Consiglio di Stato, sez. II, 25 marzo 2022, n. 2219

Se è vero che dall’accertata legittimità del provvedimento discende, in capo al G.S.E., l’obbligo di recupero delle somme indebitamente corrisposte, si deve, tuttavia, osservare che ciò non può avvenire con la richiesta di ottemperanza alla sentenza che si è limitata a respingere il ricorso della parte privata, non essendo possibile, in questa sede, una modifica o estensione del comando giudiziale

Il Consiglio di Stato prende posizione sull’annosa questione inerente alla configurabilità del giudicato sostanziale a seguito di sentenza di rigetto, al fine di garantire il corretto ricorso allo strumento del giudizio di ottemperanza.

La sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2017 aveva già chiarito che la parte che subisca l’inadempimento può ricorrere allo strumento del giudizio di ottemperanza solo ove abbia ad oggetto un giudicato che individui chiaramente il dovere a cui la P.A. è condannata.

Il giudice, dunque, è chiamato a compiere una valutazione trifasica: delineato il dovere imputabile in capo alla P.A., constata la condotta effettivamente tenuta da questa e, infine, procede ad un confronto tra i due poli.

La determinazione della fonte da cui discendono gli effetti del giudicato sostanziale è sempre stata controversa: la giurisprudenza si è interrogata se la pretesa di adempimento possa rivolgersi verso le sole sentenze di merito, o se gli effetti del giudicato sostanziale possano ritenersi prodotti anche in relazione a sentenze di rigetto.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, sposa l’orientamento più restrittivo: l’effetto di giudicato sostanziale si determina solo in relazione alle sentenze di merito.

Ne deriva che, nel caso di specie, non può accogliersi la ricostruzione operata dal G.S.E., nella parte in cui ha sostenuto che il rigetto del ricorso, che chiedeva l’annullamento del provvedimento di decadenza dagli incentivi precedentemente ricevuti dalla società appellata, cristallizzasse l’obbligo di ripetizione delle tariffe incentivanti indebitamente percepite.

La dichiarazione di infondatezza della domanda di parte ad opera della sentenza di rigetto non genera effetti di condanna.

D’altro canto, il giudice, nel giudizio di ottemperanza, deve limitarsi ad interpretare la sentenza ottemperanda, senza poter esercitare un indebito potere di integrazione o di modificazione del contenuto della stessa.

Sulla base di tale principio, fissato dalla Plenaria 1/2017 e sposato dalla giurisprudenza più recente (da ultimo, Consiglio di Stato n. 1345/2021), si deve escludere che l’obbligo di ripetizione delle tariffe discenda da una sentenza che accerti in negativo la fondatezza della pretesa attorea.

In ultima analisi, sostiene la pronuncia, se si accogliesse la sentenza di rigetto come fondativa dell’obbligo, si agirebbe tollerando un’inammissibile estensione del comando giudiziale, così violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c. in combinato con art. 39 c.p.a.), posto che l’accertamento del dovere di ripetizione non è ricavabile dalla domanda giudiziale né implicitamente né virtualmente.

 

LEGGI LA SENTENZA

 

Pubblicato il 25/03/2022

N. 02219/2022REG.PROV.COLL.

N. 04460/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 74 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 4460 del 2020, proposto da
Gse - Gestore dei Servizi Energetici Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Sergio Fidanzia, Angelo Gigliola, Antonio Pugliese, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Matteo Falcione, Francesco Saverio Marini, Andrea Sticchi Damiani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Francesco Saverio Marini in Roma, via di Villa Sacchetti 9;

nei confronti

Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione terza ter) n. -OMISSIS-/2020, resa tra le parti, concernente l'ottemperanza della sentenza esecutiva del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione III-Ter, 26 giugno 2017, n. -OMISSIS-.


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle società appellante, del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2022 il Cons. Carmelina Addesso e uditi per le parti gli avvocati Sergio Fidanzia, Angelo Gigliola, Francesco Saverio Marini e Andrea Sticchi Damiani;


 

1.Il Gestore Servizi Energetici GSE S.p.A. (d’ora, innanzi, G.S.E.) chiede la riforma della sentenza n. -OMISSIS-/2020 con cui il T.A.R. Lazio, sez. III ter, ha dichiarato inammissibile il ricorso per l’ottemperanza alla sentenza della medesima sezione n. -OMISSIS-/2017, che ha respinto il ricorso proposto dalle società -OMISSIS-per l’annullamento del provvedimento di decadenza dagli incentivi di cui al D.M. 28.7.2005 (Primo Conto Energia).

1.1 Deduce l’appellante che, con le sentenze nn. -OMISSIS- del 2017, il T.A.R. Lazio ha rigettato i ricorsi proposti dalle società -OMISSIS-per l’annullamento di tutti i provvedimenti di decadenza adottati dal G.S.E. e per l’accertamento del diritto alla corresponsione delle tariffe del Primo Conto Energia, in tal modo cristallizzando in sede giurisdizionale l’obbligo di ripetizione delle tariffe incentivanti indebitamente percepite.

1.2 Poiché le società non hanno restituito gli importi dovuti, il G.S.E. ha adito il T.A.R. Lazio, in sede di ottemperanza, chiedendo la ripetizione delle somme indebitamente percepite a titolo di tariffe incentivanti.

1.3 Il giudice adito, con la sentenza impugnata, ha dichiarato inammissibile il ricorso, rilevando che la sentenza di primo grado si è limitata a dichiarare l’infondatezza delle domande della parte privata, senza recare alcuna statuizione di condanna.

1.4 Con l’appello in epigrafe il G.S.E. chiede la riforma della sentenza del T.A.R., ritenendo che l’obbligo di restituire gli incentivi indebitamente percepiti discenda dalla sentenza della cui ottemperanza si discute, la quale, respingendo il ricorso, non ha soltanto dichiarato la legittimità della decadenza, ma ha, altresì, respinto la domanda di accertamento del diritto di credito formulata espressamente dalle società ricorrenti. In ogni caso, il diritto alla restituzione trova il proprio presupposto logico giuridico direttamente nel provvedimento di decadenza confermato dalla sentenza esecutiva del T.A.R.

1.5 Si sono costituite le società appellate, istando per la dichiarazione di inammissibilità o infondatezza dell’appello e rilevando che: i) successivamente alla proposizione dell’azione di ottemperanza il G.S.E. ha adito nuovamente il T.A.R. Lazio per chiedere la condanna delle società alla restituzione degli incentivi, con conseguente rinuncia all’odierna azione ex art 84 u.c. c.p.a.; ii) l’azione di ottemperanza non può essere attivata dalla pubblica amministrazione resistente ai danni del privato; iii) l’ottemperanza non può avere ad oggetto sentenze di rigetto, come nel caso di specie; iv) il nuovo art 42, comma 3, d.lgs 28/2011 come modificato dall’art. 1, c. 960, lett. a), della l. n. 205 del 2017, e, da ultimo, dall'articolo 56, c. 7, lett. a) e a-bis), del d.l. n. 76 del 2020, prevede ora la mera decurtazione dell'incentivo, in misura ricompresa fra il 10 e il 50 per cento in ragione dell'entità della violazione e nel rispetto dei presupposti di cui all’art. 21-nonies, della l. n. 241 del 1990; v) i beni e i conti correnti delle società sono sottratti alla loro disponibilità in quanto sottoposti a sequestro conservativo nell’ambito di due giudizi pendenti davanti alla Corte dei conti.

1.6 Si sono costituiti in giudizio, con memoria di stile, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell’ambiente e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.

1.7 Il G.S.E. e le società appellate hanno depositato memorie, insistendo nelle rispettive difese.

2. All’udienza del 22 marzo 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

3. L’appello è infondato, circostanza che esime il Collegio dall’esame dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse- a seguito di proposizione di autonoma azione di condanna in primo grado - avanzata dalla difesa delle società appellate.

3.1 La sentenza di cui si chiede l’ottemperanza ha respinto il ricorso per l’annullamento del provvedimento di decadenza dalle tariffe incentivanti, senza alcuna statuizione sull’obbligo di restituzione degli incentivi corrisposti. Il dispositivo della sentenza, infatti, dispone la mera reiezione del ricorso per l’annullamento, in coerenza con la motivazione che ha esaminato, alla luce del petitum e dei motivi di ricorso, la legittimità delle ragioni poste alla base del provvedimento.

3.2 Né nel dispositivo né nella motivazione il giudice ha esaminato il diverso, anche se connesso, profilo dell’obbligo di restituzione delle tariffe, profilo che è, di conseguenza, estraneo al contenuto precettivo e di mera reiezione della sentenza della cui ottemperanza si discute.

3.3 Secondo l’univoco orientamento giurisprudenziale, sono le statuizioni preordinate ad una pronuncia di accoglimento a far nascere per l'amministrazione destinataria un obbligo di ottemperanza, che può dirsi adempiuto solo se vengono posti in essere atti completamente sattisfattivi rispetto a quelle statuizioni. Viceversa, le pronunce di rigetto lasciano invariato l'assetto giuridico dei rapporti precedente alla radicazione del giudizio, rimanendo indifferente che la sentenza di rigetto sia stata pronunciata in primo grado ovvero in appello, con una sentenza di riforma della pronuncia di accoglimento emessa dal primo giudice (Cons. Stato sez. VI sent., 26/03/2013, n. 1675; 21/05/2013, n. 2724; 08/02/2013, n. 719).

3.4 Il principio giurisprudenziale sopra richiamato, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, è applicabile anche al caso di specie in quanto la reiezione del ricorso di annullamento non ha mutato il quadro giuridico preesistente, contrassegnato dalla validità e dall’efficacia dei provvedimenti di decadenza.

3.5 Se è vero che dall’accertata legittimità del provvedimento discende, in capo al G.S.E., l’obbligo di recupero delle somme indebitamente corrisposte, si deve, tuttavia, osservare che ciò non può avvenire con la richiesta di ottemperanza alla sentenza che si è limitata a respingere il ricorso della parte privata, non essendo possibile, in questa sede, una modifica o estensione del comando giudiziale (Cons. Stato sez. VI, 15/02/2021 n.1345).

3.6 La fonte costitutiva dell’obbligo per le società di restituire le somme ricevute non è la sentenza, ma il provvedimento di decadenza che, peraltro, non reca la determinazione del quantum da restituire, limitandosi a dichiarare la decadenza dal diritto e a rinviare ulteriori atti per le modalità di esecuzione. Le richieste di restituzione con l’indicazione degli importi dovuti sono state comunicate solo successivamente, in parte prima e in parte dopo la pubblicazione della sentenza della cui ottemperanza si discute (cfr. note di recupero GSE in atti).

3.7 Quanto sopra conferma che il credito (e il correlativo debito) restitutorio, pur trovando fondamento nel provvedimento impugnato, è rimasto estraneo al perimetro del giudizio di cognizione.

3.8 Non appare attagliarsi al caso di specie la giurisprudenza richiamata dall’appellante a sostegno della tesi dell’esperibilità dell’azione di ripetizione per la prima volta in sede di ottemperanza (segnatamente, la sentenza della V Sezione del 20 marzo 2012, n. 1570). Nel precedente richiamato, infatti, la ripetizione è stata disposta in sede di ottemperanza in quanto rinveniva il proprio fondamento nella sentenza da ottemperare che imponeva al Comune la presa d’atto della nullità degli atti negoziali compiuti e il ripristino dello stato della procedura nella fase antecedente la violazione con il recupero del pacchetto azionario ceduto.

3.9 L’esame per la prima volta in sede di ottemperanza del rapporto obbligatorio scaturente dal provvedimento oggetto del giudizio di cognizione non si giustifica nemmeno richiamando la struttura a formazione progressiva del giudicato amministrativo. La formazione progressiva del giudicato rende possibile statuizioni di carattere integrativo, volte a delineare la portata dispositiva e conformativa della sentenza da eseguire (Ad. Plen. 09/06/2016, n. 11; Sez. VI, 04/11/2021, n. 7378), ma non consente di ampliare con la condanna della parte privata una pronuncia di mero accertamento della legittimità del provvedimento impugnato.

3.10 In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.

4. Sussistono giustificati motivi, stante la peculiarità della controversia, per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2022 con l'intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Giovanni Sabbato, Consigliere

Carla Ciuffetti, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere, Estensore

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere