Cons. Stato, Sez V, 11 marzo 2025 n. 1992
L’accertamento dei presupposti di applicazione della causa escludente di cui all’art. 80, comma 5, lett c) del d. lgs. n. 50 del 2016 è espressione di discrezionalità tecnica dal momento che, una volta riscontrati, “le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto” gli offerenti che integrano i presupposti di fattispecie.
La sussistenza degli elementi della fattispecie è infatti apprezzabile dalla stazione appaltante sulla base di conoscenze che non attribuiscono certezza all’accertamento svolto, essendo basate sulla valutazione di plurime circostanze, passibili di non univoca interpretazione e oggetto pertanto di un’attività connotata da discrezionalità tecnica, fondata sul giudizio di verosimiglianza, sindacabile da questo Giudice per manifesta irragionevolezza o difetto dei presupposti di fatto.
Lo stesso è a dirsi con riferimento alla fattispecie del self cleaning, cioè all’adozione di misure correttive sufficienti per evitare il ripetersi dell’irregolarità avente portata escludente e dell’idoneità delle stesse a dimostrare l’affidabilità malgrado l’esistenza di una causa di esclusione pertinente.
L’Amministrazione infatti, dopo avere ritenuto sussistente la causa escludente, deve, “Prima di pronunciare tale esclusione”, in conformità dell’art. 57 par. 6 della direttiva 2014/24/UE (in combinato disposto con il considerando 102), “lasciare la possibilità a detto operatore economico di presentare le misure correttive da esso adottate”, valutando se sono “sufficienti per evitare il ripetersi dell’irregolarità” e se sono “pertanto idonee a dimostrare la sua affidabilità malgrado l’esistenza di una causa facoltativa di esclusione pertinente” (Cgue, sez. IV, 3 ottobre 2019, C267/18).
Accertati infatti i presupposti, le stazioni appaltanti ammettono gli offerenti che hanno adottato idonee misure di self cleaning: l’effetto escludente o meno non dipende quindi da una scelta discrezionale, piuttosto la discrezionalità (tecnica) permea la valutazione dei presupposti della fattispecie rimediale.
Peraltro le due fattispecie sono accomunate anche dal fatto che producono riflessi sull’affidabilità del concorrente, nel senso che la stazione appaltante è chiamata in entrambi i casi a vagliare la ricorrenza dei requisiti della relativa fattispecie al fine di stabilire l’affidabilità, o meno, dell’offerente (in un caso in termini negativi, nel senso che l’integrazione dei presupposti di fattispecie rileva in termini di inaffidabilità dell’operatore economico, e nell’altro caso in termini positivi, nel senso che l’integrazione dei presupposti di fattispecie rileva in termini di affidabilità dell’operatore economico).
Guida alla lettura
La sentenza del Consiglio di Stato investe la valutazione della stazione appaltante dell’idoneità delle misure di self cleaning a ripristinare l’affidabilità dell’operatore nel suo punto di rottura, rappresentato dal compimento del grave illecito professionale.
Il fatto storico venuto all’attenzione del Collegio riguarda un provvedimento ad oggetto complesso, adottato da Consip in una procedura aperta. L’atto gravato nella vicenda giudiziaria dispone, infatti, l’esclusione della società da determinati lotti per violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D.lgs. n. 50/2016, nonchè l’annullamento dell’aggiudicazione non ancora divenuta efficace per altri lotti e, infine, la determina di non prosecuzione di ulteriori verifiche relative ad un lotto rispetto al quale la società si è disposta e collocata prima in graduatoria. Viene altresì gravata, a valle di tali provvedimenti, la determina di ritenzione della garanzia provvisoria per il lotto rispetto al quale è stata annullata l’aggiudicazione.
La determinazione oggetto dell’impugnativa viene assunta in conseguenza della considerazione negativa dell’adozione della misura di self cleaning, consistente nella rimozione di un amministratore, il quale era oggetto di un rischio di contagio. Infatti, all’atto della partecipazione alla gara esso coincideva con l’essere amministratore di un’altra società del gruppo, interessato da indagini penali. Più nello specifico, l’amministratore del gruppo costituito dalla società a partecipante alla gara al momento della partecipazione era anche amministratore di un’altra società del gruppo interessata da indagini penali.
Occorre premettere che il grave illecito professionale è stato modificato dalla nuova normativa nel senso di una maggiore tipicità. Si tratta della principale causa escludente non automatica, che viene ad integrarsi quando il soggetto si renda autore di un fatto storico accertato dalla P.A. o con mezzi propri o attingendo da fonti esterne, idoneo a rompere il rapporto di affidabilità e quindi a determinare la perdita del requisito generale. L’integrazione della causa escludente è collegata all’esercizio di un potere di discrezionalità tecnica, in quanto la valutazione della realizzazione del punto di rottura della fiducia si pone a valle dell’applicazione di conoscenze, la cui attuazione ha un esito opinabile. La norma, recante la causa di esclusione rappresentata dal grave illecito professionale, è strutturata come norma di fattispecie e l’accertamento dei relativi presupposti di integrazione avviene secondo una valutazione amministrativa, non comparativa, sindacabile solo per profili di irragionevolezza o illogicità.
Sul piano operativo il grave illecito professionale si invera nella perdita di un requisito generale, che, tuttavia, non induce ad un automatismo escludente, potendo essere riparata attraverso l’adozione di misure correttive sufficienti ad evitare il ripetersi della irregolarità nonché idonee a dimostrare l’affidabilità dell’operatore nonostante abbia commesso l’infrazione.
Ai sensi dell’articolo 57, paragrafo 6 della direttiva 2014/24/UE la stazione appaltante è tenuta a lasciare l’operatore la possibilità di adottare la misura di self cleaning quale spiraglio per ripristinare l’affidabilità vulnerata. Come la valutazione dell’integrazione del grave illecito professionale, anche la valutazione di ripristino dell’affidabilità per effetto dell’adozione delle misure di self cleaning è caratterizzata da discrezionalità tecnica, secondo una strutturazione speculare rispetto alla valutazione dell’integrazione del punto di rottura dell’affidabilità.
Sotto tale aspetto, la sentenza in commento risulta un esempio del sindacato del giudice rispetto al ragionamento valutativo condotto dalla P.A. in punto di idoneità a ripristino dell’affidabilità compromessa. La peculiarità della vicenda si invera nel fatto che ratione temporis l’esclusione è disposta prima della riforma, quando si riteneva operante la “teoria del contagio”. Secondo tale teoria, l’operatore economico poteva essere escluso dalla gara per effetto di vicende relative non all’operatore stesso, ma a persone fisiche ricoprenti ruoli rappresentativi nella stessa società od all’interno di altra società. Si presumeva, pertanto, il transito automatico della carenza di affidabilità, probabilmente in ragione del potere di indirizzo dell’organo rispetto alla compagine societaria, tale da inficiarla della perdita del requisito generale. Il D.lgs. n. 36/2023 fa oggi una scelta perimetrativa, ritenendo che i gravi illeciti professionali assumono rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara solo se riferite all’operatore stesso e non possono rilevare gli illeciti di altro soggetto, salvo alcuni casi eccezionali.
A parte tale specificità, il nucleo centrale della decisione è costituito dall’istituto delle misure di self cleaning, nella loro attitudine riparatoria del punto di rottura della fiducia. Sul piano dell’esatto inquadramento giuridico, appare evidente che tali misure rappresentino una deroga al principio di continuità del possesso dei requisiti di partecipazione, rispetto ai quali è dato registrare un mutamento dell’atteggiamento normativo e nomofilattico. Infatti, secondo l’Adunanza Plenaria n. 4/ 2011 il mantenimento dei requisiti di partecipazione alla gara rappresenta una necessità immanente all’intero procedimento dell’evidenza pubblica, in quanto volto a soddisfare l’interesse costante ad un rapporto con gli offerenti serio e affidabile. Per tutto lo sviluppo della procedura, dal termine di presentazione dell’offerta sino all’aggiudicazione sino alla sottoscrizione del contratto e in tutta la fase esecutiva per l’affidatario è necessario mantenere il possesso di requisiti di partecipazione. Tale principio veniva interpretato in modo assoluto ritenendosi non tollerabile neppure una perdita temporanea per un ridotto lasso di tempo. In una fase successiva è emersa la necessità di conciliare l’assolutezza del principio con le esigenze di proporzionalità e il divieto di aggravio procedimentale. All’esito di tali considerazioni la giurisprudenza è pervenuta a ritenere che la sopravvenuta perdita di requisito è rimediabile e non costituisce una causa assoluta di esclusione. Tuttavia, è stata evidenziata una scissione all’interno della platea dei concorrenti tra il soggetto contraente e gli altri concorrenti: se per tutti i concorrenti l’esigenza del possesso permane fino alla sottoscrizione del contratto, per l’aggiudicatario essa sussiste fino alla conclusione del rapporto esecutivo. Una delle più lampanti deroghe al principio di continuità del possesso di requisiti e proprio la possibilità di rimediare alla perdita attraverso l’adozione di condotte di self cleaning. Queste ultime, conferendo la chance all’operatore di riparare alla perdita del possesso dei requisiti generali, priva del carattere di assolutezza la regola della continuità del possesso e bilanciandola con parametri di pari importanza.
L’articolo 96 del D.lgs. n. 36/2023 conferisce un nuovo volto all’istituto del self cleaning, con ampliamento sia dal punto di vista oggettivo che da quello temporale della rilevanza dell’istituto, salvo la specifica eccezione rappresentata dalle gravi violazioni fiscali e previdenziali che presentano un’autonoma disciplina rimediale, consistente nel pagamento o nell’impegno vincolante al pagamento. Il fondamento giuridico delle misure è rappresentato dai principi di proporzionalità e ragionevolezza, oltre che di buona fede e di accesso al mercato in quanto istituto volto a prevenire l’esclusione degli operatori benché essi siano affetti da gravi da cause di esclusione.
Occorre distinguere a seconda che la causa di esclusione si verifichi successivamente alla presentazione dell’offerta o antecedentemente. Nel primo caso l’operatore è tenuto ad adottare tempestivamente le misure di self cleaning e a darne notizia alla stazione appaltante. Risulta definitivamente superato l’orientamento formatosi in relazione al preveggente art. 80, cit., che attribuiva alle misure di self cleaning un effetto meramente pro futuro, escludendone (così) la rilevanza con riferimento alle gare già in corso al momento della loro adozione. Risulta pertanto confermato che le misure possono essere adottate in qualunque fase della procedura che precede l’adozione della decisione di aggiudicazione.
Dal punto di vista della consistenza oggettiva le misure possono essere volte al passato o volte al futuro. Nel primo caso, esse si pongono come strumenti di carattere tipicamente riparatorio, atti a risarcire le conseguenze negative causate da reato o dall’illecito. Nel caso in cui, invece, esse si rivolgono al futuro, rilevano come condotte collaborative che agevolano l’accertamento dei fatti e l’individuazione dei soggetti responsabili da parte degli inquirenti, nonché condotte pro attive di carattere tecnico organizzativo. In quest’ultima categoria rientra la misura di self cleaning adottata nella vicenda all’attenzione del Consiglio di Stato, rappresentata dalla rimozione della carica di amministratore.
A fronte della eterogeneità oggettiva delle misure, dal punto di vista operativo risulta fondamentale l’instaurazione del contraddittorio procedimentale. La stazione appaltante è tenuta a valutare le misure adottate dal concorrente considerando la gravità e le particolari circostanze di reato o di illecito nonché la tempestività della loro adozione. Laddove la stazione appaltante dovesse ritenere le misure adottate insufficienti o non tempestive ne dovrà dare comunicazione all’operatore, indicando anche le ragioni poste a base di tale conclusione. La mancata instaurazione del contraddittorio da parte della p.a. e la contestuale adozione di un provvedimento di esclusione, rappresenta una causa di illegittimità. In ultima analisi la stazione appaltante deve condurre una valutazione articolata su due livelli. In primo luogo, deve qualificare il comportamento pregresso dell’operatore come idoneo a compromettere la sua affidabilità; sulla base di tale valutazione negativa deve poi verificare se tale giudizio negativo può essere esteso prognosticamente anche alla procedura di gara in questione, considerando tutte le circostanze di fatto, tra cui l’adozione delle misure di self cleaning. In tal senso, l’adozione delle misure rileva quale elemento negativo della tipicità dell’illecito, elemento in mancanza del quale l’illecito professionale grave può dirsi integrato.
La valutazione dell’idoneità riparatoria atomisticamente considerata si risolve in un giudizio prognostico basato sul criterio del più probabile che non, ben lontano dal criterio della certezza oltre ogni ragionevole dubbio. Sul piano strettamente processuale il sindacato giurisdizionale che si staglia a fronte di tale valutazione amministrativa è un sindacato di mera attendibilità. Infatti, se i criteri valutativi adottati dalla stazione appaltante approdano ad una soluzione opinabile, il giudice può solo valutare che la stessa rientri nel ventaglio di soluzioni cui l’applicazione del criterio può condurre. Risulta precluso, pertanto, un sindacato sostitutivo.
A valle della determinazione di esclusione, viene disposta nella vicenda in esame l’incameramento della garanzia provvisoria, consentendo una riflessione sui tratti caratterizzanti dell’istituto.
Anche se talvolta, in letteratura e in giurisprudenza, viene adottata la assai generica espressione ‘sanzione’ è escluso che l’escussione della cauzione provvisoria, come prevista dall’art. 48 del vecchio codice dei contratti, abbia natura “punitiva”. Tanto si evince in applicazione dei c.d. “criteri Engel”, elaborati dalla Corte di Strasburgo. Infatti: i) l’escussione della garanzia provvisoria non è formalmente qualificata dall’ordinamento nazionale come sanzione penale; ii) né essa assume rilevanza formalmente penale, in quanto non è una misura rivolta alla generalità dei consociati - essa ha un ambito applicativo limitato agli operatori economici che partecipano alle procedure di gara per l’affidamento di contratti pubblici; iii) infine, lo scopo perseguito “non è repressivo e punitivo”, ma mira a garantire serietà ed affidabilità dell’offerta e a consentire l’anticipata liquidazione dei danni subiti dalla stazione appaltante in caso di omessa dimostrazione dei requisiti speciali di partecipazione dichiarati dal concorrente in sede di presentazione dell’offerta. In tal senso all’incameramento della garanzia provvisoria, può pure riconoscersi un “effetto solo indirettamente punitivo”, declinato il concetto di pena nella sua funzione deterrente.
L’istituto è strettamente correlato alla responsabilità precontrattuale dell’operatore, che con un suo contegno violativo di buona fede e correttezza ha determinato il fallimento delle trattative prenegoziali. Pacifica è infatti la giurisprudenza, la quale assimila la fase interclusa tra l’aggiudicazione e la stipula alla trattativa ex art 1337 c.c., siccome è una fase che investe sul piano soggettivo due soggetti oramai determinati. Tale fase è dominata da buona fede e correttezza, secondo i parametri dell’art 1337 c.c.. In tale ottica l’istituto della cauzione è un presidio di buon esito delle trattative, con funzione deterrente rispetto all’adozione di contegni contrari a buona fede che possano esitare nel fallimento del perfezionamento del vincolo contrattuale. Alla funzione di tutela dell’interesse dell’amministrazione ad evitare l’inutile e non proficuo svolgimento di complesse attività selettive, si aggiunge la funzione di liquidare, preventivamente e forfettariamente, il danno da essa eventualmente subito. Emerge, pertanto, una “funzione complessa” della garanzia e della sua escussione, che sono volte a rafforzare complessivamente la posizione giuridica dell’amministrazione a tutela dell’interesse pubblico alla concorrenza, trasparenza e legalità delle procedure di affidamento dei contratti pubblici di cui essa è portatrice. La natura “non punitiva” è poi confermata anche dal fatto che l’incameramento della cauzione nel caso di perdita del possesso dei requisiti è un atto vincolato, con mancanza di discrezionalità in capo all’autorità amministrativa, la quale è chiamata ad escutere la cauzione provvisoria, in modo automatico, a fronte dell’esclusione dalla procedura di gara.
Pubblicato il 11/03/2025
N. 01992/2025REG.PROV.COLL.
N. 08609/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8609 del 2024, proposto da
-OMISSIS- s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 81647157F5, 8164723E8D, 816472610B, rappresentata e difesa dagli avvocati Gianluigi Pellegrino e Arturo Testa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Consip s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Ministero della Giustizia, non costituito in giudizio;
Società Europolice s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Lorenzo Lentini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 19131/2024, resa tra le parti,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip s.p.a. e di Società Europolice s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2025 il Cons. Sara Raffaella Molinaro e uditi per le parti gli avvocati Pellegrino, Lentini e l'avv.to dello Stato Santini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La controversia riguarda la gara a procedura aperta, suddivisa in 34 lotti, espletata per l’affidamento dei servizi di vigilanza armata per il Ministero della Giustizia, ID 2201.
2. Con tre distinti ricorsi al Tar Lazio – Roma -OMISSIS- s.r.l. (di seguito: società A”) ha impugnato il provvedimento -OMISSIS-, con cui Consip s.p.a. (di seguito: “Consip”) ha disposto l’esclusione dai lotti 12, 16, 17, 18, 19 e 20 per violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d. lgs. n. 50/2016 e il conseguente annullamento delle aggiudicazioni non efficaci relative ai lotti 16, 17 e 19, disposte in favore della stessa società A, e a non procedere ad ulteriori verifiche per il lotto 18 (rispetto al quale la società A è risultata prima in graduatoria).
Con i medesimi tre ricorsi la società A ha altresì gravato:
- ogni ulteriore atto presupposto, connesso o conseguente, ancorché non conosciuto, e in particolare (e rispettivamente) la nota-OMISSIS-1 del 28 giugno 2024, con cui Consip ha ritenuto di poter provvedere all’escussione della garanzia provvisoria per il lotto 16, e la nota n. 32314_2024_41 del 28 giugno 2024, con cui Consip ha ritenuto di poter provvedere all’escussione della garanzia provvisoria per il lotto 17 e 19;
- nonché, per quanto occorra e in parte qua, il provvedimento di Consip-OMISSIS-del 24 ottobre 2023 con riferimento alle valutazioni svolte in ordine alla vicenda di cui alla Procura di Milano nella misura in cui richiamate negli altri atti qui gravati.
3. Con motivi aggiunti ai tre ricorsi la società A ha impugnato la nota -OMISSIS-del 12 luglio 2024, di segnalazione all’Anac dell’esclusione dalla procedura di gara.
4. Il Tar, con sentenza 30 ottobre 2024 n. 10131, dopo avere riunito i ricorsi, li ha respinti e ha dichiarato inammissibili i motivi aggiunti.
5. La società A ha appellato la sentenza con ricorso n. 8609 del 2024.
La controinteressata Europolice s.r.l. ha presentato appello incidentale.
6. Nel corso del presente grado di giudizio si è costituita Consip.
7. All’udienza del 6 marzo 2025, nel corso della discussione, il difensore della parte appellante e l’Avvocatura dello Stato hanno chiesto la pubblicazione anticipata del dispositivo della sentenza e la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
8. L’appello è infondato.
L’appello incidentale è improcedibile.
9. Non può essere accolta la richiesta di rinvio contenuta nella memoria dell’appellante depositata il 18 febbraio 2025, motivata dall’attesa degli esiti dei giudizi RG n. 1587/2024 e n. 1588/2024 e della questione pregiudiziale (CGUE, causa C869/24): la questione pregiudiziale non risulta infatti rilevante nella presente controversia.
10. Non è stata gravata la statuizione con la quale il Tar ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso avverso la nota di segnalazione all’Anac del provvedimento di esclusione, con la conseguenza che essa non rientra nel thema decidendum del presente grado di giudizio.
11. Principiando lo scrutinio dall’appello principale, con il primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar non ha ritenuto fondata la censura riguardante il self cleaning. In particolare il giudice di primo grado non avrebbe apprezzato, a fronte di un “rischio di “contagio” connesso alla coincidenza dell’Amministratore all’atto di partecipazione alla gara con quello di altra società del gruppo, interessata da indagini penali, la rilevanza e la tempestività della rimozione dello stesso, oltre che le ulteriori misure intraprese dalla società A (contratto di consulenza con-OMISSIS- per il monitoraggio sul regolare svolgimento dei rapporti di lavoro e azione di responsabilità avverso l’Amministratore).
11.1. Con il secondo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar non ha ritenuto che Consip abbia mancato di verificare e motivare espressamente le ragioni per cui precedenti vicende, occorse ad altra società, sarebbero tali da assumere un concreto rilievo negativo in termini di inaffidabilità del concorrente in relazione alla futura esecuzione dell’appalto da affidarsi, così non dando rilievo alla necessità che il contagio sia valutato in concreto.
11.2. I motivi sono infondati.
11.3. Si premette che il gravato provvedimento 28 giugno 2024 n. 32241_2024_4, di esclusione della società A e di annullamento delle aggiudicazioni già perfezionate, è motivato in ragione della commissione di gravi illeciti professionali di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) del d. lgs. n. 50 del 2016 da parte della stessa, per contagio da-OMISSIS-s.p.a. (di seguito: “società B”), così nel dispositivo del provvedimento impugnato, e nonostante nella motivazione si faccia riferimento anche ad altre cause escludenti e alla posizione dell’ausiliaria, e dalla inidoneità dei rimedi posti in essere dalla società appellante ai fini del self cleaning.
Il relativo scrutinio non chiama direttamente in causa l’art. 6 del disciplinare di gara, laddove prevede che “nel DGUE devono essere dichiarate altresì tutte le fattispecie di cui all’art. 80, comma 5, del D. Lgs. n. 50/2016 e s.m.i.” (e si riferisce pertanto a detta ultima fattispecie escludente) e che, in particolare, “tra le infrazioni debitamente accertate delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro nonché degli obblighi di cui all’articolo 30, comma 3 (di cui all’art. 80, comma 5, lett. a), rientrano anche quelle da cui siano derivati provvedimenti definitivi di condanna nei confronti dei soggetti di cui all’art. 80, co. 3, del d. lgs. n. 50/2016 e s.m.i., per condotte poste in essere nell’esercizio delle funzioni conferite dall’operatore economico concorrente”.
11.4. L’accertamento dei presupposti di applicazione della causa escludente di cui all’art. 80 comma 5 lett c) del d. lgs. n. 50 del 2016 è espressione di discrezionalità tecnica dal momento che, una volta riscontrati, “le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto” gli offerenti che integrano i presupposti di fattispecie.
La sussistenza degli elementi della fattispecie è infatti apprezzabile dalla stazione appaltante sulla base di conoscenze che non attribuiscono certezza all’accertamento svolto, essendo basate sulla valutazione di plurime circostanze, passibili di non univoca interpretazione e oggetto pertanto di un’attività connotata da discrezionalità tecnica, fondata sul giudizio di verosimiglianza, sindacabile da questo Giudice per manifesta irragionevolezza o difetto dei presupposti di fatto.
Lo stesso è a dirsi con riferimento alla fattispecie del self cleaning, cioè all’adozione di misure correttive sufficienti per evitare il ripetersi dell’irregolarità avente portata escludente e dell’idoneità delle stesse a dimostrare l’affidabilità malgrado l’esistenza di una causa di esclusione pertinente.
L’Amministrazione infatti, dopo avere ritenuto sussistente la causa escludente, deve, “Prima di pronunciare tale esclusione”, in conformità dell’art. 57 par. 6 della direttiva 2014/24/UE (in combinato disposto con il considerando 102), “lasciare la possibilità a detto operatore economico di presentare le misure correttive da esso adottate”, valutando se sono “sufficienti per evitare il ripetersi dell’irregolarità” e se sono “pertanto idonee a dimostrare la sua affidabilità malgrado l’esistenza di una causa facoltativa di esclusione pertinente” (Cgue, sez. IV, 3 ottobre 2019, C267/18).
Accertati infatti i presupposti, le stazioni appaltanti ammettono gli offerenti che hanno adottato idonee misure di self cleaning: l’effetto escludente o meno non dipende quindi da una scelta discrezionale, piuttosto la discrezionalità (tecnica) permea la valutazione dei presupposti della fattispecie rimediale.
Peraltro le due fattispecie sono accomunate anche dal fatto che producono riflessi sull’affidabilità del concorrente, nel senso che la stazione appaltante è chiamata in entrambi i casi a vagliare la ricorrenza dei requisiti della relativa fattispecie al fine di stabilire l’affidabilità, o meno, dell’offerente (in un caso in termini negativi, nel senso che l’integrazione dei presupposti di fattispecie rileva in termini di inaffidabilità dell’operatore economico, e nell’altro caso in termini positivi, nel senso che l’integrazione dei presupposti di fattispecie rileva in termini di affidabilità dell’operatore economico).
L’Amministrazione svolge detto accertamento sulla base di un giudizio di verosimiglianza basato, sul piano probatorio, sul criterio del “più probabile che non”, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio (Cons. St., sez. III, 21 luglio 2023 n. 7163).
L’attività espressione di discrezionalità tecnica è sindacabile da questo Giudice quanto alla sussistenza dei presupposti di fatto e al percorso logico-giuridico seguito, appunto basato sul criterio del “più probabile che non”, con il limite di non poter sostituire una valutazione opinabile con altra valutazione opinabile. Sicché, in presenza di due valutazioni opinabili, entrambe verosimili, questo Giudice non può preferire una valutazione rispetto all’altra (prescelta dalla stazione appaltante).
11.5. In tale contesto Consip ha ritenuto rilevante che:
- il Presidente del consiglio di amministrazione della società A (di seguito: “Amministratore C”) abbia ricoperto cariche rilevanti anche nella società B;
- l’Amministratore C abbia ricoperto nella società A la carica di Presidente fino al 14 novembre 2023, essendo già in carica alla data di presentazione delle offerte (2020);
- l’Amministratore C rientri tra i soggetti rilevanti ai fini del contagio, ricadendo nell’ambito di applicazione della disposizione di cui al comma 3 dell’art. 80 del d. lgs. n. 50 del 2016, che richiama espressamente i “membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza”;
- la società B sia stata esclusa dalla gara con provvedimento 24 ottobre 2023-OMISSIS-ai sensi dell’art. 80 comma 5 lett. a) e c) del d. lgs. n. 50 del 2016, per due motivi, rispettivamente riguardanti il mancato godimento delle ferie e la sottoposizione della società a procedura di controllo giudiziario, in considerazione di alcune indagini sfociate in accuse di caporalato, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, e ai fatti in quell’occasione emersi;
- quanto al secondo profilo, la società B sia stata sottoposta a controllo giudiziario con decreto 14 agosto 2023, convalidato con ordinanza del Gip 8 settembre 2023, che “coinvolgono [l’Amministratore C] nella sua qualità di legale rappresentante della [società B]”;
- dagli atti del procedimento penale emerga che le indagini riguardano il reato di caporalato, l’Amministratore C risulta indagato tra l’altro in quanto “impiegava i lavoratori presso i clienti in condizioni di sfruttamento e approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori” e sarebbero state corrisposte “ai lavoratori […] retribuzioni sotto la soglia di povertà”;
- la società B è indagata ai sensi del d. lgs. n. 231 del 2001, in considerazione del fatto che l’Amministratore C, “soggetto apicale” nella società B ha agito “nell’interesse e a vantaggio della società la quale, per colpa, non ha adottato efficaci procedure idonee a prevenire la commissione di reati di cui all’art. 603 bis c.p.”;
- dagli atti di indagine emergano, anche considerando le dichiarazioni dei lavoratori, i seguenti elementi di fatto riguardanti la società B: la retribuzione “non è proporzionata né alla qualità né alla quantità del lavoro prestato al fine di garantire “una esistenza libera e dignitosa”, ancor più considerando che “la cifra che è stata appena indicata è da considerarsi al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali, applicando le quali si arriva ad una cifra netta di circa Euro 650,00 somma da ritenersi assolutamente sproporzionata rispetto alla qualità e quantità del lavoro svolto (art. 36 Cost.)”, è stata esercitata “minaccia, prospettando ai lavoratori, approfittando del loro stato di bisogno, la perdita del posto di lavoro, postazioni svantaggiose, sanzioni disciplinari”, la “situazione di sfruttamento dello stato di bisogno è in atto e deve al più presto essere interrotta”, la società B “sta di fatto esercitando una forma di “concorrenza sleale”;
- il controllo giudiziario sia stato disposto in modo che si “controlli il rispetto delle norme e delle condizioni lavorative la cui violazione costituisce, ai sensi dell'articolo 603-bis del codice penale, indice di sfruttamento lavorativo, proceda alla regolarizzazione dei lavoratori che al momento dell'avvio del procedimento per i reati previsti dall'articolo 603-bis prestavano la propria attività lavorativa in assenza di un regolare contratto e, al fine di impedire che le violazioni si ripetano, adotti adeguate misure anche in difformità da quelle proposte dall'imprenditore” (così il decreto 8 settembre 2023, come richiamato nel provvedimento impugnato);
- il provvedimento sia stato convalidato dal Gip, che ha adottato contestualmente il decreto di controllo giudiziario, “al fine di impedire che si verifichino situazioni di grave sfruttamento lavorativo”, sicché “l’amministratore giudiziario controllerà il rispetto delle norme e delle condizioni lavorative la cui violazione costituisce, ai sensi dell’articolo 603 bis del codice penale, indice di sfruttamento lavorativo, procederà alla regolarizzazione dei lavoratori che, al momento dell’avvio del procedimento per reati previsti dall’articolo 603 bis, prestavano la propria attività lavorativa in assenza di un regolare contratto e, al fine di impedire che le violazioni si ripetano, adotterà adeguate misure anche in difformità da quelle proposte dall’imprenditore o dal gestore” (così nel provvedimento impugnato);
- le condotte oggetto dei due provvedimenti debbano pertanto essere imputate alla società B e ai legali rappresentanti, “uno dei quali rivestiva una carica rilevante anche presso Codesta Società”;
- dagli atti del procedimento penale emerga che è interessata dalla vicenda patologica la stessa attività imprenditoriale della società B;
- l’Anac abbia ricompreso “i reati previsti dal decreto legislativo n. 231/2001” nell’ambito della causa di esclusione contemplata dall’art. 80 comma 5 lett. c) del d. lgs. n. 50 del 2016;
- sia rimarchevole che nel decreto 14 agosto 2023 si sottolinei come la situazione non sia “frutto di iniziative di carattere individuale”, attribuendosi quindi “rilevanza al contesto, che è fattore non certo indifferente nella genesi delle condotte umane”, con la conseguente necessità di “porsi in un’ottica organizzativa”, rimuovendo “quelle “situazioni tossiche” che hanno creato l’humus favorevole perché un ambito lavorativo si trasformasse […] in occasione di illeciti attinenti al diritto penale del lavoro”;
- dai provvedimenti penali emerga una vicenda complessa ove a essere stato leso non è solo il diritto alla retribuzione adeguata, ma anche il complesso dei diritti del personale dipendente, in particolare attraverso minacce e intimidazioni di irrogazione di “sanzioni disciplinari, cambi in postazioni svantaggiose o perdita del posto di lavoro, approfittando dello stato di bisogno nei confronti dei dipendenti”, inducendo “i lavoratori ad accettare condizioni vessatorie, ad esempio con riferimento alle loro esigenze personali”, a “quelle di salute”, agli “agli straordinari” (“nelle buste paga non fossero riportate le ore di straordinario”, al “numero di giorni di ferie maturati (anche essi non riportati nelle buste paga)”, alla “fruizione delle ferie” e alla “mancata concessione delle stesse”, con “assegnazioni a postazioni lontane o a condizioni lavorative peggiorative, quando non all’irrogazione di una sanzione disciplinare se non, addirittura, prospettazione del licenziamento”, “assenza di pause, ispezioni subite, divise inadeguate”, “problematiche connesse al godimento del trattamento di infortunio” e delle “condizioni previste dalla legge 104/1992”;
- la società B non abbia “un’organizzazione, né procedure adeguate per la corretta gestione del rapporto di lavoro e la piena osservanza dei diritti individuali e collettivi del personale impiegato (con riferimento alla malattia, al riposo, all’organizzazione dei turni, alle ferie) e di non essere in grado di impiegare un numero di risorse adeguato ad erogare le prestazioni contrattuali assunte”;
- l’Amministratore C, “quale legale rappresentante di [società B] impiegava i lavoratori presso i clienti in condizioni di sfruttamento e approfittando dello stato bisogno” (decreto 14 agosto 2023) in quanto “soggetto apicale”, gravemente indiziato di avere commesso il delitto di cui all’art. 603 bis c.p. nell’interesse ed a vantaggio della stessa, che, per colpa … non appare aver adottato efficaci procedure interne idonee a prevenire la commissione di reati di cui all’art. 603 bis c.p.” (provvedimento dell’8 settembre 2023);
- le suddette condotte siano riconducibili alla causa di esclusione contemplata dall’art. 80 comma 5 lett. c) del d. lg. n. 50 del 2016, nell’ambito del quale “l’ANAC ha espressamente ricompreso i reati previsti dal decreto legislativo n. 231/2001”;
- le suddette circostanze e gli atti da cui le stesse sono desumibili “siano mezzi di prova di illeciti professionali gravi tali da rientrare nel campo di applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d. lsg. n. 50/2016”;
- quanto al profilo del mancato godimento delle ferie, la società B sia stata esclusa dalla gara in ragione del fatto che le condotte “nei confronti dell'intero personale della sede di Avellino addetto alla sala conta siano gravi e rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. a), del d. lgs. n. 50 del 2016 e s.m.i.”;
- in ragione del contagio risulti integrata la causa escludente di cui all’art. 80 comma 5 lett. c del d. lgs. n. 50 del 2016 nei confronti della società A.
11.6. Consip ha quindi valutato le ragioni per le quali le criticità riguardanti la società B fossero gravi, rispetto alle tutele che caratterizzano il lavoro subordinato, e sistemiche, i mezzi di prova adeguati e la posizione dell’Amministratore C particolarmente rilevante.
In particolare la gravità e la pervasività delle condotte illecite poste in essere nell’attività imprenditoriale della società B, e la rilevanza delle stesse nell’organizzazione imprenditoriale, sono, in base al provvedimento impugnato, tali da coinvolgere necessariamente anche l’Amministratore C, in quanto posto in posizione apicale (in disparte la specifica rilevanza penale delle condotte poste in essere dallo stesso). Del resto Consip ha sottolineato più volte come nel decreto 14 agosto 2023 si evidenzi che la situazione non è “frutto di iniziative di carattere individuale”, attribuendosi quindi “rilevanza al contesto, che è fattore non certo indifferente nella genesi delle condotte umane”, con la conseguente necessità di “porsi in un’ottica organizzativa”, risultando quindi determinante, e non in una prospettiva formalistica, la posizione di colui che è posto al vertice dell’organizzazione imprenditoriale. E infatti Consip ha rilevato che la società B non ha un’organizzazione, né procedure adeguate per la corretta gestione del rapporto di lavoro e la piena osservanza dei diritti individuali e collettivi del personale impiegato, così richiamando le responsabilità del vertice societario.
Ancora più esplicitamente si richiama la responsabilità del “soggetto apicale”, che “non appare aver adottato efficaci procedure interne idonee a prevenire la commissione di reati di cui all’art. 603 bis c.p.” (provvedimento dell’8 settembre 2023).
Sulla base di tali presupposti e considerando l’analoga posizione apicale ricoperta dall’Amministratore C nell’ambito della società A, oltre alle prassi gestionali del gruppo, Consip ha ritenuto rilevante il contagio. E ciò anche considerando che nel provvedimento impugnato si legge che “Vale la pena evidenziare in proposito quanto rilevato dal GIP, e condiviso da questa stazione appaltante alla luce della ricostruzione degli elementi probatori richiamati, secondo cui la vicenda va letta “nel contesto di una complessiva valutazione del gruppo […], nel quale, in base alle indagini esperite allo stato, lo sfruttamento dei lavoratori e le condotte minatorie nei riguardi di costoro non sembrano, prima facie, frutto di estemporanee iniziative di soggetti inseriti nell’organigramma quanto, piuttosto, di una direttiva aziendale” (così il provvedimento impugnato).
In tale contesto Consip ha valutato specificamente la posizione ricoperta dal veicolo del contagio in entrambe le società, ritenendola rilevante sulla base di quanto accertato rispetto alla società B, nella quale il contesto illustrato si è diffuso in presenza dell’Amministratore C, avente la stessa posizione ricoperta nella società A.
Del resto la gara qui controversa ha ad oggetto servizi di vigilanza armata e quindi un contratto a elevata incidenza di manodopera, sicché il trattamento riservato ai dipendenti assume una particolare rilevanza.
Sicché Consip ha ritenuto che la già accertata inaffidabilità della società B contagi, attraverso l’Amministratore C, anche la società A in ragione della gravità e dell’ampiezza delle condotte illecite, poste in essere sotto la direzione amministrativa dell’Amministratore C, che, all’atto della partecipazione alla gara, ha rivestito la carica contemporaneamente nelle due società (così anche l’appellante).
In tale contesto il dato rilevante non è quindi costituito dalla (meramente formale, in tesi) coincidente posizione dell’Amministratore C nell’ambito delle due società ma dal rilievo in entrambe assunto dallo stesso, quale vertice di un’organizzazione aziendale che, avendo consentito il verificarsi di criticità gravi e variegate nei confronti dei lavoratori nell’ambito della società B, non offre adeguate assicurazioni circa la condotta sul punto della società A.
La prospettazione trova peraltro conferma nel provvedimento di revoca del controllo giudiziario, dove si dà conto dell’intervenuto aumento delle retribuzioni nella società A, oltre che in altre società del gruppo. Sicché la criticità retributiva ha connotato anche la realtà aziendale di quest’ultimo, costituendo quindi un indice sintomatico della ricorrenza di condizioni di criticità anche nella realtà dell’appellante (23 novembre 2023). E ciò “in applicazione di una ragionevole logica transitiva, tale per cui le condotte dimostrative dell'inaffidabilità dei soggetti che controllano l'operatore economico sono idonee a dimostrare anche l'inaffidabilità dell'operatore economico stesso” (Cons. St., sez. V, 8 aprile 2022 n. 2629).
11.7. Infatti le “persone giuridiche agiscono tramite i propri rappresentanti”, con la conseguenza che condotte contrarie alla moralità professionale di questi ultimi possono costituire “un elemento rilevante ai fini della valutazione della moralità professionale di un’impresa”. Se invece la persona fisica che ha commesso l’illecito non ha agito per la società di capitali, quest’ultima non può ritenersi priva del requisito di partecipazione di ordine generale rispetto a fatti che ad essa sono estranei (Cgue, 20 dicembre 2017, C-178/16).
Del resto la giurisprudenza ha delineato la fattispecie del contagio nel senso che “Allorché una persona fisica, titolare di carica rilevante, sia coinvolta in procedimenti penali ma per condotte tenute nella qualità di organo di un operatore economico diverso da quello che partecipa alla gara o addirittura per conto proprio, la giurisprudenza risulta propensa ad adottare, a tale specifico riguardo, la teoria c.d. del “contagio”. In pratica la presenza stessa, in determinate cariche, di una persona fisica non dotata in sé della necessaria affidabilità/integrità, trasmetterebbe tale caratteristica all’operatore economico “per contagio”, ossia de facto e dunque prescindendo dalla tematica dell’imputazione degli atti” (Cons. St., sez. V, 21 febbraio 2023 n. 1786 e 22 aprile 2022 n. 3107).
In particolare “se la persona fisica – che, nella compagine sociale, ha rivestito un ruolo direttivo o, comunque, influente per le scelte della società – è giudicata inaffidabile per aver commesso un illecito nella pregressa attività professionale, inaffidabile può essere considerata – in virtù appunto del suo potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione – anche la società che dirige o è in grado di orientare con le sue indicazioni” (Cons. St., sez. IV, 2 dicembre 2024 n. 9640 e sez. V, 21 febbraio 2023 n. 1786).
Infatti “la presenza stessa, in determinate cariche, di una persona fisica non dotata in sé della necessaria affidabilità/integrità, trasmetterebbe tale caratteristica all’operatore economico “per contagio”, ossia de facto e dunque prescindendo dalla tematica dell’imputazione degli atti” (Cons. St., sez. III, 15 giugno 2023 n. 5897, nonché Cons. St., sez. V, 18 giugno 2024 n. 5450).
Di contro non depone in senso contrario la giurisprudenza richiamata dall’appellante.
Il fatto che “Il giudizio di affidabilità imprenditoriale non può infatti discendere da un “contagio” solo formale fra imprese” si riferisce al caso in cui il contagio è desunto dalla sola “partecipazione al medesimo consorzio” (Cons. St., sez. III, 8 marzo 2023 n. 2403).
Né è conducente la giurisprudenza che si richiede, ai fini dell’integrazione della fattispecie del contagio, che i componenti degli organi di vertice “abbiano in concreto esercitato all’interno di esse le funzioni elencate dal più volte citato art. 80, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016 e dalla sovraordinata disposizione di cui all’art. 57 della direttiva 2014/24/UE”. Altrimenti “l’esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici verrebbe correlato ad una responsabilità di posizione della società” (Cons. St., sez. V, 3 dicembre 2018 n. 6866). Nel caso di specie infatti l’Amministratore C ricopriva le funzioni di cui all’art. 80 comma 3 del d. lgs. n. 50 del 2016.
Pertanto la Sezione non ha motivo di discostarsi dalla suddetta giurisprudenza, formatasi nella vigenza del d. lgs. n. 50 del 2016, che lascerà il passo progressivamente al d. lgs. n. 36 del 2023, la cui relazione dà conto della “scelta perimetrativa”, rispetto al passato, effettuata con il relativo art. 98: “Il comma 1 enuclea una scelta perimetrativa: le Linee Guida ANAC n. 6 approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016, aggiornate al decreto legislativo n. 56 del 19 aprile 2017 con deliberazione del Consiglio n. 1008 dell’11 ottobre 2017 facevano riferimento a tutti i soggetti di cui al comma 3 dell’art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016 (disposizione, quest’ultima, riprodotta con le modifiche su cui ci si è soffermati in precedenza, al terzo comma dell’art. 94); così, recitano, infatti, sul punto le Linee Guida ANAC n. 6 aggiornate: “I gravi illeciti professionali assumono rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara quando sono riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3 e comma 5, del Codice”.
11.8. Né è idoneo a incrinare la valutazione di Consip la circostanza che essa attribuisca rilevanza ad atti del procedimento penale (i cui contenuti sono stati riportati nel provvedimento di esclusione dell’appellante, così come nel diverso provvedimento di esclusione della società B, oggetto di altro giudizio). E ciò indipendentemente dall’esito dello stesso e dall’oggetto del medesimo (e dal capo di imputazione), nel senso che l’Amministrazione può istruire il fatto facendo riferimento a circostanze accertate nell’ambito di procedimenti penali relativi ad altro oggetto (o soggetti) di cui sia a conoscenza.
Non sono quindi conducenti le deduzioni volte a valorizzare l’archiviazione del procedimento penale nei confronti della società B e la revoca del controllo giudiziario.
Innanzitutto l’archiviazione, oltre che la revoca, consegue all’avvenuto adeguamento retributivo, così non mettendo in dubbio la situazione retributiva preesistente (né le altre criticità sopra riferite). L’archiviazione è altresì giustificata dall’incertezza circa l’esistenza dell’elemento psicologico del dolo in ragione del fatto che “le retribuzioni applicate erano comunque quelle previste dal ccnl condiviso con le più rappresentative organizzazioni sindacali, ritenute inadeguate solo in seguito all’intervento del Giudice del Lavoro”: l’osservazione non risulta dirimente, attesa la non indispensabilità, in ambito amministrativo, della sussistenza del dolo.
Pertanto le ragioni dell’archiviazione e della revoca non hanno determinato il superamento dei fatti oggetto dell’iniziale accertamento.
Né gli sviluppi del procedimento penale rendono inutilizzabili i relativi accertamenti (anche se assunti in fase cautelare) nell’ambito dell’istruttoria di Consip, considerate anche le caratteristiche dell’istruttoria amministrativa.
Rientra infatti nella responsabilità dell’Amministrazione valutare la sufficienza dell’istruttoria svolta in sede penale, anche in ragione del diverso criterio di scrutinio del fatto, che nell’ambito del rapporto amministrativo è limitato all’integrazione del criterio del più probabile che non, meno severo di quello adottato in sede penale (“oltre ogni ragionevole dubbio”). In tale contesto quindi la rilevanza delle escussioni testimoniali non presuppone la conferma tramite elementi esterni, potendo derivare anche dalla convergenza delle stesse o da altri aspetti.
Diverso è anche il metodo istruttorio, attesa l’indispensabilità della difesa e del contraddittorio in ambito penale, e la diversa incidenza di detti profili nell’istruttoria amministrativa, nella quale la presenza dell’interessato è rimessa all’apprezzamento dello stesso (fatte salve le incombenze del soggetto pubblico, che nel caso di specie hanno determinato la partecipazione dell’interessato) e si inserisce in un sistema connotato dal dovere (con correlato potere) di istruire d’ufficio il procedimento.
Pertanto, anche se i fatti riscontrati nell’indagine penale hanno determinato l’archiviazione del procedimento nei confronti della società e la revoca della misura cautelare reale, ciò non significa che quei medesimi fatti non possano essere valutati in sede amministrativa, e quindi ritenuti idonei a configurare il grave illecito professionale.
Non risulta quindi conducente il rilievo dell’appellante basato sul fatto che “il ridetto vaglio giurisdizionale a carico di-OMISSIS-ha riguardato solo la diversa questione relativa alle ferie non godute dal personale della sala conta contestate dalla ITL di Avellino, fattispecie rientrante nella lett. a) dell’art. 80 vecchio Codice”, atteso quanto sopra esposto sia in punto di possibilità dell’Amministrazione di utilizzare l’accertamento compiuto in sede penale, sia in relazione al contenuto del suddetto vaglio giurisdizionale, che ha valorizzato, in sede di revoca e archiviazione, il riallineamento retributivo, senza sconfessare i precedenti accertamenti di fatto.
Consip quindi, apprezzando la gravità delle condotte addebitate alla società A e la particolare posizione apicale contemporaneamente rivestita dal veicolo del contagio nelle due società appartenenti allo stesso gruppo, ha ritenuto di non poter fare conto sull’affidabilità dell’operatore.
11.9. In tale contesto, il percorso logico e giuridico è illustrato nel provvedimento impugnato e risulta non manifestamente irragionevole, secondo il canone proprio della discrezionalità tecnica, sicché l’eventuale opinabilità della decisione non consente comunque a questo Giudice di sostituirla con altra decisione opinabile.
Non si rinviene pertanto il dedotto difetto di motivazione e la carenza di valutazione concreta della ricorrenza della fattispecie del contagio.
11.10. Inquadrata e descritta la situazione alla base dell’accertamento della sussistenza del grave illecito professionale da parte della società A, può essere scrutinato il provvedimento impugnato per quanto riguarda la valutazione del self cleaning.
Esso si appunta su tre iniziative intraprese dalla società A, di cui una ritenuta dalla stessa parte appellante particolarmente incisiva, cioè la rimozione dell’Amministratore C dalla carica, alla quale si affiancano le ulteriori misure, cioè il contratto di consulenza con -OMISSIS- e l’esercizio dell’azione di responsabilità avverso l’Amministratore.
Consip ha ritenuto che le azioni intraprese dalla società A non idonee “non risultando i mezzi di prova addotti adeguati a dimostrare l’effettività della dissociazione”.
La giustificazione dell’inidoneità della rimozione dell’Amministratore C, da parte della società A, dall’incarico di Presidente del consiglio di amministrazione trova causa nella “gravità dell’illecito professionale e della incidenza sull’affidabilità morale e professionale dell’operatore economico” (così la giurisprudenza richiamata nel provvedimento gravato), nel fatto che l’Amministratore C abbia ricoperto la carica “sin dalla data di pubblicazione del Bando di gara (09/01/2020), nonché alla data di presentazione delle Offerte (04/08/2020)”, fino alla rimozione, intervenuta il 24 ottobre 2023 e nell’appartenenza allo stesso gruppo della società B.
In particolare, quanto alla tempistica, Consip ha rilevato che “la destituzione dall’incarico sia intervenuta non già immediatamente a fronte dell’avvenuta conoscenza da parte della Società delle vicende penali che hanno interessato [l’Amministratore C], bensì solo a fronte delle comunicazioni di Consip S.p.A. dell’esclusione nei confronti di [società B] e a ridosso dell’ avvio del presente procedimento”, risultando “inverosimile” che la società A “non fosse già a conoscenza dei fatti di cui si discute”.
Rilevato l’illecito accertato da Consip nei confronti della società A, nei termini sopra illustrati, non può ritenersi irragionevole che la rimozione dell’incarico non sia ritenuta congrua.
Non è irragionevole ritenere infatti, in una situazione come quella descritta, che non sia sufficiente rimuovere l’Amministratore C (ed esercitare l’azione di responsabilità). Infatti, se è pur vero che il contagio è avvenuto per il tramite dell’Amministratore poi rimosso, la valutazione del self cleaning deve tenere in conto non solo la posizione del veicolo del contagio (che nel caso di specie non risulta, per i motivi già illustrati, favorevole alla posizione della società appellante), ma anche la situazione riscontrata nella società B (atteso che la criticità che il contagio intercetta si misura con essa).
La posizione dell’amministratore C e la gravità e la pervasività delle condotte riscontrate nella società B rendono non irragionevole ritenere che la rimozione non sia adeguata allo scopo, così come l’esercizio dell’azione di responsabilità, in mancanza di misure organizzative che impediscano in concreto il dilagare di condotte lesive del diritto dei lavoratori. E ciò nonostante gli accertamenti compiuti nell’ambito del procedimento penale, così come recepiti nei relativi atti.
Fra l’altro, il tempo intercorso dall’Amministratore C in posizione apicale della società A, in carica almeno dal 2020, così come sottolineato da Consip (“ricopriva la carica di Presidente del CDA alla data di pubblicazione del Bando di gara (09/01/2020), nonché alla data di presentazione delle Offerte (04/08/2020)”) e quindi le possibilità organizzative allo stesso ascrivibili in tale lasso temporale suffraga il convincimento circa la non sufficienza dell’avvenuta rimozione del vettore del contagio, non recidendo il rischio che, nell’ambito della società A, le condotte aziendali non si siano già verificato e diffuse o comunque che non si sia sviluppato l’humus ambientale che ne permette la diffusione.
Altrimenti è la dissociazione ad essere meramente “formale”, in quanto strumento idoneo a rimuovere il soggetto attraverso il quale si è verificato il contagio, senza considerare la concreta dinamica della situazione oggetto del contagio.
Pertanto, in ragione del giudizio prognostico svolto da Consip, la situazione della società A dopo la rimozione dell’amministratore C (e l’esercizio dell’azione di responsabilità) non risulta assicurare una configurazione e organizzazione della stessa tale da far superare il giudizio di inaffidabilità della società A.
La valutazione non è irragionevole, poggiando sui presupposti sopra illustrati e su un percorso motivazionale comprensibile (seppur connotato da profili di opinabilità non superabili da questo Giudice).
Peraltro la posizione di Consip è condivisa dalla Procura. Quest’ultima ha infatti affermato che “nemmeno si può ragionevolmente pensare che il problema possa essere risolto rimuovendo le figure apicali, senza nulla mutare del sistema organizzativo; inalterata l’organizzazione, “i nuovi venuti” si troverebbero nelle medesime condizioni (tossiche) dei loro predecessori e il sistema illecito sarebbe destinato a perpetrarsi” (decreto 14 agosto 2023). Del resto lo stesso istituto del controllo giudiziario risponde alla funzione di superare l’humus aziendale che ha consentito il dispiegarsi di condotte illecite.
In tale contesto si aggiunge anche il rilievo sulla tempistica di detta rimozione, cioè il fatto che essa sia avvenuta (solo) il giorno successivo al provvedimento di esclusione della società B, datato 23 ottobre 2023 (“Sino al 24.10.2023 amministratore di [società A] è stato [l’Amministratore C]”, così l’appellante), a fronte di una situazione conosciuta in una fase antecedente.
Consip ha quindi ritenuto sintomatica (di una non adeguata intenzione di affrontare compiutamente la questione) la circostanza che la cessazione sia stata decisa solo dopo l’esclusione della società B.
Né risulta irragionevole che Consip non abbia ritenuto sufficiente, a fini rimediali, il contratto con la società di consulenza, stipulato il 14 marzo 2024. Esso ha riguardo alla sola tematica delle ferie in quanto lo “scopo dell’Incarico è quello di fornire per ogni dipendente un confronto tra ore fruite riportati in appositi documenti e la “situazione ratei di ferie e permessi – Quantità” (così nel provvedimento impugnato), al fine di evidenziare eventuali discrepanze” (così il provvedimento impugnato) e non è accompagnato da ulteriori attività.
11.11. Tanto basta per ritenere il motivo infondato (in disparte la valutazione dell’ammissibilità del self cleaning in corso di gara, atteso che di fatto Consip ha esaminato nel merito i rimedi prospettati dalla società A).
12. Quanto sopra consente di ritenere non illegittimo, sulla base delle censure dedotte, il provvedimento di esclusione e di annullamento delle aggiudicazioni, assorbita ogni altra deduzione e questione relativa al medesimo, atteso che, come detto, il provvedimento è motivato in ragione della commissione di gravi illeciti professionali di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) del d. lgs. n. 50 del 2016 da parte della società A, per contagio dalla società B (così nel dispositivo del provvedimento impugnato, e nonostante nella motivazione si faccia riferimento anche ad altre cause escludenti e alla posizione dell’ausiliaria) e dalla inidoneità dei rimedi posti in essere dalla società appellante ai fini del self cleaning.
13. Ne deriva che sono altresì infondate le censure di illegittimità derivata delle determine di escussione delle garanzie costituite dalla società A per i lotti 16, 17 e 19.
14. Con ulteriore motivo l’appellante ha riproposte le ulteriori doglianze avverso le determine di escussione delle garanzie, non esaminate dal Tar e basate sulla considerazione in base alla quale l’operatore al quale è addebitato un illecito professionale non può conoscere detto fatto anticipatamente (prima che la stazione appaltante lo accerti. Né detta garanzia può essere escussa in modo automatico e avulsa dalla situazione del partecipante alla gara.
14.1. Il motivo è infondato.
14.2. Il comma 6 dell’art. 93 d. lgs. n. 50 del 2016 stabilisce che la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione, dovuta ad “ogni fatto riconducibile all’affidatario”.
Le ragioni possono dipendere sia dalla successiva verifica della mancanza dei requisiti di partecipazione sia, soprattutto, dalla condotta dell’aggiudicatario che, per una sua scelta, decide di non stipulare il contratto.
La garanzia può consistere in una cauzione o in una fideiussione, istituti aventi, entrambi, natura non sanzionatoria, avendo la funzione di evidenziare la serietà e l’affidabilità dell’offerta e di agevolare, in fase patologica, la funzione compensativa, potendo l’Amministrazione incamerare il bene consegnato a titolo di liquidazione forfettaria dei danni o azionare il rimedio di adempimento dell’obbligo di pagamento della somma predeterminata dalla legge.
L’operatività di entrambe le forme di garanzia presuppone un “fatto” del debitore principale che viola le regole di gara che comporta – a seguito dell’eliminazione del riferimento al dolo e alla colpa grave da parte del d. lgs. n. 56 del 2017 – la configurazione di un modello di “responsabilità oggettiva”, con conseguente esclusione di responsabilità nei soli casi di dimostrata assenza di un rapporto di causalità (Ad. plen. 26 aprile 2022 n. 7).
Del resto l'incameramento della cauzione e l'escussione della fideiussione non svolgono una funzione sanzionatoria (che presuppone l’accertamento dell’elemento soggettivo), esclusa anche sulla base dei criteri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (c.d. criteri Engel), come ha affermato la richiamata sentenza dell’Adunanza plenaria e la Corte costituzionale (sentenza 26 luglio 2022 n. 198), che ha smentito la natura punitiva dell'incameramento della cauzione provvisoria ("dall'importo della garanzia provvisoria, dalla previsione di forme alternative di costituzione (la cauzione o la fideiussione) e dal regime delle riduzioni previste dal legislatore, dunque, può ben desumersi l'assenza di quel connotato di speciale gravità, necessario affinché la misura pregiudizievole possa essere assimilata a una sanzione sostanzialmente penale"). Non è quindi richiesto l’elemento soggettivo.
Sicché risulta decisiva la circostanza che la causa di esclusione sia riconducibile a fatti commessi dalla società appellante (divenuta aggiudicataria).
Infatti la giurisprudenza ha ritenuto che l'incameramento delle somme a titolo di garanzia provvisoria è “insensibile ad eventuali valutazioni finalizzate ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che abbia dato causa all'esclusione” (Cons. St., sez. V, 30 giugno 2022 n. 5445).
La stessa giurisprudenza ha applicato la fattispecie dell’incameramento della garanzia a un caso di anomalia dell'offerta (parimenti oggetto di apprezzamento connotato da discrezionalità tecnica), ritenendo, per quanto di interesse in questa sede (in disparte altre considerazioni), che “il modello di responsabilità oggettiva che assume rilievo in materia di escussione della garanzia provvisoria esclude la rilevanza dell'affidabilità soggettiva del concorrente” (Cons. St., sez. V, 30 giugno 2022 n. 5445 e 13 agosto 2024 n. 7116 per un caso di incameramento della garanzia per comportamento tenuto nella fase della gara e giudicato scorretto dall’Amministrazione).
La Corte di giustizia, laddove è intervenuta ritenendo la previsione dell’automatica escussione della garanzia di cui all’art. 48 del d. lgs. n. 163 del 2006 incompatibile con i principi sovranazionali di proporzionalità, parità di trattamento e trasparenza (Cgue, 26 settembre 2024, C-403/2023 e C-404/2023), lo ha fatto con riferimento all’escussione (automatica) della garanzia nei confronti del concorrente non aggiudicatario.
15. In conclusione, l’appello va respinto.
16. L’esito del giudizio rende improcedibile l’appello incidentale, con il quale è dedotta l’inammissibilità dei tre ricorsi introduttivi per omessa notifica al controinteressato.
La complessità e la particolarità della vicenda giustificano la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando, per l’effetto, la sentenza impugnata.
Appello incidentale improcedibile.
Spese del presente grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare -OMISSIS- s.r.l.,-OMISSIS-s.p.a. e le persone fisiche richiamate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2025 con l'intervento dei magistrati:
Diego Sabatino, Presidente
Stefano Fantini, Consigliere
Sara Raffaella Molinaro, Consigliere, Estensore
Elena Quadri, Consigliere
Giorgio Manca, Consigliere