Cons. Stato, sez. V, 2 luglio 2025, n. 5710
In tema di grave illecito professionale, l'esclusione dell'operatore economico dalla gara è legittima quando la stazione appaltante dimostri la sussistenza di tutti e tre gli elementi di cui all'art. 98, comma 2, del D.Lgs. n. 36/2023: elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale; idoneità dell'illecito ad incidere sull'affidabilità e integrità dell'operatore; adeguati mezzi di prova. Il decreto di rinvio a giudizio per reato di frode nelle pubbliche forniture costituisce mezzo di prova adeguato ex art. 98, comma 6, lett. g). La valutazione dell'affidabilità ha natura fiduciaria e non sanzionatoria, con ampi margini di discrezionalità tecnica della stazione appaltante, sindacabile solo per manifesta irragionevolezza. La mancata adozione di misure di self cleaning costituisce elemento negativo nella valutazione complessiva dell'affidabilità dell'operatore.
La natura fiduciaria, e non sanzionatoria, del giudizio sull'affidabilità dell'operatore economico
La sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5710 del 2 luglio 2025, offre importanti spunti di riflessione sulla disciplina del grave illecito professionale di cui agli artt. 95 e 98 del D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici), con particolare riferimento al tema delle misure di self cleaning.
La pronuncia si inserisce nel solco consolidato della giurisprudenza amministrativa che ha chiarito i contorni applicativi della normativa sui gravi illeciti professionali, evidenziando al contempo alcune criticità interpretative che meritano un approfondimento dottrinale.
Il caso sottoposto all'attenzione del Supremo Consesso amministrativo riguardava l'esclusione di una società cooperativa da una gara d'appalto per l'affidamento del servizio di portierato presso il varco doganale del porto canale di Cagliari. L'Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna aveva disposto l'esclusione in ragione del rinvio a giudizio del rappresentante legale e del procuratore della società per il reato di frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.).
Il Consiglio di Stato ha confermato la legittimità dell'esclusione, ritenendo che la stazione appaltante avesse correttamente applicato i criteri di cui all'art. 98 del Codice dei contratti pubblici, dimostrando la sussistenza di tutti e tre gli elementi richiesti dalla norma: a) gli elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale; b) l'idoneità dell'illecito ad incidere sull'affidabilità e integrità dell'operatore; c) l'adeguatezza dei mezzi di prova.
L'art. 95, comma 1, lett. e) del D.Lgs. n. 36/2023 prevede l'esclusione dalla partecipazione alle procedure di gara dell'operatore economico che "abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati".
Il successivo art. 98 detta la disciplina di dettaglio, stabilendo al comma 2 che l'esclusione è disposta quando ricorrono tutte le seguenti condizioni:
- elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale;
- idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull'affidabilità e integrità dell'operatore;
- adeguati mezzi di prova.
La pronuncia in commento conferma l'orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui la valutazione della sussistenza dei requisiti di ammissione alla gara, quando implichi l'esercizio di un potere connotato da ampi margini di discrezionalità tecnica, è sindacabile dal giudice amministrativo solo sul piano della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto compiuta.
Il controllo giurisdizionale ha quindi valenza estrinseca, limitandosi alla verifica dell'insussistenza di:
- evidenti travisamenti della realtà;
- macroscopici vizi di motivazione;
- manifesta irragionevolezza dell'opzione espulsiva rispetto alla gravità dei fatti valutati.
Questo approccio riflette la natura fiduciaria, e non sanzionatoria, del giudizio sull'affidabilità dell'operatore economico, che assume particolare rilevanza rispetto allo specifico contratto da stipulare e alla posizione della singola stazione appaltante.
Questo principio, già più volte chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui il giudizio sull’incidenza del grave illecito professionale sull’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico è espresso non in chiave sanzionatoria, ma piuttosto fiduciaria, implica che due stazioni appaltanti, chiamate a valutare le medesime pregresse vicende professionali di uno stesso operatore economico, possano pervenire a giudizi opposti, l’una ritenendo affidabile quel che l’altra reputi non affidabile, senza che, per ciò solo, l’uno o l’altro di tali giudizi risulti viziato da eccesso di potere.
Un aspetto di particolare interesse della sentenza riguarda il chiarimento del c.d. "principio del contagio", in base al quale la valutazione di inaffidabilità morale è effettuata a carico della persona giuridica in virtù di una fictio iuris, essendo essa indirizzata verso coloro che ne hanno la direzione o sono capaci di orientarne le scelte.
Tale principio trova il suo fondamento normativo nell'art. 94, comma 3, del Codice dei contratti pubblici, che estende l'esclusione ai casi in cui la sentenza, il decreto o la misura interdittiva siano stati emessi nei confronti dei soggetti apicali dell'ente (rappresentanti legali, amministratori, direttori tecnici, etc.).
Il Consiglio di Stato ha precisato che questo meccanismo di imputazione soggettiva è necessario per dare effettività alla disciplina del grave illecito professionale: diversamente, i fatti di rilievo penale non sarebbero mai utilizzabili per valutare l'affidabilità dell'operatore, dato che la responsabilità penale riguarda le sole persone fisiche.
L'art. 98, comma 4, del Codice dei contratti pubblici prevede che la valutazione di gravità dell'illecito tenga conto, tra l'altro, delle "modifiche intervenute nel frattempo nell'organizzazione dell'impresa".
Tale disposizione introduce implicitamente il concetto di self cleaning, ossia la possibilità per l'operatore economico di adottare misure correttive idonee a superare la situazione di inaffidabilità determinata dal grave illecito professionale.
Nel caso sottoposto all'esame del Consiglio di Stato, la stazione appaltante aveva espressamente evidenziato come la società non avesse "posto in essere alcuna misura di self cleaning, che avrebbe potuto essere presa in considerazione in sede di valutazione della gravità dell'illecito professionale".
Questa osservazione assume particolare rilievo sistematico, in quanto conferma che l'adozione di adeguate misure di self cleaning può incidere positivamente sulla valutazione complessiva dell'affidabilità dell'operatore, pur non costituendo un automatismo che garantisca l'ammissione alla gara.
La normativa non fornisce indicazioni specifiche sui contenuti delle misure di self cleaning, ma la dottrina e la prassi applicativa hanno individuato alcune tipologie di interventi particolarmente significativi:
- Misure organizzative: modifiche dell'assetto societario, sostituzione dei soggetti responsabili dell'illecito, rafforzamento dei controlli interni;
- Misure procedurali: adozione di procedure specifiche per prevenire il ripetersi dell'illecito, implementazione di sistemi di monitoraggio;
- Misure formative: programmi di formazione del personale sui temi dell'etica e della legalità;
- Misure risarcitorie: risarcimento dei danni eventualmente causati, collaborazione con le autorità competenti.
Anche se la sentenza in commento non fa esplicito riferimento ai modelli organizzativi ex D.Lgs. n. 231/2001, l'analisi dottrinale non può prescindere dal considerare il collegamento sistematico tra la disciplina del self cleaning e quella della responsabilità amministrativa degli enti. Tale collegamento assume particolare rilevanza quando, come nel caso di specie, il grave illecito professionale consista nella commissione di reati che rientrano tra quelli presupposto della responsabilità ex D.Lgs. n. 231/2001.
Il D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, ha introdotto nell'ordinamento italiano un sistema di responsabilità amministrativa degli enti per i reati commessi dalle persone fisiche che agiscono in loro nome e per loro conto.
L'art. 6 del decreto prevede che l'ente non risponde se dimostra di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
Sebbene il modello organizzativo ex D.Lgs. n. 231/2001 sia formalmente finalizzato a escludere o attenuare la responsabilità amministrativa dell'ente, esso assume una valenza "preventiva" particolarmente significativa nel contesto dei contratti pubblici.
La presenza di un modello organizzativo efficace e aggiornato può infatti costituire un elemento positivo nella valutazione dell'affidabilità dell'operatore economico, dimostrando l'impegno dell'ente nella prevenzione degli illeciti.
Il modello 231 come misura di self cleaning: una proposta interpretativa
In una prospettiva sistematica, l'adozione o l'aggiornamento del modello organizzativo ex D.Lgs. n. 231/2001 potrebbe configurarsi come una delle più significative misure di self cleaning a disposizione dell'operatore economico. Questa interpretazione, pur non trovando riscontro diretto nella sentenza in esame, appare coerente con la logica preventiva che sottende entrambi gli istituti.
In particolare, nelle ipotesi in cui il grave illecito professionale consista nella commissione di uno dei reati-presupposto della responsabilità amministrativa degli enti, l'adozione di un modello specificamente calibrato per prevenire il ripetersi di quella tipologia di illeciti assume particolare rilevanza valutativa.
Il modello organizzativo dovrebbe prevedere specifiche misure di prevenzione relative ai rapporti con la pubblica amministrazione, con particolare riferimento a:
- mappatura dei processi sensibili: identificazione delle aree di attività maggiormente esposte al rischio di commissione di reati contro la pubblica amministrazione;
- protocolli decisionali: definizione di procedure specifiche per la partecipazione alle gare pubbliche e l'esecuzione dei contratti;
- segregazione delle funzioni: separazione tra soggetti che assumono decisioni, soggetti che le attuano e soggetti che le controllano;
- sistema di controlli: implementazione di controlli preventivi e successive verifiche sull'operato dei soggetti coinvolti nei rapporti con la pubblica amministrazione;
- formazione del personale: programmi formativi specifici sui temi della legalità nei rapporti con il settore pubblico;
- sistema disciplinare: previsione di sanzioni disciplinari per la violazione delle procedure previste dal modello.
Una delle principali criticità della disciplina del self cleaning nel diritto italiano risiede nell'assenza di parametri normativi specifici che definiscano in modo puntuale i contenuti e l'efficacia delle misure correttive.
Questa lacuna normativa genera inevitabili incertezze applicative, rimettendo alla discrezionalità delle singole stazioni appaltanti la valutazione dell'adeguatezza delle misure adottate dall'operatore economico.
Per superare le attuali difficoltà interpretative, appare necessario sviluppare un approccio sistematico che valorizzi la complementarità tra la disciplina del grave illecito professionale e quella della responsabilità amministrativa degli enti. Si tratta di un collegamento dottrinale che, pur non essendo esplicitato nella sentenza in commento, emerge dalla logica preventiva comune ai due istituti.
In questa prospettiva interpretativa, il modello organizzativo ex D.Lgs. n. 231/2001 potrebbe essere considerato come uno strumento privilegiato di self cleaning, purché sia specificamente calibrato sui rischi connessi all'attività dell'ente e regolarmente aggiornato in funzione dell'evoluzione del contesto operativo.
Un ulteriore aspetto critico riguarda la tempestività nell'adozione delle misure di self cleaning. Come evidenziato dalla sentenza in commento, l'assenza di misure correttive al momento della valutazione da parte della stazione appaltante costituisce un elemento negativo nella complessiva valutazione dell'affidabilità dell'operatore.
Ciò suggerisce la necessità per gli operatori economici di adottare un approccio proattivo, implementando misure correttive tempestive sin dal momento in cui emergano elementi di criticità nell'organizzazione aziendale.
Conclusioni
La sentenza del Consiglio di Stato n. 5710/2025 offre importanti spunti di riflessione sulla disciplina del grave illecito professionale e delle misure di self cleaning, confermando l'orientamento giurisprudenziale consolidato in materia.
Dal punto di vista sistematico, la pronuncia evidenzia l'importanza di un approccio integrato che potrebbe valorizzare il ruolo dei modelli organizzativi ex D.Lgs. n. 231/2001 come strumento privilegiato di prevenzione degli illeciti e di recupero dell'affidabilità dell'operatore economico. Tale collegamento, pur non esplicito nella sentenza, rappresenta un'evoluzione interpretativa auspicabile per una maggiore sistematicità della disciplina.
Tuttavia, permangono significative criticità interpretative, legate principalmente all'assenza di parametri normativi specifici per la valutazione dell'efficacia delle misure di self cleaning. In questa prospettiva, appare auspicabile un intervento chiarificatore da parte del legislatore o, in alternativa, lo sviluppo di linee guida applicative da parte dell'ANAC.
Nel frattempo, gli operatori economici sono chiamati ad adottare un approccio proattivo nella gestione dei rischi connessi ai rapporti con la pubblica amministrazione, valorizzando al massimo le potenzialità offerte dai modelli organizzativi ex D.Lgs. n. 231/2001 come strumento di prevenzione degli illeciti e di recupero della fiducia nelle relazioni contrattuali con il settore pubblico.
La natura fiduciaria del rapporto tra operatore economico e stazione appaltante, chiaramente delineata dalla giurisprudenza amministrativa, impone infatti un impegno costante nella costruzione e nel mantenimento di standard elevati di integrità e affidabilità, che solo attraverso l'adozione di adeguate misure organizzative e procedurali può essere efficacemente conseguito.
Pubblicato il 02/07/2025
N. 05710/2025REG.PROV.COLL.
N. 02019/2025 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2019 del 2025, proposto da
-OMISSIS--OMISSIS- soc. coop. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG B3758D6FEB, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianfranco Meazza, con domicilio digitale di pec come in atti;
contro
Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata ex lege;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima) n. 00122/2025, resa tra le parti, concernente l’esclusione da una gara d’appalto.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’atto con cui l'avvocato dello Stato Andrea Lipari ha chiesto il passaggio in decisione senza discussione;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2025 il Cons. Alessandro Maggio e udito per la parte appellante l’avvocato Gianfranco Meazza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
-OMISSIS- (d’ora in poi solo -OMISSIS-), ha presentato domanda di partecipazione alla procedura aperta per l’affidamento del “Servizio di portierato presso il varco doganale del porto canale e di instradamento presso il porto storico di Cagliari”, bandita, ai sensi dell’art. 71 del D. Lgs. 31/3/2023, n. 36 (Codice dei contratti pubblici), dall’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna.
All’esito della verifica della documentazione amministrativa, prodotta unitamente all’offerta, l’Autorità portuale ha adottato il decreto 4/12/2024, -OMISSIS-, col quale ha disposto l’esclusione dalla gara della -OMISSIS-,
addebitandole la commissione di un illecito professionale grave e tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dal fatto che i
i signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, rispettivamente legale rappresentante e procuratore della società, risultavano (in forza del decreto del G.U.P. presso il Tribunale di Sassari in data 10/9/2024) rinviati a giudizio per rispondere, tra l’altro, del delitto di cui all’art. 356 c.p. (frode nelle pubbliche forniture).
L’esclusione è stata gravata con ricorso al T.A.R. Sardegna.
In considerazione della proposta impugnazione, l’Autorità portuale ha annullato, in autotutela, il provvedimento espulsivo e ha riavviato il procedimento, invitando la -OMISSIS- a presentare le proprie osservazioni.
A conclusione del rinnovato procedimento, la medesima Autorità ha adottato il decreto 30/12/2024, -OMISSIS-, con cui ha confermato la già disposta esclusione dalla gara.
Ritenendo la nuova determinazione negativa, illegittima, la -OMISSIS- l’ha impugnata con motivi aggiunti.
L’adito Tribunale ha definito ricorso e motivi aggiunti con sentenza, 13/2/2025, n. 122, con la quale ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo e ha respinto quello per motivi aggiunti.
Avverso la sentenza ha proposto appello la -OMISSIS-.
Per resistere al ricorso si è costituita in giudizio l’amministrazione appellata.
Con successive memorie le parti hanno ulteriormente argomentato le rispettive tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 26/6/2025 la causa è passata in decisione.
Col primo motivo si denuncia l’errore commesso dal Tribunale nel ritenere che l’Autorità portuale abbia indicato “le ragioni per le quali l’operatore economica risulta, per l’effetto delle vicende penali che l’hanno interessato, non essere allo stato dotato dei requisiti di integrità e affidabilità…” e abbia evidenziato la sussistenza di tutti e tre gli elementi di cui all’art. 98 del codice dei contratti pubblici.
E invero, il giudizio di inaffidabilità professionale non potrebbe fondarsi sulla mera esistenza di una richiesta di rinvio a giudizio, ma dovrebbe basarsi su elementi concreti idonei a giustificarlo, tenendo anche conto del rapporto da instaurare con la committenza pubblica interessata.
D’altra parte, il denunciato errore emergerebbe pure dal fatto che, anche successivamente al rinvio a giudizio, la -OMISSIS- avrebbe ottenuto l’aggiudicazione di commesse pubbliche da parte di altre stazioni appaltanti.
La sentenza sarebbe, inoltre, contraria alla norma del Codice dei contratti pubblici che, ai fini dell’esclusione dalla gara per la causa di che trattasi, richiede la sussistenza di tre condizioni: i) l’esistenza di elementi atti a integrare il grave illecito professionale; ii) l’idoneità del grave illecito professionale a incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore; iii) la sussistenza di adeguati mezzi di prova.
Nella fattispecie l’Autorità portuale avrebbe tenuto conto unicamente del disposto rinvio a giudizio, senza esprimersi sulle restanti condizioni.
Peraltro, in sede procedimentale, la -OMISSIS- avrebbe rappresentato la non veridicità dei fatti addebitati e, del resto, quest’ultima continuerebbe a svolgere, nei porti di Olbia, Golfo Aranci e Porto Torres, un servizio di vigilanza armata affidato dalla stessa Autorità appellata, senza che mai siano emersi elementi suscettibili di essere valutati come indici di inaffidabilità professionale. Il che implicherebbe il riconoscimento, da parte dell’appellata Autorità, della sussistenza, in capo all’appellante, del requisito di ordine generale in questione.
Il giudice di prime cure non avrebbe colto, quindi, la contraddittorietà e illogicità della condotta tenuta dalla stazione appaltante, la quale, da un lato, riterrebbe la -OMISSIS- affidabile tanto da consentirle di proseguire l’esecuzione del servizio di vigilanza armata, dall’altro non le consentirebbe di partecipare alla gara oggetto del contendere negandole l’affidabilità.
Col secondo motivo si contesta il passaggio motivazionale della sentenza in cui si sostiene che “…i fatti addebitati e che hanno condotto al rinvio a giudizio (sarebbero) stati ritenuti incidenti sull’integrità professionale dell’operatore economico: la condotta criminosa addebitata, il contesto e la tipologia di servizio svolto che aveva occasionato la fattispecie di reato presentavano connotati tali da incidere sui requisiti di affidabilità”.
L’argomentazione sarebbe carente in quanto si baserebbe sempre e soltanto sul disposto rinvio a giudizio. Risulterebbe, peraltro, in contrasto con i principi di personalità della pena e di presunzione di innocenza sino alla condanna definitiva sanciti dall’art. 27 Cost.
Il giudice di prime cure avrebbe, altresì, ignorato il certificato, rilasciato quando il procedimento penale era già pendete, con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato avrebbe attribuito alla -OMISSIS- il rating di legalità.
Il rilascio di tale attestazione risulterebbe, evidentemente, incompatibile con la ravvista assenza dei requisiti di affidabilità e integrità.
La società appellante sarebbe, inoltre, in possesso di ulteriori certificazioni, inerenti la qualità dei propri processi, il rispetto di standard etici e della sicurezza, che garantirebbero anche in ordine alla sua moralità.
Nemmeno presso l’ANAC emergerebbero segnalazioni negative a carico dell’odierna istante.
Col terzo motivo si critica la gravata pronuncia laddove ha ritenuto che possa costituire motivo di esclusione dalla gara la mancata adozione di misure “self cleaning”. Nel caso di specie, infatti, non sussisterebbe alcun motivo di esclusione, né emergerebbero condotte tali da rendere necessaria l’adozione di modifiche all’organizzazione aziendale.
I tre motivi, come sopra sinteticamente riassunti, tutti infondati, si prestano a una trattazione congiunta.
L’art. 95, comma 1, del vigente codice dei contratti dispone che: “La stazione appaltante esclude dalla partecipazione alla procedura un operatore economico qualora accerti:
… (omissis)
e) che l'offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati. All'articolo 98 sono indicati, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi”.
Per quanto qui rileva, il successivo art. 98, stabilisce, a sua volta, che:
“1. L'illecito professionale grave rileva solo se compiuto dall'operatore economico offerente, salvo quanto previsto dal comma 3, lettere g) ed h).
2. L'esclusione di un operatore economico ai sensi dell'articolo 95, comma 1, lettera e) è disposta e comunicata dalla stazione appaltante quando ricorrono tutte le seguenti condizioni:
a) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale;
b) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull'affidabilità e integrità dell'operatore;
c) adeguati mezzi di prova di cui al comma 6.
3. L'illecito professionale si può desumere al verificarsi di almeno uno dei seguenti elementi:
… (omissis);
g) contestata commissione da parte dell'operatore economico, ovvero dei soggetti di cui al comma 3 dell'articolo 94 di taluno dei reati consumati o tentati di cui al comma 1 del medesimo articolo 94;
… (omissis);
4. La valutazione di gravità tiene conto del bene giuridico e dell'entità della lesione inferta dalla condotta integrante uno degli elementi di cui al comma 3 e del tempo trascorso dalla violazione, anche in relazione a modifiche intervenute nel frattempo nell'organizzazione dell'impresa.
... (omissis);
6. Costituiscono mezzi di prova adeguati, in relazione al comma 3:
… (omissis);
g) quanto alla lettera g), gli atti di cui all'articolo 407-bis, comma 1, del codice di procedura penale, il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell'articolo 429 del codice di procedura penale, o eventuali provvedimenti cautelari reali o personali emessi dal giudice penale, la sentenza di condanna non definitiva, il decreto penale di condanna non irrevocabile, la sentenza non irrevocabile di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale;
… (omissis);
7. La stazione appaltante valuta i provvedimenti sanzionatori e giurisdizionali di cui al comma 6 motivando sulla ritenuta idoneità dei medesimi a incidere sull'affidabilità e sull'integrità dell'offerente; l'eventuale impugnazione dei medesimi è considerata nell'ambito della valutazione volta a verificare la sussistenza della causa escludente.
8. Il provvedimento di esclusione deve essere motivato in relazione a tutte e tre le condizioni di cui al comma 2”.
L’art. 94, comma 1, include, infine, fra i reati rilevanti, ai fini dell’esclusione, la frode in pubbliche forniture, di cui all’art. 356 del codice penale e prevede, inoltre, al comma 3, che: “L'esclusione di cui ai commi 1 e 2 è disposta se la sentenza o il decreto oppure la misura interdittiva ivi indicati sono stati emessi nei confronti:
a) dell'operatore economico ai sensi e nei termini di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;
b) del titolare o del direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale;
c) di un socio amministratore o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo;
d) dei soci accomandatari o del direttore tecnico, se si tratta di società in accomandita semplice;
e) dei membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, ivi compresi gli institori e i procuratori generali;
f) dei componenti degli organi con poteri di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo;
g) del direttore tecnico o del socio unico;
h) dell'amministratore di fatto nelle ipotesi di cui alle lettere precedenti”.
Nel caso di specie l’avversata esclusione dalla gara risulta disposta nel pieno rispetto della disciplina poc’anzi indicata.
E invero, come si ricava dal provvedimento espulsivo e come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, la stazione appaltante ha desunto l’esistenza dell’illecito professionale addebitato alla -OMISSIS-, dalla circostanza che i sig.ri -OMISSIS- e -OMISSIS-, rispettivamente rappresentante legale e procuratore della stessa, con decreto del Giudice dell’udienza preliminare presso il tribunale di Sassari, fossero stati rinviati a giudizio per rispondere, tra l’altro, del reato di frode in pubbliche forniture di cui all’art. 356 del c.p.
Ha, poi, espressamente enunciato le specifiche ragioni che l’hanno indotta a ritenere che il reato contestato fosse tale da incidere negativamente sull’integrità dell’operatore economico.
Con riguardo alla causa di esclusione in questione il provvedimento espulsivo è, infatti, così motivato:
“Si ritiene che il reato contestato incida negativamente sull’integrità professionale dell’operatore economico, al quale viene contestato, in primo luogo, di aver fatturato alla committente RAS un monte ore e prestazioni superiori a quelle effettivamente svolte, lasciando più volte sguarniti i siti che avrebbe dovuto sorvegliare in ragione del contratto d’appalto; in secondo luogo, di aver emesso fatture false.
È evidente come la condotta contestata a -OMISSIS- in sede penale sia idonea ad incidere sull’affidabilità professionale dell’impresa stessa, in quanto risulta integrata nell’ambito dell’espletamento di un servizio analogo a quello oggetto della procedura di gara bandita da questa Adsp.
…
Infine, il decreto che dispone il giudizio, ai sensi dello stesso art. 98, comma 6 del Codice, costituisce un mezzo di prova adeguato a rendere dubbia l’integrità o affidabilità dell’operatore economico”.
La stazione appaltante ha, inoltre, evidenziato come la -OMISSIS-, nonostante il disposto rinvio a giudizio dei sig.ri-OMISSIS- e-OMISSIS-, non avesse posto in essere alcuna misura di self cleaning, che avrebbe potuto essere presa in considerazione in sede di valutazione della gravità dell’illecito professionale.
Nessuna rilevanza, ai fini di causa, ha la circostanza valorizzata dall’appellante, che la medesima, successivamente al rinvio a giudizio disposto con decreto del 10/9/2024, abbia ottenuto l’aggiudicazione di commesse pubbliche da parte di altre stazioni appaltanti.
E invero, ciascun soggetto aggiudicatore, valuta in piena autonomia, la sussistenza dei requisiti di ammissione alla gara, in particolare laddove il giudizio implichi, come nella specie, l’esercizio di un potere connotato da ampi margini di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo sul piano della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto compiuta; in altre parole il controllo giurisdizionale ha valenza estrinseca, essendo limitato alla verifica dell'insussistenza di evidenti travisamenti della realtà, di macroscopici vizi di motivazione, o di manifesta irragionevolezza dell'opzione espulsiva rispetto alla gravità dei fatti valutati, così come apprezzati dalla stazione appaltante, spettando a quest’ultima fissare il “punto di rottura” dell'affidamento nel futuro contraente (Cons. Stato, Sez. V, 21/10/2024, n. 8431; 14/6/2024, n. 5355; 23/2/2024, n. 1804; 30/5/2022, n. 4362; 21/4/2022, n. 3051; 27/10/2021, n. 7223; Sez. VI, 29/11/2022, n. 10483).
L’ apprezzamento della ricorrenza del grave illecito professionale è connotato da un significativo contenuto fiduciario, da intendersi nel senso che assume particolare rilevanza la condotta dell’operatore rispetto allo specifico contratto stipulando e alla posizione della singola stazione appaltante.
Il giudizio sull’incidenza del grave illecito professionale sull’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico è, quindi, espresso non in chiave sanzionatoria, ma piuttosto fiduciaria, il che implica che due stazioni appaltanti, chiamate a valutare le medesime pregresse vicende professionali di uno stesso operatore economico, possano pervenire a giudizi opposti, l’una ritenendo affidabile quel che l’altra reputi non affidabile, senza che, per ciò solo, l’uno o l’altro di tali giudizi risulti viziato da eccesso di potere (Cons. Stato, Sez. V, 28/5/2025, n. 4635; 4/7/2022, n. 5569).
Ai medesimi fini, altrettanto ininfluente risulta sia il fatto che l’appellante, in sede procedimentale, abbia contestato la veridicità dei fatti addebitati, sia che quest’ultima continui a svolgere, nei porti di Olbia, Golfo Aranci e Porto Torres, un servizio di vigilanza armata affidato dalla stessa Autorità portuale appellata.
Con riguardo al primo profilo è sufficiente rilevare che, ai sensi dell’art. 98, comma 6, lett. g), il decreto con cui si dispone il giudizio, ai sensi dell’art. 429 del c.p.p., costituisce, ex lege, prova idonea a dimostrare la sussistenza dell’illecito, non scalfita dalla contestazione della veridicità dei fatti penalmente rilevanti, mossa dalla parte interessata nell’ambito del procedimento amministrativo volto alla verifica dei requisiti di ammissione alla gara.
Relativamente al secondo profilo, va osservato che il servizio a cui l’appellante fa riferimento è stato affidato con contratto stipulato in data 26/1/2022 e, quindi, prima che venisse emesso il decreto di rinvio a giudizio, per cui, verosimilmente, tale affidamento è stato disposto in assenza di elementi da cui desumere la sussistenza di un grave illecito professionale.
In ogni caso, ciò che conta ai fini della presente decisione, è che l’assegnazione della detta commessa, per quanto sopra rilevato, non è idonea a rendere il provvedimento espulsivo oggetto del presente giudizio viziato da contraddittorietà con una precedente valutazione.
Semmai l’accertata sussistenza del grave illecito professionale di cui si discute potrà formare oggetto di apprezzamento, da parte della stazione appaltante, in ordine alla sua incidenza sulla prosecuzione del rapporto in essere.
Risultano, infine, ininfluenti sulla legittimità del provvedimento espulsivo gravato, sia il certificato attestante il rating di legalità rilasciato dall’AGCM, sia le varie certificazioni di qualità possedute dall’appellante e da quest’ultima invocate, sia la circostanza che presso l’ANAC non risultino segnalazioni negative a carico della società.
In merito basta rilevare che, come più sopra precisato, la stazione appaltante valuta in piena autonomia la sussistenza del requisito di ammissione in parola, senza poter essere condizionata da giudizi emessi, a differenti fini, da altri soggetti o dalla mancanza di segnalazioni presso l’ANAC.
E’, infine, del tutto inconferente il riferimento fatto dall’odierna istante, ai principi di personalità della pena e di presunzione di innocenza.
In primo luogo, come più sopra rilevato, il giudizio sull’incidenza del grave illecito professionale su affidabilità e integrità dell’operatore economico ha carattere fiduciario e non sanzionatorio e tanto basterebbe a escludere l’operatività dei detti principi.
In secondo luogo, la riferibilità all’operatore economico delle condotte penalmente rilevanti poste in essere dai suoi organi apicali avviane sulla base del c.d. principio del contagio, alla stregua del quale la valutazione di inaffidabilità morale è effettuata a carico della persona giuridica in virtù di una fictio iuris, essendo essa indirizzata, in realtà, verso coloro che ne hanno la direzione o sono capaci di orientarne le scelte (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 20/6/2023, n. 6067).
D’altra parte, se così non fosse, i fatti di rilievo penale non sarebbero mai utili per decidere dell’affidabilità dell’operatore, dato che la responsabilità penale riguarda le sole persone fisiche e non anche le imprese; ciò che sarebbe evidentemente contrario alla logica ed alla ratio delle disposizioni di cui agli artt. 95, comma 1, lett. e) e 98 del vigente codice dei contratti pubblici, in quanto non consentirebbe di valutare proprio i fatti potenzialmente più in grado di alterare il rapporto di fiducia che, ai sensi dell’art. 2 del suddetto codice, sta alla base dei contratti pubblici.
La reiezione dei motivi d’appello sin qui esaminati rende superflua la trattazione dell’ulteriore doglianza rivolta contro il capo di sentenza con cui è stata affrontata la censura diretta nei confronti dell’ulteriore ragione di esclusione addotta dalla stazione appaltante.
Difatti, quando, come nella fattispecie, la sentenza gravata si fonda su una pluralità di argomentazioni ciascuna delle quali da sola in grado di sostenerla, perché fondata su specifici e autonomi presupposti logico-giuridici, è sufficiente, ai fini del rigetto dell’appello, che una soltanto di esse risulti esente dai vizi dedotti (cfr., fra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 13/2/2025, n. 1215; 2/10/2024, n. 7911; 10/12/2018, n. 6946).
L’appello va, in definitiva, respinto.
Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore della parte appellata, liquidandole, forfettariamente, in complessivi € 4.000/00 (quattromila), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante, nonché i sig.ri -OMISSIS- e -OMISSIS-.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere
Marina Perrelli, Consigliere
Gianluca Rovelli, Consigliere