TAR Lazio, Roma, sez. I ter, 16 luglio 2025, n. 14014
Per "danno ingiusto" risarcibile ai sensi dell'art. 2043 c.c., si intende non qualsiasi perdita economica ma solo la perdita ingiusta, ovvero verificatasi con modalità contrarie al diritto; ne consegue, quindi, la necessità, per chiunque pretenda un risarcimento, di dimostrare la c.d. "spettanza del bene della vita" ovvero la necessità di allegare e provare di essere titolare, in base ad una norma giuridica, del bene della vita che ha perduto e di cui attraverso la domanda giudiziale vorrebbe ottenere l'equivalente economico (Cons. Stato, sez. VI, 10 luglio 2017, n. 3392). Altresì, deve sussistere il doppio rapporto di causalità tra il provvedimento lesivo ed il danno evento e tra quest'ultimo ed il danno conseguenza, in base ai principi della causalità giuridica (Cons. Stato, sez. III, 5 settembre 2017, n. 4195).
Infine, con riferimento all'elemento soggettivo (ovvero la colpevole condotta antigiuridica della stessa amministrazione), affinché sussista il requisito della colpa è necessario verificare se l'emanazione e l'esecuzione dell'atto impugnato siano avvenuti in violazione delle regole della imparzialità, correttezza e buona fede, alle quali l'esercizio della funzione pubblica deve costantemente attenersi.
Come evidenziato dalla Federazione, in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, la designazione ad arbitrare le gare non configura, infatti, un diritto soggettivo; né il contrario risulta dai Criteri di Impiego e Valutazione degli arbitri -OMISSIS- depositati da parte ricorrente, trattandosi di una semplice regola organizzativa stabilita dalla Federazione di impiego degli arbitri finalizzata ad una adeguata istruzione e formazione tecnica degli arbitri, rispetto alla quale non risulta connesso di per sé alcun diritto degli arbitri alla percezione di retribuzioni e indennità in assenza della effettiva direzione delle gare.
Guida alla lettura
La sentenza in commento scrutina il risarcimento del danno causato dal provvedimento di una federazione sportiva, indagando sia gli aspetti processuali sia quelli di natura sostanziale. Nel caso concreto il ricorrente era stato escluso dalle liste degli arbitri della serie A2 di pallacanestro con atto provvedimentale poi annullato dagli Organi di Giustizia sportiva e, dunque, aveva richiesto il risarcimento del danno economico derivante dalle mancate designazioni arbitrali scaturite dall’illegittima esclusione.
Il Tar ha, innanzitutto, chiarito l’operatività della giurisdizione del giudice amministrativo, uniformandosi, quindi, a quanto stabilito dal Tribunale ordinario di Roma, sez. lavoro, che aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione per la medesima controversia. Il Collegio, in particolare, ha osservato che la domanda aveva natura risarcitoria e, pertanto, esulasse dall’alveo della Giustizia sportiva e fosse, invece, sussumibile nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, lett. z, c.p.a.; la fattispecie in oggetto, infatti, non rientrava nemmeno nell’ambito delle questioni economiche tra società, associazioni e atleti.
Occorre rammentare che la giurisdizione amministrativa è comunemente definita quale “giurisdizione di completamento”, poiché essa opera anche con riferimento alla lesione di un diritto soggettivo, ma purché essa sia comunque connessa all’esercizio di un potere pubblicistico. Essa, invece, non è applicabile qualora il vulnus del diritto soggettivo prescinda totalmente dal corretto esercizio di tale potere.
Ebbene, nella presente fattispecie il danno lamentato dal ricorrente traeva scaturigine dal provvedimento della Federazione Italiana Pallacanestro e, quindi, dall’esercizio- illegittimo secondo la prospettazione del privato- del potere pubblicistico.
Chiarita l’operatività dell’art. 133, lett. z., c.p.a., il Tribunale Amministrativo Regionale ha soggiunto che la responsabilità ex art. 2043 c.c. della p.a. postula la sussistenza della colpa, il danno ingiusto, la causalità materiale (ossia il nesso eziologico tra la condotta colposa dell’ente e l’evento dannoso) e la causalità giuridica (ossia il nesso eziologico tra eventus damni, ossia il provvedimento amministrativo, e le conseguenze patite). Rispetto al paradigma ordinario dell’art. 2043 c.c., la responsabilità aquiliana dell’Amministrazione ha natura soggettiva presunta poiché grava sull’ente pubblico/danneggiante dimostrare l’insussistenza dell’elemento soggettivo, in specie che il provvedimento illegittimo è derivato da un errore scusabile, ad esempio dalla nebulosità del dato normativo applicabile nel caso concreto e/o all’esistenza di contrasti giurisprudenziali.
Nella fattispecie vagliata dal Tar in ogni caso si è ritenuto insussistente il danno ingiusto derivante dalla mancata designazione, poiché- stante l’assenza di un rapporto di lavoro tra arbitro e FIP- la direzione di una partita di basket di serie A2 per gli arbitri inclusi nell’apposita lista non assurge a diritto soggettivo, ma al più a mera aspettativa.
“Il Collegio ritiene infondata l’eccezione di difetto assoluto di giurisdizione sollevata dalla Federazione, posto che nel caso di specie la controversia non verte sull’illegittimità del provvedimento che ha disposto l’inserimento del -OMISSIS- nel ruolo degli arbitri fuori quadro (questione che è già stata decisa all’interno degli organi della giustizia sportiva con le richiamate pronunce della Commissione Giudicante Nazionale e della Corte federale), quanto piuttosto sulla domanda di ristoro avanzata da quest’ultimo rispetto alle conseguenze del provvedimento di esclusione, che avrebbe inciso su una situazione giuridica soggettiva che lo stesso prospetta in termini di diritto soggettivo, come tale protetta dall'ordinamento generale (cfr. sul tema Cons. Stato, sez. VI, n. 2333/2009). A fronte del dettato dell'art. 2 D.L. 220/2003 e dell’art. 133, lett. z), cod. proc. amm., sussiste quindi la giurisdizione amministrativa, poiché, come noto, si tratta di questione non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo, innanzi ai quali la pretesa risarcitoria non può essere fatta valere (si veda la sentenza della Corte Costituzionale n. 49/2011).
9. In disparte l’eccezione di intervenuta prescrizione della pretesa risarcitoria del ricorrente sollevata dalla Federazione, il ricorso è infondato per le ragioni di seguito esposte: in particolare, per "danno ingiusto" risarcibile ai sensi dell'art. 2043 c.c., si intende non qualsiasi perdita economica ma solo la perdita ingiusta, ovvero verificatasi con modalità contrarie al diritto; ne consegue, quindi, la necessità, per chiunque pretenda un risarcimento, di dimostrare la c.d. "spettanza del bene della vita" ovvero la necessità di allegare e provare di essere titolare, in base ad una norma giuridica, del bene della vita che ha perduto e di cui attraverso la domanda giudiziale vorrebbe ottenere l'equivalente economico (Cons. Stato, sez. VI, 10 luglio 2017, n. 3392). Altresì, deve sussistere il doppio rapporto di causalità tra il provvedimento lesivo ed il danno evento e tra quest'ultimo ed il danno conseguenza, in base ai principi della causalità giuridica (Cons. Stato, sez. III, 5 settembre 2017, n. 4195).
Infine, con riferimento all'elemento soggettivo (ovvero la colpevole condotta antigiuridica della stessa amministrazione), affinché sussista il requisito della colpa è necessario verificare se l'emanazione e l'esecuzione dell'atto impugnato siano avvenuti in violazione delle regole della imparzialità, correttezza e buona fede, alle quali l'esercizio della funzione pubblica deve costantemente attenersi (Tar Puglia, sez. staccata di Lecce, sez. II, 10 agosto 2017, n. 1404); al riguardo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l'illegittimità dell'atto quale indice presuntivo della colpa, mentre resta a carico dell'Amministrazione l'onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile derivante dalla sussistenza di contrasti giurisprudenziali, di incertezza del quadro normativo di riferimento o di particolare complessità della situazione di fatto, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento (Tar Basilicata, 19 giugno 2017, n. 451; Tar Napoli, sez. V, 16 gennaio 2017, n. 387; Cons. Stato, sez. IV, 6 aprile 2016, n. 1347; Cons. Stato, sez. III, 5 settembre 2017, n. 4195).
14. Ebbene, nel caso di specie il ricorrente nulla ha dedotto in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi dell’illecito aquiliano, essendosi limitato, in maniera generica, a richiedere il risarcimento dei danni asseritamente subiti a causa del provvedimento di esclusione poi annullato dagli organi della giustizia sportiva.
15. Indimostrato risulta il profilo della colpa dell’Amministrazione, non avendo in proposito parte ricorrente dedotto alcun elemento a supporto e non essendo sufficiente a tal fine la circostanza che il provvedimento di esclusione dallo stesso gravato sia stato annullato in sede di giustizia sportiva con la decisione del -OMISSIS- della Commissione Giudicante Nazionale, confermata il -OMISSIS- dalla Corte Federale.
15. Parimenti, aderendo alla prospettazione della Federazione, ritiene il Collegio che il ricorrente non abbia fornito alcuna dimostrazione dell’ingiustizia del danno derivante dalla mancata designazione per la stagione -OMISSIS-.
16. Come evidenziato dalla Federazione, in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, la designazione ad arbitrare le gare non configura, infatti, un diritto soggettivo; né il contrario risulta dai Criteri di Impiego e Valutazione degli arbitri -OMISSIS- depositati da parte ricorrente, trattandosi di una semplice regola organizzativa stabilita dalla Federazione di impiego degli arbitri finalizzata ad una adeguata istruzione e formazione tecnica degli arbitri, rispetto alla quale non risulta connesso di per sé alcun diritto degli arbitri alla percezione di retribuzioni e indennità in assenza della effettiva direzione delle gare; previsione che peraltro comunque non riguardava l’odierno ricorrente, il quale, nella stagione -OMISSIS- non militava nella lista di -OMISSIS-, ma arbitrava i campionati regionali, e la cui reintegra è stata disposta ex nunc e non retroattivamente, a partire cioè dalla stagione sportiva successiva -OMISSIS-. Quanto alle gare del campionato di U19, peraltro, il ricorrente non ha prodotto alcuna allegazione che preveda un “minimo” di gare né che la direzione di tali gare fosse collegata alla permanenza nella lista di -OMISSIS-.”
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7135 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Roberto Afeltra, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Federazione Italiana Pallacanestro, rappresentata e difesa dall'avvocato Paola Maria Angela Vaccaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per il risarcimento del danno patrimoniale
derivante dalla illegittima esclusione da parte della FIP dalle liste arbitrali del -OMISSIS-.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Federazione Italiana Pallacanestro - FIP;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 luglio 2025 la dott.ssa Silvia Simone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso promosso dinanzi al Tribunale Civile di Roma, Sez. Lavoro, il Signor -OMISSIS- ha convenuto in giudizio la Federazione Italiana Pallacanestro per ivi sentire riconoscere il suo diritto “a percepire la somma di euro 17930,00 al lordo delle trattenute per le causali di cui in narrativa, con gli interessi, la rivalutazione monetaria dalla data della scadenza al saldo”.
2. Ha dedotto il ricorrente: i) di essere stato un arbitro di pallacanestro di serie A2 presso la Federazione Italiana Pallacanestro, escluso dalle liste (arbitrali) nel -OMISSIS- con decisione del -OMISSIS- in ragione della sua posizione nella graduatoria finale, sulla base dei Criteri di Impiego e Valutazione degli arbitri -OMISSIS-; ii) contro l’esclusione dalla lista di A2, di aver promosso ricorso dinanzi agli organi di giustizia sportiva, che con decisione del -OMISSIS- della Commissione Giudicante Nazionale, confermata il -OMISSIS- dalla Corte Federale, ne hanno disposto il “reinserimento” per la stagione -OMISSIS-; iii) che per il “rapporto di lavoro sportivo” degli arbitri di serie A2 era previsto “un minimo di designazioni di 16 gare per ciascuna delle quali il rimborso forfettario era pari a 830 euro; nonché la designazione per almeno 15 gare del campionato Under 19 di eccellenza per le quali era previsto un rimborso spese forfettario lordo di euro 31 per ciascuna gara”; iv) a seguito del reintegro ex tunc disposto dalle predette decisioni, il -OMISSIS- aveva diritto ad essere designato e la mancata designazione, derivando dalla illegittima esclusione del medesimo dalle liste arbitrali per la stagione -OMISSIS- ha comportato una perdita certa di euro 17.930 lordi cui si devono aggiungere i contributi previdenziali INPS; v) di avere richiesto tali somme alla Federazione e di avere avviato la mediazione, che non si sarebbe conclusa “per abbandono della medesima alla luce della proposta non congrua della Federazione”; vi) di esservi i “requisiti (....) per ottenere il riconoscimento delle somme maturate (...) trattandosi di rapporto di lavoro parasubordinato”.
3. Con sentenza n.-OMISSIS-, il Tribunale Civile di Roma Sez. Lavoro, considerato che il ricorrente rivendica un credito risarcitorio derivante dalla illegittima esclusione dalle liste arbitrali del -OMISSIS-, quindi connesso alla caducazione del provvedimento federale, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo.
4. Con il ricorso all’esame il Signor -OMISSIS- ha quindi riassunto il giudizio dinanzi a questo Tribunale, riproducendo l’atto introduttivo del giudizio civile e reiterando le conclusioni già ivi rassegnate.
5. In data 19 luglio 2022 si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Pallacanestro per resistere al ricorso, eccependo il difetto assoluto di giurisdizione, l’inammissibilità del ricorso e comunque la sua infondatezza, anche in ragione dell’intervenuta prescrizione delle pretese avanzate dal ricorrente. Afferma la Federazione che il rapporto dal quale trae titolo la pretesa avrebbe un carattere “meramente sportivo”, trattandosi di provvedimenti di collocazione “fuori quadro” e di successiva “reintegrazione” nelle liste arbitrali; la pretesa del ricorrente non sorgerebbe da un rapporto di lavoro e non riguarderebbe in ogni caso una attività lavorativa; l’asserito credito sarebbe comunque prescritto, posto che l’esclusione della lista di A2 di cui trattasi è stata deliberata il -OMISSIS-, la reintegrazione è stata disposta il -OMISSIS-, confermata il -OMISSIS-, ed eseguita il -OMISSIS- con l’approvazione delle liste di A2 -OMISSIS- e l’inserimento del ricorrente, date a partire dalle quali egli poteva avanzare le proprie pretese in relazione alla stagione trascorsa; il primo atto interruttivo della prescrizione risalirebbe al 27 giugno 2018, data di ricezione della raccomandata con la richiesta economica del ricorrente. La precedente lettera del 10 luglio 2017 non è mai pervenuta presso la FIP e d’altro canto della sua ricezione controparte non ha dato alcuna prova.
6. In vista dell’udienza di merito le parti si sono scambiate memorie e repliche, con le quali hanno ulteriormente precisato e ribadito le proprie rispettive argomentazioni.
7. All’udienza pubblica dell’8 luglio 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Il Collegio ritiene infondata l’eccezione di difetto assoluto di giurisdizione sollevata dalla Federazione, posto che nel caso di specie la controversia non verte sull’illegittimità del provvedimento che ha disposto l’inserimento del -OMISSIS- nel ruolo degli arbitri fuori quadro (questione che è già stata decisa all’interno degli organi della giustizia sportiva con le richiamate pronunce della Commissione Giudicante Nazionale e della Corte federale), quanto piuttosto sulla domanda di ristoro avanzata da quest’ultimo rispetto alle conseguenze del provvedimento di esclusione, che avrebbe inciso su una situazione giuridica soggettiva che lo stesso prospetta in termini di diritto soggettivo, come tale protetta dall'ordinamento generale (cfr. sul tema Cons. Stato, sez. VI, n. 2333/2009). A fronte del dettato dell'art. 2 D.L. 220/2003 e dell’art. 133, lett. z), cod. proc. amm., sussiste quindi la giurisdizione amministrativa, poiché, come noto, si tratta di questione non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo, innanzi ai quali la pretesa risarcitoria non può essere fatta valere (si veda la sentenza della Corte Costituzionale n. 49/2011).
9. In disparte l’eccezione di intervenuta prescrizione della pretesa risarcitoria del ricorrente sollevata dalla Federazione, il ricorso è infondato per le ragioni di seguito esposte.
10. Va premesso che il credito risarcitorio invocato dal ricorrente presuppone l'accertamento della responsabilità degli organi della giustizia sportiva secondo il paradigma della responsabilità aquiliana della P.A., con conseguente applicazione rigorosa del principio dell'onere della prova in capo al danneggiato circa la sussistenza di tutti i presupposti oggettivi e soggettivi dell'illecito e con l'avvertenza che, nell'azione di responsabilità per danni, il principio dispositivo, sancito in generale dall'art. 2697, comma 1, c.c., opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento.
11. Come noto, ai fini dell'individuazione dei presupposti per il riconoscimento del danno risarcibile ai sensi dell'art. 2043 del codice civile, è necessario che sussistano tre elementi ovvero il danno ingiusto (elemento oggettivo), il (doppio) nesso di causalità e, infine, la colpa dell'amministrazione (elemento soggettivo).
12. Per giurisprudenza costante, il risarcimento del danno imputato alla Pubblica amministrazione, invero, non può mai essere conseguenza automatica dell'annullamento (anche se dichiarato in via incidentale) di un atto amministrativo, ma necessita dell'ulteriore positiva verifica circa la ricorrenza dei vari presupposti richiesti dalla legge.
13. Più in particolare, per "danno ingiusto" risarcibile ai sensi dell'art. 2043 c.c., si intende non qualsiasi perdita economica ma solo la perdita ingiusta, ovvero verificatasi con modalità contrarie al diritto; ne consegue, quindi, la necessità, per chiunque pretenda un risarcimento, di dimostrare la c.d. "spettanza del bene della vita" ovvero la necessità di allegare e provare di essere titolare, in base ad una norma giuridica, del bene della vita che ha perduto e di cui attraverso la domanda giudiziale vorrebbe ottenere l'equivalente economico (Cons. Stato, sez. VI, 10 luglio 2017, n. 3392). Altresì, deve sussistere il doppio rapporto di causalità tra il provvedimento lesivo ed il danno evento e tra quest'ultimo ed il danno conseguenza, in base ai principi della causalità giuridica (Cons. Stato, sez. III, 5 settembre 2017, n. 4195).
Infine, con riferimento all'elemento soggettivo (ovvero la colpevole condotta antigiuridica della stessa amministrazione), affinché sussista il requisito della colpa è necessario verificare se l'emanazione e l'esecuzione dell'atto impugnato siano avvenuti in violazione delle regole della imparzialità, correttezza e buona fede, alle quali l'esercizio della funzione pubblica deve costantemente attenersi (Tar Puglia, sez. staccata di Lecce, sez. II, 10 agosto 2017, n. 1404); al riguardo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l'illegittimità dell'atto quale indice presuntivo della colpa, mentre resta a carico dell'Amministrazione l'onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile derivante dalla sussistenza di contrasti giurisprudenziali, di incertezza del quadro normativo di riferimento o di particolare complessità della situazione di fatto, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento (Tar Basilicata, 19 giugno 2017, n. 451; Tar Napoli, sez. V, 16 gennaio 2017, n. 387; Cons. Stato, sez. IV, 6 aprile 2016, n. 1347; Cons. Stato, sez. III, 5 settembre 2017, n. 4195).
14. Ebbene, nel caso di specie il ricorrente nulla ha dedotto in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi dell’illecito aquiliano, essendosi limitato, in maniera generica, a richiedere il risarcimento dei danni asseritamente subiti a causa del provvedimento di esclusione poi annullato dagli organi della giustizia sportiva.
15. Indimostrato risulta il profilo della colpa dell’Amministrazione, non avendo in proposito parte ricorrente dedotto alcun elemento a supporto e non essendo sufficiente a tal fine la circostanza che il provvedimento di esclusione dallo stesso gravato sia stato annullato in sede di giustizia sportiva con la decisione del -OMISSIS- della Commissione Giudicante Nazionale, confermata il -OMISSIS- dalla Corte Federale.
15. Parimenti, aderendo alla prospettazione della Federazione, ritiene il Collegio che il ricorrente non abbia fornito alcuna dimostrazione dell’ingiustizia del danno derivante dalla mancata designazione per la stagione -OMISSIS-.
16. Come evidenziato dalla Federazione, in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, la designazione ad arbitrare le gare non configura, infatti, un diritto soggettivo; né il contrario risulta dai Criteri di Impiego e Valutazione degli arbitri -OMISSIS- depositati da parte ricorrente, trattandosi di una semplice regola organizzativa stabilita dalla Federazione di impiego degli arbitri finalizzata ad una adeguata istruzione e formazione tecnica degli arbitri, rispetto alla quale non risulta connesso di per sé alcun diritto degli arbitri alla percezione di retribuzioni e indennità in assenza della effettiva direzione delle gare; previsione che peraltro comunque non riguardava l’odierno ricorrente, il quale, nella stagione -OMISSIS- non militava nella lista di -OMISSIS-, ma arbitrava i campionati regionali, e la cui reintegra è stata disposta ex nunc e non retroattivamente, a partire cioè dalla stagione sportiva successiva -OMISSIS-. Quanto alle gare del campionato di U19, peraltro, il ricorrente non ha prodotto alcuna allegazione che preveda un “minimo” di gare né che la direzione di tali gare fosse collegata alla permanenza nella lista di -OMISSIS-.
17. Tanto considerato, il ricorso va respinto perché infondato.
18. La peculiarità della vicenda giustificano la compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 luglio 2025, con l'intervento dei magistrati:
Daniele Dongiovanni, Presidente
Giovanni Mercone, Referendario
Silvia Simone, Referendario, Estensore