Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 2025, n. 2260
L’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006, etero-integrato dal principio di proporzionalità, nella portata chiarita dalla sentenza della Corte di Giustizia, legittima l’escussione della garanzia nei confronti del concorrente escluso, che non risulti aggiudicatario, esclusivamente in base ad un provvedimento adeguatamente motivato con riferimento, da un lato, alla posizione individuale ed alle regolarizzazioni eventualmente operate dall’offerente negligente e, dall’altro, alla non manifesta eccessività dell’importo della cauzione rispetto al caso concreto (così punto 69 della sentenza): provvedimento che è espressione di un potere - caratterizzato da una dose di discrezionalità, quantomeno tecnica - che, nella fattispecie in esame, non è stato mai esercitato, non consentendo, in questa sede, una sentenza con effetti conformativi, in virtù del divieto di cui all’art. 34, comma 2, c.p.a.
La disapplicazione della norma nazionale deve essere circoscritta nei limiti della effettiva incompatibilità della stessa con la norma unionale di diretta applicazione nell’ordinamento interno e, dall’altro lato, che le norme ed i principi unionali di diretta applicazione integrano l’ordinamento. Da tali premesse deriva che l’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006, laddove prevede che “quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta, le stazioni appaltanti procedono all'esclusione del concorrente dalla gara, all'escussione della relativa cauzione provvisoria….”, va disapplicato nella parte in cui consente l’escussione automatica della garanzia, mentre può continuare ad essere applicato laddove l’escussione della garanzia sia stata o sia subordinata alla valutazione del caso concreto, alla luce dei principi unionali di diretta applicazione nel nostro ordinamento, così come chiariti dalla sentenza della Corte di giustizia, che è vincolante per tutti i giudici nazionali e non solo per quello che ha disposto il rinvio pregiudiziale (Corte cost., 9 aprile 2024, n. 100).
Guida alla lettura
L’incameramento della cauzione prestata dall’operatore economico partecipante a una procedura ad evidenza pubblica ha sollecitato un ampio dibattito giurisprudenziale, anche a livello unionale. Nella sentenza in commento, in particolare, viene scrutinata la legittimità del provvedimento adottato ai sensi dell’art. 48 D.Lgs. 163/2006, ratione temporis applicabile alla fattispecie vagliata dal Consiglio di Stato, nei confronti dell’impresa prima in graduatoria, esclusa prima dell’aggiudicazione. La pronuncia in esame valorizza anche quanto statuito dalla Corte Costituzionale con sentenza 198/2022 e dalla CGUE nelle cause riunite C-403/2023 e C-404/2023.
La Consulta, innanzitutto, ha escluso che l’escussione della garanzia provvisoria assurga a sanzione punitiva ai sensi della CEDU e della Carta di Nizza, rappresentando, invece, rimedio risarcitorio tipico scaturente da una responsabilità precontrattuale. Da tale assunto deriva l’inapplicabilità del principio di retroattività favorevole e di tutte le altre garanzie previste per sanzioni sostanzialmente penali.
Chiarita la natura del provvedimento in oggetto, occorre interrogarsi sulla legittimità dell’incameramento automatico della garanzia prestata dal concorrente escluso, quesito che impone anche di distinguere tra il primo in graduatoria - o comunque il concorrente - e l’aggiudicatario.
Nel dirimere la controversia, il Supremo Consesso della giurisdizione amministrativa ha richiamato la sentenza della Corte di Lussemburgo suindicata, in cui i Giudici unionali hanno stabilito che l’escussione della garanzia deve essere subordinata a una valutazione del caso concreto, che postula, dunque, una successiva adeguata motivazione del provvedimento che disponga l’incameramento. L’epilogo provvedimentale, inoltre, deve rappresentare una corretta applicazione del principio di proporzionalità, giacché la stazione appaltante nella sua decisione deve considerare l’entità dell’importo rispetto al caso concreto, per evitare che esso sia manifestamente eccessivo, ed eventuali regolarizzazioni operate dall’offerente negligente. Valutazioni fattuali e giuridiche che devono essere enucleate nell’atto provvedimentale, al fine di garantire una solida base motivazionale.
Va soggiunto che, come osservato dal Consiglio di Stato, nella presente fattispecie si assiste a un parziale contrasto dell’art. 48 del Codice del 2006 con la fonte unionale, in specie nella parte in cui consentiva di incamerare automaticamente la cauzione. In ipotesi siffatte, dunque, il giudice nazionale, in virtù del principio di gerarchia delle fonti, deve disapplicare la norma interna “antiunionale” e dichiarare l’illegittimità del provvedimento applicativo della predetta norma per violazione di legge; concetto in cui rientrano anche le direttive self-executing e i regolamenti dell’Unione Europea.
Si rammenta che, invece, qualora la disposizione normativa italiana collida con la CEDU, il giudice- prima di procedere all’annullamento dell’atto provvedimentale applicativo della norma nazionale- dovrà sollevare la questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 117 Cost. e della previsione CEDU concretamente violata quale parametro costituzionale interposto. Con la sottoscrizione e la ratifica della CEDU, infatti, l’Italia non ha accettato alcuna limitazione di sovranità ex art. 10 Cost., derivante, invece, dall’adesione all’UE (già CEE e CE), il che comporta il differente regime operativo tra la Convenzione Europa per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e i regolamenti unionali (o le direttive self executing).
L’incameramento automatico della cauzione, dunque, configura il corollario provvedimentale di una disposizione legislativa interna contrastante con il diritto unionale e, pertanto, è da ritenersi illegittimo. Va, infine, osservato che le argomentazioni sopra esposte non operano con riferimento alla cauzione prestata dall’aggiudicatario, che assurge a caparra confirmatoria e, pertanto, giustifica -in caso di inadempimento all’obbligo di sottoscrizione del contratto- l’escussione della cauzione.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5189 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG N.D. , rappresentata e difesa dagli avvocati Arturo Cancrini, Francesco Scacchi, Francesco Vagnucci, Francesco Zaccone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
-OMISSIS- S.p.A. in proprio ed in Qualità di Impresa Consorziata di -OMISSIS- S.C.A.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Patrizio Leozappa, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giovanni Antonelli 15;
contro
Consip Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
-OMISSIS- S.p.A. (Già -OMISSIS- S.r.l.) in proprio e quale Mandataria Rti, Rti -OMISSIS- S.r.l. e in Proprio, Rti -OMISSIS- S.r.l. e in Proprio, -OMISSIS-, -OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
-OMISSIS- S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Sergio Caracciolo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 2565/2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip Spa e di -OMISSIS- S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
vista la sentenza non definitiva di questo Consiglio (n. 5973 del 2022), già resa in questo giudizio;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2025 il Cons. Francesca Picardi e uditi per le parti gli avvocati Vagnucci, Gai in sostituzione dell'avv. Leozappa e l'avvocato dello Stato Satini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La -OMISSIS- (società consortile a responsabilità limitata) ha partecipato, limitatamente ai lotti 14, 15 e 16, alla gara, indetta da Consip (con bando pubblicato sulla G.u.r.i. n. 143 del 2015), per l’affidamento del Servizio Integrato Energia e dei Servizi connessi per le P.A., ma è stata esclusa nel settembre 2020, con conseguente escussione delle garanzie prestate per un importo complessivo di euro 900.000.000, nonostante per il lotto 15 la sua offerta fosse risultata la migliore, all’esito del procedimento avviato per valutare, in ordine al possesso ininterrotto dei requisiti di ordini generale di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, le circostanze emerse a seguito di procedimenti giudiziari a rilevanza penale in cui è stata coinvolta la sua consorziata -OMISSIS- s.p.a. (già -OMISSIS- s.p.a.). Ha, quindi, impugnato i provvedimenti di esclusione e di escussione delle garanzie, proponendo successivamente motivi aggiunti avverso l’aggiudicazione, per il lotto 14, a favore di RTI -OMISSIS-.
2.Il ricorso è stato rigettato dal T.a.r. Lazio con sentenza appellata dinanzi a questo Consiglio, con la formulazione di sei motivi – 1) error in iudicando sull’illegittimo protrarsi delle operazioni di gara e sulla violazione delle norme sul contraddittorio procedimentale; 2) error in iudicando ed omessa pronuncia o insufficiente motivazione in ordine al secondo motivo di ricorso introduttivo; 3) erroneo rigetto del quarto motivo di ricorso introduttivo; 4) erroneo rigetto del quinto motivo di ricorso, avente ad oggetto l’illegittimità del provvedimento di escussione delle garanzie - derivata, in conseguenza dell’illegittimità del provvedimento di esclusione, ed autonoma, in considerazione dell’assenza dei presupposti legittimanti, stante l’automaticità dell’iniziativa, senza alcuna valutazione della colpa dell’operatore economico, la cui condotta è stata caratterizzata da buona fede e correttezza, non avendo mai taciuto le vicende della consorziata, e stante la non riconducibilità della situazione alle ipotesi contemplate dagli artt. 48 e 75 del d.lgs. n. 163 del 2006; 5) in subordine, richieste di quesiti pregiudiziali alla Corte di Giustizia dell’Unione europea; 6) riproposizione dei motivi aggiunti per illegittimità derivata dell’aggiudicazione del lotto 14.
3. Questa Sezione V, con sentenza non definitiva n. 5973 del 14 luglio 2022, ha rigettato l’appello, fatta eccezione per il quarto motivo, vertente esclusivamente sui provvedimenti di escussione delle garanzie, in ordine al quale ha disposto la sospensione del processo in attesa della decisione sulla questione di legittimità costituzionale (sollevata in altro processo, con ordinanza del Consiglio di Stato n. 3299 del 26 aprile 2021), per contrasto con gli artt. 3 e 117, comma primo, Cost. (quest’ultimo in relazione all’art. 49, par. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea), del combinato disposto degli artt. 93, comma 6, e 216 del d.lgs. n. 50 del 2016, in base a cui è preclusa l’applicabilità della sopravvenuta disciplina sanzionatoria più favorevole, introdotta dal nuovo codice del 2016, che limita l’escussione della cauzione provvisoria solo nei confronti dell’aggiudicatario di una procedura ad evidenza pubblica.
4.La Corte costituzionale, con sentenza n. 198 del 2022, ha dichiarato non fondata la questione de qua, escludendo che l'escussione della garanzia provvisoria, che ha la funzione tipica dei rimedi apprestati dall’ordinamento a fronte di condotte fondanti la responsabilità precontrattuale, abbia natura di sanzione punitiva agli effetti della convenzione europea dei diritti dell’uomo e della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e, quindi, sia soggetta alle garanzie dalle stesse previste, tra cui il principio di retroattività della lex mitior, anche in considerazione dell’assenza di discrezionalità in capo all'autorità amministrativa e del suo basso grado di severità.
5. Successivamente il processo è stato nuovamente sospeso all’esito di rinvio pregiudiziale ex art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea ed è ripreso, su impulso di parte, dopo la sentenza del 26 settembre 2024, nelle cause riunite C-403/2023 e C-404/2023, in cui era stata posta analoga questione. Con tale sentenza la Corte di giustizia ha affermato che:
gli artt. 47, paragrafo 3, e 48, paragrafo 4, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, in combinato disposto con il principio generale di proporzionalità, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che esclude la possibilità, per i componenti originari di un raggruppamento temporaneo di imprese offerente, di recedere da tale raggruppamento, qualora il termine di validità dell'offerta presentata da detto raggruppamento giunga a scadenza e l'amministrazione aggiudicatrice chieda l'estensione della validità delle offerte che le sono state presentate, purché sia dimostrato, da un lato, che i restanti componenti dello stesso raggruppamento soddisfano i requisiti definiti dall'amministrazione aggiudicatrice e, dall'altro, che la continuazione della loro partecipazione alla procedura di aggiudicazione di cui trattasi non comporta un deterioramento della situazione degli altri offerenti sotto il profilo della concorrenza;
i principi di proporzionalità e di parità di trattamento, nonché l'obbligo di trasparenza, quali enunciati all'articolo 2 e al considerando 2 della direttiva 2004/18, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede l'incameramento automatico della cauzione provvisoria costituita da un offerente a seguito dell'esclusione di quest'ultimo da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi, anche qualora il servizio di cui trattasi non gli sia stato aggiudicato.
Più precisamente, in ordine a tale ultimo punto, nella sentenza si legge, al punto 69, “l’incameramento automatico di tale cauzione così prestabilita, indipendentemente dalla natura delle regolarizzazioni eventualmente operate dall’offerente negligente e, pertanto, in assenza di qualsiasi motivazione individuale, non appare compatibile con le esigenze derivanti dal rispetto del principio di proporzionalità”.
6. In ordine ai provvedimenti di incameramento della cauzione, la cui legittimità è ancora in discussione, va ricordato che nella memoria del 16 ottobre 2020 (giudizio di primo grado) ed in quella del 23 agosto 2021 (giudizio di appello), Consip si è limitata a sostenere di aver agito “nel pieno rispetto della lex specialis, della normativa applicabile e della granitica giurisprudenza amministrativa che considera l’escussione della cauzione provvisoria nelle gare pubbliche conseguenza automatica del provvedimento di esclusione quale effetto diretto della violazione del patto di integrità e delle regole di gara cui è soggetto il partecipante” (“Nel caso di specie la cauzione è stata legittimamente escussa a fronte dell’accertata carenza di un requisito di ordine generale nei confronti del concorrente. La giurisprudenza amministrativa individua, infatti, un automatismo tra esclusione per carenza dei requisiti di partecipazione ed escussione della cauzione provvisoria prestata a garanzia della serietà dell’offerta”).
6.Nella successiva memoria del 18 febbraio 2025 Consip, dopo aver ribadito la riconducibilità dell’escussione della garanzia all’art. 48 d.lgs. n.163 del 2006 ed al par. 2, lett. f, del disciplinare di gara, ha asserito, da un lato, la non riferibilità della pronuncia della Corte di Giustizia all’incameramento della cauzione in ordine al lotto 15, rispetto a cui -OMISSIS- è risultata in posizione utile in graduatoria ai fini dell’aggiudicazione (doc. 29), e, dall’altro lato, con riferimento a tutti gli altri lotti, il collegamento dell’incameramento della garanzia a comportamenti imputabili dell’operatore economico, che ha pregiudicato l’elemento fiduciario e la serietà dell’offerta impedendo la contrattualizzazione dell’offerta risultata economicamente più vantaggiosa, e la non eccessività della somma, il cui ammontare complessivo dipende dal numero dei lotti e risulta, comunque, già ridotto rispetto all’entità massima possibile. Ha concluso, pertanto, per la legittimità dei provvedimenti impugnati.
7. All’udienza pubblica del 6 marzo 2025 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
1.Il quarto ed unico motivo di appello, oggetto della presente decisione, avente ad oggetto i provvedimenti del 21 settembre 2020, con cui è stata disposto, da parte della Consip, l’incameramento delle cauzioni prestate da parte della ricorrente, odierna appellante, all’esito della sua esclusione dalla procedura in esame, è parzialmente fondato in ordine alla denunciata illegittimità autonoma per essere stati tali provvedimenti adottati automaticamente, in conseguenza dell’esclusione dalla gara, senza alcuna valutazione e senza alcun adeguamento alla situazione concreta.
1.1. In proposito deve sottolinearsi che la motivazione dei provvedimenti del 21 settembre 2020, con cui la Consip ha disposto l’escussione delle garanzie prestate da -OMISSIS- per i lotti 14, 15 e 16, è costituita dal mero riferimento all’intervenuta esclusione della stessa dalla procedura, senza alcuna menzione e valutazione della sua condotta o, in ordine al lotto 15, della eventuale aggiudicazione o collocazione utile in graduatoria ai fini dell’affidamento del servizio, circostanze che avrebbero dovuto essere prese in considerazione nel relativo procedimento e confluire nella motivazione del provvedimento, non potendo, al contrario, essere recuperate in sede processuale (peraltro, solo in grado di appello), stante il divieto di una integrazione postuma della motivazione per quanto concerne l’esercizio di poteri non vincolati, ma discrezionali (Cons. Stato sez. V, 10 maggio 2022, n.3632, in tema di atti amministrativi, quello che costituisce valutazione discrezionale da parte della P.A. rimane assoggettato al divieto di integrazione postuma della motivazione in sede processuale, che riguarda anche l'impossibilità di colmare lacune istruttorie; Cons. Stato, Sez. IV, 23 luglio 2024, n. 6620, nell'ambito di un giudizio amministrativo il divieto di integrazione della motivazione non è assoluto, atteso che non sempre i chiarimenti resi nel corso del giudizio valgono quale inammissibile integrazione postuma della motivazione rientrando in tale ipotesi gli atti di natura vincolata previsti dalla normativa di cui all' art. 21-octies, l. n. 241 del 1990, per i quali l'amministrazione pubblica può dare anche successivamente l'effettiva dimostrazione in giudizio dell'impossibilità di un diverso contenuto dispositivo dell'atto).
Per mera completezza, inoltre, va aggiunto che la posizione del concorrente che si sia collocato primo in graduatoria (anche se destinatario della proposta di aggiudicazione) non equivale a quella dell’aggiudicatario, ai fini dell’escussione della garanzia, come chiarito dal Cons. Stato, Ad. Plen., 16 marzo 2022, n. 7, sebbene con riferimento all’art. 93 del d.lgs. n. 50 del 2016.
1.2. In definitiva, i provvedimenti de quibus sono stati adottati, in base all’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006, così come interpretato dalla giurisprudenza all’epoca consolidata, in base al dato testuale (tra le tante Cons. Stato, Sez. V, 24 gennaio 2019, n. 589; 24 giugno 2019, n. 4328, 17 settembre 2018, n. 5424), nei confronti del concorrente non aggiudicatario, quale automatica conseguenza della sua esclusione dalla gara, indipendentemente dalla natura delle regolarizzazioni eventualmente operate dell’operatore economico ed in assenza di una motivazione individuale, con conseguente violazione dei principi sovranazionali di proporzionalità, parità di trattamento e trasparenza, come interpretati dalla Corte di giustizia, nella sentenza del 26 settembre 2024 (cause riunite C-403/2023 e C-404/2023).
Essi devono, pertanto, essere annullati, posto che l’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006, etero-integrato dal principio di proporzionalità, nella portata chiarita dalla sentenza della Corte di Giustizia, legittima l’escussione della garanzia nei confronti del concorrente escluso, che non risulti aggiudicatario, esclusivamente in base ad un provvedimento adeguatamente motivato con riferimento, da un lato, alla posizione individuale ed alle regolarizzazioni eventualmente operate dall’offerente negligente e, dall’altro, alla non manifesta eccessività dell’importo della cauzione rispetto al caso concreto (così punto 69 della sentenza): provvedimento che è espressione di un potere - caratterizzato da una dose di discrezionalità, quantomeno tecnica - che, nella fattispecie in esame, non è stato mai esercitato, non consentendo, in questa sede, una sentenza con effetti conformativi, in virtù del divieto di cui all’art. 34, comma 2, c.p.a.
In proposito è necessario precisare che l’eventuale contrasto tra le norme statali e quelle unionali di diretta applicazione nell’ordinamento interno non dà luogo ad invalidità o illegittimità delle prime, ma comporta la loro disapplicazione, visto che nelle materie riservate all’Unione europea il giudice ordinario deve applicare direttamente la norma comunitaria (già Corte cost., 5 giugno 1984, n. 170; tra le successive, vedi Corte cost., 7 novembre 2017, n. 269, secondo cui il contrasto con il diritto dell'Unione europea condiziona l'applicabilità della norma interna …. soltanto quando la norma europea è dotata di efficacia diretta, giacché in tal caso spetta al giudice nazionale comune valutare la compatibilità comunitaria della normativa interna, utilizzando, se del caso, il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, e nell'ipotesi di contrasto non ricomponibile in via interpretativa, applicare egli stesso la disposizione dell'UE in luogo della norma nazionale, così da soddisfare, ad un tempo, il primato del diritto dell'Unione e lo stesso principio di soggezione del giudice soltanto alla legge, dovendosi per tale intendere la disciplina del diritto che lo stesso sistema costituzionale gli impone di osservare e applicare). Occorre, però, evidenziare, da un lato, che la disapplicazione della norma nazionale deve essere circoscritta nei limiti della effettiva incompatibilità della stessa con la norma unionale di diretta applicazione nell’ordinamento interno e, dall’altro lato, che le norme ed i principi unionali di diretta applicazione integrano l’ordinamento. Da tali premesse deriva che l’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006, laddove prevede che “quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta, le stazioni appaltanti procedono all'esclusione del concorrente dalla gara, all'escussione della relativa cauzione provvisoria….”, va disapplicato nella parte in cui consente l’escussione automatica della garanzia, mentre può continuare ad essere applicato laddove l’escussione della garanzia sia stata o sia subordinata alla valutazione del caso concreto, alla luce dei principi unionali di diretta applicazione nel nostro ordinamento, così come chiariti dalla sentenza della Corte di giustizia, che è vincolante per tutti i giudici nazionali e non solo per quello che ha disposto il rinvio pregiudiziale (Corte cost., 9 aprile 2024, n. 100).
2. In conclusione, il quarto motivo di appello deve essere accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti di incameramento delle cauzioni.
Le spese devono essere integralmente compensate, stante, da un lato, il rigetto degli altri motivi e, dall’altro lato, la complessità delle questioni affrontate e l’intervento della Corte di Giustizia.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie il quarto motivo di appello e, per l’effetto, annulla i provvedimenti del 21 settembre 2020, con cui è stato disposto l’incameramento delle cauzioni per i lotti 14, 15 e 16.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti di causa e le persone fisiche menzionate nel provvedimento.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2025 con l'intervento dei magistrati:
Diego Sabatino, Presidente
Stefano Fantini, Consigliere
Sara Raffaella Molinaro, Consigliere
Elena Quadri, Consigliere
Francesca Picardi, Consigliere, Estensore