Tar Lazio-Latina, sez. I, 1 aprile 2022, n. 319

 

 L’ottemperanza di un giudicato civile riguarda solo la sua stretta esecuzione e non può concernere un accordo novativo successivo alla statuizione civile e per di più carente dei presupposti indispensabili: la forma scritta, la previa delibera motivata dell’amministrazione o un accertamento dichiarativo giudiziale. 

 

La controversia attiene al giudizio di ottemperanza volto all’esecuzione di un giudicato civile circa ulteriori interessi legali di mora a scalare maturati al tasso di cui al d.lgs. 231/2002 sulle somme corrisposte; gli interessi anatocistici al medesimo tasso, ex art. 1283 c.c., in quanto scaduti da oltre sei mesi dalla data della domanda al saldo.

L’amministrazione resistente ha sostenuto che tra le parti fosse intercorso, tramite mail, un accordo transattivo successivo al giudicato, con cui venivano mutate le condizioni di debito/credito, dilatando il termine entro il quale adempiere.

Il giudice amministrativo investito dell'ottemperanza ha invece affermato che non può effettuare nuove valutazioni, in fatto e in diritto, su questioni che non sono state specificamente dedotte o trattate nel giudizio definito con la sentenza da ottemperare.

Sono quindi irrilevanti le sopravvenienze successive alla notifica della sentenza, in ossequio ai principi di certezza dei rapporti giuridici ed intangibilità del giudicato, dovendosi eseguire fedelmente il provvedimento giurisdizionale. Un’eccezione risiede nelle domande logicamente consequenziali e collegate (anche implicitamente) al decisum.

In caso di esecuzione della sentenza del g.o., l’interessato può adire il giudice amministrativo ex art. 112 comma 2 lett. c) c.p.a. affinché ordini all’amministrazione di tenere comportamenti necessari ad assicurare l’attuazione del giudicato ordinario.

Come noto, l'oggetto del giudizio di ottemperanza è rappresentato dalla verifica dell'esatto adempimento della p.a. in conformità al giudicato, ed esula dal suo ambito la cognizione di qualsiasi altra domanda comunque correlata al giudicato stesso.

L’ottemperanza non può risolversi, quindi, in una integrazione del provvedimento giurisdizionale incompleto, ma deve essere vincolata al provvedimento da eseguire (TAR Lazio, sez. I bis, n. 5587/2020), svolgendo una funzione meramente attuativa della concreta statuizione giudiziale adottata dal giudice civile (T.A.R. Catanzaro, sez. I, 06/09/2021, n.1599).

Tale giudizio può però arrivare fino ad integrare e chiarire aspetti rimasti sottovalutati in sede di cognizione (T.A.R. Catanzaro, sez. I, 05/07/2021, n. 1358).

È necessario chiarire che può essere effettuato in sede di ottemperanza un accertamento incidentale sulla verificazione dell’esistenza di un accordo novativo estintivo del credito giudiziale; ma la volontà di obbligarsi da parte della P.A. non può desumersi da atti o fatti concludenti, dovendo, per converso, manifestarsi attraverso la forma scritta “ad substantiam”.

Il collegio ha infatti rilevato che dalle “mail” allegate in giudizio non è desumibile alcuna volontà transattiva formalizzata dal Comune; così pure dagli atti processuali presso la Corte d’Appello, non si evince alcun accenno a transazione novativa nel frattempo intervenuta tre le parti.

Peraltro, anche volendo ammettere per ipotesi la validità dell’accordo novativo (nelle forme e nelle modalità previste da legge), il g.a. nella veste di giudice dell’ottemperanza non può esprimersi nel merito; diversamente si violerebbero le regole sul riparto di giurisdizione e l’ottemperanza diverrebbe la sede per attribuire al g.a. spazi di cognizione riservati al giudice ordinario.

Nel giudizio di ottemperanza si possono però richiedere le ulteriori somme in relazione a spese, diritti e onorari successivi alla sentenza dovute solo in relazione alla pubblicazione, all'esame e alla notifica della medesima, alle spese relative ad atti accessori, e agli interessi maturati, in quanto hanno titolo nello stesso provvedimento giudiziale (T.A.R. Napoli, sez. VIII, 03/12/2021, n. 7781).

Il giudice dell'ottemperanza svolge in questi termini un'attività di interpretazione del giudicato, al fine di enucleare e precisare il contenuto del comando da compiersi esclusivamente sulla base della sequenza "petitum- causa petendi-motivi- decisum" (T.A.R. Milano, sez. II, 11/11/2021, n. 2511).

La giurisprudenza maggioritaria sostiene che sia inammissibile la domanda di ottemperanza per un diritto di credito, scaturente da un giudicato civile, ma oggetto di successiva transazione o altro titolo giuridico, atteso il potere del giudice amministrativo di decidere in via incidentale ex art. 8 c.p.a. di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, necessarie per dirimere la questione principale, non può sconfinare in una vera e propria tutela degli stessi; in caso contrario si statuirebbe su controversie riservate all’autorità giudiziaria ordinaria (Cons. Stato, Sez. IV, 24.3.09, n. 1769).

Nel caso specifico la parte debitrice non ha fornito elementi che portino a ritenere esistente e concluso

l’accordo transattivo, quali la forma scritta dell’accordo, la deliberazione proveniente

dell’amministrazione, la dichiarazione giudiziale di accertamento.

In conclusione, è precluso al giudice amministrativo, investito dell'ottemperanza, di effettuare nuove valutazioni in fatto e in diritto su questioni che non sono state specificamente dedotte o trattate nel giudizio civile da ottemperare, la cui cognizione, nel caso di perdurante contrasto fra le parti, spetta al giudice ordinario (T.A.R. Potenza, sez. I, 12/09/2020, n. 559).

Pubblicato il 01/04/2022

N. 00319/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00553/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 553 del 2021, proposto da
avv. Fabrizio Pietrosanti, in proprio e nella qualità di amministratore unico, legale rappresentante in carica, della Shibumi Dojo Società Sportiva Dilettantistica a r.l., rappresentato e difeso “in proprio”, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Armando Argano in Latina, via Ulpiano, 2;

contro

Comune di Sabaudia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Aldo Sandulli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo Studio in Roma, alla via Fulcieri Paulucci de’ Calboli, 9;

nei confronti

Armando Argano, non costituito in giudizio;

per l'ottemperanza

alla sentenza del Tribunale civile di Latina del 24 dicembre 2014 n. 2809, passata in giudicato.


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sabaudia, con la relativa documentazione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 114 cod. proc. amm.;

Relatore nella camera di consiglio del 23 marzo 2022 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

Con ricorso a questo Tribunale ex art. 114 c.p.a., l’avv. Fabrizio Pietrosanti, in proprio e nella qualità di amministratore unico, legale rappresentante in carica, della Shibumi Dojo Società Sportiva Dilettantistica a r.l., lamentava la mancata, integrale, ottemperanza alla sentenza in epigrafe del Tribunale Civile di Latina, passata in giudicato per estinzione del relativo giudizio di appello, con la quale il Comune di Sabaudia era stato condannato a corrispondergli, per quel che lo riguardava, la somma di euro 437.853,23, oltre i.v.a., c.p.a. e interessi dalla domanda al saldo, nella misura indicata in motivazione, oltre alle spese legali per euro 11.472,00, con accessori di legge.

Il ricorrente, precisando di essere stato legale fiduciario del Comune di Sabaudia nel periodo dal

1995 al 2006, evidenziava che il Comune aveva riconosciuto e regolarizzato contabilmente il debito, quantificandolo, nei suoi confronti, nel complessivo importo di euro 702.830,44, comprensivo di interessi di mora sui compensi professionali, calcolati in euro 130.543,24 ai sensi del d. lgs. 231/2002 per il periodo dal 17 febbraio 2012 al 30 settembre 2015.

Preso atto della comunicazione in data 18 agosto 2015 dell’avvenuta cessione del credito, degli interessi maturati e maturandi e delle spese risultanti dalla sentenza del Tribunale

di Latina suddetta in favore della Regula Service s.r.l. unipersonale dell’avv. Fabrizio Pietrosanti (oggi denominata “Shibumi Dojo a.s.d. a r.l.”), quest’ultimo comunicava all’Ente che gli era dovuta in realtà la minor somma di euro 680.819,40, comprensiva degli interessi di mora calcolati dal Comune sulla immutata sorte capitale sino al 30 settembre 2015. In data 3 dicembre 2015, il ricorrente aveva quindi invitato il Comune a estinguere il debito con il pagamento della somma di euro 685.893,70, comprendente l’ulteriore importo di euro 5.074,30 per interessi maturati successivamente al 30 settembre 2015, salvi i maturandi sino al saldo.

Il Comune, dal canto suo, inviava “via mail” uno schema di pagamento della somma di euro 680.819,40, in sei rate scadenti tra il 31 gennaio 2016 e il 31 ottobre 2016, ma i successivi pagamenti non erano considerati dal ricorrente interamente satisfattivi delle sue ragioni creditorie, in quanto: a) gli interessi legali di mora dalla data di pubblicazione della sentenza (24 dicembre 2014) al 30 settembre 2015, quantificati dall’Ente in euro 130.543,24, non comprendevano quelli sui compensi e spese di causa liquidati dal Tribunale in euro 13.192,80 e per tale periodo ammontanti a euro 802,01; b) i pagamenti erano tutti avvenuti successivamente alla data del 30

settembre 2015 ed erano pertanto maturati ulteriori interessi legali di mora nel complessivo ammontare di € 40.804,50, di cui euro 802,01 sulle spese di lite ed euro 39.992,49 sui compensi

professionali, come risulta, quanto a questi, dalla tabella che riportava.

Non seguendo effettivi pagamenti, pur essendo avvenuti contatti in merito, il ricorrente in questa sede lamentava che l’Amministrazione aveva adempiuto solo parzialmente al pagamento, mancando di corrispondere gli ulteriori interessi legali di mora per il periodo intercorso tra la data considerata nel relativo calcolo (30 settembre 2015), a scalare, e i pagamenti parziali in varie “tranches” successivamente eseguiti (tra il 30 gennaio 2016 e il 31 luglio 2017), per cui chiedeva di ordinare all’Amministrazione il pagamento degli: a) ulteriori interessi legali di mora a scalare maturati al tasso di cui al d. lgs. 231/2002 sulle somme corrisposte oltre la data del

30 settembre 2015 nell’ammontare di € 40.804,50 – iva esente – o nella somma maggiore o minore ritenuta di giustizia; b) interessi anatocistici al medesimo tasso, dovuti ai sensi dell’art. 1283 c.c. sugli interessi di cui alla lettera “a” che precede, in quanto scaduti da oltre sei mesi, dalla data della

domanda al saldo, chiedendo anche la nomina di un “Commissario ad acta” nel caso di ulteriore inadempimento.

Si costituiva in giudizio il Comune di Sabaudia, depositando documentazione e una memoria, in cui ricostruiva i presupposti di fatto, da cui emergeva, in principalità, che: a) con delibera di C.C. n. 24/2015 il Comune aveva provveduto al riconoscimento contabile del debito “fuori bilancio” derivante dalla sentenza in questione, in quanto provvisoriamente esecutiva e senza alcuna acquiescenza alla stessa, pendendo all’epoca appello sulla stessa; b) nonostante il contezioso pendente in appello, con atto di impegno di spesa e liquidazione n.169 del 15.09.2015, il Comune di Sabaudia quantificava in euro 702.830,44 la somma da pagare a favore della Regula Service s.r.l. (ora Shibumi Dojo Società Sportiva Dilettantistica a r.l.), ferma restando la successiva riduzione della somma a euro 680.819,40, in considerazione della diversa soggettività tributaria tra cedente e cessionaria; c) all’udienza del 3 novembre 2015 avanti alla Corte d’Appello di Roma, il Comune di Sabaudia rappresentava di poter far fronte alla liquidazione del debito di euro 680.819,40 solo con la disponibilità della parte ad una dilazione o rateizzazione, trovandosi l’Ente in anticipazione di cassa, dovendo rispettare per legge l’ordine cronologico di pagamento delle precedenti fatture dei fornitori e non potendo procedere alla immediata liquidazione dei debiti “fuori bilancio”; d) vista l’indisponibilità finanziaria riferita dal Comune e considerato il lungo rinvio al 2018 disposto dalla Corte di Appello per la precisazione delle conclusioni, nel dicembre 2015, il ricorrente manifestava all’Avvocatura di Sabaudia l’interesse ad una possibile soluzione transattiva della vertenza, previa rinuncia del Comune al giudizio di impugnazione promosso avanti la Corte di Appello e consequenziale impegno a valutare dilazioni e riduzioni del credito, senza aggravarlo di ulteriori interessi ed accessori, e con l’impegno morale a non promuovere azioni esecutive in caso di accordo; e) a gennaio 2016, era stato quindi proposto dal Comune ed accettato dal Creditore uno schema di rateizzazione dei pagamenti, come da comunicazioni via “mail”, f) la parte residua del credito era quindi liquidata alla cessionaria dell’avv. Pietrosanti alla data del 31.07.2017, seppur con un lieve ritardo rispetto alla tempistica inizialmente indicata nello schema di rateizzazione.

Il Comune di Sabaudia, quindi, abbandonava il giudizio di appello ai sensi degli artt. 181 e 309 c.p.c., come da ritenuti accordi.

Alla luce di tali presupposti, parte resistente, pertanto, rilevava l’inammissibilità del ricorso, non potendo avere il giudizio di ottemperanza ad oggetto un accordo transattivo, intervenuto successivamente alla sentenza in questione e consistente nella rinuncia da parte del ricorrente al titolo giudiziale del 2014 e, in particolare, agli interessi moratori successivi al 30.09.2015, a fronte del pagamento rateizzato di euro 680.819,40, effettivamente ricevuto ed incassato nel periodo febbraio 2016- luglio 2017. Tale accordo transattivo, perfezionatosi con lo scambio di “mail” del 20-22 gennaio 2016, aveva quindi avuto un chiaro effetto novativo sull’originario titolo di formazione giudiziale del credito. Ad ogni modo, sosteneva il Comune, nel suddetto schema di pagamento di gennaio 2016, non vi era alcun riferimento agli interessi sulle spese di lite, né tantomeno a quelli sui compensi maturati successivamente al 30.09.2015, per cui l’accordo raggiunto era da considerarsi “a saldo e stralcio” dell’intera posizione di credito/debito tra le parti.

L’atteggiamento inerte del creditore, protrattosi fino alla richiesta di pagamento del 17 dicembre 2019, aveva quindi consentito il perfezionamento dell’accordo transattivo – le cui obbligazioni, tra cui la rinuncia all’appello, erano state medio tempore tutte adempiute dall’Amministrazione Comunale - così di fatto privando parte ricorrente del diritto di chiedere in questa sede l’esecuzione coattiva del credito, fermo restando che, per quanto riguardava gli interessi sulle spese di lite, questi si maturano solo al passaggio in giudicato del titolo giudiziale, nel caso di specie risalente alla dichiarazione di estinzione del giudizio di appello.

In prossimità della camera di consiglio del 9 febbraio 2022, parte ricorrente depositava una memoria a confutazione di tutte le tesi del Comune di Sabaudia, escludendo che si fosse dato luogo ad alcun accordo transattivo, e la causa era aggiornata per la presentazione di ulteriori memorie e documenti.

In prossimità della nuova data del 9 marzo 2022, le parti provvedevano a integrare le proprie tesi con nuove memorie (anche “di replica”) e la causa era trattenuta in decisione alla suddetta camera di consiglio.

DIRITTO

Il Collegio ritiene fondato il ricorso nei termini che si vanno a precisare.

I richiami giurisprudenziali operati dal Comune di Sabaudia in ordine al limite dei poteri del g.a. nell’ottemperare a sentenza dell’a.g.o. passate in giudicato non appaiono conferenti alla luce del caso di specie.

E’ principio consolidato quello per cui è precluso al giudice amministrativo, investito dell'ottemperanza, effettuare nuove valutazioni, in fatto e in diritto, su questioni che non sono state specificamente dedotte o trattate nel giudizio definito con la sentenza del giudice civile da ottemperare, la cui cognizione, nel caso di perdurante contrasto fra le parti, spetta al giudice ordinario (per tutte: Cons. Stato, Sez. IV, 15.5.20, n. 3098 e TAR Basilicata, 12.9.20, n. 559), così come, ancor più chiaramente, è stato riconosciuto che il giudice amministrativo non può esercitare il potere di integrare, in sede di ottemperanza, il precetto racchiuso nella sentenza da eseguire nel caso di sentenza emessa da un giudice appartenente ad un diverso ordine giurisdizionale (TAR Campania, Na, Sez. VII, 14.2.18, n. 980).

Il Collegio osserva, però, che nel caso in esame, alla luce dei presupposti di fatto portati alla sua attenzione - non contestati nella loro consistenza fattuale ma solo nella loro interpretazione giuridica - non è prospettata una questione che porti a integrare il giudicato civile e non è posta in evidenza un profilo di contrasto tra le parti, non dedotto o trattato nel giudizio definito con la sentenza del giudice civile.

Nel processo amministrativo, si rammenta che il giudizio d'ottemperanza è limitato alla stretta esecuzione del giudicato, del quale si chiede l'attuazione, ed esula dal suo ambito la cognizione di qualsiasi altra domanda comunque correlata al giudicato stesso (TAR Umbria, 14.3.17, n. 229).

Nel caso di specie, ferma restando la statuizione civile, le parti richiamano eventi successivi alla pronuncia del Tribunale di Latina del tutto estranei all’alveo di questa.

In particolare, si eccepisce da parte del Comune che sia intercorso un accordo transattivo, con funzione novativa data anche dalla correlata cessione di credito, che avrebbe mutato le condizioni di debito/credito dalle parti e per la cui interpretazione vi è giurisdizione dell’a.g.o.

Il Collegio rileva, però, che un accertamento incidentale in questa sede può essere effettuato sulla verificazione dell’esistenza del presupposto invocato dal Comune, quale la conclusione di un accordo novativo estintivo del credito giudiziale.

Ebbene, sul punto vale il principio per il quale la volontà di obbligarsi da parte della P.A. non può desumersi da atti o fatti concludenti, dovendo, per converso, manifestarsi attraverso la forma scritta. Tale principio trova integrale applicazione anche con riferimento alle transazioni concluse dagli enti pubblici, le quali devono, a pena di nullità, assumere la suddetta forma scritta, in quanto prevale, sulla regola generale di cui all' art. 1967 c.c., che richiede, per tale tipo di contratto, detta forma solo “ad probationem”, il principio, avente carattere di specialità, secondo il quale i contratti della P.A. richiedono la forma scritta “ad substantiam” (Cass. Civ. Sez. I, 14.1.19, n. 638).

E’ necessaria, poi, di norma, la previa adozione di apposita deliberazione amministrativa munita di motivazione puntuale circa la necessità e l'opportunità della transazione stessa, così da salvaguardare il fondamentale valore della certezza dei rapporti pubblicistici e scongiurare il rischio di inutili esborsi di denaro pubblico, se non addirittura di accordi illeciti (TAR Sardegna, Sez. I, 18.9.17, n. 586).

Nel caso di specie non si rileva il deposito in giudizio di alcun atto esplicito e in forma scritta di transazione nel senso invocato dal Comune.

Risulta infatti che vi sia stato un riconoscimento unilaterale di debito da parte del Comune e una proposta di – mero – pagamento dilazionato senza alcun accenno di chiudere la fattispecie a “saldo e stralcio”, sia da parte del Comune sia da parte del ricorrente. Le “mail” del gennaio 2016 attestano solo la suddetta modalità di pagamento, recepita nelle fatture emesse, ma da esse non è desumibile alcuna volontà transattiva formalizzata dal Comune.

Così pure dagli atti processuali presso la Corte d’Appello di Roma, tra cui le conclusioni di parte ricorrente, non si evince alcun accenno a transazione novativa nel frattempo intervenuta tre le parti e con volontà di estinguere il giudizio.

In tal senso, pertanto, in assenza dei presupposti per individuare anche solo la presenza di un atto di transazione tra le parti, quale presupposto per dichiarare infondato o inammissibile il ricorso, in questa sede non può essere invocata alcuna interpretazione “per facta concludentia” e relative conseguenze, riservata, semmai, alla sede giudiziaria competente e a cui il Comune potrà rivolgersi.

Valga ricordare che ancora di recente, con pubblicazione praticamente “coeva”, il Consiglio di Stato ha, sì, ricordato che è inammissibile la domanda di ottemperanza proposta per far valere un diritto di credito, scaturente da un giudicato civile, ma oggetto di successiva transazione o altro titolo giuridico, dato che il potere del giudice amministrativo - previsto un tempo dall’art. 8 della l. n. 1034 del 1971 e oggi dall’art. 8 del c.p.a. - di decidere in via meramente incidentale tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui soluzione sia necessaria per dirimere la questione principale, non può sconfinare in una vera e propria tutela dei diritti e consistere, quindi, nella soluzione di controversie riservate all’autorità giudiziaria ordinaria (Cons. Stato, Sez. IV, 24.3.09, n. 1769), e che in sede di ottemperanza di giudicati civili i momenti di cognizione ammessa sono solo quelli conseguenziali al giudicato non essendo ammissibili spazi di cognizione autonoma relativi a sopravvenienze, ma ciò quando è acclarato che un atto di transazione è stato riconosciuto dalle parti e quella creditrice opera in sede di ottemperanza per un diritto di credito autonomo scaturente direttamente dalla transazione intervenuta tra le parti stesse (Cons. Stato, Sez. IV, 22.3.22, n. 2053).

Nel caso di specie, invece, parte creditrice disconosce che ci sia stata una transazione e parte debitrice non ha fornito elementi, almeno indiziari (quali forma scritta e deliberazione proveniente da organo rappresentativo all’esterno della volontà dell’Ente) che portino a ritenere esistente e concluso l’accordo transattivo.

Né risulta che il Comune di Sbaudia abbia dato luogo avanti all’a.g.o. a un’azione dichiarativa dell’intervenuta transazione “novativa”, idonea a superare il “dictum” della sentenza del Tribunale di Latina in epigrafe, che avrebbe potuto, in astratto e previa idonea delibazione, portare questo Collegio a considerare l’ipotesi di sospensione di questo processo in attesa della definizione in sede civile.

Non risultando contestata l’entità del debito residuo derivante dall’applicazione della sentenza, se non per quanto riguarda la misura degli interessi legali sulle spese di lite, il Collegio conclude come segue:

- la sentenza in questione risulta solo parzialmente ottemperata, dato che non risultano corrisposti a) gli ulteriori interessi legali di mora a scalare maturati al tasso di cui al d. lgs. 231/2002 sulle somme corrisposte oltre la data del 30 settembre 2015 nell’ammontare di € 40.804,50, iva esente e b) gli interessi anatocistici al medesimo tasso, dovuti ai sensi dell’art. 1283 c.c. sugli interessi di cui alla lettera “a” che precede, in quanto scaduti da oltre sei mesi, dalla data della

domanda al saldo.

Per quanto riguarda la misura degli interessi sulle spese di lite, il Collegio ritiene che gli stessi debbano essere corrisposti dalla data di passaggio in giudicato della sentenza e sino a quella di effettivo pagamento, dato che solo dalla data di passaggio in giudicato della sentenza si è perfezionato l'accertamento giudiziale e il suo effetto costitutivo, per cui solo dalla stessa data sorgono i conseguenti obblighi.

Il Comune, pertanto, dovrà provvedere al pagamento di quanto richiesto da parte ricorrente entro 60 (sessanta giorni) dalla comunicazione e/o notificazione della presente sentenza.

Il Collegio ritiene di nominare sin da ora un “Commissario ad acta”, che provvederà, entro i successivi trenta giorni, nella persona del Direttore della Ragioneria Territoriale dello Stato di Frosinone - Latina, o funzionario da lui delegato, che sarà nominato su sollecitazione di parte ricorrente.

La complessità e originalità della fattispecie consentono di compensare eccezionalmente le spese di lite, tranne quanto riguarda il contributo unificato, da porre a carico del Comune di Sabaudia, ai sensi dell’art. 13, comma 6bis.1, d.p.r. n. 115/2002.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina:

a) accertato il lamentato inadempimento, condanna il Comune di Sabaudia al pagamento delle somme indicate in motivazione, assegnandogli il termine di sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza ovvero dalla sua notificazione a cura di parte ricorrente, per il compimento degli incombenti occorrenti alla integrale esecuzione del titolo giudiziario indicato in epigrafe;

b) dispone che, allo spirare del termine sub a), ove perduri l’inadempimento, all’esecuzione provveda, entro i successivi trenta giorni, in qualità di Commissario “ad actus”, il Direttore della Ragioneria Territoriale dello Stato di Frosinone - Latina, o funzionario da lui delegato, che sarà nominato su sollecitazione di parte ricorrente;

c) compensa le spese di giudizio, salvo quanto versato a titolo di contributo unificato, da porre a carico del Comune di Sabaudia, ai sensi dell’art. 13, comma 6bis.1, d.P.R. n. 115/2002.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Latina nella camera di consiglio del 23 marzo 2022 con l'intervento dei magistrati:

Antonio Vinciguerra, Presidente

Ivo Correale, Consigliere, Estensore

Roberto Maria Bucchi, Consigliere