TAR Veneto, Sez. I, 20 maggio 2025, n. 768
Nel caso in cui la stazione appaltante, contestualmente alla comunicazione dell’aggiudicazione, non renda disponibile attraverso la piattaforma digitale la documentazione di gara prevista dai commi 1 e 2 dell’articolo 36 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, la richiesta di accesso dell’operatore economico interessato è regolata dall’ordinario procedimento disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, con conseguente applicazione, in caso di diniego espresso o tacito all'ostensione, dell'articolo 116 c.p.a., non essendo in tal caso applicabile il rito accelerato previsto dall'articolo 36, comma 4, del decreto legislativo n. 36 del 2023.
Guida alla lettura
- Introduzione
La recente pronuncia del TAR Veneto, Sez. I, n. 768 del 20 maggio 2025, costituisce un significativo contributo all’interpretazione del nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. 36/2023, con particolare riferimento ai principi di trasparenza e proporzionalità. La decisione offre una lettura sistematica dell’art. 36 del Codice, chiarendo che la mancata pubblicazione degli atti di gara nella piattaforma digitale legittima il concorrente a proporre istanza di accesso, con effetti sulla decorrenza dei termini di impugnazione. Al contempo, la sentenza rifiuta interpretazioni formalistiche della lex specialis, valorizzando la ratio funzionale delle prescrizioni tecniche e ribadendo il principio di tassatività delle cause di esclusione, oggi codificato all’art. 10 del Codice. Si tratta di temi di rilevanza pratica e sistemica, che riflettono l’impatto del nuovo Codice sulla concreta conduzione delle gare pubbliche.
- Accesso, trasparenza e proporzionalità nel nuovo Codice dei contratti pubblici: riflessioni a partire dalla sentenza TAR Veneto n. 768/2025
La sentenza n. 768 del 20 maggio 2025 del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto si inserisce nel solco della recente evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia di contratti pubblici, affrontando due questioni di particolare rilievo: l’interpretazione delle nuove regole in tema di accesso agli atti di gara, con effetti sui termini di proposizione del ricorso giurisdizionale, e l’applicazione del principio di proporzionalità nella valutazione dei requisiti tecnici indicati nella lex specialis.
La controversia traeva origine dall’impugnazione, da parte di C.G.T. S.p.A., dell’aggiudicazione disposta da Legnago Servizi S.p.A. a favore di Adriatica Commerciale Macchine S.r.l. in una procedura di gara, ex art. 71 del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, per la fornitura, tramite leasing, di una pala cingolata idrostatica con servizio “full service” quinquennale. L’impresa ricorrente lamentava l’illegittimità dell’aggiudicazione per difformità dell’offerta tecnica della concorrente rispetto ai requisiti dimensionali minimi indicati dal capitolato, con particolare riferimento alla larghezza e lunghezza del mezzo offerto.
Il primo nodo interpretativo affrontato dal Collegio riguarda l’eccezione di irricevibilità del ricorso sollevata dalla stazione appaltante e dalla controinteressata, fondata sull’assunto della tardività dell’istanza di accesso e, conseguentemente, del ricorso stesso. La difesa sosteneva che, a norma dell’art. 120, comma 2, c.p.a., il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorresse dalla comunicazione formale del provvedimento (avvenuta il 12 dicembre 2024), e che l’istanza ostensiva di C.G.T., pervenuta soltanto il 10 gennaio 2025, non potesse valere a sospendere o dilatare tale termine, essendo stata proposta oltre il limite di quindici giorni individuato dalla giurisprudenza in vigenza del d.lgs. n. 50/2016.
Il TAR, tuttavia, ha respinto tale eccezione, valorizzando le novità introdotte dall’art. 36 del d.lgs. n. 36/2023. Tale norma impone alla stazione appaltante di rendere disponibili, contestualmente alla comunicazione dell’aggiudicazione e tramite piattaforma digitale, non solo l’offerta dell’aggiudicatario e i verbali di gara, ma anche tutti gli atti, dati e informazioni presupposti all’aggiudicazione, nonché – per gli operatori economici classificatisi nei primi cinque posti – anche le offerte presentate. Il Collegio ha ritenuto che tale previsione configuri un vero e proprio obbligo legale, espressivo dei principi di trasparenza e pubblicità richiamati dagli artt. 3 e 4 del Codice, che mira a garantire la parità di condizioni tra i concorrenti nella fase successiva all’aggiudicazione. L’inosservanza di tale obbligo, come avvenuto nel caso di specie, legittima il concorrente leso a proporre un’istanza di accesso ex lege n. 241/1990, che può dar luogo a una dilazione atipica del termine per impugnare, fino alla data in cui venga acquisita effettiva conoscenza dell’offerta avversaria. In altre parole, se un operatore economico non riesce a conoscere i contenuti dell’offerta dell’aggiudicatario per colpa della stazione appaltante (che non gli ha comunicato l’esito o i documenti rilevanti), il termine per fare ricorso non parte subito, ma si sposta fino a quando egli riesce a ottenere accesso e venire a conoscenza degli atti.
Tale ricostruzione si discosta dalla precedente prassi giurisprudenziale fondata sull’art. 76, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, oggi abrogato, che identificava in quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione il termine ragionevole per proporre istanza di accesso. Il nuovo Codice non contempla alcun termine esplicito per tale adempimento e, secondo il TAR Veneto, sarebbe improprio continuare ad applicare automaticamente la previgente scansione temporale, dovendosi piuttosto considerare la legittimità dell’istanza e del ricorso in base alla tempestiva reazione dell’operatore economico all’effettiva conoscenza degli atti rilevanti. Il Collegio ha quindi ritenuto che il ricorso, notificato il 13 febbraio 2025, fosse tempestivo, essendo stato proposto entro trenta giorni dalla trasmissione dell’offerta della controinteressata, avvenuta il 21 gennaio 2025, a seguito dell’istanza ostensiva.
La seconda questione oggetto della pronuncia concerne il contenuto della lex specialis e l’effettiva sussistenza di un requisito tecnico “minimo essenziale” che legittimasse l’esclusione dell’offerta aggiudicataria. La ricorrente lamentava la violazione dell’art. 2 del capitolato speciale, che imponeva specifiche dimensioni per il mezzo richiesto, sostenendo che l’offerta di A.C.M. non rispettasse tali parametri. Il TAR ha però ritenuto infondata la censura, escludendo che i requisiti contestati potessero essere qualificati come vincolanti “a pena di esclusione”.
Richiamando l’art. 10 del d.lgs. n. 36/2023, il quale sancisce il principio di tassatività delle cause di esclusione, il Giudice ha sottolineato che la rubrica dell’art. 2 – sebbene contenesse l’espressione “caratteristiche tecniche minime essenziali” – non era sufficiente, in assenza di un espresso riferimento nel corpo della clausola e nella restante lex specialis, a farne derivare automaticamente la sanzione espulsiva per ogni difformità. L’impostazione seguita valorizza l’interpretazione restrittiva delle clausole di esclusione, che devono individuare con chiarezza i requisiti tecnici imprescindibili, nel rispetto del principio di proporzionalità.
Tale principio, desumibile oggi anche dall’art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 36/2023, impone di verificare se l’inosservanza del requisito sia effettivamente idonea a compromettere la funzionalità e l’idoneità del bene fornito rispetto agli scopi della gara. Nel caso in esame, la differenza di un solo centimetro rispetto alla larghezza massima prevista (610 mm invece di 600 mm) è stata ritenuta del tutto irrilevante, considerata la destinazione del mezzo ad attività non di precisione, ma di movimentazione rifiuti in discarica. Peraltro, lo stesso capitolato prevedeva un momento specifico di verifica tecnica ex post, successivo alla consegna del mezzo, che avrebbe consentito all’Amministrazione di rifiutare l’accettazione in caso di effettiva non conformità.
In conclusione, la sentenza del TAR Veneto si segnala per la sua rilevanza sistematica, in quanto contribuisce a delineare il nuovo regime di pubblicità e accesso agli atti nelle procedure di gara pubblica, alla luce del d.lgs. n. 36/2023, e riafferma la centralità del principio di proporzionalità nell’interpretazione delle clausole tecniche della lex specialis. L’orientamento adottato appare volto a tutelare, in un’ottica sostanzialista, il corretto svolgimento della gara e la concorrenza effettiva, senza indulgere in formalismi espulsivi privi di giustificazione funzionale. In tale prospettiva, la pronuncia rafforza l’idea di una giustizia amministrativa attenta alla tenuta complessiva del sistema, piuttosto che a irregolarità meramente formali.
- Conclusione
La sentenza in commento rappresenta un utile punto di riferimento per operatori e interpreti del diritto amministrativo, poiché chiarisce l’effettiva portata delle novità introdotte dal d.lgs. 36/2023 in materia di pubblicità, accesso e trasparenza nelle gare pubbliche. Riconoscendo l’efficacia giuridica della comunicazione digitale e della piattaforma di approvvigionamento, il TAR impone all’Amministrazione un elevato standard informativo. Al tempo stesso, respinge la logica espulsiva automatica delle offerte non perfettamente conformi, in assenza di espressa previsione normativa, nel rispetto del principio di proporzionalità. La pronuncia rafforza, dunque, un approccio sostanzialistico e orientato all’effettività delle tutele, coerente con le finalità pro-concorrenziali del nuovo Codice. Inoltre, in caso di omissione, da parte della stazione appaltante, della messa a disposizione tramite piattaforma digitale della documentazione di gara prevista dai commi 1 e 2 dell’art. 36 del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, contestualmente alla comunicazione di aggiudicazione, l’istanza di accesso presentata dall’operatore economico interessato è soggetta alla disciplina generale di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.
Pubblicato il 20/05/2025
N. 00768/2025 REG.PROV.COLL.
N. 00271/2025 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 271 del 2025, proposto da
C.G.T. Compagnia Generale Trattori s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG B3F21A761B, rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Luca Murru, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Legnago Servizi s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marco Romanato e Francesco Zanardi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Adriatica Commerciale Macchine s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Riccardo Rocca e Gabriele Macchietto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
- del provvedimento, di data non nota, portante aggiudicazione della gara di cui al CIG B3F21A761B, avente ad oggetto: “fornitura di una pala cingolata
idrostatica nuova con allestimento per movimentazione rifiuti comprensiva di servizio di manutenzione «full service» per un periodo di 5 anni”;
- di ogni altro atto preordinato, conseguente o comunque connesso, anche se
di contenuto, allo stato, non noto;
nonché per la declaratoria di inefficacia del contratto di appalto qualora già stipulato;
nonché per l’accertamento del diritto della ricorrente: (i) ad ottenere, anche a titolo di risarcimento del danno in forma specifica, l’aggiudicazione dell’appalto e conseguentemente: (ii) a stipulare il contratto in luogo della controinteressata ed eventualmente (iii) a subentrare nel contratto, previa declaratoria di inefficacia dello stesso, nel caso in cui esso fosse già stato stipulato; ovvero, in alternativa, laddove ciò non dovesse essere per una qualsivoglia ragione possibile, (iv) ad ottenere il risarcimento del danno per equivalente monetario;
nonché, correlativamente, in relazione a quanto precede per la condanna della società resistente: (i) a stipulare il contratto di appalto con la ricorrente anziché con la controinteressata, eventualmente subentrando a questa; ovvero, in via alternativa e subordinata, qualora l’affidamento dell’appalto e del contratto alla ricorrente non dovesse risultare per una qualsivoglia ragione possibile, (ii) a risarcire per equivalente monetario il danno subito dalla ricorrente a causa dell’illegittima, mancata aggiudicazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Legnago Servizi s.p.a. e di Adriatica Commerciale Macchine s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 aprile 2025 il dott. Alberto Ramon e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe, notificato il 13 febbraio 2025 e depositato il 14 febbraio 2025, C.G.T. Compagnia Generale Trattori s.p.a. (d’ora innanzi, anche C.G.T.) ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione oltreché tutti gli atti ad esso connessi riguardanti la procedura aperta bandita da Legnago Servizi s.p.a. “per l’affidamento della fornitura di una pala cingolata idrostatica nuova con allestimento per movimentazione rifiuti comprensiva di servizio di manutenzione «full service» per un periodo di 5 anni” (CIG B3F21A761B), per un importo a base di gara pari ad € 452.300,00, comprensivo degli oneri per la sicurezza e per la manodopera.
La procedura si è svolta ai sensi dell’art. 71 del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, ai sensi dell’art. 108, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023.
Per quanto di interesse nel presente giudizio, l’art. 3 del disciplinare prevedeva, quale oggetto dell’appalto, non solo “la fornitura della pala cingolata idrostatica nuova”, “finanziata mediante contratto di leasing” di durata pari a 60 mesi, ma anche “il servizio di noleggio a freddo di una pala cingolata con caratteristiche analoghe sino alla consegna del nuovo e il relativo servizio di manutenzione «full service»”.
Alla procedura selettiva hanno partecipato due operatori economici: C.G.T. e Adriatica Commerciale Macchine s.r.l. (d’ora innanzi, anche A.C.M.).
In seguito alla valutazione delle offerte, è risultata prima in graduatoria
A.C.M., con un punteggio di 77,917, seguita da C.G.T., con un punteggio di 49,198.
Di conseguenza, la stazione appaltante, con provvedimento del 12 dicembre
2024, ha aggiudicato la procedura all’operatore economico selezionato, dandone in pari data comunicazione a entrambe le concorrenti mediante la piattaforma di approvvigionamento e tramite l’invio di una PEC e di una e- mail.
Con istanza trasmessa via PEC il 10 gennaio 2025, C.G.T. ha chiesto alla stazione appaltante “ai sensi degli artt. 22 e seguenti della L. n. 241 del 07/08/1990 e s.m.i., di consentire l’esercizio di diritto di accesso, mediante visione ed estrazione di copia della seguente documentazione di gara: - copia della deliberazione di indizione della procedura di gara; - copia della deliberazione di nomina della Commissione di gara; - copia di tutti i verbali di gara, ivi compresi quelli relative alle sedute riservate; - copia della documentazione amministrativa, documentazione tecnica e offerta economica presentata da Adriatica Commerciale Macchine srl: con particolare riferimento alla Scheda Tecnica della pala cingolata; - documentazione di comprova sul possesso dei requisiti auto-dichiarati; - copia della richiesta di giustificazioni inviata alla società aggiudicataria, nonché delle giustificazioni presentate da tale società e del provvedimento di valutazione della congruità dell’offerta adottato dal RUP e/o dalla Commissione; - copia di eventuali richieste di chiarimenti formulate alle ditte concorrenti e relative risposte e/o documenti integrativi; - copia del provvedimento di aggiudicazione provvisoria (ove disposto) e di aggiudicazione definitiva”.
Con nota trasmessa via PEC il 21 gennaio 2025, Legnago Servizi s.p.a. ha dato
riscontro alla suddetta richiesta, informando C.G.T. “in riferimento alla nomina della Commissione giudicatrice, ai verbali di gara e alla richiesta di chiarimenti […] che gli stessi sono reperibili nell’apposita sezione dedicata del Portale Appalti”, di cui veniva indicato il link. L’Amministrazione ha poi specificato che “il provvedimento di aggiudicazione è invece stato inviato a mezzo PEC in data 12/12/2024”, comunicando infine “per quanto concerne la documentazione inerente all’offerta tecnica e all’offerta economica presentata dalla concorrente Adriatica Commerciale Macchine s.r.l. [che] la stessa viene allegata alla presente missiva”.
Successivamente, Legnago Servizi s.p.a. e A.C.M. hanno stipulato, il 30 gennaio 2025, il contratto d’appalto di cui è causa.
2. Avverso gli atti impugnati, C.G.T. ha proposto due motivi di ricorso – volti
a contestare la conformità dell’offerta tecnica risultata vincitrice alla lex specialis – entrambi così rubricati: “Violazione degli artt. 1, 2, 3, 4, 79, 107, 108 D.Lgs 36/2023 Violazione dell’All. II.5 del D.Lgs 36/2023 Violazione per mancat
applicazione dell’art. 2 del Capitolato speciale d’oneri; violazione dell’art 87 Codice dei contratti pubblici Violazione dei principi di par condicio e di retta e leale concorrenza Violazione del principio di proporzionalità e dell’autovincolo della pubblica amministrazione Difetto dei presupposti; eccesso di potere per travisamento di fatto e di diritto; difetto di istruttoria; illogicità ed ingiustizia manifeste; disparità di trattamento Violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di motivazione; perplessità”.
Con la prima censura, C.G.T. ha osservato che il mezzo meccanico offerto dall’aggiudicataria non rispetterebbe le “caratteristiche tecniche generali e minime essenziali” previste dall’art. 2 del capitolato speciale d’oneri, con specifico riguardo al requisito “peso e dimensioni”. In particolare, il mezzo non avrebbe una “larghezza (escluso benna) da 2400 mm. a 2700 mm” e una “larghezza pattini non inferiori ai 550 mm e non superiori ai 600 mm., con due nervature”.
Con la seconda censura, C.G.T. ha rilevato, sotto un diverso profilo, la violazione del medesimo art. 2 del capitolato speciale d’oneri, evidenziando come la documentazione prodotta in gara da A.C.M. non consenta di verificare il rispetto del requisito della “lunghezza (compresa benna al suolo) da 6800 mm a 7100 mm”
3. Si è costituita in giudizio Legnago Servizi s.p.a., eccependo innanzitutto l’irricevibilità del ricorso poiché tardivamente proposto.
La resistente ha sottolineato come C.G.T. abbia proposto istanza di accesso agli atti della procedura soltanto il 10 gennaio 2025, ossia ventinove giorni dopo aver ricevuto la comunicazione dell’aggiudicazione dell’appalto, avvenuta il 12 dicembre 2024.
Ciò premesso, la società resistente ha osservato che se è vero che la
proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la dilazione temporale del termine per la proposizione del ricorso, quando i motivi di impugnazione conseguano alla conoscenza dei documenti non già oggetto della pubblicazione generalizzata, è altrettanto vero che, per un diffuso orientamento giurisprudenziale, tale effetto dilatorio si realizzerebbe unicamente nel caso in cui l’istanza ostensiva sia presentata entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione prevista dall’art. 90, comma 1, lett. b), del codice dei contratti pubblici, eseguita per il tramite della piattaforma telematica o a mezzo PEC. Con la conseguenza che se l’istanza di accesso è, come nel caso di specie, tardiva (quindi, di nuovo, successiva al quindicesimo giorno dalla comunicazione dell’aggiudicazione) non opererebbe, a favore della parte ricorrente, la dilazione temporale del termine di legge per l’impugnazione dell’aggiudicazione, che sarebbe quindi venuto a scadere trenta giorni dopo la comunicazione suddetta, ossia l’11 gennaio 2025. La società resistente ha finanche specificato che il ricorso risulterebbe irricevibile anche adottando la più favorevole impostazione del computo del termine di impugnazione di trenta giorni dal riscontro positivo all’istanza di accesso (avvenuto il 21 gennaio 2025), sottraendovi i giorni consumati dalla ricorrente per presentare tale istanza (cioè ventinove giorni, dal 12 dicembre 2024 al 10 gennaio 2025): in tal modo, sarebbe residuato un solo giorno per la notifica del ricorso, il cui termine sarebbe quindi spirato il 22 gennaio 2025.
Donde, in ogni caso, l’irricevibilità del presente ricorso, notificato il 13 febbraio 2025.
3. La società resistente, inoltre, ha eccepito l’inammissibilità del secondo motivo di ricorso, poiché formulato in via ipotetica, e ha insistito per una pronuncia di infondatezza del gravame
4. Si è altresì costituita in giudizio la controinteressata A.C.M., sollevando un’identica eccezione di irricevibilità del ricorso.
In forza di ciò, A.C.M. ha concluso che: non avendo C.G.T. formulato istanza di accesso agli atti entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, il termine di trenta giorni per proporre ricorso dovrebbe intendersi non dilazionato e quindi scaduto; anche nel caso in cui il termine fosse da ritenersi maggiorato fino a quarantacinque giorni, risulterebbe parimenti scaduto; quand’anche il termine di trenta giorni risultasse sospeso per il tempo consumato dalla stazione appaltante per procedere alla ostensione richiesta, esso sarebbe comunque scaduto.
4. La controinteressata ha chiesto, in ogni caso, il rigetto del ricorso nel merito
5. All’esito della camera di consiglio del 26 febbraio 2025, il Collegio ha
assunto l’ordinanza n. 80 del 28 febbraio 2025 con cui ha respinto la domanda cautelare della ricorrente, in quanto carente del necessario presupposto del danno grave e irreparabile
6. In vista dell’udienza di discussione del merito, le parti hanno depositato memorie al fine di insistere per l’accoglimento delle rispettive conclusioni
7. All’udienza pubblica del 2 aprile 2025, il ricorso è stato trattenuto in
decisione
8. In via preliminare, dev’essere respinta l’eccezione di irricevibilità del ricorso sollevata dalla resistente e dalla controinteressata.
A tal riguardo, giova riepilogare la nuova disciplina in materia di accesso agli atti di gara declinata nell’art. 36 del d.lgs. n. 36/2023.
Il comma 1 prescrive che “L’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i
verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all’articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90”.
Il comma 2 assicura, inoltre, che “agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate”.
In base al riportato assetto normativo dovrebbe escludersi la necessità di presentare una richiesta di accesso agli atti della procedura di gara: il primo comma riconosce infatti automaticamente a chi partecipa alla gara e non ne è “definitivamente” escluso di accedere in via diretta non solo a “documenti” (offerta dell’aggiudicatario, verbali di gara e atti), ma anche “ai dati e alle informazioni” inseriti nella piattaforma di e-procurement, e ciò sin dal momento della comunicazione dell’aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18 febbraio 2025, n. 1353).
Agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria viene riconosciuto inoltre, dal secondo comma, un diritto di accesso ancor più ampio perché ad essi sono resi “reciprocamente disponibili”, attraverso la stessa piattaforma, non solo gli “atti” di cui al primo comma, ma anche le offerte dagli stessi presentate (in particolare, quelle del secondo, terzo, quarto e quinto, dato che quella dell’aggiudicatario è conoscibile da tutti).
Il terzo comma dell’art. 36 (da leggersi unitamente al terzo comma dell’art. 90) prevede poi che la stazione appaltante, nella comunicazione dell’aggiudicazione di cui all’art. 90, “dà anche atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte di cui ai commi 1 e 2”, in ragione della sussistenza di segreti tecnici o commerciali
8. Alla suesposta disciplina sostanziale del diritto di accesso si accompagna, nel nuovo codice dei contratti pubblici, una separata disciplina processuale quanto all’impugnativa degli atti della stazione appaltante che comportano l’ostensione delle offerte dei concorrenti in forma oscurata.
Il quarto comma dell’art. 36 prevede infatti che “le decisioni di cui al comma 3 sono
impugnabili ai sensi dell’art. 116 del codice del processo amministrativo […] con ricorso notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale dell’aggiudicazione”
8. È evidente che la descritta normativa non regolamenta in maniera
espressa, né sotto il profilo sostanziale né da un punto di vista processuale, il procedimento che eventualmente avesse ad oggetto l’accesso alle offerte dei primi cinque concorrenti utilmente classificati in graduatoria nel caso in cui la stazione appaltante ometta, in tutto o in parte, di ostenderle contestualmente alla comunicazione dell’aggiudicazione. Del resto, tale carenza di disciplina non costituisce un vuoto normativo, posto che l’omessa pubblicità degli atti di gara rappresenta una condotta contra legem, poiché contrastante con i precetti, aventi natura cogente, contenuti nei commi 1 e 2 dell’art. 36, i quali a loro volta sono diretta espressione di quei principi di pubblicità e di trasparenza che informano l’intero assetto del nuovo codice dei contratti pubblici (arg. ex artt. 3 e 4 del d.lgs. n. 36/2023). Infatti la concentrazione degli adempimenti informativi nella fase della comunicazione dell’aggiudicazione è una delle novità più significative recate dal d.lgs. n. 36/2023, allo scopo di unificare il termine per l’impugnazione tra gli operatori astrattamente interessati a contestare la gara.
Spetta quindi all’interprete individuare la disciplina applicabile al caso in cui la stazione appaltante ometta di pubblicare nel portale telematico gli atti di gara al termine delle operazioni di selezione. Caso che si attaglia alla fattispecie ora sub iudice, dato che è incontestato che Legnago Servizi s.p.a. non abbia pubblicato l’offerta selezionata nella piattaforma di e-procurement al momento della comunicazione dell’aggiudicazione, trasmettendola all’odierna ricorrente soltanto in seguito all’istanza ostensiva di quest’ultima.
A tal scopo, è doveroso evidenziare come l’unico rimedio previsto dal codice dei contratti pubblici per il caso di ostensione parziale degli atti di gara sia contenuto nel comma 4 dell’art. 36, il quale però si riferisce soltanto all’impugnazione delle “decisioni di cui al comma 3”, ossia le “decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte”, qualora la stazione appaltante abbia comunicato le stesse nella comunicazione dell’aggiudicazione.
Quindi, nel caso in cui la stazione appaltante, in violazione dell’art. 36, comma 1, non renda disponibile l’offerta dell’operatore aggiudicatario “contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione”, deve ritenersi applicabile l’ordinario procedimento di accesso agli atti disciplinato dagli artt. 22 e segg. della legge 7 agosto 1990, n. 241, e – per il caso di diniego espresso o tacito all’ostensione – la disciplina processuale ricavabile dall’art. 116 cod. proc. amm. (senza deroghe), non essendo applicabili le previsioni contenute nel rito super speciale di cui all’art. 36, comma 4 (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. I, 10 marzo 2025,
n. 327)
8. Ciò precisato, è quindi possibile indagare la specifica questione sollevata dalla resistente e dalla controinteressata, concernente il termine entro cui il concorrente non definitivamente escluso dalla procedura selettiva sia tenuto a presentare l’istanza di accesso agli atti di gara – nel caso in cui la stazione appaltante non ottemperi all’obbligo di pubblicazione degli stessi – al fine di ottenere la dilazione del termine di trenta giorni prescritto dall’art. 120, comma 2, cod. proc. amm. per impugnare il provvedimento di aggiudicazione. Come noto, per un consolidato indirizzo giurisprudenziale sviluppatosi nella vigenza del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, ove la richiesta di accesso alla documentazione di gara fosse proposta entro un lasso temporale di quindici giorni, il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione di cui all’art. 120 cod. proc. amm. subiva un incremento di un numero di giorni (massimo quindici) pari a quello necessario per avere piena conoscenza della documentazione e dei suoi eventuali profili di illegittimità, qualora questi non fossero oggettivamente evincibili dalla comunicazione di aggiudicazione (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 6 dicembre 2022, n. 10696). A tal riguardo, deve evidenziarsi come la giurisprudenza desumesse il termine di quindici giorni per la proposizione dell’istanza di accesso dall’art. 76, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016 – sulla “Informazione dei candidati e degli offerenti” –, il quale invero fissava detto termine per un diverso adempimento, ossia per la comunicazione delle ragioni dell’aggiudicazione da parte della stazione appaltante all’offerente che ne avesse fatto richiesta scritta: termine, questo, che la giurisprudenza riteneva “applicabile per identità di ratio anche all’accesso informale”. Di conseguenza, si assumeva che, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione, rilevassero “le regole sull’accesso informale (contenute in termini generali nell’art. 5 del d.P.R. n. 184 del 2006), esercitabile – anche quando si tratti di documenti per i quali la legge non prevede espressamente la pubblicazione – non oltre il termine previsto dall’art. 76, prima parte del comma 2, del ‘secondo codice’” (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 2 luglio 2020, n. 12).
Sul punto, è dirimente rilevare, da un lato, che l’art. 76, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016 – costituente l’indice di riferimento nel sistema normativo individuato dalla richiamata giurisprudenza come parametro di ragionevolezza del termine di quindici giorni per la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara – è stato abrogato in virtù dell’art. 226, comma 1, del d.lgs. n. 36/2023; dall’altro lato, che nel nuovo codice dei contratti pubblici non è ravvisabile un riferimento normativo da cui poter desumere un determinato termine per la proposizione dell’istanza di accesso, a fronte dell’inadempimento della stazione appaltante all’obbligo di pubblicità degli atti di gara.
A tutto voler concedere, deve ritenersi che l’unico riferimento normativo rinvenibile nel sistema sia il termine di trenta giorni previsto dall’art. 120, comma 2, cod. proc. amm. per l’impugnazione degli atti di gara: un termine che, se ritenuto applicabile per analogia alla presentazione dell’istanza di accesso, risulterebbe comunque rispettato nel caso di specie.
Sul piano degli effetti concreti, la presentazione di un’istanza di accesso da parte dell’operatore non definitivamente escluso volta a superare l’inosservanza degli obblighi informativi della stazione appaltante comporta autonomi effetti dilatori atipici, non temperati dal nuovo codice dei contratti pubblici. Proprio la possibile insorgenza di effetti dilatori non disciplinati dal legislatore rafforza l’obbligo dell’Amministrazione di garantire, in sede di comunicazione dell’aggiudicazione, un livello informativo pieno e tempestivo, in grado di assicurare la certezza del termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione e, con essa, il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività.
Obbligo informativo che, nel caso di specie, è rimasto inadempiuto dalla stazione appaltante, la quale non ha pubblicato l’offerta selezionata nella piattaforma di e-procurement nel termine previsto dall’art. 36, comma 1, del d.lgs. n. 36/2023.
8. In definitiva, il ricorso deve ritenersi tempestivamente proposto, in quanto notificato (il 13 febbraio 2025) entro il termine di trenta giorni dalla conoscenza dell’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario (sulla cui difformità rispetto alla lex specialis si appuntano entrambi i motivi di ricorso): offerta non pubblicata nel portale telematico al momento della comunicazione dell’aggiudicazione, bensì trasmessa alla ricorrente soltanto il 21 gennaio 2025, in accoglimento dell’istanza ostensiva dalla stessa presentata.
9. Nel merito, il primo motivo di ricorso è infondato.
Nella prospettazione attorea, l’art. 2 del capitolato speciale d’oneri prescriveva – con riguardo a “peso e dimensioni” del mezzo meccanico oggetto della fornitura – dei requisiti dimensionali minimi essenziali: ossia una “larghezza (escluso benna) da 2400 mm. a 2700 mm” e una “larghezza pattini non inferiori ai 550 mm e non superiori ai 600 mm., con due nervature”.
Requisiti di cui sarebbe sprovvisto il mezzo offerto da A.C.M. (cioè il “Liebherr LR 636 G8”), in ragione delle sue dimensioni evincibili dalla “relazione tecnica” acclusa all’offerta selezionata: vale a dire una “larghezza 2390 con pattini da 560 mm e 2440 con pattini da 610 mm (a vs scelta)” e una “larghezza pattini a 2 costole 560 mm o 610 mm a Vs scelta”.
A tal proposito, la ricorrente ha evidenziato che la pala cingolata offerta da A.C.M.: se equipaggiata con pattini da 560 mm, non raggiungerebbe la larghezza minima prescritta dal capitolato, ammontante a 2400 mm; se invece equipaggiata con pattini da 610 mm, allora avrebbe una larghezza rientrante nel range prescritto dalla lex specialis (ossia in un valore ricompreso tra i 2400 mm e i 2700 mm), ma in tal caso con i pattini eccedenti la larghezza massima di 600 mm
9. Ciò premesso, deve evidenziarsi che la tesi attorea si appunta sulla lettera della rubrica dell’art. 2 del capitolato speciale d’oneri, ossia: “caratteristiche tecniche generali e minime essenziali”. Da questa rubrica, la ricorrente desume che tutti i numerosi “requisiti tecnici generali” esplicitati dalla stazione appaltante nel corpo della disposizione (tra cui “peso e dimensioni”) debbano interpretarsi come “requisiti tecnici minimi essenziali”, prescritti quindi a pena di esclusione dell’offerta.
A ben vedere, solo nel titolo dell’art. 2 – che, comunque, non ha valore prescrittivo – compare la formula “minime essenziali”, mentre nell’intero contenuto della disposizione, ove sono elencate numerose caratteristiche del mezzo meccanico richiesto, così come in altre parti della lex specialis, non si trova alcun riferimento all’essenzialità dei requisiti tecnici, né tantomeno è prevista una causa di esclusione per il caso in cui l’offerta non sia conforme agli stessi.
Ne consegue che, anche a voler prescindere dal fatto che la rubrica di una disposizione normativa non ha valore prescrittivo, comunque l’indicazione contenuta nel titolo dell’art. 2 del capitolato speciale d’oneri, di contenuto generale e riferita ad ogni prescrizione dettagliata nel corpo di testo, deve essere interpretata alla luce del principio generale di tassatività delle cause di esclusione, sancito dall’art. 10 del d.lgs. n. 36/2023, il cui comma 1 stabilisce che “i contratti pubblici non sono affidati agli operatori economici nei confronti dei quali sia stata accertata la sussistenza di cause di esclusione espressamente definite dal codice”.
Pertanto, anche a voler considerare la rubrica dell’art. 2 del capitolato speciale d’oneri come una clausola generale di esclusione, comunque “non ogni violazione di qualsiasi prescrizione dello stesso conduce alla esclusione dalla procedura, ma solo il mancato rispetto di quelle che, nella lettura complessiva della lex specialis, vengano, in ragione della loro essenzialità per il servizio richiesto dalla stazione appaltante, a configurare veri e propri elementi essenziali dell’offerta e, di conseguenza, requisiti minimi di partecipazione, la cui mancanza determina esclusione dalla gara” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 16 dicembre 2022, n. 11029).
In sostanza, la genericità della clausola di esclusione contenuta nell’art. 2 del capitolato speciale d’oneri, non riferita espressamente a specifici requisiti dell’offerta tecnica ma, in modo omnicomprensivo, ricondotta a tutti “i requisiti tecnici generali” riportati nel corpo di testo della disposizione, non consente di qualificare quale requisito minimo essenziale (con conseguente sanzione espulsiva per il caso di violazione) ognuna delle molteplici caratteristiche indicate per il mezzo meccanico: se così fosse, vi sarebbe un’evidente violazione del principio di proporzionalità. È quindi necessaria una concreta indagine sulla effettiva natura della singola prescrizione del capitolato medesimo, onde verificare se questa contempli un requisito minimo essenziale della prestazione richiesta (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 22 ottobre 2024, n. 8443).
Ebbene, in considerazione dell’oggetto dell’appalto – concernente la “fornitura di una pala cingolata idrostatica nuova con allestimento per movimentazioni rifiuti (discarica) da impiegare presso il Sistema Integrato di trattamento rifiuti solidi urbani (RSU) e speciali non pericolosi (RSNP)” (art. 1 del capitolato speciale d’oneri) –, deve escludersi che il rispetto millimetrico delle dimensioni del mezzo meccanico richiesto concretizzi un requisito minimo essenziale della prestazione.
A tal proposito, basti considerare che Legnago Servizi s.p.a. ha scelto, in conformità all’offerta di A.C.M., di installare pattini con larghezza di 610 mm: in ragione di ciò, la dimensione dei pattini differirebbe dalla dimensione massima indicata nell’art. 2 del capitolato speciale d’oneri (“non inferiori ai 550 mm e non superiori ai 600 mm”) per un solo centimetro.
Non è ragionevole ritenere che una differenza così minima – specie in un mezzo di grandi dimensioni, da adibire ad attività di movimentazione di rifiuti in una discarica – possa intaccare il risultato che l’Amministrazione si era posta di raggiungere con la gara in discussione. Pertanto, proprio in ragione della funzione svolta dal mezzo, non rientrante certo tra le lavorazioni meccaniche di precisione, i pattini da 610 mm (offerti da A.C.M.) devono ritenersi sostanzialmente equivalenti a quelli aventi una misura massima di 600 mm.
Né può ritenersi, come sostenuto dalla ricorrente, che nel caso di specie non trovi applicazione il principio di equivalenza sostanziale, dato che – come sopra evidenziato – la dimensione dei pattini non riveste, nell’interpretazione complessiva del capitolato speciale d’oneri, la natura di requisito minimo essenziale: con la conseguenza che il mezzo offerta da A.C.M. non è qualificabile come aliud pro alio, bensì risponde, sotto il profilo delle sue dimensioni, alla finalità concreta che la fornitura oggetto di gara era diretta a soddisfare
10. Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato: il che consente di prescindere dall’eccezione di inammissibilità dello stesso sollevata dalla parte resistente.
In specie, la ricorrente ha evidenziato che dall’offerta tecnica di A.C.M. non sarebbe possibile desumere il rispetto del requisito dimensionale della “lunghezza (compresa benna al suolo) da 6800 mm a 7100 mm”, prescritto dall’art. 2 del capitolato speciale d’oneri.
In realtà, la “relazione tecnica” presentata in gara da A.C.M. indica la lunghezza complessiva del mezzo nella misura di 6.960 mm: un valore all’interno del range previsto dal capitolato.
In ogni caso, è necessario evidenziare che lo stesso art. 2 del capitolato ha previsto che la verifica circa la corrispondenza del mezzo meccanico alle specifiche tecniche richieste debba avvenire al momento della consegna dello stesso, stabilendo che “entro 10 gg lavorativi dal verbale di consegna la fornitura sarà sottoposta a verifica dei requisiti e di funzionamento ai fini dell’accettazione, tramite tecnici di fiducia della Società, al fine di verificare la completezza delle caratteristiche tecniche richieste dal presente Capitolato Speciale d’Oneri, la rispondenza agli accorgimenti tecnici richiesti e/o proposti in sede di offerta e/o in fase di affidamento della fornitura e la rispondenza della documentazione presentata”.
Ne deriva che, in base a quanto dichiarato da A.C.M. nella “relazione tecnica” prodotta in gara, la sua offerta risulta conforme all’art. 2 del capitolato speciale d’oneri, sicché non v’era ragione per escluderla dalla procedura selettiva. D’altronde, l’eventuale difformità sostanziale del mezzo offerto rispetto alla lunghezza complessiva richiesta dal capitolato potrà essere verificata solo al momento della consegna dello stesso, con conseguente diritto della stazione appaltante – in caso di verifica negativa – di rifiutare la fornitura.
11. In definitiva, il ricorso deve essere respinto.
12. Sussistono nondimeno giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite, tenuto conto della particolarità della vicenda esaminata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2025 con l'intervento dei magistrati:
Leonardo Pasanisi, Presidente Nicola Bardino, Primo Referendario
Alberto Ramon, Referendario, Estensore