Cons. Stato, Sez. V, 19 agosto 2025, n. 7073

La verifica del possesso del requisito di idoneità professionale impone esclusivamente una valutazione di compatibilità in senso lato.

La indicata corrispondenza non può intendersi nel senso di una perfetta e assoluta sovrapponibilità tra tutte le singole componenti dei due termini di riferimento, ma va accertata secondo un criterio di rispondenza alla finalità di verifica della richiesta idoneità professionale, in virtù di una considerazione non già atomistica, parcellizzata e frazionata, ma globale e complessiva delle prestazioni dedotte in contratto. L’interesse pubblico tutelato da tale disciplina normativa non è, infatti, la creazione e il rafforzamento di riserve di mercato in favore di determinati operatori economici, ma piuttosto quello di assicurare l’accesso al mercato anche ai concorrenti per i quali è possibile pervenire ad un giudizio di globale affidabilità professionale.

Guida alla lettura

Con la sentenza in rassegna la V Sezione del Consiglio di Stato ha chiarito il perimetro applicativo del requisito di ordine speciale rappresentato dall’idoneità professionale, di cui all’art. 100 d.lgs. n. 36/2023.

La vicenda trae origine dall’impugnazione, da parte di un operatore economico, della delibera di aggiudicazione di una gara per l’affidamento del servizio di gestione di 21 nidi e micronidi d’infanzia. Ad avviso della ricorrente l’aggiudicazione risulterebbe illegittima, in virtù della mancanza, in capo all’aggiudicataria, del requisito di idoneità professionale. Nello specifico, e per quanto di interesse in questa sede, il requisito in oggetto risulterebbe carente in ragione del fatto che l’oggetto sociale non sarebbe coincidente con l’oggetto dell’affidamento.

            Il quesito sottoposto al Collegio riguarda, quindi, la necessità o meno della perfetta sovrapponibilità dell’oggetto sociale dell’attività esercitata dall’operatore economico con quello dell’oggetto dell’appalto.

            Il Collegio, nel confermare l’orientamento consolidato in seno alla giurisprudenza amministrativa, ha rigettato il ricorso, concludendo per l’insussistenza della specularità tra l’oggetto sociale e l’oggetto dell’affidamento, in ragione della lettera dell’art. 100 d.lgs. n. 36/2023, nonché della ratio della disposizione.

            Nello specifico, ai sensi dell’art. 100, comma 3 codice appalti pubblici, le stazioni appaltanti, per le procedure di aggiudicazione di appalti di servizi e forniture, richiedono l’iscrizione nel registro della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o nel registro delle commissioni provinciali per l’artigianato o presso i competenti ordini professionali per un’attività pertinente anche se non coincidente con l’oggetto dell’appalto. Il dato letterale è chiaro nel richiedere la semplice pertinenza dell’attività esercitata dall’operatore economico con quella oggetto dell’appalto e non già la perfetta coincidenza.

Il requisito di idoneità professionale negli appalti, infatti, verifica che l’operatore economico disponga di un’abilitazione generica all’esercizio di un’attività pertinente, come attestato dall’iscrizione nei registri commerciali o professionali, senza che vi sia la necessità di una perfetta coincidenza con l’oggetto specifico dell’appalto. Si distingue, per tale ragione, dalla capacità tecnica – professionale, che invece si riferisce all’esperienza concreta e al fatturato maturato nel settore specifico.

L’assenza della perfetta coincidenza tra oggetto sociale e oggetto dell’appalto è determinata, altresì, dal necessario rispetto della regola pro – concorrenziale di massima partecipazione alle gare. Limitare, infatti, la partecipazione alle gare ai soli soggetti esercenti attività pienamente sovrapponibili rispetto all’oggetto dell’appalto, significherebbe limitare l’accesso alle gare, consentendo illegittime riserve di mercato. L’idoneità professionale deve dimostrare unicamente che l’impresa è validamente costituita ed esercita nel settore di attività economica o nel segmento di mercato o professionale in cui rientrano le prestazioni oggetto del contratto da affidare. Altrimenti opinando, il requisito dell’idoneità professionale si sovrapporrebbe agli altri criteri di selezione, quale ad esempio la capacità tecnica e professionale che ha, questa si, la funzione di accertare l’idoneità dell’operatore economico alla esecuzione delle prestazioni richieste dal contratto.

In definitiva, quindi, “la indicata corrispondenza non può intendersi nel senso di una perfetta e assoluta sovrapponibilità tra tutte le singole componenti dei due termini di riferimento, ma va accertata secondo un criterio di rispondenza alla finalità di verifica della richiesta idoneità professionale, in virtù di una considerazione non già atomistica, parcellizzata e frazionata, ma globale e complessiva delle prestazioni dedotte in contratto. L’interesse pubblico tutelato da tale disciplina normativa non è, infatti, la creazione e il rafforzamento di riserve di mercato in favore di determinati operatori economici, ma piuttosto quello di assicurare l’accesso al mercato anche ai concorrenti per i quali è possibile pervenire ad un giudizio di globale affidabilità professionale.

 

Pubblicato il 19/08/2025

N. 07073/2025REG.PROV.COLL.

N. 00563/2025 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 563 del 2025, proposto da
Associazione San Vincenzo – Impresa Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG B0CAFF5E29, rappresentato e difeso dall'avvocato Luca Tozzi, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Toledo n. 323;

contro

Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Andreottola e Anna Ivana Furnari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Bambu’ Società Cooperativa Sociale Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Parisi e Luigi Cerbone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Agora Cooperativa Sociale, Chiari di Bosco Società Cooperativa Sociale Onlus, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione quarta, 30 dicembre 2024, n. 7436, resa tra le parti.


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Napoli e di Bambu’ Società Cooperativa Sociale Onlus;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2025 il Cons. Giorgio Manca e uditi per le parti gli avvocati Luca Tozzi, Luigi Cerbone e, in delega dell'avv. Pizza, l'avv. Nicola Laurenti.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

1. - Con l’appello in trattazione, l’Associazione San Vincenzo Impresa Sociale chiede la riforma della sentenza 30 dicembre 2024, n. 7436, con la quale il Tribunale amministrativo regionale per la Campania ha respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante per l’annullamento dell’aggiudicazione a terzi del lotto n. 3 della procedura aperta per l’affidamento, in cinque lotti, del servizio di gestione di 21 nidi e micronidi d'infanzia comunali ubicati in strutture di proprietà del Comune di Napoli, mediante la conclusione di accordi quadro ai sensi dell’art. 59, comma 3, del d.lgs. 31 marzo 2023 n. 36 (Codice dei contratti pubblici). L’offerta dell’Associazione ha ottenuto 89,957 punti, preceduta dall’offerta del r.t.i. tra BAMBÙ Coop. Soc. (mandataria), Chiari di Bosco Cooperativa Sociale e Agorà (mandanti), con un punteggio di 97,257 punti.

2. - Il Tribunale amministrativo ha respinto integralmente il ricorso, ritenuto infondate le plurime censure dedotte.

3. - L’Associazione, rimasta soccombente, ha proposto appello reiterando i motivi del ricorso di primo grado, in chiave critica della sentenza di cui chiede la riforma.

4. - Resistono in giudizio il Comune di Napoli e la Società Cooperativa sociale Bambù.

5. - All’udienza dell’8 maggio 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. - Passando al vaglio dei motivi d’appello, con il primo l’appellante deduce l’ingiustizia della sentenza nella parte in cui ha respinto la censura volta ad evidenziare la mancanza in capo alla società coop. AGORA’ (mandante nel raggruppamento con mandataria la cooperativa Bambù) del requisito di idoneità professionale dell’attività di gestioni di asilo. Ribadisce, pertanto, che l’oggetto sociale della mandante risultante dall’iscrizione alla camera di commercio (che fa riferimento genericamente a servizi di natura socioassistenziale), non sarebbe adeguato a dimostrare l’idoneità professionale nei servizi educativi e di gestione asili nido, come richiesto dall’art. 100 del Codice dei contratti pubblici approvato col d.lgs. n. 36 del 2023 (d’ora in poi: Codice dei contratti pubblici) e dal disciplinare di gara.

Sotto altro profilo, proposto sempre nell’ambito del primo motivo, l’appellante critica la sentenza anche laddove ha ritenuto ammissibile il contratto di avvalimento tra la mandante Agorà (ausiliaria) e la Anchise Cooperativa Sociale, stipulato per l’acquisizione del requisito speciale di esperienza richiesto dall’art. 6.3 del disciplinare di gara (da comprovare «mediante contratti di affidamento di servizi da parte di enti pubblici e/o enti privati di durata complessiva di almeno 18 mesi, con riferimento a prestazioni analoghe a «servizi per la prima infanzia 3-36 mesi quali nido e micro nido, sezioni primavera, servizi integrativi per la prima infanzia, ludoteca per la prima infanzia»). Secondo l’appellante, il contratto di avvalimento in questione non potrebbe valere a dimostrare il possesso del requisito posto che non sarebbero specificate le risorse prestate (dipendenti e mezzi da prestare).

6.1. - Il motivo, nei suoi diversi profili, è infondato.

6.2. - Secondo la giurisprudenza di questa Sezione (in termini si rinvia a Consiglio di Stato, Sezione quinta, 16 gennaio 2023, n. 529), l’iscrizione nel registro della Camera di commercio, quale requisito di idoneità professionale (art. 100, terzo comma, del Codice dei contratti pubblici), ha la funzione sostanziale di costituire un filtro all’ingresso in gara dei soli concorrenti forniti di una professionalità coerente con le prestazioni oggetto dell’affidamento pubblico (in tal senso Consiglio di Stato, sezione terza, 8 novembre 2017, n. 5170; Id, Sezione quinta, 25 luglio 2019, n. 5257, punto 8.3. del diritto).

La coerenza tra attività indicate nell’iscrizione alla Camera di commercio e l’oggetto dell’appalto è solo tendenziale, come attualmente si desume anche dal tenore letterale della disposizione del nuovo codice (la quale richiede l’iscrizione «per un’attività pertinente anche se non coincidente con l’oggetto dell’appalto»), che esclude conseguentemente che possa essere richiesta una perfetta coincidenza tra le prime e il secondo. Come è stato affermato, la verifica del possesso del requisito di idoneità professionale impone esclusivamente una valutazione di compatibilità in senso lato. La indicata corrispondenza «[non può] intendersi nel senso di una perfetta e assoluta sovrapponibilità tra tutte le singole componenti dei due termini di riferimento (il che porterebbe ad ammettere in gara i soli operatori aventi un oggetto pienamente speculare, se non identico, rispetto a tutti i contenuti del servizio da affidarsi, con conseguente ingiustificata restrizione della platea dei partecipanti)» ma va accertata «secondo un criterio di rispondenza alla finalità di verifica della richiesta idoneità professionale, in virtù di una considerazione non già atomistica, parcellizzata e frazionata, ma globale e complessiva delle prestazioni dedotte in contratto. L’interesse pubblico tutelato da tale disciplina normativa non è, infatti, la creazione e il rafforzamento di riserve di mercato in favore di determinati operatori economici, ma piuttosto quello di assicurare l’accesso al mercato (nel contemperamento con i principi della massima partecipazione e concorrenzialità) anche ai concorrenti per i quali è possibile pervenire ad un giudizio di globale affidabilità professionale (cfr. Cons. di Stato, III, 8 novembre 2017, n. 5170; III,10 novembre 2017, n. 5182; V, 7 febbraio 2018, n. 796)» (così Consiglio di Stato, Sezione quinta, 15 novembre 2019, n. 7846, al punto 7).

L’idoneità professionale deve dimostrare unicamente che l’impresa è validamente costituita ed esercita nel settore di attività economica o nel segmento di mercato o professionale in cui rientrano le prestazioni oggetto del contratto da affidare. Non può essere inteso come criterio di selezione specifico sotto il profilo della capacità tecnica e professionale dell’operatore economico perché finirebbe per sovrapporsi agli altri criteri di selezione (art. 100, primo comma, del Codice dei contratti pubblici), che hanno invece la funzione di accertare la idoneità dell’operatore economico alla esecuzione delle prestazioni richieste dal contratto.

6.3. - Come accennato, i principi affermati dalla giurisprudenza sono stati recepiti dalla nuova formulazione di cui all’art. 100, terzo comma, del Codice dei contratti pubblici, che impone una complessiva valutazione di coerenza o di pertinenza tra l’iscrizione e l’oggetto dell’appalto, nei termini sopra riassunti.

6.4. - Nel caso di specie, come accertato anche dal primo giudice, dall'iscrizione alla Camera di Commercio di Napoli, risulta che la Coop Agorà svolge la propria attività nel settore dei servizi di assistenza domiciliare per anziani e disabili, dei servizi educativi per minori, nonché più ampiamente nell’ambito dei servizi socio-assistenziali e dei progetti terapeutici e riabilitativi. Considerato che il disciplinare di gara (al punto 3) descrive l’oggetto dell’appalto come comprensivo de «l’organizzazione, il coordinamento e lo svolgimento del servizio sulla base di un progetto pedagogico elaborato dall’impresa, che preveda attività educative, ludiche e di socializzazione, la cura e l’igiene personale del bambino, il servizio di igiene, riordino e pulizia dei locali nonché tutte le operazioni di igienizzazione e sanificazione relative alla particolarità dell’utenza ed ancor di più necessarie nell’ottica di una corretta prevenzione sanitaria», dall’esame comparativo emerge che le prevalenti prestazioni contrattuali sono certamente riconducibili ai settori di attività indicati nell’iscrizione camerale della cooperativa.

6.5. – Anche la censura volta a inficiare la validità del contratto di avvalimento è infondata, come si evince agevolmente dalla piana lettura del testo contrattuale e in particolare dell’art. 1 il quale indica specificamente le risorse umane (n. 1 Coordinatore, n. 2 Educatori; n. 4 OPI) e le risorse materiali (1 postazione informatica) messe a disposizione da parte dell’impresa ausiliaria, oltre allo specifico impegno di questa a non stipulare contratti di identico contenuto con altre imprese in relazione alla procedura di gara di cui trattasi.

7. - Con il secondo motivo, l’appellante ripropone, in critica alla sentenza che ha rigettato il corrispondente motivo del ricorso di primo grado, il vizio di illegittimità dell’aggiudicazione per l’omessa esclusione del raggruppamento ai sensi dell’art. 95, comma 1, lettera d) del Codice dei contratti pubblici, in quanto le offerte degli aggiudicatari del lotto 2 (RTI Consorzio CO.RE.) e del lotto 3 (RTI BAMBU’) sarebbero riconducibili ad un centro decisionale unico, sulla base di diversi indizi; in particolare nel caso di specie il collegamento sarebbe provato dal fatto che l’aggiudicatario del lotto 2 (mandataria CO.RE.) e l’aggiudicatario del lotto 3 oggetto di causa (mandataria BAMBÙ) hanno lo stesso legale rappresentante ed hanno prodotto relazioni tecniche e giustificativi sovrapponibili.

Le medesime questioni vengono riprese anche nel terzo motivo, poiché l’unicità del centro decisionale o il collegamento sostanziale tra imprese partecipanti a diversi lotti sarebbe presente anche con riferimento agli operatori economici aggiudicatari del lotto 2 (ERA), lotto 3 (AGORA’) e lotto 4 (ACCAPARLANTE) e quello aggiudicatario del lotto 1 (GESCO), anche con riferimento alla figura di un consigliere comunale che avrebbe in qualche modo influito sulla gara.

7.1. - I motivi sono infondati.

7.2. - I fatti segnalati dall’appellante vanno inquadrati nella norma di cui all’art. 95, primo comma, lett. d) del Codice dei contratti pubblici, che ha introdotto una fattispecie diversa rispetto alla norma previgente descritta dall’art. 80, comma 5, lett. m), del d.lgs. n. 50 del 2016: i fatti da provare sono più precisamente indicati e si fa riferimento, al fine di provare l’esistenza di un unico centro decisionale, a «rilevanti indizi» dai quali si possano desumere gli «accordi intercorsi con altri operatori economici partecipanti alla medesima gara» (a differenza della norma del 2016 che in termini molto ampi prendeva in considerazione «qualsiasi relazione, anche di fatto […]» idonea a dimostrare che «le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale»). I rilevanti indizi, quindi, devono essere univocamente diretti a dimostrare l’esistenza di accordi tra i concorrenti.

Non è quindi sufficiente l’esistenza di un rapporto di controllo o di collegamento ai sensi dell’art. 2359 c.c. (situazioni che, invece, ai sensi dell’art. 58, comma 4, del Codice dei contratti pubblici, possono giustificare la regola di gara che limiti il numero massimo di lotti che il medesimo concorrente può aggiudicarsi, oppure la previsione, nel bando di gara, di un limite al numero di lotti cui poter partecipare).

7.3. - Nel caso di specie, gli indizi che dovrebbero provare l’unicità del centro decisionale non sono né gravi né concordanti né univoci (dovendo sciogliersi con il riferimento alle condizioni poste dall’art. 2729 il dubbio intorno al significato da attribuire alla formula dei «rilevanti indizi»), essendo incentrati esclusivamente sull’intreccio tra i diversi soci o amministratori degli operatori economici chiamati in causa, senza tuttavia allegare elementi (anche indiziari o presuntivi) che rivelino l’esistenza di accordi.

7.4. - In ogni caso, il disciplinare di gara, come condivisibilmente rilevato anche dal primo giudice, limita il rilievo della causa di esclusione al singolo lotto (art. 4 del disciplinare, secondo cui «il concorrente che partecipa alla gara in una delle forme di seguito indicate è escluso nel caso in cui la stazione appaltante accerti la sussistenza di rilevanti indizi tali da far ritenere che le offerte degli operatori economici siano imputabili ad un unico centro decisionale a cagione di accordi intercorsi con altri operatori economici partecipanti al singolo lotto»; si osservi che la norma di gara si conforma pienamente all’art. 95, primo comma, lett. d) del Codice dei contratti pubblici, il quale circoscrive la rilevanza della causa di esclusione ai «partecipanti alla medesima gara»), mentre i fatti allegati dall’appellante riguardano rapporti tra operatori economici che hanno partecipato a lotti diversi.

7.5. - Dalla infondatezza delle censure esaminate discende, altresì, la irrilevanza, nel caso di specie, delle questioni sollevate con l’ordinanza n. 17 del 13 dicembre 2024, con la quale l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di giustizia dell’Unione europea alcune questioni relative alla suddivisione della gara in lotti e alla facoltà delle amministrazioni aggiudicatrici di suddividere la gara in lotti e limitare la presentazione delle offerte.

8. - Con il quarto motivo, l’appellante impugna la sentenza nella parte in cui ha respinto la censura di illegittimità del bando di gara per la mancata previsione dei criteri ambientali minimi, in violazione dell’art. 57 del Codice dei contratti pubblici e del decreto del Ministero dell’Ambiente 29 gennaio 2021, in ordine ai nuovi CAM per i servizi di pulizia e sanificazione di edifici e ambienti ad uso civile, sanitario e per i prodotti detergenti.

Con il quinto motivo, sempre per il profilo della omessa previsione dei c.a.m., l’appellante deduce altresì l’illegittimità della procedura di gara poiché tale omissione avrebbe inciso necessariamente sull’incongruità del prezzo posto a base d’asta.

8.1. - I motivi, in disparte la questione della tardività dell’impugnazione del bando di gara per non aver inserito il riferimento ai c.a.m., sono comunque infondati.

8.2. - L’art. 57, secondo comma, del Codice dei contratti pubblici, stabilisce che le stazioni appaltanti «contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l'inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi, definiti per specifiche categorie di appalti e concessioni, differenziati, ove tecnicamente opportuno, anche in base al valore dell’appalto o della concessione, con decreto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica […]».

L’appellante invoca l’applicazione all’appalto di cui trattasi del decreto ministeriale 29 gennaio 2021, il quale tuttavia si riferisce unicamente ai servizi di pulizia e sanificazione di edifici e di altri ambienti ad uso civile o sanitario; non quindi ai servizi oggetto della gara (relativi alla gestione di asili nido e micronidi d’infanzia) per cui è controversia.

8.3. - Peraltro, come chiarito nell’istruttoria in primo grado, anche i servizi accessori alla gestione degli asili nido, che secondo l’appellante avrebbero imposto la previsione dei c.a.m., sono comunque svolti da altre ditte: per un verso, il servizio di refezione scolastica è affidato a una ditta diversa da quella aggiudicataria del servizio di gestione degli asili nido e, per altro verso, i servizi di sanificazione e pulizia sono affidati a una società in house del Comune di Napoli.

9. - Con il sesto motivo, l’appellante ribadisce l’illegittimità derivata del provvedimento di aggiudicazione per la mancanza dell’impegno contabile nella determina a contrarre, in violazione dell’art. 183 del d.lgs. n. 267 del 2000.

Il motivo è inammissibile per il difetto di interesse a dedurlo da parte dell’appellante, posto che gli effetti lesivi dell’eventuale illegittimità della determina a contrarre sotto questo profilo potrebbero prodursi nei confronti dell’aggiudicatario, che quindi potrà eventualmente contestare tale illegittimità; non l’appellante, il quale non riveste tale qualifica.

10. - In conclusione, l’appello va integralmente respinto.

11. - La disciplina delle spese segue la regola della soccombenza, nei termini di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese giudiziali in favore del Comune di Napoli e di Bambù Società Cooperativa Sociale Onlus, che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge, per ciascuna appellata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2025 con l'intervento dei magistrati:

Diego Sabatino, Presidente

Stefano Fantini, Consigliere

Alberto Urso, Consigliere

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Giorgio Manca, Consigliere, Estensore