Cons. Stato, sez. VI, 6 ottobre 2020, n. 5885

L’intesa restrittiva vietata può realizzarsi sia mediante un “accordo” sia mediante una “pratica concordata”.
            “Accordi” e “pratiche concordate” sono forme collusive che condividono la medesima natura e si distinguono solo per la loro intensità e per le forme in cui esse si manifestano, corrispondendo, in particolare, le “pratiche concordate” a una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere stata spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce consapevolmente una pratica collaborazione fra le stesse ai rischi della concorrenza.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1132 del 2019, proposto da
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n.12;

contro

Deloitte & Touche S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marco D'Ostuni e Mario Siragusa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Marco D'Ostuni in Roma, piazza di Spagna, n. 15;

nei confronti

Regione Lazio non costituita in giudizio;


sul ricorso numero di registro generale 1417 del 2019, proposto da Deloitte & Touche S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marco D'Ostuni e Mario Siragusa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Marco D'Ostuni in Roma, piazza di Spagna, n. 15;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n.12;

nei confronti

Regione Lazio, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Agenzia per la Coesione Territoriale, Regione Autonoma della Sardegna non costituiti in giudizio;

per la riforma

quanto al ricorso n. 1132 del 2019:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 10999/2018.

quanto al ricorso n. 1417 del 2019:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 10999/2018.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 settembre 2020 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Terracciano, Tesauro, Olivieri, Galbiati, Palatucci, Siragusa, Di Via, Rizza e l’avvocato dello Stato Giacomo Aiello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1 – Deloitte & Touche S.p.A. ha impugnato il provvedimento con il quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”), a conclusione del procedimento istruttorio I796, ha ritenuto che la società KPMG s.p.a. (KPMG), KPMG Advisory s.p.a. (KPMGA), Deloitte Consulting s.r.l. (Deloitte), Deloitte & Touche S.p.a. (D&T), Ernst & Young s.p.a. (EY o E&Y), Ernst&Young Financial Business Advisors s.p.a. (EYFBA), PricewaterhouseCoopers s.p.a. (PWC), PricewaterhouseCoopers Advisory s.p.a. (PCWA) avevano posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza contraria all’art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), consistente in una pratica concordata avente la finalità di condizionare gli esiti della gara bandita dalla Consip S.p.A. (“Consip”) per l’affidamento dei servizi di supporto e assistenza tecnica per l’esercizio e lo sviluppo della funzione di sorveglianza e “audit” dei programmi cofinanziati dall’Unione europea (gara “AdA”) attraverso l’eliminazione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti relativi.

2 - La gara Consip AdA era suddivisa in 9 lotti (7 lotti geografici e 2 lotti dedicati alle amministrazioni centrali) e aveva un importo totale della base d’asta pari a €66.543.720.

Il criterio di aggiudicazione adottato era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Il punteggio massimo associato all’offerta tecnica era di 70 punti, mentre il punteggio massimo conseguibile tramite l’offerta economica ammontava a 30 punti. Le macro-voci di valutazione dell’offerta tecnica erano 3 (la proposta di contesto, quella progettuale e quella organizzativa) e all’interno di ciascuna macro-voce era considerato un ampio numero di criteri tecnici, a ciascuno dei quali era attribuito un punteggio compreso tra 1 e 7.

Il punteggio dell’offerta economica dipendeva invece dall’entità dei ribassi offerti dai partecipanti sull’importo a base d’asta delle tariffe giornaliere previste per ciascuna figura professionale (manager, consulente senior, consulente junior). Per ciascuna di tali voci di prezzo, gli sconti offerti venivano convertiti in un punteggio economico per mezzo di una formula matematica. La suddetta formula era tale per cui il punteggio economico generato dipendeva anche dallo sconto medio e dallo sconto massimo offerto per le voci di prezzo in esame. Il punteggio economico di ciascuna offerta veniva determinato tramite una formula matematica che, per sua struttura, al ridursi del livello del ribasso medio calcolato per il totale dei concorrenti, riduceva il vantaggio ottenibile sugli altri partecipanti (in termini di punteggio per la graduatoria) tramite uno sconto particolarmente accentuato. In altri termini, quando il ribasso medio si riduceva, formulare un ribasso più aggressivo del proprio concorrente diventava via via meno determinante per l’aggiudicazione del lotto.

Alla luce di tale meccanismo, si poteva verificare che, in presenza di una media contenuta dei ribassi presentati in gara, un’impresa che concorreva alla aggiudicazione del lotto, forte di un elevato punteggio tecnico, avrebbe potuto avvantaggiarsi rispetto a rivali che puntavano invece maggiormente sulla aggressività delle offerte economiche.

3 - Alla data prevista per la presentazione delle offerte (21 maggio 2015) pervenivano offerte da parte di 9 operatori.

Le imprese coinvolte nel procedimento dinnanzi all’AGCM sono risultate vincitrici (prime in graduatoria) per 5 lotti su 9. In particolare: RTI Deloitte & Touche S.p.A. – Meridiana Italia S.r.l. per 2 lotti, KPMG S.p.A. per altri 2 ed Ernst&Young S.p.A. per 1 lotto.

Secondo l’Autorità, sarebbe emerso che le parti, coordinandosi a livello di “network”, avevano presentato delle offerte economiche differenziate per i vari lotti in gara, secondo uno schema comune che appariva indicativo di dinamiche concertative, dato che, pur presentando sostanzialmente sempre un’offerta tecnica equivalente tra i diversi lotti, avevano dato luogo, in alcuni, a offerte economiche con ribassi tra il 30 e il 35%, mentre in altri le offerte erano risultate decisamente inferiori (con ribassi del 10-15% circa).

L’AGCM riteneva particolarmente significativa la circostanza per la quale le offerte con sconti più elevati di tali soggetti non si erano mai sovrapposte, per cui tale differenziazione delle offerte economiche non era spiegabile se non nell’ottica di un disegno “spartitorio”, finalizzato ad annullare tra tali soggetti il confronto concorrenziale per ciascun lotto di interesse.

4 – Deloitte & Touche S.p.A. ha impugnato il provvedimento deducendone l’illegittimità sotto distinti profili.

Il T.A.R. per il Lazio, con la sentenza n. 10999/2018, ha accolto in parte l’ultima censura relativa al computo della sanzione, respingendo per il resto il ricorso.

5 – Avverso tale pronuncia ha proposto appello la società originariamente ricorrente (n. 1417/2019).

Con separato ricorso (n. 1132/2019) la medesima sentenza è stata impugnata anche dall’Autorità.

6 – In data 17 settembre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1 - In via preliminare, deve disporsi la riunione dei ricorsi in appello n. 1132/2019 e n.1417/2019, ai sensi dell’art. 96 del c.p.a., in quanto proposti nei confronti della medesima sentenza.

2 – Con il primo motivo di appello la società deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 101 TFUE nonché dell’art. 2 del regolamento del Consiglio (UE) n. 1/2003 (onere della prova) e della presunzione d’innocenza, l’insussistenza degli elementi indiziari di prova della pratica concordata imputata alle parti; la mancata considerazione delle giustificazioni alternative della propria strategia di gara.

La società contesta come l’AGCM non abbia adempiuto all’onere di fornire la prova oltre ogni ragionevole dubbio dell’esistenza dell’infrazione, o della partecipazione di D&T alla stessa.

In particolare, D&T lamenta l’insussistenza degli elementi indiziari esogeni invocati dal T.A.R.; in subordine, l’inidoneità degli stessi a provare l’asserito coordinamento tra le parti dell’intesa. Analogamente, afferma l’insussistenza e comunque inidoneità degli elementi endogeni a dimostrare la presunta anomalia della condotta di D&T e dalle parti.

2.1 - Un ulteriore profilo d’illegittimità della sentenza impugnata risiederebbe nel fatto che, come in precedenza aveva fatto l’AGCM, il T.A.R. – nonostante l’insussistenza degli asseriti elementi probatori endogeni ed esogeni e, comunque, la loro inidoneità a supportare l’ipotesi accusatoria – avrebbe disatteso in maniera superficiale le puntuali argomentazioni svolte da D&T, con il supposto tecnico del Prof. Onesti, per fornire giustificazioni della propria strategia di gara alternativa, e più plausibili di qualsiasi ipotesi di collusione fra le parti. Invero, dalla perizia di parte si evincerebbe che la strategia di gara di D&T è stata fondata su precise e individuate ragioni di efficienza economica e sulle caratteristiche dei diversi lotti, in ossequio al più generale principio di economicità aziendale, tenuto conto altresì dei rischi e dei vincoli di varia natura esistenti.

3 – Prima di esaminare compiutamente il merito di tali censure giova ricordare i principi – specie sotto il profilo probatorio - alla luce dei quali dovranno essere valutate.

Quanto all’intensità dell’onere probatorio, l’intesa restrittiva vietata può realizzarsi sia mediante un “accordo”, sia mediante una “pratica concordata”, nel cui ambito ben possono essere astrattamente ricondotti i comportamenti imputati alle società nel caso di specie.

Tale ultimo concetto viene generalmente descritto come una forma di coordinamento e cooperazione consapevole (concertazione) tra imprese posta in essere a danno della concorrenza che non richiede, come l'accordo, una manifestazione di volontà reciproca tra le parti, o un vero e proprio piano, tanto è vero che il coordinamento può essere raggiunto attraverso un mero contatto diretto o indiretto fra le imprese (cfr. Corte Giustizia, causa 48/69).

E’ utile ricordare che le pratiche concordate emergono, come concetto del diritto antitrust, in qualità di prove indirette indicative dell’esistenza di un accordo, rappresentando dunque non tanto un’autonoma fattispecie di diritto sostanziale rigorosamente definita nei suoi elementi costitutivi, quanto una fattispecie strumentale operante sul piano probatorio in funzione dell’accertamento di una intesa restrittiva vietata, indicativa dell’esistenza di una concertazione tra imprese concorrenti, le quali, invece, dovrebbero agire autonomamente sul mercato.

Come è già stato messo in luce dalla giurisprudenza, la pratica concordata corrisponde ad una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce, in modo consapevole, un’espressa collaborazione fra le stesse per sottrarsi ai rischi della concorrenza, con la precisazione che i criteri del coordinamento e della collaborazione, che consentono di definire tale nozione, vanno intesi alla luce dei princìpi in materia di concorrenza, secondo cui ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta che intende seguire sul mercato. Devono, dunque, ritenersi vietati i contatti diretti o indiretti aventi per oggetto o per effetto di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4123).

Anche secondo la giurisprudenza comunitaria “accordi” e “pratiche concordate” sono forme collusive che condividono la medesima natura e si distinguono solo per la loro intensità e per le forme in cui esse si manifestano (cfr. Corte Giust. UE, 5 dicembre 2013, C-449/11P), corrispondendo, in particolare, le “pratiche concordate” a una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere stata spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce consapevolmente una pratica collaborazione fra le stesse ai rischi della concorrenza.

3.1 – Più nel dettaglio, il parallelismo dei comportamenti può essere considerato prova di una concertazione soltanto qualora la concertazione ne costituisca l’unica spiegazione plausibile. È infatti importante tener presente che l’art. 101 del Trattato, mentre vieta qualsiasi forma di collusione atta a falsare il gioco della concorrenza, non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei concorrenti. Di conseguenza, nella fattispecie è necessario accertare se il parallelismo di comportamenti non possa, tenuto conto della natura dei prodotti, dell’entità e del numero delle imprese e del volume del mercato, spiegarsi altrimenti che con la concertazione. La stessa Corte di Giustizia, in applicazione del menzionato criterio, ha avuto modo di concludere nel senso che “se la spiegazione del parallelismo di comportamenti basata sulla concertazione non è l’unica plausibile…il parallelismo di comportamenti accertato dalla Commissione non può costituire la prova della concertazione” (Corte di Giustizia, cause riunite C- 23 89/85, C-104/85, C-114/85, C-117/85 e da C-125/85 a C-129/85 Woodpulp).

3.2 - Le condotte delle singole imprese devono essere inquadrate nel contesto complessivo della concertazione e considerate come “tasselli di un mosaico, i cui elementi non sono significativi di per sé, ma come parte di un disegno unitario, qualificabile quale intesa restrittiva della concorrenza” (Consiglio di Stato, 2 luglio 2018, n. 4010).

In linea con tale orientamento giurisprudenziale, deve pertanto essere respinto il tentativo delle ricorrenti di frazionare e segmentare la struttura argomentativa del provvedimento, al fine di svilire la valutazione complessiva del quadro probatorio.

4 – In applicazione al caso di specie delle coordinate ermeneutiche innanzi delineate, le censure dell’appellante, che, stante la loro connessione possono essere esaminate congiuntamente, non devono trovare accoglimento.

4.1 – Conviene iniziare l’analisi dall’aspetto relativo alle modalità (la pratica concordata) attraverso la quale è stato ottenuto l’effetto anticoncorrenziale, tenendo presente che l’effettiva realizzazione dello stesso ben può considerarsi un primo indice significativo circa la sussistenza dell’illecito anticoncorrenziale.

Secondo l’impianto accusatorio, le imprese hanno evitato di competere in occasione della gara, presentando ognuna sconti più elevati nei lotti “assegnati”, senza mai sovrapporsi e, con riferimento ai lotti di interesse delle altre parti, non presentando offerta o presentando offerte di appoggio del tutto inidonee a vincere il lotto.

Tale condotta emerge chiaramente dall’osservazione delle offerte economiche presentate nella gara Consip AdA dalle parti; offerte che presentavano delle anomalie intrinseche da indurre la stessa stazione appaltante a rilevarle tempestivamente. Infatti, le offerte delle parti, pur avendo ciascuna partecipato a diversi lotti, sono state concertate ed articolate in modo tale che gli sconti più consistenti presentati da ciascuna di esse - compresi per tutte tra il 30% e il 32,3% - non si sovrapponessero mai, e questo in relazione a ben nove lotti in cui era scomposta la gara.

L’intesa si è spinta fino a concertare il livello degli sconti: tutte le offerte delle parti si sono posizionati intorno a due valori pivotali (30-32 e 10-15), con ciò costituendo un lampante profilo di anomalia.

Di fatto: l’intesa ha potuto trovare attuazione, avendo influenzato gli esiti della procedura con riguardo a tutti i 9 lotti. Se, infatti, le strategie partecipative di tutti i soggetti coinvolti nell’intesa fossero state assunte autonomamente e, dunque, guidate da logiche di confronto competitivo, si sarebbe assistito a risultati differenti.

5 - Deve evidenziarsi che, nel caso di specie, sussistono palesi riscontri oggettivi dell’intento perseguito dalle parti, tali da escludere la necessità di ricorrere a presunzioni, di cui, secondo l’appellante, sarebbe onere dell’Autorità dimostrare l’attendibilità.

Infatti, qualora sussistano ragionevoli indizi esogeni di una pratica concordata anticoncorrenziale, incombe alle imprese “l’onere di fornire una diversa spiegazione lecita delle loro condotte e dei loro contatti” (Consiglio di Stato, 4 settembre 2015, n. 4123; Trib. UE, 2.4.2013, causa T-442/08, CISAC/Commissione), sempre che la prova della concertazione offerta dall’AGCM rispetti il principio di “congruenza narrativa”, “in virtù del quale l’ipotesi sorretta da plurimi indizi concordanti può essere fatta propria nella decisione giudiziale quando sia l’unica a dare un senso accettabile alla ‘storia’ che si propone per la ricostruzione della intesa illecita […] o sia comunque nettamente preferibile rispetto ad ogni ipotesi alternativa astrattamente esistente” (Consiglio di Stato, 18 maggio 2015, n. 2514).

5.1 - Nel caso di specie, il coordinamento contestato è stato provato, innanzitutto, dai diversi documenti agli atti dai quali emerge che i quattro network, in vista dello svolgimento della procedura, hanno deciso di incontrarsi tra di loro per “aprire un tavolo” e “condividere un’azione”.

È eloquente la mail del 29 ottobre 2014, in cui, a seguito all’invito di Deloitte Consulting a promuovere un incontro tra le parti sulla gara AdA, EYFBA scrive a EY: “Oggi mi ha chiamato Deloitte per aprire un tavolo sulla gara Audit di Consip. Gli ho detto che saremmo andati insieme”. In pari data lo stesso socio di Ernst & Young risponde: “In sede Assirevi ho incontrato le altre 3 big four con i quali abbiamo condiviso di incontrarci appena abbiamo maggiori indicazioni riguardo la gara. Comunque lunedì 3 ho una riunione con loro in via po (la sede di Ernst & Young è a via Po). Fammi sapere come vogliamo muoverci, considera che Deloitte è quella che ha la quota di mercato minore. KPMG mi ha fatto sapere che appena esce il bando prima vogliono condividere una azione con noi e poi con gli altri”.

E’ altresì significativa la corrispondenza intercorsa tra i soci di PWC Advisory che, il 29 ottobre 2014, si scrivono: “con deloitte ey e kpmg abbiamo concordato un incontro per parlare della prossima gara Consip sulle AdA nelle date proposte di seguito, mi fai sapere quando puoi … per me ok 12 e 17 ciao”.

Le evidenze acquisite durante il procedimento hanno inoltre fatto emergere che le imprese hanno condiviso le risposte fornite a Consip rispetto alle consultazioni sulla gara AdA.

Dagli elementi istruttori acquisiti dall’Autorità risulta infatti che le parti si sono nuovamente incontrate il 10 dicembre 2014, scambiandosi informazioni sui precedenti contratti.

Al riguardo, assume una particolare valenza lo scambio di e-mail intitolato “Incontro fondi eu” del dicembre 2014, rinvenuto presso la sede di PWC Advisory. Si tratta di uno scambio di e-mail interno nel quale un socio di PWC Advisory inoltra ad un altro una e-mail contenente la richiesta di un socio di Deloitte Consulting, inviata anche ad alcuni soci di EY FBA, Ernst & Young, KPMG, KPMG Advisory, Deloitte & Touche per fissare un incontro presso la sede di Deloitte Consulting il 10 dicembre 2014.

In relazione a tale incontro, si legge: “mi fai avere i dati che dovevamo portare sui nostri contratti?” A fronte di tale esplicita richiesta, il socio di PWC Advisory risponde: “ok, ns unico dato contratto MIUR”.

Successivamente, il giorno 10 dicembre 2014 il socio di PWC Advisory scrive: “ti sintetizzo i dati del contratto MIUR: Incarico: MIUR, supporto AdA base asta: 2 milioni importo contratto: 1.415.000 (gg/uomo) + 225.000 (spese varie), totale 1.640.000 quinto obbligo: 328.000 (gg/uomo) Totale: 1.743.000 (gg/uomo) + 225.000 (spese varie), totale 1.968.000 Durata: 1 giugno 2013 - 31 dicembre 2015 (32 mesi) Inoltre ti riepilogo la situazione dei competitors sui diversi territori”. Alla mail è allegata una tabella che riporta le gare precedenti su base regionale e i relativi aggiudicatari.

Sempre in pari data, il socio di PWC Advisory specifica all’altro le altre competenze relative ai lotti centrali diversi dalle regioni: “Igrue, KPMG, MLPS, KPMG, MIUR, PWC, MIT, KPMG, Min. Interno, all’inizio E&Y ha assistito AdA e poi non c’è più stata gara”. L’altro socio, il giorno seguente, risponde: “l’incontro è andato bene se sei in ufficio nel pomeriggio ti aggiorno”.

Anche se il bando all’epoca non era stato ancora pubblicato, tali emergenze oggettive provano l’intento delle parti di coordinarsi per la “prossima gara Consip sulle AdA”, di cui era evidentemente nota la prossima indizione.

Il fatto che le “big four” abbiano condiviso una strategia ripartitoria dei lotti posti in gara trova un ulteriore riscontro nei documenti, acquisiti presso le parti dell’intesa, che danno conto di verosimili simulazioni pre-gara.

In particolare, da un documento acquisito in ispezione presso Ernst&Young e antecedente alla presentazione delle offerte, emerge una chiara ripartizione dei lotti nella gara Consip AdA sulla base di due fattori “competenza” e “interesse”.

Sul punto, appare condivisibile l’assunto secondo cui non risulta plausibile che EY potesse conoscere a quali lotti erano interessati i competitor, senza che ciò fosse frutto di un confronto sulle modalità di partecipazione alla gara.

5.2 - Tra i significativi elementi di prova vanno annoverati anche i commenti post gara dai quali emerge lo sconcerto delle parti dell’intesa con riferimento ai risultati di PWC e EY che, per effetto dello scarso risultato tecnico di EY e delle ottime prestazioni di Lattanzio, hanno visto ridotta la loro quota di mercato.

Depone in tal senso uno scambio di e-mail tra i soci di PWC e PWC Advisory del 27 novembre 2015, inviata a commento degli esiti della gara Consip AdA ed in particolare la comunicazione: “stamane sono stata con…x commento esiti, lui aveva visto … (socio di n.d.r.) di Ernst&Young. Esiti davvero spiazzanti, l’equilibrio è stato alterato da Lattanzio…. Abbiamo condiviso strategia, ti aggiorno a voce alla prima occasione”.

5.3 - Tali inequivoche emergenze documentali provano l’intento anticoncorrenziale sotteso alle scelte delle imprese di differenziare, in modo così ampio, le proprie offerte economiche nei vari lotti di partecipazione.

In altri termini, stante la chiara volontà che emerge da tali riscontri documentali, risultano inconferenti le “spiegazioni alternative” addotte dalle società a giustificazione della propria condotta anomala, anche sotto il profilo della razionalità economica della strategia di gara.

Le ricordate evidenze documentali, il riscontrato comportamento anomalo serbato dalle imprese durante le gare attenzionate dall’Autorità, nonché la circostanza che tale comportamento si è concretizzato in un effettivo pregiudizio alla dinamica concorrenziale, costituiscono di per sé la inequivoca conferma dell’ipotesi accusatoria dell’Autorità, senza la necessità di svolgere ulteriori riscontri quanto alle supposte giustificazioni delle imprese.

6 – Pur dovendosi ritenere esaustive le considerazioni innanzi svolte, deve rilevarsi che, ad ogni buon conto, nel provvedimento impugnato si argomenta compiutamente anche in ordine al fatto che le offerte economiche presentate nella gara Consip AdA dalle parti presentano delle anomalie intrinseche.

In primo luogo, vale quanto già evidenziato, ovvero che le offerte delle parti, pur avendo ciascuna partecipato a diversi lotti, sono state concertate in modo tale che gli sconti più consistenti presentati da ciascuna di esse - compresi per tutte tra il 30% e il 32,3% - non si sovrapponessero mai, e questo in relazione a ben nove lotti.

Non appare infatti plausibile che le quattro principali imprese del settore – potenzialmente in concorrenza tra loro - offrano esattamente lo stesso livello di sconto sia nei lotti in cui hanno interesse (30-32%) sia nei lotti in cui affermano di non averne (10- 15%).

Ulteriore conferma della inspiegabile, se non secondo una logica concertativa, condotta delle imprese si rinviene nella circostanza per cui il meccanismo ripartitorio è stato supportato anche dalla formulazione di “offerte d’appoggio”, che visto il ridotto livello degli sconti, non avrebbero mai potuto consentire l’aggiudicazione del lotto, come del resto erano pienamente consapevoli le stesse imprese (cfr. le dichiarazioni di Ernst&Young per cui “con il 10% di sconto era abbastanza remota la possibilità di aggiudicarsi il lotto 4”).

L’istruttoria procedimentale ha permesso di accertare che le offerte d’appoggio erano necessarie anche in ragione della formula utilizzata dalla stazione appaltante per l’attribuzione del punteggio economico, dal momento che tale meccanismo permetteva, in estrema sintesi, che la società che doveva aggiudicarsi il lotto avrebbe ottenuto il punteggio economico massimo (nel caso in cui nessun soggetto estraneo al cartello avesse presentato offerta su quel lotto) o un punteggio economico comunque molto vicino al punteggio economico massimo eventualmente attribuito ad un outsider, solo tramite la presentazione di offerte d’appoggio con sconti minimi - che abbassavano la media nella formula.

Ciò che emerge è un inequivoco parallelismo dello schema di offerta adottato dalle big four, che non trova alcuna giustificazione alternativa a quella della concertazione, già emergente dai dati documentali innanzi citati.

6.1 - Quanto agli specifici rilievi delle società, in ogni caso da ritenersi superati dalle conclusioni rassegnate in precedenza, l’Autorità ha correttamente rilevato la loro inattendibilità nel caso concreto.

Precisamente:

a) le gare precedenti non costituiscono un valido benchmark, in quanto si tratta di procedure locali, di dimensioni molto minori a quelle della gara AdA, con criteri di aggiudicazione diversi e di rilevanza strategica non paragonabile;

b) il criterio di valutazione delle offerte previsto nel disciplinare di gara, ovverosia quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, non costituisce un ostacolo all’intento perseguito dalle parti, che erano convinte di ottenere un punteggio molto alto nell’offerta tecnica e ciò avrebbe consentito loro di recuperare il minimo gap (di due o tre punti) eventualmente sofferto nei lotti che si erano assegnate, nella valutazione dell’offerta economica. Tale prognosi è stata solo in parte sconfessata dalla valutazione che ha condotto all’attribuzione di un punteggio relativamente basso ad EY e, dall’altro, ha assegnato un punteggio elevato a Lattanzio (vedasi al riguardo le considerazioni svolte dalle stesse imprese all’esito di tale circostanza);

c) l’anomalia intrinseca del comportamento adottato dalle parti emerge dal raffronto con la gara Consip AdG-AdC. L’Autorità ha infatti messo in luce che nella successiva gara gli sconti presentati dalle parti sono molto più elevati rispetto a quelli della gara AdA, e le offerte con sconti elevati delle big four si sovrappongono in più lotti e, in alcuni casi, superano anche il limite di aggiudicazione (4 lotti) previsto nel disciplinare. Che nella successiva gara AdG-AdC – indipendentemente dalle diverse caratteristiche della stessa - le parti abbiano adottato un comportamento svincolato da dinamiche anticoncorrenziali emerge chiaramente dalla corrispondenza rinvenuta presso Deloitte (doc. 30), relativo ad un dibattito in merito alla strategia di partecipazione alla gara Consip AdG-AdC;

6.2 - Anche le ulteriori giustificazioni fornite dalla società alle proprie offerte appaiono inconferenti e inidonee a scalfire l’accertamento dell’Autorità.

Al riguardo, deve richiamarsi il fatto che la società ha formulato praticamente le stesse offerte su tutti i lotti in gara, con l’eccezione del lotto 7. Ciò che varia sensibilmente sono gli sconti offerti sui vari lotti: nei lotti 4 e 8, ai quali la società ha ammesso di essere realmente interessata, difatti, la stessa ha presentato ribassi medi del 31,34%; sui restanti lotti, gli sconti medi offerti sono stati tra il 10 e il 14% circa.

A fronte di tale situazione, l’Autorità ha messo in luce l’incongruenza delle giustificazioni fornite, come dimostrato dalla circostanza che il lotto 9 è un lotto dal valore notevolmente superiore al lotto 4 e, dunque, se anche DT avesse percepito che vi poteva essere un rischio di non portare a termine l’incarico avrebbe potuto puntare anche su tale lotto, potendo lo stesso generare un fatturato comunque notevolmente superiore a quello atteso per il lotto 4.

Invero, la stessa Consip aveva rilevato l’omogeneità dei lavori da svolgere sui vari lotti e che non c’era spazio per soluzioni innovative. L’unica differenza era difatti solo la quantità di lavoro da svolgere.

7 – Quanto all’aspetto relativo al calcolo della sanzione, sul quale si concentrano sia l’ultimo motivo di appello della società, sia l’appello dell’Autorità giova ricordare quanto segue.

Il provvedimento impugnato nel determinare la sanzione precisa che le parti avevano dato luogo a un’intesa segreta, di tipo orizzontale, mirante a condizionare la dinamica della riferita gara.

L’intesa era qualificata come “segreta” attraverso le modalità con le quali era stata attuata, con coinvolgimento unicamente delle parti interessate, attraverso l’organizzazione di incontri “non pubblici” cui partecipavano solo loro, e perché non erano stati reperiti verbali ufficiali degli incontri contestati, del cui argomento non vi era riscontro neanche nelle “e-mail” prese in considerazione.

Il descritto comportamento era da considerarsi tra le violazioni più gravi della normativa “antitrust” ed era destinato ad alterare il normale gioco della concorrenza per tutta la durata dell’affidamento, così da rientrare nella qualificazione di infrazione “molto grave” ai sensi dell’art. 101 TFUE

7.1 - Secondo il T.A.R., nel provvedimento impugnato, la motivazione sulla “gravità” e “segretezza” della stessa e sull’applicazione delle suddette maggiorazioni non sarebbe sufficiente.

Da un altro punto di vista, il T.A.R. ha rilevato che l’AGCM non ha tenuto nel dovuto conto gli “effetti” della condotta, pure invece richiamati nel punto 14 delle Linee Guida, tenuto conto che l’accordo illecito ha interessato una sola gara Consip (e per la sola assistenza “AdA”) ed ha esplicato effetti solo per cinque dei nove lotti risultano aggiudicati alle “big four”, a testimonianza di un disegno spartitorio solo in parte portato a conclusione.

7.2 - Il T.A.R., accogliendo in parte il motivo di ricorso della società, conclude nel senso che l’Autorità dovrà ricalcolare la sanzione, considerando che l’infrazione è definibile “grave”, quale operazione di “bid rigging”, nella misura in cui era tesa alla ripartizione del mercato di riferimento (gara Consip “AdA”), ma non “segreta”, per cui, in applicazione dei punti 11 delle Linee Guida di riferimento, può aggiungersi una percentuale del 10%.

La consistenza soggettiva delle imprese sanzionate e la loro posizione di “leadership” nel settore, unita al valore economico della gara in esame comunque non indifferente, comporta che l’AGCM possa applicare a scopo deterrente effettivo anche la c.d. “entry fee” di cui al punto 17 delle citate Linee Guida, ma, per le stesse ragioni sopra evidenziate, nella percentuale minima del 15%.

8 – L’appello dell’Autorità avverso tali statuizioni è fondato per le ragioni di seguito esposte.

In primo luogo, l’Autorità ha espressamente tenuto conto di una pluralità di elementi – e non solo della segretezza - individuati dalla consolidata giurisprudenza comunitaria e nazionale, ossia la natura dell’infrazione nel suo complesso, consistente in un’intesa orizzontale segreta di ripartizione delle commesse e volta alla limitazione del confronto concorrenziale in una gara d’appalto pubblica (c.d. bid rigging).

Risulta inoltre adeguatamene motivata la valutazione di gravità dell’illecito alla stregua del punto 12 delle Linee guida nazionali.

In particolare, l’Autorità ha evidenziato: a) il fatto che l’intesa, oltre ad avere un oggetto chiaramente anticoncorrenziale, ha anche avuto attuazione, attraverso la ripartizione e il coordinamento della partecipazione alla gara in esame; b) la dimensione delle imprese che l’hanno posta in essere, atteso che l’intesa ha coinvolto le maggiori imprese attive, anche a livello internazionale, nel settore di riferimento; c) le modalità con cui la stessa è stata attuata, che hanno visto il coinvolgimento unicamente delle parti del procedimento, attraverso l’organizzazione di incontri non pubblici - di cui non consta la sussistenza di alcun verbale - ai quali hanno preso parte solo queste, nonché attraverso le cd. offerte di comodo.

8.1 – Quanto al carattere della segretezza, deve ricordarsi l’orientamento della Sezione è nel senso che le intese orizzontali come quelle in esame devono essere considerate segrete, “se non altro perché essa non era certo palesata al pubblico e per averne la prova si è dovuta acquisire corrispondenza delle imprese coinvolte, che di norma è coperta dal segreto epistolare” (Cons. St., Sez. VI, n. 7320 del 2018).

In riferimento alla valutazione degli “effetti” della condotta, richiamati nel punto 14, iv), delle Linee Guida, deve in primo luogo osservarsi che, in base all’orientamento della giurisprudenza, le intese aventi oggetto anticoncorrenziale (intese orizzontali di prezzo o di ripartizione dei mercati) possono essere qualificate come molto gravi sulla sola base della loro natura, senza che sia sempre necessario dimostrare un impatto concreto dell’infrazione sul mercato (ex multis, Consiglio di Stato, 20 ottobre 2016, n. 4374; Corte di Giustizia 3 settembre 2009, causa C534/07 –William Prym GmbH).

Inoltre, nel caso di specie, l’intesa ha di fatto raggiunto il proprio scopo, seppur non completamente, attraverso l’effettiva presentazione di offerte coordinate, come già descritto innanzi, influenzando gli esiti della procedura (anche se non per la totalità dei lotti).

8.2 – I rilievi dell’Autorità devono trovare accoglimento anche rispetto all’applicazione delle cd. entry fee.

Al riguardo, le Linee Guida precisano che “con specifico riferimento alle più gravi restrizioni della concorrenza, indipendentemente dalla loro durata e dalla loro effettiva attuazione, l’Autorità può considerare opportuno l’inserimento nell’importo base di un ammontare supplementare compreso tra il 15 e il 25% del valore delle vendite di beni o servizi oggetto dell’infrazione”.

La giurisprudenza (cfr. Corte di Giustizia UE, sentenza del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch Austria GmbHc; sentenza del 26 gennaio 2017, Mamoli Robinetteria SpA) ha specificato che l’applicazione della entry fee per le ipotesi più gravi di illecito antitrust - come nel caso di specie - è indipendente dalla durata dell’infrazione e dagli effetti dell’intesa accertata.

8.3 - In relazione alla qualificazione dell’intesa come “molto grave” in ragione della sua natura e della segretezza va condivisa la valutazione operata dall’Autorità, dovendosi sul punto riformare la sentenza impugnata, nella duplice considerazione che, per un verso, l’intesa era orientata al condizionamento di una procedura di gara ed era dunque qualificabile come intesa di consistente gravità (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 20 ottobre 2016, n. 4374; Corte UE, 26 gennaio 2017, in C-626/13, Villeroy & Boch Austria GmbH/ Commissione); e per altro verso, in relazione alla segretezza, il supporto probatorio, fondato su contatti di posta elettronica non conoscibili all’esterno e da matrici organizzative di spartizione dei lotti in sede di gara, evidenzia la carenza di trasparenza e pubblicità dell’accordo stesso (cfr. Cons. St., Sez. VI, n. 8591 del 2019).

9 – Alla luce delle considerazioni che precedono, deve essere disattesa la censura con la quale la società deduce l’irragionevolezza ed eccessività del coefficiente di gravità applicato (10%) e l’irragionevole applicazione dell’entry fee, che invece appaiono adeguati alla natura ed alle caratteristiche specifiche della condotta posta in essere che, come già sottolineato, si è consumata nell’ambito di una procedura pubblica di gara da parte di primari attori internazionali del relativo settore.

10 – In definitiva, deve essere rigettato l’appello della società e deve essere accolto l’appello dell’Autorità e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, il ricorso originario deve essere integralmente respinto.

Le spese di lite del doppio grado, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l’appello dell’Autorità e rigetta l’appello della società Deloitte & Touche S.p.A., per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso di primo grado.

Condanna la società alla refusione delle spese di lite in favore dell’Autorità che si liquidano in €4.000, oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Con la pronuncia dello scorso 6 ottobre la VI sezione del Consiglio di Stato ha statuito che l’intesa restrittiva vietata può realizzarsi sia mediante un “accordo” sia mediante una “pratica concordata”.

Con il termine “pratica concordata” si suole intendere una forma di coordinamento e cooperazione consapevole (concertazione) tra imprese posta in essere a danno della concorrenza che non richiede, come l’accordo, una manifestazione di volontà reciproca tra le parti, o un vero e proprio piano, tanto è vero che il coordinamento può essere raggiunto attraverso un mero contatto diretto o indiretto fra le imprese (cfr. Corte Giust. UE, 14 luglio 1972 in causa C- 48/69).

Le pratiche concordate emergono, come concetto del diritto antitrust, in qualità di prove indirette indicative dell’esistenza di un accordo, rappresentando dunque non tanto un’autonoma fattispecie di diritto sostanziale rigorosamente definita nei suoi elementi costitutivi, quanto una fattispecie strumentale operante sul piano probatorio in funzione dell’accertamento di una intesa restrittiva vietata, indicativa dell’esistenza di una concertazione tra imprese concorrenti, le quali, invece, dovrebbero agire autonomamente sul mercato.
Come è già stato messo in luce dalla giurisprudenza, la pratica concordata corrisponde a una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce, in modo consapevole, un’espressa collaborazione fra le stesse per sottrarsi ai rischi della concorrenza, con la precisazione che i criteri del coordinamento e della collaborazione, che consentono di definire tale nozione, vanno intesi alla luce dei princìpi in materia di concorrenza, secondo cui ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta che intende seguire sul mercato. Devono, dunque, ritenersi vietati i contatti diretti o indiretti aventi per oggetto o per effetto di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato (in termini Cons. Stato, sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4123).

Anche secondo la giurisprudenza comunitaria “accordi” e “pratiche concordate” sono forme collusive che condividono la medesima natura e si distinguono solo per la loro intensità e per le forme in cui esse si manifestano (cfr. Corte Giust. UE, 5 dicembre 2013, in causa C-449/11P), corrispondendo, in particolare, le “pratiche concordate” a una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere stata spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce consapevolmente una pratica collaborazione fra le stesse ai rischi della concorrenza.

Più nel dettaglio, il parallelismo dei comportamenti può essere considerato prova di una concertazione soltanto qualora la concertazione ne costituisca l’unica spiegazione plausibile. È infatti importante tener presente che l’art. 101 del Trattato, mentre vieta qualsiasi forma di collusione atta a falsare il gioco della concorrenza, non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei concorrenti. Di conseguenza, nella fattispecie è necessario accertare se il parallelismo di comportamenti non possa, tenuto conto della natura dei prodotti, dell’entità e del numero delle imprese e del volume del mercato, spiegarsi altrimenti che con la concertazione

La stessa Corte di Giustizia, in applicazione del menzionato criterio, ha avuto modo di concludere nel senso che “se la spiegazione del parallelismo di comportamenti basata sulla concertazione non è l’unica plausibile…il parallelismo di comportamenti accertato dalla Commissione non può costituire la prova della concertazione” (Corte di Giustizia, cause riunite C- 23/89/85, C-104/85, C-114/85, C-117/85 e da C-125/85 a C-129/85 Woodpulp).

Le condotte delle singole imprese devono essere inquadrate nel contesto complessivo della concertazione e considerate come “tasselli di un mosaico, i cui elementi non sono significativi di per sé, ma come parte di un disegno unitario, qualificabile quale intesa restrittiva della concorrenza” (così Cons. Stato, 2 luglio 2018, n. 4010).