Cons. Stato, sez. V, 20 novembre 2025, n. 9074

La responsabilità della pubblica amministrazione da illegittima aggiudicazione di una gara d’appalto si inquadra, com’è noto, nello schema generale dell’illecito extracontrattuale.

Fatta salva l’irrilevanza dell’elemento soggettivo, grava, quindi, sul soggetto leso, ai sensi dell’art. 2967 cod. civ., l’onere di dimostrare la sussistenza di tutti i restanti elementi costitutivi della fattispecie aquiliana, tra i quali, in particolare, l’esistenza di un danno, atteso che, in considerazione della funzione compensativo-risarcitoria della responsabilità ex art. 2043 cod. civ., dalla riconosciuta illegittimità di provvedimento amministrativo non discende, a favore del destinatario degli effetti lesivi dell’atto, un automatico diritto a ottenere il risarcimento.

 È principio pacifico che, al fine di ottenere il risarcimento per equivalente, il concorrente illegittimamente pretermesso dall’aggiudicazione, sia, tra l’altro, tenuto a fornire la rigorosa prova del danno subito, sia nell’an, sia nel quantum.

E invero, come si ricava dall’art. 124, comma 1, c.p.a., in base al quale “se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto il giudice dispone il risarcimento per equivalente del danno subito e provato”, trova piena applicazione il principio dispositivo, il quale non è temperato, in punto di tutela risarcitoria, dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento.

Guida alla lettura

Lo scorso 20 novembre, con la pronuncia n. 9074, la V Sezione del Consiglio di Stato ha affrontato nuovamente il tema della dell’onere della prova che incombe sul soggetto leso da provvedimento amministrativo illegittimo, più nello specifico da illegittima aggiudicazione di una gara d’appalto, affinché lo stesso abbia diritto al risarcimento per equivalente.

I Giudici di Palazzo Spada partono dall’assunto ormai consolidato in giurisprudenza che la responsabilità della pubblica amministrazione per illegittima aggiudicazione di una gara d’appalto si inquadra nello schema generale dell’illecito extracontrattuale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 14 febbraio 2023, n. 1552; Id., 4 luglio 2022, n. 5554).

Pertanto, il danneggiato che agisca per ottenere il risarcimento del danno deve, ai sensi dell’art. 2967 cod. civ., dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie aquiliana, eccezion fatta per l’elemento soggettivo.

Infatti, le regole generali elaborate dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato che disciplinano la materia sono le seguenti:

  • l’imputazione opera in termini obiettivi, che prescindono dalla colpa della stazione appaltante, in quanto (in conformità alle indicazioni di matrice eurounitaria) la responsabilità assolve ad una funzione compensativo-surrogatoria a fronte dell’impossibilità di conseguire l’aggiudicazione del contratto;
  • come precisato dall’art. 124, comma 1, c.p.a., che fa riferimento al danno “subito e provato”, è il concorrente danneggiato a dover dimostrare i presupposti sia dell’an che del quantum;
  • non compete il ristoro del danno emergente, posto che i costi per la partecipazione alla gara sono destinati, di regola, a restare a carico del concorrente (salva l’ipotesi di responsabilità precontrattuale della p.a. per trattativa inutile);
  • spetta il lucro cessante che si identifica con il cd. interesse positivo e ricomprende il mancato profitto, ovvero l’utile che l’impresa avrebbe ricavato dall’esecuzione del contratto, e con il cd. danno curriculare, derivante dall’impossibilità di arricchimento della propria storia professionale ed imprenditoriale, con conseguente potenziale perdita di competitività in relazione a future occasioni contrattuali.

Di conseguenza, nelle ipotesi in cui non sia possibile il subentro nel contratto, pur appurata l’illegittima aggiudicazione della gara d’appalto, il concorrente danneggiato che non avrà provato gli elementi costitutivi della fattispecie aquiliana, come sopra delineati, non avrà diritto al risarcimento per equivalente.

 

 

N. 09074/2025 REG.PROV.COLL.

N. 03962/2025 REG.RIC.

N. 03966/2025 REG.RIC.

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 3962 del 2025, proposto da
Felco Costruzioni Generali s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandataria della costituita ATI con Abel Construction s.r.l., in relazione alla procedura CIG B001CF3565, rappresentata e difesa dall'avvocato Ermanno Santoro, con domicilio digitale di pec come in atti;

contro

Gestione Acqua s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Vittorio Barosio e Marco Briccarello, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Torino, corso Galileo Ferraris, n. 120;
Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica-Direzione Generale Uso Sostenibile del Suolo e Risorse Idriche, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Tecnecos s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

 

sul ricorso numero di registro generale 3966 del 2025, proposto da
Gestione Acqua s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG B001CF3565, rappresentata e difesa dagli avvocati Vittorio Barosio e Marco Briccarello, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Torino, corso Galileo Ferraris, n. 120;

 

contro

Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, pressi i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliato ex lege;
Tecnecos s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Piero Borella e Marina Perona, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Treviso, viale F.lli Cairoli, n. 15;

nei confronti

Felco Costruzioni Generali s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ermanno Santoro, con domicilio digitale di pec come in atti;
Abel Construction s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

 

per la riforma

 

quanto a entrambi i ricorsi:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Per Il Piemonte (sezione Prima) n. 00606/2025, resa tra le parti.

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Gestione Acqua s.p.a., di Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, di Felco Costruzioni Generali s.r.l. e di Tecnecos s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2025 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Ermanno Santoro, Marco Briccarello e Piero Borella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Gestione Acqua s.p.a. – soggetto che gestisce il servizio idrico integrato in alcuni comuni facenti parte dell’Autorità d’Ambito n. 6 “Alessandrino” - ha indetto una procedura aperta per l’affidamento dei lavori di adeguamento dell’impianto di depurazione di Tortona, finanziati con fondi PNRR.

All’esito delle operazioni di gara la commessa è stata aggiudicata al costituendo R.T.I. tra la Felco Costruzioni Generali s.r.l. e la Abel Construction s.r.l.

Ritenendo l’aggiudicazione illegittima, la Tecnecos s.r.l., seconda classificata, l’ha impugnata con ricorso al T.A.R. Piemonte.

Alla camera di consiglio del 3/7/2024, fissata per la trattazione della domanda cautelare, la ricorrente ha rinunciato alla misura interinale.

In data 22/7/2024 le parti hanno, quindi, stipulato il contratto.

Successivamente l’adito Tribunale ha pronunciato la sentenza non definitiva 21/10/2024, n. 1058, con la quale ha accolto, in parte, il gravame, riconoscendo l’illegittimità della gravata aggiudicazione.

Tuttavia, rilevato che, trattandosi di appalto finanziato con fondi PNRR, trovava applicazione l’art. 48, comma 4, del D.L. 31/5/2021, n. 77, e, quindi, ex art. 125 c.p.a., il contratto nelle more stipulato non poteva essere caducato e il risarcimento del danno poteva avvenire soltanto per equivalente, ha disposto istruttoria finalizzata all’acquisizione dell’offerta economica della Tecnecos, rinviando la causa per l’ulteriore trattazione.

Gestione acqua ha, quindi, depositato in giudizio l’offerta della ricorrente, contestualmente proponendo riserva d’appello.

Con sentenza definitiva 8/4/2025 n. 606, il Tribunale, confermato il già disposto annullamento dell’aggiudicazione, ha condannato Gestione Acqua e R.T.I. aggiudicatario a risarcire, a Tecnecos, il pregiudizio da quest’ultima subito, riconoscendo dovuto il lucro cessante, a esclusione del danno curricolare, e rinviando, per la quantificazione della somma da versare, al meccanismo di cui all’art. 34, comma 4, c.p.a., secondo i criteri all’uopo dettati.

Avverso le citate sentenze n. 1058/2024 e n. 606/2025 Gestione Acqua ha proposto l’appello rubricato al numero di r.g. 202503966.

La sentenza n. 606/2025 è stata gravata, con separato ricorso n. 202503962, anche da Felco Costruzioni Generali, in proprio e quale mandataria del costituendo R.T.I. con la Abel Construction.

Per resistere al ricorso n. 202503966 si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e la Tecnecos, che ha proposto anche appello incidentale.

Si è costituita anche la Felco Costruzioni Generali senza prendere posizione.

In relazione al ricorso n. 202503962 si è costituita in resistenza Gestione Acqua.

Con successive memorie tutte le parti, ad eccezione della Felco Costruzioni Generali nel ricorso n. 202503966, hanno meglio precisato le rispettive tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 9/10/2025 la causa è passata in decisione.

Data l’evidente connessione i due appelli devono essere riuniti onde definirli con unica sentenza.

Nell’economia del presente giudizio conviene partire dall’esame del ricorso n. 202503966 e, all’interno di quest’ultimo, dalle censure rivolte sia dall’appellante principale, sia dall’appellante incidentale, contro il capo di sentenza concernente la domanda risarcitoria.

L’appellante principale deduce, innanzitutto, che la Tecnecos non avrebbe assolto l’onere probatorio a proprio carico in merito all’effettiva sussistenza dei pregiudizi lamentati.

E invero, dall’offerta economica della detta concorrente non sarebbe dato evincere né i costi da sostenere per l’esecuzione delle lavorazioni, né l’utile che sarebbe derivato dalla commessa, per cui, in assenza di tali elementi, non sarebbe possibile determinare il lucro cessante correlato alla mancata aggiudicazione del contratto.

Non sarebbero idonei a dimostrare l’entità dei detti costi i preventivi depositati in giudizio dalla Tecnecos, in quanto: alcuni costituirebbero delle mere bozze, senza la prova dello scambio tra le parti e dell’intervenuta accettazione, altri non risulterebbero sottoscritti dal proponente, un preventivo non sarebbe datato, altri preventivi ancora recherebbero una data successiva a quella della conclusione della gara oggetto del presente contenzioso, infine, un preventivo sarebbe stato redatto da un operatore economico che non sarebbe stato incluso dall’odierna appellata tra i fornitori e i subappaltatori indicati nella colonna “B” del prospetto prodotto dalla Tecnecos (sub doc. 14) per dimostrare l’utile ricavabile dall’esecuzione della commessa.

Mancherebbe, poi, la prova che i preventivi riguardanti gli asseriti “analoghi cantieri nelle vicinanze (Groppello Cairoli e Pizzighettone)”, si riferiscano a lavorazioni e forniture realmente simili a quelle oggetto della gara di che trattasi.

Non sarebbe stata, inoltre, dimostrata la scontistica applicata alla Tecnecos da parte dei propri fornitori.

Quest’ultima non avrebbe, infine, dimostrato di non avere potuto utilizzare i mezzi o le maestranze in altri lavori, circostanza questa che escluderebbe, di per sé, l’integrale risarcibilità del presunto mancato utile in applicazione del noto principio giurisprudenziale dell’“aliunde perceptum vel percipiendi”.

Identico difetto di prova caratterizzerebbe la domanda volta a ottenere il c. d. danno curricolare, dato che le circostanze invocate dalla Tecnecos sarebbero indimostrate, future e ipotetiche, per di più, la mancata aggiudicazione dell’appalto, non avrebbe né provocato la perdita di un livello di qualificazione già posseduta, né precluso il conseguimento di una qualificazione più elevata.

Il Tribunale, pur avendo sostanzialmente condiviso i suddetti rilievi mossi da Gestione Acqua in ordine al difetto di prova a sostegno della prospettata domanda risarcitoria, ha ritenuto, però, che l’esito dell’azione impugnatoria non consentisse di escludere il lucro cessante e che quest’ultimo dovesse essere determinato attraverso il rinvio al meccanismo di cui all’art. 34, comma 4, c.p.a..

Tale conclusione non sarebbe, tuttavia, condivisibile atteso che, in base o consolidati principi, costituirebbe onere di chi propone una domanda risarcitoria offrire la compiuta dimostrazione dei relativi presupposti sia sul piano dell’an, sia su quello del quantum, onere nella specie non assolto.

Non meriterebbe condivisione nemmeno l’affermazione del primo giudice secondo cui <<la grande quantità di commesse ricevute e svolte nello stesso periodo della gara … non escludono il lucro cessante per la particolare struttura organizzativa della ricorrente…”, atteso che anche in questo caso opererebbe “il principio giurisprudenziale dell’aliunde perceptum vel percipiendi”, che mitiga o elimina le pretese risarcitorie nel caso in cui l’operatore non aggiudicatario abbia comunque proseguito la propria attività pur in assenza dell’affidamento pretermesso.

La Tecnecos avrebbe dovuto, dunque, dimostrare che le imprese di cui si sarebbe avvalsa per l’esecuzione dell’appalto oggetto del contendere non hanno utilizzato la loro struttura aziendale perché tenuta a disposizione della commessa poi non conseguita, circostanza questa, però, smentita dalle stesse affermazioni e produzioni documentali avversarie.

L’appellante incidentale, dal canto suo, ha criticato l’appellata sentenza n. 606/2025 nella parte in cui non ha ritenuto utilizzabile il prospetto dalla medesima prodotto in giudizio ai fini della dimostrazione dell’utile e in quella in cui ha disconosciuto il danno curricolare.

Il Tribunale ha, in particolare, escluso la risarcibilità di tale pregiudizio in considerazione delle “… altre opere aggiudicate nello stesso periodo”.

Tuttavia, tale conclusione sarebbe gravemente erronea, tenuto conto che in giudizio sarebbe stata fornita puntuale prova del nocumento subito attraverso la svariata documentazione all’uopo prodotta.

Con l’aggiudicazione della gara per cui è causa, la Tecnecos avrebbe, infatti, acquisito, tenuto conto dei lavori già eseguiti, i certificati essenziali per poter accedere alla classifica superiore (la VI) a quella posseduta, con conseguente possibilità di concorrere per l’affidamento di commesse di maggior valore.

Avrebbe, inoltre, accresciuto il proprio valore di mercato nel caso di un’ipotetica vendita.

Il giudice di prime cure avrebbe, poi, malamente valutato la documentazione probatoria prodotta in giudizio dall’odierna appellante incidentale a dimostrazione del lucro cessante.

In ogni caso, sarebbe sempre possibile il ricorso alle presunzioni.

E invero, dai preventivi redatti per i lavori oggetto di appalto, ancorché in una data successiva all’aggiudicazione della gara, sarebbe univocamente desumibile, sulla base dell’id quod plerumque accidit, che se Tecnecos fosse risultata aggiudicataria dell’appalto, avrebbe sostenuto spese per i medesimi importi, se non addirittura inferiori.

I due appelli possono essere trattati congiuntamente.

Le argomentazioni addotte dall’appellante principale meritano positivo apprezzamento, mentre non possono essere condivise quelle prospettate dell’appellante incidentale.

La responsabilità della pubblica amministrazione da illegittima aggiudicazione di una gara d’appalto si inquadra, com’è noto, nello schema generale dell’illecito extracontrattuale (ex plurimis Cons. Stato, Sez. V, 4/7/2022, n. 5554).

Fatta salva l’irrilevanza dell’elemento soggettivo (Cons. Stato, A. P. 12/5/2017, n. 2; Sez. V, 2/1/2019, n. 14; Sez. II, Corte Giust. UE, Sez. III 30/9/2010 in C-314/2009), grava, quindi, sul soggetto leso, ai sensi dell’art. 2967 cod. civ., l’onere di dimostrare la sussistenza di tutti i restanti elementi costitutivi della fattispecie aquiliana, tra i quali, in particolare, l’esistenza di un danno, atteso che, in considerazione della funzione compensativo-risarcitoria della responsabilità ex art. 2043 cod. civ., dalla riconosciuta illegittimità di provvedimento amministrativo non discende, a favore del destinatario degli effetti lesivi dell’atto, un automatico diritto a ottenere il risarcimento (Cons Stato, Sez. V, 17/1/2025, n. 368; Sez. IV, 19/3/2018, n. 1709).

E’ principio pacifico che, al fine di ottenere il risarcimento per equivalente, il concorrente illegittimamente pretermesso dall’aggiudicazione, sia, tra l’altro, tenuto a fornire la rigorosa prova del danno subito, sia nell’an, sia nel quantum (Cons. Stato, sez. V, 17/1/2025, n. 368; Sez. VII, 26/3/2025, n. 2533; Sez. II, 19/12/2024, n. 10229).

E invero, come si ricava dall’art. 124, comma 1, c.p.a., in base al quale “se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto il giudice dispone il risarcimento per equivalente del danno subito e provato”, trova piena applicazione il principio dispositivo, il quale non è temperato, in punto di tutela risarcitoria, dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento (Cons. Stato, Sez. VII, 15/11/2023, n. 9796).

Nel caso di specie, come correttamente dedotto dall’odierna appellante principale e come, del resto, riconosciuto dallo stesso Tribunale, la Tecnecos ha, innanzitutto, omesso di fornire la prova del danno relativo al mancato conseguimento dell’utile derivante dallo svolgimento dei lavori.

E invero, dall’offerta economica di quest’ultima, depositata in giudizio, non emerge né quali fossero i costi da sostenere per l’esecuzione della commessa, né quale fosse l’utile dalla stessa ricavabile.

Per superare tale carenza la Tecnecos ha depositato un prospetto in cui vengono indicate 333 voci di prezzo afferenti a fornitori e subappaltatori

per complessivi per € 2.218.679,65, da cui deriverebbe, tenuto conto del prezzo offerto, pari a € 2.907.242,17, un utile di €. 688.562,52.

A tale prospetto, peraltro non sottoscritto e privo di data certa, non può, tuttavia, riconoscersi valore probatorio, limitandosi il medesimo a riportare meri dati esposti dall’operatore economico senza che gli stessi risultino in alcun modo comprovati.

Senza contare che dallo stesso emerge un utile che supera il 23% del prezzo offerto, invero poco verosimile, in quanto, come correttamente rilevato dal Tribunale, “del tutto al di fuori della realtà degli utili comunemente ricavabili dai pubblici appalti”, il ché avrebbe richiesto che il dato trovasse conferma in solidi riscontri probatori, nella specie mancanti.

La Tecnecos non ha fornito rigorosa prova nemmeno dei costi dichiarati per l’esecuzione della commessa, da cui, per sottrazione dal prezzo offerto, potrebbe dedursi l’utile.

A tal fine non risultano, infatti, utilizzabili un corposo numero (la metà) dei preventivi che la detta concorrente ha depositato in giudizio.

E invero:

1) alcuni preventivi (quelli di cui ai doc. 13a, 13b, 13h, 13i, 13n, 13o e 13r) non risultano sottoscritti dal soggetto proponente;

2) il preventivo di cui al doc. 13a non è datato;

3) i preventivi di cui ai doc. 13i e 13l, recanti rispettivamente la data del 12/9/2024 e 16/9/2024, sono successivi alla conclusione della gara oggetto di giudizio (la cui aggiudicazione è avvenuta il 15/5/2024).

La Tecnecos replica:

i) quanto al rilievo sub 1, che i preventivi a cui li si fa riferimento sarebbero privi di sottoscrizione poiché inviati per posta elettronica e che, comunque, gli stessi rappresenterebbero delle mere offerte, mentre il relativo il contratto si sarebbe perfezionato, con la loro sottoscrizione, se e in quanto le medesima fosse risultata aggiudicataria e, del resto, nemmeno i fornitori si sarebbero voluti impegnare prima di avere certezza dell’aggiudicazione;

ii) con riguardo al rilevo sub 2, che il preventivo sarebbe stato inviato per mail, oltre al fatto che avrebbe espressamente a oggetto “Macchine per gara depuratore TORTONA”;

iii) in relazione al rilevo sub 3, che i due preventivi li considerati, avrebbero una data successiva all’aggiudicazione in quanto sarebbero stati aggiornati nei prezzi in vista del loro deposito in giudizio.

In ogni caso dai due preventivi in questione, ancorché di data successiva a quella di aggiudicazione dell’appalto, potrebbe trarsi la presunzione che se la Tecnecos fosse risultata aggiudicataria, avrebbe sostenuto spese per gli importi in essi indicati.

Le obiezioni dell’appellante incidentale non colgono nel segno.

La circostanza che alcuni preventivi privi di firma siano stati inviati per posta elettronica è del tutto irrilevante. Tale strumento di trasmissione consente, infatti, di allegare sia documenti cartacei scannerizzati e, quindi, nel caso completi di sottoscrizione, sia documenti muniti di firma digitale.

In ogni caso, la firma sui preventivi è essenziale a dimostrazione sia della provenienza dei medesimi da chi risulta esserne l’autore, sia della serietà dell’impegno con gli stessi assunto.

Altrettanto essenziale, ai fini di causa, è che i preventivi siano datati e che la data non sia successiva a quella di presentazione dell’offerta, dovendo sussistere una necessaria correlazione tra quest’ultima e i costi asseritamente necessari per eseguire le prestazioni contrattuali.

Né può valere a superare la rilevata inidoneità probatoria dei preventivi privi di data o con data successiva a quella dell’offerta, il ricorso all’invocato istituto delle presunzioni.

Il giudice può trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza (art. 2727 cod. civ.), mentre non può attribuirsi valore probatorio a una presunzione fondata, come nella fattispecie, su dati meramente ipotetici (Cons. Stato, Sez. VI, 11/11/2024, n. 8972).

In definitiva, dunque, l’appurata inutilizzabilità, a fini probatori, dei preventivi sopra indicati, non consente di riscostruire i complessivi costi da sostenere per l’esecuzione della commessa e, quindi, per conseguenza, l’utile che dalla stessa sarebbe stato ricavato.

Quanto al danno curricolare, l’appellante incidentale deduce di averne fornito la prova attraverso il deposito in giudizio dei documenti da 17 a 20.

Da tali atti emerge che la medesima, alla data del 4/3/2024, era qualificata nella categoria OS22, classe V (doc. 17), che aveva concluso un lavoro di importo pari ad € 3.951.543,44 con la Società Padania Acque di Cremona (docc. 18-19) e che ne stava eseguendo uno di importo pari ad € 3.000.000,00 con la Società Alfa di Varese (doc. 20).

Con l’aggiudicazione e la conseguente esecuzione dei lavori relativi al depuratore di Tortona, oggetto del presente giudizio, essa avrebbe acquisito i certificati per acquisire la VI classifica, che consente di partecipare a gare di appalto fino ad euro 10.329.000,00.

Il Collegio ritiene che gli elementi probatori addotti non siano sufficienti a dimostrare l’esistenza del lamentato danno curriculare.

E invero, come si ricava dall’art. 18, comma 5, dell’allegato II.12 al D. Lgs. 31/3/2023, n. 36, ai fini della qualificazione sono, tra l’altro, richiesti alcuni requisiti di ordine speciale, tra questi “l'adeguata idoneità tecnica e organizzativa”.

Quest’ultima, ai sensi del successivo comma 9 del medesimo articolo, è dimostrata:

a) […];

b) dall'esecuzione di lavori, realizzati in ciascuna delle categorie oggetto della richiesta, di importo non inferiore al 90 per cento di quello della classifica richiesta;

c) dall'esecuzione di un singolo lavoro, in ogni singola categoria oggetto della richiesta, di importo non inferiore al 40 per cento dell'importo della qualificazione richiesta, ovvero, in alternativa, di due lavori, nella stessa singola categoria, di importo complessivo non inferiore al 55 per cento dell'importo della qualificazione richiesta, ovvero, in alternativa, di tre lavori, nella stessa singola categoria, di importo complessivo non inferiore al 65 per cento dell'importo della qualificazione richiesta”.

L’art. 21 del medesimo allegato, nei primi 4 commi, dispone, a sua volta, che:

1. La cifra di affari in lavori di cui all'articolo 18, comma 6, lettera b), e gli importi dei lavori previsti dall'articolo 18, comma 9, lettere b) e c), sono quelli realizzati nei quindici anni antecedenti la data di sottoscrizione del contratto con la SOA, come previsto dall'articolo 100, comma 7, del codice.

2. I lavori da valutare sono quelli eseguiti regolarmente e con buon esito iniziati e ultimati nel periodo di cui al comma 1, ovvero la parte di essi eseguita nei quindici anni antecedenti la data di sottoscrizione del contratto, per il caso di lavori iniziati in epoca precedente o per il caso di lavori in corso di esecuzione alla data della sottoscrizione del contratto con la SOA, calcolata presumendo un avanzamento lineare degli stessi.

3. L'importo dei lavori è costituito dall'importo contabilizzato al netto del ribasso d'asta, eventualmente aggiornato in forza degli atti di sottomissione e degli atti aggiuntivi, e incrementato dall'eventuale adeguamento dei prezzi e dalle risultanze definitive del contenzioso eventualmente insorto per riserve dell'esecutore diverse da quelle riconosciute a titolo risarcitorio, risultante nel certificato di esecuzione dei lavori.

4. I certificati di esecuzione dei lavori contengono la espressa dichiarazione dei committenti che i lavori eseguiti sono stati realizzati regolarmente e con buon esito; se hanno dato luogo a vertenze in sede arbitrale o giudiziaria, ne viene indicato l'esito. La certificazione per i lavori relativi alla categoria OG 13 deve contenere l'attestato rilasciato dalle autorità eventualmente preposte alla tutela dei beni cui si riferiscono i lavori eseguiti”.

Nel caso di specie, l’importo di cui al contratto con la società Alfa non è computabile ai fini del raggiungimento delle soglie di cui al citato art. 18, comma 9, atteso che, in base al trascritto art. 21 i lavori valutabili sono solo “quelli eseguiti regolarmente e con buon esito”, e nel caso di specie la relativa certificazione è assente.

La Tecnecos, quindi, non avrebbe, comunque, raggiunto gli importi di cui all’art. 18, comma 9, anche considerando la commessa per cui è causa.

L’accoglimento delle affrontate censure proposte dall’appellante principale, che conducono alla reiezione della domanda risarcitoria, priva la medesima appellante di ogni interesse all’esame delle restanti doglianze rivolte contro il capo di sentenza con cui è stata accolta la domanda impugnatoria, atteso che, trattandosi di appalto finanziato con fondi PNRR, il contratto stipulato - ai sensi dell’art. 125, comma 3, del c.p.a., richiamato dall’art. 48, comma 4, del D.L. n. 77/2021 - non può essere caducato e il risarcimento del danno eventualmente dovuto può avvenire solo per equivalente.

Va, ora, delibato l’appello n. 202503962.

Col primo motivo, si lamenta l’erroneità della sentenza n. 606/2025 nella parte in cui ha disposto la condanna al risarcimento dei danni in favore della Tecnecos, anche nei confronti del RTI aggiudicatario, deducendo, a sostegno della censura, l’assenza di una domanda in tal senso.

La doglianza è fondata.

E invero, come si ricava chiaramente dal tenore del ricorso di primo grado, quest’ultimo non conteneva alcuna domanda risarcitoria nei confronti del RTI Felco Costruzioni Generali/Abel Construction.

Obietta Gestione Acqua che, nel caso che occupa, il Tribunale, anche alla luce di quanto stabilito dall’art. 5, comma 4, del D. Lgs. n. 36/2023, avrebbe correttamente applicato il principio in base al quale, nelle ipotesi in cui l’aggiudicazione dipenda da un comportamento illecito dell’aggiudicatario, stazione appaltante e aggiudicatario stesso, sarebbero legati fra loro da un vincolo di solidarietà passiva in ordine all’adempimento dell’obbligazione risarcitoria.

L’obiezione non è convincente.

L’invocato regime di regime di solidarietà passiva opera, infatti, sul piano della disciplina sostanziale, ma è pur sempre necessaria un’apposta domanda perché il giudice possa farne applicazione.

Giova soggiungere che, ovviamente, l’esposta conclusione non incide sui rapporti interni tra stazione appaltante e aggiudicatario in ordine all’eventuale riparto della responsabilità.

L’appello in parola va, quindi, accolto.

Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti della Gestione Acqua e della Felco Costruzioni Generali, mentre possono essere compensati nei riguardi del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli nn. 202503962 e 202503966, come in epigrafe proposti, li riunisce e così dispone:

a) accoglie l’appello n. 202503962 e l’appello principale di cui al ricorso n. 202503966 e, per l’effetto, in riforma della gravata sentenza n. 606/2025, annulla la condanna al risarcimento dei danni pronunciata nei confronti delle parti appellanti;

b) respinge l’appello incidentale proposto in relazione al ricorso n. 202503966.

Condanna la Tecnecos s.r.l. al pagamento delle spese processuali in favore delle appellanti principali, liquidandole, forfettariamente, in complessivi € 8.000/00 (ottomila), per ciascuna di esse, oltre accessori di legge.

Compensa le dette spese nei confronti del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2025 con l'intervento dei magistrati:

Diego Sabatino, Presidente

Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore

Alberto Urso, Consigliere

Sara Raffaella Molinaro, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere