Consiglio di Stato, sez. III, n.2130 del 23 marzo 2022

In proposito, il T.A.R. ha rilevato che “secondo una giurisprudenza oramai consolidata (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, 9 febbraio 2021, n. 1225; id., Sez. V, 27 gennaio 2020, n.680) si rinviene nel sistema normativo dei contratti pubblici la possibilità di attivare, da parte della stazione appaltante, il c.d. soccorso procedimentale - nettamente distinto dal c.d. soccorso istruttorio - per risolvere dubbi riguardanti gli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica, tramite l’acquisizione di chiarimenti da parte del concorrente che non assumano carattere integrativo dell’offerta, ma siano finalizzati unicamente a consentirne l’esatta interpretazione e a ricercare l’effettiva volontà del concorrente, superandone le eventuali ambiguità”, laddove nella specie “non si trattava di chiedere alla ricorrente di chiarire il contenuto della propria offerta tecnica, bensì di integrare la documentazione costituente l’offerta tecnica mediante la produzione di un documento mancante.

Quanto invece alla dedotta necessità di fare applicazione del cd. soccorso procedimentale, deve rilevarsi che, come chiarito anche da questa Sezione (cfr. sentenza n. 1225 del 9 febbraio 2021), esso è “utile per risolvere dubbi riguardanti ‘gli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica’, tramite l’acquisizione di chiarimenti da parte del concorrente che non assumano carattere integrativo dell’offerta, ma che siano finalizzati unicamente a consentirne l’esatta interpretazione e a ricercare l’effettiva volontà del partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità”, laddove nella specie esso sarebbe piegato al superamento di un profilo di incompletezza dell’offerta (quale non può non ritenersi essere integrato dalla produzione di sole due pagine del Manuale d’uso del dispositivo) e non alla mera chiarificazione del contenuto di un documento e/o di una dichiarazione comunque presentata

Guida alla lettura

Il diritto amministrativo ed in particolar modo il settore degli appalti pubblici sono caratterizzati da profondi e radicali cambiamenti.

La pubblica amministrazione ha abbandonato la veste di autorità che agisce unilateralmente, senza interloquire con il privato; la stessa, posizionandosi al pari del cives, è riuscita a raffrontarsi con quest’ultimo, al fine di una soluzione, soddisfacente per entrambi, delle varie problematiche.

Ormai, nel lontano 1990, la legge sul procedimento amministrativo ha fornito agli interessati gli strumenti necessari per dialogare, confrontarsi e discutere sulle varie tematiche. 

Il suddetto procedimento è cosi percorso da vari venti innovatori, tesi al continuo raffronto tra pubblica amministrazione e cittadino.

Anche le riforme che si sono succedute (ed, in primis, proprio quella concernente il settore degli appalti) hanno fatto si che l’ente pubblico possa far conseguire al privato l’agognato bene della vita, sempre nel rispetto del soddisfacimento dell’interesse pubblico.

Quanto sopra è stato ottenuto tramite la progressiva trasformazione dell’amministrazione in soggetto che non opera più per atti, ma per specifici risultati.

Tale obiettivo è stato raggiunto anche per merito dell’uguale percorso riformatore che ha coinvolto istituti sostanziali e processuali.

 

La sentenza del Consiglio di Stato n.2130 del 23 marzo 2022

 

La pronuncia in argomento è intervenuta, in modo incisivo, nel contesto del processo riformatore sopra rappresentato.

Infatti il Collegio ha analizzato il modus operandi di due fondamentali istituti, il soccorso procedimentale e quello istruttorio, che, pur strutturalmente differenti, sono in grado di garantire, congiuntamente, il raggiungimento dei sopra indicati obiettivi.

La dettagliata definizione delle predette figure fornita dalla Sezione induce infatti a ritenere che, seppur operanti, come detto, in modalità differenti, le stesse siano in grado di far conseguire al cittadino il richiamato bene della vita.

Le medesime sono finalizzate, infatti, al superamento di tutti gli ostacoli, sostanziali e procedurali, che possono rallentare, o perfino interrompere, il normale espletamento della procedura di gara.

L’attenzione dei giudici è rivolta in particolare alla tipologia del sopra indicato soccorso di natura procedimentale che, come è noto, a differenza di quello processuale, agisce in tutti i casi in cui non si debba predisporre una modifica od un’integrazione dell’offerta tecnica o economica.

A tal proposito il Consiglio di Stato afferma il seguente principio: l’”aiuto” procedimentale opera in un contesto di interpretazione dell’offerta, in quanto lo stesso ha la primaria funzione di superare tutti quei “dubbi” e quella “richiesta di chiarimenti” che la stazione appaltante rileva nei confronti degli elementi essenziali dell’offerta. Pertanto si instaura un dialogo tra pubblica amministrazione ed operatore economico che, si rammenta, non interviene sugli elementi essenziali dell’offerta. Infatti tale meccanismo procedimentale non mira a modificare la struttura della proposta, ma serve a far sì che la predetta attività di interpretazione convinca la suddetta stazione appaltante a superare i richiamati dubbi, adottando, di conseguenza, un atto positivo. Tuttavia solo un’applicazione corretta di tale meccanismo può portare al giusto risultato; contrariamente, infatti, nel caso di una modifica sostanziale dell’offerta, si attuerebbe un uso distorto dello stesso istituto, con la conseguente, inevitabile violazione del principio di parità di trattamento di tutti i concorrenti.

In tal modo il soccorso procedimentale rappresenta un mezzo, uno strumento in dotazione alla stazione appaltante, finalizzato al superamento di tutti quegli impedimenti “formali” che possono colpire la gara. Peraltro lo stesso può operare in altri contesti (ad esempio nella rettifica d’ufficio dell’errore materiale) garantendo, nell’ottica di una funzione amministrativa sostanzialista, il raggiungimento del risultato.

In conclusione, anche se l’esaustivo esperimento del soccorso istruttorio “procedimentale” preclude l’utilizzo di quello “processuale”, tuttavia tali figure agiscono, come già evidenziato, in funzione dello stesso obiettivo.

 Infatti l’attività “chiarificatrice” ad opera del soccorso procedimentale e quella “integratrice e costitutiva” della distinta figura processuale sono accomunate da una specifica e concreta finalità: supportare e rafforzare, come detto, il “dialogo” tra amministrazione ed operatore economico.

 

LEGGI LA SENTENZA

 

Pubblicato il 23/03/2022

N. 02130/2022REG.PROV.COLL.

N. 01220/2022 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.

sul ricorso numero di registro generale 1220 del 2022, proposto da Fresenius Kabi Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Franco Ferrari e Carlotta Ungaretti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Franco Ferrari in Roma, via di Ripetta n. 142,

contro

l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento - APSS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Manzi e Marco Pisoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Manzi in Roma, via Alberico II n. 33,

nei confronti

di Haemonetics Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carmine Pepe e Cinzia Guglielmello, con domicilio eletto presso lo studio Gianni, Origoni e Grippo in Roma, via delle Quattro Fontane n. 20,

per la riforma

della sentenza breve del T.R.G.A. della Provincia di Trento n. 22/2022, resa tra le parti.


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento - APSS e di Haemonetics Italia S.r.l.;

Visto l’appello incidentale dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento – APSS;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nella camera di consiglio del giorno 10 marzo 2022, il Cons. Ezio Fedullo e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


 

FATTO e DIRITTO

1. La società Fresenius Kabi Italia S.r.l. ha impugnato dinanzi al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa per la Provincia di Trento il provvedimento prot. n. 226083 del 13 dicembre 2021, con il quale è stata disposta la sua esclusione dalla procedura aperta per l’affidamento della fornitura e noleggio di sistemi per aferesi produttiva di plasma e piastrine e per aferesi terapeutica necessari al Servizio di immunoematologia e trasfusione multizonale, bandita dall’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento.

Il lotto 1, cui inerisce la controversia, ha in particolare ad oggetto la fornitura di un sistema completo di strumentazione e materiali per la “raccolta allogenica di plasma (plasmaferesi produttiva) da eseguire presso il Servizio Trasfusionale di Trento - Banca del Sangue (di seguito SIT-BS) e il Centro Trasfusionale (di seguito CT) di Rovereto, entrambe strutture del Servizio di Immunoematologia e Trasfusione Multizonale (di seguito SITM)”, per un importo massimo stimato di € 950.160,00 (comprensivo dell’opzione di rinnovo, estensione ed eventuale proroga tecnica).

Alla gara partecipavano la Fresenius Kabi Italia S.r.l. e la Haemonetics Italia S.r.l..

Il provvedimento di esclusione impugnato in primo grado scaturisce dal fatto che, come risulta dall’impugnato verbale della Commissione tecnica n. 1 del 16 novembre 2021, «la documentazione prodotta dall’Impresa Fresenius Kabi Italia s.r.l. non include “i manuali d’uso in lingua italiana delle strumentazioni offerte” espressamente richiesti, a pena di esclusione, al paragrafo 16 del Disciplinare di gara. Nello specifico l’Impresa presenta, tra gli altri, un file denominato “RIF.TO 4_Manuale.pdf” contenente la comunicazione “Il Manuale dell’Operatore del separatore cellulare AURORA® è in lingua italiana, come evidenziato dalla prima e ultima pagina delle Istruzioni d’Uso”, seguita da altre due pagine/facciate relative a quanto comunicato. Di conseguenza, l’offerta dell’Impresa Fresenius Kabi Italia s.r.l. non è completa di tutta la documentazione prescritta dal Disciplinare di gara (paragrafo 16) a pena di esclusione e quindi non può essere ammessa alle successive fasi di valutazione».

2. Il T.A.R. ha respinto tutti i motivi di ricorso.

2.1. Ha respinto, in primo luogo, quello inteso a sostenere che, sebbene l’allegazione della prima e dell’ultima pagina del manuale d’uso del separatore cellulare Aurora rendesse incompleta la propria offerta tecnica, tuttavia nessuna incertezza sul contenuto dell’offerta stessa e sulle caratteristiche tecniche del prodotto offerto poteva derivare dalla mancata produzione del manuale d’uso in versione integrale, sia perché l’offerta comprendeva altresì, in ossequio a quanto previsto dal disciplinare di gara, una dettagliata relazione illustrativa del prodotto offerto e le relative schede tecniche e di sicurezza, sia perché ciascun concorrente doveva presentare, unitamente alla domanda di partecipazione alla gara, un campione dei prodotti offerti.

Ai fini reiettivi del motivo di censura, il T.A.R. ha evidenziato che la produzione del manuale d’uso del dispositivo offerto era funzionale a consentire alla Commissione tecnica di prendere conoscenza del manuale stesso in un momento antecedente all’effettuazione della prova pratica sul dispositivo, oltre che all’accertamento del possesso, da parte dei dispositivi offerti, dei requisiti minimi fissati dal Capitolato tecnico ed all’applicazione dei criteri di valutazione previsti dalla lex specialis.

A tal proposito, il T.A.R. ha evidenziato che l’art. 7.3 del disciplinare di gara (rubricato “Requisiti di capacità tecnica e professionale”) prevede, alla lett. b - Presentazione di campioni, che i concorrenti debbano “a pena di esclusione ... fornire il campione dei prodotti” e, in particolare, per il lotto 1, “n. 2 circuiti preassemblati, monouso, sterili, completi di ago fistola, sacca del plasma, linee delle soluzioni anticoagulante e fisiologica, dotati di sistema che consenta la diversione dei primi mL di sangue all’inizio della donazione il tutto confezionato in un’unica monoconfezione. (Capitolato tecnico F.5 Caratteristiche dei prodotti)”, oltre che “fornire in visione” gli strumenti offerti, al fine di eseguire “prove visive e tecniche inerenti le caratteristiche specificate in capitolato tecnico e nei criteri di valutazione qualitativa”.

2.2. Il T.A.R. ha respinto anche la censura diretta a sostenere che, trattandosi di un dispositivo medico registrato nel RDM (Repertorio dei Dispositivi Medici), il relativo manuale d’uso avrebbe potuto e dovuto essere acquisito direttamente dalla stazione appaltante presso il Ministero della Salute, presso il quale il Repertorio è istituito.

Al riguardo, il T.A.R. ha preliminarmente richiamato le seguenti disposizioni:

- art. 5 del d.m. Salute 21 dicembre 2009, ai sensi del quale: “1. I dispositivi medici per la prima volta commercializzati in Italia successivamente alla data del 1° maggio 2007, con l’esclusione di quelli di cui agli articoli 4 e 6, possono essere acquistati, utilizzati o dispensati nell’ambito del Servizio sanitario nazionale dopo che il legale responsabile della struttura acquirente o un suo delegato ha verificato l’ottemperanza agli obblighi di comunicazione e informazione previsti dall’art. 13 del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46 e dalle corrispondenti previsioni del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 507. 2. Il Ministero della salute iscrive nel Repertorio di cui all’art. 57, comma 1 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, i dispositivi medici di cui al comma 1 dell’art. 2 per i quali il registrante ha dichiarato la disponibilità alla vendita al Servizio sanitario nazionale. 3. La struttura del Servizio sanitario nazionale considera in ogni caso soddisfatti gli obblighi di comunicazione e informazione, di cui al comma 1, se i dispositivi medici sono iscritti nel Repertorio ed identificati con il relativo numero. 4. Nel caso in cui accerti la non ottemperanza agli obblighi richiamati al comma 1, il legale rappresentante della struttura sanitaria o il suo delegato, oltre ad adottare le misure di propria competenza, ne dà comunicazione al Ministero della salute - Direzione generale dei farmaci e dei dispositivi medici. 5. Nelle gare per l’acquisizione, a qualsiasi titolo, dei dispositivi medici di cui al comma 1 e, più in generale, nei rapporti commerciali, le strutture del Servizio sanitario nazionale si astengono dal richiedere ai fornitori qualsiasi informazione, dichiarata dai fornitori stessi disponibile nel Repertorio dei dispositivi medici, aggiornata alla data della dichiarazione”;

- art. 24, comma 3, del Patto per la Salute 2014-2016 (intesa approvata in data 10 luglio 2014 dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano), secondo cui “al fine di dare piena attuazione alle disposizioni previste dagli articoli 5 e 6 del decreto del Ministero della Salute 21 dicembre 2009 ed assicurare omogeneità di comportamenti da parte di strutture pubbliche del Servizio Sanitario Nazionale, si conviene di predisporre entro il 1° ottobre 2014 un documento, da adottarsi previo accordo sancito dalla Conferenza Stato Regioni, recante Linee Guida per il corretto utilizzo dei dati e della documentazione presente nel Repertorio dei dispositivi medici istituito ai sensi del citato decreto”;

- il documento denominato “Linee Guida per il corretto utilizzo dei dati e della documentazione presente nel Repertorio dei dispositivi medici”, approvato nel febbraio 2015 dalla Conferenza Stato-Regioni, in attuazione della suddetta previsione, al dichiarato fine di superare (tra le altre) le criticità legate alla “parziale conoscenza da parte delle strutture sanitarie delle possibilità offerte dal numero di registrazione al sistema BD/RDM”, essendo emerso “uno scarso ricorso, da parte delle strutture sanitarie, alla consultazione del sistema Banca Dati / Repertorio dei Dispositivi Medici e degli strumenti in esso disponibili (come, ad esempio, la funzione di ‘scarico della documentazione’ che consente di consultare e salvare tutta la documentazione relativa ad un singolo dispositivo medico presente nel Repertorio dei Dispositivi Medici). Ciò comporta che, in fase di approvvigionamento dei dispositivi medici, le strutture sanitarie richiedano al fornitore di dispositivi medici di fornire documentazione al di fuori dello scopo della normativa sui dispositivi medici”.

In particolare il T.A.R., precisato che la BD raccoglie le notifiche dei dati riguardanti i dispositivi medici immessi in commercio che i fabbricanti sono tenuti ad effettuare al Ministero della Salute ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 46/1997, ha richiamato i seguenti passaggi delle predette Linee Guida:

«Tenuto conto che la registrazione del dispositivo all’interno del sistema BD/RDM rappresenta un assolvimento dell’obbligo di cui all’art 13 del D.Lgs. 46/97 e la modalità per l’assolvimento dopo il 5 giugno 2014 dell’obbligo di cui all’art. 10 del D.Lgs. 332/2000, come già detto, per i dispositivi registrati in BD e non iscritti al RDM è possibile accedere solo ad un set informativo minimo e non all’intera documentazione caricata a sistema. Pertanto:

- se il dispositivo è iscritto al RDM, al fornitore non possono essere richieste le

informazioni ivi presenti, se non il numero di repertorio stesso, a condizione che il fornitore abbia dichiarato espressamente che la documentazione presente nel RDM è completa ed aggiornata: la struttura sanitaria accederà direttamente alla documentazione necessaria per la valutazione del dispositivo nel RDM; come previsto dall’articolo 5 comma 5 e articolo 6 comma 2 del già citato Decreto 21 dicembre 2009;

- le strutture sanitarie potranno richiedere e vedersi consegnata dal fornitore la

documentazione che non sia reperibile attraverso il RDM, ovvero documentazione relativa a dispositivi iscritti nel RDM che non sia presente nel Repertorio stesso oppure documentazione relativa ai soli dispositivi che non sono presenti nel sistema BD/RDM o che, se presenti, non sono iscritti al Repertorio;

- nell’eventualità che per dispositivi iscritti al RDM per alcune voci di dettaglio (es: SKT, IFU..), si rimandi al sito internet del Fabbricante, la documentazione disponibile non è da considerarsi completa e il fornitore ha l’obbligo di consegnare alla stazione appaltante tutte le informazioni da quest’ultima ritenute necessarie per la gestione della fornitura.

Resta in capo al fornitore la facoltà di consegnare direttamente alle strutture sanitarie la documentazione completa ed aggiornata purché nel rispetto dei tempi indicati dalle strutture del SSN.

Si riepilogano di seguito le fattispecie che possono realizzarsi:

- opzione 1: il fornitore comunica il numero di Repertorio

In questo caso il fornitore è tenuto ad assicurare che tutta la documentazione disponibile nel Repertorio sia aggiornata e completa alla data di scadenza per la presentazione delle offerte (le informazioni si considerano complete solo se sono presenti a sistema i file relativi e non si rimanda ad un link) Il fornitore consegnerà solo eventuale documentazione aggiuntiva che potrebbe rendersi necessaria.

La stazione appaltante provvederà ad acquisire dal RDM la documentazione presente alla data di scadenza di presentazione delle offerte in quanto il sistema storicizza i singoli documenti pubblicati (es: SKT, IFU..).

- opzione 2: il fornitore comunica solo il numero di Banca Dati.

Avendo comunicato il numero di Banca Dati il fornitore non deve produrre la dichiarazione del fabbricante di ottemperanza all’ art. 13 del D. Lgs46/97 e implicitamente comunica, per i diagnostici in vitro, di aver adempiuto agli adempimenti previsti dall’art. 10 del D. Lgs. 332/2000.

Il fornitore è tenuto a fornire alla stazione appaltante la documentazione necessaria per la gestione della procedura per l’approvvigionamento in quanto: il prodotto è registrato in Banca Dati, ma non è iscritto nel Repertorio DM;

- opzione 3: il fornitore non comunica identificativi di registrazione nella BD/RDM e quindi è tenuto a fornire tutta la documentazione richiesta.

In questa fattispecie vengono inclusi i casi in cui: il fornitore non comunica il numero di Repertorio; i prodotti non sono registrati nel sistema BD/RDM; i prodotti sono registrati in BD ma non sono iscritti al RDM; il fornitore non sia in grado di assicurare la completezza e l’aggiornamento dei dati presenti nel RDM; il fornitore comunica il numero di repertorio, il dispositivo è iscritto al RDM, ma alle voci di dettaglio (es: SKT, IFU..), non sia presente la documentazione o si rimandi al sito internet del fabbricante».

Infine, il T.A.R. ha evidenziato che le medesime Linee Guida chiariscono che esistono diverse tipologie di documenti, la cui richiesta, da parte della struttura sanitaria al fornitore, «è da ritenersi inappropriata»: tra questi vi sono tutti i documenti già presenti nel RDM, ivi comprese le istruzioni d’uso dei dispositivi medici e la loro traduzione in italiano, come si evince dalla tabella di pag. 16 delle Linee Guida.

Così ricostruito il quadro normativo, il T.A.R. ha osservato che “l’art. 5, comma 5, del d.m. Salute 21 dicembre 2009 effettivamente si presta ad essere interpretato come indicato dall’APSS e dalla controinteressata, ossia nel senso che pone a carico del concorrente l’onere di rendere alla stazione appaltante un’apposita dichiarazione ove viene indicato il numero di registrazione del dispositivo medico nel RDM e viene precisato che la documentazione relativa al dispositivo stesso ivi reperibile è aggiornata alla data della presentazione della dichiarazione stessa. Tale interpretazione è tuttavia smentita da quanto indicato nelle predette Linee Guida con riferimento alla c.d. «opzione 1». Difatti le Linee Guida prevedono che, se «il fornitore comunica il numero di Repertorio», il fornitore stesso «è tenuto ad assicurare che tutta la documentazione disponibile nel Repertorio sia aggiornata e completa alla data di scadenza per la presentazione delle offerte (le informazioni si considerano complete solo se sono presenti a sistema i file relativi e non si rimanda ad un link)» e, di conseguenza è tenuto a consegnare alla stazione appaltante «solo eventuale documentazione aggiuntiva che potrebbe rendersi necessaria»; la stazione appaltante, a sua volta, deve provvedere «ad acquisire dal RDM la documentazione presente alla data di scadenza di presentazione delle offerte in quanto il sistema storicizza i singoli documenti pubblicati». Può allora ritenersi che, come affermato dalla ricorrente, se il dispositivo è registrato nel RDM «al partecipante alla gara è sufficiente indicare il numero di Repertorio per poter garantire alla struttura sanitaria il libero accesso alla documentazione ivi inserita in sede di registrazione, spettando all’azienda solo l’onere di mantenere aggiornata tale documentazione presso il Ministero»”.

Il T.A.R. ha tuttavia respinto la censura in esame, “perché non vi è prova in atti del fatto che la ricorrente abbia tempestivamente indicato alla stazione appaltante il numero di registrazione nel RDM del dispositivo medico da essa offerto, denominato Separatore Cellulare Aurora”, atteso che “solo nella propria istanza di autotutela, presentata in data 15 dicembre 2021, essa ha comunicato che il manuale d’uso in questione era reperibile nel RDM, indicando il n. 1201270, identificativo della registrazione del dispositivo stesso nel RDM”.

2.3. Il T.A.R. ha respinto quindi il motivo di ricorso col quale la ricorrente deduceva che, avendo essa attestato in sede di gara il possesso del manuale in lingua italiana e avendone fornito la prima e ultima pagina dello stesso, l’Amministrazione ben avrebbe potuto procedere all’acquisizione di tale manuale attraverso il c.d. soccorso procedimentale.

In proposito, il T.A.R. ha rilevato che “secondo una giurisprudenza oramai consolidata (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, 9 febbraio 2021, n. 1225; id., Sez. V, 27 gennaio 2020, n.680) si rinviene nel sistema normativo dei contratti pubblici la possibilità di attivare, da parte della stazione appaltante, il c.d. soccorso procedimentale - nettamente distinto dal c.d. soccorso istruttorio - per risolvere dubbi riguardanti gli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica, tramite l’acquisizione di chiarimenti da parte del concorrente che non assumano carattere integrativo dell’offerta, ma siano finalizzati unicamente a consentirne l’esatta interpretazione e a ricercare l’effettiva volontà del concorrente, superandone le eventuali ambiguità”, laddove nella specie “non si trattava di chiedere alla ricorrente di chiarire il contenuto della propria offerta tecnica, bensì di integrare la documentazione costituente l’offerta tecnica mediante la produzione di un documento mancante.

Dunque con l’impugnata nota del 28 dicembre 2021 è stata correttamente respinta l’istanza presentata dalla ricorrente in data 15 dicembre 2021, perché la stazione appaltante mediante una richiesta di chiarimenti non avrebbe certo potuto consentire alla ricorrente di porre rimedio alla mancata produzione di un documento richiesto, a pena di esclusione, dalla lex specialis”.

2.4. Infine, il T.A.R. ha dichiarato l’inammissibilità, per carenza di interesse, del motivo di ricorso volto a lamentare la nullità del paragrafo 16 del disciplinare di gara, nella parte in cui richiede, a pena di esclusione, la produzione delle istruzioni d’uso dei dispositivi offerti, per contrasto con

l’art. 83, comma 8, del codice dei contratti pubblici, che sancisce la regola della tassatività delle cause di esclusione.

Sul punto, il T.A.R. ha osservato che lo stesso art. 5, comma 5, del d.m. Salute 21 dicembre 2009, invocato dalla parte ricorrente, “non sancisce alcun divieto per le stazioni appaltanti di richiedere informazioni o documentazione relative ai dispositivi medici inseriti nella BD e non registrati nel RDM, ma stabilisce semplicemente che tale documentazione e tali informazioni devono essere acquisite direttamente dalla stazione appaltante laddove si tratti di un dispositivo registrato nel RDM” (…). Ne consegue che la disposizione dell’art. 5, comma 5, del d.m. Salute 21 dicembre 2009 avrebbe potuto essere utilmente invocata dalla ricorrente, a dimostrazione della nullità del paragrafo 16 del disciplinare di gara, soltanto se la ricorrente medesima avesse tempestivamente comunicato alla stazione appaltante il numero di Repertorio relativo al dispositivo medico offerto”.

3. La sentenza suindicata costituisce oggetto della domanda di riforma proposta, con l’appello in esame, dalla originaria ricorrente.

Si è costituita in giudizio, per resistere all’appello e proporre appello incidentale, l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento.

La domanda incidentale di riforma della sentenza appellata si prefigge di censurarla nella parte in cui ha statuito che l’onere dichiarativo del concorrente è sufficientemente assolto mediante l’indicazione del numero di iscrizione del dispositivo medico nel RDM, essendo invece necessario dichiarare alla stazione appaltante sia che il documento di cui si tratta (Manuale d’uso) è disponibile nel Repertorio sia che quanto ivi reperibile è aggiornato alla data della dichiarazione.

Resiste altresì all’appello la controinteressata Haemonics Italia S.r.l..

4. Il Presidente ha dato avviso alle parti, ai sensi degli artt. 60 e 120, comma 6, c.p.a., della possibilità di definizione nel merito del giudizio all’esito dell’odierna camera di consiglio, fissata per l’esame della domanda cautelare formulata in una all’appello principale.

5. Ciò premesso in punto di fatto, si controverte delle modalità alternative con le quali i concorrenti ad una gara avente ad oggetto, come quella di cui si tratta, la fornitura di dispositivi medici sono legittimati ad assolvere agli obblighi documentali contemplati ai fini partecipativi dalla lex specialis, onerando conseguentemente la stazione appaltante del compito di acquisire aliunde i documenti richiesti.

La res controversa, così delineata nei suoi termini generali, sorge in particolare dal fatto che, sebbene il Disciplinare di gara prevedesse la produzione a cura dei concorrenti, a pena di esclusione, del Manuale d’uso del dispositivo offerto, tale documento – secondo le deduzioni attoree – avrebbe potuto e dovuto essere acquisito dalla stazione appaltante mediante la sua estrapolazione dalla Banca Dati dei dispositivi medici, in applicazione del disposto generale di cui all’art. 18, comma 2, l. n. 241/1990, a mente del quale “i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l’istruttoria del procedimento, sono acquisiti d’ufficio quando sono in possesso dell’amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L’amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti”, e della specifica disciplina concernente la BD dei dispositivi medici istituita presso il Ministero della Salute, di cui al d.m. 21 dicembre 2009 e delle relative Linee Guida.

Il T.A.R., come si evince dalla illustrazione che precede dei presupposti motivazionali della sentenza appellata, ha ritenuto che, sulla scorta della suddetta disciplina, il concorrente non avesse l’onere di dichiarare la reperibilità del documento in questione all’interno della BD né di precisare che esso era aggiornato alla data della dichiarazione, ma (esclusivamente) quello di indicare in sede di offerta il numero di iscrizione del dispositivo nel RDM, facendo discendere tuttavia la reiezione in parte qua del gravame dalla ritenuta mancata dimostrazione ad opera della parte ricorrente dell’avvenuto assolvimento del predetto adempimento informativo.

La appellante principale deduce, in senso critico, che il T.A.R. avrebbe dovuto invece fare applicazione del principio di non contestazione di cui all’art. 64, comma 2, c.p.a., non avendo le parti resistenti formulato alcuna obiezione in ordine alla avvenuta dichiarazione da parte della stessa, in sede di gara, del numero di iscrizione del dispositivo offerto nel RDM.

La sentenza de qua costituisce oggetto anche dell’appello incidentale della stazione appaltante, la quale contesta la statuizione del T.A.R. secondo cui, al fine di essere sollevato dall’onere di produzione diretta del documento de quo, il concorrente avrebbe potuto limitarsi a fornire il numero di iscrizione del dispositivo nel RDM, assumendo in senso contrario che, a tal fine, avrebbe dovuto anche dichiarare la presenza del documento nel suddetto sistema informativo ed il fatto che fosse aggiornato alla data della dichiarazione.

6. Ritiene la Sezione di precisare, preliminarmente all’esame dei (contrapposti) motivi di appello, che sul tema relativo alla non surrogabilità del Manuale d’uso mediante diversi documenti inerenti all’offerta tecnica (quali le Schede tecniche e/o la Relazione illustrativa) può ritenersi formato il giudicato, non avendo la parte appellante principale censurato la sentenza appellata nella parte in cui ha dato risalto, al suddetto fine, al fatto che il Manuale d’uso dovesse essere prodotto, anteriormente allo stesso dispositivo, al fine di consentire alla Commissione di gara, da un lato, di eseguire le prove visive e tecniche previste dalla lex specialis, dall’altro lato, ai fini della valutazione qualitativa delle offerte e della applicazione dei relativi parametri.

7. Ritiene altresì la Sezione di esaminare preliminarmente l’appello incidentale della APSS, del quale deve rilevarsi la fondatezza.

Va premesso che il già richiamato art. 5, comma 5, d.m. 21 dicembre 2009 (“Modifiche ed integrazioni al decreto 20 febbraio 2007 recante «Nuove modalità per gli adempimenti previsti per la registrazione dei dispositivi impiantabili attivi nonché per l’iscrizione nel Repertorio dei dispositivi medici»”) prevede che “Nelle gare per l’acquisizione, a qualsiasi titolo, dei dispositivi medici di cui al comma 1 e, più in generale, nei rapporti commerciali, le strutture del Servizio sanitario nazionale si astengono dal richiedere ai fornitori qualsiasi informazione, dichiarata dai fornitori stessi disponibile nel Repertorio dei dispositivi medici, aggiornata alla data della dichiarazione”.

Il contenuto prescrittivo della disposizione, come riconosciuto anche dal T.A.R., è chiaro nel subordinare l’esonero dei concorrenti dall’obbligo documentale alla dichiarazione del fornitore che l’informazione di cui si tratta sia “disponibile nel Repertorio dei dispositivi medici, aggiornata alla data della dichiarazione”.

Come si è detto, il T.A.R. ha nondimeno ritenuto di attribuire rilievo dirimente alle “Linee Guida per il corretto utilizzo dei dati e della documentazione presente nel repertorio dei dispositivi medici”, approvate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome nella riunione del 19 febbraio 2015, laddove prevedono, a pag. 12, che “se il dispositivo è iscritto al RDM, al fornitore non possono essere richieste le informazioni ivi presenti, se non il numero di repertorio stesso, a condizione che il fornitore abbia dichiarato espressamente che la documentazione presente nel RDM è completa ed aggiornata: la struttura sanitaria accederà direttamente alla documentazione necessaria per la valutazione del dispositivo nel RDM, così come previsto dall’art. 5, comma 5, e articolo 6, comma 2, del già citato Decreto del 21 dicembre 2009”.

Ritiene la Sezione che la lettura coordinata del citato d.m. e delle relative Linee Guida non consenta di pervenire a conclusioni conformi alla soluzione interpretativa posta dal T.A.R. a fondamento della sentenza appellata.

Deve in primo luogo osservarsi che all’espresso richiamo fatto dalle Linee Guida al d.m. 21 dicembre 2009 sia sottesa la volontà di non introdurre disposizioni derogatorie rispetto alle prescrizioni ministeriali: disposizioni, peraltro, di cui sarebbe dubbia la legittimità, attesa la necessaria coerenza rispetto a queste ultime delle Linee Guida, aventi funzione meramente chiarificatrice delle possibilità offerte dal sistema informativo ministeriale, in un’ottica di semplificazione dell’attività delle stazioni appaltanti e di alleggerimento degli oneri documentali dei concorrenti alle gare dalle stesse espletate.

In secondo luogo, deve osservarsi che le Linee Guida pongono testualmente a carico del concorrente, al fine di beneficiare della possibilità di non presentare direttamente il documento rilevante ai fini della partecipazione alla gara ed onerare la stazione appaltante di acquisirlo presso il RDM, l’adempimento preliminare consistente nella “dichiarazione espressa che la documentazione presente nel RDM è completa ed aggiornata”, solo a seguito del cui assolvimento è previsto che sia richiesta al concorrente l’indicazione del numero di Repertorio, ai fini della successiva estrazione informatica del documento necessario.

Ciò si desume, oltre che dal contenuto testuale delle Linee Guida – laddove prevedono, come si è visto, che “se il dispositivo è iscritto al RDM, al fornitore non possono essere richieste le informazioni ivi presenti, se non il numero di repertorio stesso, a condizione che il fornitore abbia dichiarato espressamente che la documentazione presente nel RDM è completa ed aggiornata” – dalla logica consequenzialità ravvisabile tra la dichiarazione (preliminare) che il documento è presente nel RDM ed è aggiornato e la richiesta (consequenziale) del relativo numero di iscrizione.

Da questo punto di vista, quindi, le Linee Guida, lungi dal prevedere disposizioni difformi dal d.m. 21 dicembre 2009, come ritenuto dal T.A.R., si limitano a regolare, al fine di agevolarne e incentivarne l’applicazione, la sequenza procedimentale preordinata alla acquisizione della documentazione richiesta dalla lex specialis e non direttamente prodotta dal concorrente, integrando – senza contraddire – il più sintetico dettato normativo di cui all’art. 5, comma 5, d.m. 21 dicembre 2009.

A non diverse conclusioni deve pervenirsi alla luce di quanto previsto dalle medesime Linee Guida laddove, nell’ambito delle “fattispecie che possono realizzarsi”, viene descritta l’“Opzione 1” (cfr. pag. 13 delle Linee Guida), nei termini seguenti: “il fornitore comunica il numero di Repertorio

In questo caso il fornitore è tenuto ad assicurare che tutta la documentazione disponibile nel Repertorio sia aggiornata e completa alla data di scadenza per la presentazione delle offerte”.

Il carattere esemplificativo della previsione induce infatti ad interpretarla coerentemente all’indicazione operativa dianzi analizzata, con la conseguenza che la fase in cui “il fornitore comunica il numero di Repertorio” deve essere collocata dopo quella in cui la stazione appaltante fa richiesta del numero medesimo, a sua volta subordinata alla “condizione che il fornitore abbia dichiarato espressamente che la documentazione presente nel RDM è completa ed aggiornata”.

Peraltro, ulteriori elementi di conferma della suesposta soluzione interpretativa si traggono dalla descrizione della “opzione 3”, concernente l’ipotesi in cui “il fornitore non comunica identificativi di registrazione nella BD/RDM e quindi è tenuto a fornire tutta la documentazione richiesta”, alla quale vengono ricondotte dalle Linee Guida le seguenti fattispecie:

- il fornitore non comunica il numero di Repertorio;

- i prodotti non sono registrati nel sistema BD/RDM;

- i prodotti sono registrati in BD ma non sono iscritti al RDM;

- il fornitore non sia in grado di assicurare la completezza e l’aggiornamento dei dati presenti nel RDM.

Ebbene, l’equiparazione dell’ipotesi in cui il fornitore non consenta - perché non comunica il numero di Repertorio - di acquisire il documento necessario a quella in cui “non sia in grado di assicurare la completezza e l’aggiornamento dei dati presenti nel RDM” induce ad attribuire alla dichiarazione avente ad oggetto la completezza e l’aggiornamento della documentazione presente nel RDM valore condizionante, al pari della prima, l’onere della stazione appaltante di acquisizione diretta del documento medesimo: dichiarazione che, quindi, non potrebbe che essere resa nell’ambito della gara, non essendovi altro modo (anche alla luce dei principi di speditezza e semplificazione del procedimento di gara) per l’Amministrazione di verificare che la documentazione depositata sia completa ed aggiornata.

Dai rilievi che precedono consegue che, in accoglimento dell’appello incidentale della APSS, la sentenza appellata deve essere riformata nella parte in cui ha statuito la sufficienza, ai fini dell’assolvimento degli obblighi documentali da parte del concorrente, della indicazione da parte dello stesso del numero di iscrizione nel Repertorio del dispositivo offerto.

8. L’accoglimento dell’appello incidentale sarebbe di per sé preclusivo dell’accoglimento dell’appello principale, nella parte in cui si prefigge di contestare la sentenza appellata laddove, sul presupposto della sufficienza di quella indicazione, ha nondimeno affermato che la ricorrente non aveva dimostrato di avervi provveduto in sede di gara.

In ogni caso, ritiene la Sezione di procedere comunque all’esame del relativo motivo di appello, del quale deve comunque rilevarsi l’infondatezza.

9. Deve in primo luogo osservarsi che non può essere condivisa la tesi della parte appellante principale, secondo cui la stazione appaltante non poteva non essere a conoscenza del fatto che il dispositivo da essa offerto (denominato “Aurora”) fosse registrato ed avesse un numero specifico di RDM, ossia di registrazione nel Repertorio nazionale dei dispositivi medici, atteso che, se

fosse stato privo di RDM, avrebbe dovuto essere presente nell’offerta tecnica un’apposita dichiarazione attestante se il prodotto era in corso di registrazione o se trattavasi di prodotto non soggetto all’obbligo registrativo, come prescritto dal Disciplinare di gara laddove richiede la presentazione di “dichiarazione per ciascun prodotto che dovesse essere privo di RDM (n. di registrazione nel Repertorio nazionale dei dispositivi medici) se lo stesso è in corso di registrazione o se trattasi di prodotto non soggetto all’obbligo di cui al D.M. 20/02/2007 del Ministero della Salute”.

Deve in senso contrario osservarsi che, come del resto dedotto dalla stessa parte appellante e confermato dalle Linee Guida (cfr. pag. 6), l’iscrizione del dispositivo medico all’interno del RDM ha carattere meramente facoltativo, consegue ad una apposita richiesta in tal senso del registrante ed è funzionale a consentire la “visibilità” da parte delle stazioni appaltanti dei documenti prodotti in sede di notifica registrativa nell’ambito delle procedure di acquisizione aventi ad oggetto dispositivi medici.

Da tale rilievo discende quindi che l’iscrizione del dispositivo nel RDM non costituisce un corollario inevitabile della sussistenza del relativo obbligo registrativo, e quindi della appartenenza del dispositivo medico alle tipologie per le quali quell’obbligo sussiste: obbligo (di registrazione) cui deve intendersi quindi riferita la citata prescrizione della lex specialis, laddove imputa al concorrente l’onere di dichiarare, nel caso in cui il dispositivo offerto fosse privo del numero di registrazione, “se lo stesso è in corso di registrazione o se trattasi di prodotto non soggetto all’obbligo di cui al D.M. 20/02/2007 del Ministero della Salute”.

10. Ma il ragionamento svolto dalla parte appellante non può essere condiviso nemmeno laddove imputa al giudice di primo grado di non aver fatto corretta applicazione, al fine di ritenere provata la circostanza relativa alla avvenuta dichiarazione nell’ambito dell’offerta del numero di iscrizione del dispositivo nel RDM, del principio di non contestazione ex art. 64, comma 2, c.p.a..

Deve premettersi che la norma processuale invocata dispone che “salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite”.

Ebbene, come si evince dal richiamato disposto normativo, il principio di non contestazione, rilevante ai fini del riparto dell’onere della prova (con l’effetto di sollevarne la parte le cui deduzioni non abbiano costituito oggetto, in punto di fatto, di contestazione delle controparti), ha ad oggetto i “fatti” allegati a fondamento delle censure formulate.

Nella specie, sostenendo la parte appellante, con i motivi del ricorso introduttivo, che la stazione appaltante avrebbe dovuto acquisire presso il RDM il documento (Manuale d’Uso in lingua italiana) da essa non allegato all’offerta tecnica, sarebbe stato suo onere (di allegazione, prima ancora che probatorio) di indicare in maniera specifica i “fatti” costitutivi del suddetto obbligo, tra i quali – come da essa stessa affermato – la puntuale indicazione, nell’ambito dell’offerta, del numero di iscrizione del dispositivo nel RDM: solo nel caso di assolvimento del suddetto onere, pertanto, avrebbe potuto discutersi di criteri di imputazione del relativo onus probandi, anche alla luce del principio probatorio di non contestazione, sul quale fa essenzialmente leva la parte appellante.

Da questo punto di vista, non può non osservarsi che, al fine di sostenere che il suddetto onere di allegazione è stato assolto nel giudizio di primo grado, la parte appellante richiama la memoria da essa depositata dinanzi al T.A.R. in vista della camera di consiglio del 27 gennaio 2022, nella parte in cui ha dichiarato, da un lato, che “al partecipante alla gara è sufficiente indicare il numero di Repertorio per poter garantire alla struttura sanitaria il libero accesso alla documentazione ivi inserita in sede di registrazione, spettando all’azienda solo l’onere di mantenere aggiornata tale documentazione”, dall’altro lato, che “il prodotto della ricorrente denominato SEPARATORE CELLULARE AURORA è registrato con identificativo 1201270 e codice attribuito dal fabbricante 6R4601”.

Deve tuttavia osservarsi che nemmeno dalla suddetta memoria – a prescindere dalla inammissibilità di un ampliamento del thema decidendum mediante strumenti diversi dal ricorso introduttivo del giudizio e dai motivi aggiunti – può ricavarsi l’assolvimento da parte della ricorrente del suddetto onere di allegazione, non recando essa alcuna indicazione assertiva in ordine alla circostanza, decisiva ai fini del presente giudizio, relativa alla avvenuta indicazione nell’ambito dell’offerta tecnica (ovvero, più precisamente, come chiarito con l’atto di appello, con la scheda tecnica del dispositivo “Aurora”), del numero di iscrizione del dispositivo nel RDM.

Dai rilievi che precedono discende che l’atto di appello non può essere accolto nemmeno nella parte in cui la parte appellante sostiene che, quand’anche non avesse ritenuto applicabile il principio di non contestazione, il giudice di primo grado avrebbe potuto agevolmente verificare in via istruttoria la presenza agli atti di gara del numero di Repertorio del dispositivo Aurora, ordinando all’APSS di Trento l’esibizione in giudizio dell’offerta tecnica integrale caricata dall’appellante sulla piattaforma dell’ente appaltante: anche in ordine alla suddetta deduzione, invero, non può non osservarsi che anche il potere istruttorio del giudice presuppone che sia chiaramente delimitato dalla parte ricorrente il perimetro della res iudicanda, mediante la precisa allegazione dei fatti rilevanti ai fini della valutazione della legittimità del provvedimento impugnato, quale presupposto per espletare una attività istruttoria ad integrazione del principio di prova eventualmente fornito dalla parte in ordine all’effettiva realizzazione di quei fatti.

Deve aggiungersi che le conclusioni che precedono non mutano laddove, in una lettura meno rigida dell’onere di allegazione, si ritenga che esso sia stato adeguatamente assolto dalla parte ricorrente mediante la deduzione dell’onere acquisitivo presso il RDM della stazione appaltante, inerendo alla successiva dialettica processuale, non condizionata da specifiche preclusioni, l’emersione e la dimostrazione dei fatti costitutivi dello stesso: anche da tale prospettiva, invero, sarebbe stato onere della parte ricorrente, quale presupposto per l’applicazione del principio di cd. non contestazione e/o dell’esercizio del potere istruttorio del giudice adito, allegare specificamente l’avvenuta indicazione nell’ambito dell’offerta del numero di iscrizione nel RDM del dispositivo Aurora, laddove non risulta che a ciò la parte ricorrente abbia provveduto, anche nell’ambito delle memorie successive al ricorso introduttivo.

11. In ogni caso, ritiene la Sezione che anche facendo leva – come fa la parte appellante, al fine di dimostrare la sussistenza in capo alla stazione appaltante del suddetto onere acquisitivo - sulle citate Linee Guida, deve escludersi che la mera possibilità di ricavare il numero di Repertorio dalla Scheda tecnica del prodotto, eventualmente prodotta dal concorrente nell’ambito della relativa documentazione tecnica, soddisfi le esigenze informative da quelle previste, anche ritenendo che le stesse siano circoscritte a quella indicazione.

Viene a tal riguardo in rilievo, nell’ambito delle “fattispecie che possono realizzarsi”, quella descritta dalle Linee Guida sub “Opzione 1” (cfr. pag. 13) nei termini già evidenziati e di seguito nuovamente riprodotti:

il fornitore comunica il numero di Repertorio

In questo caso il fornitore è tenuto ad assicurare che tutta la documentazione disponibile nel Repertorio sia aggiornata e completa alla data di scadenza per la presentazione delle offerte”.

Ebbene, deve ritenersi che le suindicate direttive interpretative fissino in capo al concorrente uno specifico onere comunicativo, chiaramente ed univocamente diretto ad informare la stazione appaltante in ordine al numero di iscrizione del dispositivo nel RDM, quale modalità alternativa di soddisfacimento dell’onere documentale previsto dalla lex specialis: onere evidentemente non realizzabile mediante la produzione di un documento tecnico non direttamente né espressamente finalizzato a rendere edotta la stazione appaltante della iscrizione (si ripete, facoltativa ed eventuale) del dispositivo nel RDM e del relativo numero.

12. Nemmeno meritevole di accoglimento è la deduzione della parte appellante intesa ad evidenziare che le pagine del Manuale d’uso del Separatore cellulare Autora prodotte dalla stessa, pur non riportando il numero di RDM, riproducono tuttavia il codice attribuito dal fabbricante al dispositivo in questione (codice 6R4601), mediante il quale la stazione appaltante avrebbe potuto accedere ugualmente al Manuale d’uso in italiano e all’ulteriore documentazione caricata nella banca dati ministeriale.

Deve infatti osservarsi, a prescindere da ogni considerazione in ordine al carattere innovativo (non solo rispetto alle deduzioni contenute nel ricorso introduttivo del giudizio, ma anche rispetto alle successive memorie) della deduzione de qua, che la possibilità di assolvimento nel modo indicato dell’onere documentale prescritto dalla lex specialis è estranea alle modalità alternative previste dal d.m. 21 dicembre 2009, così come dalle relative Linee Guida, oltre ad onerare la stazione appaltante di un compito acquisitivo presupponente la certezza in capo alla stessa della iscrizione del dispositivo nel RDM, che la mera indicazione del “codice fabbricante” non è idonea ad assicurare.

13. Con il successivo motivo di appello, la parte appellante censura la sentenza di primo grado laddove ha respinto – recte, come si è detto, dichiarato inammissibile - la censura diretta a lamentare la nullità dell’art. 16 del disciplinare di gara, in quanto prescrivente un requisito di ammissione non legislativamente tipizzato, sulla scorta della ritenuta mancanza nella sua offerta tecnica dell’indicazione del numero di RDM del dispositivo Aurora.

Nemmeno il suddetto motivo è meritevole di accoglimento.

Invero, deve in primo luogo osservarsi che la nullità di una prescrizione della lex specialis è predicabile solo laddove abbia ad oggetto un requisito o un adempimento esulante dal potere discrezionale della stazione appaltante di conformare la disciplina di gara secondo contenuti coerenti con la finalità, cui la gara è preordinata, di verificare il possesso da parte dei prodotti offerti delle caratteristiche necessarie a dimostrarne la qualità e l’idoneità tecnica.

Ebbene, non può non ribadirsi, sul punto, che la parte appellante non ha contestato la sentenza appellata nella parte in cui ha posto in evidenza la specifica funzione del Manuale d’uso, ai fini del corretto svolgimento del procedimento di gara così come disciplinato dalla relativa lex specialis.

In secondo luogo, la nullità della lex specialis, laddove rechi prescrizioni difformi rispetto alle disposizioni che definiscono le modalità di assolvimento degli oneri documentali dei concorrenti, assume rilievo processuale – in vista del concreto soddisfacimento dell’interesse fatto valere dalla parte ricorrente – nella misura in cui precluda la facoltà di comprovare il possesso di un determinato requisito, prevista dalla pertinente normativa, di cui essa abbia ritualmente allegato di essersi avvalsa nel corso della gara, risolvendosi altrimenti nella declaratoria di un vizio privo di incidenza sulla res iudicanda.

Ebbene, nella specie, ad escludere la fondatezza (e, ancor prima, l’ammissibilità) della domanda de qua, non può non rilevarsi che, da un lato, la lex specialis non preclude espressamente la modalità acquisitiva di cui all’art. 5, comma 5, d.m. 21 dicembre 2009, dall’altro lato, la parte appellante non ha espressamente dedotto nel corso del giudizio di primo grado di avervi fatto riferimento in sede di presentazione della sua offerta.

14. Infondato è anche il motivo di appello inteso a lamentare la violazione e falsa applicazione da parte dell’APSS di Trento dell’art. 14 del Disciplinare, rubricato “Soccorso istruttorio”, nonché dei principi in tema di soccorso c.d. procedimentale.

Quanto al primo, invero, la lamentata omissione di pronuncia non è rilevante ai fini dell’auspicato accoglimento dell’appello.

Deve premettersi che il citato art. 14 del Disciplinare dispone:

- l’omessa o incompleta nonché irregolare presentazione delle dichiarazioni sul possesso dei requisiti di partecipazione e ogni altra mancanza, incompletezza o irregolarità del DGUE e della domanda e dei documenti, ivi compreso il difetto di sottoscrizione, sono sanabili, ad eccezione delle false dichiarazioni;

la mancata o l’incompleta produzione della dichiarazione di avvalimento o del contratto di avvalimento, può essere oggetto di soccorso istruttorio solo se i citati elementi erano preesistenti e comprovabili con documenti di data certa anteriore al termine di presentazione dell’offerta, fermo restando quanto stabilito nel paragrafo 8 del Presente Disciplinare;

- la mancata presentazione di elementi a corredo dell’offerta (es. garanzia provvisoria e impegno del fideiussore) ovvero di condizioni di partecipazione gara (es. mandato collettivo speciale o impegno a conferire mandato collettivo), entrambi aventi rilevanza in fase di gara,

sono sanabili, solo se preesistenti e comprovabili con documenti di data certa, anteriore al termine di presentazione dell’offerta;

- la mancata presentazione di dichiarazioni e/o elementi a corredo dell’offerta, che hanno rilevanza in fase esecutiva (es. dichiarazione delle parti del servizio/fornitura ai sensi dell’art. 48, comma 4, del Codice) sono sanabili”.

Ebbene, è sufficiente, al fine di respingere il motivo di appello in esame, evidenziare che le citate disposizioni non prendono in considerazione carenze e/o incompletezze relative alla documentazione tecnica, cui inerisce la presente controversia.

Quanto invece alla dedotta necessità di fare applicazione del cd. soccorso procedimentale, deve rilevarsi che, come chiarito anche da questa Sezione (cfr. sentenza n. 1225 del 9 febbraio 2021), esso è “utile per risolvere dubbi riguardanti ‘gli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica’, tramite l’acquisizione di chiarimenti da parte del concorrente che non assumano carattere integrativo dell’offerta, ma che siano finalizzati unicamente a consentirne l’esatta interpretazione e a ricercare l’effettiva volontà del partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità”, laddove nella specie esso sarebbe piegato al superamento di un profilo di incompletezza dell’offerta (quale non può non ritenersi essere integrato dalla produzione di sole due pagine del Manuale d’uso del dispositivo) e non alla mera chiarificazione del contenuto di un documento e/o di una dichiarazione comunque presentata.

Deve inoltre rilevarsi che il corretto punto di equilibrio tra oneri documentali (legittimamente) previsti dalla lex specialis e tutela del principio di favor partecipationis è rinvenibile nella previsione, recata dall’art. 5, comma 5, d.m. 21 dicembre 2009, della esaminata modalità alternativa di assolvimento dei primi, con la conseguente insussistenza di spazi ulteriori di esplicazione di quel principio al fine di salvaguardare l’interesse partecipativo di un concorrente che, come l’odierna appellante, abbia volutamente prodotto un documento incompleto senza tuttavia ritualmente avvalersi della facoltà documentale “alternativa”.

15. L’appello principale in conclusione, anche per effetto dell’accoglimento dell’appello incidentale, deve essere respinto.

16. La novità dell’oggetto della controversia giustifica la compensazione delle spese del giudizio di appello.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, accoglie quello incidentale dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento - APSS e respinge quello principale di Fresenius Kabi Italia S.r.l..

Per l’effetto, conferma con motivazione parzialmente diversa la sentenza impugnata.

Spese del giudizio di appello compensate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 marzo 2022 con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Greco, Presidente

Giulio Veltri, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Ezio Fedullo, Consigliere, Estensore

Antonio Massimo Marra, Consigliere