Consiglio di Stato, Sez. V, 27 novembre 2023, n. 10144

Confermata la possibilità per il consorzio stabile di prendere parte ad una procedura di gara utilizzando, ai fini della qualificazione, tanto i requisiti in proprio tanto quelli delle imprese consorziate, secondo il metodo del c.d. cumulo alla rinfusa.

La V Sezione del Consiglio di Stato, in data 27 novembre 2023, con pronuncia n. 10144 (di seguito la “Sentenza”), ha chiarito alcuni rilevanti principi in relazione al possesso dei requisiti di partecipazione di gara e successiva aggiudicazione, da parte della stazione appaltante, in favore di un consorzio stabile.

In particolare, la Sentenza prende le mosse dall’impugnazione del Tar Toscana, Sez. I, 27 maggio 2023, n. 512, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dall’impresa ricorrente (di seguito la “Ricorrente”) avente ad oggetto la determina dirigenziale e la comunicazione di aggiudicazione in favore di un consorzio stabile, adottata dalla Città Metropolitana di Firenze, per l’affidamento di un accordo quadro di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio stradale.

Il giudice di prime cure ha, inter alia, ritenuto di dichiarare infondato il ricorso nella parte in cui la Ricorrente, seconda in graduatoria, ha contestato l’aggiudicazione in favore del consorzio stabile in quanto l’impresa consorziata destinata a eseguire i lavori sarebbe stata priva dei necessari requisiti. L’esito della gara sarebbe legittimo, contrariamente a quanto prospettato da parte Ricorrente, in applicazione dell’istituto del cumulo alla rinfusa.[1]

Infatti, il cumulo alla rinfusa consentirebbe la possibilità di cumulare i requisiti di qualificazione del consorzio, rendendo possibile ai consorziati designati come esecutori la legittima esecuzione della commessa pubblica, pur in assenza, da parte di questi ultimi, dei requisiti previsti in sede di gara.[2]

A tal riguardo, la Sentenza ha confermato quanto sopra, facendo leva su due principali argomentazioni, connesse e consequenziali fra loro. La prima, avendo particolare riguardo alla natura giuridica dei consorzi stabili; la seconda, come si vedrà, relativa al cumulo alla rinfusa applicabile in forza dell’articolo 225, comma 13, del D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (il “Nuovo Codice”). Si tratta di due profili strettamente legati fra loro in quanto è proprio la particolare natura giuridica del consorzio stabile che ha condotto il Legislatore verso l’applicazione dell’istituto del cumulo alla rinfusa a tali operatori economici.

Come anche sottolineato dalla Sentenza, la disciplina dei consorzi stabili alla luce del Nuovo Codice può essere suddivisa mediante il richiamo a due principali articoli che ne evidenziano lo stretto legame con l’istituto del cumulo alla rinfusa. In particolare:

  1. l’articolo 67, in vigore dal 1° luglio 2023, che offre la disciplina in materia di consorzi non necessari (ivi inclusi i consorzi stabili); e
  2. l’articolo 225, comma 13, che ha previsto in via transitoria che per i consorzi stabili di cui all’articolo 45, comma 2, lett. c) del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (il “Vecchio Codice”) si applica - ai fini della partecipazione alle gare e dell’esecuzione - l’articolo 36, comma 7, del D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (il “Codice de Lise”).

Entrambe le norme sopra menzionate consentono l’applicazione del cumulo alla rinfusa agli operatori economici qualificabili come consorzio stabile.

 

La natura giuridica dei consorzi stabili

Preliminarmente, è necessario chiarire la natura giuridica di tali operatori economici, introdotti per la prima volta con Legge 10 febbraio 1994, n. 109, all’esito di un percorso che ha visto tipizzare un fenomeno di cooperazione tra imprese nell’esecuzione delle commesse pubbliche.[3]

La definizione di consorzio stabile è rimasta, in verità, invariata nel passaggio fra Vecchio e Nuovo Codice.

Infatti, l’articolo 65, comma 2, lett. d, del Nuovo Codice, nel riprendere l’articolo 45, comma 2, lett. c, del Vecchio Codice, definisce i consorzi stabili come gli operatori economici costituiti, anche in forma di società consortili ai sensi dell’articolo 2615 – ter del Codice Civile, tra imprenditori individuali, artigiani, società cooperative di produzione e lavoro, nonché tra società commerciali.

Fra i requisiti, la normativa vigente richiede:

  1. il numero minimo di tre consorziati;
  2. l’elemento teleologico circa la volontà di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici per un intervallo temporale non inferiore a 5 anni; e
  3. l’istituzione di una struttura di impresa comune.

I connotati che caratterizzano i consorzi stabili ne hanno comportato la qualificazione quali operatori economici dotati di autonoma soggettività giuridica in cui il rapporto fra consorzio stabile e imprese consorziate non è configurabile alla stregua di un rapporto di mandato[4]. Diversamente dai consorzi ordinari (disciplinati dagli articoli 2602 e ss. del Codice Civile)[5], considerabili come soggetti ad identità plurisoggettiva quali mandatari delle imprese costituenti la compagine consortile, e dai consorzi con attività esterna[6], i consorzi stabili assumono una soggettività giuridica autonoma e distinta rispetto ai propri consorziati per due principali motivi:

  1. gli imprenditori che ne fanno parte, all’esito di proprie ponderate valutazioni, decidono di operare congiuntamente nel settore della contrattualistica pubblica in modo continuativo. Tale intenzione, per così dire, di lungo termine è testimoniata dal dato normativo ove si prevede un arco temporale minimo di durata del consorzio stabile. Per tale ragione, i consorzi stabili hanno un quid pluris rispetto ai cd. RTI (i.e., i raggruppamenti temporanei di imprese), formati con l’unico scopo di prendere parte alle procedure ad evidenza pubblica senza operare sotto un disegno economico comune di più ampio respiro, in attuazione del principio del favor partecipationis[7]; e
  2. viene istituita una struttura comune di impresa[8], la quale, “oltre a presentare una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, rimane distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori ed è strutturata, quale azienda consortile, per eseguire, anche in proprio (ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate), le prestazioni affidate a mezzo del contratto”.[9] A ciò si aggiunga la presenza dell’elemento teleologico, definito dalla Sentenza come l’astratta idoneità ad operare con un’autonoma struttura di impresa.

Alla luce di quanto sopra, come anche evidenziato dalla Sentenza, i consorzi stabili si configurano, pertanto, come “aggregazioni durevoli di soggetti che nascono da un’esigenza di cooperazione ed assistenza reciproca e che, operando come un’unica impresa, si accreditano all’esterno come soggetto distinto”.[10]

 

Il criterio del cumulo alla rinfusa

Venendo all’istituto del cumulo alla rinfusa, la Sentenza in esame offre spunti di chiarezza, anche alla luce delle novità normative introdotte dal Nuovo Codice e, in particolare, della norma di interpretazione autentica di cui all’articolo 225, comma 13 che, nel richiamare l’articolo 36, comma 7 del Codice de Lise, amplia nuovamente l’applicazione del cumulo alla rinfusa in favore dei consorzi stabili con riferimento alle procedure indette ai sensi del Vecchio Codice.

In particolare, la Sentenza ha rilevato che i consorzi stabili, dotati di autonoma personalità giuridica, possono giovarsi, “senza necessità di ricorrere all’avvalimento, dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse, secondo il criterio del cumulo alla rinfusa”.

Tale istituto permette agli operatori economici una maggiore possibilità di partecipazione alle gare, in linea con quanto stabilito dall’articolo 3 del Nuovo Codice, ove si afferma che le stazioni appaltanti favoriscono l’accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, nonché di proporzionalità.[11]

Tale favor partecipationis consente quindi di ritenere, in alcune ipotesi, cumulabili i requisiti posseduti dai singoli consorziati del consorzio stabile, anche ove non designati come esecutori.[12]

Ciò premesso, occorre sottolineare che, da un lato, il Nuovo Codice ha previsto in via transitoria l’applicazione del cumulo alla rinfusa per i consorzi stabili di cui al Vecchio Codice (in forza dell’articolo 225, comma 13), dall’altro, con l’articolo 67, tipizza in via permanente il cumulo alla rinfusa, facendo leva sui requisiti di qualificazione posseduti dai singoli consorziati.

 

La disciplina transitoria del cumulo alla rinfusa fra Vecchio e Nuovo Codice: l’articolo 225, comma 13

L’articolo 225, comma 13, del Nuovo Codice stabilisce che l’articolo 47, comma 1, l’articolo 83, comma 2[13] e l’articolo 216, comma 14[14] del Vecchio Codice, si interpretano nel senso che, in via transitoria, relativamente ai consorzi stabili si applica il regime di qualificazione previsto dall’articolo 36, comma 7 del Codice de Lise. In via preliminare, si noti che quest’ultima disposizione non era stata richiamata dal Vecchio Codice, destando non pochi dubbi interpretativi e applicativi.

Fermo quanto si dirà rispetto alla portata applicativa della norma citata, in prima battuta si può evidenziare come l’articolo 225 si identificherebbe in una vera e propria norma di interpretazione autentica[15] che, nelle more dell’entrata in vigore del Nuovo Codice (i.e., il 1° luglio 2023), ha offerto la corretta interpretazione da disporsi in relazione ai consorzi stabili, con riferimento alle procedure indette sotto la vigenza del Vecchio Codice. Lo stesso Tar Toscana n. 512/2023, ha indicato che la sostanziale applicazione dell’articolo 36, comma 7, sopra citato, consente la partecipazione alle gare del consorzio stabile, potendo partecipare sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate, “così delineando quella strutturazione complessiva sintetizzata dal cd. principio del “cumulo alla rinfusa” ampiamente richiamato dalla giurisprudenza più tradizionale”.[16]

Quanto all’articolo 47 del Vecchio Codice prima dell’intervento normativo summenzionato, esso prevedeva un regime differenziato del cumulo alla rinfusa a seconda che si trattasse di appalti di lavori, servizi o forniture.

Infatti, il primo comma della citata norma stabiliva che “i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere b) e c), devono essere posseduti e comprovati dagli stessi con le modalità previste dal presente codice, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate”. Il cumulo dei requisiti trovava, in questi casi, applicazione solo rispetto agli aspetti concernenti le attrezzature, i mezzi d’opera e l’organico medio annuo.

In deroga al comma di cui sopra, la medesima disposizione:

  1. relativamente ai lavori, al comma 2 prevedeva che il possesso dei requisiti speciali andasse valutato anche in base all’apporto dei singoli consorziati che eseguono le prestazioni;
  2. relativamente alle procedure di servizi e forniture, al successivo comma 2 bis stabiliva che la sussistenza, in capo ai consorzi stabili, dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture fosse valutata a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati.

L’articolo 47 aveva pertanto previsto un meccanismo duale: un principio generale e due deroghe (suddivise a seconda dell’oggetto dell’appalto, come indicato nei punti sub (i) e (ii) che precedono). Quest’ultime, da un lato, relativamente ai lavori, hanno previsto una valutazione dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria, la quale – ad eccezione delle attrezzature, dei mezzi d’opera e dell’organico medio annuo - dipende dagli attributi che i consorziati designati per l’esecuzione posseggono e sono in grado di spendere in favore del consorzio stabile. Dall’altro lato, per i servizi e le forniture, invece, una valutazione dei requisiti che dipende dall’esistenza degli stessi in capo ai singoli consorziati partecipanti all’organismo collettivo (senza alcuna ulteriore specificazione riguardo l’esecuzione della contratto).[17]

Precisato il quadro normativo antecedente alla disposizione del Nuovo Codice, occorre segnalare che l’articolo 225 del Nuovo Codice ha richiamato l’articolo 36, comma 7 del Codice de Lise che, come confermato dalla Sentenza in commento, trova quindi sostanziale applicazione in relazione ai consorzi stabili. La norma richiamata stabilisce, in particolare, il principio per cui “il consorzio stabile si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate”. Essa rileva, inoltre, gli ulteriori presupposti di qualificazione di un consorzio stabile, fra cui, inter alia:

  1. per i lavori la qualificazione è acquisita con riferimento ad una determinata categoria di opere generali o specialistiche per la classifica corrispondente alla somma di quelle possedute dalle imprese consorziate;
  2. per la qualificazione alla classifica di importo illimitato è in ogni caso necessario che almeno una tra le imprese consorziate già possieda tale qualificazione; e
  3. per la qualificazione per prestazioni di progettazione e costruzione, nonché per la fruizione dei meccanismi premiali, è sufficiente che i corrispondenti requisiti siano posseduti da almeno da una delle imprese consorziate.

Fermo quanto precede, la giurisprudenza, avendo riguardo alla norma di interpretazione autentica di cui al Nuovo Codice, ha stabilito che tale disposizione disciplina “l’istituto del ‘cumulo alla rinfusa’ negli appalti di lavori con riferimento ai consorzi, i quali per la partecipazione alle procedure di gara possono utilizzare, ai fini della qualificazione, tanto i requisiti maturati in proprio, tanto quelli delle imprese consorziate”.[18]

Inoltre, la stessa giurisprudenza ha avuto modo di specificare che, all’inverso, se il consorzio stabile è in possesso, in proprio, dei requisiti partecipativi richiesti dalla lex specialis di gara, a nulla rileverebbe l’assenza dell’attestazione SOA in capo alla consorziata, anche nelle ipotesi in cui quest’ultima sia stata designata come l’esecutrice dei lavori[19].

 

Le limitazioni al cumulo alla rinfusa sancite dall’ANAC

Nonostante le recenti pronunce siano orientate nel senso di favorire la più ampia applicazione dell’istituto del cumulo alla rinfusa, rimane ancora attuale un indirizzo contrario all’effettività di tale istituto.

A tal proposito, risulta necessario richiamare l’orientamento divergente che l’Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito “ANAC”) ha manifestato in recenti e numerosi casi, pur in considerazione delle novità normative introdotte dal Nuovo Codice e della conseguente giurisprudenza sopra richiamata.[20] In molteplici pareri, resi in virtù del disposto di cui all’articolo 211 del Vecchio Codice, l’ANAC ha stabilito il principio per cui “la designazione, da parte di un consorzio stabile, di una consorziata per l’esecuzione di lavori nella categoria prevalente del tutto carente di qualificazione per eseguire tali prestazioni, comporta l’esclusione del consorzio dalla gara, anche se la qualificazione è posseduta in proprio dal consorzio”.[21]

Quanto sopra è bastato all’ANAC per poter affermare che la consorziata designata per l’esecuzione dei lavori non possa sfruttare il meccanismo del cumulo automatico in quanto dovrebbe, semmai, ricorrere all’ordinario strumento dell’avvalimento. Ciò che inoltre rileva è rappresentato dal fatto che l’ANAC ha ribadito quanto precede “pur in presenza di un orientamento giurisprudenziale di segno opposto” e alla luce della norma di interpretazione autentica prevista dal Nuovo Codice. Quest’ultima, dalla prospettazione dell’ANAC, non può essere interpretata nel senso che i requisiti di qualificazione SOA possano essere posseduti solamente dal consorzio stabile laddove, invece, l’esecuzione della commessa pubblica sia affidata totalmente ad un’impresa esecutrice priva dei requisiti.

Secondo l’ANAC pertanto, l’articolo 225, comma 13, del Nuovo Codice:

  1. svolgerebbe la funzione di evitare che si crei un vuoto normativo rispetto alle gare indette sotto la vigenza del Vecchio Codice; e
  2. regolerebbe l’ipotesi in cui un consorzio stabile ha la possibilità di partecipare alle gare mediante la somma dei requisiti delle proprie consorziate e non, invece, l’ipotesi opposta (i.e., consentire ad una consorziata la possibilità di qualificarsi a eseguire l’appalto in assenza dei necessari requisiti).

L’orientamento sopra descritto conferma che se, dunque, da un lato, l’istituto del cumulo alla rinfusa consentirebbe di ampliare la partecipazione alle gare, dall’altro lato tale pro-concorrenzialità non dovrebbe essere considerata come un principio della tutela della concorrenza da conseguire “costi quel che costi”, dovendo anzi trovare delle limitazioni nelle ipotesi di stretto legame fra requisiti di qualificazione ed esecuzione dell’appalto.

 

Il regime permanente del cumulo alla rinfusa nel Nuovo Codice

Come anche osservato in dottrina[22], anche il Nuovo Codice ammette in via permanente l’istituto del cumulo alla rinfusa per i consorzi stabili di cui all’articolo 65, comma 2, lett. d.

In primo luogo, l’articolo 67, comma 2, del Nuovo Codice, con riferimento ai consorzi stabili prevede che:

  1. per gli appalti di servizi e forniture, i requisiti di capacità tecnica e finanziaria sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate; e
  2. per gli appalti di lavori, i requisiti di capacità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento sono posseduti e comprovati dagli stessi consorzi sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate.

Tale formulazione, come anche osservato dalla relazione al Nuovo Codice redatta dal Consiglio di Stato (la “Relazione”), tiene conto del fatto che la disciplina del Vecchio Codice si basava su una disposizione transitoria (i.e., l’articolo 216, comma 27 – octies del Vecchio Codice) che rinviava all’articolo 36 del Codice de Lise, ammettendo la possibilità per i consorzi stabili di sommare i requisiti posseduti dalle singole consorziate al fine di attestare, per i lavori, i requisiti di qualificazione mediante l’attestazione SOA del consorzio.

Inoltre, la medesima Relazione sottolinea che il regolamento attuativo al Codice de Lise (i.e., il D.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207) stabilisce che i requisiti per la qualificazione dei consorzi stabili sono quelli previsti dall’articolo 36, comma 7, del medesimo Codice de Lise, operando il medesimo rinvio poi ripreso dalla norma transitoria di cui all’articolo 225, comma 13, del Nuovo Codice.

Quanto sopra non intacca, tuttavia, la necessaria presenza dei requisiti di ordine generale che devono essere rispettati al fine di poter prendere parte alle procedure ad evidenza pubblica. Infatti, l’articolo 67, comma 3, statuisce che “per gli operatori di cui agli articoli 65, comma 2, lettera d) e 66, comma 1, lettera g), i requisiti generali di cui agli articoli 94 e 95 sono posseduti sia dalle consorziate esecutrici che dalle consorziate che prestano i requisiti”. Il dettato normativo, come anche confermato dalla dottrina e dalla Relazione, si giustifica in base all’assunto per il quale le consorziate che prestano i requisiti sono assimilate alle imprese ausiliarie nell’ambito del regime di avvalimento dei requisiti.[23] Il rapporto che si instaura fra le consorziate esecutrici e le consorziate che prestano i requisiti è infatti molto simile a quello che si instaura fra imprese ausiliate e ausiliarie mediante il contratto di avvalimento.[24]

Fermo quanto precede, l’articolo 67, comma 4 del Nuovo Codice prevede inoltre che i consorzi stabili eseguano le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara “senza che ciò costituisca subappalto, ferma la responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante”.

Tale disposizione, come anche confermato dal Tar Napoli 19 aprile 2023, n. 2390, che richiama la Relazione, ricalca l’articolo 47, comma 2 del Vecchio Codice, confermando la “voluntas legis di consentire ai “consorzi stabili di attestare, per i lavori, i requisiti di qualificazione attraverso l’attestazione SOA del consorzio, nella quale si sommano i requisiti posseduti dalle singole consorziate”.

 

Considerazioni conclusive

L’approdo giurisprudenziale cui è giunta la Sentenza consente quindi di ritenere superati i meno recenti interventi interpretativi dei giudici, che sembravano circoscrivere la possibilità, per i consorzi stabili, di qualificarsi “approfittando” dei requisiti già posseduti dalle singole imprese consorziate, secondo il meccanismo del cumulo alla rinfusa.

Il Nuovo Codice, infatti, sia con la norma di interpretazione autentica di cui all’articolo 225, mediante la quale è stato esteso il cumulo alla rinfusa prevista dall’articolo 47 del Vecchio Codice, che con la norma di cui all’articolo 67, comma 2, ha ammesso l’applicazione del cumulo alla rinfusa senza limitazioni.[25] Tale approdo, come anche confermato in dottrina[26], emerge anche dall’analisi della Relazione al Nuovo Codice.

La normativa sopra menzionata, d’altro canto, si pone nel solco di quei principi di massima partecipazione al mercato e apertura alla concorrenza già enunciati dal quadro normativo europeo, ma ora valorizzati e chiariti anche dal Nuovo Codice. Il risultato interpretativo, incentivato anche mediante la norma di interpretazione autentica oggetto della Sentenza in esame, è spiegato dal rapporto contrattuale che si instaura fra stazione appaltante e consorzio stabile. È infatti quest’ultimo il soggetto, qualificabile come contraente e concorrente[27], con il quale l’ente conclude il contratto finalizzato all’espletamento della commessa pubblica. Pertanto, il possesso dei requisiti di partecipazione deve essere dimostrato dal consorzio stabile anche mediante il cumulo dei requisiti delle imprese consorziate, indipendentemente dal fatto che quest’ultime siano designate o meno in gara per l’esecuzione del contratto di appalto.

Il risultato normativo e giurisprudenziale che emerge dalla Sentenza, pertanto, pur giungendo ad un esito in linea con la natura di soggetto autonomo che viene attribuita ai consorzi stabili, rappresenta un’importante conclusione di un quadro normativo spesso incerto, determinato dal susseguirsi di interventi legislativi di sovente in contrasto fra loro e che non permettono, di conseguenza, la corretta valutazione di partecipazione alle gare da parte degli operatori economici che intendono parteciparvi, nonché la corretta applicazione delle regole partecipative posta in essere dalle stazioni appaltanti.

 

 


[1] Per completezza si segnala che il Tar Toscana, Sez. I, sent. n. 512/2023, ha anche enunciato l’importante principio secondo il quale, riprendendo la giurisprudenza del Cons. St., Sez. V, 19 febbraio 2021, n. 1500, è il provvedimento di esclusione, fondato sulla valutazione di gravità tale da elidere l’affidabilità del concorrente che richiede l’assolvimento di un particolare onere motivazionale. Di contro, l’ammissione può anche essere motivata per fatti concludenti.

[2] V. infra relativamente al parere ANAC 18 ottobre 2023, n. 470.

[3] Cfr. anche Cons. St., Sez. V, sent. del 29 settembre 2023, n. 8592 nella quale è stato rilevato che l’istituto del consorzio stabile rappresenta un’evoluzione della figura tradizionale prevista dagli articoli 2602 e ss. del Codice Civile, collocandosi a metà strada tra le associazioni temporanee e gli organismi societari risultanti dalla fusione di imprese. La medesima pronuncia rileva che la derivazione civilistica del consorzio determina l’applicazione di norme sia civilistiche sia inerenti alla contrattualistica pubblica.

[4] Cfr. anche Cons. St., Sez. V, n. 8592/2023.

[5] Mentre nei consorzi ordinari non emerge un assorbimento delle aziende in un organismo unitario, ciò avviene nei consorzi stabili mediante una organizzazione comune (cfr. I consorzi stabili e il cumulo alla rinfusa negli appalti, di S. Mento, in Giornale di diritto amministrativo, fascicolo 6/2022). Con riferimento ai consorzi ordinari cfr. anche Diritto e regolazione dei contratti pubblici, di A. Botto. S. Castrovinci Zenna, Giappichelli Editore, ed. 2020, p. 79, ove si afferma che essi danno vita ad una organizzazione molto leggera, finalizzata usualmente alla partecipazione alla singola procedura di appalto e alla gestione del singolo contratto.

[6] Sul punto giova rilevare che la Sentenza evidenzia che nei consorzi con attività esterna la struttura organizzativa provvede all’espletamento in comune di una o alcune funzioni (e.g., l’acquisto di materie prime) ma nemmeno il Codice Civile ne prevede una propria realtà aziendale.

[7] Cfr. anche Cons. St., Sez. V, n. 8592/2023.

[8] La Sentenza in commento specifica che l’azienda consortile deve essere intesa nella sua accezione civilistica, ossia come il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.

[9] Cfr Cons. St., Ad. Plen., del 18 marzo 2021, n. 5.

[10] È stato osservato in dottrina che i consorzi stabili costituiscono una particolare forma di associazionismo di matrice non comunitaria (cfr. I consorzi stabili e il cumulo alla rinfusa negli appalti, di S. Mento, in Giornale di diritto amministrativo, fascicolo 6/2022).

[11] Si noti che il principio dell’accesso al mercato, unitamente al principio del risultato e della fiducia, costituisce criterio prioritario e vincolante attraverso il quale devono essere interpretate e applicate tutte le disposizioni del Nuovo Codice (così anche in Guida al Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, Assonime, 2023, p. 7).

[12] È pacifico in dottrina che il cumulo alla rinfusa sia considerabile uno strumento applicativo del principio di concorrenza. Cfr. sul punto il contributo Sull’ammissibilità del cumulo alla rinfusa: tra interpretazione giudiziale e autentica nel nuovo codice dei contratti pubblici, di S. Esposito, in Urbanistica e appalti, fascicolo 5/2023, p. 559.

[13] L’articolo 83, comma 2, del Vecchio Codice rinvia al regolamento di cui all’articolo 216, comma 27 – octies recante il sistema di qualificazione, nonché casi, modalità requisiti ai fini della partecipazione alla procedura evidenziale, anche con riferimento esplicito ai consorzi stabili di cui all’articolo 45, comma 2, lett. c.

[14] Tale norma ha determinato la perdurante vigenza del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 nelle more dell’adozione del regolamento di cui all’articolo 216, comma 27 – octies del Vecchio Codice.

[15] La nozione di norma di interpretazione autentica deriva, nel caso di specie, dal chiaro intento della norma di disporre in chiave interpretativa. Tale natura, non è priva di conseguenze. Sul punto si veda il Cons. St., Sez. V, ord. cautelare del 14 aprile 2023, n. 1424, che ha stabilito la sua piena vigenza a decorrere dal 1° aprile 2023 in quanto trattasi di disposizione sottratta al regime di efficacia differita che ha invece caratterizzato il Nuovo Codice.

[16] Il richiamo alla giurisprudenza tradizionale deriva dal fatto che, nell’ambito della Sentenza, la Ricorrente aveva sostenuto l’impossibilità di applicare il cumulo alla rinfusa rinviando all’orientamento giurisprudenziale delineato dal Cons. St., Sez. V, sent. 22 agosto 2022, n. 7360. Tale pronuncia è stata invocata anche in ulteriori giudizi in cui è stato affermato, tuttavia, che il principio ivi enunciato risulta superato per il tramite dell’articolo 225 del Nuovo Codice (cfr. Cons. St., Sez. V, n. 8592/2023).

[17] La disciplina previgente, diversamente da quella individuata dal Vecchio Codice, prevedeva un sistema opposto in cui per i lavori pubblici, il consorzio avrebbe beneficiato di una disciplina di maggior favore in quanto avrebbe potuto spendere i requisiti tecnici e finanziari dei soggetti consorziati al fine di prendere parte alla gara. Contrariamente, per i servizi e le forniture “i requisiti tecnici ed economici si sarebbero “sommati” solo con riguardo ai consorziati indicati per l’esecuzione della commessa pubblica”. Cfr. sul punto I consorzi stabili e il cumulo alla rinfusa negli appalti, di S. Mento, in Giornale di diritto amministrativo, fascicolo 6/2022, p. 801. Si segnala inoltre che, diversamente da quanto affermato dalla dottrina appena citata, il Cons. St., Sez. V, n. 8592/2023, ha affermato che l’articolo 47, comma 2 – bis del Vecchio Codice non si pone come una rottura rispetto alla disciplina previgente bensì “avrebbe lo scopo di dettare una disciplina espressa, valevole per i settori dei servizi e delle forniture, che si pone in continuità con il passato”.

[18] Così Cons. St., Sez. V, ord. n. 1424/2023.

[19] Così Cons. St., Sez. V, ord. del 5 maggio 2023, n. 1761.

[20] Nel caso del parere ANAC n. 470/2023 si è trattato di un’ipotesi nella quale il consorzio stabile, pur in possesso dei necessari requisiti, è stato escluso dalla procedura evidenziale a causa della indicazione, come impresa esecutrice, di un operatore economico consorziato sprovvisto dei requisiti specificati dalla lex specialis di gara.

[21] Cfr. parere ANAC n. 470/2023, ove si richiamano gli ulteriori pareri del 22 febbraio 2023, n. 76 e del 3 maggio 2023, n. 184.

[22] Cfr. il contributo Sull’ammissibilità del cumulo alla rinfusa: tra interpretazione giudiziale e autentica nel nuovo codice dei contratti pubblici, di S. Esposito, in Urbanistica e appalti, fascicolo 5/2023, p. 558.

[23] Cfr. Gli operatori economici e i requisiti di partecipazione, di E. Leonetti, in Giornale di diritto amministrativo, fascicolo 3/2023, p. 333.

[24] Cfr. Cons. St., Ad. plen., n. 5/2021.

[25] Cfr. di nuovo Cons. St., Sez. V, n. 8592/2023.

[26] Cfr. il contributo Sull’ammissibilità del cumulo alla rinfusa: tra interpretazione giudiziale e autentica nel nuovo codice dei contratti pubblici, di S. Esposito, in Urbanistica e appalti, fascicolo 5/2023, p. 559.

[27] Cfr. Cons. St., Sez. V, sent. 28 marzo 2023, n. 3148.

 

LEGGI LA SENTENZA

 

Pubblicato il 27/11/2023

N. 10144/2023REG.PROV.COLL.

N. 05754/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5754 del 2023, proposto da
Impresa Edile Stradadale F.lli Massai S.r.l., in proprio e nella qualità di mandataria del costituendo Rti con Granchi S.r.l., Vescovi Renzo S.p.a., Avr S.p.a. e Slesa S.p.a., quali mandanti, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 92806499D3, rappresentate e difese dagli avvocati Fabrizio Cossu e Fabio Baglivo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fabio Baglivo in Roma, via delle Quattro Fontane, 20;

contro

Città Metropolitana di Firenze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Cristina Pelusi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Valori S.c.a r.l. Consorzio stabile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Mollica e Francesco Zaccone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ati con mandataria Francucci S.r.l. e mandanti Caromar S.r.l. e Ridolfi Idio & Figli S.r.l., Avr S.p.a., non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Prima) n. 512 del 2023, resa tra le parti.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Città Metropolitana di Firenze e di Valori S.c.a r.l. Consorzio stabile;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2023 il Cons. Elena Quadri;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Impresa Edile Stradadale F.lli Massai S.r.l., in proprio e nella qualità di mandataria del costituendo Rti con Granchi S.r.l., Vescovi Renzo S.p.a., Avr S.p.a. e Slesa S.p.a., quali mandanti, ha impugnato con ricorso integrato da motivi aggiunti la determina dirigenziale n. 10 del 4 gennaio 2023 e relativa nota di comunicazione di aggiudicazione ex art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016 datata 11 gennaio 2023, per mezzo del quale la stazione appaltante ha aggiudicato a Valori S. c. a r. l. Consorzio stabile la procedura aperta indetta dalla Città metropolitana di Firenze per l'affidamento dei lavori inerenti all' “Accordo Quadro Lavori manutenzione ordinaria e straordinaria patrimonio stradale di proprietà e in gestione alla Città Metropolitana di Firenze 2022 – 2025” suddiviso in 3 lotti, da aggiudicarsi sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, con riferimento al lotto 3 - Zona Empolese Valdelsa, CIG 92806499D3 – valore 27.450.000,00 euro.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha in parte respinto e per il resto dichiarato inammissibile il ricorso principale e ha dichiarato improcedibile quello incidentale con sentenza n. 512 del 2023, appellata dal Rti F.lli Massai per i seguenti motivi di diritto:

I) censurabilità del capo di rigetto del secondo motivo di ricorso; carenza di motivazione della sentenza in relazione al secondo motivo di ricorso, con cui è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli atti impugnati, degli artt. 47, 48, 45, comma 2, lett. c), 83 e 84 del d.lgs. n. 50 del 2016, del c.d. “cumulo alla rinfusa per i consorzi stabili” e conseguentemente del disciplinare di gara e della normativa speciale d’appalto; eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti, difetto assoluto di motivazione; violazione dei principi generali di buon andamento, correttezza, trasparenza, concorrenza e parità di trattamento;

II) violazione e falsa applicazione degli artt. 47, 48, 45, comma 2, lett. c), 83 ed 84 del d.lgs. n. 50 del 2016 e conseguentemente del disciplinare di gara e della normativa speciale d’appalto; eccesso di potere per difetto d’istruttoria, erroneità dei presupposti, difetto assoluto di motivazione; violazione dei principi generali di buon andamento, correttezza, trasparenza, concorrenza e parità di trattamento;

III) censurabilità del capo di rigetto del ricorso per motivi aggiunti per inammissibilità; error in iudicando; eccesso di potere nell’attribuzione dei punteggi di gara per arbitrarietà, illogicità, incoerenza, irragionevolezza, contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento di

atti e di fatti, carenza dei presupposti, manifesta ingiustizia;

IV) censurabilità del capo di rigetto del ricorso per motivi aggiunti relativo all’aggiudicazione; error in iudicando; illegittimità derivata del provvedimento di efficacia dell’aggiudicazione dei lavori.

L’appellante ha chiesto, altresì, la condanna della città metropolitana di Firenze al risarcimento danni, in forma specifica o per equivalente.

Si sono costituite per resistere all’appello la Città metropolitana di Firenze e Valori S.c.a r.l. Consorzio stabile.

Successivamente le parti costituite hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 16 novembre 2023 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l’appello proposto da Impresa Edile Stradadale F.lli Massai S.r.l., in proprio e nella qualità di mandataria del costituendo Rti con Granchi S.r.l., Vescovi Renzo S.p.a., Avr S.p.a. e Slesa S.p.a., quali mandanti, per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana n. 512 del 2023, che ha in parte respinto e per il resto dichiarato inammissibile il ricorso dell’appellante, integrato con motivi aggiunti, per l’annullamento della determina dirigenziale n. 10 del 4 gennaio 2023 e relativa nota di comunicazione di aggiudicazione ex art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016 datata 11 gennaio 2023, per mezzo del quale la stazione appaltante ha aggiudicato a Valori S. c. a r. l. Consorzio stabile la procedura aperta indetta dalla Città metropolitana di Firenze per l'affidamento dei lavori inerenti all' “Accordo Quadro Lavori manutenzione ordinaria e straordinaria patrimonio stradale di proprietà e in gestione alla Città Metropolitana di Firenze 2022 – 2025” suddiviso in 3 lotti, da aggiudicarsi sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, con riferimento al lotto 3 - Zona Empolese Valdelsa, CIG 92806499D3 – valore 27.450.000,00 euro.

La sentenza ha, altresì, dichiarato improcedibile il ricorso incidentale del Consorzio Valori.

Il Tar ha respinto le censure concernenti l’illegittimità del cumulo alla rinfusa riportandosi alla giurisprudenza amministrativa più recente e dichiarato inammissibili quelle afferenti l’assunta erroneità dell’attribuzione dei punteggi alle offerte tecniche, attesa l’insindacabilità della valutazione discrezionale dell’amministrazione.

Con i primi due motivi l’appellante ha dedotto l’erroneità per carenza di motivazione della sentenza di primo grado nella misura in cui ha ammesso l’interpretazione estensiva del cumulo alla rinfusa ex art. 47 del d.lgs. n. 50 del 2016 in forza della natura di interpretazione autentica della previsione normativa di cui all’art. 225, comma 13, parte prima, del d.lgs. n. 36 del 2023.

In particolare, per l’appellante emergerebbe con evidenza l’illegittimità dell’aggiudicazione e prima ancora dell’ammissione alla gara del Consorzio Valori, per avere lo stesso individuato come unica impresa esecutrice la società Pozzolini, la quale nel DGUE avrebbe indicato il possesso di SOA OG3 in classe V, mentre gli atti di gara prevedevano la classe VII.

Con il terzo motivo di appello è stata, inoltre, dedotta l’erroneità della sentenza appellata nella misura in cui ha ritenuto inammissibile la prima censura dei motivi aggiunti relativa alla illogicità dell’attribuzione dei punteggi sulla componente tecnica da parte della Commissione di gara, atteso che la natura tecnico discrezionale dell’attività valutativa non impedirebbe ex se il sindacato giurisdizionale sull’esercizio della stessa.

L’appellante ha, dunque, riproposto, ai fini dell’effetto devolutivo, i motivi articolati nell’ambito dei motivi aggiunti, relativi all’assunta erroneità dell’attribuzione dei punteggi di gara per arbitrarietà, illogicità, incoerenza, irragionevolezza, contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento di atti e di fatti, carenza dei presupposti, manifesta ingiustizia.

Con il quarto motivo di appello è stata, infine, dedotta l’erroneità della sentenza nella misura in cui ha respinto anche il terzo motivo dei motivi aggiunti avente ad oggetto l’illegittimità derivata del provvedimento di efficacia dell’aggiudicazione dei lavori.

L’appello è infondato.

Con riferimento alle prime due censure, il Collegio si riporta alla più recente giurisprudenza amministrativa, secondo cui, in ragione dell'interpretazione autentica offerta dall'art. 225, comma 13, d.lg. n. 36 del 2023 (secondo cui per la partecipazione alle procedure di gara i consorzi possono utilizzare, ai fini della qualificazione, tanto i requisiti maturati in proprio, tanto quelli delle imprese consorziate), se il consorzio stabile è in possesso, in proprio, dei requisiti partecipativi richiesti dalla legge di gara, a nulla rileva l'assenza della qualificazione SOA in capo alla consorziata esecutrice dei lavori.

Questo Consiglio ha, invero, in più occasioni, chiarito che i consorzi stabili sono operatori economici dotati di autonoma personalità giuridica, costituiti in forma collettiva e con causa mutualistica, che operano in base a uno stabile rapporto organico con le imprese associate, il quale si può giovare, senza necessità di ricorrere all'avvalimento, dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse, secondo il criterio del 'cumulo alla rinfusa' (cfr., per tutte, Cons. Stato, V, 2 febbraio 2021, n. 964).

Tale orientamento prende vita dalla tradizionale giurisprudenza della Sezione, ormai consolidata dopo alcune oscillazioni, e si fonda, invero, sulla natura giuridica dei consorzi stabili, che sono soggetti dotati di autonoma personalità giuridica, distinta dalle imprese consorziate, configurandosi, dunque, come aggregazioni durevoli di soggetti che nascono da un’esigenza di cooperazione ed assistenza reciproca e che, operando come un’unica impresa, si accreditano all’esterno come soggetto distinto (cfr. Cons. Stato, V, 28 dicembre 2022, n. 11439; 7 novembre 2022, n. 9752; III, 4 febbraio 2019, n. 865).

Secondo l’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale, per poter attribuire al consorzio la qualifica di consorzio stabile è essenziale la sussistenza del c.d. elemento teleologico, ossia l’astratta idoneità del consorzio, esplicitamente consacrata nel relativo statuto, di operare con un’autonoma struttura di impresa, capace di eseguire, anche in proprio, ovvero senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le prestazioni previste nel contratto (ferma restando la facoltà per il consorzio, che abbia tale struttura, di eseguire le prestazioni, nei limiti consentiti, attraverso le consorziate) (cfr. Cons. Stato, V, 17 gennaio 2018, n. 276). A tal fine, è essenziale l’esistenza di un’azienda consortile, intesa nel senso civilistico di “complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.

L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza del 18 marzo 2021, n. 5, ha chiarito la differenza tra il consorzio ordinario di cui agli artt. 2602 e ss. del codice civile e il consorzio stabile, la cui disciplina si rinviene nell’art. 45, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016: il consorzio ordinario, pur essendo un autonomo centro di rapporti giuridici, non comporta l’assorbimento delle aziende consorziate in un organismo unitario costituente un’impresa collettiva, né esercita autonomamente e direttamente attività imprenditoriale, ma si limita a disciplinare e coordinare, attraverso un’organizzazione comune, le azioni degli imprenditori riuniti. Nel consorzio con attività esterna la struttura organizzativa provvede all’espletamento in comune di una o alcune funzioni (ad esempio, l’acquisto di beni strumentali o di materie prime, la distribuzione, la pubblicità, etc.), ma nemmeno nella sua disciplina civilistica è dotato di una propria realtà aziendale. Ne discende che, ai fini della disciplina in materia di contratti pubblici, il consorzio ordinario è considerato un soggetto con identità plurisoggettiva, che opera in qualità di mandatario delle imprese della compagine. Esso prende necessariamente parte alla gara per tutte le consorziate e si qualifica attraverso di esse, in quanto le stesse, nell’ipotesi di aggiudicazione, eseguiranno il servizio, rimanendo esclusa la possibilità di partecipare solo per conto di alcune associate.

I consorzi stabili invece, ai sensi dell’art. 45, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, sono costituiti “tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro” che “abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”. I partecipanti in questo caso danno vita ad una stabile struttura di impresa collettiva, la quale, oltre a presentare una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, rimane distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori ed è strutturata, quale azienda consortile, per eseguire, anche in proprio (ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate), le prestazioni affidate a mezzo del contratto.

Sulla base di questa impostazione, la Corte di giustizia UE ammette la contemporanea partecipazione alla medesima gara del consorzio stabile e della consorziata, ove quest’ultima non sia stata designata per l’esecuzione del contratto e non abbia pertanto concordato la presentazione dell’offerta (v. Corte di giustizia UE 23/12/2009, C-376/08, emessa su ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. I, 2 aprile 2008, n. 194).

Invero, il consorzio stabile, proprio perché dotato di personalità giuridica a differenza del consorzio con attività esterna, implica la costituzione di un’autonoma struttura consortile e il rapporto intercorrente tra consorzio ed imprese consorziate può essere ricondotto al rapporto tra società commerciale e socio, ove lo strumento associativo assume una sua completa autonomia (cfr. Cons. Stato, V, 18 ottobre 2022, n. 8866).

Il consorzio stabile costituisce, dunque, una struttura dotata di propria soggettività giuridica (sul punto, cfr., altresì, Cons. Stato, V, 7 novembre 2022, n. 9762) alla luce del rapporto organico che lega lo stesso alle proprie consorziate, nonché alla luce della responsabilità solidale di consorzio stabile e consorziata indicata verso la stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, V, 28 dicembre 2022, n. 11439).

Riguardo al terzo motivo dedotto, il Collegio condivide le statuizioni della sentenza appellata che ha qualificato le valutazioni discrezionali della commissione, nel caso di specie, insindacabili perché congrue e non illogiche.

In via generale, deve osservarsi che, nelle doglianze dell’appellante, non viene rilevata alcuna abnormità della valutazione in cui sarebbe incorsa l’amministrazione, ma più semplicemente si opera la sostituzione del giudizio dell’appellante con quello della commissione.

Deve, dunque, ribadirsi il tradizionale orientamento della giurisprudenza amministrativa per il quale, nelle procedure ad evidenza pubblica, qualora sia previsto il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la valutazione delle offerte tecniche costituisce espressione della discrezionalità tecnica della commissione giudicatrice e, pertanto, non può essere oggetto di sindacato, salvo che non sia inficiata da macroscopici errori di fatto, da illogicità o da irragionevolezza manifesta, in particolare nell’applicazione dei criteri di valutazione, secondo quanto dedotto dalla parte attrice.

Come condivisibilmente statuito dalla sentenza appellata: “Manca pertanto completamente, nella fattispecie, un qualche “elemento sintomatico” che possa portare ad affermare che si sia potuto verificare un qualche errore nell’attribuzione del punteggio relativo all’elemento tecnico e le stesse argomentazioni articolate da parte ricorrente trovano sostanziale giustificazione solo in quella convinzione che la sua offerta sia superiore a quella delle altre che è posta a base del primo motivo aggiunto e che, come già rilevato, tenta di portare il Giudice amministrativo verso un sindacato diretto del valore delle offerte che gli è precluso”.

Alla luce di quanto osservato, consegue, altresì, l’infondatezza del quarto motivo di appello relativo all’assunta erroneità della sentenza di prime cure nella misura in cui ha rigettato la censura avente ad oggetto l’illegittimità derivata del provvedimento di efficacia dell’aggiudicazione dei lavori.

Per le suesposte considerazioni l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza appellata di parziale reiezione e di parziale inammissibilità del ricorso di primo grado.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata di parziale reiezione e di parziale inammissibilità del ricorso di primo grado.

Condanna l’appellante alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti della Città metropolitana e del Consorzio Valori, che si liquidano in euro 5000 ciascuno, oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente

Valerio Perotti, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere, Estensore

Gianluca Rovelli, Consigliere

Antonino Masaracchia, Consigliere