Cons. Stato, sez. II, 1° agosto 2025, n. 6829
Esula dal sindacato giurisdizionale di legittimità il potere di riedire, in funzione di amministrazione attiva, l’accertamento del nesso di causalità tra la violazione riscontrata e la sua incidenza sull’incentivo, trattandosi di poteri non ancora esercitati e ostandovi, comunque sia, l’art. 34 del c.p.a.
Nei procedimenti amministrativi la partecipazione è funzionale a una più completa istruttoria e alla migliore rappresentazione degli interessi privati destinati ad essere incisi e, dunque, le norme in materia di partecipazione procedimentale non devono essere lette in senso formalistico, bensì avendo riguardo all’effettivo e oggettivo pregiudizio che la loro inosservanza abbia causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la pubblica amministrazione.
Guida alla lettura
Con la sentenza in commento, la sezione seconda del Consiglio di Stato si occupa dei limiti del vincolo conformativo scaturente dal giudicato e quindi dell’ampiezza del residuo tratto libero del potere amministrativo al momento del suo riesercizio. Nel contempo, la pronuncia coglie altresì l’occasione per puntualizzare la funzione della comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 del d.lgs. 241/1990, in sede di riedizione della funzione amministrativa.
Prima di esaminare nello specifico queste due riflessioni che si ritiene siano di interesse, è opportuno un breve inquadramento dei fatti di causa.
Il contesto in cui è stata emanata la pronuncia in commento è quello di un giudizio di ottemperanza mediante il quale la società ricorrente - la Molinaro s.r.l. - ha chiesto, nei confronti del Gestore dei servizi energetici – GSE s.p.a. (nel seguito “GSE”), l’esecuzione del giudicato avente ad oggetto l’annullamento del provvedimento con cui il GSE aveva disposto la decadenza dal conseguimento degli incentivi derivanti dal meccanismo dei titoli di efficienza energetica e il recupero di quanto liquidato a titolo di incentivi, in relazione a un impianto di illuminazione pubblica realizzato dalla società.
In particolare, il Consiglio di Stato era addivenuto alla pronuncia di annullamento dopo aver ravvisato un vizio della funzione dato dal fatto che il GSE aveva errato nella individuazione della base legale del potere di controllo esercitato in concreto, con la conseguenza che il provvedimento impugnato era basato, anziché sul D.M. 28 dicembre 2012 applicabile ratione temporis, sul sopravvenuto D.M. 11 gennaio 2017.
Senza entrare nel contenuto specifico dei due provvedimenti, i due D.M. differivano quanto all’ampiezza dell’effetto decadenziale da essi previsto come conseguenza dell’accertamento di violazioni esecutive nell’ambito di progetti meritevoli di incentivi nel settore delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica.
Invero, ai sensi del D.M. del 2012, nel caso in cui siano rilevate modalità di esecuzione non regolari o non conformi al progetto, che incidono sulla quantificazione o l’erogazione degli incentivi, il GSE dispone l’annullamento dei soli certificati imputabili a detta irregolarità riscontrata; al contrario, in base al D.M. del 2017, nel caso di accertamento di una o più violazioni rilevanti, il GSE dispone il rigetto dell’istanza avente ad oggetto l’erogazione di incentivi ovvero la decadenza dagli incentivi stessi, oltre al recupero delle somme già corrisposte.
Nella sentenza ottemperanda, il giudice di appello ha fatto, comunque, salva l’emanazione di ulteriori provvedimenti da parte del GSE, evidenziando che lo stesso manteneva il potere di riedizione della funzione ad esito libero, nei limiti contrassegnati dalle prescrizioni conformative contenute nella decisione. Sul punto, ha in particolare rilevato come “esula dal sindacato giurisdizionale di legittimità il potere di riedire, in funzione di amministrazione attiva, l’accertamento del nesso di causalità tra la violazione riscontrata e la sua incidenza sull’incentivo, trattandosi di poteri non ancora esercitati e ostandovi, comunque sia, l’art. 34 del c.p.a.”.
Con riferimento al contenuto del vincolo conformativo, il Consiglio di Stato ha quindi concluso nel senso che “il Gestore, nell’esercizio della sua inesauribile discrezionalità, potrà valutare se riedire o meno il potere, con il solo vincolo conformativo nascente dal presente giudicato di fare integrale e sola applicazione della base legale rappresentata dal d.m. del 2012; di procedere alla specifica contestazione del fatto, alla sua qualificazione giuridica e alla determinazione del nesso di incidenza qualitativa e quantitativa sull’incentivo erogato o effettivamente spettante”.
Il GSE, in dichiarata esecuzione della sentenza, ha emanato un provvedimento con cui ha nuovamente disposto la decadenza dagli incentivi e il recupero delle somme medio tempore percepite, oltre ad avere, nelle more, chiesto e ottenuto decreto ingiuntivo per il recupero degli incentivi già elargiti.
A seguito dell’adozione del nuovo provvedimento, la società ha proposto giudizio di ottemperanza, sostenendo che lo stesso sarebbe stato adottato in violazione del giudicato, in quanto il GSE avrebbe replicato la stessa attività già posta in essere nel provvedimento annullato dal Consiglio di Stato e, in particolare, avrebbe richiamato e applicato nuovamente il D.M. del 2017, omesso di far precedere il provvedimento dalla specifica contestazione del fatto e riadottato un atto dal contenuto identico a quello annullato.
Ciò premesso circa i fatti di causa, il Consiglio di Stato, dopo aver rilevato come il nuovo provvedimento non fosse in effetti adottato in base al D.M. del 2017 bensì a quello del 2012 – il primo sarebbe invero unicamente richiamato a fini descrittivi della evoluzione della materia – ha ritenuto che i vincoli conformativi fissati nel giudicato fossero stati rispettati dal GSE in sede di riedizione del potere, perché, già in occasione del primo provvedimento di decadenza, si erano contestati con chiarezza i fatti, la loro qualificazione giuridica, il nesso di incidenza qualitativa e quantitativa sugli incentivi e la data di avvio del progetto.
Più precisamente, la prescrizione contenuta nella pronuncia divenuta definitiva atteneva solo all’applicazione del D.M. del 2012 in luogo del successivo del 2017; era, invero, la mancata indicazione della base legale a costituire causa di illegittimità dell’atto impugnato, perché il D.M. 28 dicembre 2012 delimitava il controllo a quelle sole modalità di esecuzione non regolari e non conformi al progetto, che incidono sulla quantificazione o l’erogazione degli incentivi.
Al contrario, l’indicazione di procedere alla “specifica contestazione del fatto” non valeva, invece, ad esigere la riapertura del procedimento sin dall’inoltro della comunicazione del relativo avvio ex art. 7 della legge n. 241 del 1990.
In questo senso, viene affermato che “per condivisa giurisprudenza, infatti, nei procedimenti amministrativi la partecipazione è funzionale a una più completa istruttoria e alla migliore rappresentazione degli interessi privati destinati ad essere incisi e, dunque, le norme in materia di partecipazione procedimentale non devono essere lette in senso formalistico, bensì avendo riguardo all’effettivo e oggettivo pregiudizio che la loro inosservanza abbia causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la pubblica amministrazione (cfr., ex ceteris, Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 2023, n. 2757). Perciò, in tanto deve intendersi che occorresse rinnovare la contestazione del fatto, in quanto il fatto da contestare, alla luce del d.m. del 2012, fosse stato diverso da quello contestato in origine. Lo stesso dicasi per le altre prescrizioni conformative del giudicato, essendo rimaste immutate, rispetto alle circostanze sulle quali l’interessata aveva potuto contro dedurre in precedenza, le ulteriori circostanze e la loro stessa qualificazione in termini di conformità o meno alla normativa applicabile ratione temporis al caso concreto”.
La pronuncia sembra quindi esprimere il principio per cui il vincolo conformativo contenuto nel giudicato va comunque letto in relazione alle modalità con le quali la P.A. intende riesercitare, in concreto, la funzione amministrativa nell’ambito rimasto libero.
In questo senso, fermo il vincolo rappresentato dalla disciplina normativa da applicarsi, l’accertamento e la contestazione dei fatti richiedono un nuovo procedimento con la partecipazione delle parti solo se, e nella misura in cui, la P.A. necessiti, nell’ambito delle proprie prerogative, di accertare nuovi fatti o svolgere una rinnovata istruttoria, raccogliendo elementi nuovi per il privato.
Sotto questo profilo, appare interessante il richiamo del Consiglio di Stato al proprio precedente della sezione IV, sentenza 16 marzo 2023, n. 2757.
Tale pronuncia, nell’argomentare le ragioni per cui le norme procedimentali – tra cui va collocato l’art. 7 del d.lgs. 241/1990 in materia di comunicazione di avvio del procedimento - vanno intese in senso non già formalistico, bensì in relazione al possibile pregiudizio al bene della vita anelato, ne ricollega le funzioni all’art. 21-octies della l. n. 241 del 1990, in materia di vizi non invalidanti il provvedimento amministrativo, il quale “mira a garantire una maggiore efficienza all'azione amministrativa, risparmiando antieconomiche ed inutili duplicazioni di attività, laddove il riesercizio del potere non potrebbe comunque portare all'attribuzione del bene della vita richiesto dall'interessato".
Il Consiglio di Stato, quindi, rigetta la lettura formale dell’art. 7 della legge 241/1990, per cui la comunicazione di avvio del procedimento sarebbe sempre necessaria, sposando, invece, l’orientamento per cui la comunicazione ha ragion d’essere solo ove risulti necessario acquisire nuovi elementi di fatto ovvero analizzare nuovamente, al fine di diversamente qualificare, i presupposti di fatto su cui dovrà fondarsi il provvedimento.
La pronuncia, in definitiva, è di interesse in quanto afferma il principio per cui il vincolo conformativo contenuto nel giudicato va interpretato restrittivamente, nel rispetto dei poteri non ancora esercitati dalla P.A. e in ossequio al principio di tendenziale corrispondenza tra poteri esercitati e poteri sindacabili in sede giurisdizionale.
In secondo luogo, nel precisare la funzione della comunicazione di avvio del procedimento, la sezione coglie l’occasione per ribadire alcuni principi condivisi in tema di vizi non invalidanti, avallando la conclusione per cui il vizio non invalidante il provvedimento sub iudice non costituisce nemmeno violazione del giudicato in sede di riesercizio del potere, dovendo detta violazione essere pur sempre valutata alla stregua del principio sostanzialistico e della sua relazione con il bene della vita.
Il riesercizio del potere, che preceda il giudicato o che sia da questo già conformato, soggiace quindi ai medesimi canoni, che escludono attività procedimentali inutili in relazione al bene della vita.
Pubblicato il 1/08/2025
N. 06829/2025 REG.PROV.COLL.
N. 07821/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7821 del 2024, proposto dalla Molinaro s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Carmine Lombardi, con domicilio digitale presso il medesimo in assenza di elezione di domicilio fisico in Roma;
contro
Gestore dei servizi energetici – GSE s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli avvocati Antonio Pugliese, Sergio Fienga e Marco Trevisan ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, Piazzale delle Belle Arti n. 8;
per l’ottemperanza
alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 4 giugno 2021, n. 4291, resa tra le parti.
Visti il ricorso per ottemperanza e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Gestore dei servizi energetici – GSE s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’istanza di passaggio in decisione senza discussione orale, depositata il 21 giugno 2025 dalla parte ricorrente;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2025 il consigliere Francesco Guarracino e udito l’avvocato Marco Trevisan;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla domanda di esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato indicata in epigrafe, la quale, in riforma della impugnata sentenza del T.a.r. per il Lazio, ha annullato il provvedimento con cui il Gestore dei servizi energetici – GSE. s.p.a. ha disposto la decadenza dal conseguimento degli incentivi derivanti dal meccanismo dei titoli di efficienza energetica (T.E.E.), nonché il recupero di quanto liquidato a titolo di incentivi, in relazione ad un impianto di illuminazione pubblica realizzato dalla Molinaro S.r.l. nel comune di San Martino Valle Caudina
1.1. In particolare il Consiglio di Stato - accogliendo il primo motivo di appello, ripropositivo del primo motivo di ricorso originario, e assorbendo le residue censure d’appello - ha ravvisato un vizio della funzione nel fatto che il provvedimento impugnato in primo grado era basato, anziché sul d.m. 28 dicembre 2012 applicabile ratione temporis, sul sopravvenuto d.m. 11 gennaio 2017.
1.2. Nello specifico, ha osservato che:
- “dal raffronto tra le due menzionate normative è possibile evincere che, ai sensi del d.m. 28 dicembre 2012, il presupposto per l’annullamento dei certificati e l’applicazione delle sanzioni è costituito dal rilevamento di modalità di esecuzione non regolari o non conformi al progetto, che incidono sulla quantificazione o l’erogazione degli incentivi, mentre il vigente D.M. 11 gennaio 2017 ha previsto, invece, che qualsiasi violazione, ivi compresa la semplice “incongruenza”, comporta la decadenza dagli incentivi e l’applicazione delle sanzioni”.
- inoltre, il d.m. 2012 stabilisce che “nel caso in cui siano rilevate modalità di esecuzione non regolari o non conformi al progetto, che incidono sulla quantificazione o l’erogazione degli incentivi, il GSE dispone l’annullamento dei [soli] certificati imputabili all’irregolarità riscontrata”, mentre il d.m. 2017 dispone che “le violazioni, elusioni, inadempimenti, incongruenze da cui consegua in modo diretto e sostanziale l’indebito accesso agli incentivi costituiscono violazioni rilevanti di cui all’art. 42, comma 3, del decreto legislativo n. 28 del 2011. Pertanto, nel caso di accertamento di una o più violazioni rilevanti, il GSE dispone il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi, nonché’ il recupero delle somme già erogate”.
- nella specie, tuttavia, “è pur vero che, ad un certo punto dell’atto, si fa menzione anche dell’art. 14, comma 3 del d.m. del 2012, ma nel corpo della motivazione non è specificato, né è altrimenti desumibile, sulla base di quale norma sia stato effettivamente qualificato il fatto contestato”.
1.3. Nella sentenza ottemperanda il giudice di appello ha fatto, comunque, salva l’emanazione di ulteriori provvedimenti da parte del GSE., evidenziando che lo stesso manteneva il potere di riedizione della funzione ad esito libero, nei limiti contrassegnati dalle prescrizioni conformative contenute nella decisione medesima.
1.4. Segnatamente, ha rilevato che:
“Ad ogni buon conto, esula dal sindacato giurisdizionale di legittimità il potere di riedire, in funzione di amministrazione attiva, l’accertamento del nesso di causalità tra la violazione riscontrata e la sua incidenza sull’incentivo, trattandosi di poteri non ancora esercitati e ostandovi, comunque sia, l’art. 34 del c.p.a.
Resta inteso che il Gestore, nell’esercizio della sua inesauribile discrezionalità, potrà valutare se riedire o meno il potere, con il solo vincolo conformativo nascente dal presente giudicato di fare integrale e sola applicazione della base legale rappresentata dal d.m. del 2012; di procedere alla specifica contestazione del fatto, alla sua qualificazione giuridica e alla determinazione del nesso di incidenza qualitativa e quantitativa sull’incentivo erogato o effettivamente spettante.
È inoltre rimessa alla prudente valutazione del Gestore, nell’ambito del procedimento amministrativo così riavviato, la verifica se l’applicazione della corretta base legale incida o meno anche sulla individuazione della data di avvio dei lavori.
Infine, il Gestore valuterà se tenere conto degli esiti dell’attività di accertamento ispettivo condotto dalla Guardia di finanza, formalizzato mediante processo verbale di constatazione datato 18 dicembre 2019, successivo alla data di pubblicazione della sentenza di primo grado (la sentenza è stata pubblicata in data 3 settembre 2019).
Dagli esiti del menzionato processo, infatti, non parrebbero emergere ‘a prima lettura’ irregolarità amministrative suscettibili di comunicazione o segnalazione alle competenti Autorità”.
2. Il GSE., in dichiarata esecuzione della sentenza, in data 9 agosto 2021 ha emanato un provvedimento con cui ha nuovamente disposto la decadenza dagli incentivi ed il recupero delle somme medio tempore percepite.
3. A seguito dell’adozione del nuovo provvedimento la società Molinaro ha proposto un primo ricorso di ottemperanza, nel 2021, dichiarato irricevibile con sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 604 del 2022.
4. Successivamente il GSE ha chiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo (n. 3438 del 2024) per il recupero degli incentivi a suo tempo elargiti, opposto dalla società Molinaro davanti al T.a.r. per il Lazio.
5. La società Molinaro ha promosso un nuovo giudizio di ottemperanza con il ricorso in esame, notificato il 16 ottobre 2024 e depositato il successivo 18 ottobre, con il quale:
a) ha sostenuto che il nuovo provvedimento sarebbe stato adottato in violazione ovvero in elusione del giudicato, in quanto il GSE. avrebbe replicato la stessa attività già posta in essere nel provvedimento annullato dal Consiglio di Stato e, in particolare, avrebbe richiamato e applicato nuovamente il d.m. 2017, omesso di far precedere il provvedimento dalla specifica contestazione del fatto e riadottato un atto dal contenuto identico a quello oggetto dell’annullamento pronunciato in sede giurisdizionale (motivi sub §§ 5 e 6, estesi da pagina 5 a pagina 14);
b) ha riprodotto (al § 7 esteso da pagina 14 a pagina 37) le censure a suo tempo poste a base dell’appello avverso la sentenza di primo grado;
c) ha chiesto la nomina di un commissario ad acta in caso di perdurante inerzia del GSE (§ 8);
d) ha chiesto la condanna del GSE. al pagamento delle astreintes ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a. (§ 9).
6. In data 14 novembre 2024 si è costituito il GSE che ha illustrato le proprie difese con memoria del 6 giugno 2025 eccependo, sotto plurimi aspetti, l’inammissibilità del ricorso.
7. Alla camera di consiglio del 24 giugno 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Può prescindersi dall’esame delle eccezioni sollevate in rito dal GSE, poiché nel merito il ricorso è infondato.
9. Il Consiglio di Stato ha annullato il provvedimento di decadenza esclusivamente perché ha ritenuto che il GSE abbia errato nella individuazione della base legale del potere di controllo esercitato in concreto, in particolare perché avrebbe fatto applicazione del d.m. del Ministero sviluppo economico 11 gennaio 2017 in luogo di quello del 28 dicembre 2012.
9.1 Il giudicato, dopo aver fatto espressamente salvo il potere del G.S.E. di riesercitare il controllo ad esito libero, ha individuato le seguenti prescrizioni conformative:
i) fare applicazione della sola base legale di cui al d.m. del 2012;
ii) procedere alla specifica contestazione del fatto;
iii) procedere alla qualificazione giuridica del fatto;
iv) procedere alla determinazione del nesso di incidenza qualitativa e quantitativa sull’incentivo erogato o effettivamente spettante;
v) verificare se la base legale costituita dal d.m. del 2012 incida o meno sulla data di individuazione della data di avvio dei lavori.
9.2 Non costituisce prescrizione conformativa quella recata dagli ultimi due periodi del § 9 del giudicato (concernenti il rilievo dell’accertamento ispettivo compiuto dalla Guardia di finanza nel 2019: cfr. supra, § 1.4 della presente sentenza), trattandosi di obiter dictum relativo a poteri non ancora esercitati dal GSE, frutto di una opzione del tutto libera (come rilevato nel secondo periodo dell’estratto del giudicato riportato al § 1.4 della presente sentenza).
9.3 In dichiarata esecuzione del giudicato, il G.S.E. ha emanato il nuovo provvedimento del 9 agosto 2021, nel quale ha fatto applicazione esclusiva del d.m. del 2012 – in quanto il richiamo del d.m. del 2017 è puramente pleonastico, essendo stato effettuato per ribadire la continuità della disciplina di controllo, mentre il provvedimento precedente era motivato facendo richiamo espresso ai principi e alle regole in materia di verifica e controllo di cui all’art. 12, commi 1, 2, 13 e 16, del d.m. 17 gennaio 2017 - e ha ribadito le argomentazioni a sostegno del primo provvedimento di decadenza.
9.4 Le ulteriori prescrizioni indicate nel giudicato medesimo devono ritenersi, nella sostanza, rispettate dal GSE in sede di riedizione del potere, perché già in occasione del primo provvedimento di decadenza si erano contestati con chiarezza i fatti, la loro qualificazione giuridica, il nesso di incidenza qualitativa e quantitativa sugli incentivi, la data di avvio del progetto.
9.5 Nell’economia di quella decisione, nella quale è affermato che “la mancata indicazione della base legale costituisce causa di illegittimità dell’atto impugnato, perché il D.M. 28 dicembre 2012 delimita(va) il controllo a quelle sole modalità di esecuzione ‘non regolari e non conformi al progetto, che incidono sulla quantificazione o l’erogazione degli incentivi’”, l’aver prescritto in sede conformativa di procedere alla “specifica contestazione del fatto” non equivale a esigere la riapertura del procedimento principiando dall’inoltro di una comunicazione ex art. 7 della legge n. 241 del 1990.
Per condivisa giurisprudenza, infatti, nei procedimenti amministrativi la partecipazione è funzionale a una più completa istruttoria e alla migliore rappresentazione degli interessi privati destinati ad essere incisi e, dunque, le norme in materia di partecipazione procedimentale non devono essere lette in senso formalistico, bensì avendo riguardo all’effettivo e oggettivo pregiudizio che la loro inosservanza abbia causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la pubblica amministrazione (cfr., ex ceteris, Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 2023, n. 2757).
Perciò, in tanto deve intendersi che occorresse rinnovare la contestazione del fatto, in quanto il fatto da contestare, alla luce del d.m. del 2012, fosse stato diverso da quello contestato in origine.
Lo stesso dicasi per le altre prescrizioni conformative del giudicato, essendo rimaste immutate, rispetto alle circostanze sulle quali l’interessata aveva potuto contro dedurre in precedenza, le ulteriori circostanze e la loro stessa qualificazione in termini di conformità o meno alla normativa applicabile ratione temporis al caso concreto.
9.6 Né il nuovo provvedimento può essere censurato nel presente giudizio, che attiene esclusivamente all’esecuzione del giudicato, articolando motivi che avrebbero dovuto essere proposti nel termine di decadenza proprio dell’azione di annullamento, da lungo tempo inutilmente spirato.
10. Per queste ragioni, in conclusione, il ricorso deve essere respinto.
11. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e dei criteri di cui all’art. 26, comma 1, c.p.a.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la società Molinaro s.r.l. a rifondere al Gestore dei servizi energetici – GSE s.p.a. le spese del presente giudizio, liquidate in complessivi € 5.000,00 (euro cinquemila/00), oltre oneri accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2025 con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Francesco Frigida, Consigliere
Antonella Manzione, Consigliere
Francesco Guarracino, Consigliere, Estensore
Carmelina Addesso, Consigliere