Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 gennaio 2023, n. 278

La compensazione di cui all’art. 1 del d.l. n. 162 del 2008 va calcolata non in base ad una astratta comparazione dei prezzi ma in base agli effettivi maggiori costi sopportati dall’appaltatore

La compensazione di cui all’art. 1 del d.l. n. 162 del 2008, come convertito con legge n. 201 del 2008 e successive modificazioni, va calcolata non in base ad un’astratta comparazione dei prezzi ma in base agli effettivi maggiori costi sopportati dall’appaltatore, atteso che la norma è intesa non a riconoscere una sorta di finanziamento a fondo perduto, come sarebbe se la compensazione venisse riconosciuta a prescindere da un pregiudizio concreto subito dall’appaltatore, ma a ristorare quest’ultimo da perdite effettivamente subite.

Pertanto, non spetta al responsabile di procedimento rimediare ad eventuali carenze della domanda e attivarsi per richiedere all’impresa la documentazione necessaria, atteso che è solo l’impresa interessata ad ottenere la compensazione a poter sapere quale sia la documentazione idonea a sostenere la relativa richiesta.

L’art. 133 del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede una disciplina speciale degli interessi; la quale esclude l’applicazione sia della disciplina ordinaria degli interessi legali, sia quella di cui al d.lgs. n. 231 del 2002.

 

LEGGI LA SENTENZA

 

Pubblicato il 09/01/2023

N. 00278/2023REG.PROV.COLL.

N. 00497/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 497 del 2016, proposto dalla associazione temporanea di imprese fra la capogruppo Pavan Costruzioni Generali s.r.l. in liquidazione e la ICEIA - Impresa Costruzioni e Industrie Affini s.r.l. in liquidazione - in persona del legale rappresentante pro tempore della capogruppo mandatariarappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Asciano, Anna Ingianni, Giovanni Maria Lauro e Cecilia Savona, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Asciano in Roma, via Giunio Bazzoni 1;

contro

il Ministero della difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Sardegna, sezione I, 30 maggio 2015 n.835, che ha accolto in parte il ricorso n. 342/2001 r.g. proposto per la condanna dell’amministrazione intimata al pagamento della somma di giustizia, a favore dell’A.T.I. fra Pavan Costruzioni Generali s.r.l. e ICEIA s.r.l., a titolo di compensazione, ai sensi dell’art. 133, comma 4, d. lgs. 12 aprile 2006 n.163, in relazione al contratto 21 febbraio 2007 rep. n° 2372 concernente l’appalto dei lavori di straordinaria manutenzione degli alloggi collettivi di servizio della palazzina n° 1, nella caserma "Gonzaga" di Sassari.


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2022 il consigliere Francesco Gambato Spisani e udito per la parte appellante l’avvocato Giovanni Maria Lauro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

1. L’associazione temporanea fra le imprese di cui in epigrafe ha concluso con il Ministero intimato appellato il contratto 21 febbraio 2007 rep. n° 2372 concernente l’appalto dei lavori di straordinaria manutenzione degli alloggi collettivi di servizio della palazzina n° 1, nella caserma "Gonzaga" di Sassari, lo ha eseguito per intero e successivamente, con istanza presentata il 5 giugno 2009 al Ministero stesso, ha chiesto il riconoscimento della “compensazione” prevista, propriamente, dall’art. 1 del d.l. 23 ottobre 2008 n.162 in relazione all’art. 133 comma 4 del d. lgs. 12 aprile 2006 n.163 e dal pertinente decreto del Ministero delle infrastrutture 30 aprile 2009.

2. Per chiarezza, si riportano le norme citate nelle parti che rilevano.

2.1 L’art. 133 del d. lgs. 163/2006, in vigore all’epoca dei fatti, prevedeva anzitutto al comma 2 che “Per i lavori pubblici affidati dalle stazioni appaltanti non si può procedere alla revisione dei prezzi e non si applica il comma 1 dell'articolo 1664 del codice civile”, imponendo quindi un regime di “prezzo chiuso”; al successivo comma 4 prevedeva però che “In deroga a quanto previsto dal comma 2, qualora il prezzo di singoli materiali da costruzione, per effetto di circostanze eccezionali, subisca variazioni in aumento o in diminuzione, superiori al 10 per cento rispetto al prezzo rilevato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell'anno di presentazione dell'offerta con il decreto di cui al comma 6, si fa luogo a compensazioni, in aumento o in diminuzione, per la metà della percentuale eccedente il 10 per cento e nel limite delle risorse di cui al comma 7”, che appunto costituiva un fondo speciale per far fronte a queste evenienze.

2.2 In concreto, per calcolare la compensazione in aumento, lo stesso art. 133 prevedeva al comma 5 che essa fosse determinata “applicando la metà della percentuale di variazione che eccede il 10 per cento al prezzo dei singoli materiali da costruzione impiegati nelle lavorazioni contabilizzate nell'anno solare precedente al decreto di cui al comma 6 nelle quantità accertate dal direttore dei lavori”, là dove il citato d.m. 30 aprile 2009 è appunto il decreto applicabile per il periodo di tempo cui si riferisce il contratto concluso dalle ricorrenti appellanti.

2.3 Per ottenere la compensazione stessa, l’art. 133 prevedeva, infine, al comma 6 bis che “A pena di decadenza, l'appaltatore presenta alla stazione appaltante l'istanza di compensazione, ai sensi del comma 4, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto ministeriale di cui al comma 6”.

2.4 Tutto ciò premesso, il citato d.l. n. 162/2008, al dichiarato scopo di favorire le imprese a fronte di aumenti dei prezzi eccezionali registratisi in quel periodo, ha ampliato i presupposti della compensazione appena descritta e previsto all’art. 1, comma 1, che “in deroga a quanto previsto dall'articolo 133, commi 4, 5, 6 e 6-bis, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti rileva entro il 31 gennaio 2009, con proprio decreto, le variazioni percentuali su base semestrale, in aumento o in diminuzione, superiori all'otto per cento, relative all'anno 2008, dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi”.

2.5 Lo stesso art. 1 del d.l. n. 162/2008, per ottenere questa compensazione per così dire straordinaria, ha ribadito al comma 3 che “La compensazione è determinata applicando alle quantità dei singoli materiali impiegati nelle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori nell'anno 2008 le variazioni in aumento o in diminuzione dei relativi prezzi rilevate dal decreto ministeriale di cui al comma 1 con riferimento alla data dell'offerta, eccedenti l'8 per cento se riferite esclusivamente all'anno 2008 ed eccedenti il 10 per cento complessivo se riferite a più anni” e al comma 4 ha mantenuto la necessità di presentare a pena di decadenza la relativa istanza entro 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di rilevamento delle variazioni dei prezzi.

3. Tutto ciò posto, i fatti storici rilevanti di causa sono incontestati e si desumono dalla sentenza impugnata.

3.1 Come si è detto, l’A.T.I. appellante ha presentato, il giorno 5 giugno 2009, l’istanza di compensazione, corredata di una tabella di calcolo che esponeva un presunto credito per € 112.730.

3.2 L’amministrazione, con nota 26 giugno 2009, ha chiesto chiarimenti.

3.3 Con successiva nota 12 luglio 2010, l’A.T.I. ha consegnato a sostegno della domanda una serie di fatture e di dichiarazioni.

3.4 Con nota 15 settembre 2010, l’amministrazione ha respinto l’istanza, ritenendo che le fatture e le dichiarazioni suddette fossero inidonee a giustificarla, in quanto tutte erano state inoltrate decorso il termine di decadenza di 30 giorni di cui si è detto; alcune di esse erano prive delle relative bolle di accompagnamento del materiale cui si riferivano, altre erano relative a cantieri diversi rispetto a quello di cui al contratto ed altre ancora non tenevano conto che alcuni prezzi erano stati precedentemente concordati, e quindi sfuggivano alla compensazione. Di conseguenza, riteneva decaduto il procedimento relativo. In sintesi, come correttamente osservato dal giudice di primo grado, l’amministrazione ha sostenuto la tesi secondo la quale, per ottenere la compensazione, sarebbe stato necessario presentare entro il termine di decadenza non solo la domanda relativa, ma anche tutta la documentazione giustificativa della stessa.

4. Contro quest’esito, l’A.T.I. ha proposto il ricorso di primo grado, con il quale ha chiesto che fosse invece accertato il proprio diritto alla compensazione e che l’amministrazione fosse condannata a pagare la somma corrispondente, liquidata in € 95.071/56 o diversa di giustizia, nonché gli interessi “nell'aliquota di cui all'art. 133 d. lgs. n.163/2006 e relative norme regolamentari di attuazione” ovvero “in quella di cui all'art. 5 d. lgs. n.231/2002” (ricorso, p. 5 e p. 7 del file relativo), ove il riferimento è più precisamente al d. lgs. 9 ottobre 2002 n.231, concernente i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

5. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il T.a.r. ha accolto in parte il ricorso proposto dall’A.T.I. contro quest’esito, con la motivazione che ora si riassume nei passaggi qui rilevanti.

5.1 In primo luogo, il T.a.r. ha ritenuto che l’onere di presentare entro un termine a pena di decadenza l’istanza di compensazione non si potesse estendere, nel silenzio della norma, ai documenti giustificativi della stessa, in base al noto principio per cui non si danno decadenze non previste dalla legge.

5.2 In secondo luogo, il T.a.r. ha ritenuto che, per determinare la compensazione in aumento eventualmente dovuta, si dovesse procedere non in termini astratti, ma con riferimento a parametri concreti, spiegando che “nel primo caso, il confronto dovrebbe essere effettuato tra il prezzo rilevato” con l’apposito decreto ministeriale, “nell’anno di presentazione dell’offerta e quello rilevato” sempre con l’apposito decreto ministeriale “nell’anno di contabilizzazione; invece, nel secondo caso, andrebbe preso in considerazione il “prezzo formulato nell’offerta” in raffronto a quanto “effettivamente speso” in più dall’appaltatore (rispetto alle previsioni iniziali) e documentato con le fatture d’acquisto dei materiali”.

5.3 Tanto premesso, operando con riferimento al caso concreto, il T.a.r. ha ritenuto valorizzabile ai fini della compensazione una sola delle fatture presentate, ovvero la fattura n. 869 del 31 ottobre 2007 della ditta fornitrice “MC-Meccanica Costruzioni spa” per l’importo di € 669,48 e per conseguenza ha riconosciuto il diritto limitatamente a questa fattura “con gli interessi di legge” (sentenza, p. 10 ultime quattro righe).

6. Contro questa sentenza, l’A.T.I. ha proposto impugnazione, con appello che contiene un unico articolato motivo (esteso da pagina 2 a pagina 9 del ricorso), propriamente di violazione dell’art. 1 del d.l. 162/2008 sopra citato. In proposito, sostiene che il Giudice di primo grado avrebbe errato nell’adottare il criterio concreto per il calcolo della compensazione, e che essa invece si dovrebbe calcolare in base ai dati astratti contenuti nei decreti ministeriali, nel senso sopra esposto, e che quindi in tal senso non vi sarebbe stata necessità di presentare alcuna documentazione a corredo; in subordine, per il caso in cui la documentazione si ritenesse comunque necessaria, deduce che, ai sensi dell’art. 7 della l. 7 agosto 1990 n.241, il responsabile di procedimento la avrebbe dovuta richiedere di sua iniziativa; conclude quindi reiterando la domanda di condanna, con maggiorazione di interessi della somma dovuta. A questo ultimo proposito, censura la sentenza impugnata nella parte in cui dispone che, per la parte in cui la domanda di compensazione viene accolta, essa lo sia, come si è detto, “con gli interessi di legge, in relazione all’unica fattura idonea a dimostrare il reale aumento del costo dei materiali presso il cantiere della Caserma Gonzaga, dedotta l’alea del 10%”. A suo avviso, infatti questa espressione “non costituisce enunciazione di un possibile criterio di valutazione del pregiudizio (per mancata disponibilità della somma pretesa) di cui si chiede il ristoro in causa” (appello, p. 8 dal quarto rigo), e quindi vi sarebbe un’omessa pronuncia in proposito.

7. L’amministrazione ha resistito, con atto 2 febbraio 2016, e chiesto che l’appello sia respinto.

8. Con nota 19 luglio 2022 l’appellante ha dichiarato di avere ancora interesse alla decisione e con memoria 4 ottobre 2022 ha ribadito le proprie tesi.

9. All’udienza pubblica del 6 dicembre 2022, la sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

10. L’appello, nell’unico motivo di cui esso consta, è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito esposte.

11. È infondato anzitutto il primo profilo dell’appello stesso, secondo il quale la compensazione nel caso in esame si dovrebbe calcolare in base ad una astratta comparazione dei prezzi, e non in base agli effettivi maggiori costi sopportati dall’appaltatore. La norma, come risulta a semplice lettura, è intesa non a riconoscere una sorta di finanziamento a fondo perduto, come sarebbe se la compensazione venisse riconosciuta a prescindere da un pregiudizio concreto subito dall’appaltatore, ma a ristorare quest’ultimo da perdite effettivamente subite. Lo si desume anzitutto dal riferimento nel testo dell’art. 133 a “lavorazioni contabilizzate” in un anno solare ben determinato e a “quantità accertate” relative alle lavorazioni stesse, il che rimanda ad una valutazione concreta, e non a criteri astratti. A conferma di questa tesi, la circolare applicativa della norma (circolare del Ministero delle infrastrutture 4 agosto 2005 n.871), richiede all’art. 2, comma 2, che il direttore dei lavori provveda ad accertare “le quantità del singolo materiale da costruzione cui applicare la variazione di prezzo unitario” sulla base della contabilità di cantiere, e quindi con un apprezzamento relativo alla situazione di fatto così come essa si presenta.

12. È infondato anche il secondo profilo dell’appello, secondo il quale – ammesso che, come si è dimostrato sopra, la compensazione vada fatta con riferimento a dati concreti, spetterebbe al responsabile di procedimento rimediare ad eventuali carenze della domanda e attivarsi per richiedere all’impresa la documentazione necessaria. Si tratta infatti di un’argomentazione non condivisibile per ragioni logiche, prima che giuridiche. La documentazione contabile di un’impresa, come è del tutto ovvio, è nella disponibilità dell’impresa stessa, e non dell’amministrazione che con l’impresa abbia concluso un qualche contratto. È poi solo l’impresa interessata ad ottenere la compensazione a poter sapere quale sia la documentazione idonea a sostenere la relativa richiesta. Non si comprende quindi quale contenuto effettivo avrebbe potuto avere il preteso onere di acquisirla da parte del responsabile di procedimento.

13. E’ invece inammissibile, per carenza del presupposto della soccombenza, il terzo ed ultimo profilo dell’appello, concernente la condanna al pagamento degli interessi. La formula, pur sintetica, adoperata dal giudice di primo grado, che ha riconosciuto come si è detto più volte “gli interessi di legge”, va infatti letta con riferimento alle norme speciali applicabili alla fattispecie, norme che all’epoca dei fatti erano individuate dall’art. 133 cit. e dall’art.2, comma 8, seconda parte della citata circolare 871/2005, per cui “Relativamente agli interessi per ritardato pagamento si applicano le disposizioni previste dall'art. 30, commi 1 e 2 del decreto Ministro dei lavori pubblici 19 aprile 2000, n. 145, con la previsione che la mancata emissione del certificato di pagamento è causa imputabile alla stazione appaltante laddove sussista la relativa provvista finanziaria”.

14. A sua volta, il d.m. n. 145/2000, all’art. 30, commi 1 e 2, dispone: “Qualora il certificato di pagamento delle rate di acconto non sia emesso entro il termine stabilito ai sensi dell'articolo 29 per causa imputabile alla stazione appaltante spettano all'appaltatore gli interessi corrispettivi al tasso legale sulle somme dovute, fino alla data di emissione di detto certificato. Qualora il ritardo nella emissione del certificato di pagamento superi i sessanta giorni, dal giorno successivo sono dovuti gli interessi moratori (comma 1). Qualora il pagamento della rata di acconto non sia effettuato entro il termine stabilito ai sensi dell'articolo 29 per causa imputabile alla stazione appaltante spettano all'appaltatore gli interessi corrispettivi al tasso legale sulle somme dovute. Qualora il ritardo nel pagamento superi i sessanta giorni, dal giorno successivo e fino all'effettivo pagamento sono dovuti gli interessi moratori (comma 2).” In presenza di una disciplina speciale, la cui legittimità non è stata in alcun modo contestata, non vanno quindi applicate né la disciplina ordinaria degli interessi legali, né quella di cui al d. lgs. 231/2002.

15. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano così come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n.497/2016 R.G.), lo respinge.

Condanna la ricorrente appellante a rifondere all’amministrazione intimata appellata le spese di questo grado di giudizio, spese che liquida in € 3.000 (tremila/00), oltre rimborso spese forfetario ed accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2022 con l'intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente

Francesco Gambato Spisani, Consigliere, Estensore

Alessandro Verrico, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere