Cons. Stato, V sez., 4 dicembre 2025, n. 9566

E invero, fatti salvi i trattamenti minimi retributivi, gli scostamenti del costo del personale ben possono trovare compensazione, o copertura sotto il profilo economico-finanziario, in altre voci, quali quelle per spese generali, fondi accantonamenti rischi, utile d’impresa (Cons. Stato, Sez. V, 12/11/2024, n. 9036; 10/11/2022, n. 9861).

Le giustificazioni relative alla propria organizzazione aziendale che il concorrente può addurre, ai sensi dell’art. 41, comma 14, per spiegare lo scostamento dal costo della manodopera indicato dalla stazione appaltante vanno, del resto, valutate, ai sensi dell’art. 110, comma 2, del D. Lgs. n. 36/2023, sulla base di apposito contradditorio procedimentale.

Guida alla lettura

Il sindacato del Giudice amministrativo sulla verifica dell’anomalia dell’offerta implica un preliminare indugio sulla natura del potere esercitato dalla stazione appaltante in tale fase procedimentale. Il tema è stato a più riprese scrutinato dalla giurisprudenza, ma assume connotati peculiari qualora l’anomalia derivi dal mancato rispetto dei minimi salariali, aspetto vagliato dalla sentenza in commento.

Nel caso concreto, infatti, il Tar aveva accolto il ricorso, non statuendo, però, l’esclusione dell’aggiudicatario, ma condannando il committente pubblico al riesercizio del potere. Soluzione coerente con numerosi arresti giurisprudenziali, che hanno chiarito che  tale verifica ha natura discrezionale tecnica, pertanto la decisione della p.a. può essere sindacata solo se manifestamente illogica, irragionevole o inattendibile; trattasi, dunque, di un sindacato intrinseco ma non sostitutivo (ex multis, Cons. St., sez. V, 31 dicembre 2024, n. 10542; Tar Sicilia, Catania, sez. III, 12 settembre 2025, n. 2645; scaricabili con commento sul portale ItaliAppalti ai seguenti link https://www.italiappalti.it/leggiarticolo.php?id=5532;https://www.italiappalti.it/leggiarticolo.php?id=5904). L’illegittimità del provvedimento adottato dalla stazione appaltante all’esito della valutazione dell’anomalia non esaurisce il potere amministrativo e, pertanto, il Giudice deve limitarsi a ordinare una nuova verifica, non potendo, invece, escludere il concorrente; in caso contrario si assisterebbe finanche a una violazione del principio di separazione dei poteri.

L’assunto trova una deroga nell’ipotesi in cui la proposta dell’operatore economico contempli l’inosservanza dei trattamenti salariali minimi inderogabili sanciti dalla legge; in tal caso, ai sensi dell’art. 110 D.Lgs. 36/2023, la stazione appaltante esclude l’offerta. L’utilizzo dell’indicativo presente attesta che in tali fattispecie, ossia a fronte della violazione dei trattamenti salariali minimi inderogabili, il potere dell’amministrazione è vincolato, non potendo quest’ultima, rectius non dovendo, neanche chiedere chiarimenti all’offerente. L’esclusione, se non disposta dalla stazione appaltante, potrà essere, dunque, statuita dal giudice amministrativo in accoglimento del ricorso di altro concorrente.

Appare evidente che trattasi di norma eccezionale, idonea a derogare alla generale discrezionalità della verifica dell’anomalia dell’offerta, e, pertanto, inapplicabile analogicamente. Per le ragioni suesposte il Consiglio di Stato ha respinto l’appello, ritenendo dunque legittimo il remand deciso dal Tar, osservando che nella fattispecie concreta l’offerta contemplasse una retribuzione al di sotto del costo medio della manodopera, che rappresenta, però, concetto differente dal trattamento salariale minimo. Il costo medio della manodopera, infatti, ha una funzione meramente indicativa, consentendo all’impresa di dimostrare che gli scostamenti in peius delle retribuzioni sono compensati da altre voci, quali ad esempio le spese generali o i fondi accontamenti rischi.

I minimi retributivi, invece, configurano una soglia assoluta e inderogabile in peius, la cui violazione comporta l’esclusione dalla gara.

Se anche in caso di mancata osservanza del costo medio della manodopera, si disponesse l’estromissione del concorrente, si assisterebbe a una- inammissibile- applicazione analogica dell’art. 110 D. Lgs. 36/2023; inoltre, qualora si ritenesse che l’esito escludente possa essere stabilito dal giudice amministrativo, si tramuterebbe- illegittimamente- il potere discrezionale della stazione appaltante di verificare l’anomalia dell’offerta in potere vincolato.

Secondo la Corte: “Alla luce del delineato quadro normativo l’offerta dev’essere, dunque, esclusa, per anomalia, laddove il costo del personale risulti inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle tabelle ministeriali poc’anzi citate.

Ma nella specie, non risulta provato che l’offerta dell’aggiudicataria violasse i detti minimi retributivi.

Peraltro, per consolidata giurisprudenza, il concetto di minimo salariale va tenuto distinto da quello relativo al costo medio della manodopera, indicato nelle tabelle ministeriali, il quale non assume valore di parametro assoluto e inderogabile, ma svolge una funzione indicativa, ben potendo l'impresa concorrente evidenziare una particolare organizzazione imprenditoriale idonea a dimostrare la sostenibilità degli scostamenti (Cons. Stato, Sez. V, 15/4/2024, 3407; 18/2/2019, n. 1099; 6/2/2017, n. 501)”.

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4908 del 2025, proposto da
Poste Italiane s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG B2360065FC, rappresentata e difesa dagli avvocati Arturo Cancrini, Francesco Vagnucci e Flavia Speranza, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, piazza San Bernardo, n. 101;

contro

Hera s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Alessandro Lolli, con domicilio digitale di pec come in atti;

nei confronti

Fulmine Group s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Bonanni e Daniele Bracci, con domicilio digitale di pec come in atti;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna – Bologna (Sezione Seconda) n. 00209/2025, resa tra le parti.


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Hera s.p.a. e di Fulmine Group s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 novembre 2025 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Vagnucci, Lolli e Lanzaro, per delega dell'avvocato Bracci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con bando di gara del 26/4/2024 Hera s.p.a. ha indetto una procedura aperta, suddivisa in lotti, per l’affidamento, mediante stipula di apposito accordo quadro, “… del servizio di smistamento, recapito e distribuzione documenti e lettere raccomandate ai clienti delle società del Gruppo Hera - TENDER T24_5555 RDO R24_6207”.

In base all’art. 4, lett. c), del disciplinare di gara, ciascun concorrente avrebbe dovuto inserire nell’offerta economica i due seguenti allegati:

1) dichiarazione dei costi della manodopera e oneri della sicurezza aziendali (allegato G);

2) analisi giustificativa dell’offerta economica (allegato H).

Il capitolato speciale d’appalto, all’art. 4 quantificava, inoltre, il costo complessivo della manodopera per tutti i lotti, senza stabilire, per ciascuno di essi, a quanto ammontasse tale costo.

La specificazione è avvenuta con il chiarimento n. 15, dal quale emerge, tra l’altro, che, in relazione al lotto 2, il costo della manodopera era pari a € 6.291.000, su un importo a base d’asta, per il medesimo lotto, di € 10.485.000.

All’esito delle operazioni di gara, la Fulmine Group s.p.a., che aveva indicato una spesa per la manodopera di € 5.589.323,95, si è posizionata al primo posto, con punti 94 (84 per l’offerta tecnica e 10 per quella economica), davanti a Poste Italiane s.p.a., seconda classificata, con punti 91,93 (90 per l’offerta tecnica e 1,93 per quella economica).

Conclusa positivamente la verifica di congruità dell’offerta economica Hera ha, quindi, affidato la commessa alla Fulmine Group.

Ritenendo l’aggiudicazione illegittima Poste Italiane l’ha impugnata con ricorso al T.A.R. Emilia-Romagna – Bologna, domandando:

a) in via principale la diretta esclusione dell’aggiudicataria per avere proposto un ribasso dei costi della manodopera di € 701.676,05, adoperando minimi retributivi non aggiornati e senza giustificare il detto ribasso secondo quanto prescritto dall’art. 41, comma 14, del D. Lgs. 31/3/2023 n. 36 (codice dei contratti pubblici);

b) in via subordinata, la condanna di Hera alla rinnovazione della verifica di congruità dell’offerta in base ai parametri di legge.

L’adito Tribunale ha definito il gravame con sentenza 4/3/2025, n. 209, con la quale, respinta la domanda rivolta a ottenere l’immediata esclusione dalla gara dell’aggiudicataria, ha accolto il ricorso limitatamente alla richiesta subordinata, disponendo, per l’effetto, l’annullamento dell’aggiudicazione e la rinnovazione della verifica di congruità con precipua attenzione ai costi della manodopera e ai costi aggiornati relativi al CCNL previsto dalla lex specialis.

Avverso la sentenza ha proposto appello Poste Italiane.

Per resistere al ricorso si sono costituite in giudizio Hera e Fulmine Group.

Con successive memorie tutte le parti hanno ulteriormente argomentato le rispettive tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 6/11/2025 la causa è passata in decisione.

Può prescindersi dall’esame delle eccezioni di inammissibilità, sollevate dalle appellate, essendo l’impugnazione da respingere nel merito.

Con un unico motivo di gravame Poste Italiane critica l’impugnata sentenza nella parte in cui non ha accolto la doglianza rivolta a ottenere l’immediata esclusione dalla gara della Fulmine Group, in considerazione del fatto che quest’ultima avrebbe indicato un costo per la manodopera notevolmente inferiore a quello quantificato dalla stazione appaltante e che a tale risultato sarebbe giunta facendo riferimento a valori tabellari non aggiornati (i.e. risalenti al 2021) e anteriori non solo alle tabelle ministeriali vigenti e applicabili alla procedura per cui è causa, ma anche al rinnovo del CCNL di riferimento, avvenuto nel novembre del 2023 e recante aumenti salariali valevoli sin dall’1/1/2024 e, quindi, già efficaci al momento della presentazione dell’offerta.

Vero è che la normativa di riferimento (artt. 41, commi 13 e 14, 108, comma 9 e 110, commi 1 e 5, del D. Lgs. n. 36/2023) consentirebbe all’operatore economico di proporre ribassi anche sui costi della manodopera, ma ciò soltanto dimostrando di disporre “di una più efficiente organizzazione aziendale”.

Nella fattispecie tale dimostrazione non sarebbe stata data, in quanto la Fulmine Group avrebbe proposto costi della manodopera inferiori a quelli indicati nella lex specialis, solo in quanto avrebbe applicato il CCNL contemplato all’art. 32 del capitolato speciale d’appalto (codice CNEL K711) adoperando però, in contrasto con le norme più sopra richiamate, le tabelle ministeriali adottate nel mese di giugno 2021, invece che quelle aggiornate e vigenti al momento dell’indizione della gara.

Tutto ciò, oltre che viziare la verifica di congruità, in quanto imperniata su una richiesta di chiarimenti relativa, soltanto, ai mezzi d’opera e all’entità dell’utile d’impresa, avrebbe dovuto comportare l’immediata esclusione dalla gara dell’aggiudicataria, non avendo quest’ultima dimostrato che il proposto ribasso sui costi della manodopera, dipendeva da ragioni inerenti alla propria organizzazione aziendale.

Ne discende che Hera, esaminati gli allegati G e H prodotti dall’aggiudicataria, avrebbe dovuto, in applicazione della norma di cui all’art. 110, comma 5, lett d), del D. Lgs. n. 36/2023, disporne l’immediata esclusione dalla gara, per avere esposto un costo del personale inferiore ai minimi salariali indicati nelle apposite tabelle di cui all'articolo 41, comma 13.

Peraltro, Fulmine Group avrebbe dichiarato di aver utilizzato tabelle ministeriali relative al CCNL K721 aggiornate al 2021 in quanto quelle concernenti il CCNL K711, dalla medesima applicato, sarebbero state troppo datate (sarebbero risalite al 2016).

Se così è la detta concorrente avrebbe, però, dovuto utilizzare le tabelle del CCNL 721 più recenti (ovvero quelle del 2024) e non quelle precedenti.

E’, comunque, da rilevare che il CCNL K711 sarebbe stato rinnovato nel novembre del 2023, prevedendo aumento salariali a decorrere dal 1/1/2024, per cui non si sarebbe potuto far riferimento a tabelle ministeriali che stabiliscono minimi salariali inferiori a quelli fissate nel nuovo CCNL K711.

L’appellata sentenza sarebbe, inoltre, errata nella parte in cui ha ritenuto come nella fattispecie la verifica di congruità, pur eseguita, non fosse necessaria poiché l’offerta non sarebbe risultata anomala.

Al contrario, in base alle norme più sopra citate, l’offerta della Fulmine Group avrebbe dovuto essere immediatamente esclusa dalla gara, risultando anormalmente bassa per violazione dei minimi salariali indicati nelle tabelle ministeriali di riferimento.

Non sarebbe condivisibile nemmeno l’affermazione con cui il giudice di prime cure ha escluso che, l’utilizzo delle tabelle ministeriali aggiornate

al 2021, anziché al 2024, potesse considerarsi, di per sé, espressione di incongruità dei costi della manodopera, tenuto conto che le tabelle utilizzate sarebbero, comunque, più recenti di quelle relative al CCNL K711 aggiornate al 2016. L’art. 110, comma 5, del D. Lgs. n. 36/2023 stabilirebbe, infatti, che la mancata osservanza dei minimi retributivi vigenti sia da sanzionare con l’esclusione dalla gara.

Peraltro, nel novembre 2023 sarebbe stato stipulato il nuovo CCNL K711 che avrebbe previsto aumenti salariali (pari a circa il 6,9%) a decorrere dal 1/1/2024.

L’aggiudicataria, in ogni caso, avrebbe dovuto provare, mediante l’allegato H, come il ribasso sul costo della manodopera, fosse dovuto a una “più efficiente organizzazione aziendale”, ma il detto allegato non conterrebbe una tale dimostrazione, né, in base alla lex specialis, sarebbe stato possibile fornirla nella successiva fase della verifica di congruità.

Il Tribunale avrebbe, quindi, errato a ritenere che, in sede procedimentale, l’aggiudicataria avrebbe potuto dimostrare la congruità della propria offerta.

La doglianza così sinteticamente riassunta non merita accoglimento.

L’art. 108, comma 9, del D. Lgs. n. 36/2023 dispone che: “Nell'offerta economica l'operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale”.

Nel caso di specie, non ricorrevano i presupposti per adottare, nei confronti della Fulmine Group, l’invocato provvedimento espulsivo immediato, avendo quest’ultima espressamente indicato i costi della manodopera, seppur in misura inferiore a quella stabilita dalla stazione appaltante.

La detta concorrente non poteva essere esclusa dalla gara, in via diretta, nemmeno ai sensi del successivo art. 110 del medesimo D. Lgs.

Quest’ultimo, per quanto qui rileva, prevede che:

i) la stazione appaltante valuti la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell'articolo 108, comma 9 (ovvero quelli della manodopera), appaia anormalmente bassa;

ii) in presenza di un’offerta che appaia anormalmente bassa la stazione appaltante è tenuta a richiedere per iscritto all'operatore economico le spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti;

iii) non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge;

iv) la stazione appaltante esclude l'offerta laddove, tra l’altro, quest’ultima risulti anormalmente bassa in quanto il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all'articolo 41, comma 13.

Alla luce del delineato quadro normativo l’offerta dev’essere, dunque, esclusa, per anomalia, laddove il costo del personale risulti inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle tabelle ministeriali poc’anzi citate.

Ma nella specie, non risulta provato che l’offerta dell’aggiudicataria violasse i detti minimi retributivi.

E invero, è incontestato che:

a) la Fulmine Group applichi al proprio personale il “CCNL per il personale dipendente da imprese private operanti nel settore della Distribuzione, del Recapito e dei Servizi Postali” (codice CNEL K711), così come previsto dall’art. 32 del capitolato speciale d’appalto;

b) in relazione a tale contratto collettivo, l’ultimo aggiornamento delle tabelle ministeriali sul costo medio del lavoro, risalga al 2016;

c) la detta concorrente abbia fatto riferimento, ai fini del calcolo del costo del lavoro, alle tabelle afferenti al diverso CCNL dedicato alle imprese esercenti servizi postali in appalto (codice CNEL K721), in quanto aggiornate al 2021 e quindi, a suo dire, maggiormente attuali.

L’appellante sostiene che l’aggiudicataria avrebbe dovuto utilizzare le tabelle di tale ultimo contratto aggiornate al 2024, che prevederebbero un salario minimo più elevato di quello indicato nelle corrispondenti tabelle del 2021, ma la tesi non è condivisibile, non essendo configurabile un onere dell’appellata di utilizzare tabelle afferenti a un contratto collettivo diverso (K721) da quello effettivamente applicato al proprio personale (K711).

Peraltro, per consolidata giurisprudenza, il concetto di minimo salariale va tenuto distinto da quello relativo al costo medio della manodopera, indicato nelle tabelle ministeriali, il quale non assume valore di parametro assoluto e inderogabile, ma svolge una funzione indicativa, ben potendo l'impresa concorrente evidenziare una particolare organizzazione imprenditoriale idonea a dimostrare la sostenibilità degli scostamenti (Cons. Stato, Sez. V, 15/4/2024, 3407; 18/2/2019, n. 1099; 6/2/2017, n. 501).

Non può, pertanto, desumersi dal mero disallineamento tra costo della manodopera indicato nell’offerta e costo medio del lavoro rappresentato nelle tabelle ministeriali, la violazione dei minimi salariali (Cons. Stato, Sez. V, 18/4/2025, n. 3418).

E invero, fatti salvi i trattamenti minimi retributivi, gli scostamenti del costo del personale ben possono trovare compensazione, o copertura sotto il profilo economico-finanziario, in altre voci, quali quelle per spese generali, fondi accantonamenti rischi, utile d’impresa (Cons. Stato, Sez. V, 12/11/2024, n. 9036; 10/11/2022, n. 9861).

Le giustificazioni relative alla propria organizzazione aziendale che il concorrente può addurre, ai sensi dell’art. 41, comma 14, per spiegare lo scostamento dal costo della manodopera indicato dalla stazione appaltante vanno, del resto, valutate, ai sensi dell’art. 110, comma 2, del D. Lgs. n. 36/2023, sulla base di apposito contradditorio procedimentale.

Ne discende che, correttamente, il Tribunale ha disposto il contestato remand affinché la committente procedesse a rinnovare il procedimento di verifica della congruità dell’offerta alla luce degli elementi di valutazione specificati in sentenza.

L’appello va, in definitiva, respinto.

Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore delle appellate, liquidandole, forfettariamente, in complessivi € 3.000/00 (tremila), pro parte, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2025 con l'intervento dei magistrati:

Diego Sabatino, Presidente

Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore

Valerio Perotti, Consigliere

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Marina Perrelli, Consigliere