Cons. Stato, Sez. V, 26 agosto 2025, n. 7105

Come già affermato in Cons. Stato, Sez. VI, 18 giugno 2025, n. 5345, l’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere di cui all’art. 46-bis del d.lgs. n. 198/2006 è pienamente ammissibile, ferma restando la necessità che, trattandosi di un prestito di requisiti qualitativi di carattere organizzativo, è necessaria l’individuazione delle risorse oggettivamente messe a disposizione dell’ausiliato.  

Sussiste la responsabilità precontrattuale della Stazione Appaltante per aver fuorviato e tratto in errore un concorrente su di una questione oggettivamente problematica e rivelatasi, poi, dirimente ai fini del mancato affidamento dell’appalto: presupposti e criteri liquidativi del danno da perdita di chance di aggiudicazione.

Guida alla lettura

La sentenza del Consiglio di Stato in commento offre utili spunti di riflessione sia in tema di ammissibilità dell’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere sia con riguardo alla responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione che abbia fuorviato l’operato dei concorrenti in gara.

In primo luogo, come riconosciuto dalla sentenza stessa, il tema dell’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere di cui all’art. 46-bis del d.lgs. n. 198/2006 ha visto registrarsi posizioni diversificate nella giurisprudenza amministrativa di primo grado.

Invero, una parte della giurisprudenza ha ritenuto che detta certificazione non possa essere suscettibile di avvalimento premiale, in quanto attinente ad una condizione soggettiva intrinseca dell’azienda, non assimilabile ad una risorsa da mettere a diposizione di terzi; del resto, si è detto, la circostanza che l’art. 108, comma 7, del d.lgs. n. 36/2023 preveda la possibilità di attribuire un maggiore punteggio alle imprese per l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere, comprovata dal possesso della certificazione, sarebbe una conferma del fatto che non possa essere oggetto di trasferimento a mezzo di un contratto di avvalimento.

La sentenza in commento osserva, però, che tale soluzione appare poco coerente con la generale ammissibilità dell’avvalimento della certificazione di qualità ed è senza base legale, come già affermato, di recente, dallo stesso Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 18 giugno 2025, n. 5345; già commentata in questa rivista da A. Quarta, L’avvalimento della certificazione di parità di genere è ammissibile: il Consiglio di Stato chiarisce natura e finalità dell’avvalimento “premiale”, ItaliAppalti, 2025, https://www.italiappalti.it/leggiarticolo.php?id=5669): “con la sentenza 18 giugno 2025, n. 5345, questo Consiglio di Stato, VI, ha ritenuto ammissibile l’avvalimento per la dimostrazione del possesso del requisito premiale, previsto dalla lex specialis, della certificazione della parità di genere, con argomentazioni che il Collegio condivide e che sono così sintetizzabili : a) l’avvalimento premiale assolve ad una sua propria funzione pro-concorrenziale, distinta rispetto all’avvalimento partecipativo e ravvisabile nella possibilità per l’operatore economico di accrescere la qualità tecnica della propria offerta, rendendola più idonea a conseguire l’aggiudicazione; b) l’avvalimento è istituto di matrice europea finalizzato a garantire il principio di concorrenzialità, rispetto al quale dunque i giudici nazionali sono tenuti a prediligere, in sede interpretativa, anche al fine di garantire il c.d. “effetto utile”, le soluzioni ermeneutiche che ne consentano l’operatività e comunque il più vasto campo di applicazione; c) l’art. 104 del d.lgs. n. 36 del 2023, come pure la lex specialis di gara, ammettono il ricorso all’avvalimento (anche premiale), prevedendo solo alcuni limiti specifici (inferibili dall’art. 104, comma 10, del codice dei contratti) che, avendo natura eccezionale, vanno letti in conformità dell’art. 14 delle disposizioni preliminari al codice civile, in chiave necessariamente restrittiva; d) al di fuori dell’ambito dei requisiti generali (corrispondenti alle cause di esclusione) è sempre ammesso l’avvalimento, sia esso di tipo partecipativo, ovvero premiale; e) la giurisprudenza ammette l’avvalimento delle certificazioni di qualità, genus al quale è riconducibile anche la certificazione della parità di genere di cui all’art. 46-bis del d.lgs. n. 198 del 2006 (che, rilasciata da organismi accreditati, attesta l’adozione all’interno di un’azienda, di un sistema di gestione conforme ad una specifica prassi -la UNI/PdR 125:2022- attinente all’organizzazione ed ai processi aziendali, finalizzata a comprovare che si è prescelto un assetto di questi in grado di assicurare inclusione e qualità di genere. Ciò ne fa un attributo del complesso aziendale esportabile, come tale, nella sua oggettività, da un’impresa all’altra).

Da quanto esposto, risulta evidente come sul piano interpretativo non vi siano argomenti di diritto positivo per escludere l’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere, ferma restando la necessità che, trattandosi di un prestito di requisiti qualitativi di carattere organizzativo, è necessaria l’individuazione di un oggettivo prestito di risorse”.

In secondo luogo, con riguardo al tema della responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione per aver fuorviato la condotta degli operatori in gara, pure affrontato dalla pronuncia in esame, occorre contestualizzare gli occorsi del caso specifico.

Una società impugnava l’aggiudicazione disposta da un Comune relativa all’affidamento biennale di un servizio (i “servizi socio-assistenziali ed educativi per anziani, disabili, minori, giovani e soggetti in condizioni di svantaggio sociale”), contestando la legittimità del ricorso dell’aggiudicataria all’avvalimento della certificazione de qua (sulla base dell’orientamento di cui s’è detto) e chiedendo comunque, in via subordinata, il risarcimento della chance perduta (l’aggiudicazione della commessa di specie) per violazione del canone della buona fede, per averla l’Amministrazione tratta in errore, avendole rappresentato, in sede di chiarimenti, l’impossibilità di avvalersi della suddetta certificazione in chiave premiante, poi invece consentita in corso di gara.

Difatti, prima di presentare la propria offerta, la ricorrente aveva chiesto alla Stazione Appaltante di chiarire se fosse possibile dimostrare il possesso della certificazione della parità di genere attraverso un avvalimento premiale e il RUP le rispondeva in senso negativo, asserendo trattarsi di appalto di sola manodopera (e, quindi, di requisito strettamente soggettivo e non cedibile).

L’operatore aggiudicatario, dal canto suo, partecipava comunque alla gara avvalendosi della certificazione del proprio ausiliario, ottenendo così i relativi punti determinanti per l’aggiudicazione.

Di qui il ricorso della seconda graduata, che si doleva dell’impossibilità di avvalersi della certificazione de qua in chiave premiale, anche in ragione della risposta precedentemente data dal RUP; tesi poi smentita dal TAR Marche e, come riportato sopra, anche da questa pronuncia d’appello del Consiglio di Stato.

La sentenza appellata, però, accoglieva la seconda domanda di risarcimento del danno, a titolo di responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione, sull’assunto che la risposta da questa fornita al chiesto chiarimento avrebbe fuorviato la società: il danno veniva commisurato dalla sentenza all’utile che l’impresa avrebbe potuto ottenere eseguendo il contratto, disponendo altresì che il Comune avrebbe dovuto proporre alla ricorrente, ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., una somma di denaro pari al 90% di tale utile, decurtata del 30% ex art. 1227, comma 1, cod. civ., perché comunque anche l’interpretazione errata della società aveva concorso a determinarle il danno-evento della mancata aggiudicazione (meglio, la società avrebbe potuto e dovuto soprassedere all’errato chiarimento del RUP – in virtù della corretta interpretazione e applicazione delle norme di legge e del disciplinare sull’avvalimento premiale – così disattendo il convincimento del RUP, anche se siffatto autovincolo dell’Amministrazione, anche per l’autorevolezza della fonte, l’aveva fortemente condizionata nel determinarsi in gara, tanto da essere la causa “principale” del danno, rispetto alla quale il concorso colposo del danneggiato non era tale da eliderne il nesso eziologico).

Giunta la questione al Consiglio di Stato, il Collegio d’appello ha confermato la decisione di prime cure anche rispetto a tale profilo risarcitorio, affermando che nella specie l’affidamento riposto dall’impresa non potesse ritenersi colpevole, o, meglio, così tanto colpevole da elidere il nesso di causa con la condotta colpevole dell’Amministrazione (come è noto, la responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione, derivante dalla violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede, postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa, come ribadito dall’art. 5 del d.lgs. n. 36 del 2023: cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 29 novembre 2021, n. 21).

Infatti, il Collegio – pur avendo ribadito che: “le FAQ nelle gare pubbliche (nel cui ambito può essere annoverata la risposta a chiarimento dell’amministrazione in data 20 novembre 2023) costituiscono un supporto interpretativo e chiariscono la volontà dell’amministrazione (Cons. Stato, V, 14 ottobre 2024, n. 8219)”, ma che siffatte FAQ, comunque, “non possono dare luogo ad una modifica illegittima delle regole di gara (Cons. Stato, IV, 27 dicembre 2023, n. 1198)”, per cui “potrebbe obiettarsi che, nella fattispecie controversa, il disciplinare di gara, […] in tema di avvalimento, consentiva [in generale] il ricorso all’avvalimento premiale (ovvero, finalizzato a migliorare l’offerta), in coerenza con quanto previsto in via generale dall’art. 104, comma 4, del d.lgs. n. 36 del 2023” – ha riconosciuto che “il dato problematico [e dirimente] è qui costituito dall’oggetto dell’avvalimento premiale, consistente nella certificazione della parità di genere, prevista dall’art. 46-bis del d.lgs. n. 198 del 2006 (codice della pari opportunità tra uomo e donna), ed attinente ad una condizione soggettiva intrinseca dell’azienda, non del tutto equiparabile ad una risorsa da mettere a disposizione di terzi e da impiegare nell’esecuzione di un lavoro o di un servizio.

Può dunque dirsi che non irragionevole è risultata la richiesta di chiarimento da un canto, e, dall’altro, non sono ravvisabili i presupposti di un affidamento assolutamente colpevole.

A questo riguardo, occorre considerare come il primo giudice abbia comunque ravvisato, con statuizione condivisibile, elementi di colpevolezza in capo alla società […], ravvisando perciò un concorso di colpa, che ha portato ad una decurtazione del risarcimento del danno nella misura del 30 per cento”.

Quanto alla prova del danno (evento) da violazione dell’affidamento, è stato attribuito rilievo alla dichiarazione della ricorrente che in precedenti gare era ricorsa a tale tipo di avvalimento, dovendosi dunque ammettere la probabilità che avrebbe potuto ricorrervi anche per la gara di specie, così conseguendo l’affidamento.

Del resto, in caso di richiesta di risarcimento per perdita di chance il giudice deve valutare se esiste una concreta probabilità di successo della chance perduta e, solo in caso affermativo, procedere a valutare equitativamente il danno (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7, ove si parla di “probabilità seria e concreta”); tale prova è essenzialmente di natura presuntiva (cfr. Cons. Stato, Sez. VII, 20 settembre 2024, n. 7703) e può ritenersi che il ricorso in precedenza a tale tipo di avvalimento assuma valore dell’esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di elevata probabilità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile.

In definitiva, ad avviso dei Giudici di Palazzo Spada, non meritevole di censura è il percorso motivazionale e l’iter logico della sentenza impugnata (anche) in punto di tutela risarcitoria: il lucro cessante nella responsabilità precontrattuale è stato correlato alla mancata aggiudicazione a causa di una informazione errata fornita dall’Amministrazione (impossibilità di avvalersi della certificazione di parità di genere a mezzo di avvalimento), in assenza della quale la società sarebbe certamente risultata vittoriosa (la società in passato, in altre gare, ha fatto ricorso all’avvalimento di tale certificazione, che se fosse stata utilizzata anche in questa procedura avrebbe consentito all’operatore, con i punti acquisiti, di posizionarsi primo in graduatoria e di aggiudicarsi la gara).

 

 

N. 07105/2025REG.PROV.COLL.

N. 01163/2025 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1163 del 2025, proposto da

Comune di Numana, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG A01912381C, rappresentato e difeso dagli avvocati Maurizio Miranda e Fabrizio Colagiacomi, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Il Faro società cooperativa sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio Baleani e Andrea Calzolaio, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

nei confronti

Provincia di Ancona, non costituita in giudizio;

Assistenza 2000 società cooperativa sociale a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuliano Di Pardo, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza resa tra le parti dal Tribunale amministrativo regionale per le Marche n. 862 del 2024;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Il Faro società cooperativa sociale e di Assistenza 2000 società cooperativa sociale a r.l.;

Visto l’appello incidentale della società Il Faro con i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2025 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Baleani e Di Pardo. Si dà atto che gli avvocati Miranda e Colagiacomi hanno depositato istanza di passaggio in decisione senza discussione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- Il Comune di Numana ha interposto appello nei confronti della sentenza 7 novembre 2024, n. 862 del Tribunale amministrativo regionale per le Marche, Sez. I, che ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti de Il Faro soc. coop. sociale, accogliendo peraltro la domanda subordinata (della stessa società) di risarcimento del danno per violazione del principio della buona fede, con conseguente declaratoria di improcedibilità del ricorso incidentale e dei relativi motivi aggiunti proposti da Assistenza 2000 soc. coop. sociale.

2. – Con il ricorso di primo grado la soc. coop. Il Faro ha impugnato l’aggiudicazione disposta dal Comune di Numana in favore della cooperativa Assistenza 2000 relativa all’affidamento biennale dei “servizi socio-assistenziali ed educativi per anziani, disabili, minori, giovani e soggetti in condizioni di svantaggio sociale”, chiedendo il risarcimento del danno in forma specifica od in subordine per equivalente; in ulteriore subordine ha anche domandato il risarcimento per violazione del canone della buona fede, nell’assunto che la stazione appaltante la abbia tratta in errore ai fini della partecipazione alla gara, fornendo una risposta fuorviante in ordine alla possibilità o meno di avvalersi della certificazione sulla parità di genere, quale requisito premiante in sede di valutazione delle offerte.

Prima di presentare la propria offerta la cooperativa Il Faro ha chiesto alla stazione appaltante di chiarire se fosse possibile dimostrare il possesso della certificazione della parità di genere attraverso un avvalimento premiale; il Rup ha risposto che, trattandosi di appalto di sola manodopera, la certificazione non poteva essere oggetto di avvalimento.

La società Assistenza 2000, dal canto suo, ha comunque partecipato alla gara producendo un contratto di avvalimento della certificazione sulla parità di genere, ottenendo così i cinque punti di premio, determinanti per l’assegnazione della gara; ha infatti conseguito punti 95,63, mentre la società Il Faro ne ha conseguiti 94,40.

Quest’ultima società ha dunque chiesto il riesame in autotutela del punteggio, sul quale la stazione appaltante ha risposto che, trattandosi di un servizio ad alto tasso di manodopera, l’avvalimento non poteva riguardare la semplice certificazione, ma doveva comportare la messa a disposizione, da parte dell’ausiliaria, delle risorse e degli elementi che nel loro complesso avevano consentito di acquisire la certificazione.

Di qui il ricorso della società Il Faro, fondato sull’assunto che non era consentito partecipare alla gara avvalendosi della certificazione sulla parità di genere, anche in ragione della risposta precedentemente data dal Rup, deducendo in particolare la violazione dell’art. 104 del d.lgs. n. 36 del 2023, la violazione del principio di buona fede e della par condicio dei concorrenti, nonché la violazione dell’art. 46-bis del d.lgs. n. 198 del 2006. Con i motivi aggiunti ha poi contestato le caratteristiche del contratto di avvalimento prodotto da Assistenza 2000, in quanto riferito a singole risorse e non all’azienda nel suo complesso.

Assistenza 2000, a sua volta, ha esperito ricorso incidentale contestando i punteggi attribuiti alla società Il Faro, ritenuti eccessivi, nonché i chiarimenti resi dalla stazione appaltante, ove interpretati nel senso di non consentire l’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere.

3. - La sentenza appellata ha respinto il ricorso introduttivo ed i motivi

aggiunti, accogliendo però la seconda domanda di risarcimento del danno (a titolo di responsabilità precontrattuale), e conseguentemente (non incidendo detta statuizione sulla legittimità degli atti di gara) ha dichiarato improcedibili il ricorso incidentale ed i relativi motivi aggiunti, nell’assunto che la risposta al quesito avrebbe fuorviato la società Il Faro sulla possibilità di avvalersi della certificazione sulla parità di genere, prevista quale requisito premiale dal disciplinare di gara. Il danno è stato commisurato dalla sentenza all’utile che l’impresa avrebbe incamerato eseguendo il contratto, disponendosi che il Comune di Numana proponga, ai sensi dell’art. 34, comma 4, cod. proc. amm., alla ricorrente una somma di denaro pari al 90 per cento dell’utile ritraibile dal contratto, decurtata del 30 per cento, a mente dell’art. 1227, comma 1, cod. civ.

4.- Con il ricorso in appello il Comune di Numana ha dedotto l’erroneità della statuizione di condanna, nella considerazione che il chiarimento dato dal Rup in data 28 novembre 2023 era chiaramente sbagliato, in contrasto con l’art.

104 del d.lgs. n. 36 del 2023, che ammette l’avvalimento anche per la certificazione sulla parità di genere, dovendosi dunque escludere un affidamento incolpevole; ciò imponeva non la sola decurtazione del risarcimento, ma la esclusione della refusione del danno (l’affidamento tutelabile esclude infatti la rimproverabilità del danneggiato). Ha altresì criticato i criteri di determinazione del danno (parametrato all’utile che avrebbe conseguito eseguendo l’appalto), in quanto anche il lucro cessante andava parametrato all’interesse negativo (come perdita di opportunità di guadagno alternative).

5. - Si è costituita in giudizio la società Il Faro puntualmente controdeducendo e chiedendo la reiezione del ricorso in appello; ha altresì esperito appello incidentale avverso le statuizioni di primo grado che hanno respinto i suoi motivi di ricorso, con richiesta di annullamento dell’aggiudicazione in favore di Assistenza 2000, deducendo che : a) il bando non prevedeva l’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere, che comunque, per sua natura, è insuscettibile di avvalimento; b) la FAQ andava intesa nel senso che non era consentito l’avvalimento premiale; c) risulta erronea la statuizione sull’abbattimento del risarcimento del danno, data la specificità della fattispecie.

6. – Si è altresì costituita in resistenza la Assistenza 2000 società cooperativa sociale a r.l. insistendo per l’ammissibilità dell’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere; con la memoria di replica ha altresì argomentato, in via subordinata, che sia rimessa alla C.G.U.E, la questione relativa all’ammissibilità dell’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere.

7. - All’udienza del 5 giugno 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. – Il primo motivo nel quale è articolato l’appello principale censura la statuizione recante la condanna del Comune appellante al risarcimento del danno, in favore della società Il Faro, per violazione del canone della buona fede, nell’assunto che la predetta società sia stata tratta in errore dalla stazione appaltante per avere fornito un chiarimento fuorviante circa la possibilità di avvalersi della certificazione sulla parità di genere. Deduce l’amministrazione appellante che la risposta del 20 novembre 2023 era abnorme, in quanto il disciplinare richiamava l’art. 104 del d.lgs. n. 36 del 2023, che disciplina l’avvalimento finalizzato a migliorare l’offerta, e non potevano dunque sorgere dubbi; la chiara evidenza dell’errore, posta a base della disposta decurtazione del risarcimento, doveva in realtà portare alla esclusione della refusione del danno, vertendosi al cospetto di un affidamento colpevole ed irragionevole. Allega altresì che comunque la società Il Faro non avrebbe fornito la prova del danno per la violazione dell’affidamento (in particolare in ordine alla possibilità di fare ricorso all’avvalimento della certificazione sulla parità di genere).

Il motivo è infondato.

La risposta a chiarimento in data 20 novembre 2023 del Rup riguarda lo specifico dell’avvalimento premiale della “certificazione del sistema di gestione per la parità di genere all’interno delle organizzazioni” ed è nel senso che «trattandosi di un appalto di sola manodopera, detta certificazione non può essere oggetto di avvalimento».

Ora, è pur vero che la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, derivante dalla violazione imputabile a sua colpa dei canoni generali di correttezza e buona fede, postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa (Cons. Stato, Ad. plen., 29 novembre 2021, n. 21), come ribadito dall’art. 5 del d.lgs. n. 36 del 2023, ma non sembra al Collegio che possa qui ravvisarsi un affidamento colpevole.

Non può perdersi di vista che le FAQ nelle gare pubbliche (nel cui ambito può essere annoverata la risposta a chiarimento dell’amministrazione in data 20 novembre 2023) costituiscono un supporto interpretativo e chiariscono la volontà dell’amministrazione (Cons. Stato, V, 14 ottobre 2024, n. 8219).

Le FAQ non possono dare luogo ad una modifica illegittima delle regole di gara (Cons. Stato, IV, 27 dicembre 2023, n. 1198), e dunque potrebbe obiettarsi che, nella fattispecie controversa, il disciplinare di gara, alla pagina 21, in tema di avvalimento, consentiva il ricorso all’avvalimento premiale (ovvero, finalizzato a migliorare l’offerta), in coerenza con quanto previsto in via generale dall’art. 104, comma 4, del d.lgs. n. 36 del 2023.

Ma il dato problematico è qui costituito dall’oggetto dell’avvalimento premiale, consistente nella certificazione della parità di genere, prevista dall’art. 46-bis del d.lgs. n. 198 del 2006 (codice della pari opportunità tra uomo e donna), ed attinente ad una condizione soggettiva intrinseca dell’azienda, non del tutto equiparabile ad una risorsa da mettere a disposizione di terzi e da impiegare nell’esecuzione di un lavoro o di un servizio.

Può dunque dirsi che non irragionevole è risultata la richiesta di chiarimento

da un canto, e, dall’altro, non sono ravvisabili i presupposti di un affidamento assolutamente colpevole.

A questo riguardo, occorre considerare come il primo giudice abbia

comunque ravvisato, con statuizione condivisibile, elementi di colpevolezza in capo alla società Il Faro, ravvisando perciò un concorso di colpa, che ha portato ad una decurtazione del risarcimento del danno nella misura del 30 per cento.

Quanto alla prova del danno da violazione dell’affidamento, la sentenza impugnata ha attribuito rilievo alla dichiarazione (della ricorrente) che in precedenti gare era ricorsa a tale tipo di avvalimento, dovendosi dunque ammettere la probabilità che avrebbe potuto ricorrervi anche per la gara oggetto di controversia. Del resto, in caso di richiesta di risarcimento per perdita di chance il giudice deve valutare se esista una concreta probabilità di successo della chance perduta e, solo in caso affermativo, procedere a valutare equitativamente il danno (Cons. Stato, Ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7, ove si parla di “probabilità seria e concreta”). Tale prova è essenzialmente di natura presuntiva (Cons. Stato, VII, 20 settembre 2024, n. 7703) e può ritenersi che il ricorso in precedenza a tale tipo di avvalimento assuma valore dell’esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di elevata probabilità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile.

2. – Il secondo motivo dell’appello principale critica poi la valutazione dei danni da parte del primo giudice, parametrata, per il lucro cessante, all’utile che la ricorrente avrebbe incamerato eseguendo l’appalto in questione, deducendo come invece, in tema di responsabilità precontrattuale, il risarcimento va contenuto nei limiti dell’interesse negativo (spese fatte e perdita di eventuali altre opportunità di guadagno).

Anche tale motivo, pur essendo la questione dedotta complessa, va respinto.

La sentenza ha precisato, con riguardo al lucro cessante, che parte ricorrente non lamenta di avere perso, a causa di un’illegittima esclusione, un’occasione di guadagno rispetto ad altre opportunità di contratto, derivando il mancato guadagno dalla stessa procedura, «perché una risposta della p.a. al quesito inviato, coerente con l’operato poi posto in essere nella procedura, avrebbe potuto portare parte ricorrente principale al conseguimento del contratto»; in ragione di ciò il danno è stato commisurato all’utile che la ricorrente avrebbe conseguito eseguendo il contratto; tale utile è stato poi parametrato al 90 per cento dell’utile, trattandosi di perdita di chance, ma con elevata probabilità di aggiudicazione.

Il percorso motivazionale della sentenza appare condivisibile, in quanto il lucro cessante nella responsabilità precontrattuale è correlato proprio alla mancata aggiudicazione a causa di una informazione errata fornita dall’amministrazione, in assenza della quale la società Il Faro sarebbe risultata certamente vittoriosa.

3. – Procedendo ora allo scrutinio dell’appello incidentale della società Il Faro, con il primo motivo viene dedotto l’omesso esame della (prima) censura relativa all’interpretazione del bando, che, ad avviso della ricorrente di primo grado, non consentiva l’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere. In particolare, per la appellante incidentale, la parità di genere riguarda elementi che attengono all’organizzazione dell’impresa e di obiettivi che possono essere attuati nella sua organizzazione globale e pertanto non è suscettibile di essere “prestata” ad altri che debbono poi organizzare la propria attività e il proprio personale a loro discrezione.

Il secondo motivo dell’appello incidentale, strettamente connesso al primo e dunque da trattare congiuntamente, deduce poi che non tutte le prestazioni o le capacità connesse alla certificazione di qualità sono conferibili in un avvalimento operativo, ed in particolare non lo sarebbero i “requisiti di sostanza”.

I motivi, seppure problematici, non appaiono meritevoli di positiva valutazione.

La sentenza ha affermato che «il bando disciplina l’avvalimento mediante mero rinvio all’art. 104 cod. app.; tale norma ammette l’avvalimento premiale “puro”; l’avvalimento è ammesso dalla giurisprudenza anche in tema di certificazione di qualità, a determinate condizioni (in coerenza con la natura di tale certificazione); la neo introdotta certificazione di parità di genere può essere per analogia assimilata a un particolare tipo di certificazione di qualità, attenendo all’organizzazione aziendale e al fattore più importante di tale organizzazione, ossia (con termine ormai affermatosi) alle c.d. “risorse umane”, con l’obiettivo di favorire l’adozione di politiche aziendali che valorizzino la componente femminile, facilitando l’accesso al mercato del lavoro, a ruoli direttivi e armonizzando i tempi di vita con quelli professionali».

Non sussiste dunque l’omesso esame della censura di primo grado e il percorso motivazionale dà conto dell’ammissibilità dell’avvalimento premiale, previsto esplicitamente alla pagina 21 del disciplinare di gara.

Il tema è inevitabilmente problematico con riguardo all’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere (di cui all’art. 46-bis del d.lgs. n. 198 del 2006), questione sulla quale si sono registrate posizioni diversificate nella giurisprudenza di primo grado.

La norma da ultimo indicata dispone che «a decorrere dal 1° luglio 2022 è istituita

la certificazione della parità di genere al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità».

Una parte della giurisprudenza ha ritenuto che detta certificazione non sia suscettibile di avvalimento premiale, in quanto attiene ad una condizione soggettiva intrinseca dell’azienda, non assimilabile ad una risorsa da mettere a diposizione di terzi; la circostanza che l’art. 108, comma 7, del d.lgs. n. 36 del 2023 preveda la possibilità di attribuire un maggiore punteggio alle imprese per l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere, comprovata dal possesso della certificazione, è stata considerata come conferma del fatto che non possa essere oggetto di trasferimento a mezzo di un contratto di avvalimento.

Va  però  osservato  che  tale  soluzione,  ostativa  all’avvalimento  della certificazione della parità di genere, appare poco coerente con la generale ammissibilità dell’avvalimento della certificazione di qualità ed è senza base legale.

Da ultimo, con la sentenza 18 giugno 2025, n. 5345, questo Consiglio di Stato, VI, ha ritenuto ammissibile l’avvalimento per la dimostrazione del possesso del requisito premiale, previsto dalla lex specialis, della certificazione della parità di genere, con argomentazioni che il Collegio condivide e che sono così sintetizzabili : a) l’avvalimento premiale assolve ad una sua propria funzione pro-concorrenziale, distinta rispetto all’avvalimento partecipativo e ravvisabile nella possibilità per l’operatore economico di accrescere la qualità tecnica della propria offerta, rendendola più idonea a conseguire l’aggiudicazione; b) l’avvalimento è istituto di matrice europea finalizzato a garantire il principio di concorrenzialità, rispetto al quale dunque i giudici nazionali sono tenuti a prediligere, in sede interpretativa, anche al fine di garantire il c.d. “effetto utile”, le soluzioni ermeneutiche che ne consentano l’operatività e comunque il più vasto campo di applicazione; c) l’art. 104 del d.lgs. n. 36 del 2023, come pure la lex specialis di gara, ammettono il ricorso all’avvalimento (anche premiale), prevedendo solo alcuni limiti specifici (inferibili dall’art. 104, comma 10, del codice dei contratti) che, avendo natura eccezionale, vanno letti in conformità dell’art. 14 delle disposizioni preliminari al codice civile, in chiave necessariamente restrittiva; d) al di fuori dell’ambito dei requisiti generali (corrispondenti alle cause di esclusione) è sempre ammesso l’avvalimento, sia esso di tipo partecipativo, ovvero premiale; e) la giurisprudenza ammette l’avvalimento delle certificazioni di qualità, genus al quale è riconducibile anche la certificazione della parità di genere di cui all’art. 46-bis del d.lgs. n. 198 del 2006 (che, rilasciata da organismi accreditati, attesta l’adozione all’interno di un’azienda, di un sistema di gestione conforme ad una specifica prassi -la UNI/PdR 125:2022- attinente all’organizzazione ed ai processi aziendali, finalizzata a comprovare che si è prescelto un assetto di questi in grado di assicurare inclusione e qualità di genere. Ciò ne fa un attributo del complesso aziendale esportabile, come tale, nella sua oggettività, da un’impresa all’altra).

Da quanto esposto, risulta evidente come sul piano interpretativo non vi siano argomenti di diritto positivo per escludere l’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere, ferma restando la necessità che, trattandosi di un prestito di requisiti qualitativi di carattere organizzativo, è necessaria l’individuazione di un oggettivo prestito di risorse.

4. - Il terzo motivo incidentale lamenta l’omessa pronuncia sulla seconda censura finalizzata a contestare la mancata attivazione del soccorso istruttorio nel momento in cui il Rup, addivenendo ad una differente valutazione circa l’ammissibilità dell’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere, comportante una modificazione della risposta a chiarimento, doveva consentire a tutti i concorrenti di integrare l’offerta, o in alternativa riaprire i termini.

Il motivo è infondato.

Si è supra evidenziato che la risposta a chiarimento del Rup in data 20 novembre 2023 ha concorso all’errore nell’offerta della società Il Faro, orientandone il comportamento al di là di quanto prescritto dalla lex specialis e dalla norma; ma la FAQ redatta dall’amministrazione non può modificare od integrare il contenuto della lex specialis. Non vi è comunque spazio per il soccorso istruttorio con finalità esplicative della lex specialis, essendo lo stesso ammissibile per precisare (ed eventualmente sanare) il contenuto dell’offerta, con un supporto di tipo formale e non sostanziale (Cons. Stato, VI, 20 gennaio 2025, n. 387).

5. – Il quarto motivo dell’appello incidentale censura la statuizione di inammissibilità per carenza di interesse del motivo avverso il bando per violazione dell’art. 102, lett. c), del d.lgs. n. 36 del 2023; l’assunto della società Il Faro è quello che l’avere valorizzato solo la certificazione della parità di genere, escludendo qualsiasi altra fonte per raccogliere informazioni, documenti e certificazioni sulla parità di genere, non le ha consentito di acquisire un punteggio a tale titolo.

Il motivo è infondato, in quanto l’evocato art. 102 si limita, al primo comma, ad indicare che nel bando la stazione appaltante richiede agli operatori economici di assumere determinati impegni (tra cui quello, sub c, di garantire le pari opportunità di genere); nel secondo comma è poi previsto che l’operatore indichi nell’offerta le modalità con le quali intende adempiere quegli impegni. Nessuna limitazione a fornire la prova (diversa dall’avvalimento della certificazione di genere) di garantire le opportunità di genere poteva dunque ritenersi sussistente.

6.- Il quinto motivo (ma rubricato come sesto, sub “F”) critica poi la statuizione di reiezione dei motivi aggiunti con cui veniva contestato il contratto di avvalimento concluso dalla società Assistenza 2000, nell’assunto che non sia possibile la sostituzione dell’ausiliata con l’ausiliaria e che non è chiarito come possa l’ausiliaria svolgere i propri affidamenti, atteso che il requisito della parità di genere è conferito ad altra impresa.

Anche tale motivo, che replica sul piano dei contenuti contrattuali l’assunto della inammissibilità dell’avvalimento premiale del certificato della parità di genere, è infondato.

Si è detto, in conclusione del punto sub 4), come sul piano del diritto positivo deve ammettersi l’avvalimento premiale della certificazione della parità di genere, ferma restando la necessità che, trattandosi di un prestito di requisiti qualitativi di carattere organizzativo, è necessaria l’individuazione di un oggettivo prestito di risorse.

Ritiene il Collegio che l’art. 1 del contratto di avvalimento tra C.S.S.- Cooperativa Servizi Sanitari onlus coop. sociale ed Assistenza 2000 – società cooperativa sociale a r.l., nell’enucleare l’oggetto del contratto, individui proprio l’ambito del prestito delle risorse, consistente nella organizzazione della società ausiliaria comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse che le hanno consentito di acquisire la certificazione, e dunque, a titolo esemplificativo, le attività di controllo della qualità e di audit, i processi HR, “il proprio personale idoneo all’esecuzione del servizio secondo le caratteristiche qualitative, professionali, formative ed organizzative tipiche della società ausiliaria e coerenti con la certificazione di qualità”, “l’assetto aziendale ossia l’insieme degli uffici ed organi della società ausiliaria comprendente un comitato guida per la parità di genere, un social performace team, gli uffici responsabili per gli acquisti, l’amministrazione, il personale, la finanza, i rapporti commerciali, l’assistenza domiciliare ed i servizi sociali”.

Tale contenuto contrattuale, nel quale si dà atto anche del numero degli uomini e delle donne complessivamente occupate nelle varie qualifiche, sembra adeguato, nel concreto, a dimostrare il prestito, nel caso di specie, di tali requisiti in cui assumono rilevo preminente gli aspetti sociali.

7. – La reiezione dell’appello incidentale determina anche la reiezione della “prima domanda risarcitoria” (per equivalente), presupponente l’illegittimità dell’aggiudicazione in favore della società Assistenza 2000.

8. – Da ultimo, l’appellante incidentale critica anche la statuizione di primo grado che ha disposto la decurtazione del risarcimento del danno (prima nella misura del 90 per cento dell’utile, e poi di un ulteriore 30 per cento) per violazione dell’affidamento (ovvero a titolo di responsabilità precontrattuale), nell’assunto che risulti violata la disposizione dell’art. 1227 cod. civ., implicante che tra la condotta del danneggiato e il danno vi sia un nesso eziologico efficiente.

Anche tale motivo è infondato, facendo la contestata statuizione corretta

applicazione dei principi in materia di perdita di chance e di concorso di colpa del danneggiato.

Va precisato, a quest’ultimo riguardo, che l’art. 1227 cod. civ. regola la “causalità giuridica”, relativa al nesso tra danno evento e conseguenze dannose da esso derivanti, ed introduce un giudizio basato sulla c.d. causalità ipotetica, in base al quale non deve essere risarcito il danno che il creditore non avrebbe subito se avesse tenuto il comportamento collaborativo cui deve attenersi (Cons. Stato, III, 14 settembre 2018, n. 5383). Nella fattispecie controversa il danno è derivato dalla richiesta di chiarimento proposta dall’appellante incidentale, a fronte di un quadro di riferimento non oscuro, sia dal punto di vista normativo che della lex specialis, e pertanto la decurtazione percentuale risponde ad una logica di tipo equitativo.

9. - Alla stregua di quanto esposto, vanno respinti sia l’appello principale, che quello incidentale, in ragione dell’infondatezza dei motivi dedotti.

La complessità della controversia integra tuttavia le ragioni che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, respinge l’appello principale e quello incidentale.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:

Valerio Perotti, Presidente FF

Stefano Fantini, Consigliere, Estensore

Alberto Urso, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere

Giorgio Manca, Consigliere