Cons. Stato, Sez. IV, 25 giugno 2025, n. 5508
L’istanza presentata ai sensi del Piano Casa non risulta riconducibile al paradigma declinato dalla normativa in materia di silenzio-assenso, ma ad una fattispecie di silenzio-inadempimento, in quanto la normativa di cui all’articolo 20 comma 8 del Testo unico edilizia è applicabile unicamente al rilascio dei titoli edilizi ordinari.
La circostanza che il Piano Casa sia regolato anche con leggi regionali differenziate e che ogni Regione abbia varato la propria legge che consente interventi in deroga agli strumenti urbanistici, comporta che il contenuto del provvedimento, di assenso o di rigetto, non risulti predeterminato a monte, escludendo, dunque, in radice la sussistenza dei presupposti affinché possa ritenersi che si sia formato il silenzio assenso.
Quest’ultimo, infatti, per assurgere a carattere di generalità e, quindi, di applicazione generalizzata, deve trovare tipizzati, nella fonte di regolazione, nazionale o regionale, i suoi elementi costitutivi, che non si rinvengono, invece, nelle fattispecie di silenzio formatosi sulle istanze di permesso presentate ai sensi della normativa sul Piano Casa, poiché l’intervento da realizzare (appunto in deroga in forza della legislazione sul Piano Casa) è intrinsecamente difforme dai parametri urbanistici, ovvero non conforme alla normativa statale e regionale di riferimento, ragion per cui necessita, per definizione, del permesso di costruire espresso che tale deroga verifichi (sul piano dei presupposti) e autorizzi (sul piano della edificabilità eccezionale).
Guida alla lettura
Con sentenza n. 5508/2025, la IV Sezione del Consiglio di Stato si pronuncia sul tema dell’applicabilità, o meno, dell’istituto del silenzio-assenso al procedimento di rilascio del titolo edilizio ai sensi della cd. normativa sul Piano Casa.
La decisione, a contenuto ricognitivo, assume rilievo in ragione della apprezzabile sintesi dei diversificati principi, di derivazione giurisprudenziale, maturati sul tema.
L’iter argomentativo caratterizzante il ricorso di primo grado risulta incentrato sulla premessa che la ricorrente aveva chiesto:
a) l’accertamento della formazione del silenzio-assenso, ai sensi dell’art. 20 del D.P.R. n. 380/2001, sull’istanza di permesso di costruire presentata ai sensi dell’art. 4 della L.R. Puglia n. 14/2009 (c.d. “Piano Casa”) in relazione alla cd. demolizione e ricostruzione con incremento volumetrico;
b) la declaratoria di inefficacia del provvedimento con il quale il Dirigente aveva successivamente negato, con provvedimento espresso, il rilascio del titolo edilizio richiesto.
In subordine, l’esponente chiedeva l’annullamento del suddetto provvedimento di diniego per vizi di legittimità contestando l’interpretazione data dal Comune delle disposizioni regionali sul piano casa.
La sentenza di prime cure, si segno negativo: a) esclude l’applicabilità al caso di specie della disciplina sul silenzio assenso in ragione della specialità della disciplina sul c.d. piano casa; b) esclude, altresì, che il successivo diniego espresso potesse ritenersi affetto da inefficacia/nullità non ricorrendo alcuna ipotesi di silenzio assenso, con conseguente inapplicabilità dell’art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241 del 1990 che tanto contempla solo in caso di provvedimento espresso tardivamente assunto; c) ritiene l’istanza di rilascio del permesso di costruire incompleta al 31.12.2021 e quindi sostanzialmente improcedibile, in quanto in contrasto con quanto richiesto dall’art. 7 della l.r. n. 14 del 2009, nella versione modificata dalla L.R. n. 38/2021 che ha individuato nel requisito della completezza della domanda il discrimine temporale per l’applicazione della legge regionale sul piano casa.
L’appellante, di contro:
a) con un primo motivo, reitera la intervenuta formazione, a suo avviso, del cd. silenzio assenso sulla originaria istanza tanto in virtù dell’art. 20, comma 8, del D.P.R. 380/2001;
b) con un secondo motivo, richiama, in ogni caso, l’inefficacia del provvedimento di diniego espresso successivamente adottato e tanto alla luce del disposto di cui all’art. 21-septies della legge n. 241/1990, in combinato disposto con l’art. 2, comma 8-bis, ovvero della ritenuta violazione del silenzio-assenso già formatosi;
c) con un terzo motivo deduce, in ogni caso, l’illegittimità del detto provvedimento sotto il concorrente profilo della ritenuta violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990 (preavviso di diniego), e dell’art. 7 della L.R. 14/2009 in virtù del quale la “completezza” dell’istanza doveva essere valutata con riferimento alla documentazione presentata al momento della domanda, senza possibilità di disconoscere l’applicabilità del Piano Casa in ragione di richieste integrative sopravvenute.
A fronte di tanto, il Consiglio di Stato, con la pronuncia in commento, preserva integralmente l’iter argomentativo del Giudice a quo, in virtù del quale l’istanza presentata ai sensi del Piano Casa non risulta riconducibile al paradigma declinato dalla normativa in materia di silenzio-assenso, ma ad una fattispecie di silenzio-inadempimento, in quanto la normativa di cui all’articolo 20 comma 8 del Testo unico edilizia è applicabile unicamente al rilascio dei titoli edilizi ordinari.
La circostanza che il Piano Casa sia regolato anche con leggi regionali differenziate e che ogni Regione abbia varato la propria legge che consente interventi in deroga agli strumenti urbanistici con l’obiettivo di rilancio del settore edile comporta che il contenuto del provvedimento, di assenso o di rigetto, del permesso di costruire, richiesto sulla base delle diverse norme regionali, non risulti predeterminato a monte, escludendo, dunque, in radice la sussistenza dei presupposti affinché possa ritenersi che si sia formato il silenzio assenso.
Quest’ultimo, infatti, per assurgere a carattere di generalità e, quindi, di applicazione generalizzata, deve trovare tipizzati, nella fonte di regolazione, nazionale o regionale, i suoi elementi costitutivi, che non si rinvengono, invece, nelle fattispecie di silenzio formatosi sulle istanze di permesso presentate ai sensi della normativa sul Piano Casa, poiché l’intervento da realizzare (appunto in deroga in forza della legislazione sul Piano Casa) è intrinsecamente difforme dai parametri urbanistici, ovvero non conforme alla normativa statale e regionale di riferimento, ragion per cui necessita, per definizione, del permesso di costruire espresso che tale deroga verifichi (sul piano dei presupposti) e autorizzi (sul piano della edificabilità eccezionale).
Quanto alla lamentata violazione del preavviso di diniego (art. 10bis L. n. 241/1990) il Collegio opera opportuno governo dell’istituto di cui all’art. 21octies, comma 2 primo periodo, della legge n. 241 del 1990 non potendo il provvedimento conclusivo essere di contenuto diverso da quello in concreto adottato e tanto in ragione delle rilevate carenze documentali e dell’invio tardivo rispetto al termine ultimativo poiché, ai fini della ammissibilità, l’istanza doveva essere completa, in ogni suo elemento, sin dall’origine.
Infine, quanto alla completezza della pratica, il Collegio assume, ai fini dell’applicazione della disciplina straordinaria (Piano Casa), la centralità del concetto di istanza “completa in ogni suo elemento” da correlarsi necessariamente, quanto a contenuto, alla possibilità per l’Amministrazione di svolgere l’istruttoria in modo completo ed esaustivo di talché una domanda può considerarsi completa solo se corredata di tutti gli elementi identificativi dell’intervento e di quelli documentali idonei a consentire la valutazione del progetto nel suo complesso.
La Sezione, per l’effetto, ha concluso per il rigetto dell’appello.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6540 del 2024, proposto dalla signora Nicoletta D’Alessio, rappresentata e difesa dall’avvocato Saverio Profeta, con domicilio eletto presso lo studio A Placidi S.r.l. in Roma, via Barnaba Tortolini 30;
contro
Comune di Monopoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Lorenzo Dibello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) n. 00689/2024, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Monopoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2025 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti gli avvocati presenti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso al T.a.r. per la Puglia, sede di Bari, la sig.ra Nicoletta D’Alessio ha chiesto l’accertamento della formazione del silenzio-assenso, ai sensi dell’art. 20 del D.P.R. n. 380/2001, sull’istanza di permesso di costruire prot. n. 48995 del 25 agosto 2021, presentata al Comune di Monopoli ai sensi dell’art. 4 della L.R. Puglia n. 14/2009 (c.d. “Piano Casa”), nonché la declaratoria di inefficacia del provvedimento n. 0010027/2023 del 9 febbraio 2023, con cui il Dirigente dell’Area Tecnica comunale aveva successivamente negato, con provvedimento espresso, il rilascio del titolo edilizio.
2. In subordine, l’esponente chiedeva l’annullamento del suddetto provvedimento di diniego per vizi di legittimità contestando l’interpretazione data dal Comune delle disposizioni regionali sul piano casa.
3. In particolare la ricorrente, proprietaria del compendio immobiliare “Vecchio Mulino” sito in via Aldo Moro n. 192, aveva richiesto il rilascio del permesso di costruire per un intervento di demolizione e ricostruzione con incremento volumetrico, ai sensi dell’art. 4, comma 1, L.R. 14/2009.
4. Lamentava che, a fronte dell’inerzia protrattasi per oltre sei mesi, si fosse formato il silenzio-assenso, già alla data del 25 febbraio 2022, essendo l’istanza risalente al 25 gennaio 2021.
5. Tuttavia, il Comune, con nota del 15 febbraio 2022, trasmetteva un preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, adducendo la violazione, tra gli altri aspetti, del numero dei piani e dell’altezza massima consentita, l’incompletezza documentale e la mancanza della verifica di adeguatezza delle opere di urbanizzazione primaria esistenti secondo quanto previsto dall’art. 5, comma 3 bis della legge regionale n. 14 del 2009.
6. In data 25 febbraio 2022 la ricorrente presentava una proposta di intervento adeguata ai rilievi del comune sul numero dei piani e sull’altezza massima consentiti. In data 14 aprile 2022, l’Amministrazione intimava alla ricorrente di integrare gli elaborati progettuali entro 30 giorni, pena la sospensione del procedimento con la presentazione dei documenti già indicati nella nota del 15 febbraio 2022
7. Con preavviso di rigetto del 4 gennaio 2023 il Comune evidenziava che, ai sensi dell’art. 9 della L.R. 20/2022, le istanze protocollate prima del 29 luglio 2022 dovevano essere istruite secondo la disciplina della L.R. 14/2009, e che, per effetto dell’art. 7 della medesima legge, le richieste di permesso di costruire dovevano essere presentate “complete in ogni loro elemento” entro il 31 dicembre 2022 mentre nel caso di specie non era stato dato seguito alla richiesta di integrazioni documentali del 14 aprile 2022, in linea con il preavviso di diniego del 15 febbraio 2022
8. Secondo l’Amministrazione, infatti, la domanda della sig.ra D’Alessio non risultava completa, poiché priva al 31 dicembre 2022 delle integrazioni richieste con nota del 15 febbraio 2022 e con la successiva nota prot. n. 24272 del 14 aprile 2022.
9. Nonostante le controdeduzioni e gli apporti documentali successivamente forniti dall’appellante con nota del 13 gennaio 2023, il Comune adottava il provvedimento di diniego definitivo in data 9 febbraio 2023, confermando il preavviso di diniego del 4 gennaio 2023.
10. A sostegno del ricorso, la parte ricorrente ha articolato vari motivi, tra cui: la formazione del silenzio-assenso (art. 20 D.P.R. 380/2001), l’inefficacia del provvedimento di diniego successivamente adottato per violazione dell’art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241/1990, e plurime censure di eccesso di potere, violazione di legge e travisamento dei presupposti in riferimento alle L.R. n. 14/2009, n. 20/2022 e n. 51/2017.
11. Si è costituito in giudizio il Comune di Monopoli per resistere al ricorso, chiedendone la reiezione in quanto infondato.
12. Con sentenza numero 689 del 2024.Il Tar per la Puglia, sede di Bari ha respinto il ricorso della ricorrente.
12.1. Il T.a.r. in particolare:
a) ha escluso l’applicabilità al caso di specie della disciplina sul silenzio assenso in ragione della specialità della disciplina sul c.d. piano casa;
b) ha, conseguentemente, escluso che il successivo diniego espresso potesse ritenersi affetto da inefficacia/nullità non ricorrendo alcuna ipotesi di silenzio assenso, con conseguente inapplicabilità dell’art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241 del 1990 che una tale sanzione contempla, in caso di provvedimento espresso tardivamente assunto;
c) ha, in ogni caso, ritenuto l’istanza di rilascio del permesso di costruire incompleta al 31.12.2021 e quindi sostanzialmente improcedibile, in quanto in contrasto con quanto richiesto dall’art. 7 della l.r. n. 14 del 2009, nella versione modificata dalla L.R. n. 38/2021 che ha individuato nel requisito della completezza della domanda il discrimine temporale per l’applicazione della legge regionale sul piano casa.
13. Avverso la predetta sentenza la signora D’Alessio Nicoletta ha interposto appello per chiederne la riforma in quanto errata in diritto.
14. Si è costituito in giudizio il Comune di Monopoli per resistere all’appello, chiedendone il rigetto in quanto infondato.
15. All’udienza pubblica del 30 gennaio 2025 la causa è stata trattenuta in decisione, previo deposito di memorie conclusive con cui le parti hanno ulteriormente illustrato le rispettive tesi difensive ed eccezioni.
16. L’appello è infondato.
17. Il presente giudizio verte sull’impugnazione proposta dalla sig.ra Nicoletta D’Alessio avverso il provvedimento del Comune di Monopoli del 9 febbraio 2023, recante il diniego di rilascio del permesso di costruire richiesto in data 25 agosto 2021, in relazione ad un intervento di demolizione e ricostruzione con incremento volumetrico, ai sensi del c.d. “Piano Casa” regionale (L.R. Puglia n. 14/2009).
L’appellante critica la sentenza sfavorevole del T.a.r. articolando tre motivi di appello che vengono di seguito esaminati, secondo l’ordine logico di trattazione, in luogo del loro ordine di esposizione nel ricorso in appello.
18. Con un primo motivo l’appellante lamenta che il T.a.r. avrebbe errato nell’escludere la intervenuta formazione del silenzio assenso sulla originaria istanza.
18.1. Deduce, in particolare, la violazione dell’art. 20, comma 8, del D.P.R. 380/2001, sostenendo che l’Amministrazione comunale, rimasta silente per oltre sei mesi dalla presentazione dell’istanza prot. n. 48995 del 25.08.2021, avrebbe determinato il perfezionamento del silenzio-assenso sul titolo edilizio richiesto, erroneamente escluso dal T.a.r..
18.2. Il motivo è infondato.
Secondo quanto ribadito anche di recente dalla Sezione con la sentenza n. 7809 del 2024 “come riconosciuto anche in recenti decisioni dalla Sezione, “l’istanza presentata ai sensi del Piano Casa non risulta riconducibile al paradigma declinato dalla normativa in materia di silenzio-assenso, ma ad una fattispecie di silenzio-inadempimento, in quanto la normativa di cui all’articolo 20 comma 8 del Testo unico edilizia è applicabile unicamente al rilascio dei titoli edilizi ordinari” (Cons. Stato, Sez. IV, 9 aprile 2025 n. 3002).
15. Nella suddetta pronuncia, che attiene anch’essa specificamente, come il caso in esame, alla disciplina regionale e non alla diversa ipotesi di riqualificazione di cui al decreto legge n. 70/2011, questo Consiglio di Stato ha osservato che la circostanza che il Piano Casa sia regolato anche con leggi regionali differenziate e che, come affermato anche dall’appellante, ogni Regione abbia varato la propria legge che consente interventi in deroga agli strumenti urbanistici con l’obiettivo di rilancio del settore edile, lungi dal condurre all’ammissibilità della formazione del permesso di costruire per silenzio-assenso anche in questa peculiare ipotesi, in quanto la deroga prevista opererebbe nei confronti della disciplina urbanistica e non dei principi generali, comporta, al contrario, che il contenuto del provvedimento, di assenso o di rigetto, del permesso di costruire, richiesto sulla base delle diverse norme regionali, non risulti predeterminato a monte, escludendo, dunque, in radice la sussistenza dei presupposti affinché possa ritenersi che si sia formato il silenzio assenso. Quest’ultimo, infatti, per assurgere a carattere di generalità e, quindi, di applicazione generalizzata, deve trovare tipizzati, nella fonte di regolazione, nazionale o regionale, i suoi elementi costitutivi, che non si rinvengono, invece, nelle fattispecie di silenzio formatosi sulle istanze di permesso presentate ai sensi della normativa sul Piano Casa, “poiché l’intervento da realizzare (appunto in deroga in forza della legislazione sul Piano Casa) è intrinsecamente difforme dai parametri urbanistici, ovvero non conforme alla normativa statale e regionale di riferimento, ragion per cui necessita, per definizione, del permesso di costruire espresso che tale deroga verifichi (sul piano dei presupposti) e autorizzi (sul piano della edificabilità eccezionale)” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV n. 3002/2025 cit.)
16. Sempre in relazione alle doglianze espresse dall’appellante al primo motivo, la Sezione deve ribadire quanto già affermato nei propri precedenti, vale a dire che le norme sul “Piano casa” attributive di benefici volumetrici sono disposizioni eccezionali, come tali insuscettibili di interpretazione estensiva o analogica (cfr. ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 1828 del 2017; Corte cost. n. 208 del 2019), per cui non scontano i medesimi presupposti richiesti dalla legislazione nazionale (art. 20, legge n. 241 del 1990). Nella recente sentenza già ricordata la Sezione, richiamando la declaratoria da parte della Corte Costituzionale dell’infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all’art. 3, primo comma, Cost., della legge della Regione Emilia-Romagna n. 23 del 2004 nella parte in cui non ha esteso la possibilità di condono, già prevista per la riconversione ad uso abitativo dei sottotetti in edifici residenziali bifamiliari e monofamiliari, agli altri interventi di ristrutturazione edilizia che diano luogo ad un aumento delle unità immobiliari con mantenimento della stessa sagoma e volumetria, ha così precisato che una “corretta interpretazione della legge sul Piano Casa…(porta ad) escludere che, attraverso le agevolazioni della normativa in esame, si possano legittimare, mediante istituti di semplificazione (id est, per silentium), incrementi volumetrici al di fuori degli stretti limiti consentiti i quali, proprio per il carattere eccezionale e temporaneo della disciplina in questione nonché per la forte incidenza sull’assetto urbanistico del territorio, necessitano del previo vaglio da parte dell’autorità amministrativa”.
Analoghi principi sono stati affermati da Cons. Stato, sez. IV, 21 marzo 2025, n. 2356 in materia di piano casa della Regione Campania e da Cons. Stato, Sezione II, 13 dicembre 2024, n. 10076.
Come si è visto non giova all’appellante la distinzione tra istanze di rilascio di permesso di costruire presentate ai sensi delle leggi regionali sul Piano casa e quelle presentate ai sensi del decreto legge n. 70 del 2011 poiché i precedenti richiamati riguardano proprio fattispecie riferibili alle misure premiali contenute in leggi regionali, analogamente a quanto accade per la legge della Regione Puglia sul piano casa n. 14 del 2009: si tratta cioè di leggi speciali per le quali non è stata ritenuta applicabile, per le motivazioni esposte, la disciplina di cui all’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2001 stante l’ampia discrezionalità e la pluralità di presupposti che condizionano l’accesso alle misure premiali – soprattutto in termini di volumetrie - e che devono necessariamente essere oggetto di attenta istruttoria da parte degli uffici tecnici comunali.
Escludendo la possibilità di formazione del permesso di costruire per silentium, ai sensi della disciplina regionale sul Piano Casa e riconoscendo la legittimità dell’operato dell’Amministrazione comunale, il T.a.r. ha dunque dato coerente applicazione ai principi generali informatori della materia.
19. Con un secondo motivo ha eccepito l’inefficacia del provvedimento di diniego espresso adottato prot. n. 0010027/2023 del 09.02.2023.
19.1. L’inefficacia si giustificherebbe alla luce del disposto di cui all’art. 21-septies della legge n. 241/1990, in combinato disposto con l’art. 2, comma 8-bis, per essere il provvedimento di diniego espresso intervenuto in violazione del silenzio-assenso già formatosi e, dunque, in carenza di potere.
19.2. Il motivo è infondato alla luce di quanto osservato nella disamina del primo motivo di appello circa la mancata formazione del silenzio assenso sull’istanza del 25 agosto 2021 che rende legittima la conclusione del procedimento mediante adozione di un provvedimento espresso.
20. Con un terzo motivo di appello deduce la illegittimità del provvedimento prot. n. 0010027/2023 del 09.02.2023, a firma del Dirigente dell’Area Organizzativa III Tecnica – Edilizia Privata, Urbanistica e LL.PP. del Comune di Monopoli, recante il diniego definitivo al rilascio del permesso di costruire:
a) per omessa pronuncia del T.a.r. in relazione:
- alla dedotta violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990, lamentando l’omessa considerazione delle proprie osservazioni del 13 gennaio 2023 al preavviso di rigetto del 4 gennaio 2023, con conseguente vizio di motivazione, travisamento dei presupposti di fatto e contraddittorietà;
- all’erroneo richiamo, nel preavviso di rigetto del 4 gennaio 2023, del precedente preavviso di rigetto - ed allegato parere istruttorio - del 15 febbraio 2022, in realtà superato dalla presentazione di modifiche progettuali (mediante eliminazione del piano terra per rispettare l’altezza massima del fabbricato), positivamente recepite dal Comune con la nota del 14 aprile 2022, con conseguente contraddittorietà dell’azione amministrativa;
b) per erronea applicazione della disciplina regionale, contestando l’interpretazione dell’art. 7 della L.R. 14/2009 da parte dell’Amministrazione, evidenziando che, alla luce dell’art. 5 della L.R. 51/2017 (norma di interpretazione autentica), il requisito della “completezza” dell’istanza doveva essere valutato con riferimento alla documentazione presentata al momento della domanda, senza possibilità di disconoscere l’applicabilità del Piano Casa in ragione di richieste integrative sopravvenute nell’ambito della distinta fase dell’istruttoria e rilevanti ai fini della agibilità e non del rilascio del titolo edilizio; in ogni caso il Comune avrebbe omesso di chiedere le necessarie integrazioni nel termine di trenta giorni di cui all’art. 20, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001 il che confermerebbe che in realtà non vi fosse alcuna carenza di requisiti essenziali da integrare.
20.1. Il motivo, complessivamente considerato, è infondato.
20.2. In punto di diritto va rammentato preliminarmente quanto segue.
La L.R. 14/2009 ha introdotto misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e consente interventi anche in deroga agli strumenti urbanistici, entro termini ben definiti.
La legge regionale n. 20 del 12.08.2022, all’art. 9 recita “le pratiche edilizie inoltrate e protocollate ai sensi della legge regionale 14/2009 presso gli sportelli unici per l’edilizia dei comuni pugliesi, prima della data del 29.07.2022, sono istruite secondo le prescrizioni della medesima legge regionale”.
L’art. 7 della legge regionale n. 14 del 2009, nella versione modificata dalla L.R. 38/2021, fissava al 31 dicembre 2022 il termine ultimo per la presentazione “completa” delle istanze edilizie; prevedeva, inoltre, che “tutti gli interventi previsti dalla presente legge sono realizzabili solo se la segnalazione certificata di inizio attività in alternativa al permesso di costruire o l’istanza per il rilascio del permesso di costruire risultano presentate, complete in ogni loro elemento, entro il 31 dicembre 2022”.
Tuttavia, l’estensione al 31 dicembre 2022 del termine di presentazione dell’istanza è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale con sentenza n. 17 del 10 febbraio 2023, con conseguente ripristino del termine precedente al 31 dicembre 2021.
Inoltre l’art. 5 della legge regionale n. 51 del 2017 ha ribadito che l’istanza deve essere completa “in ogni suo elemento” chiarendo che l’art. 7, comma 1, si interpreta nel senso che “la data di presentazione dell’istanza per permesso di costruire, purché completa in ogni suo elemento, costituisce anche riferimento temporale per la determinazione della normativa edilizia regionale applicabile ai fini del rilascio del titolo”.
Ne consegue che, ai fini dell’applicazione della disciplina straordinaria, è centrale il concetto di istanza “completa in ogni suo elemento”.
Tale completezza va valutata in funzione del tipo di intervento edilizio richiesto e della possibilità per l’Amministrazione di svolgere l’istruttoria in modo completo ed esaustivo.
Una domanda può considerarsi completa solo se corredata di tutti gli elementi identificativi dell’intervento e di quelli documentali idonei a consentire la valutazione del progetto nel suo complesso.
20.3. Nel caso di specie la domanda presentata in data 25.8.2021 deve ritenersi incompleta in quanto, ponendosi in contrasto con la disciplina delle altezze e del numero massimo di piani assentibili è stata successivamente modificata (con la eliminazione di un piano e riduzione dell’altezza) in un elemento essenziale, mediante una nuova domanda, presentata in data 25.2.2022, successivamente modificata in data 28.2.2022 e ancora il 9.3.2022.
E’ la stessa appellante a riconoscere a p. 8 dell’appello di aver modificato il progetto dopo la comunicazione del preavviso di rigetto del 15.2.2022 mediante “la rimozione del piano terra a pilotis al fine di contenere l’altezza massima entro quella indicata dalla P.A.”.
Inoltre, sempre in relazione alla originaria istanza del 25.8.2021, mancavano i progetti degli impianti e soprattutto le asseverazioni sul rispetto della normativa sul risparmio energetico e dei criteri di edilizia sostenibile richiesti per accedere alle premialità volumetriche dall’art. 4, comma 4, della legge regionale n. 14 del 2009, il c.d. protocollo ITACA, come pure l’attestato di sostenibilità ambientale e, in generale, la documentazione prescritta dalla legge regionale n. 13 del 2008; mancava anche la verifica di adeguatezza delle opere di urbanizzazione primaria esistenti, secondo quanto previsto dall’art. 5, comma 3 bis della legge regionale n. 14 del 2009.
Quanto al rispetto della normativa sul risparmio energetico il menzionato art. 4, comma 4 prevedeva infatti che “L’incremento volumetrico previsto dal presente articolo si applica a condizione che la ricostruzione venga realizzata secondo i criteri di edilizia sostenibile indicati dalla legge regionale 10 giugno 2008, n. 13 (Norme per l'abitare sostenibile). A tal fine, l'edificio ricostruito deve acquisire almeno il punteggio 2 nello strumento di valutazione previsto dalla L.R. n. 13/2008 e dotarsi della certificazione di cui all'articolo 9 della stessa legge prima della presentazione della segnalazione certificata di agibilità dì cui all’articolo 24 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (TUE), emanato con d.p.r. 380/2001”.
Lo stesso art. 1 della legge regionale n. 14 del 2009 tra le varie finalità annovera quella del miglioramento della qualità energetica del patrimonio edilizio esistente.
Del resto l’asseverazione sul rispetto della normativa in materia di “efficienza energetica” è espressamente richiesta anche dall’art. 20, comma 1 del D.P.R. n. 380 del 2001 quale requisito essenziale della domanda a fini della operatività del dispositivo del silenzio assenso, il che significa che, in sua assenza, l’istanza deve ritenersi inconfigurabile (cfr. in termini Cons. Stato, sez. IV, 25 settembre 2024, n. 7768).
Alla luce di quanto precede non può essere condivisa la tesi di parte appellante secondo cui la documentazione relativa alla certificazione energetica potesse essere integrata in sede istruttoria trattandosi, al contrario, di condizione di configurabilità della stessa istanza che, per legge (art. 7, comma 1, l.r. n. 14 del 2009), doveva essere completa “in ogni suo elemento”.
Il fatto che siano previste una serie di asseverazioni ex post ai fini della presentazione della segnalazione certificata di agibilità (su cui insiste l’appellante a p. 21 dell’appello) non fa venir l’obbligo di predisporre già in sede di progettazione, e quindi di presentazione dell’istanza di rilascio del titolo edilizio, la relazione tecnica attestante il rispetto delle prescrizioni per il contenimento del consumo di energia degli edifici e dei relativi impianti termici (cfr. art. 8 del d. lgs. n. 192 del 2005 e art. 9, comma 1 nonché art. 11, comma 5 della l.r. n. 14 del 2009).
Il preavviso di rigetto era chiaro in questo senso: pur in presenza di un istanza nuova – in quanto quella originaria era stata modificata in un requisito essenziale, quello relativo al numero dei piani ed all’altezza - con la nota del 14 aprile 2022 il Comune sollecitava nuovamente la presentazione dei documenti già richiesti con il preavviso di rigetto del 15 febbraio 2022 in relazione a “legittimità delle preesistenze; protocollo Itaca, nomina del certificatore e Attestato di Sostenibilità del Progetto, ecc.; progetto dell’impianto termico nel rispetto degli obblighi previsti nell’allegato 3 del D.Lgs. n. 28/2011, compresa la Relazione tecnica prevista dal D.M. del 26.06.2015; progetto dell’impianto idrico-fognante, elettrico ecc. e individuazione del layout degli impianti da installare nel locale tecnico; progetto smaltimento acque meteoriche derivanti dal dilavamento del terrazzo di copertura, dai balconi e aree esterne; dimostrazione delle prescrizioni riportate al comma 3.0 dell’art. 3/P delle NTA del PUG; dichiarazione del parere igienico-sanitario; documentazione necessaria prevista dalla Legge Regionale n. 30/2016 e s.m.i.; parere del Comando Polizia Locale; parere della Ferrovia dello Stato; parere del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco; verifica dell’adeguatezza delle opere di urbanizzazione primaria esistenti nel rispetto del comma 3-bis dell’art. 5 della Legge Regionale n. 14/2009 e s.m.i. (rete stradale, spazi di sosta e parcheggio, rete di fognatura bianca, rete di fognatura nera, rete di pubblica illuminazione, rete acquedotto, rete di distribuzione gas, rete di distribuzione dell’energia elettrica, rete telefonica, sistemazione dell’area verde, ecc.)”.
Tale documentazione veniva infine presentata solo in data 13 gennaio 2023 in risposta al secondo preavviso di rigetto del 4 gennaio 2023 quanto tuttavia era ormai spirato il termine del 31 dicembre 2022, a quella data ancora efficace dato che la sentenza della Corte costituzionale sarebbe stata depositata solo il 10 febbraio 2023 dopo l’adozione del diniego finale adottato il 9 febbraio 2023.
La domanda era pertanto oggettivamente incompleta alla data del 31.12.2022 perché carente di documentazione essenziale, come ripetutamente osservato con le note del 15 febbraio 2022 e, in modo ancora più esplicito – anche quanto alla rilevanza del termine del 31 dicembre 2022 –, con quella successiva del 14 aprile 2022 e del 4 gennaio 2023: pertanto in nessun modo era possibile per il Comune accogliere l’istanza, con conseguente irrilevanza anche della omessa motivazione circa le osservazioni presentate il 13 gennaio 2023, in risposta al preavviso di diniego comunicato in data 4 gennaio 2023 ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, non potendo il provvedimento conclusivo essere di contenuto diverso da quello in concreto adottato – ai sensi dell’art. 21octies, comma 2 primo periodo, della legge n. 241 del 1990 - in ragione delle rilevate carenze documentali e dell’invio tardivo rispetto al termine ultimativo del 31 febbraio 2022 all’epoca ancora in vigore; del pari irrilevante è la omessa pronuncia sul punto del T.a.r. che per le ragioni esposte non avrebbe potuto condurre ad un esito diverso del giudizio, stante la perentorietà del termine del 31 dicembre 2022 e la rilevata incompletezza della domanda a quella data.
Le integrazioni documentali inviate in risposta al preavviso di rigetto del 4 gennaio 2023 non potevano infatti sanare, ora per allora, le carenze della originaria domanda del 25 agosto 2021, poiché ai fini della ammissibilità della domanda l’istanza doveva essere completa, in ogni suo elemento, sin dall’origine e comunque entro il 31 dicembre 2022, termine ultimo per poter accedere alle misure premiali ai sensi dell’art. 7 della legge regionale n. 14 del 2009; il successivo intervento della Corte costituzionale avrebbe evidenziato a fortiori la tardività della produzione documentale e della stessa modifica progettuale trasmessa il 25 febbraio 2022, in quanto intervenute dopo il termine del 31 dicembre 2021.
Ed infatti per quanto non dedotto nella parte motiva del provvedimento impugnato (di un giorno anteriore al deposito della sentenza della corte costituzionale) le stesse modifiche sostanziali apportate dopo il primo preavviso di rigetto del 15 febbraio 2022 (con eliminazione di un piano e riduzione dell’altezza dell’edificio), già collocavano la nuova proposta di intervento oltre la finestra temporale del 31 dicembre 2021 consentita dalla legge regionale, non venendo in rilievo una modifica di modesta entità – come invece eccepisce l’appellante richiamando l’art. 20, comma 4 del d.P.R. n. 380 del 2021 – avendo l’istante in tal modo modificato tre parametri edilizi essenziali (numero dei piani, altezza e cubatura) che modificano i caratteri dell’intervento in modo sostanziale.
Infine il rinvio contenuto al parere istruttorio del 15 febbraio 2022 contenuto nel preavviso di rigetto del 4 gennaio 2023 – a fronte di un progetto di intervento successivamente modificato - è irrilevante poiché non modifica il dato della incompletezza dell’istanza alla data del 31 dicembre 2022 e come tale non è sintomatico di alcun vizio di eccesso di potere per contraddittorietà.
In ogni caso non sussiste alcun contraddittorietà poiché a parte la modifica progettuale sostanziale del 25 febbraio 2022 il Comune ha continuato a richiedere i medesimi documenti dapprima con il preavviso di rigetto del 15 febbraio 2022, poi con la nota del 14 aprile 2022 e infine con il preavviso di rigetto del 4 gennaio 2023 e tali documenti sono stati trasmessi il 13 gennaio 2023 oltre il termine ultimativo (allora in vigore) del 31 dicembre 2022.
Parimenti irrilevante è la circostanza per cui il Comune avrebbe omesso di chiedere le necessarie integrazioni nel termine di trenta giorni di cui all’art. 20, comma 5, del d.P.R. n. 380 del 2001 – circostanza che a dire dell’appellante confermerebbe che in realtà non vi fosse alcuna carenza di requisiti essenziali da integrare – poiché la mancata richiesta di integrazioni non elide il dato della incompletezza dell’istanza alla data del 31 dicembre 2022: era infatti onere della parte istante curare che l’istanza fosse completa in ogni suo elemento essenziale nel termine indicato dall’art. 7 della legge regionale n. 14 del 2009, in vista di una verifica istruttoria che ben avrebbe potuto essere svolta anche successivamente a tale data, in ragione della non perentorietà dei termini di svolgimento del procedimento e della rilevanza del termine del 31 dicembre 2022 ai soli fini della presentazione dell’istanza, non anche della conclusione del procedimento.
Inoltre poiché le carenze documentali emergono da una piana lettura degli atti del procedimento – che le hanno debitamente evidenziate - anche l’eccezione secondo cui il Comune avrebbe integrato la motivazione del diniego in giudizio è infondata e dev’essere respinta.
Ciò vale in particolare per la rilevanza del termine del 31 dicembre 2022 in relazione alla incompletezza della domanda a quella data, secondo quanto chiaramente rappresentato nelle premesse giustificative del preavviso di diniego del 4 gennaio 2023 con cui si prendeva atto del mancato invio della documentazione richiesta e che, infine, portava alla adozione del diniego del 9 febbraio 2023, stante la oggettiva tardività, rispetto al termine finale del 31 dicembre 2022, dei documenti presentati solo con la nota del 13 gennaio 2023.
Nelle premesse giustificative del preavviso si legge infatti “Rilevato che la richiesta di permesso di costruire….non risulta completa in ogni suo elemento alla data del 31 dicembre 2022 atteso che non è pervenuto a questi uffici alcun riscontro alla richiesta di integrazioni protocollo n. 24272 del 14.4.2022” sicchè il diniego mutua da tale premessa la ratio della decisione reiettiva, essendo implicita la valutazione di inidoneità, per tardività, della documentazione trasmessa in data 13 gennaio 2023.
Ciò vale anche in relazione alla novità del progetto presentato dopo il preavviso di rigetto del 15 febbraio 2022 - che già evidenziava in modo espresso (cfr. p. 2 primo paragrafo) il problema della violazione del numero dei piani e dell’altezza massima consentita - determinando la necessità di una modifica sostanziale che avrebbe inevitabilmente collocato la nuova proposta di intervento oltre la finestra temporale consentita del 31 gennaio 2021, non potendosi intendere l’istanza completa “in ogni suo elemento” a quella data, pur trattandosi di aspetto emerso solo successivamente alla adozione del diniego, quale effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 17 del 2023 ed ivi infatti non dedotto e di cui si dà conto solo per completezza espositiva della vicenda.
Il motivo in conclusione è infondato e va respinto.
21. Alla luce delle motivazioni che precedono l’appello deve, nel suo complesso, essere respinto.
22. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e condanna la signora D’Alessio Nicoletta alla rifusione in favore del Comune di Monopoli delle spese di lite del grado che si liquidano complessivamente in euro 4000,00 oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2025.