “B”; infine, in ciascuno dei verbali nn. 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 e 12 delle sedute riservate sono state puntualmente descritte tute le attività valutative svolte dalla Commissione giudicatrice e gli elaborati presi in esame, e nel verbale n. 13 della seduta pubblica dell’8 novembre 2011, deputata all’apertura delle buste “C” relative alle offerte economiche, si è dato atto della verifica preliminare dell’integrità della sigillatura alla presenza dei rappresentanti dei concorrenti.

Pertanto, la correttezza della procedura, l’assenza di anomalie di sorta che possano anche solo ritenere posta in pericolo l’integrità e la segretezza delle offerte, l’assenza di eventuali puntuali circostanze che indichino la violazione della riservatezza delle operazioni di gara, impediscono di prendere in considerazione l’omessa verbalizzazione di cui si discute quale elemento di illegittimità della procedura di gara.

Peraltro, si può ulteriormente osservare, a corollario delle suesposte argomentazioni, che l’art. 78, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006, nell’elencare le informazioni che devono essere contenute nei verbali di gara, non include fra le medesime anche le modalità di custodia e di conservazione dei plichi che, dunque, può ritenersi elemento essenziale solo qualora si evidenzino, come detto, rischi di manomissione o di violazione del principio di segretezza delle offerte.

Inoltre, si deve evidenziare che il nuovo testo dell’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163/2006 circoscrive ora la possibilità di esclusione dei candidati o dei concorrenti alle ipotesi in cui sia stato violato il principio di segretezza delle offerte a causa della non integrità del plico contenente l’offerta o la domanda di partecipazione o per altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, poiché tali difetti devono essere tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte.

E’ evidente che tale disposizione privilegia un approccio ermeneutico di natura sostanzialistica rispetto alla tutela del principio di segretezza delle offerte, approccio che, dunque, deve riguardare anche i suoi inevitabili corollari, quali la verbalizzazione circa le modalità di custodia dei documenti di gara.

L’appello, pertanto, deve essere accolto per tale motivo.

Passando, quindi, all’esame dell’appello incidentale, il Collegio osserva come l’appellata Aimeri Ambiente s.r.l. abbia proposto tale atto in via autonoma per ottenere il riesame dei motivi del ricorso in primo grado respinti dal Giudice di prime cure, unitamente all’esame ex novo del motivo dichiarato assorbito.

L’appellante incidentale censura la reiezione, da parte del TAR, del primo motivo di ricorso in base al quale l’offerta economica della società Quendoz s.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa in relazione al fatto che le percentuali minime di valorizzazione indicate per i servizi di raccolta e trasporto r.u. ed assimilati, compresi tra i così detti “servizi base”, ex art. 12, punto 1.2, i) e ii), e punto 2.2., del disciplinare di gara, riguarderebbero anche il “servizio di raccolta porta a porta dei rifiuti organici (umido)” incluso, invece, tra i così detti “servizi aggiuntivi”, sul presupposto che le percentuali proposte abbiano un valore così alto (dal 65% al 75%) da essere raggiungibili solo considerando anche la frazione umida.

Tale motivo non si ritiene fondato, come correttamente evidenziato dal TAR.

Infatti, a prescindere dal fatto che l’intero impianto argomentativo della censura sopra sintetizzata si basa su un dato meramente ipotetico e presuntivo, che non trova dimostrazione esaustiva in giudizio, si deve rilevare che la dichiarazione d’offerta della Quendoz s.r.l. correla i valori percentuali ivi indicati soltanto ai “servizi base” e non anche ai “servizi aggiuntivi” tra i quali è contemplato anche il “servizio di raccolta porta a porta dei rifiuti organici (umido)”; tali percentuali appaiono ragionevolmente coerenti con la proposta, contenuta nell’offerta tecnica, di implementare i servizi di raccolta, trattamento e recupero dei rifiuti organici mediante compostaggio (servizi estranei ai così detti «servizi aggiuntivi), mediante la distribuzione “a tutte le utenze della città di Aosta che dovessero partecipare ai corsi di compostaggio domestico organizzati dalla nostra azienda fino a 5.000 compostiere domestiche” (cfr. doc. 4 Quendoz s.r.l. del fascicolo di primo grado).

L’attività di compostaggio, infatti, oltre a consentire la valorizzazione immediata del rifiuto, diminuisce anche sensibilmente la quantità del materiale conferito in discarica.

Pertanto, facendo applicazione del disposto di cui all’art. 34 del capitolato speciale d’appalto, ove la percentuale di valorizzazione è intesa come rapporto tra le frazioni valorizzabili raccolte e la quantità complessiva di rifiuti raccolta, si può concludere come una riduzione del denominatore più accentuata di quella del numeratore si traduca in un aumento del valore del rapporto e, quindi, della percentuale di valorizzazione.

Peraltro, anche ammesso che le percentuali offerte da Quendoz s.r.l. siano da ritenersi eccessive, l’unica conseguenza sarebbe l’attribuzione di un punteggio pari a zero e non l’esclusione della relativa offerta economica, essendo il concorrente comunque obbligato, per effetto di quanto previsto dal capitolato, a garantire entro il 31.12.2011 e negli anni successivi il raggiungimento di una percentuale di valorizzazione su base annua pari ad almeno il 50%.

Lo scarto tra l’offerta dell’appellante incidentale e quella dell’appellante principale è, tuttavia, di tale misura che, anche ipotizzando l’attribuzione di un punteggio pari a zero all’offerta della controinteressata in corrispondenza della proposta migliorativa degli obiettivi minimi di valorizzazione, il risultato finale non muterebbe la posizione di seconda in graduatoria della società Aimeri Ambiente s.r.l..

L’appellante incidentale contesta inoltre la sentenza del TAR nella parte in cui avrebbe omesso di far rilevare l’inattendibilità dell’offerta economica della società Quendoz s.r.l. relativa ai servizi base di progettazione e attuazione della campagna informativa per il raggiungimento degli obiettivi fissati nell’ambito dell’organizzazione dei servizi (così come definita nell’art. 2 punto 2.2 sottopunto 4 e nell’art. 6 punto 6.4 del capitolato speciale d’appalto) e di assistenza tecnica (così come definito nell’art. 2 punto 2.2 sottopunto 5 e nell’art. 6 punto 6.5 del capitolato speciale d’appalto).

Il Collegio rileva che il dato dei ribassi offerti per i servizi relativi alla campagna informativa e all’assistenza tecnica, in sé e per sé considerati, non incidono sull’attendibilità dell’offerta in quanto, in primo luogo, non è possibile fissare a priori una quota di utile rigida al di sotto della quale la proposta dell’appaltatore debba considerarsi per definizione incongrua (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 25 novembre 2010, n. 8227).

In secondo luogo, perché, come è noto, i singoli prezzi sottoposti a verifica di anomalia non devono essere considerati isolatamente ma alla luce della loro incidenza sull’offerta globale; infatti, la funzione del giudizio di anomalia dell’offerta è quella di garantire un equilibrio tra la convenienza della P.A. ad affidare l’appalto al prezzo più basso e l’esigenza di evitarne l’esecuzione con un ribasso che si attesti al di là del ragionevole limite dettato dalle leggi di mercato, giacché il sub-procedimento di verifica dell’anomalia non tende a selezionare l’offerta che è più conveniente per la stazione appaltante; la ratio cui è preordinato l’indicato meccanismo di controllo consiste, invece, nell’assicurare la piena affidabilità della proposta contrattuale. Di conseguenza un’offerta non può essere considerata anomala solo perché determinate voci di prezzo si discostano da quelle di mercato, ma occorre invece che gli scostamenti rendano l’offerta nel suo complesso inaffidabile, e dunque inidonea a garantire la serietà dell’esecuzione del contratto.

Ciò implica la necessità di valutare l’incidenza di ciascuna voce di cui si compone l’offerta sull’offerta globalmente intesa al fine di valutare se il rispettivo carattere anormalmente basso si traduca nell’inattendibilità e mancanza di serietà dell’intera offerta o se i singoli elementi di costo eventualmente affetti da anomalia possano essere compensati da economie, ravvisabili negli altri elementi e/o nella complessiva offerta, idonee a controbilanciare le voci ritenute deficitarie; nel caso in esame gli importi a base di gara della progettazione ed attuazione della campagna informativa e del servizio di assistenza tecnica sono pari, rispettivamente, ad euro 210.000,00 e ad euro 180.000,00 per tutta la durata del rapporto e la loro incidenza sull’importo totale del contratto (pari ad euro 27.412.200,00) è quindi di meno dell’1% sia per la campagna informativa sia per il servizio di assistenza tecnica.

La somma di entrambi gli importi rappresenta, quindi, soltanto una percentuale minima dell’intera offerta e l’eventuale incongruità di quegli importi non è in grado, di per sé, di inficiare l’intera offerta, in assenza di altri elementi, non prospettati dall’appellante incidentale.

In riferimento al terzo motivo di ricorso incidentale, il Collegio rileva che, in seguito all’esame delle offerte economiche, la commissione giudicatrice ha stabilito, nella seduta dell’8.11.2011 (verbale n. 14), di richiedere alla società Aimeri Ambiente s.r.l. dei chiarimenti relativi al sistema multiutenza di raccolta-trattamento-recupero dei rifiuti organici e, nel produrre i chiarimenti richiesti, la stessa ha mosso contestazioni sull’offerta della società Quendoz s.r.l. che non sono state prese in considerazione in quanto estranee a quanto richiesto.

Tale decisione amministrativa deve ritenersi immune da vizi in relazione al principio generale, scolpito nell’ art. 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in base al quale l’obbligo dell’Amministrazione di valutare le memorie scritte e i documenti presentati sussiste in quanto gli stessi siano pertinenti all’oggetto del procedimento; nel caso di specie, tali contestazioni erano evidentemente del tutto estranee a quel sub-procedimento.

Infine, per quanto riguarda il motivo di censura con cui si ripropone in via subordinata la ragione di impugnazione che il TAR Valle d’Aosta ha ritenuto assorbito dal motivo accolto, il Collegio ne ravvisa l’inammissibilità in quanto proposto oltre il termine ex art. 101, comma 2, c.p.a., intendendosi rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell’atto di appello o, per le parti diverse dall’appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio.

La notificazione dell’appello principale è avvenuta in data 26.7.2012 e il termine per la costituzione in giudizio (tenuto conto, ex art. 46 c.p.a., della sospensione feriale dei termini processuali e del loro dimezzamento ai sensi dell’art. 119 c.p.a.) è scaduto il 10.10.2012; Aimeri Ambiente s.r.l. si è costituita in giudizio con memoria in data 3.9.2012, depositata in data 4.9.2012, contestando il motivo d’appello, ma senza riproporre espressamente e puntualmente la censura dichiarata assorbita.

L’appello incidentale, notificato in data 10.10.2012, è stato depositato in data 11.10.2012, oltre il termine sopra indicato, quindi, tardivamente.

Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello incidentale deve essere in parte dichiarato inammissibile ed in parte respinto, in quanto infondato e l’appello principale deve essere accolto, con conseguente reiezione del ricorso di primo grado in riforma della sentenza del TAR impugnata.

Le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello principale come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Dichiara in parte inammissibile ed in parte respinge l’appello incidentale.

Condanna l’appellante incidentale al pagamento delle spese di lite, spese che liquida in euro 6000,00, oltre accessori di legge, in favore dell’appellante principale e in euro 4000,00, oltre accessori di legge, in favore del Comune appellato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Carmine Volpe, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere, Estensore

Carlo Schilardi, Consigliere

Giancarlo Luttazi, Consigliere