Cons. Stato, sez. III, 15 ottobre 2025, n. 8047
La valutazione di anomalia costituisce espressione della discrezionalità tecnica di cui l’Amministrazione è titolare per il conseguimento e la cura dell’interesse pubblico ad essa affidato dalla legge, e, come tale, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza o travisamento dei fatti (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 30 luglio 2025, n. 6748). Sicché, il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni operate dalla stazione appaltante in ordine al giudizio di anomalia dell’offerta non può estendersi oltre l’apprezzamento della loro intrinseca logicità e ragionevolezza, nonché della congruità della relativa istruttoria, essendo preclusa all’organo giurisdizionale la possibilità di svolgere un’autonoma verifica circa la sussistenza o meno dell’anomalia, trattandosi di questione riservata all’esclusiva valutazione dell’Amministrazione (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 28 agosto 2024, n. 784; id., 29 aprile 2024, n. 3854).
Tenuto conto che nelle ipotesi di giudizio favorevole di congruità dell’offerta la stazione appaltante non è tenuta ad una motivazione analitica, la concorrente che voglia dolersi dell’omessa esclusione non ha alternativa al dedurre cause specifiche che cagionino, a suo dire, l’insostenibilità economica dell’offerta comprovandole con le opportune allegazioni probatorie e articolandole in circostanziate censure che giocoforza devono prendere le mosse dal corredo giustificativo prodotto dall’aggiudicataria.
Nelle gare in cui – come nel caso che qui occupa – la lex specialis non stabilisca un monte ore minimo inderogabile, ma si limiti a richiedere lo svolgimento di un determinato quantitativo di servizi, il numero di ore indicate dal concorrente nella propria offerta corrisponde al “monte ore contrattuale”, ossia alle ore di lavoro che l’offerente si obbliga a svolgere per l’esecuzione del servizio, e non a un “monte ore teorico”. Segnatamente, il monte ore contrattuale si riferisce al rapporto tra stazione appaltante ed appaltatore, ovvero alla quantità di prestazioni che il secondo dovrà erogare a favore della prima, integrando, in sostanza, l’obbligazione principale dell’appaltatore nell’ambito del sinallagma contrattuale tra le parti, che si riverbera sui profili obbligatori del contratto, mentre il monte ore teorico si riferisce al rapporto tra lavoratore e datore di lavoro, ovvero all’obbligazione principale del lavoratore nell’ambito di un rapporto d’impiego: il costo della manodopera va determinato dalle ore contrattuali offerte in gara, sicché è su tale valore, e non sulle ore mediamente lavorate, che deve giustificarsi il costo orario complessivo.
Alla stregua della giurisprudenza sopra richiamata, è ragionevole ritenere che tale scorporo sarebbe legittimo soltanto laddove ai servizi di manutenzione potesse riconoscersi effettivamente carattere accessorio, come assume l’appellante principale: ed è proprio tale carattere a essere messo in dubbio nel motivo di appello incidentale in esame, al fine di sostenere che i costi de quibus non avrebbero potuto essere scorporati e avrebbero dovuto invece essere esposti fin dall’inizio nell’ambito dei costi della manodopera.
Guida alla lettura
La sentenza del 15 ottobre 2025, n. 8047 costituisce, ad oggi, la pronuncia di maggior rilievo dell’anno 2025 in tema di verifica dell’anomalia delle offerte negli affidamenti di servizi ad alta intensità di manodopera, nonché un autentico punto di rottura rispetto all’orientamento – consolidatosi soprattutto presso il TAR Lombardia negli ultimi anni – che aveva progressivamente irrigidito il sindacato sulla sostenibilità del costo del lavoro, fino a sfociare in una inammissibile sostituzione della stazione appaltante e del giudice amministrativo alle scelte organizzative e gestionali dell’operatore economico.
Con motivazione di eccezionale ampiezza e chiarezza, la Terza Sezione riforma integralmente la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. I, 4 novembre 2024, n. 1118, che aveva accolto il ricorso di Innova S.p.A. e disposto l’esclusione del Consorzio Nazionale Servizi (CNS) dall’aggiudicazione del Lotto 1 della procedura aperta indetta da ARIA S.p.A. per l’affidamento dei servizi di pulizia e sanificazione degli enti del Servizio Sanitario Regionale lombardo (CIG 967192335A – valore a base di gara € 84.595.964,20).
Nel dettaglio: il giudice di primo grado ha accolto il ricorso di Innova S.p.A., annullando l’aggiudicazione a CNS sul presupposto che l’offerta fosse globalmente insostenibile. Tale conclusione poggiava su un approccio marcatamente aritmetico-rigido: il costo del lavoro doveva necessariamente risultare dal prodotto tra l’intero monte ore stimato dal capitolato e il costo orario medio delle tabelle ministeriali o provinciali; ogni scostamento in diminuzione veniva considerato automaticamente sintomatico di inaffidabilità. Inoltre, il TAR ha ritenuto obbligatoria l’indicazione analitica nell’offerta del numero di ore per qualifica e del trattamento economico separato di singole figure (anche in subappalto) e ha giudicato insufficiente un accantonamento complessivo per i futuri incrementi CCNL, pretendendone una scomposizione puntuale per anno e per livello.
Il Consiglio di Stato, riformando integralmente la sentenza impugnata, opera una vera e propria inversione di paradigma, enunciando in termini dichiarativi (5.1-5.5) principi destinati a orientare durevolmente la giurisprudenza futura.
In primo luogo, viene definitivamente superata la rigida equazione “ore stimate dal capitolato × costo orario tabellare = costo minimo intangibile”. Il Collegio distingue con nettezza tra monte ore contrattuale (o teorico), che rappresenta una mera stima della stazione appaltante, e monte ore effettivamente lavorate, che l’operatore economico può legittimamente ridurre grazie a una più efficiente organizzazione (minore assenteismo, ottimizzazione dei turni, impiego di tecnologie, gestione centralizzata delle sostituzioni). Ne consegue il divieto di duplicare i costi della manodopera: il costo del lavoro va computato una sola volta nella sua dimensione reale e non può essere artificiosamente gonfiato sommando ore teoriche e ore effettive.
La divergenza chiave che si ottiene da questo confronto risiede nel metodo di approccio del controllo per l’applicazione delle tabelle salariali. Il TAR adotta un controllo “intrinseco e analitico” (calcolo matematico rigido), mentre il Consiglio di Stato impone un sindacato “estrinseco e globale” (congruità complessiva), tutelando la discrezionalità tecnicaesercitata . Ne consegue che l’impresa è pienamente legittimata a conseguire la medesima prestazione contrattuale con un monte ore complessivo inferiore, purché dimostri – con giustificazioni tecniche credibili e non manifestamente irragionevoli – di raggiungere il medesimo risultato qualitativo e quantitativo attraverso:
- minore assenteismo;
- ottimizzazione dei turni e delle sostituzioni;
- gestione centralizzata delle ferie e dei permessi;
- impiego di tecnologie e macchinari più performanti;
- modelli organizzativi più efficienti (es. polivalenza del personale, rotazione intelligente, ecc.).
Il Collegio richiama espressamente, a conforto di tale conclusione, le precedenti pronunce della stessa Sezione: Cons. Stato, III, 11 aprile 2025, n. 3080; Id., 2 aprile 2025, n. 2769che avevano già anticipato la distinzione tra “monte ore contrattuale” (o teorico, stimato dalla stazione appaltante) e “monte ore effettivamente lavorate” (o reale, frutto della discrezionalità tecnica dell’impresa).
In secondo luogo, viene escluso qualsiasi obbligo – salvo espressa previsione della lex specialis – di indicare nell’offerta il numero esatto di ore per qualifica o di articolare separatamente il trattamento economico di figure specifiche (come i tre manutentori o i due direttori tecnici). Il monte ore reale resta una scelta organizzativa interna coperta dalla discrezionalità tecnica dell’imprenditore. Il Consiglio di Stato esclude qualsiasi obbligo di indicazione "separata e analitica" dei costi per figure specifiche in subappalto, richiamando il verbale di verifica dell'anomalia (18-31 ottobre 2024) che già includeva tale voce nei giustificativi complessivi. Il principio affermato è che non sussiste un onere di scomposizione puntuale per qualifica, salvo espressa previsione della lex specialis; basta la congruità globale. Tale approccio evita la "micro-gestione giudiziale" dei costi interni all'impresa. Alla luce di quanto emerso il TAR enfatizza l'"analiticità formale" come requisito escludente, mentre il Consiglio di Stato la derubrica a elemento non essenziale, priorizzando la sostenibilità complessiva (ribasso del 9% ritenuto "fisiologico").
In terzo luogo, il giudizio di anomalia deve rimanere rigorosamente estrinseco e globale: il giudice e la stazione appaltante non possono mai sconfinare nella micro-gestione delle scelte imprenditoriali né imporre un diverso modello organizzativo. Un accantonamento precauzionale complessivo di € 1.300.000 per gli incrementi contrattuali fino al 31 dicembre 2027 è ritenuto più che ragionevole, senza necessità di ulteriore analiticità. Su questo punto il TAR ha ritenuto l'offerta "insostenibile" per carenza di accantonamento specifico per gli incrementi contrattuali (stimati in oltre € 1.720.000), qualificando tale assenza come "irragionevolezza manifesta". Il giudice ha imposto un calcolo "puntuale e segregato" per ciascun anno, censurando l'approccio "generico" di CNS e ravvisando una "sottostima sistemica" che rendeva l'offerta "non affidabile in fase esecutiva". Da quanto è emerso, il TAR richiede una "segregazione analitica" (calcolo per scaglioni temporali), mentre il Consiglio di Stato privilegia la "ragionevolezza complessiva", allineandosi alla giurisprudenza recente (Cons. Stato, sez., III, 10 aprile 2025, n. 3080).
Infine, il ribasso del 9% circa è considerato fisiologico in un settore altamente concorrenziale e non giustifica di per sé un giudizio di inaffidabilità. Con questi principi il Consiglio di Stato chiude definitivamente la stagione del “calcolo da ragioniere” in sede giurisdizionale, restituendo al giudizio di anomalia la sua natura sintetica e pro-concorrenziale e ricollocando al centro la libertà d’impresa e l’efficienza organizzativa dell’operatore economico.
La sentenza n. 8047/2025 si impone pertanto come leading case del 2025 e riferimento ineludibile per tutte le future verifiche di congruità nei servizi di pulizia, ristorazione collettiva, vigilanza, facchinaggio, contact center e, più in generale, in ogni settore ad alta intensità di manodopera. La sentenza è giustamente rigorosa, ma pericolosamente miope sul piano dell’innovazione. Il futuro del diritto delle gare pubbliche passa da una verifica di congruità sostanziale e contestualizzata, non da un’applicazione meccanica di tabelle.
Pubblicato il 15/10/2025
N. 08047/2025REG.PROV.COLL.
N. 03646/2025 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3646 del 2025, proposto da CNS - Consorzio Nazionale Servizi Soc. coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 967192335A, rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico Di Ienno e Michele Lombardo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Enrico Di Ienno in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 33,
contro
Innova S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Fuda, Fabio Todarello e Ugo Luca Savio De Luca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
nei confronti
dell’Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti - ARIA S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppina Squillace, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
e con l'intervento di
ad adiuvandum
ASST Gaetano Pini - CTO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Maurizio Piero Zoppolato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima) n. 1118/2025, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti - ARIA S.p.a. e di Innova S.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 17 luglio 2025, il Cons. Angelo Roberto Cerroni e uditi per le parti gli avvocati come in atti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. – Con Determinazione n. 236 del 9 marzo 2023, l’Azienda Regionale per l’innovazione e gli Acquisti - ARIA S.p.a. (qui di seguito, breviter, ARIA), ha indetto una procedura aperta per l’affidamento, in convenzione, del servizio di ristorazione per gli Enti del Sistema Sanitario Regionale, per la durata di 40 mesi, con possibilità di estensione temporale di ulteriori sei mesi nel caso in cui alla scadenza naturale l’importo massimo contrattuale non fosse stato completamente eroso; la gara è stata suddivisa in sette lotti geografici da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
1.1. – Viene qui in rilievo il Lotto 1 avente ad oggetto il servizio di ristorazione presso l’ASST Centro Specialistico Ortopedico Traumatologico Gaetano Pini/CTO, l’ASST Santi Paolo e Carlo e Fondazione I.R.C.C.S., Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico con valore a base d’asta € 84.596.964,200.
Hanno partecipato alla procedura, tra gli altri, il CNS – Consorzio Nazionale Servizi Soc. coop. (qui di seguito, breviter, CNS) e Innova S.p.a. (inde, Innova). All’esito delle operazioni di gara il CNS si è classificato primo con un punteggio totale di 86,89, avendo ottenuto 62,25 punti per l’offerta tecnica e 24,64 per quella economica, mentre Innova si è classificata al secondo posto in quanto assegnataria di 80,25 punti complessivi di cui 50,25 punti per l’offerta tecnica e 30,00 per quella economica.
1.2. – Dopo un lungo subprocedimento di verifica dell’anomalia, con il verbale n. 9 dell’11 aprile 2024, il RUP ha dato atto che l’offerta di CNS, pur essendo risultata anormalmente bassa ai sensi dell’art. 97, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016 e presentando “un ribasso rispetto alla base d’asta pari al 8,20%”, tuttavia, è “nel suo complesso articolata risultando regolare in relazione alle caratteristiche del servizio da espletare e pertanto congrua”. Conseguentemente, la stazione appaltante, con determinazione n. 686 del 25 giugno 2024, ha disposto l’aggiudicazione del lotto 1 a CNS.
2. – Avverso l’aggiudicazione è, quindi, insorta Innova con ricorso giurisdizionale innanzi al TAR per la Lombardia teso a contestare la mancata esclusione dell’appellante a motivo della presunta modifica dei costi per la manodopera e per l’anomalia dell’offerta. ARIA, in ragione delle doglianze proposte da Innova incentrate sulla verifica di anomalia, con Determinazione del Direttore Generale n. 1064 del 3 ottobre 2024, ha disposto l’annullamento in autotutela della predetta aggiudicazione del Lotto 1.
2.1. – È stata, quindi, riattivata la procedura di anomalia con riguardo alle seguenti voci di costo della manodopera:
a) per € 1.252.214,44 dovuta all’applicazione dei costi orari previsti dalla Tabelle Ministeriali della Provincia di Milano;
b) per € 481.681,20 afferente all’impiego di n. 3 manutentori indicati nel documento ‘Modello Organizzativo’ allegato all’offerta del CNS;
c) per € 423.456,00 relativo all’impiego di n. 2 Direttori Tecnici del servizio, nel documento ‘Modello Organizzativo’ allegato all’offerta del CNS;
d) per l’assenza di una voce di costo a copertura del maggior onere connesso all’aggiornamento del C.C.N.L. di riferimento, con incrementi scaglionati nel periodo dal 1° giugno 2024 fino al 31 dicembre 2027.
All’esito dei chiarimenti di CNS l’offerta è stata ritenuta nuovamente congrua e sostenibile da ARIA con conseguente conferma dell’aggiudicazione del lotto 1.
3. – Innova ha, quindi, impugnato con motivi aggiunti la nuova aggiudicazione innanzi al TAR per la Lombardia deducendo l’illegittima modifica dei costi della manodopera in corso di verifica dell’anomalia, mercè rinvio al criterio delle “ore mediamente lavorate” in luogo del monte ore contrattuale, nonché l’inosservanza dell’onere di indicazione separata dei costi della manodopera e il grave difetto istruttorio in sede di riesame della verifica dell’anomalia.
4. – Il giudice di prime cure ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo e ha accolto i motivi aggiunti ritenendo che il CNS abbia presentato un’offerta economica globalmente insostenibile a causa della complessiva irragionevolezza della sottostima dei costi della manodopera, nonché della mancata indicazione del trattamento salariale minimo per i tre manutentori in subappalto ai sensi degli artt. 95, co. 10, e 97, co. 5, lett. d), d.lgs. n. 50/2016. Più nello specifico, il TAR ha ritenuto che il CNS avrebbe dovuto stimare la sua offerta economica sulla base delle ore contrattuali indicate nel progetto tecnico che esprimono l’impegno negoziale del concorrente in relazione alla commessa (c.d. ore contrattuali) e non sulla base delle ore mediamente lavorate di cui alle tabelle ministeriali per poi moltiplicarle per il costo medio orario indicato nelle tabelle ministeriali o per quello inferiore eventualmente comprovato sulla scorta di una efficiente organizzazione aziendale; inoltre, la mancata indicazione dei costi per l’attività lavorativa svolta dai tre manutentori, oltre a rappresentare una sottostima non giustificata, violerebbe gli art. artt. 95, comma 10, e 97, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 50/2016, con conseguente automatica esclusione dell’operatore dalla gara. CNS avrebbe inoltre sottostimato l’onere per l’aggiornamento del CCNL di riferimento, e non avrebbe congruamente giustificato i risparmi di spesa collegati comunque all’organizzazione imprenditoriale delle consorziate esecutrici.
4.1. – Il TAR ha, quindi, concluso che la proposta negoziale di CNS, a fronte di un utile di impresa stimato pari a € 2.329.800,39, reca quanto meno una sottostima di oltre € 4.050.000,00 che la rende non remunerativa per circa € 1.720.000,00 e quindi non affidabile in fase esecutiva.
In considerazione della globale insostenibilità dell’offerta economica per l’irragionevolezza nella sottostima dei costi della manodopera il giudice di prime cure ha, quindi, disposto recta via l’esclusione dell’operatore dalla gara, in luogo di una nuova rinnovazione della verifica dell’anomalia dell’offerta, col contestuale annullamento della determinazione di aggiudicazione in favore del CNS.
4.2. – In seguito alla sentenza del TAR, ARIA, con determinazione n. 283 del 4 aprile 2025, ha disposto l’annullamento della determinazione n. 1154 del 4 novembre 2024 di (ri)aggiudicazione a CNS del lotto 1, la risoluzione della Convenzione stipulata in data 31 dicembre 2024 e l’esclusione di CNS dal Lotto 1.
5. – CNS ha appellato la sentenza del TAR Lombardia deducendo plurimi profili di censura per error in iudicando così rubricati:
5.1. – Inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti originario.
Il Consorzio appellante lamenta l’esercizio indebito da parte del primo giudice di un sindacato di merito sull’attività valutativa svolta dalla stazione appaltante in seno alla sub-procedura di verifica dell’anomalia.
5.2. – Violazione e falsa applicazione degli artt. 95 e 97 del d.lgs. n. 50/2016. Congruità e attendibilità dell’offerta. Difetto e illogicità della motivazione, travisamento dei fatti, irragionevolezza. Ingiustizia manifesta. Erronea valutazione di elementi fattuali decisivi per il giudizio.
A detta dell’appellante CNS, il TAR avrebbe irragionevolmente affermato la globale insostenibilità dell’offerta di CNS senza considerare il complessivo insieme dei costi dell’intera offerta, facente parte di una proposta contrattuale di oltre 77 milioni di euro formulata dal CNS.
Inoltre, il primo giudice avrebbe erroneamente ricostruito il costo della manodopera, giacché, secondo CNS, il numero di ore teoriche di impegno dei dipendenti dovrebbero essere tradotte in “ore mediamente lavorate” prima di essere moltiplicate per il “costo medio orario”, al fine di individuare correttamente i costi per la manodopera. Inoltre, il TAR avrebbe erroneamente ritenuto l’offerta di CNS sottostimata in relazione all’aggiornamento del C.C.N.L. di riferimento, con gli incrementi a partire dal 1° giugno 2024 e non giustificata per la quota di risparmi di spesa collegati all’organizzazione imprenditoriale delle consorziate esecutrici.
5.3. – Violazione e falsa applicazione degli artt. 95 e 97 del d.lgs. n. 50/2016. Difetto assoluto e illogicità della motivazione, travisamento dei fatti, irragionevolezza. Erronea valutazione di elementi fattuali e dei documenti decisivi per il giudizio.
CNS impugna la sentenza anche nella parte in cui afferma che l’“Esclusione […] trova altresì autonoma ragione a causa della mancata indicazione del trattamento salariale minimo per i 3 manutentori in subappalto ai sensi degli artt. 95, comma 10 e 97, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 50/2016” – omissione che non consentirebbe di verificare il rispetto delle previsioni della normativa richiamata sul trattamento salariale minimo anche per tali figure professionali impiegate in subappalto. A detta dell’appellante, dalla documentazione versata in atti, con specifico riferimento alla rinnovata verifica dell’anomalia avvenuta col verbale 18/31 ottobre 2024, emergerebbe che il CNS ha distintamente dato atto di tali trattamenti salariali nelle giustificazioni rese, evidenziando l’osservanza dei minimi salariali inderogabili previsti dalla contrattazione collettiva e, comunque, l’eventuale sottostima non avrebbe potuto condurre all’esclusione de plano dell’operatore economico, bensì all’ulteriore approfondimento istruttorio da parte della stazione appaltante.
6. – Si è costituita in giudizio ARIA che rappresenta, preliminarmente, di aver provveduto all’annullamento dell’aggiudicazione del lotto 1 disposta in favore di CNS, con determinazione n. 283 del 4 aprile 2025, senza prestare acquiescenza alla pronuncia di prime cure. Ha poi argomentato nel merito chiedendo l’accoglimento dell’appello.
7. – È intervenuto ad adiuvandum nel giudizio di appello ASST Gaetano Pini-CTO, quale amministrazione destinataria del servizio ricompreso nel lotto 1, la quale aveva siglato con CNS in data 7 marzo 2025 il contratto attuativo della convenzione stipulata tra Aria e CNS, con avvio del servizio di ristorazione dal 1° aprile 2025. L’interveniente, nella qualità di destinataria del servizio, ha lamentato la mancata notifica del ricorso di primo grado e l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti per invasione della sfera tecnico-discrezionale riservata alla PA oltre a svolgere argomenti difensivi a sostegno dell’accoglimento del gravame.
8. – Innova, quale controinteressata, ha svolto motivate difese per la reiezione del gravame insistendo in particolare sull’insostenibilità dell’offerta conseguente ai maggiori costi derivanti dalla corretta applicazione delle tabelle provinciali, dai costi per la manodopera dei tre operai manutentori i cui costi non sarebbero stati considerati da CNS e dall’aumento salariale previsto dall’aggiornamento del CCNL di riferimento.
8.1. – Innova ha altresì spiegato appello incidentale condizionato avverso la sentenza di prime cure nella parte in cui non si è pronunciata in relazione al secondo motivo di ricorso per motivi aggiunti, nonché, pur accogliendo il terzo motivo di ricorso, ha affermato che i costi relativi al servizio svolto in subappalto da tre manutentori possano essere ricompresi nella voce “spese generali”, e nella parte in cui ha in parte respinto nel merito il quarto motivo di ricorso nella parte in cui non accoglie le censure dedotte in via preliminare da Innova in relazione all’inammissibilità della voce di accantonamento vantata da CNS in conseguenza dell’applicazione dei più vantaggiosi parametri di incidenza INAIL della consorziata.
8.2. – Segnatamente, Innova ha riproposto, in via subordinata all’eventuale accoglimento dell’appello principale, il secondo motivo svolto nel ricorso per motivi aggiunti in cui denuncia la mancata esclusione di CNS per aver fornito informazioni false laddove ha affermato in sede di giustifiche che “il monte ore complessivo riportato nel documento denominato “L1_ARIA_2023_048_Dichiarazione Offerta economica”, così come quello riportato nella relazione tecnica, si intendono ore teoriche/contrattuali” mentre tali ore erano evidentemente quelle effettive (mediamente lavorate).
Dipoi, l’appellante incidentale censura in parte qua l’accoglimento del terzo motivo laddove il primo giudice, con riguardo ai tre manutentori, afferma che “possa ritenersi legittimo allocare i costi per servizi accessori da eseguirsi in subappalto nella voce “spese generali”. Infine, con riguardo al quarto motivo, Innova insiste sulla mancata considerazione di una serie di voci di costo, minimamente prese in considerazione da ARIA, neppure in sede di riesame, che però avrebbero determinato l’evidente insostenibilità dell’offerta presentata da CNS con conseguente esclusione dello stesso dalla gara. In particolare, CNS in sede di redazione dell’offerta non avrebbe potuto in alcun caso giustificare il minor tasso di incidenza INAIL richiamando i dati pertinenti alla consorziata Authentica S.p.a. giacché tale società è il risultato di una serie di operazioni societarie svoltesi successivamente alla data ultima per presentare le offerte nella procedura oggetto del presente contenzioso.
9. – Espletato lo scambio di memorie difensive ex art. 73 cod. proc. amm. la causa è stata discussa all’udienza pubblica del 17 luglio 2025 e conseguentemente spedita in decisione.
DIRITTO
1. – Il Collegio accoglie preliminarmente l’eccezione sollevata da Innova S.p.a. di inammissibilità della perizia tecnica prodotta dall’appellante, trattandosi di nuova prova prodotta per la prima volta in grado di appello in assenza di sopravvenienze oggettive in violazione del divieto di cui all’articolo 104, comma 2, c.p.a. (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. VII, 18 febbraio 2025, n. 1381; id., sez. IV, 10 febbraio 2025, n. 1080; id., sez. VI, 14 novembre 2023, n. 9753).
Al riguardo, è condivisibile l’assunto dell’appellata secondo cui attraverso la perizia ex novo prodotta l’appellante mira a ulteriormente argomentare la congruità della propria offerta, sviluppando il thema decidendum attraverso un mezzo di prova che avrebbe dovuto essere prodotto in prime cure, a nulla rilevando l’obiezione che l’esigenza istruttoria sia asseritamente sorta in funzione della confutazione delle statuizioni sfavorevoli del TAR.
Né, per quanto si vedrà nel prosieguo, il Collegio ravvisa la necessità di attivare ex officio un autonomo approfondimento istruttorio che corrobori la disamina dei contrapposti argomenti fatti valere dalle parti in causa.
2. – Dipoi, va scrutinata l’eccezione articolata dall’interveniente ASST Pini, che adombra l’inammissibilità del ricorso di primo grado per omessa notificazione a essa stessa, quale “destinataria del servizio” oggetto dell’affidamento per cui è causa.
Il rilievo ostativo va disatteso in ragion del fatto che, ai fini dell’ammissibilità del gravame in caso di impugnazione di una gara di appalto svolta in forma aggregata da un soggetto per conto e nell’interesse anche di altri enti, il ricorrente è onerato esclusivamente della notifica nei confronti della pubblica amministrazione che ha emesso gli atti impugnati - nella specie, ARIA quale stazione appaltante - e non anche nei riguardi delle altre amministrazioni che compongono l’aggregazione le quali, pur dovendo successivamente stipulare uno specifico contratto con l’aggiudicatario, non abbiano preso parte alla procedura (v. Cons. St., Ad. Plen., 18 maggio 2018, n. 8).
3. – Per completare la disamina delle eccezioni preliminari in rito, va, infine, esaminata la prospettata inammissibilità del ricorso di primo grado, riproposta da ARIA - che si è costituita aderendo alle domande di parte appellante -, articolata – per asserita violazione del divieto di venire contra factum proprium – sul rilievo che, avendo le originarie ricorrente e controinteressata “stimato costi simili” nelle rispettive offerte, l’offerta di Innova S.p.a. sarebbe “in astratto” affetta dagli stessi profili di anomalia che essa ha lamentato in relazione a quella dell’originaria aggiudicataria.
3.1. – L’eccezione è infondata.
In primis, siffatta obiezione avrebbe dovuto trovare ritualmente ingresso nel giudizio di primo grado mediante impugnazione incidentale “escludente” avente ad oggetto l’ammissione alla procedura della stessa ricorrente – iniziativa che non è stata con tutta evidenza utilmente intrapresa né dall’Amministrazione, né dalla controinteressata – di tal ché essa non può essere dedotta nel presente giudizio nella veste di mera eccezione.
3.2. – Inoltre, in disparte le repliche con le quali l’appellante evidenzia i profili differenziali relativi ai costi indicati nelle due offerte, con particolare riguardo ai costi della manodopera, posti a base della ritenuta insostenibilità dell’offerta originariamente risultata aggiudicataria, l’eccezione non sarebbe scrutinabile favorevolmente in quanto presupponente uno scrutinio su poteri non ancora esercitati ex art. 34, co. 2, c.p.a. consistente, in sostanza, nel vaglio congetturale sull’esito dell’eventuale esercizio del potere di verifica dell’anomalia dell’offerta di Innova, una volta accolta l’impugnazione principale e riaperta la procedura di gara.
4. – Spostando ora il fuoco della disamina sul merito della controversia, il Collegio deve esaminare il primo profilo di censura con il quale l’appellante principale reitera l’eccezione di inammissibilità dei motivi aggiunti di primo grado, in quanto a suo dire sollecitante un sindacato sul merito delle valutazioni discrezionali compiute dall’Amministrazione in sede di verifica della congruità dell’offerta risultata prima in graduatoria, con non consentito travalicamento dei limiti del sindacato giurisdizionale ammissibile in subiecta materia.
4.1. – La doglianza deve essere pianamente respinta a mente della costante giurisprudenza amministrativa per cui la valutazione di anomalia costituisce espressione della discrezionalità tecnica di cui l’Amministrazione è titolare per il conseguimento e la cura dell’interesse pubblico ad essa affidato dalla legge, e, come tale, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza o travisamento dei fatti (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 30 luglio 2025, n. 6748). Sicché, il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni operate dalla stazione appaltante in ordine al giudizio di anomalia dell’offerta non può estendersi oltre l’apprezzamento della loro intrinseca logicità e ragionevolezza, nonché della congruità della relativa istruttoria, essendo preclusa all’organo giurisdizionale la possibilità di svolgere un’autonoma verifica circa la sussistenza o meno dell’anomalia, trattandosi di questione riservata all’esclusiva valutazione dell’Amministrazione (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 28 agosto 2024, n. 784; id., 29 aprile 2024, n. 3854).
Tenuto conto che nelle ipotesi di giudizio favorevole di congruità dell’offerta la stazione appaltante non è tenuta ad una motivazione analitica, la concorrente che voglia dolersi dell’omessa esclusione non ha alternativa al dedurre cause specifiche che cagionino, a suo dire, l’insostenibilità economica dell’offerta comprovandole con le opportune allegazioni probatorie e articolandole in circostanziate censure che giocoforza devono prendere le mosse dal corredo giustificativo prodotto dall’aggiudicataria.
4.2. – Dipoi, la riedizione dei calcoli di convenienza economica condotta sulla scorta della documentazione tecnico-economica versata agli atti di gara costituisce di norma un esercizio algebrico pianamente esperibile sia dalla parte, sia dal giudice amministrativo fintantoché non postuli apprezzamenti incidentali di merito o comunque intrinsecamente opinabili in quanto espressione del nucleo duro della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione: nel caso di specie, come meglio si argomenterà nel prosieguo, la ricorrente di primo grado ha circoscritto in modo puntuale le voci di costo che non risultavano congruamente dimensionate in virtù di circostanziate considerazioni tecnico-giuridiche le quali non impingono nella sfera di opinabilità insindacabile della discrezionalità tecnica. Indi, i profili di erroneità o inadeguatezza della valutazione di congruità effettuata dalla stazione appaltante decampano a pieno titolo nell’ambito della manifesta illogicità o irragionevolezza pianamente sindacabile da questo Collegio nella giurisdizione generale di legittimità.
5. – Neanche il secondo motivo di appello si appalesa conferente.
5.1. – In primis non può essere condiviso nella parte cui censura le conclusioni del primo giudice laddove ha ritenuto che l’offerta economica dell’odierna appellante principale scontasse una sottostima del costo della manodopera, emersa in sede di verifica allorché la stazione appaltante ha chiesto di applicare le Tabelle Ministeriali della Provincia di Milano in luogo di quelle nazionali, con ciò facendo sì che in sede di giustificazioni la società interessata operasse una modifica in minus del proprio monte ore rispetto a quello risultante dall’offerta.
Come visto in narrativa, l’assunto da cui prende l’abbrivio l’appellante si può riassumere nella considerazione che il monte ore indicato nell’offerta – e su questo vi sarebbe stato l’errore del primo giudice – sarebbe quello “teorico”, riveniente anche dalla necessità di riassorbire tutto il personale già impiegato dal gestore uscente, e non esprimerebbe il quantitativo effettivo delle ore di lavoro che l’offerente si impegna a prestare. Di contro, in sede di giustificazioni sarebbe fisiologico computare un monte ore diverso da quello indicato in offerta, perché quest’ultimo deve tenere conto anche dei costi sostenuti per le sostituzioni dei lavoratori assenti per ferie, malattie etc., mentre in sede di verifica dell’anomalia deve tenersi conto delle ore effettivamente lavorate, essendo i costi della sostituzione già compresi nell’offerta economica e diversamente avendosi una duplicazione degli stessi (sul punto viene richiamata pacifica giurisprudenza). In estrema sintesi, CNS insiste anche nelle memorie difensive nell’affermare che le ore mediamente lavorate complessive (rectius: ore effettive) nei cinque anni di durata del servizio devono essere moltiplicate per il costo orario individuato dalle Tabelle ministeriali della Provincia di Milano ottenendo così il costo della manodopera complessivo (euro 29.463.798) dal cui riscontro si evince che l’offerta di CNS sarebbe capiente e congrua, comportando addirittura un accantonamento precauzionale di circa € 1.300.000,00, per eventuali ulteriori extra costi della manodopera.
5.2. – Tale modus procedendi è fallace e non può essere condiviso dal Collegio a mente della costante giurisprudenza amministrativa formatasi sul punto giusta la quale nelle gare in cui – come nel caso che qui occupa – la lex specialis non stabilisca un monte ore minimo inderogabile, ma si limiti a richiedere lo svolgimento di un determinato quantitativo di servizi, il numero di ore indicate dal concorrente nella propria offerta corrisponde al “monte ore contrattuale”, ossia alle ore di lavoro che l’offerente si obbliga a svolgere per l’esecuzione del servizio, e non a un “monte ore teorico”. Segnatamente, il monte ore contrattuale si riferisce al rapporto tra stazione appaltante ed appaltatore, ovvero alla quantità di prestazioni che il secondo dovrà erogare a favore della prima, integrando, in sostanza, l’obbligazione principale dell’appaltatore nell’ambito del sinallagma contrattuale tra le parti, che si riverbera sui profili obbligatori del contratto, mentre il monte ore teorico si riferisce al rapporto tra lavoratore e datore di lavoro, ovvero all’obbligazione principale del lavoratore nell’ambito di un rapporto d’impiego: il costo della manodopera va determinato dalle ore contrattuali offerte in gara, sicché è su tale valore, e non sulle ore mediamente lavorate, che deve giustificarsi il costo orario complessivo (cfr. Cons. Stato, sez. III, 10 aprile 2025, n. 3080).
I copiosi richiami giurisprudenziali operati dall’appellante, pur avallando certamente l’affermata diversità tra il numero delle ore di lavoro indicate nell’offerta e quello considerato in sede di verifica dell’offerta sospetta di anomalia, non smentiscono il consolidato assunto per cui quello individuato nell’offerta costituisce di regola il “monte ore contrattuale”, ossia quello dal quale comunque si deve muovere – detratti i costi delle sostituzioni – quando si tratti di giustificare la congruità dell’offerta con riferimento ai costi della manodopera (cfr. in particolare Cons. Stato, sez. III, 2 aprile 2025, n. 2769, che enuclea in chiave definitoria le nozioni di “monte ore contrattuale” e “monte ore reale o effettivo” precisando che il primo è rappresentato dal numero di ore di lavoro indicate in offerta e rappresentante l’impegno contrattuale assunto dal concorrente nei confronti dell’Amministrazione al fine di assicurare la suddetta quantità di servizi, il secondo esprime il numero di ore lavorate al netto delle sostituzioni, e del quale – come pure si è detto – si tiene conto in sede di verifica della congruità dei costi della manodopera).
5.3. – Orbene, calando queste coordinate ermeneutiche al caso di specie, CNS ha presentato nell’offerta tecnica un progetto imprenditoriale che prevede l’impiego di 239 unità di personale per 7.228 ore settimanali che, proporzionate al lasso quinquennale della commessa, ammontano a 1.886.508 ore quale “monte ore contrattuale”.
Di contro, lo stesso CNS ha stimato nell’offerta economica il costo della manodopera in relazione a 236 unità di personale - con esclusione, quindi, dei tre manutentori il cui costo viene imputato alla voce “spese generali” - per un monte orario, proporzionato al periodo della commessa, pari a 1.563.746,80 ore indicato espressamente nell’offerta, quantificando un costo per la manodopera pari a € 29.463.798,36 in applicazione dei minimi tabellari del CCNL Settori pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo.
Senonché, in sede di seconde giustificazioni (in riscontro alla richiesta di chiarimenti del 27 febbraio 2024) l’appellante ha indicato di stimare il costo della manodopera proposto prendendo come base di riferimento le ore mediamente lavorate di cui alle tabelle ministeriali pari a 1.604 ore annuali per ogni unità (FTE) le quali sono state poi moltiplicate per il costo medio orario, sempre indicato nelle tabelle ministeriali, in relazione ad ogni singola figura professionale, per cinque anni. In questo modo, CNS è giunta a quantificare il costo per la manodopera pari a € 28.120.333,52 e quindi un costo inferiore a quello originariamente indicato in offerta pari a € 29.463.798,36. Il risparmio di costi (€ 1.343.464,84), che si è realizzato, è stato poi impiegato per giustificare la sottostima del costo della manodopera secondo le tabelle ministeriali provinciali.
A parere del Collegio, CNS – e il RUP – avrebbero dovuto ben diversamente moltiplicare il monte ore contrattuale (1.886.508 ore) per il costo medio orario risultante dalle tabelle ministeriali per la Provincia di Milano: approssimando tale costo medio orario a 19,71 euro per ora – valore ripreso dalla stessa perizia di parte - per una mera proiezione in questa sede si giungerebbe ad un costo della manodopera ben più alto e pari ad euro 37.183.072, assolutamente insostenibile sotto ogni punto di vista. Ne riviene che tale aggravio assorbirebbe innanzitutto il primo importo evidenziato a titolo di accantonamento pari a 1.300.000 per minor costo della manodopera, che come emerge dal calcolo corretto, non sussiste affatto.
Indipendentemente dai computi di dettaglio, che resterebbero riservati al ri-esercizio del potere di verifica dell’anomalia dell’offerta, per quanto rileva ai fini del decidere, emerge in modo conclamato la fallacia metodologica seguita nella ricostruzione del costo della manodopera, tale da inficiare insanabilmente – come correttamente opinato in prime cure – il giudizio di congruità dell’offerta di CNS con assorbimento delle ulteriori deduzioni dell’appellante su presunti ulteriori risparmi di spesa all’evidenza inidonei a traguardare il differenziale che viene a generarsi applicando correttamente il monte ore contrattuale.
In conclusione, la doglianza deve essere recisamente respinta.
6. – In ordine logico, deve essere poi esaminato il terzo motivo di appello, con il quale è censurato l’ulteriore capo di decisione con cui è stata ritenuta illegittima anche la mancata indicazione dei costi della manodopera previsti per i tre lavoratori in subappalto addetti ai servizi di manutenzione: in sede di verifica, l’odierna appellante ha chiarito che tali costi erano stati allocati sotto la voce “Spese generali” (provvedendo anche a quantificarli e comunicarli alla stazione appaltante), e il T.A.R., da un lato, ha ritenuto legittimo tale “scorporo”, dall’altro, ha stigmatizzato il fatto che tali costi non fossero stati oggetto ab initio di indicazione separata, ciò precludendo alla stazione appaltante la verifica del rispetto del trattamento salariale minimo anche per questi lavoratori.
6.1. – Il thema decidendum concerne, dunque, l’omessa indicazione separata dei costi relativi ai tre manutentori e non già l’osservanza dei livelli minimi salariali previsti dalla contrattazione collettiva, che viene tutt’al più in rilievo in via mediata nelle cadenze argomentative del primo giudice giacché l’omessa esposizione di tali oneri risulterebbe di per sé impeditiva anche del riscontro di congruità rispetto ai minimi contrattuali di fonte collettiva.
Ciò premesso, giova richiamare le posizioni espresse dalla giurisprudenza in ordine al dovere di indicazione dei costi della manodopera, sancito dall’articolo 95, comma 10, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, con riguardo alla specifica ipotesi in cui alcune delle prestazioni oggetto dell’affidamento siano destinate a essere svolte tramite subappalto.
Al riguardo, si è affermato che in via generale il concorrente che intenda avvalersi del subappalto ha l’onere di rendere puntualmente edotta l’Amministrazione dell’effettivo costo del personale fornitogli dal subappaltatore, al fine di consentirle un effettivo controllo della sostenibilità economica dell’offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 marzo 2018, n. 1500); infatti, la previsione suindicata non può che essere estesa a tutti i costi che l’offerente, direttamente o indirettamente, sostiene per adempiere alle obbligazioni contrattualmente assunte, diversamente essa prestandosi a facili elusioni, se si consentisse di scorporare dal costo totale della manodopera il costo sostenuto dai subappaltatori.
6.2. – Tuttavia, la giurisprudenza che più approfonditamente si è occupata della questione ha anche operato significativi distinguo tra costi diretti della commessa - ossia i costi della manodopera che esegue il servizio oggetto dell’appalto, che devono essere indicati in sede di offerta - e costi indiretti - ossia i costi relativi al personale di supporto all’esecuzione dell’appalto o a servizi esterni, che non devono essere oggetto di dichiarazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2023, n. 782) – e tra i costi dei dipendenti impiegati stabilmente nella commessa, i quali devono essere indicati in sede di offerta in quanto voce di costo che può essere variamente articolata nella formulazione dell’offerta, e i costi relativi alle figure professionali impiegate in via indiretta, che operano solo occasionalmente, ovvero lo fanno in maniera trasversale a vari contratti, il cui costo non si presta ad essere rimodulato in relazione all’offerta da presentare per il singolo appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 agosto 2023, n. 7815).
6.3. – L’excursus del panorama giurisprudenziale appena sunteggiato impone di esaminare immediatamente in questa sede il secondo motivo dell’appello incidentale, logicamente preliminare ancorché proposto in via condizionata da Innova S.p.a., con il quale è censurata propria la prima parte del capo di decisione in esame, laddove il T.A.R. – prima di ritenere doverosa l’esclusione dell’offerta della controinteressata per altra ragione, ossia per la mancata indicazione separata dei costi della manodopera in subappalto – ha ritenuto legittimo lo scorporo di tali costi dall’indicazione dei costi complessivi della manodopera e la loro allocazione sotto la voce “Spese generali”; alla stregua della giurisprudenza sopra richiamata, è ragionevole ritenere che tale scorporo sarebbe legittimo soltanto laddove ai servizi di manutenzione potesse riconoscersi effettivamente carattere accessorio, come assume l’appellante principale: ed è proprio tale carattere a essere messo in dubbio nel motivo di appello incidentale in esame, al fine di sostenere che i costi de quibus non avrebbero potuto essere scorporati e avrebbero dovuto invece essere esposti fin dall’inizio nell’ambito dei costi della manodopera.
6.4. – Tanto precisato, il motivo incidentale coglie nel segno a mente del fatto che le attività di manutenzione in parola costituivano incontestatamente prestazioni da eseguire in maniera stabile e continuativa ai sensi della disciplina di gara, tanto da trovare tangibile rappresentazione in un impegno medio di 40 ore settimanali, dal che discende l’impossibilità di qualificarli come servizi “accessori” od “occasionali”, con correlata sottrazione all’obbligo di indicazione di cui all’articolo 95, comma 10, d.lgs. n. 50/2016. Ne riviene che il rinvio omnicomprensivo alle “Spese generali” posto in essere dal CNS si rivela un mero tentativo – irrimediabilmente tardivo - di giustificare tale voce di costo in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta a dispetto del chiaro onere di immediata e separata esposizione dei costi di manodopera nell’offerta economica.
Il Collegio deve, quindi, concludere, in parziale ricalibratura dell’iter argomentativo della pronuncia di prime cure, che il CNS, nel conglobare i costi previsti per i tre manutentori in subappalto nella voce indistinta appostata per le “Spese generali”, ha mancato di assolvere compiutamente all’onere di esplicita rappresentazione dei costi della manodopera ex art. 95, co. 10, d.lgs. n. 50/2016 inficiando la propria offerta con effetto conclusivamente escludente.
7. – Alla luce delle considerazioni svolte, l’appello principale deve essere integralmente rigettato, mentre l’appello incidentale deve trovare accoglimento parziale limitatamente al secondo motivo di censura per quanto rileva agli effetti della conferma con diversa motivazione della statuizione di prime cure e della correlata esclusione dell’offerta di CNS dalla procedura e deve essere dichiarato improcedibile per i restanti motivi.
8. – La peculiarità della controversia giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello principale e sull’appello incidentale, come in epigrafe proposti, dispone quanto segue:
1) respinge l’appello principale;
2) accoglie in parte qua l’appello incidentale e lo dichiara improcedibile per il resto;
3) per l’effetto, conferma la sentenza impugnata con diversa motivazione;
4) compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 luglio 2025 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco, Presidente
Nicola D'Angelo, Consigliere
Ezio Fedullo, Consigliere
Luca Di Raimondo, Consigliere
Angelo Roberto Cerroni, Consigliere, Estensore