Cons. Stato, Sez. V, 24 luglio 2025, n. 6583
Il potere amministrativo non è ravvisabile in linea di principio quando, esaurita la fase pubblicistica della scelta del concessionario, sia sorto il vincolo contrattuale e siano in contestazione la delimitazione del contenuto del rapporto, gli adempimenti delle obbligazioni contrattuali e i relativi effetti sul piano del rapporto, salvo che l’amministrazione intervenga con atti autoritativi che incidono direttamente, seppure successivamente all’aggiudicazione, sulla procedura di affidamento mediante esercizio del potere di annullamento d’ufficio, o comunque nella fase esecutiva, mediante altri poteri riconosciuti dalla legge[1].
[1] Cass., SS.UU., 8 luglio 2019, n. 18267.
Il riparto di giurisdizione in materia di concessioni pubbliche dopo la firma della convenzione.
Cons. Stato, Sez. V, 24 luglio 2025, n. 6583
di Licia Grassucci
Il potere amministrativo non è ravvisabile in linea di principio quando, esaurita la fase pubblicistica della scelta del concessionario, sia sorto il vincolo contrattuale e siano in contestazione la delimitazione del contenuto del rapporto, gli adempimenti delle obbligazioni contrattuali e i relativi effetti sul piano del rapporto, salvo che l’amministrazione intervenga con atti autoritativi che incidono direttamente, seppure successivamente all’aggiudicazione, sulla procedura di affidamento mediante esercizio del potere di annullamento d’ufficio, o comunque nella fase esecutiva, mediante altri poteri riconosciuti dalla legge[1].
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Guida alla lettura
In tema di concessioni pubbliche, dopo la firma della convenzione, che segna il passaggio dalla fase pubblicistica di affidamento alla fase di esecuzione del rapporto, la giurisdizione spetta al giudice ordinario quale giudice dei diritti, venendo meno la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle ipotesi in cui la materia del contendere involga profili e pretese di natura patrimoniale relativi esclusivamente all’attuazione del rapporto contrattuale, senza che si ravvisi in tal caso, neppure in forma indiretta o mediata, un potere della P.A. in veste autoritativa.
Ricorda la sentenza in esame che, a proposito del riparto di giurisdizione nella materia delle concessioni, si è avuta un’evoluzione della giurisprudenza delle Sezioni Unite.
Nelle sentenze meno recenti, le concessioni di costruzione e gestione di opere pubbliche, tra le quali vanno comprese le infrastrutture autostradali, sono state sostanzialmente ricondotte alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (oggi prevista dell’art. 133, comma 1, lett. e) c.p.a.)[2].
Nelle sentenze più recenti, si è invece dato corso ad una lettura “sistematica” della previsione di giurisdizione esclusiva dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., che sottrae all’ambito applicativo della norma le concessioni di servizi – sia se collegate sia se non collegate alla costruzione di un’opera – quanto alla fase esecutiva del rapporto, a meno che non ricorra l’esercizio di pubblici poteri[3].
Pubblicato il 24/07/2025
N. 06583/2025REG.PROV.COLL.
N. 01002/2025 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1002 del 2025, proposto da
Autostrade per L’Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Marco Annoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta) n. 19355/2024, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
visti gli artt. 105, co. 2 e 87, co. 3, cod. proc. amm.;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2025 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e viste le conclusioni come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso proposto da Autostrade per l’Italia s.p.a. per l’annullamento della nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Dipartimento per le Infrastrutture, i Sistemi Informativi e Statistici - Direzione Generale per la Vigilanza sulle Concessionarie Autostradali prot. n. 15833 dell'8 settembre 2017 successivamente ricevuta, con la quale non sono state approvate n. 3 perizie di variante relative al Piano di adeguamento degli impianti di illuminazione delle gallerie – Lotti 2005 – 1, 2006 – 3 e 2007-2, trasmesse dalla concessionaria ai fini dell'approvazione rispettivamente con note prot. 16110 e 16117 in data 23 agosto 2016, nonché prot. n. 22738 in data 14 dicembre 2016.
1.1. La sentenza premette in fatto che:
- Autostrade per l’Italia s.p.a. (di seguito ASPI) è concessionaria della progettazione, costruzione ed esercizio delle tratte autostradali A1, A4, A7, A8, A9, A10, A11, A12, A13, A14, A16, A23, A26, A27 e A30 in virtù di Convenzione Unica sottoscritta in data 12 ottobre 2007 e successivamente approvata per legge con il d.l. 8 aprile 2008, n. 59, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2008 n. 101 (di seguito la Convenzione);
- per ciò che interessa in questa sede, ai sensi del combinato disposto degli artt.2 e 3 della Convenzione, sono affidate alla concessionaria - inter alia -:
(i) la gestione tecnica delle infrastrutture autostradali assentite in concessione;
(ii) l’esecuzione degli interventi necessari al mantenimento della funzionalità delle infrastrutture medesime mediante la manutenzione e la riparazione tempestiva delle stesse;
(iii) “la progettazione ed esecuzione degli interventi di adeguamento richiesti da esigenze relative alla sicurezza del traffico o al mantenimento del livello di servizio ed altresì, ai sensi dell’art. 5 della legge 12 agosto 1982, n. 531, di quelli inerenti l’adeguamento della viabilità di adduzione ai trafori o valichi di confine o della viabilità a servizio delle grandi aree metropolitane, concordati tra Concedente e Concessionario”;
-tra le opere la cui progettazione ed esecuzione è espressamente posta a carico del concessionario, l’art. 2 della Convenzione prevede gli “Interventi già previsti dalla IV Convenzione Aggiuntiva” e gli interventi di adeguamento oggetto del “Piano di Sicurezza delle gallerie” (di seguito anche Piano sicurezza);
- ASPI ha provveduto, in ottemperanza ai propri obblighi convenzionali, a predisporre, per i lotti 2005-1 e 2006-3, la progettazione definitiva e per il lotto 2007-2, la progettazione esecutiva, poi approvate dall’allora concedente ANAS (oggi Ministero delle infrastrutture e dei trasporti);
- in relazione a ciascuno dei tre lotti sopra menzionati, ASPI ha indetto delle procedure di evidenza pubblica per l’affidamento dei lavori, e, una volta ultimati, ha provveduto ad elaborare ed a trasmettere al concedente apposita perizia di variante finale di assestamento delle voci del quadro economico, per tenere conto dei costi effettivamente sostenuti in fase di esecuzione dei lavori;
-con provvedimento dell’8 settembre 2017, trasmesso successivamente ad ASPI, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha comunicato alla concessionaria il proprio diniego all’approvazione delle tre perizie di variante relative ai predetti lotti con la motivazione che le modifiche del quadro economico dei progetti esecutivi approvati relativamente ai predetti tre lotti possono essere approvate solo “qualora ricorrano le motivazioni previste dalla vigente normativa in materia e dallo specifico atto convenzionale vigente”, motivazioni che nella fattispecie non sarebbero state “riscontrate dalle relazioni di perizia”.
1.2. Gravando detto provvedimento, ASPI ha proposto i seguenti due motivi di ricorso:
“I. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della Legge 241/1990 e dell’art. 24 della Convenzione. Eccesso di potere per difetto di motivazione, falso presupposto, sviamento”;
“II. Violazione e falsa applicazione dell’art. 132 del D.Lgs. 163/2006, dell’art. 16 del D.P.R. 207/2010 e dell’allegato B alla Convenzione come integrata dall’Atto Aggiuntivo. Eccesso di potere per illogicità, difetto di istruttoria, sviamento, falso presupposto”.
La sentenza ne ha sintetizzato il contenuto col quale la ricorrente ha esposto di avere provveduto alla realizzazione di opere la cui progettazione è posta a carico del concessionario (piano della sicurezza) dall’art. 2 della Convenzione e, di conseguenza, di aver elaborato apposite perizie di variante di assestamento delle voci del quadro economico con specifica rideterminazione delle somme a disposizione, al fine di tenere conto dei costi effettivamente sostenuti in fase di esecuzione, chiedendone appunto la copertura da parte del concedente.
1.3. Il tribunale ha dato atto della costituzione in giudizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dell’avviso dato alle parti, con ordinanza del 24 maggio 2024, n. 10550, ex art. 73, comma 3, c.p.a. di un possibile difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario, con assegnazione di termine per prendere posizione sulla questione rilevata d’ufficio. Le parti hanno depositato memorie.
1.4. Dichiarando il proprio difetto di giurisdizione, il tribunale ha richiamato il consolidato insegnamento delle Sezioni Unite, secondo cui “la controversia relativa alla fase di esecuzione di una convenzione avente ad oggetto la costruzione e la gestione di un'opera pubblica spetta al Giudice ordinario, la cui giurisdizione in materia d'indennità, canoni ed altri corrispettivi si estende alle questioni inerenti all'adempimento e all'inadempimento della concessione, nonché alle relative conseguenze risarcitorie, vertendosi nell'ambito di un rapporto paritetico, fatta eccezione per l'ipotesi in cui la Pubblica Amministrazione eserciti poteri autoritativi (cfr. Cass., Sez. Un., 8 luglio 2019 n. 18267; Cass., Sez. Un., 18 dicembre 2018 n. 32728; Cass., Sez. Un., 13 settembre 2017 n. 21200)”, nonché Cass. S.U. nn. 20088/24, 34277/2023, 34273/2023, 34269/2023, 34266/2023, 34264/2023, 34258/2023, 33980/2023, 25437/2023, 25432/2023, 25427/2023.
Ha quindi motivato come segue:
- ha precisato che, sebbene i richiamati precedenti si riferiscano all’approvazione del progetto esecutivo (e non della perizia di variante), i principi espressi risultano applicabili al caso di specie “posto che anche quei giudizi avevano ad oggetto l’accertamento in ordine alla sussistenza del diritto alla copertura dei costi realizzati nella fase esecutiva della concessione”;
- ha richiamato propri precedenti specifici, riportando la motivazione in particolare della sentenza n. 13175 del 2024;
- ha concluso che la parte ricorrente, al di là della formale domanda di annullamento di atti amministrativi, ha dedotto “rivendicazioni di carattere economico” e che la controversia “non attiene al potere di approvazione della perizia in sé e per sé considerato, bensì al diritto della concessionaria, fatto valere in base alla disciplina convenzionale e alla normativa indicata nei motivi di ricorso di vedersi riconosciute determinate pretese economiche, rispetto alle quali non sono esercitabili poteri autoritativi”;
- ha affermato che le deduzioni della difesa della ricorrente – in tema sia di giurisdizione generale di legittimità che di giurisdizione esclusiva ex art. 131, comma 1, lett. a), b) e c), c.p.a. – erano state già esaminate (e non condivise) dalla richiamata giurisprudenza amministrativa e delle Sezioni Unite, cui ha fatto rinvio per ragioni di sintesi;
- si è soffermato sui precedenti di questa Sezione del Consiglio di Stato nn. 4034/2022 e 3863/2022, ribadendo l’applicazione alla presente controversia dei principi ivi affermati;
- ha infine osservato che la motivazione del provvedimento impugnato non contiene alcuna valutazione di carattere discrezionale, essendosi limitato a rinviare ai “presupposti previsti dalla vigente normativa in materia e dallo specifico atto convenzionale vigente”.
1.5. Indicato il giudice ordinario quale giudice dotato di giurisdizione, innanzi al quale il giudizio dovrà essere riassunto ai sensi dell’art. 11 c.p.a., le spese processuali sono state compensate.
2. Autostrade per l’Italia s.p.a. ha proposto appello con due motivi.
2.1. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si è costituito per resistere all’appello.
2.2. All’udienza camerale del 29 maggio 2025 il ricorso è stato discusso dal difensore dell’appellante e assegnato a sentenza, su richiesta di entrambe le parti, previo deposito di memoria dell’Avvocatura generale dello Stato e di memoria di replica della società appellante.
3. I motivi vanno trattati congiuntamente perché connessi.
3.1. Il primo motivo (Erroneità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 9, 11, 120 e 133 comma 1, lett. a), b), e c) c.p.a., degli artt. 2 del d.lgs. 143/1994 e 2 comma 86 e ss. del d.l. n. 262/2006 convertito dalla l. n. 286/2006, nonché degli artt. 7, 3 e 24 della convenzione di concessione. Inadeguatezza, illogicità ed insufficienza della motivazione) è volto a sostenere che il provvedimento del MIT gravato da ASPI, col quale il concedente ha disposto in relazione a tre perizie di variante presentate dal concessionario, negandone integralmente l’approvazione, adottato a conclusione di un procedimento amministrativo, costituirebbe “a tutti gli effetti” un provvedimento amministrativo inerente le funzioni di vigilanza sull’operato del concessionario e quindi darebbe attuazione a funzioni e prerogative pubblicistiche, riconosciute in capo al Ministero, anche con finalità di controllo e di vigilanza sull’operato della concessionaria. Esso conterrebbe inoltre determinazioni che sarebbero espressione di discrezionalità tecnico-amministrativa.
Di conseguenza si verterebbe nella fattispecie di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. in materia di concessioni di pubblico servizio, nel cui ambito rientrerebbe la concessione assentita ad ASPI.
Aggiunge l’appellante che non potrebbe valere a radicare la giurisdizione del giudice ordinario la natura “economica” della “pretesa” azionata da ASPI, che il primo giudice avrebbe ricondotto all’espressione “controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi” dell’eccezione prevista dall’art. 133 comma 1 lett. b) e c) c.p.a. In proposito ASPI richiama la giurisprudenza sulla natura eccezionale della deroga alla giurisdizione esclusiva e sulla sussistenza di questa ogniqualvolta si controverta sull’an della prestazione o la sua determinazione sia rimessa a valutazioni discrezionali dell’autorità concedente.
3.2. Il secondo motivo (Erroneità della sentenza impugnata per ulteriore violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 9, 11 e 133 comma 1, lett. a), b) e c) c.p.a. Inadeguatezza, illogicità ed insufficienza della motivazione) è volto a censurare il rigetto da parte del T.a.r. delle deduzioni della ricorrente sulla riconducibilità del “settore delle concessioni autostradali” nel perimetro della giurisdizione esclusiva; rigetto, che il tribunale ha basato sulla “richiamata giurisprudenza amministrativa e delle Sezioni Unite”.
Secondo l’appellante la statuizione sarebbe erronea sotto i seguenti profili:
- non rispetterebbe i requisiti essenziali di legittimità della motivazione per relationem ad un altro provvedimento giudiziario;
- né le sentenze delle Sezioni Unite citate nella motivazione, né la sentenza del T.a.r. Lazio n. 13175/2024 ivi richiamata per estratto, affronterebbero il tema in oggetto.
3.2.1. Dato ciò, l’appellante ripropone, anche ai sensi dell’art. 101 c.p.a., le deduzioni per le quali la controversia sarebbe, a suo avviso, riconducibile alle fattispecie “ulteriori” di giurisdizione esclusiva previste dall’art. 133 comma 1 lett. a), b) e c) c.p.a.; e segnatamente:
- alle controversie in materia di accordi, di cui alla lettera a), perché la concessione assentita ad ASPI, regolata dalla convenzione unica sottoscritta in data 12 ottobre 2007 e successivamente approvata per legge con il d.l. 8 aprile 2008, n. 59, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, potrebbe essere ricondotta “nell’alveo degli accordi amministrativi di cui all’art. 11 della legge generale sul procedimento”;
- alle controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, di cui alla lettera b), perché la concessione assentita ad ASPI sarebbe annoverabile tra le concessioni di beni pubblici attesa la natura di bene demaniale dell’infrastruttura autostradale;
- alle controversie in materia di concessione di servizio pubblico, di cui alla lettera c), perché la presente controversia sarebbe riconducibile ad entrambe le fattispecie previste dal primo periodo, come sopra evidenziato.
3.2.2. Viene infine criticata la sentenza nella parte in cui ha ritenuto applicabili i principi espressi dalle sentenze di questa Sezione n.4034/2022 e n.3863/2022.
L’appellante – pur premettendo di non condividere in toto l’affermazione ivi contenuta del mancato esercizio di un potere autoritativo da parte del concedente in caso di “verifica” sulle perizie di variante – sostiene che nessuna delle due pronunce atterrebbe a fattispecie sovrapponibili a quella per cui è causa, atteso che:
- nel caso di specie il MIT ha integralmente restituito le tre perizie presentate da ASPI, negando quindi nell’an (e non limitatamente al quantum) il riconoscimento della pretesa formulata dalla concessionaria;
- nel caso di specie il MIT ha disposto in ordine all’ammissibilità stessa delle perizie presentate dal concessionario, esperendo quindi un sindacato “significativamente” diverso nei contenuti rispetto a quello espresso nei provvedimenti oggetto delle due dette pronunce.
Aggiunge l’appellante sia che la sentenza sarebbe contraddittoria perché, in una parte precedente, avrebbe affermato la giurisdizione del giudice amministrativo nel caso di contestazione dell’esercizio (o mancato esercizio) del potere approvativo della variante da parte del concedente; sia che la propria interpretazione non sarebbe affatto contraria ai “principi di certezza del diritto e di concentrazione delle tutele” evocati dal primo giudice, atteso che la giurisdizione va concretamente verificata in relazione alla singola domanda giurisdizionale proposta.
In conclusione, nel caso di specie la giurisdizione del giudice amministrativo sarebbe sussistente:
i) sia avendo riguardo al contenuto della domanda formulata da ASPI, trattandosi di una tipica azione di annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo;
ii) sia avendo riguardo alla posizione soggettiva di ASPI, qualificabile come di interesse legittimo avendo il MIT agito nell’esercizio di un potere autoritativo e discrezionale previsto dalla legge, prima ancora che dal contratto.
4. I motivi non meritano accoglimento.
4.1. Per quanto riguarda l’individuazione della domanda formulata da ASPI, e la sua riconducibilità a questioni riguardanti l’esecuzione del rapporto di concessione - da qualificare come concessione di costruzione e gestione di opera pubblica - è sufficiente richiamare i diversi precedenti della Sezione relativi a casi analoghi, tra cui, da ultimo, le sentenze del 17 aprile 2025 n. 3347 e n.3354.
Con entrambe si è ribadito – in conformità peraltro alle decisioni di C.G.A.R.S., Sez. giur., 20/03/2020 n. 203; Cons. Stato, Sez. V, 23/05/2022, nn. 4034, 4036 e n. 4041, 17/05/2022, n. 3863 - che in tema di concessioni pubbliche, dopo la firma della convenzione, che segna il passaggio dalla fase pubblicistica di affidamento alla fase di esecuzione del rapporto, la giurisdizione spetta al giudice ordinario quale giudice dei diritti, venendo meno la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle ipotesi in cui la materia del contendere involga profili e pretese di natura patrimoniale relativi esclusivamente all’attuazione del rapporto contrattuale, senza che si ravvisi in tal caso, neppure in forma indiretta o mediata, un potere della P.A. in veste autoritativa.
In applicazione di tale principio, è stato confermato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine all’impugnazione dell’approvazione, da parte dell’Amministrazione concedente, di una perizia di variante, fondata sulla violazione di norme convenzionali e strumentale a rivendicazioni di carattere economico, del tutto analoghe a quelle di cui al presente giudizio.
In particolare, si è escluso che la fattispecie comporti l’esercizio, da parte del concedente, di poteri pubblicistici di vigilanza e controllo nei confronti del concessionario, dal momento che – come chiarito anche dalla Corte di Cassazione – “il potere amministrativo non è ravvisabile in linea di principio quando, esaurita la fase pubblicistica della scelta del concessionario, sia sorto il vincolo contrattuale e siano in contestazione la delimitazione del contenuto del rapporto, gli adempimenti delle obbligazioni contrattuali e i relativi effetti sul piano del rapporto, salvo che l’amministrazione intervenga con atti autoritativi che incidono direttamente, seppure successivamente all’aggiudicazione, sulla procedura di affidamento mediante esercizio del potere di annullamento d’ufficio, o comunque nella fase esecutiva, mediante altri poteri riconosciuti dalla legge (Cass. SS.UU. 8 luglio 2019, n. 18267)”.
Tali evenienze non sono state ravvisate nella fattispecie oggetto di esame nei giudizi conclusi con le dette sentenze della Sezione.
Contrariamente a quanto assume ASPI, esse non sono ravvisabili nemmeno nella fattispecie oggetto del presente giudizio, poiché il diniego di approvazione in toto delle perizie di variante (piuttosto che in parte, come era nei citati precedenti) non è basato su una determinazione autoritativa del concedente, bensì esclusivamente sull’interpretazione, da parte di quest’ultimo, delle previsioni convenzionali e di legge riguardanti il rapporto (paritetico) tra le parti e le reciproche obbligazioni.
Dato ciò, va fatto integrale rinvio, ai sensi dell’art. 88, comma 2, lett. d, c.p.a., alla motivazione delle citate pronunce della Sezione, anche per quanto riguarda la citazione dei precedenti della Corte di Cassazione relativi al riparto di giurisdizione in materia.
4.2. Va quindi condiviso e confermato anche il rinvio che la sentenza qui appellata ha effettuato alle decisioni dei Tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato, oltre che delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ivi richiamate (sopra riportate).
In proposito, è infondata la censura di difetto di motivazione della sentenza, di cui al secondo motivo di gravame. L’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a. rende legittimo - diversamente da quanto sembra ritenere l’appellante - il rinvio ai motivi di fatto e di diritto di precedenti decisioni cui il collegio si intende conformare quando consentono di confutare, anche solo implicitamente, le deduzioni delle parti, senza necessità di esplicito ed apposito esame di tali deduzioni.
4.2.1. In tema di riparto di giurisdizione nella materia delle concessioni, si è avuta in effetti un’evoluzione della giurisprudenza delle Sezioni Unite, dato che:
- nelle sentenze meno recenti, le concessioni di costruzione e gestione di opere pubbliche, tra le quali vanno comprese le infrastrutture autostradali, sono state sostanzialmente ricondotte alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (oggi prevista dell’art. 133, comma 1, lett. e) c.p.a.), affermata o sottesa alle argomentazioni delle Sezioni Unite (cfr., in particolare, già Cass. S.U. 27 dicembre 2011, n. 28804 e altre conformi, tra cui da ultimo Cass. S.U. 28 febbraio 2020, n. 5594);
- nelle sentenze più recenti, si è invece dato corso ad una lettura “sistematica” della previsione di giurisdizione esclusiva dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., che sottrae all’ambito applicativo della norma le concessioni di servizi – sia se collegate sia se non collegate alla costruzione di un’opera – quanto alla fase esecutiva del rapporto, a meno che non ricorra l’esercizio di pubblici poteri (cfr., in particolare, oltre alla menzionata Cass. n. 18267/2019, già Cass. S.U. 18 dicembre 2018, n. 32728 e le numerose altre citate nella sentenza qui appellata).
4.2.2. Posto che la concessione assentita ad ASPI è riconducibile ad entrambe le qualificazioni di concessione sopra enunciate (mentre non ha nulla a che vedere con gli accordi di cui all’art. 11 della legge n. 241 del 1990, e si è venuta via via discostando dal paradigma della concessione di beni pubblici), il vizio di motivazione della sentenza gravata non sussiste dato il rinvio che il T.a.r. ha fatto a dette pronunce delle Sezioni Unite della Cassazione, nonché alle sentenze del Consiglio di Stato che vi hanno dato seguito (per lo più prendendo atto dell’indirizzo espresso dalla Corte regolatrice della giurisdizione in specie a far data dalla sentenza n. 18267/2019). Invero, mediante l’argomentato richiamo dei precedenti giurisprudenziali risulta fornita la motivazione per la quale la fattispecie oggetto del presente contezioso non sia (ritenuta) riconducibile a quelle “ulteriori” dello stesso art. 133, comma 1, lett. a) e b), nonché lett. c), c.p.a. (quando non venga appunto in discussione, pur in una concessione di pubblico servizio, l’esercizio di poteri autoritativi della pubblica amministrazione).
Le sentenze richiamate, sia del giudice amministrativo che della Corte di Cassazione, lette nella loro interezza, smentiscono per tabulas le argomentazioni della parte appellante riferite a queste ultime disposizioni del codice del processo amministrativo.
4.3. La sentenza appellata pertanto non merita censura alcuna, avendo il T.a.r. correttamente applicato i richiamati principi giurisprudenziali in tema di riparto di giurisdizione.
5. Parimenti i richiami giurisprudenziali di cui sopra confutano – per quanto rileva ai fini della presente decisione – le argomentazioni dell’atto di appello e, da ultimo, della memoria di replica.
L’appello va quindi respinto.
6. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, essendo la questione di riparto di giurisdizione in tema di perizie di variante nelle concessioni autostradali oramai risolta univocamente da consolidata giurisprudenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali che liquida, in favore del Ministero appellato, nell’importo complessivo di € 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Diego Sabatino, Presidente
Alessandro Maggio, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere, Estensore
Sara Raffaella Molinaro, Consigliere
Gianluca Rovelli, Consigliere
[1] Cass., SS.UU., 8 luglio 2019, n. 18267.
[2] Ex multis, Cass., SS.UU. 27 dicembre 2011, n. 28804; Cass., SS.UU., 28 febbraio 2020, n. 5594.
[3] Cass., SS.UU., n. 18267/2019, cit.; Cass., SS.UU., 18 dicembre 2018, n. 32728 e altre numerose.