Cons. Stato, Sez. III, 11 luglio 2025, n. 6080
Il provvedimento dell’AIFA di diniego dell’inserimento di medicinali in lista di trasparenza è connotato da discrezionalità tecnica e, come tale, si configura come tertium genius rispetto a quelli vincolati e a quelli discrezionali “puri”, presentando connotazioni che, per l’opinabilità dei concetti tecnico-scientifici implicati e per la connessa utilità che in principio assume il confronto dialettico con l’interessato, inducono ad accostarlo ai secondi, con conseguente applicabilità del disposto dell’art. 10-bis della Legge n. 241 del 1990, alla cui violazione non si applica il disposto sanante dell’art. 21-octies, comma 2, secondo periodo, della medesima legge, con la preclusione per l’amministrazione di dimostrare in giudizio l’insussistenza di plausibili alternative decisorie.
Guida alla lettura
Con la pronuncia in commento, la Terza sezione del Consiglio di Stato si occupa delle valutazioni affidate dalla legge all’AIFA - Agenzia Italiana del Farmaco nell’ambito delle sue funzioni, tra cui rientra la formazione delle lista di trasparenza, vale a dire l’elenco dei medicinali “aventi uguale composizione in princìpi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali”, i quali ai sensi dell'art. 7, comma 1, d.l. 18 settembre 2001, n. 347, conv. in l. 16 novembre 2001, n. 405 “sono rimborsati al farmacista dal Servizio sanitario nazionale fino alla concorrenza del prezzo più basso del corrispondente prodotto disponibile nel normale ciclo distributivo regionale, sulla base di apposite direttive definite dalla regione”.
In particolare, la decisione appellata, e di cui si duole l’AIFA, ha posto a fondamento della statuizione di annullamento del relativo provvedimento di esclusione di un farmaco dalla lista di trasparenza la violazione dell’art. 10-bis della Legge n. 241/1990, richiamando la giurisprudenza che afferma la sottoposizione del procedimento di formazione di tale elenco alle garanzie partecipative e la non derogabilità dell’obbligo partecipativo alla luce della natura discrezionale del provvedimento impugnato.
Al fine di vagliare la correttezza della predetta conclusione, il Collegio è, preliminarmente, chiamato ad esprimersi in merito alla natura vincolata o meno del provvedimento che dispone in ordine all’inserimento di un farmaco in lista di trasparenza. Sul punto, la Sezione rileva che le parti appaiono concordi in ordine alla connotazione tecnico-discrezionale dei presupposti per l’inserimento dei farmaci in lista di trasparenza, divergendo le loro posizioni per quanto concerne la qualificazione del provvedimento finale: per l’AIFA questo avrebbe natura vincolata in quanto, una volta acclarata la sussistenza dei presupposti di ingresso di un medicinale nell’elenco, non residuerebbe alcuna valutazione di interessi in sede di esercizio del suo potere; al contrario, la società appellata ne ravvisa il perdurante carattere discrezionale, sino all’emissione della determinazione finale.
Prima di propendere per una delle opzioni classificatorie, il Consiglio di Stato esprime preziose considerazioni di sistema, escludendo che vi sia una netta linea di demarcazione e un automatismo tra provvedimenti vincolati e provvedimenti discrezionali, tale per cui solo a questi ultimi sarebbero applicabili le garanzie partecipative di cui all’art. 10-bis. Ciò in quanto è pur sempre necessario procedere a una lettura, non formale, bensì sostanziale e teleologica delle disposizioni che vengono in rilievo in materia di principio partecipativo e relative facoltà difensive in capo al privato.
Invero, anche ammesso che il provvedimento impugnato sia ascrivibile al novero di quelli a carattere vincolato, tale inquadramento tipologico non sarebbe da solo sufficiente a determinare, sempre e comunque, l’esclusione di ogni conseguenza invalidante a carico del provvedimento non preceduto dall’osservanza delle garanzie partecipative, laddove fossero ravvisabili concrete ragioni per negare che, anche laddove quelle garanzie fossero state rispettate, il contenuto dispositivo del provvedimento sarebbe stato immancabilmente quello in effetti assunto. In questo senso, finanche in una materia come quella edilizia, caratterizzata dall’adozione di provvedimenti di carattere pacificamente vincolato, la giurisprudenza ha affermato l’operatività del preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis, stante la sua portata generale (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 12 aprile 2023, n. 3672).
Agli effetti applicativi delle disposizioni in tema di partecipazione al procedimento amministrativo, deve, quindi, prendersi in considerazione il modo in cui concretamente si atteggia il potere della P.A., a seconda cioè che abbia contenuto meramente accertativo di presupposti di fatto puntualmente determinati dal legislatore ovvero affidi alla stessa P.A. il compito di valutare la consistenza ed il significato dei fatti rilevanti, facendo applicazione di norme di carattere tecnico o scientifico caratterizzate da significativi profili di complessità ed opinabilità.
In applicazione dei suddetti principi al caso in esame, e al fine di verificare gli effetti operativi delle norme in tema di partecipazione al procedimento amministrativo, il Collegio asserisce che il provvedimento connotato da discrezionalità tecnica si configura come tertium genus rispetto a quelli vincolati e a quelli discrezionali “puri”, presentando connotazioni che, per l’opinabilità dei concetti tecnico-scientifici implicati e per la connessa utilità che in principio assume il confronto dialettico con l’interessato, inducono ad accostarlo ai secondi; il che consente un sindacato giurisdizionale per i profili di eccesso di potere per illogicità o erroneità, tali da evidenziare l’inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale censurata.
Ne conclude dovendo farsi applicazione del terzo periodo, del comma 2, dell’art. 21-octies della Legge n. 241/1990, a mente del quale la disposizione secondo cui “il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”, “non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10-bis”, nel senso della insanabile annullabilità dei provvedimenti impugnati in primo grado.
Pubblicato il 11/07/2025
N. 06080/2025 REG.PROV.COLL.
N. 07698/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7698 del 2023, proposto dall’AIFA - Agenzia Italiana del Farmaco, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
contro
la società Sandoz S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Claudio Marrapese, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via della Balduina,n.114,
la società Leo Pharma S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paola Gelato e Carlo Merani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza, n. 2922/2023, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle società Sandoz S.p.A. e Leo Pharma S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 luglio 2025 il Cons. Ezio Fedullo e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con la sentenza appellata (n. 2922 del 20 febbraio 2023), il T.A.R. per il Lazio ha accolto il ricorso proposto da Sandoz S.p.A. per l’annullamento della Nota dell’Ufficio HTA dell’AIFA, inviata per email il 21 ottobre 2021, recante la comunicazione della decisione della Commissione Tecnico Scientifica della medesima Agenzia, riunitasi nella seduta del 4-5 e 6 ottobre 2021, di diniego di inserimento dei medicinali Zoripot 60 g / Enstilar 60 g in lista di trasparenza.
Premetteva la ricorrente di essere un’azienda operante nel settore della produzione e commercializzazione di farmaci equivalenti c.d. generici e di aver ottenuto dall’AIFA, mediante procedura comunitaria decentralizza di tipo “hybrid application”, l’autorizzazione alla commercializzazione con il marchio Zoripot, in fascia di rimborso (classe A), per i confezionamenti da 60 g e da 30 g unguento, del medicinale a base dei principi attivi calcipotriolo e betametasone in concentrazione 50 mgc/g + 0,5 mg/g, indicato per il trattamento topico della psoriasi volgare negli adulti, quale formulazione equivalente al medicinale originator a base degli stessi principi attivi calcipotriolo e betametasone nella stessa concentrazione 50 mgc/g + 0,5 mg/g, commercializzato dalla Leo Pharma con i marchi Dovobet/Xamiol per la confezione gel da 30 g e con il marchio Enstilar per la confezione schiuma da 60 g.
Esponeva altresì la ricorrente che, dopo aver ottenuto la riclassificazione in fascia di rimborso (classe A) e definizione del prezzo anche per l’altra confezione autorizzata di Zoripot unguento 60 g, sempre a base di calcipotriolo e betametasone in concentrazione “50 mgc/g + 0,5 mg/g”, aveva avviato presso l’ufficio HTA dell’AIFA l’iter amministrativo per la sua commercializzazione al prezzo molto più vantaggioso come farmaco equivalente alla confezione Enstilar 60 g.
Essa contestava quindi l’esito negativo della sua istanza, formalizzato con il provvedimento impugnato in primo grado, con il quale l’Amministrazione escludeva l’inseribilità dei due farmaci nella lista di trasparenza nello stesso raggruppamento alla luce del fatto che essi, pur avendo le stesse indicazioni terapeutiche, “presentano diversa forma farmaceutica (schiuma/unguento)”, con la conseguente carenza dei presupposti all’uopo previsti dall’art. 7, comma 1, d.l. 18 settembre 2001, n. 347, alla luce della Determina D.G. n. 166/2021, “che per la determinazione della forma farmaceutica fa riferimento alle vigenti classificazioni così come disciplinate dalla Farmacopea Ufficiale, sia come via di somministrazione che secondo la forma fisica”.
Lamentava in sintesi la ricorrente che la decisione dell’AIFA:
- si basava su un confronto meramente esteriore e superficiale delle due formulazioni, trascurando di considerare che alla stessa non si accompagnava alcuna conseguenza pratica sul piano clinico, essendo identico l’effetto terapeutico delle sostanze attive e mantenendo le due formulazioni la medesima struttura molecolare sul sito di applicazione;
- l’applicazione dei criteri delineati dall’art. 7, comma 1, d.l. n. 347/2001 doveva avvenire sulla base del principio secondo cui i medicinali equivalenti devono considerarsi “essenzialmente simili” a quelli originator: in tale prospettiva, i medicinali Zoripot 60 g / Enstilar 60 g rispondevano pienamente alle caratteristiche di equivalenza indicate dalla suddetta norma, avendo stessa composizione quali - quantitativa di principi attivi (calcipotriolo e betametasone 50 mgc/g + 0,5 mg/g), forma farmaceutica (semisolide), via di somministrazione (topico), modalità di rilascio (immediato o convenzionale) e dosi unitarie uguali; entrambi i medicinali, inoltre, avevano la stessa indicazione terapeutica;
- secondo la Farmacopea che definisce i termini standard di classificazione delle molteplici preparazioni farmaceutiche e delle correlate classificazioni per via di somministrazione, gel e unguenti, come anche creme, cerotti transdermici, schiume e paste appartenevano alla medesima categoria classificatoria (semisolida), siccome destinati alla somministrazione per via topica (dermatologica);
- entrambe le formulazioni in questione si presentavano come un unguento, con la differenza che Enstilar a prodotto finito conteneva in più, sul lato degli eccipienti, due propellenti, butano e dimetiletere, la cui immediata evaporazione determinava una schiuma biancastra, in ciò non differenziandosi sul lato della forma farmaceutica rispetto all’unguento: né la giurisprudenza aveva mai attribuito agli eccipienti rilevanza ai fini applicativi della citata disposizione;
- la decisione gravata contrastava con la scelta dell’AIFA – contestata da Sandoz, l’infondatezza del cui ricorso era stata riconosciuta dal Consiglio di Stato, Sez. III, con la sentenza 2 dicembre 2021, n. 8030 – di inserire in lista di trasparenza il prodotto Zoripot unguento 30 g (rispetto al quale Zoripot unguento 60 g. costituiva una ulteriore confezione, di dimensione più grande, della medesima formulazione) sotto lo stesso raggruppamento dei principi attivi (calcipotriolo e betametasone “50 mgc/g + 0,5 mg/g”) insieme alla confezione gel 30 g Dovobet/Xamiol della Leo Pharma.
Sul piano procedimentale, inoltre, la ricorrente lamentava la mancata osservanza della prescrizione partecipativa di cui all’art. 10-bis l. n. 241/199.
A seguito dell’ostensione in giudizio degli atti propedeutici all’adozione del provvedimento impugnato, ed in particolare della valutazione dell’Ufficio AIC di AIFA, con la quale la tesi della diversità di forma farmaceutica dei due medicinali – semisolida in un caso, liquida nell’altro – veniva corroborata con considerazioni attinenti alla diversa efficacia terapeutica degli stessi, desumibile ad avviso dell’Amministrazione dalla documentazione presentata in sede di rilascio dell’AIC relativa al farmaco Enstilar – la ricorrente formulava motivi aggiunti, con i quali:
- reiterava la censura di violazione del contraddittorio procedimentale, rafforzandola con la sottolineatura del carattere squisitamente discrezionale della valutazione demandata all’Amministrazione intimata e con il richiamo dell’art. 3, comma 8, del Regolamento approvato dal C.d.A. dell’AIFA in data 20 gennaio 2014, il quale prevedeva che, ove nel procedimento amministrativo venga richiesta la valutazione della CTS, “il parere negativo della Commissione su una domanda diventa definitivo dopo la motivata valutazione da parte della CTS delle eventuali controdeduzioni dell’interessato presentate nel termine di gg 10 decorrenti dal preavviso di diniego”, altresì evidenziando l’ineludibilità della garanzie partecipative derivante dal disposto dell’art. 12, comma 1, lett. i) d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito in l. 11 settembre 2020, n. 120;
- contestava, mediante plurime deduzioni, le conclusioni cui l’Ufficio AIC era pervenuto sia quanto alla diversa forma farmaceutica dei farmaci Zoripot ed Enstilar, sia in ordine alla diversa efficacia terapeutica (asseritamente superiore per quanto riguardava il secondo) degli stessi.
Con la sentenza appellata, il T.A.R. ha accolto la domanda di annullamento proposta dalla ricorrente.
A fondamento della statuizione di annullamento, il giudice di primo grado ha posto la violazione dell’art. 10-bis l. n. 241/1990, richiamando la giurisprudenza che afferma la sottoposizione del procedimento di formazione della “lista di trasparenza” alle garanzie partecipative e la non derogabilità dell’obbligo partecipativo alla luce della natura discrezionale del provvedimento impugnato.
Quanto alle altre censure, il T.A.R. ne ha dichiarato l’assorbimento.
La sentenza costituisce oggetto dell’appello proposto dall’Agenzia Italiana del Farmaco.
Essa deduce in primo luogo che il T.A.R. ha impropriamente sovrapposto i concetti di discrezionalità amministrativa e di discrezionalità tecnica, la quale in particolare connota a monte le determinazioni in materia di inserimento o aggiornamento della Lista di trasparenza, a valle delle quali vi è, invece, un provvedimento finale di carattere vincolato.
Sotto diverso profilo, essa deduce che, a fronte della comunicazione di avvenuta commercializzazione del medicinale Zoripot, confezione da 60g, nel ciclo distributivo regionale, il 26 luglio 2021 il settore HTA dell’AIFA ha richiesto all’Ufficio AIC il parere tecnico relativo all’inserimento in lista di trasparenza del medicinale Enstilar schiuma cutanea, sulla base del confronto con Zoripot unguento, per confezioni da 60 g, quale formulazione equivalente al medicinale originator commercializzato dalla società LeoPharma con i marchi Dovobet/Xamiol: l’approfondimento dell’Ufficio AIC e le valutazioni del settore HTA sono state portate all’attenzione della competente CTS che, con parere reso nella riunione del 4-6 ottobre 2021, si è espressa nel senso che “La CTS tenuto conto dell’approfondimento e della valutazione dell’ufficio competente e in considerazione di quanto riportato nella Determina DG n.166/2021, che per la determinazione della forma farmaceutica fa riferimento alle vigenti classificazioni così come disciplinate dalla Farmacopea Ufficiale, sia come via di somministrazione che secondo la forma fisica, ritiene che i due farmaci non rispondano interamente ai requisiti dell’art. 7, comma 1 del decreto legge 18 settembre 2001, n. 347 poiché pur avendo stesse indicazioni terapeutiche, presentano diversa forma farmaceutica (schiuma/unguento). Essi pertanto non possono essere inseriti nella lista di trasparenza nello stesso raggruppamento”.
Ebbene, deduce l’Amministrazione appellante, con pec del 20 ottobre 2021, l’AIFA ha provveduto ad informare la Sandoz del parere reso dalla CTS, prevedendo l’art. 3, comma 8, del “Regolamento recante norme sull’organizzazione e il funzionamento della Commissione consultiva tecnico - scientifica e del Comitato prezzi e rimborso” che: “Il parere negativo espresso dalla Commissione su una domanda diventa definitivo dopo la motivata valutazione da parte della stessa CTS delle eventuali controdeduzioni dell’Interessato, presentate nel termine di 10 giorni decorrenti dal preavviso di diniego”.
Tuttavia, aggiunge la parte appellante, a seguito della comunicazione del 20 ottobre 2021, la Sandoz non ha formulato alcuna controdeduzione, mentre ha presentato istanza di accesso agli atti il 1° dicembre 2021, chiedendo copia degli atti/documenti recanti l’approfondimento e la valutazione tecnica del competente ufficio cui fa riferimento il parere della CTS nella riunione tenutasi il 4, 5 e 6 ottobre 2021: istanza soddisfatta dall’Agenzia attraverso il deposito in giudizio dei documenti richiesti.
Infine, deduce la parte appellante che l’AIFA non si sarebbe comunque potuta determinare in senso diverso, precisando l’allegato alla determina n. 166/2021, al punto 2, tra le “Definizioni utili all’inserimento dei farmaci in Lista di trasparenza”, la seguente:
“- Forma farmaceutica: preparazione farmaceutica ottimale per la realizzazione di un prodotto farmaceutico idoneo all’uso pratico, costituito da principi/o attivi/o ed eccipienti. Si precisa, inoltre, che per la determinazione della forma farmaceutica si fa riferimento alle vigenti classificazioni così come disciplinate dalla Farmacopea Ufficiale, sia come via di somministrazione che secondo la forma fisica”.
E’ quindi evidente, conclude la parte appellante, che schiume medicate e preparazioni semisolide per applicazione cutanea (fra cui appunto il gel di LeoPharma oggetto di valutazione da parte della CTS) appartengono a due diverse forme farmaceutiche.
In data 8 novembre 2023 si è costituita in giudizio la società Leo Pharma S.p.A., per aderire alla domanda di riforma della sentenza appellata proposta dall’Agenzia appellante, sulla base delle deduzioni sviluppare con la successiva memoria del 6 giugno 2025.
In data 21 dicembre 2023 si è altresì costituita in giudizio la società Sandoz S.p.A., per opporsi all’accoglimento dell’appello, esponendo più diffusamente le sue difese con la memoria del 9 giugno 2025.
Entrambe le società hanno presentato, in vista dell’udienza di discussione, le proprie memorie di replica.
Prima di affrontare l’esame dei motivi di appello, ritiene il Collegio di precisare che restano sullo sfondo della questione procedimentale, sulla quale quelli essenzialmente convergono, i profili di carattere sostanziale fatti oggetto dalla originaria ricorrente di autonome doglianze, non espressamente riproposte, nei termini e con le modalità di cui all’art. 101, comma 2, c.p.a., dalla stessa: profili che conseguentemente non possono costituire oggetto di una approfondita disamina da parte del giudicante.
Ciò premesso, il primo tema sul quale il Collegio è chiamato ad esprimere la sua posizione interpretativa è quello attinente alla natura vincolata o meno del provvedimento che dispone in ordine all’inserimento di un farmaco in lista di trasparenza, con la quale si identifica l’elenco dei medicinali “aventi uguale composizione in princìpi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali”, i quali – prosegue l’art. 7, comma 1, d.l. 18 settembre 2001, n. 347, conv. in 16 novembre 2001, n. 405 – “sono rimborsati al farmacista dal Servizio sanitario nazionale fino alla concorrenza del prezzo più basso del corrispondente prodotto disponibile nel normale ciclo distributivo regionale, sulla base di apposite direttive definite dalla regione”: ciò per le ricadute che la soluzione da dare alla suddetta questione produce sulla applicabilità – dando per il momento per assodato che l’Amministrazione, nell’emettere il provvedimento impugnato in primo grado, con il quale ha ritenuto di non inserire in lista di trasparenza nello stesso raggruppamento la confezione unguento 60 g Zoripot, commercializzata dalla ricorrente Sandoz S.p.a., con la confezione schiuma 60 g Enstilar commercializzata da Leo Pharma S.p.a., non abbia effettuato nei confronti della prima, che quell’inserimento aveva sollecitato, la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, ex art. 10-bis l. n. 241/1990 – del disposto di cui all’art. 21-octies, comma 2, l. cit., ai sensi del quale “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
La rilevanza della questione ai fini della valutazione, sotto il profilo suindicato, della invalidità del provvedimento impugnato discende dalla modifica apportata al comma citato dall’art. 12, comma 1, lett. i), d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 settembre 2020, n. 120, nel senso che il secondo periodo dello stesso, secondo cui “il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”, “non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10-bis”, con la preclusione per l’Amministrazione che ne discende di dimostrare in giudizio, qualora il provvedimento impugnato abbia carattere non vincolato, l’insussistenza di plausibili alternative decisorie rispetto a quella in esso consacrata.
Va evidenziato che non vi è dissenso tra le parti in ordine alla connotazione tecnico-discrezionale dei presupposti – così come delineati dalla disposizione citata – per l’inserimento dei farmaci in lista di trasparenza, divergendo le loro posizioni per quanto concerne la qualificazione del provvedimento finale che da essa discende, sostenendo l’Amministrazione appellante (e la resistente Leo Pharma S.p.a.) che la suddetta caratteristica del potere de quo lascia intatta la sua natura vincolata, in quanto, una volta acclarata la sussistenza di quei presupposti, nessuna valutazione degli interessi concorrenti sarebbe demandata all’AIFA ai fini dell’esercizio del suo potere, ed evidenziando la società appellata l’”ampia discrezionalità” esercitata dall’AIFA in subiecta materia.
Ciò premesso, rileva il Collegio che l’Amministrazione appellante si limita, con il primo motivo di appello, a dedurre l’impropria sovrapposizione operata dal giudice di primo grado tra il concetto di discrezionalità pura e quello di discrezionalità tecnica, assumendo che il provvedimento impugnato, afferendo a quest’ultima categoria concettuale, dovrebbe conseguentemente qualificarsi – in quanto privo di margini di valutazione degli interessi coinvolti, tipica della discrezionalità amministrativa – come atto vincolato.
La censura non può essere accolta.
Come è noto, fin dalla introduzione delle garanzie partecipative nella disciplina del procedimento amministrativo, la giurisprudenza si è orientata nel senso di una interpretazione di tipo sostanzialistico e funzionale delle relative disposizioni, orientata a limitare gli effetti invalidanti derivanti dalla loro violazione ai soli casi in cui la pretermissione degli adempimenti comunicativi avesse compromesso la possibilità per l’interessato di manifestare il suo punto di vista arricchendo il processo decisionale dell’Amministrazione da un punto di vista istruttorio e valutativo.
La suesposta elaborazione giurisprudenziale è appunto all’origine delle modifiche apportate alla disciplina del procedimento dalla l. 11 febbraio 2005, n. 15, con particolare riguardo, per quanto di interesse ai fini del presente giudizio, all’art. 21-octies, comma 2, inserito dall’art. 14, comma 1, l. cit., ai sensi del quale “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Deve tuttavia ritenersi che la menzionata novella legislativa non abbia fatto venir meno ex abrupto l’esigenza di una interpretazione delle pertinenti disposizioni in coerenza con criteri di carattere sostanziale e teleologico, intesi a rinvenire il giusto equilibrio, nella concretezza delle fattispecie che di volta in volta si presentano all’attenzione del giudice amministrativo, tra il principio partecipativo, con le connesse facoltà difensive che da esso germinano in capo al privato, e quello di garantire l’efficienza ed il buon andamento dell’attività della P.A., il quale sarebbe compromesso da aggravamenti procedimentali non funzionali alla tutela di alcun interesse sostanziale.
Basti considerare, a titolo esemplificativo, che finanche in una materia, come quella edilizia ed in particolare in tema di condono, caratterizzata dall’adozione di provvedimenti di carattere pacificamente vincolato - in quanto legali all’accertamento, scevro da significativi margini di opinabilità, di presupposti di fatto oggettivamente determinati - la giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 aprile 2023, n. 3672) ha affermato che:
“- l’istituto del preavviso di rigetto (di cui all’art. 10-bis l. 7 agosto 1990, n. 241), stante la sua portata generale, trova applicazione anche nei procedimenti di sanatoria o di condono edilizio, con la conseguenza che deve ritenersi illegittimo il provvedimento di diniego dell’istanza di permesso in sanatoria che non sia stato preceduto dall’invio della comunicazione di cui al citato art. 10 bis, in quanto preclusivo per il soggetto interessato della piena partecipazione al procedimento e dunque della possibilità di uno apporto collaborativo, capace di condurre ad una diversa conclusione della vicenda (tra gli altri, Consiglio di Stato, sez. VI, 5 agosto 2019, n. 5537);
- la violazione del contraddittorio procedimentale è idonea ad inficiare la legittimità del provvedimento anche nei procedimenti vincolati, quale quello di sanatoria, quando il contraddittorio procedimentale con il privato interessato avrebbe potuto fornire all’Amministrazione elementi utili ai fini della decisione, ad esempio in ordine alla ricostruzione dei fatti o all’esatta interpretazione delle norme da applicare (Consiglio di Stato, sez. VI, 1 marzo 2018, n. 1269);
- affinché la violazione dell’art. 10 bis comporti l’illegittimità del provvedimento impugnato, in particolare, il privato non può limitarsi a denunciare la lesione delle proprie garanzie partecipative, ma è anche tenuto ad indicare gli elementi, fattuali o valutativi, che, se introdotti in fase procedimentale, avrebbero potuto influire sul contenuto finale del provvedimento (Consiglio di Stato, sez. VI, 16 settembre 2022, n. 8043).
Ne deriva che la violazione dell’art. 10 bis L. n. 241/90 è idonea a determinare l’annullamento del diniego di sanatoria, qualora, alla stregua degli elementi deduttivi e istruttori forniti dalla parte privata, sia dubbio che, in caso in osservanza delle disposizioni procedimentali in concreto violate, il contenuto dispositivo dell’atto sarebbe stato identico a quello in concreto assunto”.
In tale contesto sistematico, deve quindi rilevarsi che, anche ammesso che il provvedimento impugnato, a differenza di quanto ritenuto dal T.A.R., sia ascrivibile al novero di quelli a carattere vincolato, tale inquadramento tipologico non sarebbe da solo sufficiente a determinare, sempre e comunque, l’esclusione di ogni conseguenza invalidante a carico del provvedimento non preceduto dall’osservanza delle garanzie partecipative, laddove fossero ravvisabili concrete ragioni per negare che, anche laddove quelle garanzie fossero state puntualmente rispettate, il contenuto dispositivo del provvedimento sarebbe stato immancabilmente quello assunto dal provvedimento adottato: ragioni che nella specie sono ravvisabili nelle analitiche deduzioni svolte in primo grado dalla originaria ricorrente, in particolare con i motivi aggiunti, al fine di confutare, anche sulla base delle prodotte relazioni tecniche, che il farmaco Zoripot presenti una forma farmaceutica diversa da quella del farmaco Enstilar e che questo sia caratterizzato da una efficacia terapeutica superiore a quella del primo, come ritenuto dall’Ufficio AIC di AIFA con il parere impugnato.
Deve altresì osservarsi che il concetto di discrezionalità tecnica si è innestato sul più consolidato terreno della discrezionalità, rendendo maggiormente articolato il panorama sistematico, per l’innanzi diviso tra atti vincolati ed atti discrezionali, ritagliandosi uno spazio via via più definito, sia nei suoi contorni esterni che nei suoi contenuti tipici, e dando vita ad un animato dibattito per quanto concerne, in particolare, le modalità ed i limiti del sindacato giurisdizionale nei confronti degli atti espressivi, appunto, di discrezionalità tecnica: dibattito approdato all’affermazione giurisprudenziale secondo cui “il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici della amministrazione deve svolgersi non in base al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministrativa, bensì alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro coerenza e correttezza, quanto a criterio tecnico ed a procedimento; non si tratta di sindacare il merito di scelte opinabili, ma di verificare se queste scelte siano assistite da una credibilità razionale supportata da valide leggi scientifiche e correttamente applicate al caso di specie” (cfr. Consiglio di Stato sez. III, 11 dicembre 2020, n. 7097).
Da tali premesse discende, ad avviso del Collegio, che l’inquadramento del provvedimento di volta considerato entro la categoria degli atti vincolati, agli effetti applicativi delle disposizioni in tema di partecipazione al procedimento amministrativo, anche alla luce del richiamato principio sostanzialistico che deve ispirarne l’interpretazione, non può basarsi su criteri formali di carattere meramente classificatorio, ma deve prendere in considerazione il modo in cui concretamente si atteggia il potere della P.A., a seconda cioè che abbia contenuto meramente accertativo di presupposti di fatto puntualmente determinati dal legislatore ovvero affidi alla stessa il compito di valutare la consistenza ed il significato dei fatti rilevanti, facendo applicazione di norme di carattere tecnico o scientifico caratterizzate da significativi profili di complessità ed opinabilità.
Da questo punto di vista, ed agli effetti applicativi delle norme in tema di partecipazione al procedimento amministrativo, il provvedimento connotato da discrezionalità tecnica si configura come tertium genius rispetto a quelli vincolati ed a quelli discrezionali “puri”, presentando connotazioni che, per l’opinabilità dei concetti tecnico-scientifici implicati e per la connessa utilità che in principio assume il confronto dialettico con l’interessato, inducono ad accostarlo ai secondi: ciò senza trascurare che anche l’applicazione di nozione tecniche indeterminate e l’interpretazione delle norme che li prevedono, attribuendovi rilievo giuridico, risente degli interessi, pubblici e privati, coinvolti nella fattispecie e di cui l’Amministrazione non può non tenere conto nell’esercizio del relativo potere (quali, nella specie, l’interesse al contenimento della spesa pubblica, che ispira il meccanismo della lista di trasparenza, e quello alla concorrenzialità nel settore farmaceutico, indubbiamente favorito dall’effetto automaticamente sostitutivo che discende dall’inserimento nella stessa di farmaci aventi uguale efficacia terapeutica).
Ribadito quindi che, come già affermato da questa Sezione, “le valutazioni affidate dalla legge all’A.i.f.a. sono espressione di un potere che presenta significativi profili di discrezionalità tecnica, che, come tale, consente il sindacato giurisdizionale per i profili di eccesso di potere per illogicità o erroneità, tali da evidenziare l’inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale censurata” (cfr. sentenza 22 dicembre 2014, n. 6346), non resta che concludere, dovendo farsi applicazione del terzo periodo del comma 2 dell’art. 21-octies l. n. 241/1990, a mente della quale la disposizione secondo cui “il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”, “non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10-bis”, nel senso della insanabile annullabilità dei provvedimenti impugnati in primo grado.
Con il successivo motivo di appello, l’Agenzia appellante deduce che essa, con pec del 20 ottobre 2021, ha provveduto ad informare la Sandoz del parere reso dalla CTS, prevedendo l’art. 3, comma 8, del “Regolamento recante norme sull’organizzazione e il funzionamento della Commissione consultiva tecnico - scientifica e del Comitato prezzi e rimborso”, che “il parere negativo espresso dalla Commissione su una domanda diventa definitivo dopo la motivata valutazione da parte della stessa CTS delle eventuali controdeduzioni dell’Interessato, presentate nel termine di 10 giorni decorrenti dal preavviso di diniego”, senza che, a seguito della suddetta comunicazione, la destinataria formulasse alcuna osservazione.
La censura non può essere accolta.
La menzionata comunicazione, avente ad oggetto la trasmissione del parere della Commissione Tecnico Scientifica dell’AIFA, di cui riproduce testualmente il contenuto, si conclude infatti con l’affermazione: “La procedura è da considerarsi conclusa”.
Essa quindi non si atteggia ad atto stimolativo della partecipazione procedimentale dell’interessata, ma quale provvedimento conclusivo del procedimento di inserimento dei farmaci coinvolti nella lista di trasparenza, disvelando quindi la difformità del modus operandi concretamente attuato dall’Amministrazione, in violazione del paradigma procedimentale da essa stessa definito in sede regolamentare.
Infine, non sono accoglibili le deduzioni della parte appellante intese ad evidenziare che essa non si sarebbe comunque potuta determinare in senso diverso, facendo difetto i presupposti – relativi in particolare alla identità di “forma farmaceutica” – cui la determina n. 166/2021 subordina l’equivalenza dei farmaci agli effetti del loro inserimento nella lista di trasparenza: basti evidenziare che, laddove mediante la deduzione in esame la parte appellante intendesse assolvere alla dimostrazione di cui all’art. 21-octies, comma 2, secondo periodo l. n. 241/1990, è sufficiente rilevare che l’applicazione della relativa clausola sanante di matrice processuale è impedita dal disposto, pertinente come si è detto alla fattispecie in esame, di cui al terzo periodo del medesimo comma.
Deve solo aggiungersi che non può attribuirsi rilievo alle deduzioni della società controinteressata, intese ad evidenziare un ulteriore ipotetico impedimento all’applicazione dell’art. 10-bis l. n. 241/1990 alla fattispecie in esame, sulla scorta dell’ipotizzata natura di atto generale del provvedimento impugnato in primo grado, non essendo stato fatto valere mediante la rituale impugnazione della sentenza appellata.
La sostanziale novità dei temi trattati giustifica la compensazione delle spese del giudizio di appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, lo respinge.
Spese del giudizio di appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2025 con l’intervento dei magistrati:
Giovanni Pescatore, Presidente FF
Nicola D'Angelo, Consigliere
Ezio Fedullo, Consigliere, Estensore
Antonio Massimo Marra, Consigliere
Roberto Prossomariti, Consigliere