TAR Lazio, Roma, Sez. V quater, 11 luglio 2025, n. 13643
La sentenza del TAR Lazio, Sez. V Quater, n. 13643/2025, affronta la questione dell’inadempimento di Roma Capitale nella realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria all’interno del Piano di Zona B48 “Colle Fiorito”, nell’ambito di un programma di edilizia residenziale pubblica. Il giudizio ha visto due imprese assegnatarie agire contro l’inerzia dell’amministrazione, lamentando gravi pregiudizi economici e funzionali. Il TAR ha approfondito i profili di responsabilità contrattuale e precontrattuale della P.A., analizzando le conseguenze giuridiche derivanti da un comportamento negligente nella gestione urbanistica. Il caso rappresenta un’importante occasione per riflettere sul principio di buon andamento e sulle tutele civilistiche applicabili all’azione amministrativa in materia di housing sociale.
Guida alla lettura
- Introduzione
Il settore dell’edilizia residenziale pubblica è da tempo terreno di tensione tra esigenze di pianificazione pubblica, diritti dei soggetti attuatori e garanzie a tutela dei destinatari finali degli interventi. L’urbanistica contrattata, fondata su strumenti convenzionali come quelli previsti dall’art. 35 della legge n. 865/1971, si pone all’intersezione tra diritto pubblico e diritto privato, generando un complesso intreccio di obblighi reciproci. In tale contesto, l’inadempimento della pubblica amministrazione agli impegni assunti all’interno di convenzioni urbanistiche può generare responsabilità anche di natura risarcitoria. La sentenza n. 13643/2025 del TAR Lazio si inserisce in questa cornice, offrendo spunti significativi sul riparto di responsabilità, sulla rilevanza giuridica dell’inerzia amministrativa e sull’ammissibilità di un risarcimento del danno da ritardo nella realizzazione delle opere di urbanizzazione. L’articolo esamina criticamente i passaggi salienti della pronuncia, con l’obiettivo di valutarne la portata giuridica e sistemica.
- L’obbligo di cooperazione e il principio di buona fede nella realizzazione dei Piani di Zona: il caso Colle Fiorito
La sentenza n. 13643/2025 del TAR Lazio prende le mosse da una situazione paradigmatica di conflitto tra soggetti attuatori e pubblica amministrazione in tema di edilizia economica e popolare. Le imprese ricorrenti, assegnatarie di aree nel Piano di Zona B48 “Colle Fiorito” e beneficiarie di finanziamenti pubblici, avevano assunto, tramite adesione al consorzio costituito tra operatori, l’impegno alla realizzazione diretta delle opere edilizie e di urbanizzazione a scomputo, come previsto dalla normativa vigente. La condotta omissiva di Roma Capitale, tuttavia, ha generato una lunga sequela di ritardi e criticità, sfociata nella richiesta giudiziale di accertamento dell’inadempimento e nella domanda risarcitoria per danni patrimoniali e di lucro cessante.
Il cuore della pronuncia si incentra sull’interpretazione della convenzione urbanistica e delle obbligazioni reciproche scaturenti dall’accordo tra pubblico e privato. In particolare, il TAR ha dovuto scrutinare se, e in quale misura, l’Amministrazione avesse violato gli obblighi di buona fede, correttezza e cooperazione, costituzionalizzati dall’art. 97 Cost. e rilevanti anche nei rapporti paritetici contrattuali. Il Collegio, pur prendendo atto delle difficoltà sopravvenute legate a vincoli archeologici, alla disciplina dell’invarianza idraulica e all’iter complesso delle conferenze dei servizi, ha riconosciuto che il comportamento del Comune è stato contraddistinto da ritardi sistemici, mancanza di pianificazione coerente e persistente inerzia nella risoluzione delle criticità connesse all’acquisizione delle aree, alla conclusione delle opere pubbliche e all’attivazione dei servizi essenziali.
Sotto il profilo giuridico, la sentenza si caratterizza per una chiara affermazione della responsabilità precontrattuale e contrattuale della P.A., in ragione della violazione di obblighi assunti in sede di convenzione. Il TAR ha valorizzato le clausole pattizie che attribuivano a Roma Capitale un ruolo attivo nella predisposizione delle opere di urbanizzazione e nell’approvazione dei progetti, sottolineando come l’inadempimento dell’Amministrazione abbia prodotto un blocco funzionale dell’intero intervento di housing sociale, impedendo agli operatori di completare l’iter costruttivo e di rendere abitabili gli immobili.
Particolarmente significativa è l’analisi compiuta dal giudice amministrativo in merito alla ripartizione del rischio economico: se è vero che l’affidamento diretto delle opere a scomputo può implicare, in astratto, una forma di datio in solutum in cui l’operatore assume anche i maggiori oneri esecutivi, è altrettanto vero che tale configurazione non può comportare uno spostamento integrale del rischio sulla parte privata in presenza di colpevoli omissioni dell’Amministrazione. Il TAR esclude quindi un’esimente automatica a favore dell’ente pubblico, ricordando che anche nella logica dei contratti di diritto pubblico permane un nucleo inderogabile di obblighi di attivazione e collaborazione.
Quanto al profilo risarcitorio, la sentenza ha ritenuto fondato il diritto al risarcimento da parte delle imprese, distinguendo tra danni emergenti (costi sostenuti, manutenzione forzata, oneri bancari e di guardiania) e lucro cessante (mancati canoni e quote di finanziamento pubblico condizionate all’agibilità). Il Collegio ha evidenziato come il ritardo nella consegna e l’impossibilità di immettere gli alloggi sul mercato a canone convenzionato abbiano prodotto un danno economicamente valutabile e giuridicamente tutelabile, non essendo riconducibile ad un fatto impeditivo attribuibile agli operatori.
Ulteriore spunto critico è fornito dalla ricostruzione difensiva di Roma Capitale, secondo cui la mancata stipula della convenzione integrativa e l’inerzia sarebbero da imputare alla disorganizzazione interna del Consorzio. Il TAR, pur non negando alcune criticità consortili, ha osservato che il mancato esercizio di poteri sostitutivi, di vigilanza e di impulso da parte dell’Amministrazione costituisce violazione del dovere di buona amministrazione. In questo senso, la sentenza afferma che la responsabilità della pubblica amministrazione può derivare anche da omissioni colpose o da condotte connotate da inerzia significativa e prolungata, soprattutto quando gli effetti pregiudizievoli ricadono su soggetti che hanno adempiuto puntualmente agli obblighi convenzionali.
- Conclusione
La sentenza n. 13643/2025 del TAR Lazio segna un importante precedente in materia di responsabilità amministrativa nella realizzazione dei Piani di Zona per l’edilizia residenziale pubblica. Il Collegio ha confermato che l’Amministrazione è tenuta ad un comportamento attivo, diligente e coerente con gli obblighi assunti, in conformità ai principi costituzionali e alle regole del diritto civile. Il mancato completamento delle opere di urbanizzazione non può essere imputato agli operatori privati che hanno adempiuto, né giustificare l’elusione di responsabilità patrimoniali da parte della P.A. La sentenza afferma con chiarezza che la lealtà e la buona fede amministrativa devono tradursi in condotte effettive e tempestive, soprattutto quando si tratta di interventi destinati a garantire diritti fondamentali come il diritto all’abitazione. Il caso “Colle Fiorito” diventa così emblema delle difficoltà attuative delle politiche pubbliche in ambito urbanistico, ma anche occasione per rilanciare una riflessione giuridica sulle garanzie da assicurare nei rapporti tra potere pubblico e soggetti attuatori.
Pubblicato il 11/07/2025
N. 13643/2025 REG.PROV.COLL.
N. 13415/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 13415 del 2018, proposto da
Camad S.r.l., C.Ed.Ep. Costruzioni Edili e Pubbliche S.r.l., ciascuna in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Alessandro Alessandri, Brigida Colucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Camarda, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Tempio di Giove 21;
per l’accertamento dell'illegittimità ed illiceità
della condotta di Roma Capitale in relazione all'adempimento degli obblighi previsti dall'art. 11 L. 241/1990,
nella specie la tempestiva realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria del Piano di Zona “B48 Colle Fiorito” e, comunque, dell'inadempimento di Roma Capitale per causa ad essa imputabile agli obblighi su essa incombenti,
e per la condanna di Roma Capitale, in persona del Sindaco pro-tempore, ad emanare i provvedimenti idonei e necessari ad addivenire all'agibilità del Piano di Zona denominato B48 “Colle Fiorito” ed al risarcimento dei danni patiti e patendi in dipendenza del menzionato comportamento e ancora in evoluzione;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2025 il dott. Danilo Carrozzo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I) Con l’odierno ricorso è in discussione il corretto adempimento della convenzione urbanistica relativa all’attuazione del Piano di Zona “b48 Colle Fiorito”.
Le società odierne ricorrenti CAMAD SRL e CEDEP SRL riferiscono di essere titolari di un diritto di superficie, costituito giusta convenzione urbanitstica ex art. 35 della 1. n. 865/1971, nel Piano di Zona (d'ora in poi PdZ) b48 "Colle Fiorito", su aree acquistate al patrimonio indisponibile del Comune di Roma per la realizzazione di un programma costruttivo di edilizia economica e popolare ricompreso tra quelli ammessi a finanziamento ai sensi della legge nr. 21/2001; il PdZ b48 veniva incluso, da Roma Capitale, nell'ambito del Piano per l'Edilizia Economica e Popolare di cui alla 1. n. 167/1962 (variante al II PEEP di cui alla DCC n. 139/2003).
Le Società riferiscono con l’atto di ricorso che:
1) con Delibera Consiglio Comunale n. 110/1997 nell'ambito del II Piano edilizia economica popolare, il Comune di Roma individuava in un primo momento aree per complessive 40.246 stanze, localizzate in 18 siti; nuove localizzazioni seguivano con Delibera Commissario Straordinario n. 27 del 21.03.2001 (8.871 stanze) da destinare, all’esito dei risultati dei sondaggi archeologici, a nuovi Piani di Zona su cui realizzare gli interventi di Edilizia Residenziale Pubblica con i finanziamenti di cui alle Deliberazioni della Giunta Regionale n. 3556/98, 3557/98, 986/98 e 5089/97;
2) in seguito, veniva approvato il Programma Sperimentale di Edilizia Residenziale di cui alla legge nr. 21/2001, nelle more sopravvenuta, per incrementare l'offerta di alloggi da destinare a locazione con canone convenzionato ex 1. 431/1998 o in base alle leggi regionali in materia di Edilizia Residenziale Pubblica a categorie deboli, sulla base del regolamento del DM Infrastrutture e Trasporti 2523 del 27 dicembre 2001, che consentiva anche la cessione a terzi a determinate condizioni meglio specificate in atti;
3) con DCC n. 112 del 6-7.02.2002, il programma veniva attuato individuando ulteriori 14 aree, tra cui Colle Fiorito, a condizione di verifica di compatibilità con la tutela dei valori storici, architettonici ed archeologici;
4) con la DCC n. 33 del 2003, il Comune di Roma approvava il Nuovo Piano Regolatore di Roma e, con la delibera n. 139/2003, la variante al PEEP tramite inserimento del Piano di Zona B48 "Colle Fiorito ";
5) con la Delibera di Giunta Comunale n. 422 del 18.07.2003, il Comune di Roma aveva individuato i Piani di Zona in riferimento ai quali era possibile partecipare al Bando di concorso della DGR n. 527/2003 per la realizzazione, acquisto e/o il recupero di alloggi da concedere in locazione a canone convenzionato di cui all'intervento di edilizia residenziale sperimentale denominato "20.000 abitazioni in affitto" e, quindi, accedere al finanziamento concesso dalla Regione Lazio;
6) con Delibera del Consiglio Comunale n. 33 dell'11.3.2004, venivano fissati i criteri per l'assegnazione in diritto di superficie di aree destinate agli interventi di E.R.P. a favore delle imprese o cooperative fruenti di contributo pubblico individuate quali soggetti attuatori nelle deliberazioni della G.R.L. nn. 519 e 525 del 25 giugno 2003. La delibera n. 33/2004 fissava una serie di criteri per l'assegnazione in diritto di superficie delle aree in questione, tra i quali la realizzazione delle opere di urbanizzazione in maniera contestuale alle opere edilizie, così da garantire la massima e più celere agibilità del piano; a tal fine si chiedeva un piano temporale degli interventi, assicurando che si sarebbe favorito ogni accorgimento che assicurasse la progettazione e la realizzazione concordata e contemporanea degli interventi edilizi, al fine di perseguire l'obiettivo della qualità architettonico-urbanistica dei nuovi quartieri. Per tale ragione, avrebbe costituito titolo preferenziale per l'assegnazione delle aree ai soggetti portatori di finanziamento la presentazione di richieste coordinate fra di loro, attraverso normali atti di impegno, da sottoscrivere sia da parte del singolo richiedente che solidalmente da parte di tutto il raggruppamento, per una progettazione e realizzazione coordinata degli interventi edilizi. I soggetti avrebbero dovuto quindi impegnarsi a comunicare all'Amministrazione, entro trenta giorni dall'assegnazione delle aree, il nominativo di un soggetto coordinatore degli interventi. La Delibera prevedeva, poi, che "al fine di evitare il ripetersi di situazioni di inagibilità dei piani dovuta a mancata o incompleta realizzazione delle opere di urbanizzazione o ad una loro realizzazione differita rispetto ai programmi edilizi, costituirà criterio prioritario all'assegnazione delle aree, l'impegno a realizzare, contestualmente agli interventi edilizi, le opere di urbanizzazione, anche mediante la costituzione di appositi consorzi, sancito attraverso atti formali di impegno, da sottoscrivere sia da parte dei singoli richiedenti che solidalmente da parte di tutto il raggruppamento".
7) per questa ragione, alcuni degli operatori già assegnatari di aree edificatorie per la realizzazione degli interventi di edilizia convenzionata o agevolata del PdZ costituivano il "Consorzio Colle Fiorito" così da addivenire alla realizzazione unitaria e diretta delle opere di urbanizzazione a scomputo dei corrispettivi di concessione per la quota afferente alle opere di urbanizzazione e sino a concorrenza dei corrispettivi medesimi, ai sensi del comma 8, lett. b), dell'art. 35 della 1. n. 865/1971;
8) con Delibera Giunta Regionale n 1012 del 29.10.2004, le imprese odierne ricorrenti, CAMAD Srl e CEDEP Srl, ottenevano di essere ammesse nel Piano Operativo Regionale per la realizzazione del programma sperimentale di cui alla 1. n. 21/2001 (per un importo di finanziamento pari ad euro 216.186,25 per ciascuna);
In seguito:
9) in data 8.06.05 la Regione Lazio comunicava alle imprese odierne ricorrenti l’ammissione al finanziamento per la realizzazione di n. 12 alloggi per la superficie di mq 996,25;
10) con delibera DGC n. 112 del 09.03.2005, veniva approvato "il progetto preliminare delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria da realizzarsi all'interno del Piano di Zona B48 Colle Fiorito redatto dall'Amministrazione ed il relativo quadro economico presuntivo, per l'importo di complessivi € 24.278.538,00, di cui € 7.488.563,00 per opere di urbanizzazione primaria ed € 16.789.975,00 per opere di urbanizzazione secondaria";
11) con DCC n. 166 del 21.07.2005, preso atto delle difficoltà di accesso dalle zone esterne al comparto, venivano adottate apposite modifiche al PdZ B48, che importavano adeguamenti della rete viaria e dei comparti interni, ferme restando le dotazioni a standard, con il dimensionamento collettivo che rimaneva invariato;
12) con conseguente DGC n. 259 del 24.05.2006 veniva revocata la DGC n. 112 del 09.03.2005 e si approvava il nuovo progetto preliminare delle opere di urbanizzazione primaria (OUP da ora in poi) interne al Pdz; il quadro economico prevedeva importo di O.U.P. pari ad euro 8.966.602,00 ed euro 8.553.842,00 per opere di urbanizzazione secondaria; veniva anche approvato lo schema della convenzione integrativa che, nel ricorso, si assume però mai sottoscritta;
13) con DGC 516 del 12.10.05 il Comune rendeva noti i criteri per l’assegnazione del diritto di superficie delle aree da destinare a ERP a favore delle imprese fruenti del contributo ex L. 21/2001, in applicazione dei criteri già predeterminati con la DCC n 33 del 11.3.04;
14) con DCC n. 11 del 19.01.2006 venivano localizzati gli interventi di ERP (ex art. 3 L. 247/1974) anche nelle aree del PdZ B48 (interventi assistiti da finanziamento ex L. 21/2001), da realizzarsi in diritto di superficie a favore dei titolari dei finanziamenti ottenuti ex L. 21/2001, tra i quali le odierne ricorrenti (per mc. residenziali virtuali di 3.232 ciascuna) che pertanto aderivano al Consorzio Colle Fiorito già costituito accettando i criteri fissati dall'A.C. con le richiamate deliberazioni CC 19/1999 ed 81/1999 onde addivenire alla realizzazione unitaria e diretta delle opere di urbanizzazione del piano a scomputo sui corrispettivi di concessione per la quota afferente alle opere di urbanizzazione e sino a concorrenza dei corrispettivi medesimi, ai sensi del comma 8, lettera b), dell'art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;
15) per quanto concerne specificamente lo sviluppo del cantiere degli edifici le ricorrenti riferiscono che:
a) esse ottenevano i necessari permessi di costruire (11.4.06 e 12.04.2006);
b) in data 20.04.2006 CAMAD e C.ED.EP. prendevano in consegna temporanea dall’Amministrazione Comunale le aree, rispettivamente del comparto edificatorio “G1” e del comparto “G” per l’esecuzione dei sondaggi archeologici;
c) CAMAD procedeva all’inizio dei lavori il 28.04.2006 (con conseguente fissazione del termine di ultimazione al 28.04.2009) e C.ED.EP. s.r.l. procedeva all’inizio dei lavori il successivo 29.04.2006 (con conseguente fissazione del termine al 29.04.2009);
d) con atti d’obbligo rispettivamente in data 10.05.2006 e in data 29.09.2009, poi, CAMAD e C.ED.EP. assumevano formalmente tutti gli impegni previsti dal Comune di Roma per addivenire al rilascio dei permessi di costruire;
e) l'accesso ai lotti per l'avvio dei lavori, tuttavia, risultava impedito dall'esecuzione di sopraluoghi da parte della Sovrintendenza per i beni archeologici a seguito del rinvenimento di una antica via romana lastricata;
f) in data 11.06.2007 CAMAD presentava la D.I.A. in variante per la realizzazione di un secondo piano;
g) a seguito della Variante al Piano di Zona, nonché del fatto che la Sovrintendenza ai Beni Archeologici dell’Etruria meridionale disponeva il fermo dei lavori per il ritrovamento di un’antica via romana, soltanto in data 26.01.2007, una volta terminata l’esecuzione dei prescritti sondaggi archeologici da parte della S.A.R., veniva concesso il relativo Nulla Osta;
h) in data 09.10.2008 con verbale in pari data il Comune di Roma consegnava in via definitiva a CAMAD S.r.l. le aree del comparto G1 e di conseguenza provvedeva alla proroga dei termini di fine lavori al 31.12.2011;
i) nelle more, in data 15.05.2008, C.ED.EP. s.r.l. presentava richiesta di permesso di costruire (prot. 31963) per l’esecuzione di lavori di variante essenziale al permesso di costruire n. 415/2006;
j) l’Amministrazione Comunale effettuava una nuova consegna delle aree del comparto edificatorio “G” in favore di C.ED.EP. s.r.l. in data 09.10.2008 con verbale prot. Dip. IX n. 66283;
k) in data 29.07.2009, l’Amministrazione comunale rilasciava a C.ED.EP. s.r.l. il nuovo permesso di costruire, n. 606, prot. 51499, alle condizioni del precedente permesso di costruire n. 415 dell’11.04.2006;
l) le convenzioni di concessione del diritto di superficie tra il Comune di Roma e le ricorrenti venivano stipulate pei rogiti del Notaio Nicola Cinotti rispettivamente il 10.09.2009 (rep. 130989) ed il 28.10.2009 (rep. 131445);
m) in data 06.08.2012 la Soc. CAMAD a r.l. ha presentato una DIA per variante in corso d’opera per aumento di superficie relativa alla Legge Regione Lazio 21/2009;
n) le convenzioni di concessione del diritto di superficie venivano stipulate rispettivamente il 10.9.09 e 28.10.09;
o) il 28 e il 30.09.2012 le imprese dichiaravano tramite i rispettivi direttori dei lavori il completamento dei lavori di edificazione degli alloggi, precisando che restavano da effettuarsi: imbocchi di fogna, allacci alle fognature, allacciamento dei PPSS a cura degli enti erogatori, sistemazioni esterne connesse;
Con riferimento a tali opere di urbanizzazione, le imprese riferiscono che:
a) a norma dell’art. 2 della convenzione i lavori di costruzione avrebbero dovuto essere ultimati entro tre anni dalla data del loro inizio coincidente, secondo quanto indicato dalle Direttive della Regione Lazio D.G.R. n. 489 del 3 agosto 2006, con quello del permesso di costruire rilasciato ai sensi dell’art. 15, 2° comma D.P.R. 380/2001;
b) le convenzioni integrative per la realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo di tutti gli operatori aderenti al Consorzio non sono state ancora stipulate. Tale stipula è stata impedita dal persistente contenzioso in essere tra il Comune di Roma e la Società ROCOAMA S.r.l.;
c) i termini di ultimazione delle opere pubbliche venivano più volte prorogati (con atti elencati analiticamente) essendosi rese necessarie dapprima l'esecuzione di sondaggi archeologici, successivamente, modifiche progettuali in dipendenza dell'inagibilità del Piano di Zona per un insieme di circostanze definite dagli stessi ricorrenti tra loro autonome e concorrenti, indipendenti dalla volontà delle ricorrenti stesse, ed ascrivibili, secondo la parte ricorrente, esclusivamente a fatto e colpa del Comune di Roma che:
- non avrebbe posto in essere gli atti di propria esclusiva competenza necessari per addivenire all'ultimazione delle opere di urbanizzazione ed indispensabili per l'agibilità del Piano di Zona;
- non avrebbe consentito la contemporanea realizzazione di opere edilizie e di urbanizzazione;
- avrebbe così impedito la consegna degli immobili edificati agli assegnatari e, quindi, la compiuta realizzazione dello scopo cui l'intervento edilizio era preordinato.
16) le deducenti, come pure il Consorzio Colle Fiorito e gli altri operatori, hanno più volte diffidato e costituito in mora Roma Capitale, affinché provvedesse all'adozione di tutti gli atti e/o ponesse in essere le attività e/o i comportamenti necessari ed opportuni al fine di consentire l'ultimazione delle opere di urbanizzazione, consentendo l'agibilità degli alloggi ed il completamento del programma.
Ciononostante, le stesse riferiscono che, alla data del ricorso, gli edifici realizzati in forza del programma di E.R.P., previsti fin dall'anno 2001 per rispondere alle esigenze abitative di categorie sociali deboli, pur essendo stati ultimati da anni, non possono assolvere alla loro funzione ed essere consegnati ai loro destinatari a causa del persistere dell'inerzia dell'Amministrazione comunale, con enormi pregiudizi anche a carico degli imprenditori che hanno investito ingenti capitali per la realizzazione e la manutenzione delle opere rientranti nell'intervento.
Per tale ragione le deducenti diffidavano il Comune di Roma a porre in essere ogni atto necessario o opportuno: a) al fine di concludere le assegnazioni di Piano a soggetti attivi, all'occorrenza delocalizzando determinate assegnazioni e/o procedendo con nuove assegnazioni a soggetti adempienti, in forza del preminente interesse pubblico a garantire l'immediata agibilità ad un Piano di Zona già edificato; b) al completamento degli espropri e dall'acquisizione delle aree esterne al confine di piano necessarie all'ultimazione delle opere di urbanizzazione ed agli allacci delle fognature ai corpi ricettori pubblici; c) al finanziamento delle opere di urbanizzazione primaria e pubblici servizi indispensabili per l'agibilità del Piano non coperte dagli scomputi di competenza degli operatori.
II) Le ricorrenti ricostruiscono come di seguito i singoli aspetti delle prestazioni pubbliche a carico di Roma Capitale che sarebbero rimaste inadempiute o adempiute con ritardo negligente.
II.1.A) In primo luogo si dolgono del mancato finanziamento e la conseguente assenza di copertura economica dei costi di urbanizzazione.
Il progetto preliminare redatto dall'Amministrazione determinava l'importo necessario per le opere di urbanizzazione primaria in € 7.488.563,00 (Delibera n. 112/2005).
Successivamente, a seguito dell'adeguamento dello stesso, le somme necessarie per le opere di urbanizzazione primaria sono state quantificate in € 8.966.602,00 (Delibera n. 259/2006).
Le opere di urbanizzazione primaria assentite dal Comune di Roma ed eseguite nel Piano di zona a totale carico degli assegnatari ammessi a scomputo sono state le seguenti:
- Opere di primo stralcio, approvate con D.D. 1888/2006 per € 1.794.672,97;
- Opere di secondo stralcio, approvate con D.D. 1123 del 07.07.2008 per € 1.089.080,91;
- Opere di terzo stralcio, approvate con deliberazione della Giunta Capitolina n. 200 dell'8.05.2013 per € 872.474,12 .
Gli oneri relativi sarebbero stati sostenuti solo dagli assegnatari, mentre nulla avrebbe, ad oggi, stanziato l'Amministrazione comunale.
Col Piano di Investimenti per il biennio 2012-2014, il Comune di Roma quantificava l'importo necessario per l'esecuzione dei pubblici servizi e relativi allacci alle reti, determinando così il fabbisogno necessario per la completa agibilità del Piano, avuto riguardo alle dotazioni essenziali (OO.UU. Primaria e pubblici servizi), in € 9.966.602,00.
Di queste somme, soltanto una parte sarebbe risultata coperta dai fondi ricavabili dagli scomputi e, comunque, non sarebbe effettivamente disponibile ed utilizzabile, atteso che non tutti gli operatori assegnatari hanno poi versato quanto dovuto.
Per quanto qui rileva, gli ulteriori € 5.486.838,00, indispensabili per l'agibilità del Piano di zona, avrebbero dovuto essere stanziati direttamente dal Comune di Roma il quale, tuttavia, ha reso disponibile soltanto il limitato importo di € 1.000.000,00, necessario per i pubblici servizi, mentre nulla avrebbe fatto per reperire i restanti € 4.486.838,00.
Alla data del ricorso - espongono le ricorrenti - si attendono ancora gli stanziamenti necessari, con la conseguenza che le opere di urbanizzazione non si possono ultimare.
II.1.B) Ulteriore profilo di inadempimento del Comune nel completamento delle opere di urbanizzazione a scomputo sarebbe da ravvisarsi nella totale inerzia dell'Amministrazione nei confronti degli operatori assegnatari inadempienti. Vale a dire coloro che, pur avendo ottenuto le assegnazioni non hanno stipulato la convenzione ex art. 35 e/o richiesto i permessi di costruire; non hanno versato la quota di oneri di urbanizzazione, né hanno partecipato al Consorzio; con ciò sostanzialmente vanificando gli sforzi profusi dagli altri operatori che, al contrario, hanno dato corso agli obblighi assunti, iniziato ed ultimato i lavori e pagato le opere di urbanizzazione.
A tutt'oggi, pertanto, stante l'inerzia dell'Amministrazione comunale, tali operatori non hanno ancora stipulato la convenzione ex art. 35 L. 865/71, né dato avvio ai lavori di edilizia e, conseguentemente, finanziato la quota di urbanizzazione di loro competenza (lotti F/P, E1/P).
Secondo la ricorrente, il Comune avrebbe dovuto adottare tempestivamente ogni più opportuno provvedimento volto ad obbligarli a stipulare la convenzione e dare avvio ai lavori o ad applicare le previste sanzioni di decadenza o revoca dell'assegnazione per poi riassegnare le aree ad altri operatori in possesso dei requisiti di legge ed in grado di dar tempestivamente corso alle opere.
II.1.C) Ulteriore profilo sul quale si soffermano le ricorrenti e del quale si dolgono, è la mancata assegnazione delle cubature commerciali. Ancora, le ricorrenti imputano all’inadempimento del Comune la mancata risoluzione della controversia insorta con uno degli operatori assegnatari e partecipanti al Consorzio Colle Fiorito la Società ROCOAMA (ex CONSAPro), che a tutt'oggi:
- avrebbe omesso il pagamento del costo di acquisizione delle aree, eccependo in compensazione un proprio credito nei confronti del Comune di Roma;
- non avrebbe, quindi, ritirato il permesso di costruire;
- non avrebbe stipulato la convenzione ex art. 35 L. 865/71;
- non avrebbe, conseguentemente, dato avvio ai lavori.
A dispetto del lungo tempo intercorso, il Comune nulla avrebbe fatto per obbligare ROCOAMA a firmare la convenzione ex art. 35 L. 865/71.
Tale stato di fatto impedirebbe la stipulazione della convenzione integrativa per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria.
Seguono le voci ulteriori su ognuna delle quali le ricorrenti si diffondono più ampiamente come in atti ed, inoltre, lamentano ancora quanto segue:
II.1.D) il mancato completamento degli espropri e la mancata acquisizione delle aree esterne al confine di piano necessarie all'ultimazione delle opere di urbanizzazione ed agli allacci delle fognature ai corpi ricettori pubblici;
II.1.E) il ritardo nella realizzazione dei Pubblici Servizi indispensabili per consentire l'abitabilità degli alloggi;
II.1.F) la mancata stipula della convenzione integrativa per la realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo di tutti gli operatori aderenti al Consorzio;
II.2) le ricorrenti si soffermano poi sulle diffide variamente interposte per sollecitare l'adempimento delle obbligazioni pubbliche assunte dall'Ente e ne illustrano analiticamente i contenuti ed i presupposti, lamentando che ad esse non avrebbe mai fatto realmente seguito alcun impegno concreto dell'Amministrazione volto ad onorarne gli impegni.
III) In diritto, le ricorrenti lamentano la violazione degli obblighi assunti da Roma Capitale con particolare riferimento: (i) alla DGC n. 259 del 24.05.2006, (ii) delle convenzioni, stipulate ai sensi dell’art. 35 l 865/71, il 10.09.2009 rep. 130989 e il 28.10.09 n 131445, (iii) degli strumenti di pianificazione variamente richiamati e regolanti la fattispecie, (iv) dei principi di buon andamento e leale cooperazione, buona fede e diligenza applicabili.
Richiamano a proprio favore le conclusioni dell'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici n.4/2008; argomentano circa la sussistenza dei presupposti della responsabilità civile dell'amministrazione per sussistenza di un danno ingiusto, anche in rapporto al ritardo nella conclusione del procedimento.
IV) Le ricorrenti quantificano i danni derivanti dagli inadempimenti di Roma Capitale per come segue.
Come evidenziato nei rispettivi atti di diffida, le risorse produttive delle imprese odierne ricorrenti, impiegate per la realizzazione di un intervento di mc residenziali 3.232, ammontano a € 1.799.921,77 per CAMAD e 1.752.306,28 per CEDEP, oltre all'impiego delle risorse destinate all'esecuzione delle opere di urbanizzazione pari ad € 150.449,60 per ciascuna, attraverso il Consorzio Colle Fiorito, nonché dell'importo dovuto a Roma Capitale per il diritto di superficie dell'area pari ad € 134.488,84 per CAMAD, per un totale per questa di euro 2.084.860,21, e, per CEDEP pari a 134.515,84 per un totale, in c.t., di € 2.037.271,72. Conseguentemente, dal richiamato ritardo colpevole dell'Amministrazione, le ricorrenti avrebbero subito e starebbero subendo i seguenti maggiori oneri e danni, derivanti dall'improduttivo vincolo.
IV.1) Sotto un primo profilo, i lavori relativi agli edifici hanno avuto una durata complessiva più lunga rispetto a quella prevista, con conseguenti maggiori oneri subiti per la ridotta produttività delle rispettive organizzazioni imprenditoriali.
Le ricorrenti quantificano i danni patiti, per ciascuna, a partire dal 29.04.2009 (prima scadenza del permesso di costruzione, sino al 30.09.2012 (fine effettiva dei lavori determinando preliminarmente il "costo di costruzione" dell'intervento attraverso la metodologia meglio specificata in atti.
IV.2) Sotto un secondo profilo, le ricorrenti, dopo aver sostanzialmente completato le opere di edilizia, lamentano di non aver potuto vedere ultimato l'intero intervento con il completamento delle opere esterne e di urbanizzazione primaria e secondaria e la piena agibilità degli edifici realizzati, rimanendo vincolate ancora all'obbligazione e costrette a farsi carico anche di ingenti costi di manutenzione dal 28.09.2012 (fine effettiva dei lavori) fino al 30.09.2018 , in attesa che l'Amministrazione completi le opere di sua spettanza e consenta così l'ultimazione di quelle di competenza degli operatori.
Il D.L. in data 30.06.2012 asseverava "che nel complesso edilizio in oggetto sono state realizzate il 90% delle opere". L'avvenuta ultimazione dei lavori e la mancata consegna degli immobili agli assegnatari avrebbe conseguentemente comportato la necessità di provvedere alla manutenzione delle opere, sia avuto riguardo agli spazi esterni (verde, piazzali, camminamenti, aree condominiali, intonaci ecc.), che avuto riguardo agli interni (areazione dei locali) sia, soprattutto, agli impianti, che necessitano di essere messi in esercizio e vengono quindi sottoposti regolarmente ad accensione ed a visite periodiche, onde evitarne l'ammaloramento in assenza di utilizzo. Per tale ragione le imprese hanno dovuto provvedere — e stanno a tutt'oggi provvedendo — a porre in essere numerose attività ed ogni accorgimento per far sì che, quando si addiverrà alla consegna degli alloggi, questi ultimi siano idonei all'uso e nelle medesime condizioni in cui si trovavano al momento della loro ultimazione.
Per il periodo successivo alla sostanziale conclusione dei lavori di edilizia, le deducenti chiedono di essere ristorate dei maggiori oneri e costi sostenuti, per la quota parte del 10% atteso che i lavori erano stati quasi completati (90%). Seguono le quantificazioni dei danni lamentati sul punto dalle due ricorrenti.
IV.3) Sotto un terzo profilo, le imprese odierne ricorrenti domandano il lucro cessante derivante dalla mancata commercializzazione delle unità da concedere in locazione alla data di fine lavori, per la quale si erano tempestivamente attivate, e che avrebbero incassato le deducenti, ove l'Amministrazione non fosse stata inerte, come detto, già dal mese di aprile 2009 (alla scadenza del permesso di costruire) sino al 30.06.2018.
IV.4) Sotto un quarto profilo, connesso al terzo, le deducenti chiedono il maggior danno relativo al precedente mancato introito da individuarsi d nell’interesse legale del 3 % medio annuo sui mancati canoni di locazione.
IV.5 ) Sotto un quinto profilo, ove l'Amministrazione non fosse stata inerte, dalla data di fine lavori le ricorrenti avrebbero incassato la terza tranche del finanziamento regionale, pari ad € 64.855,87 che, diversamente, ancora non hanno conseguito perché condizionata ad una serie di prescrizioni regionali contenute nell'Allegato A alla DGRL n. 489/2006.
IV.6) Sotto un sesto profilo, ove l'Amministrazione non fosse stata inerte, le deducenti non avrebbero dovuto affrontare oneri impropri, quali quelli connessi al "servizio di sorveglianza e guardiania", sopportati dalla data di fine lavori e a tutt'oggi.
IV. 7) sotto un settimo profilo, la sola CEDEP dichiara, a titolo di maggior danno, di aver dovuto accendere in data 14/10/10 un mutuo ipotecario presso l’istituto di credito Unicredit, al fine di far fronte alla mancanza di liquidità, quantificando i relativi costi.
Concludono, pertanto chiedendo che il TAR voglia:
1) accertare e dichiarare l'illegittimità del comportamento di Roma Capitale in relazione alla tempestiva realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria del Piano di Zona B48 Colle Fiorito e comunque l'inadempimento di Roma Capitale agli obblighi incombenti su di essa in forza:
(a) dello schema di convenzione integrativa per l'attuazione diretta ai sensi dell'art. 35, comma 8, lett. B della 1. n. 865/1971 delle opere di urbanizzazione primaria nell'ambito del PdZ B48 a scomputo di quota parte del relativo contributo dovuto approvato con Delibera GC n. 259 del 24.05.2006;
(b) della convenzione stipulata ai sensi dell'art. 35 della Legge 22 ottobre 1971, n. 865 per la concessione del diritto di superficie in Roma, Piano di Zona B48 "Colle Fiorito", "Comparto A/p" pei rogiti del Notaio Nicola Cinotti di Roma in data 10.09.2009 rep. 131445 e in data 28/10/09 (rep. 130989);
(c) degli strumenti di pianificazione urbanistica predisposti ed adottati da Roma Capitale, delle norme e dei principi anche costituzionali che regolano l'azione amministrativa, dei principi generali di buona fede, correttezza e del neminem laedere;
2) ordinare a Roma Capitale, anche ai sensi dell'art. 2931 c.c. di emanare i provvedimenti idonei e necessari ad addivenire all'agibilità del PdZ B48;
3) condannare Roma Capitale al risarcimento dei danni patiti e patendi in dipendenza del menzionato comportamento, provvisoriamente quantificati alla data del 30.09.2018 in misura pari ad euro € 2.564.098, 69 per CAMAD SRL e a € 2.344.072,90 per CEDEP SRL
Con richieste istruttorie e per testi, sui capitoli meglio elencati come in atti.
VI) Costituitasi in giudizio, Roma Capitale si oppone all'accoglimento del ricorso.
In particolare con nota del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica, datata 27/12/2024 e depositata il 30/12/2024, deduce quanto segue:
1) con Deliberazione G.M. n. 3133 del 13.04.1985, ratificata con atto del C.C. n. 61 del 4.03.1986, è stato adottato il II Piano per l’Edilizia Economica e Popolare, poi approvato con Deliberazione della G.R.Lazio n. 7387/1987;
2) il Piano di Zona B48 “Colle Fiorito” è stato inserito nella XX Variante integrativa al II P.E.E.P., adottata dal Comune di Roma con Del. C.C. n. 139/2003;
3) con Deliberazione C.C. n. 96/2004 e con Deliberazione C.C. n. 11/2006 sono stati localizzati interventi di edilizia residenziale pubblica fruenti dei contributi pubblici di cui alle Leggi n. 179/1992 (art. 8) e n. 493/1993 (art. 9);
4) con Deliberazione C.C. n. 33 del 11.3.2004 sono stati fissati i criteri per l’assegnazione in diritto di superficie di aree destinate agli interventi di E.R.P. a favore delle imprese o cooperative fruenti di contributo pubblico individuati quali soggetti attuatori nelle deliberazioni della G.R.L. nn. 519 e 525 del 25 giugno 2003, indicando quale titolo preferenziale, per l’assegnazione delle aree ai soggetti portatori di finanziamento, la presentazione di richieste coordinate fra di loro, per la progettazione e realizzazione coordinata degli interventi edilizi, prevedendo altresì l’impegno a realizzare, contestualmente agli interventi edilizi, le opere di urbanizzazione, anche mediante la costituzione di appositi consorzi, sancito attraverso atti formali di impegno, da sottoscrivere sia da parte dei singoli richiedenti che solidalmente da parte di tutto il raggruppamento;
5) con Deliberazione Giunta Regione Lazio n. 1012 del 29.10.2004 è stata approvata la tabella di ripartizione dei fondi tra gli operatori ammessi al finanziamento, assegnando all’impresa CAMAD S.r.l. ed all’Impresa C.ED.EP. S.r.l. un contributo pari a € 216.186,25 ciascuna;
6) gli operatori assegnatari in diritto di superficie hanno, quindi, costituito il consorzio “Colle Fiorito” con atto a rogito del Notaio Giovanni Ungari Trasatti in data 21.07.2004, rep. n. 35222-35254 ed hanno richiesto di poter eseguire le opere necessarie all’urbanizzazione del Piano a scomputo degli oneri concessori, secondo quanto previsto dall’art. 35, comma 8, lett. b) della Legge n. 865/1971 e dall’art. 16 del D.P.R. 6.06.2001, n. 380. Il Consorzio “Colle Fiorito” ha così assunto il coordinamento degli interventi e la rappresentanza unitaria degli assegnatari aderenti nei rapporti con l’Amministrazione capitolina;
7) con Deliberazione G.C. n. 112/2005 è stato approvato il Progetto Preliminare, elaborato dall’Amministrazione Capitolina, delle opere pubbliche da realizzarsi nel detto Piano di Zona;
8) nella fase attuativa dello strumento, iniziata con la campagna dei sondaggi archeologici, sono stati evidenziati alcuni ritrovamenti a causa dei quali la competente Soprintendenza Archeologica di Roma ha richiesto di modificare il Piano e, quindi, con Deliberazione C.C. n. 166/2005 sono state adottate le modifiche urbanistiche al Piano di Zona in questione;
9) in data 30.11.2006 il Consorzio “Colle Fiorito” ha presentato all’Amministrazione il Progetto Generale Definitivo insieme al I Stralcio Esecutivo delle opere di urbanizzazione primaria, cui ha fatto seguito l’atto di approvazione da parte del Dipartimento competente;
10) in data 22.05.2008 il consorzio “Colle Fiorito” ha presentato il Progetto II Stralcio Esecutivo delle opere di urbanizzazione primaria, comprendente opere idrauliche e stradali, poi approvato con atto risalente al luglio 2008 per un importo netto dei lavori pari a € 1.089.080,91;
11) il Progetto Generale Definitivo delle opere di urbanizzazione del Piano di Zona è stato approvato per un importo complessivo pari a euro 3.479.764,70 corrispondente al corrispettivo dovuto dagli operatori assegnatari aderenti al consorzio “Colle Fiorito”;
12) tra il 2010 ed il 2013 l’amministrazione ha adottato gli atti di approvazione dei due progetti presentati dal consorzio (dal 2010 al 2013) approvando per stralci successivi le relative perizie tecniche.
13) nel 2015 venivano depositate quattro perizie di variante al 1° e al 2° stralcio riguardanti opere effettuate senza autorizzazione del Comune.
A tal proposito, il Dipartimento PAU rileva che il Consorzio Colle Fiorito (cfr. nota in atti al prot. QI 62924 del 08.04.2019) aveva provveduto a depositare il progetto delle opere pubbliche direttamente presso il Consorzio di Bonifica Tevere e Agro Romano per acquisirne il relativo nulla osta, e questo contravvenendo alla procedura convenzionale secondo la quale il progetto avrebbe dovuto essere trasmesso allo stesso Ufficio dipartimentale competente. Nel corso delle numerose riunioni tenute presso la Direzione dell’Edilizia Sociale nel mese di novembre 2019 in merito all’argomento, Roma Capitale ha richiesto al Consorzio di trasmettere il Progetto Definitivo di verifica compatibilità con la Pianificazione di Bacino Fiume Tevere (PS5), richiesta di Nulla Osta Idraulico per lo scarico acque bianche, Invarianza Idraulica e verifica Compatibilità Idraulica, la cui approvazione risultava prodromica all’approvazione dei progetti degli operatori (prot. QI 184831 del 2.12.2019).
Osserva l’amministrazione a tal riguardo che, con Decreto Segretariale n. 32/2015, il Piano di Zona è stato inserito nel P.A.I. - Piano di Assetto Idrogeologico del Fiume Tevere, all’interno del Progetto di Aggiornamento del Piano di Bacino Stralcio per il tratto metropolitano del Tevere da Castel Giubileo alla Foce P.S.5, rendendo di fatto inderogabile la verifica dell’invarianza idraulica del Piano di Zona;
14) gli operatori aderenti al Consorzio hanno trasmesso la documentazione necessaria all’indizione della Conferenza dei Servizi per l’approvazione del progetto in questione in data 7.11.2019 (in atti con prot. QI 171414/2019);
15) A seguito delle prescrizioni impartite in Conferenza dei Servizi (indetta con nota prot. QI 177045 del 18.11.2019) dagli uffici preposti all’espressione dei pareri di competenza, l’Ufficio procedente ha chiesto al Consorzio di trasmettere l’aggiornamento del progetto (note prot. QI 196265 del 23.12.2019, prot. QI 9159 del 21.01.2020 e prot. QI 27333 del 15.02.2021);
16) le integrazioni richieste al Consorzio siano pervenute a distanza di due anni dalla richiesta e, più precisamente, in data 24.03.2021, in atti al prot. QI 57192 e in data 12.08.2021 con prot. QI 146246, nonostante fossero necessarie per l’esitazione della Conferenza dei Servizi in corso per l’approvazione del progetto delle opere realizzate dagli operatori assegnatari in difformità dal progetto approvato e senza le necessarie autorizzazioni;
17) con D.D. n. 1664 del 28.11.2022) si è, poi, preso atto della conclusione favorevole della conferenza dei servizi per l’approvazione del Progetto Definitivo di verifica di compatibilità con la Pianificazione di Bacino Fiume Tevere (PS5), e con Deliberazione G.C. n. 281/2023 è stato approvato il progetto in questione;
18) a seguito della conclusione positiva della conferenza dei servizi, si è potuto procedere all’approvazione delle varianti ai progetti 1° e 2° stralcio con i seguenti provvedimenti: - D.D. n. 394 del 09.03.2023: approvazione 4° perizia tecnica al progetto I Stralcio - D.D. n. 462 del 09.03.2023: approvazione 4° perizia tecnica al progetto II Stralcio;
19) A seguito dei suddetti provvedimenti autorizzativi, il consorzio Colle Fiorito, cui le società CAMAD S.r.l. (odierna ricorrente) e C.ED.EP. Costruzioni Edili e Pubbliche S.r.l. aderiscono per l’esecuzione delle opere a scomputo, in data 3.05.2023 (prot. QI 78613/2023 e QI 78615/2023 ) ha dichiarato il “Fine Lavori”;
20) l’amministrazione evidenzia che, al fine di realizzare le opere di urbanizzazione necessarie alla piena fruibilità del Piano di Zona, ma prive di copertura economica derivante dagli oneri concessori degli operatori, con la richiamata Deliberazione G.C. n. 281, è stato dato atto che sia le opere di laminazione, sia la rotatoria di accesso al Piano sarebbero state realizzate dalla Regione Lazio per il tramite della ASTRAL S.p.A. sulla base di un apposito Protocollo d’Intesa siglato tra Roma Capitale e la stessa Regione Lazio;
21) alla data di stesura della relazione istruttoria, datata 29/12/2024, il Consorzio non ha depositato all’amministrazione comunale la documentazione indispensabile al collaudo tecnico-amministrativo.
VI.1) L’amministrazione conclusivamente deduce che:
- riguardo ai lavori di realizzazione dei fabbricati di competenza delle ricorrenti: essi sono stati sostanzialmente ultimati nel 2012, tuttavia entrambe le società hanno presentato istanza di proroga dei termini convenzionali fino al 2019. L’Amministrazione ha ritenuto di concedere le proroghe richieste in considerazione dello stato delle opere di urbanizzazione il cui ritardo deve ritenersi imputabile al Consorzio esecutore delle stesse e del quale la CAMAD S.r.l. e la C.ED.EP aderiscono per la realizzazione delle opere a scomputo degli oneri concessori;
- in merito alla convenzione integrativa ed al collaudo tecnico amministrativo delle opere, si rappresenta che la convenzione integrativa relativa alle opere da eseguirsi nel P.d.Z. è stata stipulata dagli operatori assegnatari in data 02.02.2024, nonostante le opere fossero state concluse in data 3.05.2023 (prot. QI 78613/2023 e QI 78615/2023);
- in merito al collaudo, l’Ufficio procedente, con D.D. n. 383 del 8.03.2023 ha provveduto a nominare il collaudatore delle opere a scomputo nelle more della fine dei lavori;
- con note prot. QI 54124 del 23.03.2023, QI 118116 del 5.07.2023, prot. QI 33888 del 16.02.2024, verbale prot. QI 66692 del 28.03.2024, nota prot. QI 79406 del 17.04.2024, l’amministrazione ha chiesto e sollecitato il consorzio Colle Fiorito a produrre la documentazione necessaria per l’avvio delle operazioni di collaudo tecnico amministrativo delle opere di urbanizzazione propedeutico alla successiva acquisizione e consegna delle stesse.
Ad oggi gli operatori, riferisce l’amministrazione, non hanno ancora depositato la documentazione amministrativa necessaria per il collaudo tecnico-amministrativo delle opere, con ciò impedendo, di fatto, la definitiva immissione al patrimonio capitolino delle opere a scomputo che risultano, tra l’altro, interessate anche di recente da problematiche manutentive.
Appare, quindi, evidente, a parere del Comune, come non vi siano responsabilità imputabili all’Amministrazione Capitolina in riferimento alle ragioni sostenute in ricorso, considerato che la stessa Amministrazione ha adempiuto ai propri impegni per consentire agli operatori economici di realizzare, attraverso i consorzi “Colle Fiorito” e “Santa Rufina” (affidatario del 3° stralcio) costituitisi, le opere di urbanizzazione approvate.
A tal riguardo, va rilevato -secondo il Comune- come gli operatori economici abbiano assunto i rischi economici connessi alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, agendo come stazione appaltante esterna e coinvolgendo i vari operatori assegnatari dei diritti edificatori nel piano di zona in questione, ivi inclusa l'acquisizione delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione (si veda, sul punto, quanto previsto in convenzione integrativa relativa alle opere di urbanizzazione).
Per quanto riguarda le inadempienze imputate dalle ricorrenti a Roma Capitale, l’amministrazione rileva di aver stipulato specifiche Convenzioni ai sensi dell'art. 35 L. n. 865/1971 con gli operatori economici che intendevano avviare procedimenti edilizi nel Piano di Zona in questione. Successivamente, Roma Capitale ha approvato il progetto generale delle opere di urbanizzazione al fine di permettere agli operatori economici di realizzare, attraverso due consorzi separati, le opere di urbanizzazione primaria, a totale scomputo degli oneri di urbanizzazione. Nei termini descritti, i consorzi costituiti per la realizzazione delle opere di urbanizzazione hanno assunto la funzione di stazione appaltante, mentre Roma Capitale ha svolto un ruolo di vigilanza e controllo sull'attività di progettazione, affidamento ed esecuzione delle opere di urbanizzazione.
Roma Capitale ritiene di aver adempiuto alle proprie funzioni in materia di pianificazione urbanistica attuativa, avviando tempestivamente le procedure per approvare il piano di zona attuativo, il piano generale delle opere di urbanizzazione e i vari stralci funzionali. L'amministrazione ha inoltre interinalmente autorizzato l'avvio dei lavori in attesa della stipula della convenzione integrativa per la realizzazione delle opere di urbanizzazione, ha provveduto al rilascio dei titoli edilizi, ed ha rilasciato il certificato di agibilità degli edifici completati, che dovevano essere dotati delle opere di urbanizzazione. L’Amministrazione ha, dunque, messo in atto le procedure necessarie per adempiere agli impegni assunti nell'accordo stipulato. Tale adempimento è evidente nell'esercizio delle funzioni svolte nella pianificazione attuativa e nell'approvazione dei progetti relativi alle opere di urbanizzazione.
Con la sottoscrizione della convenzione urbanistica ex art. 35 L. 865/1971 e la successiva convenzione integrativa postuma rep. n. 10100 racc. 7069 del 02.02.2024, sulla base della Determinazione Dirigenziale ricognitiva prot. 100734 del 06.06.2023 , gli operatori economici ed il rappresentante dei Consorzi per le Opere a Scomputo, pur consapevoli delle problematiche operative ed economiche connesse all’attuazione del piano attuativo, anche a seguito dell’intervenuta normativa sull’invarianza idraulica, hanno inteso assumere l'obbligazione di realizzare le opere di urbanizzazione che saranno cedute all'Amministrazione comunale non appena le stesse saranno collaudate. Nello specifico, i consorzi costituitisi nella qualità di stazione appaltante esterna, con la possibilità di acquisire le aree necessarie per la realizzazione delle opere di urbanizzazione, di fatto si sono impegnati: a) all'assunzione dei relativi oneri finanziari; b) all'ultimazione dell'esecuzione delle opere di urbanizzazione entro un periodo di tempo stabilito; c) alla conferma di congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione. A fronte degli obblighi assunti dagli operatori economici, l'Amministrazione si è impegnata a non modificare nel tempo l'assetto urbanistico, garantendo l'attuazione del piano di zona. Pertanto, risulta evidente come non sussistano danni imputabili a Roma Capitale, in quanto l'Amministrazione ha adempiuto agli impegni assunti per consentire agli operatori economici, attraverso i consorzi costituiti, di realizzare le opere di urbanizzazione approvate.
VI.2) Con la memoria depositata il 16/01/2025, previo richiamo alla precedente nota del Dipartimento PAU, Roma Capitale si sottolinea che la quarta perizia, avendo ad oggetto opere non preventivamente autorizzate dal Comune ha richiesto maggiori tempi di approvazione in quanto oggetto di conferenza dei servizi. La conferenza ha, peraltro, richiesto integrazioni documentali che le società hanno presentato dopo due anni. Si sottolinea inoltre che il 03/05/2023 si è giunti alla fine lavori e che il 02/02/2024 sono state stipulate le convenzioni integrative, e che con Dd 383/2023 è stato nominato il collaudatore, ma le società devono ancora depositare la documentazione per collaudo tecnico-amministrativo.
Quanto all’onere di maggiore finanziamento delle opere di urbanizzazione, ritiene la difesa capitolina che l’affidamento diretto delle opere a scomputo comporti la sussumibilità della fattispecie nell’istituto giuridico della datio in solutum, con la conseguenza che il costruttore si libera dell’obbligazione relativa all’onere di urbanizzazione con il completamento e la consegna delle opere di urbanizzazione, con conseguente assunzione del rischio in capo alle imprese per gli eventuali maggiori costi rispetto a quelli preventivati.
Per il Comune, in particolare, le imprese hanno assunto il rischio di maggiori oneri in qualità di stazioni appaltanti.
Il Comune sarebbe in ogni caso venuto incontro agli operatori ottenendo l’intervento della Regione e dell’Azienda strade Lazio per la realizzazione delle vasche di laminazione e per la rotatoria di accesso al comparto.
Per quanto concerne la mancata assegnazione delle zone commerciali, la difesa capitolina sottolinea che la stessa è dovuta alla mancata domanda di assegnazione da parte dei privati, sui quali l’ente non ha alcun potere. La mancata attivazione dei servizi pubblici sarebbe invece imputabile ad Acea, ente indipendente dal Comune.
Infine la difesa pubblica richiama la ricostruzione della vicenda effettuata da questo Tribunale con la sentenza n. 15634/24 resa nell’ambito del giudizio avente NRG 5079/16 pendente tra il Comune ed altra ditta consorziata.
VII) In data 7/1/25 le ricorrenti hanno depositato documentazione aggiuntiva, e, con memoria depositata il 16/01/2025, hanno riferito le seguenti circostanze:
-- in data 17/2/17 il Comune di Roma ha stanziato l’importo di 980.392,16 euro;
- di aver ultimato i lavori rispettivamente il 15/6/18 (CEDEP) e il 16/5/19 (CAMAD);
- in data 17/9/19 il Comune ha avviato il procedimento di nomina del collaudatore;
- il 18/11/19 è stata indetta conferenza di servizi sulla base del progetto definitivo predisposto dal Consorzio per verifica di compatibilità con la pianificazione di bacino del fiume Tevere per realizzazione delle necessarie opere in alveo e per la verifica del rispetto del principio dell’invarianza idraulica e dimensionamento dei sistemi di compensazione, compatibilità idraulica, etc;
- con Deliberazione CC 96 del 26.05.2020 è stato approvato un protocollo d’intesa tra Regione Lazio e Roma Capitale per il completamento delle OO.UU. di cui alla Delibera GRL n. 7387 del 01.12.1987;
- in data 13.05.2021 il Consorzio Colle Fiorito - stigmatizzato nuovamente il contegno inerte dell’Amministrazione avuto riguardo alla mancata approvazione della IV variante tecnica dei progetti di 1° e 2° stralcio, alla mancata realizzazione delle vasche di laminazione non richieste dalla normativa vigente al momento della progettazione del Piano di Zona, ed all’assenza di capienza economica - ha trasmesso tabella riepilogativa dei valori economici delle OO.UU. con evidenza del fabbisogno economico aggiornato alla data del 16.06.2020 in relazione alle OO.UU. non coperte da finanziamento; e, precisamente, € 9.940.776,08 per OO.UU. primaria e € 8.553.842,00 per OOUU secondaria;
- con D.D. 1664 del 28.11.2022 Roma Capitale ha concluso il procedimento di cui alla nota 18.11.2019 con l’approvazione del Progetto definitivo (predisposto dal Consorzio Colle Fiorito) per la verifica di compatibilità con la Pianificazione di Bacino Fiume Tevere.
- il 08.03.2023 è stata formalizzata la nomina del collaudatore preannunciata il 17.09.2019;
- con D.D. 394 del 09.03.2023 è stata approvata la 4° perizia di variante senza aumento di spesa delle OO.UU. di I stralcio presentata dal Consorzio Colle Fiorito in data 03.12.2015 ed integrata il 11.04.2016;
- con D.D. 462 del 17.03.2023 è stata approvata la 4° perizia di variante senza aumento di spesa delle OO.UU. di II stralcio presentata dal Consorzio Colle Fiorito in data 03.12.2015 ed integrata il 11.04.2016;
- nel 2020 Roma Capitale ha sottoscritto un protocollo d’intesa con la Regione Lazio al fine di liberare risorse disponibili per tutti i Piani di Zona: protocollo che, alla data del ricorso, non avrebbe condotto ad alcun risultato;
- in data 02.02.2024 è stata stipulata la convenzione integrativa avente carattere ricognitivo.
VIII) Le parti hanno entrambe dedotto con memoria in vista dell’udienza di discussione all’esito della quale, il 18/02/2025, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
I) A beneficio di una migliore comprensione della vicenda, a fronte di ricostruzioni che risentono di impostazioni prospettiche differenti, è opportuno premettere, quanto alla ricostruzione del fatto, che risulta dagli atti la seguente scansione procedimentale e fattuale.
Le società CAMAD SRL e CEDAP Srl, venivano, in sintesi, ammesse a finanziamento regionale ex DM 17.03.2003 ed ex lege 21/2001 per un importo presunto di euro 216.186,25 ciascuna (DGR 1012 del 29.10.2004) ed all'assegnazione di aree per la realizzazione, l’acquisto o il recupero di alloggi da concedere in locazione o canone convenzionato nel più ampio programma denominato "20.000 case in affitto", sulla base delle delibere GC 422 del 18.07.2003 ( individuazione piani di zona) GR 527/2003 (approvazione bando), DCC 33 dell'11.03.2003 (criteri per assegnazione di aree destinate agli interventi ERP in favore di imprese o cooperative fluenti di contributo pubblico individuati quali soggetti attuatori nelle delibere della GRL 519 e 525 del 25.06.2003).
Al fine di assumere l'impegno alla realizzazione unitaria e diretta delle opere di urbanizzazione del piano a scomputo, ossia al fine di soddisfare il primario criterio di assegnazione delle aree di cui alla delibera testé citata, si costituiva il Consorzio Colle Fiorito con atto del 21.07.2004 (al quale le ricorrenti avrebbero poi aderito).
I passaggi salienti della vicenda, sino all’attualità, sono i seguenti:
- la Regione Lazio comunicava l'ammissione al finanziamento regionale in data 08.06.2005;
-la DCC 11 del 19.01.2006 localizzava interventi ed aree nel Piano di Zona B48 Colle Fiorito;
-il permesso di costruire veniva rilasciato all'odierna ricorrente CEDEP 1'11.04.2006 ed in favore di CAMAD il 12.04.2006;
- i lavori, iniziati per entrambe nell’aprile del 2006, sono stati dapprima sospesi per l’esecuzione di sopralluogo da parte della Sovrintendenza per i beni archeologici a seguito del rinvenimento di una antica via romana lastricata;
- in data 15.05.2008, C.ED.EP. s.r.l. presentava richiesta di permesso di costruire (prot. 31963) per l’esecuzione di lavori di variante essenziale al permesso di costruire n. 415/2006;
- il 10.09.2009 ed il 28.10.2009 venivano stipulate le due convenzioni di concessione del diritto di superficie tra il Comune e le ricorrenti.
Per quanto concerne gli oneri di costruzione in convenzione si prevedeva che:
a) il corrispettivo della concessione fosse da considerarsi comprensivo della quota per oneri di urbanizzazione e di quota per gli espropri delle aree (art. 3 c.1);
b) in caso di aumento dei costi per l’acquisizione delle aree i contributi sarebbero stati ricalcolati, in peius (art. 3 c. 6);
c) il corrispettivo di concessione sarebbe stato da intendersi comprensivo della quota di cui al comma 10 dell’articolo 3 per urbanizzazioni primarie e secondarie, le cui opere sarebbero state eseguite direttamente dal Comune di Roma in base ai tempi di attuazione del piano ovvero, se il Comune stesso avrebbe deliberato in tal senso, sarebbero state eseguite direttamente dal concessionario ovvero dai cessionari del piano, coordinati esclusivamente tra loro con le forme consortili o societarie che il Comune avrebbe ritenuto più idonee, a scomputo del corrispettivo di concessione riferito alla quota-parte afferente a dette opere nel rispetto delle procedure di individuazione dell'appaltatore di cui al Decreto Legislativo n.163/2006, e comunque salvo eventuale conguaglio in favore del Comune di Roma rispetto al valore delle opere effettivamente realizzate. In tale ultimo caso, con successivo provvedimento sarebbero state determinate le opere di urbanizzazione, le modalità ed i tempi di esecuzione delle medesime, nonché, in caso di eventuale necessità del conguaglio suddetto, le modalità di versamento;
d) in caso di minor costo delle opere di urbanizzazione, il residuo sarebbe stato versato all’amministrazione.
Successivamente:
- non è mai stata sottoscritta la convenzione integrativa, sino all’anno 2024;
- in data 11.06.2007 CAMAD a r.l. presentava D.I.A. in variante per la realizzazione di un secondo piano;
- in data 06.08.2012 la Soc. CAMAD a r.l. ha presentato DIA per variante in corso d’opera per aumento di superficie relativa alla Legge Regione Lazio 21/2009;
-in data 29.07.2009, l’Amministrazione comunale rilasciava a C.ED.EP. s.r.l. , che ne aveva fatto richiesta, un nuovo permesso di costruire, n. 606, prot. 51499, alle condizioni del precedente permesso di costruire n. 415 dell’11.04.2006;
- i lavori di costruzione degli alloggi avevano fine il 28.09.2012 per CAMAD e il 30.09.2012 per CEDAP;
- per quanto concerne specificamente le opere di urbanizzazione:
- il progetto preliminare redatto dall'Amministrazione determinava l'importo necessario per le opere di urbanizzazione primaria in € 7.488.563,00 (Delibera n. 112/2005).
- a seguito dell'adeguamento dello stesso, le somme necessarie per le opere di urbanizzazione primaria sono state quantificate in € 8.966.602,00 (Delibera n. 259/2006).
- in data 30.11.2006 il Consorzio “Colle Fiorito” ha presentato all’Amministrazione il Progetto Generale Definitivo insieme al I Stralcio Esecutivo delle opere di urbanizzazione primaria, cui ha fatto seguito l’atto di approvazione da parte del Dipartimento competente;
- in data 22.05.2008 il consorzio “Colle Fiorito” ha presentato il Progetto II Stralcio Esecutivo delle opere di urbanizzazione primaria, comprendente opere idrauliche e stradali, poi approvato con atto risalente al luglio 2008 per un importo netto dei lavori pari a € 1.089.080,91;
- il Progetto Generale Definitivo delle opere di urbanizzazione del Piano di Zona è stato approvato con Determinazione Dirigenziale del IX Dip.to, n. 1888 del 29.12.2006 per un importo complessivo pari a euro 3.479.764,70 corrispondente al corrispettivo dovuto dagli operatori assegnatari aderenti al consorzio “Colle Fiorito”;
- tra il 2010 ed il 2013 l’amministrazione ha adottato gli atti di approvazione dei due progetti presentati dal Consorzio (dal 2010 al 2013) approvando per stralci successivi le relative perizie tecniche (I Stralcio - D.D. 1888/2006; II Stralcio - D.D. 1123 del 07.07.2008; III Stralcio -deliberazione della Giunta Capitolina n. 200 dell'8.05.2013);
- nel 2015 venivano depositate quattro perizie di variante al 1° e al 2° stralcio riguardanti opere effettuate senza autorizzazione del Comune
- con Decreto Segretariale n. 32/2015, il Piano di Zona è stato inserito nel P.A.I. - Piano di Assetto Idrogeologico del Fiume Tevere, all’interno del Progetto di Aggiornamento del Piano di Bacino Stralcio per il tratto metropolitano del Tevere da Castel Giubileo alla Foce P.S.5, rendendo di fatto inderogabile la verifica dell’invarianza idraulica del Piano di Zona;
- i lavori relativi alle opere di urbanizzazione hanno avuto fine il 15/6/18 (per CEDEP) e il 16/5/19 (per CAMAD);
- CEDEP ha stipulato il primo contratto di locazione vs. terzi il 07/06/2018 con decorrenza 01.07.2018;
- Camad ha stipulato il primo contratto di locazione vs. terzi il 11/04/2019 con decorrenza 01.06.2019;
- in data 17/9/19 il Comune ha avviato il procedimento di nomina del collaudatore;
-il 18/11/19 è stata indetta conferenza di servizi sulla base del progetto definitivo predisposto dal Consorzio per verifica di compatibilità con la pianificazione di bacino del fiume Tevere;
- con D.D. 1664 del 28.11.2022 Roma Capitale ha concluso il procedimento di cui alla nota 18.11.2019 con l’approvazione del Progetto definitivo (predisposto dal Consorzio Colle Fiorito) per la verifica di compatibilità con la Pianificazione di Bacino Fiume Tevere.
- il 08.03.2023 è stata formalizzata la nomina del collaudatore preannunciata il 17.09.2019;
- con D.D. 394 del 09.03.2023 è stata approvata la 4° perizia di variante senza aumento di spesa delle OO.UU. di I stralcio presentata dal Consorzio Colle Fiorito in data 03.12.2015 ed integrata il 11.04.2016;
- con D.D. 462 del 17.03.2023 è stata approvata la 4° perizia di variante senza aumento di spesa delle OO.UU. di II stralcio presentata dal Consorzio Colle Fiorito in data 03.12.2015 ed integrata il 11.04.2016;
- il consorzio Colle Fiorito, cui le società CAMAD S.r.l. (odierna ricorrente) e C.ED.EP. Costruzioni Edili e Pubbliche S.r.l. aderiscono per l’esecuzione delle opere a scomputo, in data 3.05.2023 (prot. QI 78613/2023 e QI 78615/2023 ) ha dichiarato il “Fine Lavori”;
L’ultimo atto della vicenda è da collocarsi in data 02.02.2024, data in cui è stata infine stipulata la convenzione integrativa avente carattere ricognitivo.
Pare il caso di sottolineare che secondo quanto sopra ricostruito ed alla luce delle allegazioni delle parti, l’attuazione del piano di zona è stata complicata dalle seguenti circostanze, pacifiche tra le parti:
i) sorpresa archeologica;
ii) progettazione preliminare approssimativa sotto il profilo della valutazione del dislivello altimetrico;
iii) mancato versamento degli oneri di urbanizzazione preventivati per inadempimento da parte di alcuni operatori economici;
iv) mancato incasso degli oneri concessori relativi agli spazi commerciali, per mancanza di domande di assegnazione;
v) contenzioso giudiziale e stragiudiziale tra Roma Capitale e gli operatori (ROCOAMA-CONSAPRO);
vi) sopravvenienza della disciplina europea, statale e regionale relativa al rischio alluvionale ed alla conseguente necessità di riprogettazione delle opere di urbanizzazione al fine di garantire la c.d. invarianza idraulica.
Ritiene il Collegio a tale riguardo che:
- le condotte degli operatori inadempienti nel versamento degli oneri concessori non siano imputabili a Roma Capitale;
- le tempistiche del contenzioso neppure siano imputabili a Roma Capitale;
- una diversa gestione del contenzioso, come ipotizzata dalle ricorrenti, non necessariamente avrebbe condotto ad esiti differenti.
I.I) Tanto premesso circa la ricostruzione del fatto, al fine di dirimere la controversia di cui si tratta, è necessario preventivamente inquadrare giuridicamente la vicenda esposta nella parte narrativa.
A fondamento dell'azione di condanna e di risarcimento di cui all'odierno giudizio, le ricorrenti lamentano la violazione degli obblighi assunti da Roma Capitale con particolare riferimento alla DGC n. 259 del 24.05.2006, della convenzione stipulata il 18.06.2009 rep. 24778, degli strumenti di pianificazione variamente richiamati e regolanti la fattispecie, dei principi di buon andamento e leale cooperazione, buona fede e diligenza applicabili.
Si tratta, in sostanza, come già rilevato da questo Tribunale con la precedente sentenza 2 agosto 2024, n. 15636, di un'azione da inadempimento contrattuale di obbligazioni derivanti da una convenzione di natura urbanistica, come tale rientrante nel più ampio novero degli accordi sostitutivi di provvedimenti ex art. 11 della 1. n. 241/90: la ricorrente chiede sia di ordinare a Roma Capitale di provvedere ad adottare i necessari atti esecutivi della convenzione urbanistica (tutela reale), sia di condannare l'Amministrazione al risarcimento del danno per il ritardo (inadempimento di obblighi provvedimentali che trovano nella convenzione tra le parti il loro presupposto) patrimonialmente valutabile (e quindi da quantificarsi al momento della domanda, ossia al momento della notifica del ricorso).
Rileva il Collegio che la convenzione dalla quale sorgono le obbligazioni che secondo la ricorrente sono rimaste attualmente inadempiute, è stata sottoscritta tra Roma Capitale ed il Consorzio costituito — come esposto in narrativa — tra i diversi soggetti attuatori del piano di zona di cui si discute.
I.1) Secondo la giurisprudenza (Cassazione civile sez. I - 26/04/2010, n. 9941), la stipulazione con il Comune di una convenzione di lottizzazione implica che i proprietari dei terreni interessati alla urbanizzazione pongano in essere un negozio (interno) di costituzione di un consorzio urbanistico volontario - con assunzione delle obbligazioni a fini organizzativi e con costituzione degli effetti reali necessari per conferire al territorio l'assetto giuridico conforme al progetto approvato dalla amministrazione - da ritenersi assoggettato alla disciplina della comunione dettata dal codice civile, ivi compreso l'art. 1101, comma 2 c.c., con la conseguenza che, in difetto di espressa deroga convenzionale, giusta la regola da tale norma imposta, le spese per la lottizzazione (quali quelle afferenti, fra l'altro, al progetto, alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria) ed i pesi alla medesima inerenti (quali la cessione al Comune delle opere di urbanizzazione e la destinazione di talune aree, con vincolo permanente, a vantaggio dell'intera lottizzazione o di singoli lotti) si ripartiscono e si distribuiscono in proporzione alle quote dei partecipanti.
Tale presupposto comporta che tra le partecipanti al Consorzio urbanistico e quest'ultimo si crea un rapporto di mandato (in forza del quale, il Consorzio opera nei confronti dell'Amministrazione stipulante come un rappresentante delle consorziate, assumendo in loro nome e per conto gli obblighi collettivi relativi alla urbanizzazione, alla cessione delle aree ed alle altre obbligazioni comuni) e che i destinatari degli effetti finali del piano urbanistico, per quanto riguarda le singole posizioni afferenti la realizzazione dell'edificazione, sono le parti consorziate.
Da questa premessa deriva che i proprietari di suoli o immobili che partecipano ad un Consorzio titolare di una convenzione urbanistica di lottizzazione o di pianificazione attuativa, hanno azione nei confronti dell'Amministrazione per l'adempimento di obblighi o obbligazioni derivanti dalla convenzione urbanistica, pro quota, e possono quindi convenire in giudizio l'Amministrazione stessa laddove lamentino il ritardo o l'inadempimento della stessa convenzione in rapporto alle specifiche utilità che spettano loro uti singuli.
I.2) Nel caso di specie, la posizione delle ricorrenti è quindi quella di una parte rappresentata dal Consorzio che si duole dell'inadempimento — da parte di Roma Capitale — delle obbligazioni che il Consorzio ha assunto (anche) nel suo interesse.
Più precisamente, l'Amministrazione sarebbe inadempiente rispetto agli obblighi variamente elencati in parte narrativa.
L'azione, come formulata, va qualificata come di inadempimento convenzionale di obblighi pubblici che sono a carico di Roma Capitale.
I. 3) Deve respingersi la principale tesi difensiva dell'Amministrazione, secondo la quale il Consorzio — di cui le ricorrenti sono parte — avrebbe assunto l'onere di eseguire le opere di urbanizzazione (della cui mancata esecuzione oggi si duole quale causa di incommerciabilità delle unità immobiliari realizzate in quota della ricorrente) accettandone il rischio imprenditoriale (e quindi il rischio della mancata copertura dei relativi costi con i proventi degli oneri concessori).
Invero, l'azione della ricorrente muove da un presupposto diverso, solo genericamente contestato da Roma Capitale ed invece suffragato dalla documentazione amministrativa che compendia gli obblighi delle parti, ossia che le consorziate assumevano l'obbligo di eseguire opere a scomputo dei relativi oneri ed esclusivamente nei relativi limiti (e non è contestato che tale obbligo sia stato adempiuto da parte dell'odierna ricorrente), e che l'Amministrazione si assumeva l'obbligazione di finanziare le opere infrastrutturali ulteriori per un importo, eccedente il primo, che — negli anni di riferimento di cui alla domanda — non è stato reso disponibile, salvo lo stanziamento di un milione di euro (a fronte dei 5.486.838,00 previsti).
II) Più precisamente, si consideri quanto segue, in continuità con quanto già statuito da questo Tribunale con la Sentenza n. 15636 del 2/8/24 in merito alla medesima vicenda, seppur nei confronti di altra consorziata.
Le società CAMAD SRL e CEDAP Srl, venivano ammesse a finanziamento regionale ex DM 17.03.2003 ed ex lege 21/2001 per un importo presunto di euro 216.186,25 ciascuna (dgr 1012 del 29.10.2004) ed all'assegnazione di aree per la realizzazione , acquisto o recupero di alloggi da concedere in locazione o canone convenzionato nel più ampio programma denominato "20.000 case in affitto", sulla base delle delibere GC 422 del 18.07.2003 ( individuazione piani di zona) GR 527/2003 (approvazione bando), DCC 33 dell'11.03.2003 (criteri per assegnazione di aree destinate agli interventi ERP in favore di imprese o cooperative fluenti di contributo pubblico individuati quali soggetti attuatori nelle delibere della GRL 519 e 525 del 25.06.2003).
Nella DCC nr. 33 del 11/3/03 si prevedeva, tra gli altri, l'obiettivo di consentire la "piena vivibilità dei Piani di Zona" mediante "la realizzazione contestuale di tutte le opere di urbanizzazione primarie e secondarie", "in maniera da rendere agibili per gli utenti le abitazioni' non appena ultimate. Si volevano cioè prevenire fenomeni di inagibilità di piani (e delle relative unità immobiliari) conseguenti a mancata o incompleta realizzazione delle opere infrastrutturali. Strumentale a tale obiettivo era la previsione della costituzione in consorzi dei richiedenti aventi titolo, che legittimava un punteggio di preferenza specifico nella procedura di assegnazione delle aree.
A tale fine si costituiva il Consorzio Colle Fiorito con atto del 21.07.2004 (al quale le ricorrenti avrebbero poi aderito), che assumeva l'impegno alla realizzazione unitaria e diretta delle opere di urbanizzazione del piano a scomputo dei corrispettivi di cessione per la quota afferente alle opere di urbanizzazione ideazione e sino a concorrenza dei corrispettivi medesimi, ai sensi dell'art. 8, lett. B) dell'art.35 della 1. 865/1971.
In particolare, l'art. 2 ("scopi del Consorzio"), al comma 1 precisa che "il Consorzio ha lo scopo di coordinare in nome, per conto e nell'interesse dei Consorziati, la realizzazione delle opere (...) ammesse a scomputo sui corrispettivi concessori per la quota afferente gli oneri di urbanizzazione dovuti ..all'amministrazione del Comune di Roma, essendo a carico di detta Amministrazione la realizzazione delle opere di urbanizzazione per la parte eccedente l'ammontare complessivo dei corrispettivi stessi".
Le opere di urbanizzazione erano poi oggetto della DGC 112 del 9.3.2005 che approvava il Progetto preliminare redatto dall'amministrazione, con un quadro economico complessivo di euro 24.278.538,00 dei quali 7.488.563 per opere di urbanizzazione primaria ed euro 16.789.975,00 per opere di urbanizzazione secondaria e con la previsione della realizzazione di opere ulteriori, esterne al comparto, connesse al Piano ed indispensabili per la sua agibilità.
A seguito di indagini archeologiche il progetto veniva rimodulato e modificato (sia in relazione alla viabilità interna che in ordine ai comparti edificatori), ferme restando le dotazioni a standard e dimensionamento complessivo (DCC 166 del 21.07.2005), con nuovo progetto preliminare (DGC 259 del 24.05.2006, che anche disponeva la revoca della DGC 112/2005). Il quadro economico veniva rimodulato in un complessivo importo di euro 8.966.602,00 per opere di urbanizzazione primaria e 8.533.842,00 per opere di urbanizzazione secondaria.
Lo schema di convenzione integrativa prevedeva all’art. 1, accanto alla realizzazione delle opere a scomputo degli oneri, l’indicazione della somma messa a disposizione del comune per “ulteriori opere”.
Sul punto, rileva la ricorrente come la convenzione integrativa allegata alla delibera, pure approvata in schema, non veniva sottoscritta.
Osserva comunque il Collegio, per la migliore comprensione dei fatti di causa successivi, che la convenzione integrativa, a valenza ricognitiva e quindi a sanatoria, veniva sottoscritta il 02.02.2024, nell’ambito della quale nuovamente il comune prevede l’impegno di somme per “ulteriori opere”.
II.B) Come osserva la difesa capitolina, l’art. 35, comma 8, lett. b) della Legge n. 865/1971 e l’art. 16, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 prevedono la possibilità di procedere alla realizzazione delle opere infrastrutturali a scomputo degli oneri di urbanizzazione, vale a dire la realizzazione diretta delle opere pubbliche in luogo del versamento in denaro dei relativi oneri all’Amministrazione.
Tale istituto, come evidenziato in giurisprudenza, può dar luogo, a seconda delle ipotesi, a due diverse ricostruzioni sul piano giuridico (T.A.R. Lazio - Roma, Sez. II Bis, 18 dicembre 2020, n. 13694): A) se l’accordo negoziale prevede tout court la realizzazione delle opere in sostituzione dell’obbligazione di pagamento degli oneri, “le parti realizzano una “datio in solutum” ovvero un accordo negoziale sostitutivo dell’obbligazione di pagamento degli oneri stessi (che, avendo carattere di realità, si estingue in conseguenza dell’ultimazione dei lavori e della consegna dell’immobile all’Amministrazione ( cfr. sul punto, Cassazione civile, sez. trib., 22/06/2018 , n. 16533)”; ebbene, la causa onerosa e la funzione solutoria della “datio in solutum” comportano che “gli scostamenti di valore - in positivo o in negativo - dell’opera finale siano, rispettivamente, a carico o a vantaggio del lottizzante, che sopporta il rischio della carente progettazione o di errori di esecuzione e dei maggiori costi conseguenti, ma sconta anche il vantaggio competitivo del pi˘ efficiente affidamento a gara delle opere, laddove a parità di qualità (assicurata dalle procedure di validazione del progetto che l’Amministrazione compie), realizzi queste ultime ad un prezzo inferiore.”; B) solo allorquando la convenzione preveda la restituzione dei residui da parte del lottizzante che esegue in proprio le opere , deve ritenersi che l’accordo realizzi un negozio a causa mista, perchè al profilo della dazione si accompagna un mandato, in forza del quale l’esecutore della convenzione agisce quale rappresentante indiretto dell’Amministrazione; solo in tale ultimo caso, secondo la richiamata giurisprudenza, “gli oneri andrebbero qualificati sostanzialmente come provvista per il finanziamento dell’opera che il lottizzante utilizzerà in luogo dell’Ente committente e nell’interesse di questo, con conseguente obbligo di versamento della differenza a favore dell’Amministrazione (in tale ipotesi, ove ancora configurabile una “datio”, il relativo effetto solutorio non avrà estinto che la sola parte dell’obbligazione di pagamento degli oneri corrispondente all’importo dell’opera realizzata come effettivamente sostenuto dal lottizzante, che rimane obbligato per la differenza); ma il mandato comporterà, altresì, l’obbligo dell’Amministrazione di tenere indenne il lottizzante delle eventuali maggiori spese sostenute per imprevisti, cause di forza maggiore, sopravvenienze e così via (più in generale, nei limiti propri del diritto del mandatario ex art. 1720 cod. civ.)”.
Tenuto conto del quadro complessivo di progetto che si è appena sopra esposto, nonché della serie procedimentale esposta dalle parti e sopra ricostruita dal Tribunale, non risulta provata la tesi difensiva di Roma Capitale secondo la quale la vicenda in esame sarebbe sussumibile nel contratto di datio in solutum e quindi non sarebbe ad essa imputabile il mancato finanziamento delle opere di urbanizzazione.
Deve, ritenersi, invece, alla luce in particolare della previsione nell’ambito della convenzione stipulata dell’obbligo di conguaglio in caso di scostamento del costo effettivo da quello preventivato, che la fattispecie sia sussumibile in un negozio a causa mista dove convivono lo schema causale della “datio in solutum” e quello del mandato all’edificazione delle opere di urbanizzazione, nell’ambito del quale il Comune, in qualità di mandante avrebbe dovuto sopportare le spese per le opere derivanti dagli imprevisti, ove superiori agli oneri virtualmente incassati e portati a scomputo.
L’esborso pubblico, in altre parole, costituiva la provvista (integrativa dei valori derivanti dallo scomputo) delle opere che il Consorzio si era impegnato ad eseguire (operando quale Stazione Appaltante) e tale finanziamento — attesi gli obiettivi di interesse generale collegati alla immediata fruibilità degli alloggi che si sono dapprima richiamati — doveva considerarsi essenziale e non meramente programmatico.
III) Respinta la principale eccezione di merito di Roma Capitale, si può adesso esaminare quali obbligazioni pubbliche, quest'ultima, secondo l'azione, avrebbe disatteso (quale prima condizione dell'affermata responsabilità da inadempimento).
III.1) L'esposizione che precede consente di ritenere comprovata la prima voce di inadempimento, riportata nella narrazione “in fatto” sub II.1.A), secondo quanto esposto anche più ampiamente in atti (ossia “mancato finanziamento e conseguente assenza di copertura economica dei costi di urbanizzazione (previste da ultimo, nel Piano di investimenti 2012-2014, in euro 9.966.602,00 dei quali 5.486.838,00 a carico del bilancio di Roma Capitale, che però ne ha finanziato 1.000.000,00)".
Peraltro, la incidenza del mancato completamento delle opere esterne (in particolare, quelle necessarie al completamento dei collettori fognari e relativi allacci) è comprovata dalle ragioni tecniche che sono esposte nelle determine di proroga dei termini di esecuzione dei lavori, laddove è lo stesso ufficio procedente (quindi Roma Capitale) ad attestarne rilevanza, incidenza e non imputabilità alle consorziate.
III.2) Invece, deve ritenersi infondata l'azione quanto a tutti gli altri inadempimenti prospettati ed imputati al Comune di Roma.
Infatti, tali voci di inadempimento non sono riferibili a Roma Capitale o comunque sono solo genericamente dedotte in rapporto alla condotta dell'Amministrazione.
Deve premettersi, sul punto, che le parti di una convenzione di lottizzazione pubblica si obbligano a compiere prestazioni eterogenee (aventi ad oggetto sia pagamento di somme di denaro — oneri di urbanizzazione — ma anche un "facere" riconducibile all'appalto — realizzazione diretta di opere a scomputo — nonché di "dare" — cessione di aree), coordinate e finalizzate alla trasformazione urbanistica del comprensorio secondo uno specifico progetto approvato dall'Amministrazione che sul punto mantiene la propria posizione di supremazia specifica (ovvero rimane titolare di una condizione di autoritatività, dovendo assicurare l'interesse generale alla corretta esecuzione del piano); il negozio, nel suo complesso, ha quindi una causa tipica, avente natura pubblicistica, unitaria, cooperativa e di collaborazione, perseguendo le parti uno scopo comune (quello della urbanizzazione dell'area ai fini della sua trasformazione) a rilevanza collettiva o generale.
In quest'ottica, gli obblighi assunti dall'Amministrazione hanno natura non già di mere obbligazioni (di natura paritetica secondo il diritto comune), ma di obblighi di esercizio del potere (a seconda dei casi, di controllo, espropriativo, di finanziamento e così via) nei termini, ai fini e con le modalità convenute (ciò che è reso possibile in linea generale dall'ampia formulazione degli artt. 11 e ss. della 1. n. 241/90).
Da ciò deriva che, laddove una delle parti del negozio contesti l'inadempimento dell'Amministrazione in ordine ad obblighi su di essa gravanti in forza del titolo, non è sufficiente la mera allegazione dell'inadempimento (come negli ordinari contratti di diritto comune), ma è necessario fornire anche una dimostrazione adeguata all'ambito ed alla natura degli effetti propri degli obblighi asseritamente violati, di quale sia l'incidenza dell'inadempimento nella produzione del risultato atteso dal negozio (la trasformazione dell'area ai fini edilizi).
A giudizio del Collegio, nei capi che seguono, l'azione della parte odierna ricorrente è carente, e non sarebbe valsa a colmare la lacuna la CTU richiesta in termini esplorativi, attesa la genericità della prospettazione.
Invero, ciò è evidente in rapporto alla doglianza riportata nella narrazione “in fatto” sub II.1.B) "inerzia dell'Amministrazione nei confronti degli operatori assegnatari inadempienti, ovvero coloro i quali, avendo avuto l'assegnazione dei lotti, non hanno stipulato la convenzione ex art. 35 e/o richiesto i permessi di costruire; non hanno versato la quota di oneri di urbanizzazione, né hanno partecipato al Consorzio, così vanificando gli forzi profusi dagli altri operatori adempienti (lotti F/P, El/P)"; come anche in rapporto alla doglianza riportata nella narrazione “in fatto” sub II.1.C) "mancata assegnazione delle cubature commerciali e, più precisamente, mancata risoluzione della controversia insorta con uno degli operatori assegnatari e partecipanti al Consorzio Colle Fiorito la Società ROCOAMA (ex CONSAP), che avrebbe omesso il pagamento del costo di acquisizione delle aree, non avrebbe ritirato il permesso di costruire, non avrebbe stipulato la convenzione ex art. 35 L. 865 / 71 e non avrebbe, conseguentemente, dato avvio ai lavori".
Tra le parti, in questi casi non è provato in primo luogo il nesso eziologico tra l'inerzia dell'Amministrazione ed il danno lamentato. Infatti, in primo luogo non è dedotto alcunché sul comportamento dovuto (ed esigibile, secondo il titolo) da parte di Roma Capitale. Neppure sono evocati in giudizio i soggetti sui quali l'Amministrazione non avrebbe vigilato o in rapporto ai quali non avrebbe agito.
Più radicalmente, stando a come è formulata l'azione, il danno che la ricorrente lamenta non risulta imputabile al mancato controllo da parte di Roma Capitale, bensì in via immediata e diretta agli assegnatari dei lotti quanto al punto (b); in ordine al punto (c), l'esistenza di un contenzioso circa l'assegnazione delle cubature commerciali per le ragioni indicate, comporta che, ancora una volta, sarebbe l'assegnatario di queste ultime a non aver consentito la regolare prosecuzione del programma costruttivo.
In tutti questi casi, manca ogni approfondimento dell'obbligazione che si assume a carico di Roma Capitale e che quest'ultima avrebbe violato (obbligazione che, in quanto riferibile all'esercizio del controllo di natura autoritativa che spetta alla PA, potrebbe configurarsi come di garanzia, con evidente diversa qualificazione del relativo titolo di responsabilità, sul quale non sono però offerte deduzioni di alcun genere).
Ne deriva che l'azione è generica, dal momento che non è specificato, né altrimenti deducibile, come avrebbe potuto o dovuto incidere il comportamento diligente dell'Ufficio in rapporto all'inadempimento delle consorziate (non intimate).
Quanto sopra indicato comporta che a non diverso esito si perviene rispetto alla doglianza di cui alla lett. II.1.D) "mancato completamento degli espropri e mancata acquisizione delle aree esterne al confine di piano necessarie all'ultimazione delle opere di urbanizzazione ed agli allacci delle fognature ai corpi ricettori pubblici”; alla lett. II.1.E) "ritardo nella realizzazione dei Pubblici Servizi necessari alla fruizione degli immobili”; ed alla lett. II.1.F) "mancata stipula della convenzione integrativa per la realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo di tutti gli operatori aderenti al Consorzio".
Anche in questi casi, infatti, l'azione è generica: in particolare, non è provato il nesso eziologico tra gli adempimenti che si assumono mancanti ed il ritardo specifico nella consegna degli immobili realizzati dalla ricorrente; non è provato, ad esempio, che il mancato compimento degli espropri (solo genericamente invocato) abbia inciso sulle aree destinate alle opere infrastrutturali riferibili al compendio della odierna ricorrente; analogamente, non è provato che il ritardo nella stipula della convenzione abbia impedito l'avanzamento dei lavori (tenuto conto che questi ultimi non sono stati certificati neppure dopo la sottoscrizione della convenzione, avvenuta nelle more del giudizio).
III.3) Conclusivamente, dunque, l'inadempimento della Convenzione da parte di Roma Capitale, nei limiti di cui all'odierno giudizio, può ritenersi accertato solamente in rapporto alla voce sub "II.1.A" dell'esposizione che precede, ossia in ordine al mancato finanziamento delle opere infrastrutturali ulteriori e diverse da quelle che le consorziate hanno assunto a scomputo degli oneri dovuti, per l'importo indicato.
IV) Si deve a questo punto stabilire quali voci di danno risarcibile possano essere considerate conseguenza di tale inadempimento e se tali danni siano effettivamente provati.
Sul punto, il Collegio - nell'esposizione a seguire - farà riferimento alle conclusioni della parte ricorrente, secondo la numerazione dei capi di domanda ivi contenuta.
Deve preliminarmente osservarsi quanto più volte ribadito dalla giurisprudenza amministrativa (cfr da ultimo Tar Lazio, Prima Bis, sent. 21 febbraio 2025, n. 3912) sul piano del riparto dell’onere probatorio in materia risarcitoria. In proposito è stato affermato come in tema di responsabilità civile dell’Amministrazione la parte che affermi di aver subito un danno per effetto della condotta lesiva del soggetto pubblico sia tenuta ad allegare e provare puntualmente gli elementi costitutivi dell'illecito e le conseguenze pregiudizievoli subite (in tal senso, cfr. ex multis Cons. St., sez. IV, sent. 23 ottobre 2020, n. 6394).
Sul punto, la giurisprudenza amministrativa ha inoltre precisato che “… in materia risarcitoria, l'assenza di prova non potrebbe essere sopperita neppure facendo leva sul metodo acquisitivo, proprio del processo amministrativo impugnatorio, avendo questo Consiglio ripetutamente precisato come nell'azione di responsabilità per danni, il principio dispositivo e dell'onere della prova, sancito in generale dall' art. 2697, primo comma, cod. civ., opera con autonoma pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio invece dell'azione di annullamento …” (in tal senso, cfr. ex multis Cons. St., sez. VI, sent. n. 9875/2022, cit. e, in termini analoghi, Cons. St., sez. V, sent. 18 marzo 2019, n. 1737).
Quanto al profilo probatorio, quindi, in applicazione dei canoni di prova processual-civilistici che regolano la materia risarcitoria, in primis il principio di disponibilità della prova, deve in via preliminare e generale osservarsi che:
- il Collegio non può sopperire alle lacune probatorie eventualmente ravvisabili con una verificazione, pena la violazione del principio di parità delle armi;
- neppure può essere disposta d’ufficio l’acquisizione di prova documentale inerente ai danni lamentati.
Deve inoltre rammentarsi che, secondo pacifica giurisprudenza “La consulenza tecnica d'ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati.” (Cass. Sez. 6, 15/12/2017, n. 30218, Rv. 647288 - 01).
Il Collegio ritiene, tanto premesso, che la verificazione/consulenza richiesta sia inammissibile in quanto, sugli aspetti che verranno di volta a volta indicati, essa sia esplorativa e tesa a sopperire lacune di allegazione e di prova, o in altri casi non indispensabile ai fini del decidere in quanto le valutazioni giuridiche a monte ostano all’analisi della vicenda concreta a valle.
Per quanto attiene alla prova testimoniale, come articolata, essa è inammissibile. Le ricorrenti chiedono di provare mediante testi, infatti: circostanze che devono essere provate in via documentale in quanto il codice civile la impone (come i contratti e i pagamenti), valutazioni tecniche che dovevano avere ingresso in via documentale mediante deposito di documentazione tecnica e mediante perizia di parte privata. In alcuni casi si tratta di testimonianze aventi oggetto impossibile vista la lunga durata delle prestazioni.
Deve inoltre premettersi che vanno esclusi dal novero delle voci ammissibili di risarcimento, tutti quegli elementi che dipendono — in tutto o in parte — da inadempimento di soggetti terzi (quali quelli elencati in parte narrativa), dato che la domanda di condanna a provvedere ed al relativo risarcimento è posta solo a carico di Roma Capitale.
Inoltre, non possono essere riconosciute voci di danno esorbitanti dall'interesse diretto della ricorrente, come pretese relative all'adempimento di obbligazioni nei confronti di altre consorziate o del Consorzio in quanto tale.
Di conseguenza, può essere risarcita unicamente la quota di danni patrimoniali che sono effettivamente riconducibili - da un lato - alla posizione della ricorrente e - dall'altro -all'inadempimento dell'Amministrazione.
Tanto premesso, è possibile passare in rassegna le voci di danno proposte dalle ricorrenti per valutarne la consistenza sotto il profilo ontologico ed eziologico.
IV.1) E’ infondata la richiesta di risarcimento dei "danni da durata complessiva più lunga di quella prevista e conseguenti maggiori oneri per ridotta produttività delle rispettive organizzazioni imprenditoriali".
Il Collegio rileva che la conclusione cui sono pervenute le ricorrenti circa la prima voce risarcitoria non siano condivisibili.
In primo luogo, va tenuto conto che l'inadempimento di Roma Capitale è accertato solo con riferimento al mancato finanziamento delle opere infrastrutturali nei limiti di cui si è detto prima.
Nei descritti limiti, non è provato che il tempestivo stanziamento delle somme di bilancio per gli anni compresi nella domanda avrebbe consentito l'altrettanto tempestivo sblocco dei cantieri.
Ciò non solo non è provato, ma dalle risultanze complessive della documentazione acquisita agli atti del giudizio e tenuto conto di quanto dedotto da Roma Capitale (in particolare nella nota dell'Ufficio e nelle memorie ex art. 73 c.p.a.) in ordine allo sviluppo dell'attuazione del Piano nel prosieguo del presente giudizio, si è reso necessario l'aggiornamento del progetto (di cui alle note prot. QI 196265 del 23.12.2019, prot. QI 9159 del 21.01.2020 e prot. QI 27333 del 15.02.2021), cui il Consorzio ha adempiuto "a distanza di due anni dalla richiesta e, precisamente, in data 24.03.2021 con prot. QI 57192 e in data 12.08.2021 con prot. QI 146246"; e che "il Consorzio ha dichiarato il Fine Lavori in data 3.05.2023 (prot. QI 78613/2023 e QI 78615/2023), ma ad oggi non ha ancora depositato la documentazione amministrativa necessaria per il collaudo tecnico-amministrativo delle opere in questione, già richiesta dall'Amministrazione con le note prot. QI 118116 del 05.07.2023".
Deve peraltro rilevarsi che nelle more dell’esecuzione del PdZ sono state cause concomitanti di ritardo nella conclusione dei cantieri degli edifici e delle opere di urbanizzazione, la sorpresa archeologica, l’ampliamento delle volumetrie su richiesta delle imprese, le inadempienze di alcuni operatori economici, la mancata richiesta di assegnazione degli spazi commerciali, la sopravvenienza della novella normativa in materia di invarianza idraulica. Ed è altresì provato che le stesse ricorrenti, giusto quanto riportato poc’anzi hanno depositato con ritardo la documentazione necessaria al Comune per il Collaudo tecnico-amministrativo.
Appare chiaro dall'esposizione che precede che non è dunque provato il nesso eziologico tra l'inadempimento accertato (mancato finanziamento dei fondi a carico dell'Amministrazione) ed il danno lamentato, specie poi avendo riguardo all'intero ammontare che è stato calcolato.
Quanto al relativo metodo di calcolo, che non è accompagnato da perizia tecnica, infatti, le percentuali di sottoproduzione sono enucleate dal semplice raffronto tra il valore della produzione ed il ritardo, senza che sia dimostrato, in concreto, come il maggior tempo di esecuzione del lavoro abbia comportato una corrispondente attività giornaliera. Non è poi stata chiarita e provata l'effettiva impossibilità di utilizzare macchine e manodopera in altri cantieri, essendo stato fatto solo un generico riferimento ad "altre iniziative imprenditoriali analoghe" non meglio precisate cui la ricorrente sarebbe stata impossibilitata a partecipare.
In altri termini, non è provato, e neppure specificamente allegato, che il mancato finanziamento delle opere, attinente ad elementi esterni al cantiere di cui era titolare l'odierna ricorrente, abbia causato — in maniera diretta o anche solo mediata — quel maggior tempo di lavorazione effettiva o abbia impedito il completamento delle opere (immobili residenziali e opere infrastrutturali di competenza della ricorrente nei relativi lotti) nei termini previsti.
Ciò è tanto più rilevante se si considera che, a fondamento dei ritardi nell'esecuzione del Piano di Zona, le ricorrenti hanno allegato numerose inadempienze (delle quali però solo una effettivamente riconducibile ad omissioni di Roma Capitale), che — dalla sua stessa prospettazione — hanno concorso tutte alla causazione dei danni (ancora una volta dedotti cumulativamente), così che è indimostrato — allo stato degli atti — quale parte abbia concretamente avuto l'inadempimento specifico di Roma Capitale nel maggior tempo di produzione del cantiere che è stato invocato.
Ne deriva il rigetto della domanda sul punto.
IV.2) Parimenti è infondata la richiesta di risarcimento dei "danni da maggiori oneri di manutenzione".
Quanto sin qui esposto in ordine al punto IV.1) conduce a respingere anche tale domanda.
Atteso che il mancato finanziamento delle opere da parte di Roma Capitale ha certamente concorso alla causazione del ritardo rispetto ai tempi di ultimazione delle unità immobiliari e delle opere infrastrutturali in capo alle odierne ricorrenti, è — secondo l'id quod plerumque accidit — naturale conseguenza del ritardo il maggior onere manutentivo derivante a carico dell'imprenditore.
Tuttavia, come già indicato sub IV.1), il maggior tempo di cantiere (con i relativi maggiori oneri manutentivi) è causato - nella prospettazione delle ricorrenti - da una serie di fattori, uno solamente dei quali riconducibile alla responsabilità di Roma Capitale.
Inoltre, dagli atti emerge un quadro complessivo di tardiva attuazione del Piano che, pur se riferito agli anni successivi a quelli in esame, induce a ritenere che il ritardo che ha comportato i maggiori oneri manutentivi non fosse imputabile, se non in minima parte, al mancato finanziamento delle opere esterne.
Sotto il profilo della sua quantificazione, l'importo complessivo di tale maggior onere - per il periodo di riferimento - viene calcolato in dipendenza di indicatori presuntivi.
Sotto il profilo della prova, le ricorrenti chiedono la prova per testi delle attività di manutenzione la quale, tuttavia, non colma il vuoto probatorio circa l’effettiva necessità delle attività di manutenzione, valutazione tecnica che non può essere sopperita dalla prova per testi delle attività effettivamente svolte, e rispetto alle quali la ctu/verificazione è esplorativa in difetto di un principio di allegazione e prova fornito dalle ricorrenti. Non si può delegare al consulente la verifica esplorativa delle attività manutentive necessarie.
Peraltro, per come formulato, il calcolo costituisce una replica del metodo di computo della voce sub IV.a) e delle relative voci di computo del danno e, già solo per questo, è inammissibile poiché duplica l'oggetto del risarcimento.
Ne deriva che l'importo finale non può essere riconosciuto.
IV.3 e 4) E’ infondata la richiesta di risarcimento dei "danni da mancata commercializzazione delle unità da concedere in locazione alla data di fine lavori" e la domanda connessa relativa agli interessi.
A tal riguardo deve osservarsi che il dies ad quem del calcolo del ritardo è fissato dai ricorrenti alla data della prima scadenza del permesso di costruire (29/4/09).
Si osserva che —sulla base del permesso di costruire — il termine naturale di conclusione dei lavori edilizi era il 29.4.2009; il calcolo della parte ricorrente tiene conto dell'intervallo tra quest'ultimo dato di riferimento (che veniva prorogato come da elenco in atti delle relative determine, ponendo la conclusione lavori al 28-30.06.2012).
Così ricostruito il fondamento della domanda, appare evidente che essa è infondata e va respinta.
Poiché l'unico inadempimento ascrivibile a Roma Capitale è il mancato finanziamento in bilancio della quota di opere infrastrutturali a servizio del piano, non solo non è dimostrato in alcun modo che tale inadempimento abbia specificatamente causato l'indisponibilità locatizia degli immobili; ma è anzi provata l'indifferenza causale dell'inadempimento in rapporto al danno lamentato, posto che il primo contratto di locazione è stato stipulato nel 2019, quando cioè, ancora non era definito il tema della compatibilità idraulica delle opere con il Bacino Fiume Tevere PS5 (vedasi le già richiamate comunicazioni intercorse tra il Consorzio e Roma Capitale circa la Conferenza dei Servizi del 2.12.2019).
Da tale dato di fatto deve evincersi l'insussistenza di una relazione diretta tra l'inadempimento di Roma Capitale e la mancata locazione degli immobili, completati sin dal 30.06.2012. Né può ritenersi imputabile alla sola Roma Capitale l'indugio tra il termine inizialmente previsto di completamento delle opere (2.4.2009) ed il termine finale (30.06.2012) poiché le relative proroghe, sebbene comprovino la sussistenza di ritardi non imputabili alla consorziata (tanto da giustificare lo slittamento dei termini di completamento dei lavori fissati nel permesso di costruire), non consentono di ritenere addebitabile alla sola Roma Capitale le cause del mancato completamento dei fabbricati.
Conclusivamente, anche sul punto la domanda è generica e va respinta; insieme alla domanda inerente il rimborso degli interessi sul mancato introito che è strettamente dipendente dalla prima.
IV.5) E’ infondata la domanda di risarcimento dei "danni da mancata erogazione della terza tranche del finanziamento regionale".
Secondo la ricorrente, se l'Amministrazione non fosse stata inerte, dalla data di fine lavori, la ricorrente avrebbe incassato la terza tranche del finanziamento regionale, che, diversamente, afferma di non avere ancora conseguito perché condizionata ad una serie di prescrizioni regionali contenute nell'Allegato A alla DGRL n. 489/2006.
Quest'ultimo condizionava l'erogazione della terza tranche del finanziamento alla elencazione della fine lavori, dei conduttori e relativi codici fiscali, dei contratti di locazione debitamente registrati.
La domanda, quanto al capitale, va disattesa, non essendo fondata tale voce di danno perché, una volta sottoscritti i contratti, la terza tranche sarà comunque erogata, e dunque va esclusa la perdita del finanziamento, e non essendovi prova che le ricorrenti siano decadute dal beneficio. Per CEDEP l’erogazione è peraltro avvenuta il 29/12/2022.
La domanda è parimenti infondata quanto al mancato godimento dei relativi interessi, e va respinta in virtù del fatto che le società ricorrenti non hanno provato di aver subito un danno da ritardato versamento della quota di finanziamento, di conseguenza non hanno diritto al riconoscimento degli interessi c.d. compensativi (cfr. Cass. n. 3268 del 12/02/2008, secondo cui il creditore, per ottenere il risarcimento della posta di danno in esame, deve allegare e provare, anche in base a criteri presuntivi, che la somma rivalutata, o liquidata in moneta attuale, è inferiore a quella di cui avrebbe disposto, alla stessa data della sentenza, se il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo; cfr. anche Cass. n. 15823 del 28/07/2005, Cass. n. 22347 del 24/10/2007, Cass. n. 3355 del 12/02/2010, Cass. 17155 del 09/10/2012, Cass., Sez. Un., n. 1712 del 17/02/1995, nonché Cass. n. 3173 del 18/02/2016, secondo cui il pregiudizio in esame "non è in re ipsa, ma deve essere allegato e provato da chi lo invoca: vuoi dimostrando quale fosse la propria propensione al risparmio; vuoi dimostrando quale fosse il rendimento delle operazioni finanziarie in cui avrebbe verosimilmente investito il capitale dovutogli, in caso di tempestivo adempimento da parte del debitore; vuoi dimostrando quali maggiori oneri od interessi passivi avrebbe evitato di pagare se, disponendo tempestivamente della somma dovutagli, avesse potuto evitare di ricorrere al mercato del credito"; cfr. altresi Cass. n. 18564 del 13/07/2018)
Conclusivamente, non può neppure riconoscersi un danno da mancata percezione del finanziamento, in quota interessi attivi.
IV.6) E’ infondata la domanda di risarcimento dei danni da guardiania e servizi aggiuntivi (secondo le ricorrenti, ove l'Amministrazione non fosse stata inerte, la ricorrente stessa non avrebbe dovuto affrontare oneri impropri, quali quelli connessi al "servizio di sorveglianza e guardiania").
In questo caso, si tratta di oneri connessi alla prestazione di servizi i cui importi sono documentati come da atti versati in giudizio.
Secondo la giurisprudenza della Sezione (cfr. da ultimo TAR Lazio, Roma, IIB, 24 aprile 2024, n. 8142), in materia di convenzioni urbanistiche, il ritardo che l'Amministrazione causa nella presa in carico di opere infrastrutturali o nella agibilità di edifici residenziali, per fatto proprio, obbliga l'Amministrazione stessa a tenere indenne l'imprenditore dei maggiori costi derivanti dagli oneri di custodia delle opere o dei cantieri.
Nel caso di specie, sebbene la voce di danno sia teoricamente fondata, in concreto non è provata l'erogazione degli importi a carico delle ricorrenti.
Le società si limitano ad allegare, quale prova dell’esborso, un contratto di vigilanza privata non sottoscritto (il cui modulo di adesione peraltro è compilato solo in favore della CAMAD), fatture non quietanzate ed una raccomandata di disdetta non firmata.
A fronte di una scheda contrattuale priva delle sottoscrizioni ed in assenza delle quietanze dei pagamenti, il Collegio ritiene insufficiente la prova del danno.
Per quanto concerne l’utilizzo di proprio personale per la guardiania diurna, neppure è raggiunta una prova sufficiente, in mancanza degli ordini di servizio o di altra documentazione idonea.
Nessuno dei due profili può essere colmato con la prova per testi, che, in assenza della prova documentale, in nessuno dei due casi potrebbe coprire con ragionevolezza tutto l’arco temporale oggetto della domanda.
IV.7) E’ infondata la domanda risarcitoria relativamente ai maggiori oneri finanziari, legati all’accensione in data 14.10.2010 ad opera di C.ED.EP. s.r.l. di un mutuo ipotecario.
A tal riguardo deve sottolinearsi che non vi è prova del nesso di causalità.
La ricorrente, dichiarando genericamente di aver acceso un mutuo nel 2010, quando ancora dovevano essere terminate le opere relative agli edifici, non allega e non prova, neppure in via indiretta per presunzioni, che il ricorso al credito sia stato causato dalla vicenda de quo, piuttosto che da altre motivazioni.
V) rispetto alla domanda volta ad ottenere l’ordine nei confronti di Roma Capitale di adottare gli atti necessari ad addivenire all'agibilità del Piano di Zona, deve rilevarsi che la nota di aggiornamento delle ricorrenti e la memoria del comune inducono a ritenere sopravvenuta la carenza d’interesse atteso che nel marzo 2023 sono state approvate le ultime perizie di variante, successivamente le imprese hanno dichiarato la fine dei lavori ed infine il 02/02/24 è avvenuta la sottoscrizione della convenzione integrativa, in attesa che il Consorzio depositi gli atti per il collaudo tecnico-amministrativo.
VI) Conclusivamente ritiene il Collegio che:
- la domanda di ordinare a Roma Capitale di adottare gli atti necessari ad addivenire all'agibilità del Piano di Zona sia improcedibile per sopravvenuta carenza d'interesse;
- la domanda di risarcimento di cui al ricorso introduttivo sia infondata.
VII) Vista la peculiarità della vicenda e la complessità giuridica, giusto tutto quanto sopra motivato, sussiste giusta causa di compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quinta Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
- dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse la domanda volta ad ottenere l’ordine a Roma Capitale di adottare gli atti necessari ad addivenire all’agibilità del piano di Zona;
- respinge ogni altra domanda.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Arzillo, Presidente
Giovanni Petroni, Referendario
Danilo Carrozzo, Referendario, Estensore