il punto della situazione

Recente giurisprudenza, (tra le altre, in particolare, la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 7065/2025) viene investita su questioni relative all’organizzazione interna delle fasi della procedura di gara.

 

La principale problematica, che si pone anche in queste sentenze, è quella della corretta individuazione delle prerogative del RUP nel caso in cui viene adottato un modello organizzativo che prevede la partecipazione, alle fasi della procedura di assegnazione del contratto, dei responsabili di fase (ed in particolare del responsabile della fase dell’affidamento) come previsto dal comma 4 dell’articolo 15 del codice ([1]).

 

In questi casi,  la distribuzione dei compiti (tra RUP e principali collaboratori) può spingere gli operatori economici che partecipano alla gara a rilevare il mancato rispetto delle disposizioni chirurgiche individuate negli artt. 6, 7 e 8 dell’allegato I.2 (che disciplinano principalmente i compiti del RUP nelle varie fasi della procedura d’appalto) con correlata richiesta di annullamento degli atti compiuti.

 

Nel caso della sentenza del Consiglio di Stato richiamata, ad esempio, viene in contestazione il fatto il provvedimento di esclusione non fosse stato adottato  dal RUP ma da altro soggetto.     

 

I problemi posti da una disciplina eccessivamente dettagliata

 

La sensazione è che una disciplina così chirurgica (dei compiti del RUP come declinati nell’allegato I.2), in particolare negli artt. 6/8 dell’allegato I.2, possa risultare non necessaria e/o indurre ad una sorta di “caccia all’errore” da parte degli operatori economici che partecipano alla competizione.

 

Sensazione che, inevitabilmente, si acuisce nel momento in cui - grazie al decreto legislativo 209/2024 -, l’ordinamento, ed in particolare lo stesso allegato I.2, risulta corredato da una disposizione, soprattutto su come “gestire/organizzare” i compiti/competenze del RUP,  di tipo generale che dovrebbe, con le altre, presidiare/guidare la scelta della stazione appaltante/ente concedente di innestare modelli organizzativi, destinati a semplificare e migliorare l’attività correlata, per la fase pubblicistica.

 

La disposizione/clausola generale a cui si è appena fatto riferimento è quella ora contenuta nel terzo periodo del comma 1 dell’articolo 2 dell’allegato I.2 in cui si legge che “il RUP può delegare al personale della stazione appaltante, dell'ente concedente, della centrale di committenza ovvero del soggetto aggregatore lo svolgimento di mere operazioni esecutive, esclusa ogni attività di verifica e di valutazione, nell'ambito del ciclo di vita digitale dei contratti pubblici, (…)”.

 

La precisazione si deve al suggerimento espresso dalla Commissione del Consiglio di Stato delegata ad esprimere il parere sullo schema di decreto legislativo 209/2024.

 

Non è irrilevante annotare che la disposizione originaria – ipotizzata dal legislatore del primo correttivo al codice (prevista nello schema di decreto legislativo) –,  in realtà intendeva introdurre un potere di delega praticamente indefinito,   non solo per il RUP ma per gli stessi responsabili di fase.

 

Nel dettaglio la previsione, che avrebbe dovuto essere innestata nell’articolo 2, comma 1 dell’allegato I. 2 prevedeva che, “Ferma restando l’unicità del RUP, il RUP e gli eventuali responsabili di fase possono delegare al personale della stazione appaltante, dell’ente concedente, della centrale di committenza ovvero del soggetto aggregatore per lo svolgimento di attività operative nell’ambito del ciclo di vita digitale dei contratti pubblici, incluso l’accesso alle piattaforme di cui all’articolo 25 e ai servizi messi a disposizione dall’ANAC”.

 

Come detto, un potere di delega, pertanto, previsto per il RUP e per gli stessi responsabili di fase che avrebbe potuto determinare anche l’assegnazione (dal primo ai collaborati) di poteri decisori di cui dispone in realtà solo il RUP e non anche i responsabili di fase.

Questo pericolo/incongruenza è stata immediata evidenziato/a dalla Commissione del Consiglio di Stato nel parere n. 1463/2024.

 

Nel parere, infatti, si spiega che “il responsabile di fase è un responsabile di procedimento e non ha pertanto alcun potere di delegare “lo svolgimento di attività operative”.  (…) Inoltre, il concetto di “svolgimento di attività operative nell’ambito del ciclo digitale dei contratti pubblici ” è del tutto indeterminato, considerato che rientra nell’attività operativa anche la verifica dei requisiti, sicché delegare l’accesso al fascicolo significa, potenzialmente, delegare la verifica dei requisiti, il che non rientra nei poteri delegabili da parte del responsabile di fase”.

 

Sulla segnalazione sopra riportata si possono esprimere alcune considerazioni di rilievo pratico.

 

In primo luogo, i responsabili di fase sono “solo” dei responsabili di procedimento e non hanno alcun potere di delega. Nel momento in cui la stazione appaltante/ente concedente adotta il modello organizzativo che li prevede non può prescindere da questa fondamentale precisazione appena riportata.

 

L’altra ovvia riflessione è che il RUP, invece, non essendo un “mero” responsabile di procedimento ma di progetto (tenuto ad una obbligazione di risultato) ha un potere di “delega” (che, in realtà si riduce ad un ordinario potere di assegnare adempimenti/incarichi di tipo istruttorio/esecutivo).

 

Come detto l’originaria previsione di un potere di delega indefinito non è stata ritenuta corretta dalla Commissione del Consiglio di Stato che ha suggerito la riformulazione della previsione nel senso sopra riportata (ed adottata nell’allegato I.2).   

 

 

Alcune considerazioni su questo potere di “delega”

 

Prima di approfondire la questione del (forse) eccessivo dettaglio di disciplina dei compiti del RUP (che sembra emergere dall’allegato I.2 negli articoli sopra richiamati) è necessario soffermarsi sulla questione della corretta configurazione di questo potere di “delega” del responsabile unico.

 

In realtà, la disposizione citata – soprattutto ora per l’intervento della Commissione del Consiglio di Stato -, non allude ad un potere di delega vero e propri ma più semplicemente alle prerogative organizzative che non si può non riconoscere al RUP che ha una obbligazione di risultato. Un ordinario potere organizzativo di adempimenti/compiti tra i vari collaboratori/gruppo lavoro.

 

Si tratta semplicemente di un potere di coordinamento/organizzativo visto che il responsabile unico del progetto può (deve se ne ha la possibilità), appunto, organizzare le varie attività/adempimenti correlati all’incarico assegnato (che è quello di assegnare l’appalto e far eseguire il contratto stipulato per ottenere il risultato sotteso, quindi l’opera collaudata, la fornitura fruibile, il servizio utilizzabile etc) nelle modalità che ritiene più corrette.

 

 

Pertanto se il RUP può beneficiare dell’aiuto di collaboratori (come ad esempio i responsabili di fase) o di uffici/strutture ad hoc,  attribuirà ad essi compiti/adempimenti secondo le esigenze e le professionalità.

Non si deve scordare che, soprattutto in questo codice, si esalta il ruolo di coordinatore, del RUP, di risorse umane (oltre che di risorse finanziarie e strumentali).

 

 

È (deve essere) il RUP pertanto che valuta e decide se assegnare determinate attività istruttorie ai collaboratori di cui ha richiesto individuazione e nomina (prerogativa, quest’ultima, del dirigente/responsabile del servizio e quindi dello stesso RUP se coincide con questi soggetti).

 

Se il RUP richiede la nomina di un responsabile di fase per l’affidamento, ad esempio, assegnerà a questo soggetto precise attività istruttorie. Ma solo attività istruttorie non anche il proprio potere decisorio (ad esempio il potere di esclusione). Ed ora questo limite trova il preciso fondamento normativo, come detto sopra, nell’allegato I.2.

 

Per delega, quindi, si intende, un normale/ordinario potere di organizzare il lavoro relativo all’incarico assegnato di cui  – ovviamente già ante modifica apportata dal decreto legislativo 209/2024 -, il RUP già disponeva.

 

Una previsione, a sommesso avviso,  non necessaria se la si intendesse come “ampliativa” di prerogative che il RUP ha sempre avuto; mentre può ritenersi opportuna/necessaria (praticamente imposta)  per “correggere” la volontà legislativa (espressa nello schema di correttivo di dotare il RUP ed i responsabili di fase di prerogative di delega indefiniti),   se la si rapporta all’esigenza – rilevata nel parere n. 1463/2024 citato -, di introdurre dei limiti proprio al potere organizzativo delle stazioni appaltanti/enti concedenti fondato sull’articolo 15 e non solo al comma 4 ma anche, ad esempio, al comma 6 in tema di struttura di supporto al RUP.

 

Questa “regola generale” apapre utile anche per correggere comportamenti non appropriati dei RUP o direttamente delle stazioni appaltanti/enti concedenti che intendessero frammentare le procedure individuando/sovrapponendo più RUP.

 

Complesso di disposizioni, quindi, che legittima la prerogativa organizzativa delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti purché nell’ambio dell’unicità della figura e della responsabilità del RUP (e quindi con precisi limiti).

 

La questione dei compiti/prerogative del RUP e dei collaboratori

 

In tema di competenze “dettagliate”, come anticipato, dispone l’allegato I.2 del codice (rubricato sinteticamente “attività del RUP”) che riproduce, in parte, il contenuto delle linee guida ANAC n. 3 rubricate, invece, in modo più articolato “Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti e concessioni”.

 

Non a caso anche l’allegato indica i requisiti che il RUP deve possedere (ed in questo senso anche il richiamo contenuto nel comma 2 dell’articolo 15).

 

Spiegano gli estensori, nella relazione sugli articoli del codice e sugli allegati – che accompagna l’impianto normativo -, che l’allegato contiene l’individuazione dei compiti del RUP.

 

Operazione, questa, effettuata – si evidenzia -,  “con il metodo delle elencazioni esemplificative. Ogni disposizione contiene una norma di chiusura poiché va tenuto in debito conto che il RUP svolge tutti i compiti relativi alla realizzazione dell’intervento pubblico che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti. È questa la ragione primaria, data la delicatezza dei compiti e delle pesanti responsabilità connesse, per cui è stata concessa la facoltà di nominare responsabili di fase, che possono essere di grande ausilio nella gestione dei molteplici e delicati compiti connessi alla realizzazione dell’intervento pubblico”.

 

Pertanto l’allegato indica i compiti del RUP e su questi andranno “modellati” /organizzati i compiti degli eventuali responsabili di fase ma, in realtà, di ogni soggetto/struttura chiamata a collaborare con il responsabile unico di progetto.

 

Fermo restando, come detto, il limite dell’insuperabile unicità e centralità del RUP oggi meglio chiarita dalla spiegazione innestata nell’articolo 2 dell’allegato I.2 sopra riportata secondo cui questo potere organizzativo – riconosciuto anche alle regioni – si può esercitare solo tenendo a mente che soggetti/strutture di collaborazione potranno occuparsi di attività istruttorie/esecutive e, pertanto, in funzione (si potrebbe dire) “servente” rispetto ai RUP.

 

Quasi a scongiurare interventi/decisioni delle stazioni appaltanti/enti concedenti (o di legislazione regionale) di superare questi limiti giungendo a configurare “meri” collaboratori con “doppioni” di RUP dotati delle stesse prerogative. 

 

Ed è questa la sintesi di quanto, in modo chiaro e condivisibile si spiega nella sentenza del

Consiglio di Stato, sez. V, n. 7065/2025.

 

In sentenza si legge che “l’autonomia organizzativa delle stazioni appaltanti in tema di compiti e responsabilità del Responsabile Unico di Progetto (RUP), nonché di responsabili di procedimento ma anche di uffici e servizi ausiliari nelle diverse fasi del “ciclo di vita” dei contratti pubblici, trova fondamento” in due sostanziali riferimenti. Il primo è contenuto nell’articolo 15, comma 4 (in tema di responsabili di fase) – ma in realtà si potrebbe individuare ulteriore riferimento anche nel comma 6 in tema di struttura di supporto) il secondo si trova nell’allegato, appunto, I.2.

 

L’allegato I.2, puntualizza l’attento estensore della sentenza appena richiamata ha, però, una valenza “precettiva”.

 

L’affermazione, evidentemente, risulta di estremo rilievo visto che in questo modo si rendono disponibili (ed organizzabili) le sole attività istruttorie ma non anche il ruolo di supervisione e di controllo del RUP, così come allo stesso modo non sono quindi “disponibili” (nel senso che non possono essere affidati ad altri) i poteri decisori di cui il responsabile unico dispone (si pensi, tra le diverse, al potere di decidere il sistema di affidamento, di adottare le esclusioni etc).   

 

La necessità di superare l’elencazione chirurgica dei compiti del RUP dell’allegato I.2 

 

Riportare, in sinesi (ed in modo schematico) le considerazioni sopra espresse consente probabilmente di chiarire quale potrebbe essere una (possibile) soluzione (per evitare la caccia all’errore degli appaltatori e “liberare” le stesse stazioni appaltanti da pericolose frammentazioni delle prerogative del RUP).

 

Riassumendo:

  1. il potere “organizzativo” delle fasi delle procedure (come gestire atti e adempimenti delle procedure e della fase civilistica dell’esecuzione) rimesso alle stazioni appaltanti/enti concedenti (compresa la potestà legislativa delle regioni) è parziale/limitato (nel senso che può limitarsi solo allo spostamento di attività istruttorie/esecutive già del RUP ad altri soggetti/uffici ma non anche lo spostamento/assegnazione dei poteri decisori);
  2. una previsione chirurgica dei compiti – analiticamente indicati nell’allegato I. 2 (come ammesso dagli stessi estensori nella relazione di commento alle nuove disposizioni) -, inevitabilmente “spinge” una sorta di “caccia all’errore da parte degli operatori economici partecipanti alle competizioni (soprattutto nel caso in cui le stazioni appaltanti decidono di utilizzare questo “potere/prerogativa” organizzativa) e si assiste pertanto ad un conflitto di particolare intensità;
  3. semplifica l’organizzazione dei compiti la clausola generale più volte richiamata che definisce per sempre il contenuto/limiti della “delega” di compiti da parte del RUP verso altri soggetti/uffici collaboratori ai soli aspetti istruttori/esecutivi (attuando in pratica, il principio di unicità di funzione e responsabilità del RUP) .

 

Alla luce di quanto appena sintetizzato sembra logico pensare che l’allegato I.2  nel momento in cui elenca in modo “chirurgico” i compiti del RUP possa essere superato con una indicazione di tipo generale, del resto, già rinvenibile nello stesso allegato, come più volte ripetuto, nell’articolo 2.

 

Più nel dettaglio il “superamento/modifica/eliminazione” dovrebbe riguardare le disposizioni di cui agli artt. 6 (“Compiti del RUP comuni a tutti i contratti e le fasi”), art. 7 (“Compiti specifici del RUP per la fase dell'affidamento”), articolo 8 (“Compiti specifici del RUP per la fase dell'esecuzione”).

 

Con l’eliminazione/modifica/superamento di queste disposizioni, e quindi con il venir meno dell’elencazione chirurgica dei compiti del RUP   ed in un caso del responsabile di fase dell’affidamento che se nominato richiede il CIG  -, si ripristinerebbe un più chiaro potere organizzativo delle stazioni appaltanti/enti concedenti che avrebbe come unico limite il distinguo tra compiti esecutivi ovvero meramente istruttori ed i poteri decisori.

 

Anzi, una modifica/superamento forse potrebbe ottenere anche un miglioramento spingendo gli stessi RUP (o direttamente le stazioni appaltanti/concedenti) a preoccuparsi anche dell’organizzazione delle procedure in funzione del raggiungimento (anche in modo più tempestivo) degli obiettivi. Ovvero impone una micro necessità di una previa programmazione/organizzazione.   

 

Per intendersi, le attività di scelta/decisione devono rimanere in capo al responsabile unico del progetto il quale – come già accade -, può non svolgere direttamente le varie attività istruttorie e quindi assegnarle a collaboratori/uffici di supporto mantenendo ovviamente il potere/responsabilità sulla decisione finale (es. ammettere o escludere in relazione ai vari sub procedimenti dal soccorso istruttorio alla verifica di anomalia fino alla proposta di aggiudicazione per il proprio responsabile del servizio qualora con questo non coincidesse).

 

Allo stesso modo con la cancellazione/modifica/superamento dell’articolo 8 dell’allegato in commento,  gli aspetti civilistici/esecutivi, come del resto già accade, verrebbero definitivamente focalizzati nell’allegato II.14.

In questa potenziale operazione di revisione, sempre a parere di chi scrive, potrebbe essere riscritto l’articolo 9 dello stesso allegato (che oggi risente troppo della pregressa impostazione contenuta nelle linee guida ANAC n.3) in tema di “RUP negli acquisti aggregati, negli acquisti centralizzati e in caso di accordi tra amministrazioni”. 

 

Nell’articolo potrebbero essere meglio identificate le ipotesi circa la nomina del RUP (o di un responsabile dell’affidamento ed esecuzione) in relazione agli acquisti da Consip- Soggetto aggregatore; gli acquisti diretti (per cui si farebbe un rinvio alle disposizioni ordinarie), gli acquisti centralizzati, ad esempio, in unione di comuni (per i quali, necessariamente, il RUP dovrebbe essere dell’unione mentre gli enti aderenti nominerebbero appositi responsabili di procedimento). 

 

Tra questi chiarimenti dovrebbe essere meglio esplicitato il comma 13 dell’articolo 62 soprattutto dopo il parere del MIT n. 2752/2024 che può determinare non pochi dubbi sulla corretta applicazione della disposizione in parola.

 

Si tratta di norma, evidentemente, fondamentale diretta a disciplinare i rapporti “organizzativi” – nel senso di distribuzione dei compiti soprattutto in relazione alla fase di affidamento nel caso in cui questo sia stato delegato da una stazione appaltante non qualificata ad una stazione appaltante non qualificata.

 

Nel dettaglio, la previsione dispone che  “Le centrali di committenza e le stazioni appaltanti che svolgono attività di committenza anche ausiliaria sono direttamente responsabili per le attività di centralizzazione della committenza svolte per conto di altre stazioni appaltanti o enti concedenti. Esse nominano un RUP, che cura i necessari raccordi con la stazione appaltante beneficiaria dell'intervento, la quale a sua volta nomina un responsabile del procedimento per le attività di propria pertinenza”.   

 

Sembra ovvio – come del resto già affermato dall’ANAC e da recente giurisprudenza -, che la sola stazione appaltante qualificata (anche per coerenza con la nuova impostazione in tema di qualificazione) possa e debba nominare il RUP dell’appalto mentre la stazione appaltante che delega deve procedere con la nomina di un “mero” responsabile di procedimento (e quindi responsabile di fase) “guidato/coordinato” dal primo.

 

Il MIT, con il parere n. 2752/2024, afferma invece una lettura differente secondo cui ogni stazione appaltante nominerebbe un proprio RUP (con correlati obblighi di coordinamento). In pratica nella stessa procedura si registrerebbe l’intervento di due RUP con ovvie conseguenze sul “chi fa che cosa”.


[1] La disposizione richiamata prevede che “Ferma restando l'unicità del RUP, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono individuare modelli organizzativi, i quali prevedano la nomina di un responsabile di procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione e un responsabile di procedimento per la fase di affidamento. Le relative responsabilità sono ripartite in base ai compiti svolti in ciascuna fase, ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP”.