TAR Campania, Salerno, sez. II, 17 luglio 2025 n. 1305
La sentenza in commento chiarisce come, a fronte di un’istanza di permesso di costruire in sanatoria, presentata ai sensi dell’art. 36 bis TUED, lì dove l’istante abbia proposto un progetto di ripristino, eventuali difformità si devono valutare non con riguardo alle opere abusive, bensì rispetto a quelle residue a seguito del previsto ripristino. In sede di valutazione l’Amministrazione, prima di respingere l’istanza di sanatoria, è tenuta, quantomeno, a indicare all’istante (segnalante) se le misure previste siano o meno idonee a superare le criticità rilevate.
Qualora gli elementi di difformità riscontrati dal Comune riguardino i vincoli paesaggistici insistenti nell’area in esame e non motivazioni concernenti aspetti edilizi correlati a vigenti strumenti urbanistici comunali, l’Amministrazione, ai sensi del comma 1 dell’art. 36 bis TUED, deve richiedere all’autorità preposta alla tutela del vincolo il parere in merito all’accertamento di compatibilità paesaggistica.
Guida alla lettura
La pronuncia oggetto del presente commento trae origine dalla presentazione al Comune di Cava de’Tirreni di un’istanza di sanatoria corredata da apposito progetto di ripristino.
L’amministrazione respingeva la richiesta rilevando nell’istanza la presenza di opere non sanabili ai sensi dell’art. 36 bis TUED, in quanto ascrivibili a “variazioni essenziali” eseguite su immobili sottoposti a vincolo paesistico e dunque da considerare in totale difformità dal permesso.
Avverso il provvedimento di rigetto la società istante proponeva quindi ricorso sostenendo che, contrariamente a quanto affermato dall’amministrazione, con il progetto di ripristino sarebbe venuta a cadere la “totale difformità” delle opere contestate.
La sentenza, nell’accogliere il ricorso del ricorrente, sottolinea l’erronea interpretazione e applicazione da parte dell’Amministrazione dell’art. 36 bis TUED.
In particolare, il Collegio rileva come “a fronte di un’istanza presentata ai sensi dell’art. 36 bis TUED, lì dove l’istante abbia proposto un progetto di ripristino, eventuali difformità si sarebbero dovute valutare non con riguardo alle opere abusive, come fatto dal Comune, bensì rispetto a quelle residue a seguito del previsto ripristino”. Invero, viene evidenziato come a fronte di un progetto di ripristino presentato in sede di sanatoria ex art. 36 bis TUED la “totale difformità va valutata confrontando l’opera abusiva con quella autorizzata o con il progetto di ripristino, potendo l’Amministrazione valutare l’opera prevista e se del caso subordinare il rilascio del provvedimento favorevole all’effettiva realizzazione degli interventi di ripristino”.
D’altronde, l’art. 36 bis TUED consente al privato istante la presentazione di un “progetto che preveda la eliminazione delle opere non sanabili, non essendovi disposizioni che escludano che l’indicazione degli interventi da eseguire per rendere compatibili le opere possa promanare dal tecnico incaricato dal privato”.
A fronte della presentazione da parte del privato di un progetto di ripristino, l’Amministrazione, prima di respingere l’istanza di sanatoria, è allora a indicare all’istante se le misure previste siano o meno idonee a superare le criticità riscontrate.
La pronuncia ritiene - inoltre - viziato il provvedimento dell’amministrazione anche nella parte in cui, ai fini del rigetto dell’istanza di sanatoria, valorizzava la natura paesaggisticamente vincolata dell’area sui cui sorge il manufatto.
Invero, in ossequio al comma 4 dell’art. 36 bis, l’Amministrazione, una volta considerato che gli “elementi di difformità concernevano i vincoli paesaggistici insistenti nell’area in esame e non motivazioni riguardanti aspetti edilizi correlati ai vigenti strumenti urbanistici comunali, avrebbe dovuto richiedere all’autorità preposta alla tutela del vincolo il parere in merito all’accertamento di compatibilità paesaggistica”.
Pubblicato il 17/07/2025
N. 01305/2025 REG.PROV.COLL.
N. 00962/2025 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 962 del 2025, proposto dalla società Lamberti Petroli S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Marcello Fortunato, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, alla via Ss. Martiri Salernitani, 31 e domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia;
contro
Comune di Cava de' Tirreni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonino Cascone, Giuliana Senatore e Manuela Casilli, con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia;
per l'annullamento- previa sospensione :
a) del provvedimento prot. n. 16725 del 03.04.2025, con il quale il dirigente del II Settore del Comune di Cava de' Tirreni ha respinto l'istanza di accertamento di conformità depositata dalla ricorrente in data 15.01.2024, ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, come integrata in data 09.11.2024 ai sensi dell'art. 36 bis del D.P.R. n. 380/2001;
b) ove e per quanto occorra, della nota prot. n. 12909 del 13.03.2025, recante la comunicazione dei motivi ostativi;
c) ove e per quanto occorra, della nota prot. n. 10830 del 28.02.2025;
d) ove e per quanto occorra, dell'ordinanza di demolizione n. 132 del 12.10.2023;
e) di tutti gli altri atti, anche non conosciuti, presupposti, collegati, connessi e consequenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cava de' Tirreni;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 luglio 2025 il dott. Roberto Ferrari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’ordinanza n. 132/2023 il Comune di Cava de’ Tirreni aveva ingiunto alla società Lamberti s.r.l. “di demolire, a propria cura e spese entro e non oltre novanta giorni dalla data di notifica del presente provvedimento, le opere abusive realizzate alla via S. Maria del Rovo, 157 e di ripristinare lo stato dei luoghi”.
2. Per sanare gli abusi ascrittigli la stessa società, con istanza del 24.1.2024, aveva chiesto il permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36 TUED, ma il Comune con nota dell’11.7.2024 aveva respinto l’istanza.
3. Avverso il provvedimento la società aveva proposto il ricorso accolto con la sentenza n.2144/2024 di questo Tribunale, nella quale era stato rimarcato che siccome nelle more del giudizio era entrato in vigore il nuovo art. 36 bis TUED e inoltre lo stesso art. 36 risultava parzialmente novellato, il Comune avrebbe dovuto prendere in esame la sopravvenuta disciplina normativa in quanto applicabile alla fattispecie in virtù del principio tempus regit actum.
4. Nel frattempo, tuttavia, con istanza con prot. n. 49187 del 24/09/2024, pendente ancora quel giudizio, la società aveva altresì presentato un progetto di ripristino, ai sensi dell’art. 36 bis TUED a integrazione della domanda già proposta e allora ancora sub iudice. Ciò al fine di ottenere una sanatoria ai sensi dell’art. 36 bis TUED mediante la prospettata esecuzione, tra l’altro, di opere di ripristino e segnatamente prevedendo che: “Verrà ripristinato il piano campagna originario (dislivello medio rispetto a via G. Vitale = 2,10 m)”; “Verrà tombato e reso del tutto inaccessibile il piano interrato”.
5. Successivamente, con nota dell’1.10.2024 prot. 50283, la società dichiarava di voler eseguire le opere in sanatoria come di seguito descritte:“a) la chiusura della rampa di accesso al piano interrato con tombatura del portone di accesso in modo da rendere non accessibile l'intero volume interrato; b) il ripristino delle quote del piano campagna previste dal progetto; c) la rimozione delle fasce marcapiano dalla palazzina uffici; d)la demolizione della scala esterna di collegamento fra il piano terra ed il piano primo posta lungo il prospetto nord; e)la posa in opera della schermatura a verde prevista dal progetto assentito”.
5.1 Infine, con nota acquisita al prot. n. 57963 del 9.11.2024, la società presentava un’integrazione progettuale e taluni chiarimenti, confermando, tuttavia, la richiesta di sanatoria ex 36 bis TUED e sottoponendo per il resto all’Amministrazione gli stessi interventi di ripristino indicati nelle precedenti del 24.9.2024 e dell’1.10.2024.
6. In riscontro il Comune, in data 28.2.2025 (prot.n. 10830/2025), trasmetteva innanzitutto una nota con la quale chiedeva all’interessata di fornire chiarimenti sugli effettivi contenuti delle proprie istanze di sanatoria; in seguito con la nota prot. n. 12909 del 13.3.2025 comunicava la sussistenza di motivi ostativi all’accoglimento consistenti: “nell'inapplicabilità dell'art. 36 bis in presenza di opere in "totale difformità" ai titoli legittimamente rilasciati, quali sono i significativi incrementi della volumetria dichiarati dall'istante e contestati nell'Ordinanza n. 132 del 12/10/2023”; nella predetta nota, in sostanza, l’Amministrazione rilevava la presenza di opere non sanabili ai sensi dell’art. 36 bis TUED in quanto ascrivibili a “variazioni essenziali” eseguite su immobili sottoposti a vincolo paesistico e dunque da considerare in totale difformità dal permesso (art. 32 co. 3 DPR N. 380/2001).
A detta comunicazione facevano seguito le osservazioni difensive dell’interessata, nelle quali la stessa chiariva i punti che il Comune riteneva ostativi, insistendo per l’accoglimento della sanatoria richiesta.
6.1 Infine l’Amministrazione, con nota prot. n. 16725 del 3.4.2025, ha definitivamente respinto l’istanza di sanatoria proposta.
7. Avverso il provvedimento è insorta la società Lamberti srl mediante il ricorso introduttivo dell’odierno giudizio, munito di istanza cautelare e affidato a sette motivi principali, a loro volta sotto articolati in ulteriori paragrafi e così rubricati: “A. SULL’ILLEGITTIMITÀ DELL’AVVERSATO DINIEGO. I. VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 36 E 36 BIS DEL D.P.R. N. 380/2001 - 167 DEL D.LGS. N. 42/2004) - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO – DI ISTRUTTORIA - ERRONEITA’ - SVIAMENTO - ARBITRARIETA’ - ILLOGICITA’ MANIFESTA); II. VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 36 E 36 BIS DEL D.P.R. N. 380/2001 - ART. 167 DEL D.LGS. N. 42/2004) - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO - DI ISTRUTTORIA - ERRONEITA’ MANIFESTA - TRAVISAMENTO); III. VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 36 E 36 BIS DEL D.P.R. N. 380/2001 - ART. 167 DEL D.LGS. N. 42/2004) - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO – DI ISTRUTTORIA - ERRONEITA’ MANIFESTA - TRAVISAMENTO); IV - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 36 E 36 BIS DEL D.P.R. N. 380/2001 – ART. 167 DEL D.LGS. N. 42/2004) - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DL PRESUPPOSTO - DI ISTRUTTORIA - ERRONEITA’ MANIFESTA – TRAVISAMENTO); V. V - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 36 E 36 BIS DEL D.P.R. N. 380/2001 - ART. 167 DEL D.LGS. N. 42/2004) - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO - DI ISTRUTTORIA - ERRONEITA’ MANIFESTA – TRAVISAMENTO); VI - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 36 DEL D.P.R. N. 380/2001 - ART. 167 DEL D.LGS. N. 42/2004) - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO - DI ISTRUTTORIA - ERRONEITA’ MANIFESTA – TRAVISAMENTO); VII. VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 31 DEL D.P.R. N. 380/2001) - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO- DI ISTRUTTORIA - ERRONEITA’ MANIFESTA - TRAVISAMENTO)”
7.1 In estrema sintesi la ricorrente ha contestato l’assunto a base del provvedimento comunale impugnato, secondo il quale le opere eseguite sarebbero state da ascrivere alla categoria della “totale difformità” e quindi insuscettibili di sanatoria ai sensi dell’art. 36 bis TUED.
Al contrario, nell’ottica della società, considerando il progetto di ripristino, sarebbe venuta a cadere la “totale difformità” delle opere contestate e, in particolare, del volume realizzato nel piano seminterrato. Nello specifico la ricorrente ha censurato il presupposto fattuale da cui l’Amministrazione ha mosso le proprie considerazioni, sottolineando di aver progettato il ripristino di un vano tombato in luogo dell’area seminterrata. In quest’ultima, al momento del sopralluogo da cui era scaturita la prima ordinanza di demolizione n.132/2023, era stata rinvenuta un’attività di rimessaggio di barche riferibile a un’altra impresa alla quale era stata data in locazione.
8.L’Amministrazione si è costituita in giudizio confutando gli stessi presupposti fattuali fondanti la difesa dei ricorrenti. Ad avviso del Comune, difatti, con l’istanza del 9.11.2024 parte ricorrente avrebbe disatteso il proprio precedente intendimento di eliminare le opere incompatibili con la sanatoria e segnatamente non avrebbe inteso più procedere all’interramento e tombatura del volume costituito nel piano seminterrato. O, almeno, non avrebbe in concreto ancora eseguito gli interventi de quibus. Ciò, ad avviso della difesa comunale, svuotando di rilievo i contenuti dell’istanza di sanatoria. Di qui, a cascata, l’impossibilità di qualificare come mera difformità le opere in contestazione e la loro assoluta insanabilità ai sensi dell’art. 36 bis TUED; istanza a questo punto inammissibile e inidonea, ad avviso del Comune, anche a far avviare il procedimento di valutazione paesaggistica previsto ai commi 4 e 5 dello stesso art. 36 bis TUED.
9. All’odierna camera di consiglio le parti si sono riportate alle loro rispettive memorie; il Collegio ha dato loro avviso della possibile definizione della controversia con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 cod.proc.amm. e la causa è stata quindi trattenuta in decisione.
10. Sussistono i presupposti per la preannunciata decisione in forma semplificata posto che il ricorso può essere accolto in quanto manifestamente fondato con riguardo alla censura di difetto di istruttoria e violazione dell’art. 36 bis TUED veicolata nei primi due motivi di ricorso e, quanto al mancato parere della Soprintendenza, nel terzo mezzo di censura.
11. Addentrandosi nell’esame dei contenuti dell’istanza, la sanatoria richiesta è consistita non solo nell’accertamento della conformità sotto i profili venuti in rilievo (urbanistico, edilizio, paesaggistico), ma anche nella prospettazione di attività di demolizione e comunque di modifiche tali da rendere compatibili le opere sotto i profili ritenuti inadeguati dal Comune.
In particolare nelle istanze del 24.9.2024, 1.10.2024 e 9.11.2024 la società aveva sempre dichiarato che per ottenere l’auspicata sanatoria avrebbe eliminato il piano interrato, la cui superficie additiva e non autorizzata aveva costituito l’elemento decisivo per il diniego contestato. Ebbene, proprio questa seconda tipologia di prospettazione, correlata alla parziale demolizione e, comunque, all’esecuzione di talune modifiche, non risulta essere stata adeguatamente valutata dal Comune: l’Amministrazione ha continuato a considerare le opere sottostanti il piano di campagna per affermare la natura di “totale difformità” delle attività in contestazione, mentre l’interessata ne ha prospettato la tombatura. Lo stesso intendimento è stato più volte ribadito anche nel ricorso. Il che, quantomeno, delinea un’illegittimità del diniego per eccesso di potere sotto il profilo del difetto del presupposto e dell’erronea ponderazione istruttoria a monte del provvedimento impugnato.
12. Ciò premesso, ai fini dell’accoglimento del ricorso va considerato che a fondamento del provvedimento impugnato il Comune ha opposto cinque diversi punti, tutti dichiaratamente collegati a un’unica ragione di diniego, contenuta e descritta compiutamente nel solo punto 4, al quale gli altri punti hanno specificamente rinviato per la motivazione.
Nel suindicato capo, in particolare, il Comune ha sostenuto che il progetto di ripristino presentato ai sensi dell’articolo 36 bis avrebbe comportato un inammissibile aumento di volumetria. Segnatamente secondo la prospettazione comunale, una volta che nel piano seminterrato era risultata allocata un’ulteriore attività che occupava addirittura circa 17.000 metri quadri, le opere contestate non si sarebbero potute ascrivere a mere difformità o variazioni essenziali, dovendosi invece ritenere quali attività realizzate in totale difformità e quindi insuscettibili di sanatoria ai sensi dell’art. 36 bis TUED.
12.1 In proposito ha affermato in particolare la difesa dell’Ente che la ricorrente avrebbe realizzato un volume del tutto nuovo e diverso “con particolare riferimento, al volume autonomo, interrato, mai assentito di circa 17.000 mc con una superficie di circa 3300 mq nel quale tra l’altro, all’atto del sopralluogo del 25.10.22 dell’ufficio repressione, risultava insediata un’altra società che esercitava attività di rimessaggio barche, con relativa installazione di carroponte”.
12.1.1 Rispetto a questa impostazione, e nell’ambito del delineato spettro istruttorio, le censure della ricorrente colgono nel segno. Innanzitutto è fondato l’argomento secondo il quale, a fronte di un’istanza presentata ai sensi dell’articolo 36 bis TUED, lì dove l’istante abbia proposto, come nel caso in esame, un progetto di ripristino, eventuali difformità si sarebbero dovute valutare non con riguardo alle opere abusive, bensì rispetto a quelle residue a seguito del previsto ripristino.
Secondo la tesi della difesa comunale (par. 2 pag. 15), invece, l’art. 36 bis sarebbe chiaro nel prevedere che soltanto l’Ufficio tecnico comunale possa proporre soluzioni idonee al superamento delle difformità o degli abusi contestati, subordinando il rilascio del permesso “alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi del presente articolo”.
12.1.2 Il Collegio dissente dalla tesi del Comune, reputando che della norma vada data una diversa lettura; segnatamente a fronte di un progetto di ripristino presentato in sede di sanatoria ex art. 36 bis TUED la totale difformità va valutata confrontando l’opera abusiva con quella autorizzata o con il progetto di ripristino. Il fatto che spetti all’Ufficio valutare la procedibilità dell’istanza e la sussistenza dei presupposti normativi per l’applicazione dell’istituto non vuol dire che il privato non possa promuovere il parziale ripristino delle opere chiedendo la regolarizzazione delle altre.
In tali casi, difatti, ben può l’Amministrazione valutare l’opera prevista e se del caso subordinare il rilascio del provvedimento favorevole all’effettiva realizzazione degli interventi di rispristino. Ma questa competenza comunale prevista dall’art. 36 bis TUED non implica, come invece sostenuto dalla difesa comunale, che le uniche iniziative di ripristino possano essere promosse dall’Amministrazione.
Il dato letterale della disposizione non consente di precludere al privato istante la presentazione di un progetto che, per l’appunto, così come ha fatto la ricorrente, preveda la eliminazione - nel caso in esame mediante tombatura - delle opere non sanabili. Segnatamente mediante la sanatoria - recentemente introdotta dal DL. n. 69/2024 - prevista dall’art. 36 bis TUED è possibile proporre - come avvenuto nella vicenda in esame - la demolizione o comunque la modifica delle opere oggetto di sanatoria. Ai sensi del comma 2 della stessa disposizione “Il permesso presentato ai sensi del comma 1 può essere rilasciato dallo sportello unico per l'edilizia di cui all'articolo 5, comma 4-bis, subordinatamente alla preventiva attuazione, entro il termine assegnato dallo sportello unico, degli interventi di cui al secondo periodo del presente comma. In sede di esame delle richieste di permesso in sanatoria lo sportello unico può condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza[, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, al superamento delle barriere architettoniche] e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi del presente articolo. Per le segnalazioni certificate di inizio attività presentate ai sensi del comma 1, lo sportello unico individua tra gli interventi di cui al secondo periodo del presente comma le misure da prescrivere ai sensi dell'articolo 19, comma 3, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, che costituiscono condizioni per la formazione del titolo”.
12.1.3 Ebbene, tra gli anzidetti interventi “di cui al secondo comma” che lo Sportello Unico può indicare al fine di determinare il buon esito dell’istanza rientrano, tra l’altro, quelli relativi alla “rimozione delle opere che non possono essere sanate...”.
Detta ricostruzione giustifica altresì il riferimento contenuto nella norma in esame al comma III dell’art. 19 L. 241/1990, il quale, corrispondentemente prevede che “Qualora sia possibile conformare l'attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l'amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l'adozione di queste ultime”.
12.3 Il riferito reticolo normativo consente innanzitutto di affermare che non vi sono disposizioni che escludano che l’indicazione degli interventi da eseguire per rendere compatibili le opere possa promanare dal tecnico incaricato dal privato, così come avvenuto nell’odierna vicenda.
12.3.1 Nel contempo, a fronte di un’espressa progettazione contenente un piano di demolizioni proveniente dall’interessato, le summenzionate disposizioni conducono a ritenere che l’Amministrazione, prima di respingere l’istanza di sanatoria sia tenuta, quantomeno, a indicare all’istante (segnalante) se le misure previste siano o meno idonee a superare le criticità rilevate.
Ciò a fortiori in un caso come quello in esame nel quale, come la stessa difesa comunale ha osservato (pag.9 III capoverso), se le opere prospettate nelle istanze ex artt. 36 bis del 29.9.2024 e dell’1.10.2024 fossero state “portate a compimento avrebbero condotto alla regolarizzazione dello stato dei luoghi”.
12.4 Parametrando dunque le considerazioni fin qui svolte al caso in esame, emerge a questo punto che l’Amministrazione avrebbe dovuto valutare se l’abuso contestato, per come definito al punto 4 del provvedimento di diniego potesse essere ricondotto a conformità mediante il progetto di regolarizzazione proposto dalla società e, se del caso, indicare le ulteriori misure necessarie di ripristino. E si aggiunga che quand’anche il Comune avesse inteso subordinare il parere favorevole all’intervento all’avvio delle attività progettate avrebbe, comunque, dovuto partecipare all’interessata la propria interpretazione della disciplina normativa di riferimento e segnatamente dell’art. 36 bis TUED, aprendo un’interlocuzione endoprocedimentale sul punto. Il che, all’evidenza, non è in alcun modo avvenuto.
12.4.1 In questa mancata disamina si annida l’eccesso di potere per difetto di istruttoria lamentato dalla ricorrente: quest’ultima ha proposto la eliminazione della volumetria riconducibile al piano semi-interrato mediante tombatura, prospettandone anche l’inibizione del passaggio mediante l’eliminazione della rampa a suo tempo realizzata per accedervi e la totale chiusura mediante la costruzione di un muro; dal canto suo il Comune non ha valutato la possibilità di considerare questa soluzione tecnica, continuando a richiamare la modifica del piano di campagna e la precedente utilizzazione del piano seminterrato.
13. La censura di eccesso di potere per difetto d’istruttoria veicolata dalla ricorrente risulta dunque fondata e conduce all’accoglimento del relativo mezzo di gravame.
14. Va poi soggiunto che la ricorrente ha altresì fondatamente lamentato, con conseguenziale censura, il fatto che il diniego opposto sia stato espresso recta via anche sull’assunto che l’area su cui sorge il manufatto sia paesaggisticamente vincolata. In giudizio il Comune ha difeso questa scelta riconducendola al fatto che a causa della mancata eliminazione del volume interrato, l’istanza ex art. 36 bis TUED si dovesse qualificare del tutto inammissibile.
14.1 La tesi del Comune non è convincente. Il Collegio reputa difatti che hic et nunc, nella specifica situazione data, in ragione delle considerazioni innanzi svolte, l’elemento fattuale da cui è partito l’assunto comunale sia errato sotto il profilo istruttorio, nella misura in cui la valutazione dell’Ufficio è stata svolta presupponendo, anche in tal caso, che la ricorrente non avesse inteso addivenire alla tombatura e quindi all’ eliminazione del predetto volume interrato.
Al contrario, muovendo dal presupposto che effettivamente la ricorrente abbia inteso chiudere la predetta area l’istanza si sarebbe dovuta considerare, quantomeno, ammissibile e procedibile. Ciò posto, a fronte di un’istanza di sanatoria per opere realizzate in area vincolata, l’art. 36 bis al suo comma 4 stabilisce che “4. Qualora gli interventi di cui al comma 1 siano eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell'ufficio richiede all'autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento, anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati”. La norma è interpretata nel senso che è l’Amministrazione (“il responsabile dell’ufficio”), nelle ipotesi di cui al comma 1 (“In caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 34 ovvero in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 37, fino alla scadenza dei termini di cui all'articolo 34, comma 1, e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell'abuso o l'attuale proprietario dell'immobile possono ottenere il permesso di costruire e presentare la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle variazioni essenziali di cui all'articolo 32”). In sostanza, assunto che gli elementi di difformità rilevati dal Comune avevano avuto riguardo ai vincoli paesaggistici insistenti nell’area in esame e non a motivazioni concernenti aspetti edilizi correlati ai vigenti strumenti urbanistici comunali, l’Amministrazione avrebbe dovuto richiedere all’autorità preposta alla tutela del vincolo il parere in merito all’accertamento di compatibilità paesaggistica.
14.1 Nemmeno a questo proposito il Comune ha tenuto conto delle modifiche normative medio tempore intervenute con l’entrata in vigore del D.L. n. 69/2024. Al contrario, dalla disamina del procedimento emerge che l’Amministrazione abbia direttamente disatteso l’istanza in sanatoria presentata dal ricorrente anche sulla base di questa motivazione, mentre invece avrebbe dovuto - come previsto dall’appena citato comma 1 dell’art. 36 bis TUED - richiedere alle autorità preposte alla gestione dei vincoli i prescritti e appositi pareri, quand’anche i lavori avessero “determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati”.
15. Di qui l’accoglimento negli anzidetti e delineati confini istruttori del ricorso con conseguente annullamento del provvedimento di diniego impugnato. Nella rinnovazione procedimentale, prima di addivenire all’accoglimento o al diniego dell’istanza, il Comune dovrà verificare, anche mediante la richiesta di una specifica integrazione istruttoria, gli effettivi contenuti dell’istanza di sanatoria presentata dalla società. Difatti, in disparte quanto poi osservato dalla difesa comunale in giudizio, l’unico motivo di diniego rinvenibile dal provvedimento è stato riferibile, come fin qui osservato, al punto 4 dello stesso atto ed è risultato esclusivamente focalizzato proprio sulla presenza del predetto volume interrato.
16. L’accoglimento dei mezzi di gravame come sopra vagliati comporta invece l’assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso. E ciò, innanzitutto, per ragioni di logica conseguenzialità, posto che come già rilevato, gli unici argomenti utilizzati dal Comune per respingere l’istanza hanno riguardato un punto erroneamente valutato nell’istruttoria, con conseguente necessaria riedizione del potere amministrativo in questione. In ogni caso, poi, “La definizione della controversia mediante l'adozione di una sentenza in forma semplificata (artt. 117, comma 2 e 74 c.p.a.) rappresenta una di quelle ipotesi previste dalla legge che consente di derogare al generale divieto di assorbimento dei motivi.” (Consiglio di Stato sez. IV n.3995/2024).
17. Conclusivamente il ricorso è accolto con conseguente annullamento del diniego di permesso di costruire in sanatoria proposto dalla ricorrente ai sensi dell’art. 36 bis TUED. In conseguenza dell’accoglimento del ricorso l’Amministrazione dovrà rivalutare l’istanza riconsiderando il progetto alla luce della prevista eliminazione del volume corrispondente al piano interrato. Nell’occasione potrà ben concedere un termine massimo per l’esecuzione dell’intervento subordinando l’accoglimento dell’istanza alla verifica delle attività effettivamente eseguite. Nel contempo l’Amministrazione, rivalutata l’istanza, ove la riterrà quantomeno ammissibile, dovrà inoltre necessariamente coinvolgere nel procedimento - come previsto dai commi 1 e 4,5 dell’art. 36 bis TUED - le autorità preposte alla tutela dei vincoli presenti nell’area su cui è edificato il manufatto.
17. Le spese di giudizio, tenuto conto della novità e controvertibilità delle questioni trattate, oltre che della natura istruttoria dell’accoglimento, possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato di diniego di sanatoria ex art. 36 bis TUED, nei sensi e con gli effetti di cui alla suestesa motivazione.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 15 luglio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Nicola Durante, Presidente
Michele Di Martino, Referendario
Roberto Ferrari, Referendario, Estensore