TAR Sicilia, sez. II, 24 luglio 2025, n. 1720

Vanno considerati alternativi e non cumulativi i due requisiti di non eccedenza dei 750 metri cubi e di non superamento del 30% della volumetria legittimamente realizzata previsti dall'art. 39, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 ai fini della condonabilità delle opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993.

Guida alla lettura

Con la pronuncia n. 1720 del 2025, il TAR Sicilia si occupa dell’esegesi della disposizione di cui all’’art. 39, comma 1, della L. n. 724/1994 e, in particolare, si interroga circa il carattere cumulativo o alternativo dei due requisiti dimensionali ivi previsti ai fini di beneficiare del condono delle opere edificate in violazione della normativa edilizia. Invero, la norma citata stabilisce la possibilità di condono per opere abusive “che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, un ampliamento superiore a 750 metri cubi”.

Il Collegio ritiene di condividere l’interpretazione prevalente in giurisprudenza (citando, tra le altre, C.G.A.R.S., 2 luglio 2019, n. 634) secondo la quale i due requisiti siano da considerarsi in via alternativa.

In questo senso depone, anzitutto e in via assorbente, l’argomento letterale, dato dal significato disgiuntivo della congiunzione “ovvero” che esprime il rapporto tra i due requisiti dimensionali: “nella dizione letterale della norma i due presupposti sono chiaramente alternativi e non cumulativi, sicché ai fini del condono è sufficiente, alternativamente, che l'opera non ecceda i 750 mc. ovvero il 30% della volumetria legittimamente realizzata; sicché è condonabile una opera abusiva che, come nella specie, pur eccedendo il 30% della volumetria preesistente, non eccede i 750 mc”.

In secondo luogo, il TAR porta l’argomento costituzionale e sistematico per il quale “depone nel senso da ultimo indicato anche la necessità di prevenire ad interpretazioni della normativa conformi al principio di uguaglianza (art. 3 della Costituzione) dal momento interpretazioni diverse da quella qui sostenuta dovrebbero condurre a considerare “palesemente irragionevole un impianto normativo che non consenta la sanatoria degli ampliamenti superiori al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria, anche se inferiori al limite di 750 metri cubi, mentre permette la condonabilità di una nuova costruzione abusiva sino al limite di 750 metri cubi” (Corte costituzionale, ordinanza n. 45 del 2001).”. La sentenza fa qui richiamo allo stesso comma 1 dell’art. 39 in questione, che si riferisce al requisito di condonabilità richiesto per le nuove costruzioni e che consiste nel solo limite massimo di 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria, per desumerne la irragionevolezza e illogicità della soluzione che consenta un trattamento difforme tra sanatoria di nuova costruzione abusiva e sanatoria di ampiamenti abusivi di costruzioni preesistenti, quale deriverebbe dalla necessità del solo requisito dimensionale dei 750 mq, in un caso, e del duplice limite dei 750 mq e del 30 per cento della volumetria della costruzione originaria, nel secondo.

Ebbene, in applicazione della menzionata regola interpretativa, il Collegio accerta che l’ampliamento operato dai ricorrenti rispetta uno dei due requisiti posti in via alternativa ai fini della condonabilità dell’opera, ossia quello del contenimento della superficie abusiva entro i 750 mq, con la conseguenza che l’istanza di sanatoria avrebbe dovuto essere accolta dal Comune resistente e, pertanto, i provvedimenti di diniego impugnati vanno, per l’effetto, annullati.

 

 

Pubblicato il 24/07/2025

N. 01720/2025 REG.PROV.COLL.

N. 01696/2022 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1696 del 2022, proposto da -OMISSIS-e-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato Salvatore Roberto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;

contro

il Comune di Sciacca, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Nicola Bellia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;

per l'annullamento:

- dei provvedimenti di diniego della domanda di condono ex art. 39 L. n. 724/1994 prot. n. -OMISSIS- del 24/6/2022 notificati il 7/7/2022;

- di tutti gli atti pregressi, connessi e consequenziali;

 

Visto il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sciacca;

Vista l’ordinanza collegiale n. 87 dell’8.11.2024 con la quale il Collegio ha disposto una verificazione sull’opera oggetto del provvedimento impugnato;

Vista l’ordinanza collegiale n. 216 del 28.1.2025 con la quale è stata disposta la proroga dei termini per il completamento dell’attività di verificazione;

Vista la relazione del verificatore depositata in data 9.5.2025;

Visti tutti gli atti della causa e le memorie delle parti;

Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 19 giugno 2025 la dott.ssa Elena Farhat e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con l’atto introduttivo, ritualmente notificato e depositato, i ricorrenti, coniugi proprietari di un immobile sito nel Comune di Sciacca, sono insorti avverso i provvedimenti con i quali il Comune resistente ha loro comunicato il diniego dell’istanza di permesso a costruire in sanatoria relativo all’ampliamento dell’edificio e al suo cambio di destinazione d’uso da magazzino a residenza, opere realizzate in difformità dalla concessione edilizia.

In particolare, il ricorrente -OMISSIS-ha presentato in data 31.3.1995 istanza di condono edilizio, prot. n. -OMISSIS-, ai sensi della Legge n. 724/1994. A fronte del protratto silenzio della p.a., i ricorrenti hanno chiesto un provvedimento espresso in merito all’istanza, attraverso note trasmesse al Comune rispettivamente, il 17/9/2019 e il 19/10/2021. L’ufficio tecnico comunale ha proceduto a compiere accertamenti e ha redatto una relazione tecnica in data 29.10.2021 nella quale l’abuso si riteneva insuscettibile di sanatoria, rientrando nelle ipotesi di insanabilità di cui all’art. 39 della L. 724/94, atteso che “le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993, e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale, un ampliamento superiore a 750 metri cubi”.

In data 16.2.2022, pertanto, il Comune ha avviato il procedimento di diniego con prot. n. -OMISSIS- dandone comunicazione agli istanti. In data 6/3/2022 parte ricorrente ha presentato al Comune una memoria con proprie osservazioni nella quale si sostiene che, contrariamente da quanto asserito dal Comune, “l’abuso rispetta il requisito dimensionale di mq 750, unico limite assoluto ed inderogabile rispetto alla concessione del provvedimento di condono edilizio”. Nonostante le argomentazioni esposte in sede endoprocedimentale dai ricorrenti, il Comune ha adottato i provvedimenti impugnati motivando il diniego sul fatto che l’abuso da condonare presenta un <<volume/cubatura superiore a quello consentito dalla normativa>>, richiamandosi alle risultanze della relazione tecnica e trattando gli argomenti spesi nella memoria endoprocedimentale come “non suscettibili di provocare il riesame delle ragioni relative al diniego del permesso a costruire in sanatoria”.

2.1. Il primo motivo di doglianza è così rubricato: “violazione dell’art. 2 della l.r. 30-4-1991 n. 10; violazione del principio del buon andamento della p.a. (art. 97 cost.); eccesso di potere sotto il profilo del difetto di congrua motivazione”. Il fatto che il provvedimento di diniego del permesso a costruire in sanatoria sia stato adottato dal Comune dopo 27 anni dall’istanza presentata costituirebbe violazione della disciplina generale sui tempi di durata dei procedimenti amministrativi che impone termini perentori per la loro conclusione con provvedimento espresso.

2.2. Il secondo motivo di doglianza è così rubricato: “violazione dell’art. 13 della l. r. Sicilia n. 7/2019 e difetto di motivazione del provvedimento impugnato”. I ricorrenti contestano che la motivazione dei provvedimenti impugnati non darebbe adeguato conto delle ragioni per le quali il Comune ha ritenuto di non valutare positivamente le osservazioni endoprocedimentali avanzate dai ricorrenti a seguito della comunicazione di avvio del procedimento.

2.3. Il terzo motivo di doglianza è così rubricato: “violazione e falsa applicazione dell’art. 39 della l. n. 724/1994; eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria, manifesta illiceità e travisamento dei fatti e contraddittorietà; eccesso di potere sotto il profilo della disparità di trattamento”. Secondo parte ricorrente l’abuso edilizio che si richiede di sanare rispetterebbe entrambi i requisiti posti alternativamente dalla disciplina dell’art. 39 della L.n. 724/1994 a mente del quale sono meritevoli di essere condonate le opere abusive <<che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, un ampliamento superiore a 750 metri cubi>>. In particolare, la determinazione impugnata menziona la mansarda come parte dell’opera abusiva per la quale si chiede la sanatoria, tuttavia, tale valutazione sarebbe frutto di un errore da parte del Comune in quanto nell’istanza di sanatoria la mansarda non è mai stata citata.

2.4 Il quarto motivo di doglianza presentato, in via subordinata, da parte ricorrente è così rubricato: “applicazione del d.l. 269/2003, normativa sopravvenuta. accoglimento dell’istanza di condono in applicazione del comma 37 dell’art. 32 del d.l. 269/2003”. Data la prolungata inerzia protratta per più di vent’anni da parte del Comune sull’istanza di condono edilizio di parte ricorrente questa avrebbe dovuto essere valutata anche alla luce del condono edilizio disciplinato dal D.L. 296/2003, quale normativa sopravvenuta applicabile al procedimento amministrativo non ancora concluso per la mancata adozione del provvedimento finale.

3. L’Amministrazione comunale intimata si è costituita in giudizio e in data 23.9.2024 ha depositato una memoria nella quale ha chiesto il rigetto della domanda nel merito. Parte ricorrente ha replicato con una memoria depositata in data 7.10.2024 nella quale ha insistito nelle proprie istanze e pretese.

4. Con l’ordinanza collegiale n. 87 dell’8.11.2024 il Collegio ha disposto una verificazione “al fine di accertare il volume della costruzione originaria di proprietà di parte ricorrente (prima della realizzazione delle opere oggetto dell’istanza di sanatoria n. -OMISSIS- del 31.3.1995), nonché il volume delle predette opere abusive”. Il verificatore nominato, previa proroga del termine per il termine delle operazioni peritali concessa dal Collegio, ha depositato la propria relazione in data 9.5.2025. In data 16.5.2025 parte ricorrente ha depositato una memoria nella quale ha chiesto a rinnovazione delle operazioni di verificazione, avendone riscontrato irregolarità, e ha chiesto un rinvio dell’udienza all’uopo.

5. All’udienza pubblica del 19 giugno 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Pregiudizialmente, il Collegio ritiene di non dover trattare la richiesta di rinvio avanzata da parte ricorrente, data la conclusione in termini per lei favorevole della causa.

2. Il ricorso va accolto per l’assorbente profilo di cui segue la trattazione.

2.1. L’art. 39, comma 1, della L. n. 724/1994 stabilisce la possibilità di condono per opere abusive <<che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, un ampliamento superiore a 750 metri cubi>>.

Il Collegio ritiene di condividere l’interpretazione, costante in giurisprudenza, secondo la quale i due requisiti previsti dalla norma citata siano da considerarsi in via alternativa, coerentemente con il letterale significato disgiuntivo della congiunzione “ovvero”.

Il C.G.A.R.S. con la sentenza n. 634 del 2/7/2019 ha ribadito che <<nella dizione letterale della norma i due presupposti sono chiaramente alternativi e non cumulativi, sicché ai fini del condono è sufficiente, alternativamente, che l'opera non ecceda i 750 mc. ovvero il 30% della volumetria legittimamente realizzata; sicché è condonabile una opera abusiva che, come nella specie, pur eccedendo il 30% della volumetria preesistente, non eccede i 750 mc. Né argomenti in contrario si traggono dalla giurisprudenza costituzionale>>.

Riguardo alla citata giurisprudenza costituzionale la stessa pronuncia offre il condivisibile spunto per il quale “depone nel senso da ultimo indicato anche la necessità di prevenire ad interpretazioni della normativa conformi al principio di uguaglianza (art. 3 della Costituzione) dal momento interpretazioni diverse da quella qui sostenuta dovrebbe condurre a considerare “palesemente irragionevole un impianto normativo che non consenta la sanatoria degli ampliamenti superiori al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria, anche se inferiori al limite di 750 metri cubi, mentre permette la condonabilità di una nuova costruzione abusiva sino al limite di 750 metri cubi” (Corte costituzionale, ordinanza n. 45 del 2001).”. Tale considerazione si riferisce al requisito di condonabilità richiesto per le nuove costruzioni, sempre al comma 1 dell’art. 39 citato, “le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni non superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria.”.

2.2. Venendo al caso di specie, la verificazione ha accertato che “a) il volume della costruzione originaria di proprietà della parte ricorrente (prima della realizzazione delle opere oggetto dell’istanza di sanatoria n. -OMISSIS- del 31.03.1995) è pari a metri cubi 604,62; b) il volume delle predette opere abusive è pari a metri cubi 504,57”.

L’ampliamento operato dai ricorrenti rispetta uno dei due requisiti posti in via alternativa ai fini della condonabilità dell’opera, quello del contenimento della superficie abusiva entro i 750 mq (cfr. punto b)). Pertanto, l’istanza di sanatoria avrebbe dovuto essere accolta dal Comune resistente.

3. Per le superiori ragioni il ricorso deve essere accolto e i provvedimenti di diniego impugnati vanno, per l’effetto, annullati.

4. Le spese di giudizio, liquidate come da dispositivo, devono seguire la soccombenza tra le parti. Le spese di verificazione sono a carico del Comune resistente e saranno liquidate, ove sussistano i presupposti, con separato decreto.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna il Comune resistente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in favore dei ricorrenti in complessivi euro 2.500,00 (euro duemilacinquecento/00), oltre spese generali e accessori di legge, se ed in quanto dovuti e alle spese di verificazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte ricorrente e la sua proprietà.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:

Federica Cabrini, Presidente

Fabrizio Giallombardo, Referendario

Elena Farhat, Referendario, Estensore