TAR Lazio, Roma, sez. II bis, 28 agosto 2025, n. 15873
La sentenza del TAR Lazio, Sez. II bis, del 28/08/2025 n. 15873, affronta il tema della regolarità fiscale come requisito di partecipazione alle gare pubbliche, con riferimento all’art. 95, comma 2, D.Lgs. 36/2023 e all’Allegato II.10. Il Collegio ha confermato la legittimità dell’esclusione di un RTI, fondata sull’esistenza di un avviso di accertamento per debiti tributari gravi, seppur non definitivamente accertati. La decisione richiama il principio di discrezionalità tecnica della stazione appaltante e il dovere dichiarativo dell’operatore economico. L’articolo analizza criticamente i riflessi della pronuncia, evidenziando come essa si inserisca nel solco di una giurisprudenza che valorizza la tutela dell’integrità e della fiducia nel mercato pubblico, pur a rischio di restringere la concorrenza.
Guida alla lettura
- Introduzione
Il tema della regolarità fiscale quale condizione di ammissione alle procedure di affidamento costituisce da tempo terreno di tensione tra due esigenze contrapposte: da un lato, la garanzia che l’amministrazione contratti con operatori affidabili e corretti; dall’altro, la necessità di non comprimere eccessivamente la concorrenza, escludendo imprese che non siano definitivamente inadempienti.
La disciplina codicistica, dapprima contenuta nell’art. 80 del D.Lgs. 50/2016 e oggi trasfusa negli artt. 94 e 95 del D.Lgs. 36/2023, ha previsto cause di esclusione automatiche e non automatiche, lasciando alla discrezionalità della stazione appaltante la valutazione delle violazioni non definitivamente accertate.
La sentenza in commento si inserisce in tale quadro, offrendo spunti di rilievo sulla nozione di “grave violazione” e sull’estensione degli obblighi dichiarativi dell’operatore. In particolare, il TAR Lazio ha ritenuto legittima l’esclusione di un RTI, fondandola sull’esistenza di un avviso di accertamento, pur oggetto di contenzioso, per importi considerevoli. Il Collegio ha riaffermato che la discrezionalità amministrativa deve essere sindacata solo per manifesta irragionevolezza, valorizzando al contempo il principio di autoresponsabilità dell’operatore e il dovere di leale collaborazione verso la stazione appaltante.
- La discrezionalità tecnica e il confine tra tutela dell’interesse fiscale e favor partecipationis
La sentenza in commento si colloca in un momento particolarmente significativo per l’evoluzione della disciplina delle cause di esclusione degli operatori economici dalle gare pubbliche, poiché consente di verificare l’effettiva portata applicativa dell’art. 95, comma 2, del D.Lgs. n. 36/2023. La vicenda trae origine dall’esclusione di un raggruppamento temporaneo di imprese, la cui mandataria risultava gravata da un avviso di accertamento tributario di notevole entità, pari a oltre diciassette milioni di euro, emesso ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. n. 472/1997 in ragione della responsabilità solidale per debiti della società cedente un ramo d’azienda. Nonostante la natura non definitiva dell’accertamento e la pendenza del relativo contenzioso, la stazione appaltante ha ritenuto che tale circostanza integrasse una grave violazione fiscale non definitivamente accertata, rilevante ai sensi dell’Allegato II.10 al Codice dei contratti pubblici.
L’elemento centrale della decisione risiede nel chiarire in che misura un atto impositivo privo di definitività possa incidere sulla partecipazione alle gare pubbliche. Il TAR afferma che, sebbene l’avviso di accertamento sia in astratto qualificabile come “provocatio ad opponendum”, esso è comunque idoneo a cristallizzare una pretesa fiscale sufficientemente determinata nei presupposti di fatto e di diritto, tanto più quando essa sia stata confermata da due gradi di giudizio tributario. In tale prospettiva, la circostanza che la Cassazione non si sia ancora pronunciata non impedisce di attribuire all’accertamento efficacia valutativa in sede di appalto, poiché ciò che rileva è la verosimiglianza della violazione, desumibile dalla tenuta del provvedimento dinanzi ai giudici di merito. Ne discende che la stazione appaltante esercita un potere connotato da discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo per manifesta irragionevolezza o per difetto istruttorio.
È in questo passaggio che si coglie la tensione tra il principio di affidabilità dell’operatore economico e quello di massima partecipazione alle gare. Il Collegio privilegia la prima esigenza, ritenendo legittima l’esclusione nonostante la sopravvenuta autotutela dell’Agenzia delle Entrate, che aveva rimosso la menzione dell’accertamento dai propri esiti informativi. Per il TAR, infatti, tale mutamento non eliminava il presupposto sostanziale, ossia l’esistenza di una pretesa fiscale di rilevante ammontare già accertata in giudizio. Ciò evidenzia una lettura che tende a garantire la tutela della fiducia pubblica e della regolarità del mercato, piuttosto che la certezza dell’affidamento dell’operatore. La valutazione appare coerente con l’impostazione del nuovo Codice degli appalti, il quale individua nella correttezza fiscale e contributiva un indice diretto di integrità, ma solleva interrogativi sulla compatibilità con il principio di proporzionalità di matrice europea.
Un ulteriore profilo di rilievo riguarda l’obbligo dichiarativo sancito dall’art. 96, comma 14, del D.Lgs. n. 36/2023. Il TAR ha sottolineato che la mandataria del RTI avrebbe dovuto comunicare l’esistenza dell’avviso di accertamento, nonostante questo fosse sub iudice e temporaneamente sospeso. La violazione di tale obbligo è stata considerata indice di reticenza informativa, rilevante non solo sul piano procedimentale, ma anche come parametro di valutazione della complessiva affidabilità dell’operatore. In questa prospettiva, il Collegio ha richiamato il principio di autoresponsabilità, secondo cui l’operatore che ometta informazioni dovute non può successivamente invocare la mancata definitività della pretesa per sottrarsi alle conseguenze negative. L’affermazione appare particolarmente incisiva, poiché attribuisce all’obbligo dichiarativo una funzione di garanzia sostanziale e non meramente formale, rafforzando il legame tra trasparenza informativa e integrità concorrenziale.
La decisione affronta anche la questione della soglia di gravità prevista dall’Allegato II.10, la quale richiede che la violazione superi il 10% del valore dell’appalto o, comunque, la soglia minima di 35.000 euro. Nella specie, il valore dell’accertamento tributario eccedeva di gran lunga tale limite, raggiungendo importi pari a oltre un terzo della quota spettante alla mandataria. Per il TAR, tale circostanza costituiva un indice inequivoco della rilevanza della violazione, giustificando la prognosi di inaffidabilità formulata dalla stazione appaltante. Ciò conferma che il criterio quantitativo previsto dalla norma assume una funzione non meramente accessoria, ma dirimente nella valutazione della gravità, rendendo meno rilevante il dibattito sulla natura definitiva o meno della pretesa.
Sul piano critico, non può non rilevarsi come la decisione finisca per ampliare l’ambito operativo delle cause di esclusione non automatiche, trasformandole di fatto in strumenti “quasi” vincolati. Se la discrezionalità tecnica della stazione appaltante si fonda su presunzioni di verosimiglianza e sulla pendenza di un contenzioso tributario, il rischio è che l’operatore economico si trovi esposto a una sorta di “pena anticipata”, subendo l’esclusione prima che la legittimità della pretesa fiscale sia definitivamente accertata. Tale impostazione, sebbene coerente con l’esigenza di prevenire infiltrazioni fraudolente e garantire l’affidabilità contrattuale, solleva dubbi di compatibilità con il principio del favor partecipationis, più volte valorizzato anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in materia di appalti pubblici.
Non meno problematico appare il profilo relativo al rapporto tra le valutazioni della stazione appaltante e quelle dell’Amministrazione finanziaria. La vicenda in esame dimostra come le certificazioni dell’Agenzia delle Entrate possano mutare nel tempo, creando un quadro di incertezza che incide direttamente sulla posizione degli operatori. L’autonomia valutativa riconosciuta al committente pubblico se, da un lato, assicura la tutela dell’interesse fiscale, dall’altro, rischia di dar vita a decisioni difformi e poco prevedibili. La giurisprudenza, nell’ammettere che il giudice amministrativo possa sindacare incidentalmente l’idoneità della certificazione, ha cercato di limitare questo rischio; tuttavia, la pronuncia in commento sembra ridimensionare tale possibilità, ribadendo che la discrezionalità della stazione appaltante non può essere sostituita da valutazioni giudiziali di merito.
Un ulteriore passaggio significativo riguarda il rigetto della domanda del RTI volta a ottenere l’applicazione dell’art. 97 del Codice, che consente la sostituzione del componente privo di requisiti. Il TAR ha escluso l’applicabilità dell’istituto, rilevando che la causa di esclusione era preesistente alla presentazione dell’offerta e non era stata tempestivamente dichiarata né accompagnata da misure correttive. Anche sotto questo profilo emerge una lettura restrittiva, che conferma come l’istituto della sostituzione, pensato dal legislatore per evitare esclusioni automatiche e preservare la concorrenza, non possa essere utilizzato in modo sanante ex post quando l’operatore abbia tenuto una condotta reticente. Si rafforza, così, l’idea che l’ordinamento pretenda dagli operatori un atteggiamento di massima correttezza e trasparenza sin dal momento della presentazione dell’offerta, pena la perdita irrimediabile della possibilità di partecipare.
In sintesi, la sentenza esprime una concezione particolarmente rigorosa dell’affidabilità, intesa non solo come solidità economico-finanziaria, ma anche come conformità fiscale sostanziale e comportamentale. Se da un lato, ciò appare coerente con i principi di legalità, trasparenza e risultato che permeano il nuovo Codice, dall’altro, solleva il problema di un possibile squilibrio rispetto al principio di proporzionalità e alla tutela della concorrenza, pilastri del diritto europeo degli appalti.
L’impressione è che, nel bilanciamento tra integrità e partecipazione, il pendolo si sia spostato - in modo marcato - verso la prima, con il rischio di restringere oltre misura il mercato e di penalizzare imprese che, pur gravate da contestazioni fiscali non definitive, avrebbero potuto dimostrare capacità esecutiva e serietà professionale.
- Conclusione
La pronuncia del TAR Lazio n. 15873/2025 conferma l’orientamento secondo cui la regolarità fiscale non è mero adempimento formale, ma indice sostanziale di affidabilità. L’estensione delle cause di esclusione non automatiche, letta in chiave di tutela dell’integrità e della fiducia, rafforza la posizione delle stazioni appaltanti, ma al prezzo di ridurre la certezza giuridica degli operatori. Il rischio è che la discrezionalità si traduca in un potere espulsivo difficilmente sindacabile, con effetti restrittivi sulla concorrenza. È necessario, dunque, che la giurisprudenza sviluppi criteri più stringenti per bilanciare esigenze di legalità fiscale e principi europei di proporzionalità e massima partecipazione.
La vicenda di Viterbo rappresenta un monito: la lotta all’inadempimento tributario non può sacrificare oltre misura la certezza del diritto, pena la compromissione stessa dell’equilibrio tra integrità e concorrenza che il Codice degli appalti intende preservare.
Pubblicato il 28/08/2025
N. 15873/2025 REG.PROV.COLL.
N. 04307/2025 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4307 del 2025, integrato da motivi aggiunti, proposto dal R.T.I., composto da SEA Servizi Ecologici Ambientali, Mandataria/Capogruppo e Iseda S.r.l., Mandante, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Riccardo Rotigliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Viterbo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Annibali, Marco Orlando, Antonietta Favale e Matteo Valente, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
R.T.I., composto da GESENU - Gestione Servizi Nettezza Urbana S.p.A. e COSP Tecno Service Società Cooperativa, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Francesco Augusto De Matteis, con domicilio eletto presso lo studio Marcello Cardi in Roma, viale B. Buozzi n. 51;
per l’annullamento
- del provvedimento prot. n. 25033/2025 del 28/02/2025, con cui il Comune di Viterbo ha disposto l’esclusione: “dalla gara pluriennale per l’affidamento del Servizio di raccolta, trasporto smaltimento dei rifiuti urbani e servizi di igiene urbana per un periodo di 48 (quarantotto) mesi, oltre eventuali mesi 24 (ventiquattro) secondo decisione dell'Amministrazione”, del R.T.I. ricorrente, composto da SEA Servizi Ecologici Ambientali, S.r.l., Mandataria/Capogruppo (quota 51%) e Iseda S.r.l., Mandante (quota 49%), sul presupposto che: “con riferimento alla SEA SERVIZI ECOLOGICI AMBIENTALI S.R.L. (CF 02720250840), mandataria del costituendo RTI, la certificazione di regolarità fiscale rispetto alle violazioni non definitivamente accertate in materia di imposte e tasse, ai sensi dell’art 95, comma 2, D. Lgs. 36/2023, protocollo AGE.AGEDP-AG. REGISTRO UFFICIALE.157719 del 03/12/2024, ha dato esito negativo, risultando a carico della stessa una violazione non definitivamente accertata, ai sensi degli artt. 2, 3 e 4 dell’allegato II.10 del D. Lgs. n. 36/2023, per un importo di € 17.389.012,31, di cui all’atto con identificativo TY5CRAR00049/2019, notificato in data 24/12/2019 e oggetto di contenzioso;”;
- nonché ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ed in particolare, ove occorra: delle note comunali prot. nn. 14376/2024 del 9 dicembre 2024, 150968 del 19/12/2024, 150270 del 17 dicembre 2024, 154075 del 30 dicembre 2024 e delle note dell’Agenzia delle Entrate – Agrigento prot. nn. 157719 del 3 dicembre 2024 e 7810/2025 del 22 gennaio 2025.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti notificati dal R.T.I. ricorrente alle controparti (tra cui il R.T.I. aggiudicatario, secondo classificato) l’11 aprile 2025 e depositati in giudizio il successivo 14 aprile 2025:
della determinazione n. 676 del 19 marzo 2025, con la quale il Comune di Viterbo ha aggiudicato il servizio de quo al R.T.I. composto da GESENU S.p.A. Gestione Servizi Nettezza Urbana - Società per azioni e COSP Tecno Service Soc. Cooperativa;
con i secondi motivi aggiunti notificati alle controparti l’8/5/2025 e depositati in giudizio il 12/5/2025, il R.T.I. ricorrente ha domandato all’adito G.A. di dichiarare l’inefficacia del contratto eventualmente nelle more sottoscritto dal Comune di Viterbo con il R.T.I. aggiudicatario, nonché di conseguire, ai sensi dell’art. 124 c.p.a., l’aggiudicazione e di stipulare il contratto d’appalto ovvero, in subordine, di disporre il risarcimento per equivalente del danno subito.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Viterbo, dell’Agenzia delle Entrate e del R.T.I. GESENU - Gestione Servizi Nettezza Urbana S.p.A.- COSP Tecno Service Soc. Cooperativa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2025 la dott.ssa Vincenza Caldarola e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il R.T.I. ricorrente, con il gravame introduttivo del presente giudizio, impugna, chiedendone l’annullamento, il provvedimento prot. n. 25033/2025 del 28/02/2025, con cui il Comune di Viterbo ha disposto l’esclusione “dalla gara pluriennale per l’affidamento del Servizio di raccolta, trasporto smaltimento dei rifiuti urbani e servizi di igiene urbana per un periodo di 48 (quarantotto) mesi, oltre eventuali mesi 24 (ventiquattro) secondo decisione dell'Amministrazione”, del R.T.I. composto da S.E.A. Servizi Ecologici Ambientali, S.r.l., Mandataria/Capogruppo (quota 51%) e Iseda S.r.l., Mandante (quota 49%), sul presupposto che: “con riferimento alla SEA SERVIZI ECOLOGICI AMBIENTALI S.R.L. (CF 02720250840), mandataria del costituendo RTI, la certificazione di regolarità fiscale rispetto alle violazioni non definitivamente accertate in materia di imposte e tasse, ai sensi dell’art 95, comma 2, D. Lgs. 36/2023, protocollo AGE.AGEDP-AG. REGISTRO UFFICIALE.157719 del 03/12/2024, ha dato esito negativo, risultando a carico della stessa una violazione non definitivamente accertata, ai sensi degli artt. 2, 3 e 4 dell’allegato II.10 del D. Lgs. n. 36/2023, per un importo di € 17.389.012,31, di cui all’atto con identificativo TY5CRAR00049/2019, notificato in data 24/12/2019 e oggetto di contenzioso;”.
Quest’ultimo atto, in particolare, è un avviso di accertamento per responsabilità solidale della SEA S.r.l. - cessionaria (con atto del 20/10/2014) del ramo di azienda della Società S.A.P. S.r.l. relativo all’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti -, per i debiti tributari gravanti sull’azienda cedente (e su quella a essa subentrata Fashion S.r.l.) “già sussistenti all’atto della cessione del ramo d’azienda”, notificato dall’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di Agrigento alla odierna ricorrente ai sensi dell’art. 14, commi 1 e 4, del D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, e contestuale avviso di iscrizione a ruolo a titolo straordinario, ex art. 15 bis del d.P.R. 1973, n. 602, “di tutti quegli importi già addebitati alla società cedente società S.A.P. (Società Appalti Pubblici) srl, dettagliati ai precedenti punti precedenti”.
2. Il 5/5/2025 il R.T.I. controinteressato, già costituitosi in giudizio in data 17/4/2025, ha depositato una memoria difensiva con la quale ha, in primo luogo, eccepito l’inammissibilità del ricorso introduttivo del presente giudizio, in quanto non notificato anche al R.T.I. controinteressato, il quale, in qualità di: “originario 2° graduato che, per effetto dell’impugnata esclusione, era divenuto 1° in graduatoria”, era sicuramente portatore ab initio di un interesse qualificato uguale e contrario a quello dell’operatore economico escluso, con conseguente improcedibilità “derivata” dei (primi) motivi aggiunti proposti contro la determinazione di aggiudicazione a favore del medesimo R.T.I. controinteressato. Nel merito, quest’ultimo ha eccepito l’infondatezza dei motivi di gravame ex adverso articolati, chiedendone la reiezione.
3. Il 5/5/2025 il Comune di Viterbo, già costituitosi in giudizio in data 18/4/2025, ha depositato una memoria difensiva con la quale ha chiesto la reiezione nel merito del ricorso principale e del successivo ricorso per motivi aggiunti in quanto inammissibili e infondati in fatto e in diritto e per l’effetto di confermare i provvedimenti impugnati.
4. L’11/6/2025 l’Agenzia delle Entrate, già costituitasi in giudizio il 16/4/2025 per il tramite dell’Avvocatura erariale, ha depositato in giudizio un nuovo “Esito informativo relativo alla condizione di regolarità fiscale” (allegato AGE.AGEDP-AG.REGISTRO UFFICIALE.0075333.09-06-2025.U) riferita alla SEA SERVIZI ECOLOGICI AMBIENTALI S.R.L., con il quale la Direzione Provinciale di Agrigento ha comunicato alla S.A. che: “la richiesta di verifica indicata in intestazione ha prodotto [..]:
- “esito negativo” - “non risultano violazioni non definitivamente accertate, ai sensi degli articoli 2, 3 e 4 dell'allegato II.10 del d. lgs. n. 36 del 2023”, con la precisazione che: “Il presente esito informativo sostituisce il precedente avente prot. n 157719 del 03/12/2024, con effetto dalla data di elaborazione della richiesta originaria presentata dal Comune di Viterbo in data 26/11/2024 prot. 154778”.
Inoltre, dalla nota AGE.AGEDP-AG.REGISTRO UFFICIALE.0075333.09-06-2025.U, pure depositata, si apprende che dal predetto: “esito informativo relativo alla condizione di regolarità fiscale..è stato espunto l’atto di recupero TY5CRAR00049/2019 in quanto non recante l’intimazione al pagamento di somme.”
Infine, l’esibita nota AGE.AGEDP-AG.REGISTRO UFFICIALE.0075347.09-06-2025.U chiarisce che: “[..]. Allo stato attuale gli importi non risultano iscritti a ruolo attesa la non definitività dell’atto impositivo”.
5. Il 13/6/2025 l’Agenzia delle Entrate ha versato agli atti del giudizio una memoria con la quale, proprio a seguito dell’adozione dei predetti atti, ha chiesto la declaratoria di cessazione della materia del contendere: “relativamente all’impugnazione delle note dell’Agenzia delle Entrate – Agrigento prot. nn. 157719 del 3 dicembre 2024 e 7810/2025 del 22 gennaio 2025 impugnate con il ricorso introduttivo.”
6. Il 16/6/2025 il R.T.I. ricorrente ha depositato in giudizio una memoria difensiva con cui ha chiesto l’accoglimento del ricorso sul presupposto: “che è evidente l’illegittimità del provvedimento di esclusione, posto che la ragione posta a suo fondamento è costituita dall’esistenza di una violazione grave in materia tributaria non definitivamente accertata risultante da un’attestazione dell’Agenzia delle Entrate che è stata invece annullata in autotutela. Con la conseguenza, per quanto ovvia sia la precisazione che segue, che è venuto meno il fatto giuridico (attestazione fiscale di una violazione non definitivamente accertata) oggetto della valutazione discrezionale della s.a.”.
7. In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, i difensori delle parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive posizioni.
8. Il 21/6/2025 il Comune di Viterbo ha depositato una memoria di replica con la quale ha eccepito l’inammissibilità - per tardività della relativa proposizione - dei secondi motivi aggiunti, ribadendo la propria richiesta di reiezione del ricorso introduttivo e dei motivi a esso aggiunti.
9. All’udienza pubblica del 2 luglio 2025, all’esito della discussione orale, la causa è stata trattenuta in decisione.
10. Il Collegio ritiene utile premettere all’esame del ricorso introduttivo e dei primi e secondi motivi a esso aggiunti una sintetica ricognizione del quadro normativo di riferimento.
10.1 In particolare, le disposizioni del D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 14, introducono misure antielusive a tutela dei crediti tributari, di natura speciale rispetto alla ordinaria disciplina dell’art. 2560 c.c., comma 2, evitando che, attraverso il trasferimento dell’azienda o di un ramo d’azienda, od anche mediante il trasferimento frazionato di singoli beni appartenenti al complesso aziendale, l’originaria generale garanzia patrimoniale del debitore possa essere dispersa in pregiudizio dell’interesse pubblico alla riscossione delle entrate finanziare. Tali misure, che trovano giustificazione nella particolare rilevanza che il complesso dei beni destinati all’esercizio di una attività economica organizzata assume rispetto alla generale responsabilità patrimoniale cui il debitore è tenuto ai sensi dell’art. 2741 c.c., si risolvono nella previsione di una responsabilità solidale e sussidiaria del soggetto cessionario per i debiti tributari gravanti sul soggetto cedente, modulata secondo una diversa estensione correlata al legittimo affidamento ingenerato dalle informazioni fornite dalla Amministrazione finanziaria al soggetto cessionario, venendo la norma a distinguere nettamente la ipotesi di cessione d’azienda conforme a legge (art. 14, commi 1, 2 e 3) dal negozio di cessione d’azienda in frode al Fisco (art. 14, commi 4 e 5). Nel primo caso conformando la responsabilità del soggetto cessionario come sussidiaria (beneficium excussionis) e limitata nel “quantum” (entro il valore della cessione della azienda o del ramo di azienda) e nell’oggetto (con riferimento alle imposte e sanzioni relative a violazioni commesse dal soggetto cedente nell’anno in cui è avvenuto il trasferimento dell’azienda o del ramo e nei due precedenti, nonché per sanzioni od imposte “già irrogate o contestate nel medesimo periodo” anche se relative a violazioni commesse anteriormente, e comunque entro i limiti del “debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici dell'Amministrazione finanziaria e degli enti preposti all'accertamento dei tributi”), secondo un criterio incentivante volto a premiare la diligenza del soggetto cessionario nell’acquisire dagli Uffici finanziari, prima della conclusione del negozio traslativo, le informazioni sulla posizione debitoria del soggetto cedente nei confronti del Fisco (nel senso che: “Il certificato, se negativo, ha pieno effetto liberatorio del cessionario, del pari liberato ove il certificato non sia rilasciato entro quaranta giorni dalla richiesta”); nel secondo caso (accordo fraudolento), escludendo espressamente ogni precedente limitazione di responsabilità del cessionario (art. 14, comma 4). In questa seconda ipotesi, cioè, la responsabilità del cessionario è solidale e illimitata, assumendo egli l’idem debitum del cedente.
11. Tanto premesso, nella fattispecie di cui è causa l’Amministrazione finanziaria ha accertato che non si vertesse in ipotesi di cessione conforme alla legge (art. 14, commi 1, 2 e 3 del D. Lgs. n. 472/1997), bensì di cessione “attuata in frode dei crediti tributari” (art. 14, comma 4), con conseguente responsabilità non sussidiaria (non si applica il beneficio della preventiva escussione), ma solidale ed illimitata del cessionario, nella specie della SEA S.r.l. mandataria-capogruppo del R.T.I. ricorrente.
12. Va anche rammentato che il predetto avviso di accertamento (identificativo TY5CRAR00049/2019) è stato impugnato dalla SEA S.r.l. dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Agrigento – Sezione seconda – che ha respinto l’impugnativa proposta (limitandosi esclusivamente ad estromettere, dalla quantificazione della pretesa fiscale contenuta nell’atto impugnato, gli importi indicati dalla cartella di pagamento n. 720180001559756, avendo la SEA S.r.l., già nel giudizio di primo grado, documentalmente provato che la stessa risultava annullata con sentenza passata in giudicato), con sentenza n. 419 depositata il 26/4/2023. Parimenti, l’appello proposto avverso quest’ultima sentenza risulta respinto dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, Sezione 14, con sentenza n. 4127 depositata il 30/5/2024, gravata con ricorso per Cassazione proposto dalla Società soccombente l’8 novembre 2024.
12.1 Inoltre, la predetta Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado ha respinto l’istanza di sospensione dell’efficacia della propria sentenza (n. 4127/2024), sul presupposto: “che dalla documentazione in… atti non emergono elementi sufficienti a sostegno del periculum”, con ordinanza n. 4051/2024 depositata il 16/12/2024.
12.3 Pertanto, l’avviso di accertamento de quo è attualmente pienamente valido ed efficace.
13. A fronte di questo quadro fattuale e giuridico, la S.A. ha inoltrato alla SEA S.r.l. una nota prot. n. 2646 del 9/01/2025, con cui: “considerate le risultanze del certificato di regolarità fiscale rilasciato dall'Agenzia delle Entrate di Agrigento (AGE.AGEDPAG.REGISTRO UFFICIALE.0157719.03-12-2024.U) e la gravità dei fatti contestati, analizzata tutta la documentazione a supporto ad oggi trasmessa allo scrivente Ente, si chiede di fornire una analitica e motivata relazione in capo alla solidità societaria patrimoniale, economica e finanziaria per far fronte agli oneri economici connessi all'esecuzione dell'appalto attesa l'esposizione debitoria contestata dall'Agenzia dell'Entrate con atto di accertamento di responsabilità n. TY5CRAR00049/2019 notificato in data 24-12-2019”.
14. Siffatta richiesta risulta riscontrata dalla SEA S.r.l. con una prima nota acquisita al n. 5693 del protocollo comunale in data 17/01/2025 e una seconda nota acquisita al n. 13582 del protocollo comunale in data 4/02/2025, le quali, tuttavia, non sono state reputate sufficienti dalla S.A. che le ha puntualmente confutate con il provvedimento di esclusione gravato con il ricorso introduttivo del presente giudizio, notificato alle controparti il 31 marzo 2025 e depositato in giudizio il 4 aprile successivo.
15. Non occorre indugiare sullo scrutinio delle eccezioni di rito formulate dalle difese, rispettivamente, del R.T.I. controinteressata GESENU - Gestione Servizi Nettezza Urbana S.p.A. e COSP Tecno Service Soc. Cooperativa e del Comune di Viterbo, giacché il gravame si presenta infondato nel merito e, pertanto, va respinto alla stregua delle ragioni di seguito indicate.
16. Il R.T.I. ricorrente affida il ricorso introduttivo del giudizio e i (primi e secondi) motivi a esso aggiunti ai due mezzi di gravame di seguito riportati, peraltro espressamente graduando il secondo all’eventuale mancato accoglimento del primo.
17. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10, comma 2, e 95, comma 2, D. Lgs. n. 36/2023; difetto di motivazione; violazione e/o falsa applicazione dell’Allegato II.10 al D. Lgs. n. 36/2023; eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica; eccesso di potere per difetto di istruttoria.
17.1 Ai fini della migliore comprensione di tale primo mezzo di gravame, è opportuno un richiamo della pertinente normativa.
17.2 L’art. 95 (cause di esclusione non automatiche), comma 2, D. Lgs. n. 36/2023, detta le condizioni che devono sussistere affinché un’impresa concorrente ad una gara d’appalto possa essere esclusa dalla stessa in ragione della sua inaffidabilità derivante da uno stato di inadempimento (ancorchè non definitivamente accertato) degli obblighi tributari e previdenziali su di essa gravanti. Recita il primo periodo della disposizione in commento: “La stazione appaltante esclude altresì un operatore economico qualora ritenga, sulla base di qualunque mezzo di prova adeguato, che lo stesso ha commesso gravi violazioni non definitivamente accertate agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse o contributi previdenziali.”
Con particolare riferimento agli obblighi tributari, il periodo successivo al primo dispone che: “Costituiscono gravi violazioni non definitivamente accertate in materia fiscale quelle indicate nell’Allegato II.10. La gravità va in ogni caso valutata anche tenendo conto del valore dell’appalto.”
Dalla rilevata sussistenza di tale tipologia di violazioni (non definitivamente accertate) nasce, dunque, la facoltà (ancorché non l’obbligo) dell’Amministrazione aggiudicatrice di escludere l’operatore inadempiente dalla gara.
Il predetto Allegato II.10, recante “Disposizioni in materia di possibile esclusione dell’operatore economico dalla partecipazione a una procedura d’appalto per gravi violazioni in materia fiscale non definitivamente accertate (articoli 94, comma 6 e 95, comma 2, del Codice)”, all’art. 2. “Ambito di applicazione”, individua nel modo seguente la fonte degli obblighi, relativi al pagamento di imposte e tasse, la cui inottemperanza integra la violazione rilevante ai fini escludenti:
“a) notifica di atti impositivi, conseguenti ad attività di controllo degli uffici;
b) notifica di atti impositivi, conseguenti ad attività di liquidazione degli uffici;
c) notifica di cartelle di pagamento concernenti pretese tributarie, oggetto di comunicazioni di irregolarità emesse a seguito di controllo automatizzato o formale della dichiarazione, ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e dell'art. 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
L’art. 3 dell’Allegato II.10 cit. si occupa, invece, di individuare la “soglia di gravità” per la determinazione della violazione fiscale rilevante, fissandola in un importo che, con esclusione di sanzioni e interessi, è pari o superiore al 10% del valore dell’appalto (o del “valore del lotto o dei lotti per i quali l’operatore economico concorre”), e stabilendo che: “in ogni caso, l’importo della violazione non deve essere inferiore a 35.000 euro”.
L’art. 4 dell’Allegato II.10 cit. dispone, a sua volta, che: “ai sensi e per gli effetti dell’articolo 95, comma 2, del codice, la violazione grave di cui all’articolo 3, comma 1, del presente allegato si considera non definitivamente accertata, e pertanto valutabile dalla stazione appaltante per l’esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici, quando siano decorsi inutilmente i termini per adempiere all’obbligo di pagamento e l’atto impositivo o la cartella di pagamento siano stati tempestivamente impugnati” (comma 1), e che: “le violazioni di cui al comma 1 non rilevano ai fini dell’esclusione dell’operatore economico dalla partecipazione alla procedura d'appalto se in relazione alle stesse è intervenuta una pronuncia giurisdizionale favorevole all’operatore economico non passata in giudicato, sino all’eventuale riforma della stessa o sino a che la violazione risulti definitivamente accertata, ovvero se sono stati adottati provvedimenti di sospensione giurisdizionale o amministrativa”.
17.3 Tanto premesso, rileva il Collegio che, con il primo mezzo di gravame articolato con il ricorso introduttivo e (in via derivata) con i motivi aggiunti proposti in corso di causa, il R.T.I. ricorrente lamenta, in prima luogo, che l’avviso di accertamento notificato alla SEA S.r.l. (identificativo TY5CRAR00049/2019) non rientrerebbe in alcuna: “delle ipotesi di cui all’art. 2 dell’Allegato II.10 al d.lgs n. 36/2023, non trattandosi di un atto tra quelli indicati alle lettere a), b) e c), né in alcuna delle condizioni di cui all’art. 95, comma 2, d.lgs n. 36/2023, posto che l’avviso notificato all’odierna esponente non costituisce una cartella di pagamento nè contiene un atto impositivo di pagamento né una liquidazione di imposta né, tantomeno, una intimazione a pagare con indicazione del termine entro cui eseguire il pagamento; intimazione che, si ripete, è stata rinviata alla eventuale notifica di atti successivi.”
17.4 Si tratta, tuttavia, di doglianza infondata, posto che il prefato avviso di accertamento n. TY5CRAR00049/2019 rientra senz’altro nella previsione di cui all’Allegato II.10 al D. Lgs. n. 36/2023, art. 2, lett. a), trattandosi di un atto con cui è stata fatta valere una pretesa tributaria – precisamente individuata nei presupposti di fatto e di diritto e nel relativo ammontare - la cui fondatezza risulta accertata nel giudizio tributario (benché non via definitiva). E quest’ultima circostanza è dirimente ai fini del presente giudizio, posto che, anche a volere aderire all’impostazione tradizionale secondo cui l’avviso di accertamento è una mera provocatio ad opponendum (paradigmatica in questo senso è Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, ordinanza n. 25321 del 20/9/2024, secondo cui: “la motivazione dell’avviso di accertamento o di rettifica, presidiata dalla L. 27 luglio 2002, n. 212, articolo 7, ha la funzione di delimitare l’ambito delle contestazioni proponibili dall’Ufficio nel successivo giudizio di merito e di mettere il contribuente in grado di conoscere l’an ed il quantum della pretesa tributaria; invece, la prova attiene al diverso piano del fondamento sostanziale della pretesa tributaria ed al suo accertamento in giudizio in presenza di specifiche contestazioni dello stesso, sicché in definitiva tra l’una e l’altra corre la stessa differenza concettuale che vi è tra allegazione di un fatto costituivo della pretesa fatta valere in giudizio e prova del fatto medesimo (Cfr. Cass. n. 6325 del 2/03/2023).”), nella specie le contestazioni sollevate dalla SEA S.r.l. avverso l’avviso di accertamento de quo sono state disattese nell’ambito di ben due gradi di giudizio, che hanno confermato la validità dell’atto impositivo impugnato.
17.5 Il che rende, a ben vedere, irrilevanti anche le (ulteriori) argomentazioni difensive attoree (peraltro, fatte proprie anche dal provvedimento adottato in autotutela dall’Agenzia delle Entrate, cfr. nota prot. n. 75333 del 976/2023) secondo cui, nella fattispecie di cui è causa, non si sarebbe al cospetto di una (grave) violazione tributaria non definitivamente accertata ai sensi dell’art. 95, comma 2, del D. Lgs. n. 36/2023, in quanto l’avviso di accertamento prot. TY5CRAR00049/2019: “non contiene un termine per adempiere” né la somma da essa recata risulta iscritta a ruolo. Afferma, in particolare, la Società ricorrente che, anche laddove essa: “avesse voluto provvedere al pagamento dei carichi tributari della S.A.P. s.r.l., non vi avrebbe potuto provvedere stante l’inesistenza di una intimazione di pagamento e/o di un termine entro cui eseguire il pagamento.”
17.6 Si tratta, tuttavia, di affermazioni palesemente infondate, già alla stregua della generale considerazione per la quale un’obbligazione priva di termine per l’adempimento non è un’obbligazione inesigibile, come vorrebbe il R.T.I. ricorrente, ma, al contrario, un’obbligazione esigibile immediatamente giusta la previsione di cui all’art. 1183 c.c., che detta la regola quod sine die debetur statim debetur; pertanto in mancanza dell’apposizione di un termine per l’adempimento dell’obbligazione trova applicazione la regola dell’immediata esigibilità della prestazione che ne costituisce l’oggetto (nella specie, pecuniaria).
E l’avviso di accertamento di che trattasi è a tal punto cogente che con esso l’A.F. preannuncia l’iscrizione nel ruolo straordinario previsto dall’art. 15 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, il quale consente, in caso di fondato pericolo per la riscossione (art. 11 d.P.R. n. 602/1973), di procedere in via straordinaria alla iscrizione a ruolo e, quindi, alla riscossione dell’intero ammontare dell’importo fissato nell’avviso di accertamento (nonché degli interessi e delle sanzioni) sin dalla notifica dello stesso e in pendenza del termine di 60 giorni, in luogo della riscossione del solo terzo delle imposte e degli interessi (con esclusione delle sanzioni), consentito dalla iscrizione nei ruoli ordinari ex art.15 d.P.R. cit..
Del resto la cogenza e la lesività dell’avviso di accertamento emesso dall’amministrazione finanziaria sono confermate dalla sua impugnazione davanti al giudice tributario il quale, in coerenza con l’impostazione di parte ricorrente, non ha mai dubitato della riconducibilità di tale atto nel novero di quelli impugnabili ai sensi dell’art. 19 d. lgs. n. 546/92.
17.7 Le predette considerazioni, unitamente all’insegnamento della giurisprudenza civile di legittimità secondo il quale: “L’avviso di accertamento soddisfa l’obbligo di motivazione quando pone il contribuente nella condizione di conoscere esattamente la pretesa impositiva, individuata nel suo “petitum” e nella “causa petendi”, mediante una fedele e chiara ricostruzione degli elementi costitutivi dell’obbligazione tributaria, anche quanto agli elementi di fatto ed istruttori posti a fondamento dell'atto impositivo, in ragione della necessaria trasparenza dell’attività della Pubblica Amministrazione, in vista di un immediato controllo della stessa. In altri termini, dalla motivazione dell'avviso deve emergere una fedele e chiara ricostruzione di tutti gli elementi costitutivi dell'obbligazione tributaria, così da consentire una adeguata, efficace e piena difesa in giudizio.” (sentenza Corte di Cassazione, V Sezione Civile, n. 300391 del 21/11/2018) inducono a ritenere che l’avviso di accertamento di responsabilità ex art. 14, comma 4, del D. Lgs. n. 472/1997 più volte citato integri gli estremi di una pretesa fiscale compiutamente formulata e, come tale, sicuramente valutabile al fine di verificare la sussistenza, in concreto, della causa di esclusione di cui all’art. 95, comma 2, del D. Lgs. n. 36/2023 a carico del R.T.I. ricorrente.
17.8 Ma vi è di più. Infatti, alla stregua dell’art. 68 del D. Lgs. n. 546/1992, dopo la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado che respinge il ricorso (come nella specie, sentenza n. 419 depositata il 26/4/2023), il ricorrente deve versare i 2/3 del tributo (e delle sanzioni irrogate), mentre la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado sfavorevole al contribuente (come nella specie, sentenza n. 4051 del 30/5/2024, come tale anteriore anche alla “prima” certificazione di regolarità fiscale protocollo AGE.AGEDP-AG. REGISTRO UFFICIALE.157719 del 3/12/2024) rende esigibile l’intero ammontare stabilito con la stessa.
Ne deriva che, a fronte di siffatti dati, deve in ogni caso ritenersi superata l’allegazione di parte ricorrente (fatta propria, come anticipato, dall’A.F. con le note n. 75333 del 9/6/2025 e n. 75347 del 9/6/2025), secondo la quale la SEA S.r.l. non avrebbe provveduto al pagamento del debito tributario accertato, stante l’assenza di un termine per l’adempimento dello stesso inutilmente decorso e la mancata riscossione coattiva della medesima somma da parte dell’A.F. “attesa la non definitività dell’atto impositivo”, essendosi, al contrario, verificati (già alla data del 30/5/2024) i presupposti per la relativa esigibilità.
17.9 Ne discende, pertanto, che, in disparte ogni considerazione sulla mancata esecuzione delle predette sentenze, in ogni caso non può revocarsi in dubbio che quella da esse accertata (ancorchè non definitivamente, stante la pendenza del ricorso per Cassazione proposto avverso la sentenza del Giudice Tributario di secondo grado) è una violazione grave dell’obbligo gravante sulla SEA S.r.l. di soddisfare i debiti tributari della sua dante causa. Tanto più che, come si evince ex actis, in data 30 maggio 2017 la società SAP è cessata, mentre la Società Fashion S.r.l., a essa subentrata, è stata dichiarata fallita il 23 maggio 2019.
17.10 Osserva, infatti, il Collegio che, per condivisibile giurisprudenza: “l’accertamento dei presupposti di applicazione delle cause escludenti è apprezzabile dalla stazione appaltante sulla base di conoscenze che non attribuiscono certezza all’accertamento svolto, essendo basate sulla valutazione di plurime circostanze, passibili di non univoca interpretazione e oggetto pertanto di un’attività connotata da discrezionalità tecnica, basata sul giudizio di verosimiglianza, sindacabile da questo Giudice per manifesta irragionevolezza o difetto dei presupposti di fatto.” (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. V, 2/8/2024, nr. 6944)
Conseguentemente, il Collegio ritiene che la sopravvenuta valutazione della Agenzia delle Entrate - di segno contrario rispetto a quella originariamente manifestata con la certificazione di regolarità fiscale protocollo AGE.AGEDP-AG. REGISTRO UFFICIALE.157719 del 03/12/2024 - non comporta l’illegittimità del provvedimento di esclusione gravato, non avendone la certificazione adottata in seconda battuta (prot. n. 75333 del 9/6/2025) fatto venire meno il presupposto di fatto (rappresentato dalla esistenza di una forte esposizione debitoria della SEA S.r.l. nei confronti del Fisco accertata in due gradi di giudizio, rivelatrice, altresì, di una condotta fraudolenta della stessa Società), che ragionevolmente la S.A. ha ritenuto integrante i presupposti di una grave violazione tributaria rilevante ai fini della esclusione del R.T.I. ricorrente dalla procedura d’appalto di che trattasi ex art. 95, comma 2, cit..
Per altro, la valutazione operata dall’Agenzia delle entrate con la nota del 04/06/25 non fornisce un’esaustiva motivazione in ordine alle ragioni per cui, in contrasto con la valutazione operata dall’ente con l’atto del 03/12/24, l’atto di recupero TY5CRAR00049/2019 è stato espunto dall’“esito informativo relativo alla condizione di regolarità fiscale”.
Nella memoria depositata in giudizio il 13/06/25 l’Agenzia delle entrate, in proposito, evidenzia che “nel caso di specie, dall’istruttoria compiuta dalla struttura centrale dell’Agenzia in considerazione dei motivi di ricorso, è emerso che non appariva integrata la fattispecie di “violazione non definitivamente accertata ai sensi dell’allegato II.10 del d.lgs. n. 36 del 2023,” perché l’atto di accertamento in questione non contiene la previsione del termine entro cui provvedere al soddisfacimento della pretesa tributaria. Sia l’assenza di tale elemento che la mancata disposizione di iscrizione a ruolo a titolo straordinario, preannunciata nel medesimo atto, rendono non applicabile quanto disposto dall’articolo 95, comma 2, del D.Lgs. n. 36/2023” (pag. 10).
Tale iter argomentativo, di dubbia ammissibilità ai fini del supporto della legittimità della nota del 04/06/25, costituendo inammissibile motivazione postuma della stessa, non può, comunque, nel merito, essere condiviso alla luce delle considerazioni in precedenza esplicitate circa l’ininfluenza, ai fini del riscontro della causa di esclusione, della dedotta assenza di un termine per l’adempimento; in proposito, si richiama l’orientamento del Consiglio di Stato secondo cui il giudice amministrativo ha la possibilità di sindacare, in via incidentale (ossia senza efficacia di giudicato nel rapporto tributario), nell'ambito del giudizio relativo all'affidamento del contratto pubblico, la idoneità e la completezza della certificazione dell’Agenzia delle entrate e, comunque, ogni valutazione ivi dalla stessa effettuata, quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal concorrente (Adunanza Plenaria n. 7/2024 e sentenze ivi richiamate).
18. Il R.T.I. ricorrente, poi, sempre con il primo mezzo di gravame, contesta la prefata richiesta della S.A. di: “fornire una analitica e motivata relazione in capo alla solidità societaria patrimoniale, economica e finanziaria per far fronte agli oneri economici connessi all'esecuzione dell’appalto”, ritenendo che, in tal modo, la S.A. avrebbe surrettiziamente introdotto un requisito di capacità economico-finanziaria non previsto quale condizione di partecipazione nel Disciplinare di gara.
18.1 Si tratta, tuttavia, di doglianza destituita di fondamento, posto che deve ravvisarsi proprio nella posizione di grave irregolarità fiscale della S.E.A. S.r.l. – a oggi accertata con avviso che è stato reputato fondato nell’ambito di ben due gradi di giudizio – la ragione della prudente e condivisibile richiesta della S.A. rivolta alla medesima Società di dimostrare il possesso di mezzi patrimoniali e finanziari tali da consentirle, comunque, di espletare adeguatamente e puntualmente il servizio oggetto dell’affidamento di che trattasi, anche a tutela dell’interesse pubblico soddisfatto da quest’ultimo.
18.2 Inoltre, in merito vi è giurisprudenza sia del Consiglio di Stato sia di merito (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza del 24 luglio 2023, n. 7219; T.A.R. Catania, Sezione III, 9 novembre 2023, n. 3322), che afferma la correttezza dell’operato della S.A. che, a fronte di una violazione fiscale grave ancorchè non definitivamente accertata, si attivi, in sede di soccorso istruttorio, a chiedere ulteriori rassicurazioni all’operatore economico interessato.
19. Del pari, va esente da censure di illegittimità la valutazione negativa operata dalla S.A. dei riscontri in merito forniti dalla Società ricorrente, ritenendo che: “la società SEA s.r.l., in sede di contraddittorio, non ha fornito elementi sufficienti a provare la propria solidità economico/finanziaria, tale da garantire la sua capacità di far fronte agli oneri economici connessi all’esecuzione della quota di servizi che si è impegnata ad eseguire nell’ambito del RTI, nonostante l’esposizione debitoria (cfr. doc. 11); infatti, la stessa, a comprova della sua asserita possibilità di godere di un incasso annuale pari ad € 16.304.299,94 “che consentirebbe di adempiere al debito tributario, anche attraverso forme di rateizzazione e/o rottamazione”, si è limitata ad elencare solamente una lista di contratti di cui è titolare senza indicarne la durata, in aggiunta per lo più risalenti nel tempo e pertanto verosimilmente prossimi alla scadenza (cfr. doc. 11)”.
19.1 Sul punto il Collegio ritiene di poter far proprie le puntuali eccezioni sollevate dalla resistente A.C. (e non oggetto di specifica contestazione da parte del R.T.I. ricorrente in parte qua), a tenore delle quali: “Né vale a ritenere - come pure adombra la ricorrente -, che vi sia stata una presunta carenza di istruttoria nella mancata richiesta di chiarimenti circa l’effettiva durata dei contratti indicati da SEA nella nota del 04/02/2025 (cfr. doc. 9) a dimostrazione del fatto che la stessa sarebbe stata in grado di tener fede ai propri obblighi contrattuali.
Ed invero, fermo il fatto che i contratti in corso ed il relativo fatturato non sono elementi di per sé idonei a provare la solidità finanziaria, deve altresì considerarsi che l’Amministrazione ha “autonomamente” effettuato le dovute verifiche attraverso la consultazione dei CIG collegati a ciascuno dei contratti indicati dalla SEA s.r.l., dalle quali è emerso che gli stessi fossero o scaduti o di imminente scadenza o comunque di durata ben inferiore all’arco temporale del contratto oggetto di affidamento.
Basti, infatti, a tal fine rilevare che: 1) il contratto con A.R.O. Campofelice di Roccella – Lascari (CIG 6828634F07) è stato stipulato nel 2017, con una durata di 5 anni; 2) i contratti con S.R.R. Agrigento Provincia Est. (CIG 7322554AB6) e A.R.O. Canicattì-Camastra (CIG 655867884C) sono stati stipulati nel 2018, con una scadenza e/o una durata limitata rispetto al ben più lungo orizzonte temporale del contratto di cui al presente giudizio, poiché hanno rispettivamente durata pari a 5 e 7 anni; 3) il Contratto con S.R.R. ATO 3 Caltanissetta Provincia Nord (CIG 7668535346) è stato stipulato nel 2020, con una scadenza prossima, poiché di durata massima complessiva pari a 5 anni (3 + 2 eventuale rinnovo); 4) i contratti stipulati con il Comune di Sciacca (CIG B1B04E2FA7) e con il Comune di Comitini (CIG B1E53F786B) risalgono al 2024 ed hanno entrambi una durata di 12 mesi.
Nessun difetto di istruttoria, dunque, v’è stato; anzi l’Amministrazione resistente si è fatta parte attiva e diligente verificando ciascuno dei contratti addotti dalla ricorrente; ne è risultato che tutti i contratti – anche volendo immaginare che trovi (o abbia trovato) applicazione la proroga e/o il rinnovo – erano prossimi alla scadenza (se non già scaduti).
1.2.3. Del tutto priva della capacità di inficiare la legittimità del provvedimento di esclusione è, peraltro, l’argomentazione di parte ricorrente secondo cui “giacché si sta formulando una prognosi sul futuro, è prevedibile, secondo l’id quod plerumque accidit, che i contratti che scadono siano sostituiti da quelli nuovi, che la ricorrente si aggiudicherà nell’esercizio dell’attività di impresa”.
L’argomentazione, infatti, è priva di ogni possibile pregio e nulla aggiunge a sostegno della tesi ricorrente.
L’argomentazione, infatti, poggia essenzialmente su una previsione di probabilità che peraltro non tiene conto, tra le altre cose, né del fatto che l’aggiudicazione di una gara è in generale indipendente dalla volontà del concorrente, né della sussistenza della violazione fiscale non definitivamente accertata di che trattasi, che potrebbe incidere proprio sull’auspicata aggiudicazione delle gare future.”
20. Il R.T.I. ricorrente contesta, altresì, il gravato provvedimento di esclusione anche nella parte in cui rileva che: “La Sea Srl in sede di presentazione dell’offerta, allegando il “documento di gara unico europeo” (DGUE) ha espressamente dichiarato di avere “soddisfatto tutti gli obblighi relativi al pagamento di imposte, tasse o contributi previdenziali” omettendo di informare tempestivamente la stazione appaltante delle sue pendenze tributarie. Detta omissione viola l’obbligo disposto dall’art. 96 comma 14 secondo cui l’operatore economico ha l’obbligo di comunicare all’ente appaltante la sussistenza dei fatti che possono costituire una causa di esclusione ai sensi dell’art. 95 del Codice Appalti e rileva ai fini della valutazione della condotta dell’operatore, oltre che ai fini dell’applicazione dell’art. 97 del medesimo D. Lgs.”, ritenendo che, au contraire, nella specie non sussistesse alcun obbligo dichiarativo in capo alla SEA S.r.l.
20.1 Anche questa censura, però, come le precedenti non coglie nel segno.
20.2 Il comma 14 dell’art. 96 del D. Lgs. n. 36/2023 sancisce il generale obbligo dell’operatore economico di comunicare alla stazione appaltante la sussistenza di fatti e provvedimenti che possono integrare cause di esclusione automatica o non automatica ex artt. 94 e 95 del medesimo testo legislativo, in ossequio ai doveri di correttezza, buona fede e leale collaborazione che informano i rapporti tra privato e pubblica amministrazione. E se è pur vero che: “l’aver omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” non costituisce più un’autonoma causa di esclusione (facoltativa) dalla partecipazione alla procedura d’appalto (non essendo stato riprodotto nel nuovo ordito normativo del vigente c.a.p. la previsione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c-ter) del D. Lgs. n. 50/2016), e neppure rileva di per sé quale illecito professionale, potendo al più rilevare “ai sensi del comma 4” dell’art. 96 cit., cioè ai fini della valutazione della gravità di un illecito professionale autonomamente sussistente ex art. 98, comma 3, del D. Lgs. n. 36/2023, cionondimeno è innegabile che nel valutare la portata escludente della vicenda non comunicata e la sua incidenza sull’affidabilità e integrità del concorrente, la S.A. possa anche valorizzare la condotta omissiva tenuta da quest’ultimo.
20.3 Rimane, infatti, valida, proprio alla luce dell’esplicita previsione di cui all’art. 96, comma 14, cit., la massima giurisprudenziale secondo cui: “Sussiste in capo ai concorrenti l’onere di comunicare alla stazione appaltante tutte le vicende attinenti lo svolgimento della propria attività professionale al fine di consentire di valutare la loro eventuale incidenza sulla reale affidabilità, morale e professionale. […] Va peraltro osservato che l'amministrazione è mossa, nelle procedure selettive, dal bisogno attuale e concreto di acquisire i servizi di cui necessita; le procedure selettive postulano un dovere particolarmente intenso in capo alle imprese partecipanti di chiarezza e completezza espositiva sia nella presentazione della documentazione volta alla verifica dei requisiti di ordine generale e di ordine speciale sia nella formulazione e presentazione delle offerte. L'operatore economico reticente, oltre a violare i doveri di correttezza e buona fede cui è vincolato, arreca un oggettivo intralcio allo svolgimento della procedura che non può non essere tenuto nella debita considerazione, come in questo caso è avvenuto, dalla stazione appaltante.” (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 2/8/2024, n. 3336).
20.4 E non vi è dubbio che, nel caso di specie, il R.T.I. ricorrente abbia mancato di comunicare alla S.A. informazioni sicuramente rilevanti (aventi ad oggetto un avviso di accertamento di ben € 17.389.012,31, notificato il 24/12/2019), tenendo una condotta omissiva evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità del medesimo R.T.I. nella vicenda qui all’esame, oltre che violativa del fondamentale principio della reciproca fiducia codificato oggi dall’art. 2 del D. Lgs. n. 36/2023.
Inoltre: “Per il principio di autoresponsabilità l'autore di dichiarazioni negoziali è assoggettato agli effetti di esse, secondo il loro oggettivo significato e secondo le normali conseguenze che ne derivano, non potendo, poi, dolersi delle conseguenze che derivino dalle stesse, una volta verificate in sede di controllo successivo (Tar Lazio, Roma, sez. II, 22 maggio 2020, n. 5436). E, invero, nelle procedure di affidamento di contratti pubblici i requisiti di moralità dell'impresa che vi partecipi "debbono apparire, alla stazione appaltante, ab origine certi e inequivoci"; con la conseguenza che "in relazione a questi principi si impone ai concorrenti di dichiarare tutti i fatti e i dati che possono rilevare ai fini del giudizio di affidabilità morale spettante alla stazione appaltante" sicché essi "sono onerati di verificare in via preventiva, cioè prima di formulare l'offerta in sede di gara, ogni circostanza che possa ostare all'aggiudicazione del contratto" (Tar Campania, Salerno, Sez. I, 13 marzo 2017, n. 409).” (ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, n. 6705 del 4/6/2021).
Non v’è dubbio, pertanto, che la SEA S.r.l. sia venuta meno a un preciso obbligo su di essa gravante, e cioè quello di dichiarare l’esistenza di una pretesa (peraltro, dal cospicuo ammontare) vantata nei suoi confronti dall’Amministrazione finanziaria, per modo che, (anche) alla luce del principio di autoresponsabilità, le conseguenze della predetta condotta debbono ricadere nella sua sfera giuridica.
20.5 Né può plausibilmente annettersi alcuna efficacia esimente all’affermazione di parte ricorrente secondo cui quest’ultima non avrebbe comunicato, in sede presentazione della domanda di partecipazione alla procedura di gara (con scadenza il 29/4/2024), l’esistenza del predetto avviso di accertamento, poiché quest’ultimo “risultava sospeso con Ordinanza n. 266/2024 del 25/01/2024 della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia.”
La circostanza, infatti, che quest’ultimo Giudice – dinanzi al quale la SEA S.r.l. aveva impugnato la prefata sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado, n. 419/2023, di reiezione del ricorso proposto avverso l’accertamento fiscale di che trattasi - avesse sospeso l’esecuzione dell’atto impugnato (impedendo, in sostanza, l’iscrizione a ruolo della somma con esso accertata), non integra con tutta evidenza – né logicamente né giuridicamente - un motivo idoneo a escludere l’obbligo della SEA S.r.l., ex art. 94, comma 14, cit., di comunicare la sussistenza della causa di esclusione de qua, rappresentata, appunto, da una violazione fiscale grave non definitivamente accertata, quale è sicuramente la pretesa tributaria fatta valere con l’avviso di accertamento ancora sub judice.
20.6 Peraltro, come puntualmente messo in rilievo nel provvedimento di esclusione impugnato, essendo il valore dell’appalto oggetto di gara al netto dell’IVA pari ad € 51.699.211,23 (dei quali € 26.366.597,70 di spettanza della SEA s.r.l. come mandataria), e il valore complessivo dell’appalto al netto dell’IVA (comprensivo di qualsiasi forma di eventuali opzioni o rinnovi) pari ad € 76.486.958,72 (dei quali 39.008.348,90 di spettanza della SEA s.r.l. come mandataria), è evidente come il valore dell’accertamento notificato alla SEA S.r.l., pari a € 17.389.012,31 (o, comunque, pari a € 15.763.770,64, anche volendo considerare l’annullamento della cartella di pagamento n. 720180001559756, di € 1.625.241,67, operato dalla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Agrigento), sia notevolmente superiore al 10% del valore della prestazione assunta dall’operatore economico quale mandataria -capogruppo del R.T.I. ricorrente; con il che risulta ampiamente superata la soglia di gravità di cui al predetto art. 2 dell’Allegato II.10 del D. Lgs. n. 36/2023.
30. Il R.T.I. ricorrente, infine, sostiene che la S.A. avrebbe dovuto, nell’istruttoria finalizzata all’adozione del gravato provvedimento di esclusione, valutare anche le ragioni del ricorso proposto in Cassazione contro la sentenza n. 4127, depositata il 30/5/2024, con cui la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, Sezione 14, come visto, ha rigettato l’impugnazione proposta avverso la mentovata sentenza del Giudice di prime cure.
30.1 In particolare, il R.T.I. ricorrente ritiene che la S.A. avrebbe dovuto scrutinare la fondatezza del V motivo di ricorso: “col quale è stata dedotta l’apoditticità delle conclusioni cui è giunta la corte territoriale di appello..sub specie di inapplicabilità dell’art. 14 d. lgs. n. 472/1997 – e, quindi, la la falsa applicazione fattane dall’Amministrazione finanziaria – dal momento che, in negativo, nessuna prova del consilium fraudis è stata ex adverso fornita, e, in positivo, vi sono numerosi indici (su tutti: 1) valore residuo del patrimonio rimasto in capo alla cedente sufficiente a coprire i debiti tributari, vds. perizia del 6 aprile 2021, doc. 21; 2) trasferimento alla cessionaria dei debiti facenti capo al ramo di azienda risultanti dai libri contabili) che escludono la possibilità di ritenere fraudolenta l’operazione”.
30.2 Il motivo di gravame, ancora prima che infondato, è inammissibile, in quanto – stando ad esso - la S.A. avrebbe dovuto invadere le attribuzioni di un altro ordine di giurisdizione, entrando nel merito della questione controversa pendente dinanzi alla Corte di Cassazione (peraltro, già risolta in senso negativo alla mandataria-capogruppo del R.T.I. ricorrente nell’ambito dei due precedenti gradi di giudizio), e statuire l’infondatezza della ricostruzione in termini di operazione fraudolenta della cessione del ramo d’azienda dalla S.A.P. S.r.l. alla SEA S.r.l. operata dall’Amministrazione finanziaria.
30.3 Come, tuttavia, correttamente eccepito sia dalla resistente A.C. sia dal R.T.I. controinteressato, un simile scrutinio non rientra – né potrebbe mai rientrare – nel perimetro dei poteri riconosciuti alla Stazione appaltante in sede di valutazione della ricorrenza, in concreto, della causa di esclusione di cui all’art. 95, comma 2, D Lgs. n. 36/2023, a carico di un concorrente.
40. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 del D. Lgs. n. 36/2023; eccesso di potere per difetto di istruttoria.
40.1 Come anticipato, questo secondo mezzo di gravame è esplicitamente dedotto dal R.T.I. ricorrente in subordine (Ad. Pl. n. 5/2015) al primo: “cioè solo in caso di reiezione del primo motivo di gravame”, con la conseguenza che, avendo il Collegio rigettato il primo, s’impone di scrutinare la fondatezza della seconda censura, a tenore della quale, poiché: “l’impresa mandante, non attinta da alcun provvedimento come quello di specie, sarebbe comunque nelle condizioni di sostenere da sola i costi relativi alla completa esecuzione dell’appalto, potrebbe trovare applicazione la norma dell’art. 97, comma 2, d. lgs. n. 36/2023, ai sensi della quale “se un partecipante al raggruppamento si trova in una delle situazioni di cui agli articoli 94 e 95 o non è in possesso di uno dei requisiti di cui all’articolo 100, il raggruppamento può comprovare di averlo estromesso o sostituito con altro soggetto munito dei necessari requisiti, fatta salva l’immodificabilità sostanziale dell’offerta presentata” […] Nel caso di specie, la mandante è iure proprio in possesso di tutti i requisiti di partecipazione, sicché l’eventuale venire meno di uno dei requisiti di ordine generale in capo alla mandataria non avrebbe altro effetto se non la prosecuzione dell’appalto a cura della sola mandante, che assumerebbe su di sé anche la parte del servizio che prima faceva capo alla mandataria”.
40.2 Tuttavia, neppure questo motivo di doglianza coglie nel segno, posto che nella specie non può trovare applicazione il meccanismo sostitutivo disciplinato dall’art. 97, comma 2, D. Lgs. n. 36/2023, atteso che, in base a ciò che emerge dal provvedimento di esclusione impugnato e da quanto sinora rappresentato, il raggruppamento ricorrente non ha comunicato la sussistenza del motivo escludente in sede di presentazione dell’offerta (pur essendosi esso verificato in data sicuramente anteriore, come visto), neppure quindi ha comprovato di avere adottato misure rimediali prima di quella data ai sensi della lett. a) del comma 1 dell’art. 97 del D. Lgs. n. 36 del 2023, che è appunto connotata dal fatto che la causa escludente si verifichi “prima della presentazione dell’offerta” (mentre non è invocabile, nella specie, come pure vorrebbe il R.T.I. ricorrente, ancorchè in maniera del tutto infondata perché smentita dalle risultanze documentali, la fattispecie di cui alla lett. b) del comma 1 dell’art. 97 cit.).
40.3 L’art. 97 del D. Lgs. n. 36 del 2023 ammette infatti, a certe condizioni, che il raggruppamento concorrente possa sostituire o estromettere i propri componenti, nella prospettiva comunque dell’unitarietà e dell’immodificabilità dell’offerta (è “fatta salva l'immodificabilità sostanziale dell'offerta presentata”, così il comma 2).
Tale disposizione, secondo quanto evidenziato dal Consiglio di Stato nello «Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”» (alle pag. 144 e seguenti), per quanto concerne il comma 1, come emerge dalla lett. s) della legge-delega (“Revisione e semplificazione del sistema di qualificazione generale degli operatori”), si prefigge l’obiettivo di attuare l’art. 63 par. 1 comma 2 della direttiva n. 2014/24/UE, nell’interpretazione resa dalla Corte di Giustizia (sez. IX, 3 giugno 2021, in causa C-210/2020), secondo cui la norma de qua: “osta a una normativa nazionale in forza della quale l’amministrazione aggiudicatrice deve automaticamente escludere un offerente da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico qualora un’impresa ausiliaria, sulle cui capacità esso intende fare affidamento, abbia reso una dichiarazione non veritiera quanto all’esistenza di condanne penali passate in giudicato, senza poter imporre o quantomeno permettere, in siffatta ipotesi, a tale offerente di sostituire detto soggetto”.
Sempre secondo la Relazione citata: “L’ambito oggettivo di applicazione della disposizione è stato perimetrato, nel rispetto dell’art. 63 della direttiva, con riferimento alle cause di esclusione di cui agli artt. 94 e 95, comprese le cause di esclusione riguardanti le irregolarità fiscali e contributive (a differenza dell’istituto del self cleaning, che le esclude (…)»; «quanto alla procedimentalizzazione della facoltà di sostituzione, si è optato per una disciplina “snella”: a fronte dell’onere dell’operatore economico di comunicare tempestivamente il verificarsi della causa di esclusione e delle misure adottate (o dell’intenzione di adottarle se sono venute meno in corso di gara o prima e l’operatore economico ha comprovato l’impossibilità di porvi rimedio per tempo) ed è stato ribadito nel successivo comma 2 che la intempestività della adozione delle misure comporta l’esclusione».
Richiamata la disciplina eurounitaria di riferimento, il comma 1 dell’art. 97 del D. Lgs. n. 36/2023 prevede che: “il raggruppamento non è escluso qualora un suo partecipante sia interessato da una causa automatica o non automatica di esclusione o dal venir meno di un requisito di qualificazione, se si sono verificate le condizioni di cui al comma 2 e ha adempiuto ai seguenti oneri:
a) in sede di presentazione dell'offerta:
1) ha comunicato alla stazione appaltante la causa escludente verificatasi prima della presentazione dell'offerta e il venir meno, prima della presentazione dell'offerta, del requisito di qualificazione, nonché il soggetto che ne è interessato;
2) ha comprovato le misure adottate ai sensi del comma 2 o l'impossibilità di adottarle prima di quella data;
b) ha adottato e comunicato le misure di cui al comma 2 prima dell'aggiudicazione, se la causa escludente si è verificata successivamente alla presentazione dell'offerta o il requisito di qualificazione è venuto meno successivamente alla presentazione dell'offerta”.
Il successivo comma 2 dispone che: “se un partecipante al raggruppamento si trova in una delle situazioni di cui agli articoli 94 e 95 o non è in possesso di uno dei requisiti di cui all'articolo 100, il raggruppamento può comprovare di averlo estromesso o sostituito con altro soggetto munito dei necessari requisiti, fatta salva l'immodificabilità sostanziale dell'offerta presentata”. Le misure prese sono valutate dalla stazione appaltante e: “se tali misure sono ritenute sufficienti e tempestivamente adottate, il raggruppamento non è escluso dalla procedura d'appalto”, mentre “Se la stazione appaltante ritiene che le misure siano intempestive o insufficienti, l'operatore economico è escluso con decisione motivata” (sempre il comma 2).
40.4 Pertanto nel caso, come quello di specie, in cui la causa escludente si è pacificamente verificata “prima della presentazione dell'offerta”, e risulta quindi integrata la fattispecie di cui alla lett. a del comma 1 dell’art. 97 del D. Lgs. n. 36 del 2023, il raggruppamento è tenuto a comunicare alla Stazione appaltante, in sede di presentazione dell’offerta, la causa escludente e il soggetto che ne è interessato (n. 1), e a comprovare le misure adottate ai sensi del comma 2, cioè l’estromissione o la sostituzione con altro soggetto munito dei necessari requisiti, fatta salva l’immodificabilità sostanziale dell’offerta presentata, o l’impossibilità di adottarle prima della presentazione dell’offerta (n. 2).
40.5 Che detta prescrizione non sia stata osservata dal R.T.I. ricorrente non è seriamente contestabile: esso, infatti, avente come mandataria la S.E.A. S.r.l., incorsa in una violazione fiscale grave ancorchè non definitivamente accertata, contestata con avviso di accertamento di responsabilità ex art. 14, comma 4, D. Lgs. n. 472/1997 notificato in data 24/12/2019, non ha comunicato tale causa escludente in sede di presentazione dell’offerta, nè ha comunicato in tale sede la misura adottata (estromissione della mandataria o sua sostituzione ai sensi del comma 2 dell’art. 97 cit.) ovvero il motivo dell’impossibilità di farvi fronte prima di detta presentazione, come, invece, avrebbe dovuto, con la conseguenza che nella fattispecie di cui è causa non possono ritenersi integrati i requisiti della fattispecie sanante di cui all’art. 97 del D. Lgs. n. 36 del 2023.
50. Per le ragioni innanzi illustrate, il ricorso introduttivo del presente giudizio, integrato dai primi e secondi motivi aggiunti proposti in corso di causa, deve essere respinto in quanto infondato.
60. Le spese del presente giudizio seguono, ex art. 91 c.p.c. e 26 c.p.a., la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore del Comune di Viterbo e del raggruppamento controinteressato.
Sussistono, poi, giusti motivi per compensare le spese relative al rapporto giuridico processuale instauratosi tra la ricorrente e l’Agenzia delle entrate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, integrato dai primi e secondi motivi aggiunti, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del Comune di Viterbo e del R.T.I. controinteressato - Gestione Servizi Nettezza Urbana S.p.A.- COSP Tecno Service Soc. Cooperativa, delle spese del presente giudizio, liquidate, per ognuna delle predette parti resistenti, in complessivi € 4.000 (quattromila/00), oltre gli accessori di legge.
Spese compensate nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 2 luglio 2025 con l’intervento dei magistrati:
Michelangelo Francavilla, Presidente
Giuseppe Licheri, Referendario
Vincenza Caldarola, Referendario, Estensore