il punto della situazione

1) Premessa. 2) Le questioni rimesse all’Adunanza Plenaria. 3) Proroghe ex lege delle concessioni demaniali. 4) Le statuizioni dell’Adunanza Plenaria. 5) La sfida per le Pubbliche Amministrazioni per l’individuazione di idonei criteri di aggiudicazione delle gare. 6) Conclusioni. 

  1. Premessa

Le sentenze nn. 17 e 18 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, pubblicate in data 9 novembre 2021, hanno sancito importanti e definitivi principi in relazione all’annosa questione concernente la legittimità delle proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative (marittime, lacuali e fluviali) che, in più occasioni, sono state ritenute in contrasto con il sistema eurounitario, da sempre improntato sulla massima concorrenzialità del mercato.

In tale contesto, l’Alto Consesso della giustizia amministrativa, rimarcando l’eccezionale capacità attrattiva del patrimonio costiero nazionale, ha fissato la proroga delle attuali concessioni demaniali fino al 31 dicembre 2023. Dopo tale data, il settore sarà improrogabilmente aperto alle regole della concorrenza.

L’Adunanza Plenaria ha auspicato che, in tale lasso temporale, il Governo e il Parlamento apportino un radicale riordino alla normativa di riferimento precisando, invero, che scaduto tale termine tutte le concessioni demaniali in essere, allo stato circa 30.000, saranno da considerare prive di efficacia, anche in assenza di una disciplina legislativa e nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire.

Del tutto saggiamente i Giudici amministrativi hanno, comunque, già indicato i principi che dovranno ispirare lo svolgimento delle gare, fermo restando la discrezionalità del legislatore nell’apportare la normativa di riordino del settore.

  1. Le questioni rimesse all’Adunanza Plenaria

L’Adunanza Plenaria è stata adita dal Presidente del Consiglio di Stato, con decreto n. 160 del 2021, al fine di rendere opportune pronunce allo scopo di assicurare certezza ed uniformità di applicazione del diritto in relazione alla materia delle concessioni demaniali marittime, anche in considerazione della particolare rilevanza economico–sociale rivestita dalla questione[1].

Le vicende che hanno reso indispensabile l’intervento dell’Alto Consesso, infatti, riguardano le proroghe ex lege in materia di concessioni demaniali, con particolare riguardo alle concessioni marittime.

La pronuncia n. 17 è stata adottata a seguito del ricorso presentato da una società, titolare di una concessione demaniale, la quale aveva impugnato il decreto del Presidente dell’Autorità di Sistema portuale con cui era stata rigettata l’istanza per la estensione della validità della concessione demaniale marittima ex lege n. 145 del 2018 per ulteriori quindici anni.

Il Tar Catania aveva respinto[2] il ricorso aderendo all’interpretazione della giurisprudenza maggioritaria favorevole all’esperimento delle procedure ad evidenza pubblica in adesione ai principi comunitari di libera circolazione dei servizi, di par condicio, di imparzialità e di trasparenza, previsti dalla Direttiva n. 2006/123/CE (cd. Direttiva Bolkestein).

Tale indicazione, ad avviso del Tar, si era rafforzata con la sentenza della Corte di Giustizia, Promoimpresa[3], in modo che la proroga ex lege delle concessioni demaniali non poteva essere generalizzata, dovendo la normativa nazionale uniformarsi a quella europea sulle gare.  Le concessioni, infatti, rientrano in linea di principio nell’ambito di applicazione della Direttiva. Semmai, come già affermato dalla Corte di Giustizia, resterebbe devoluta al Giudice nazionale la valutazione circa la natura “scarsa” della risorsa. Secondo il Tar, quindi, ogni regime che preveda una proroga automatica delle concessioni, indipendentemente dalla valutazione della natura scarsa o meno della risorsa naturale, sarebbe illegittimo.

La sentenza n. 18, invece, è stata resa a seguito dell’appello presentato dal Comune di Lecce per la riforma della sentenza del Tar Puglia[4], il quale aveva accolto il ricorso proposto dal titolare di una concessione demaniale marittima, per aver l’ente locale respinto l’istanza di proroga ex lege 145/2018.

In questo caso, differentemente da quanto accaduto nella circostanza precedente, il Tar ha rilevato come l’Amministrazione comunale avesse illegittimamente disapplicato la legge nazionale che prevede la proroga delle concessioni demaniali sostenendo, in particolare, che la Direttiva 2006/123/CE non sia in alcun modo self-executing e che, inoltre, anche ove lo fosse, ciò non legittimerebbe l’organo amministrativo a disapplicare la legge interna, essendo l’accertamento della natura self-executing riservato esclusivamente al Giudice e precluso, quindi, all’Amministrazione.

In questo clima di incertezza giurisprudenziale e, a ben vedere, nell’intento di delineare un orientamento univoco che non possa lasciare dubbi sulla normativa, sia essa nazionale che eurounitaria, da applicare da parte delle Amministrazioni interessate è stato reso indispensabile adire l’Adunanza Plenaria al fine di determinare la linea da seguire e, inoltre, evidenziare i principali obiettivi a cui sia il legislatore deve propendere e a cui la Pubblica Amministrazione deve essere in grado di attuare in termini di trasparenza e concorrenza.

I quesiti a cui l’Adunanza Plenaria ha risposto sono i seguenti: a) se sia doverosa la disapplicazione, da parte dello Stato, delle leggi statali o regionali che prevedano proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali marittime; b) in caso affermativo, se, in adempimento al predetto obbligo di disapplicazione, l’Amministrazione sia tenuta all’annullamento d’ufficio del provvedimento emanato in contrasto con la normativa comunitaria o, comunque, al suo riesame ai sensi e per gli effetti dell’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990, nonché se, e in quali casi, la circostanza che sul provvedimento sia intervenuto il giudicato favorevole costituisca ostacolo all’annullamento d’ufficio; c) se, con riferimento alla moratoria introdotta dall’art. 182, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34[5], qualora la predetta moratoria non risulti inapplicabile per contrasto con il diritto dell’Unione europea, debbano intendersi quali “aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto” anche le aree soggette a concessione scaduta al momento dell’entrata in vigore della moratoria, ma il cui termine rientri, nel disposto dell’art. 1, commi 682 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

  1. Proroghe ex lege delle concessioni demaniali

Al fine di comprendere le importanti statuizioni dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, appare doveroso ripercorrere l’evoluzione della legislazione italiana relativa alle concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative, per poi evidenziare il regime transitorio delle proroghe ex lege delle concessioni in essere e le valutazioni effettuate su tale sistema dalle più importanti istituzioni europee che, a ben vedere, hanno influenzato sia la giurisprudenza comunitaria, sia la giurisprudenza interna.

La normativa italiana, fin dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, ha sempre manifestato in modo inconfutabile di prediligere la stabilità dei rapporti concessori aventi ad oggetto il diritto di sfruttamento, per finalità turistico–ricreative, del demanio marittimo, lacuale e fluviale.

La summenzionata legge, infatti, prevedeva all’art. 400 che i rapporti pubblicistici avevano la durata di sei anni e che i relativi provvedimenti erano rinnovabili automaticamente per la stessa durata attraverso una semplice richiesta da parte dell’interessato, salvo il diritto di revoca riservato al concedente per espressa previsione dell’art. 42 del Codice della Navigazione.

Proprio il Codice della Navigazione aveva individuato nel cosiddetto “diritto di insistenza”, previsto a livello codicistico dall’art. 37, comma 2, il criterio di preferenza per una proroga ex lege della concessione demaniale.

Infatti, l’articolo de quo stabiliva che “al fine della tutela dell'ambiente costiero, per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative è data preferenza alle richieste che importino attrezzature non fisse e completamente amovibili. È altresì data preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze”.

Tale criterio indicava chiaramente la propensione del legislatore ad un sistema non concorrenziale di scelta dei gestori dei beni demaniali e, proprio in virtù di ciò, è stato criticato non solo in sede comunitaria, ma anche dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato attraverso la segnalazione AS481 del 20 ottobre 2008, con la quale si è evidenziato la totale inconciliabilità del diritto nazionale con l’acquis comunitario di norme, incentrato sulla trasparenza, concorrenzialità e favor partecipationis[6].

La suddetta previsione normativa, secondo l’AGCM, appariva suscettibile di produrre effetti restrittivi della concorrenza, tenuto conto che né il Codice della Navigazione né il relativo regolamento di attuazione prevedevano come principio generale, per l’assegnazione di concessioni marittime, quello dell’utilizzo di procedure concorsuali trasparenti, competitive e debitamente pubblicizzate né, infine, quello della ragionevole durata delle concessioni demaniali.

Per tali ragioni, la Commissione europea, già nell’anno 2008, aveva avviato nei confronti dell’Italia una procedura di infrazione in merito alla compatibilità del predetto regime con il principio di libertà di stabilimento, in quanto la preferenza accordata dalla normativa interna al concessionario uscente rendeva impossibile per le imprese provenienti da altri Stati membri concorrere per l’assegnazione del bene demaniale.

Il legislatore italiano, quindi, a seguito del richiamo da parte delle istituzioni europee e nazionali, ha deciso di superare le norme confliggenti con il diritto comunitario, compreso il cd. diritto di insistenza previsto dal Codice della Navigazione.

Contestualmente, però, è stata anche disposta, in via transitoria, la proroga ex lege di tutte le concessioni demaniali per uso turistico-ricreativo esistenti, in attesa di una riforma organica e puntuale della normativa di settore che, in realtà, non è stata mai attuata.

L’ultima proroga legale delle concessioni demaniali vigenti è stata stabilita dall’art. 1, commi 682, 683 e 684 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), con il quale è stato disposto il prolungamento ex lege dei rapporti concessori in essere alla data dell’entrata in vigore della legge di bilancio sino al 31 dicembre 2033. Inoltre, l’art. 182, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito in legge 17 luglio 2020, n. 77, ha previsto che “gli operatori proseguono l’attività nel rispetto degli obblighi inerenti al rapporto concessorio già in atto (…) e gli enti concedenti procedono alla ricognizione delle relative attività, ferma restando l’efficacia dei titoli già rilasciati”.

Questo regime transitorio è risultato agli occhi di molti come un espediente creato dal legislatore per eludere tutti i precetti comunitari e, in particolar modo, quei precetti posti a garanzia dei principi di imparzialità, trasparenza e par condicio imposti dalla normativa unionale e che trovano pieno riconoscimento nell’art. 49 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE)[7] e nell’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE[8].

Occorre però ricordare che il 15 febbraio 2017 era stato presentato alla Camera dei Deputati un Disegno di legge, il n. 4302, da parte del Ministro per gli Affari Regionali, per la revisione e il riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico-ricreativo.

Tale disegno di legge prevedeva una delega al Governo “ad adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per la revisione e il riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime, nel rispetto della normativa europea”.

Venivano individuati, a tal fine, diversi principi e criteri direttivi tra i quali: a) la previsione di criteri e modalità di affidamento nel rispetto dei principi di concorrenza, di qualità paesaggistica e di sostenibilità ambientale; b) la valorizzazione delle diverse peculiarità territoriali, di libertà di stabilimento, di garanzia dell’esercizio e dello sviluppo; c) la valorizzazione delle attività imprenditoriali nonché di riconoscimento e di tutela degli investimenti mediante procedure di selezione che assicurassero garanzie di imparzialità e di trasparenza, prevedendo un’adeguata pubblicità e dell’avvio della procedura e del suo svolgimento.

Inoltre, al fine di tutelare i concessionari uscenti, il disegno di legge mirava anche a stabilire le modalità procedurali per l’eventuale dichiarazione di decadenza ai sensi della vigente normativa sulle concessioni, “nonché criteri e modalità per il subingresso, con le dovute forme di garanzia a carico dei soggetti privati subentranti”.

Da ultimo, poi, veniva indicato l’obbligo per i Comuni di rendere pubblici, tramite i propri siti internet, i dati concernenti l’oggetto delle concessioni e i relativi canoni, nonché l’obbligo per i concessionari di pubblicizzare tali dati nei propri siti internet, stabilendo la relativa disciplina sanzionatoria amministrativa.

Dalla mera lettura del summenzionato testo, appare evidente che lo scopo del legislatore italiano fosse proprio quella di delineare una normativa del settore in linea con i principi che sorreggono l’intero diritto unionale e, conseguentemente, aprire uno dei settori più importanti e redditizi del nostro paese alle leggi del mercato concorrenziale.

Tuttavia, il Disegno di legge n. 4302 del 15 febbraio 2017 non è stato mai approvato lasciando, ancora una volta, irrisolto il problema del conflitto delle norme nazionali con il diritto comunitario.

In tale cornice di incertezza e di conflitto normativo si innestano le due pronunce dell’Adunanza Plenaria che hanno fornito non solo importanti spunti di riflessione che dovranno essere recepiti dal legislatore ma, soprattutto, linee guida che le Amministrazioni dovranno necessariamente seguire nelle gare per l’assegnazione delle concessioni demaniali[9].

4) Le statuizioni dell’Adunanza Plenaria

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, dopo aver ampiamente ripercorso il regime normativo cui è sottoposto il rilascio ed il rinnovo delle concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative, ha richiamato la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE al fine di vagliare la sussistenza di eventuali profili di contrasto delle leggi nazionali che dispongono la proroga automatica e generalizzata delle concessioni demaniali in essere con norme e principi dell’Unione europea direttamente applicabili.

Tale questione era stata già in gran parte esaminata dalla Corte di Giustizia UE, con la sentenza Promoimpresa, la quale aveva affermato, in sintesi, i seguenti principi: a) l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006[10], relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che essa osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali in essere per attività turistico ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati; 2) l’articolo 49 del TFUE[11] deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico-ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo.

Sebbene tali principi fossero stati individuati dalla Corte di Giustizia e, nonostante essi siano stati recepiti da una copiosa giurisprudenza interna, il dibattito sulla compatibilità comunitaria della disciplina nazionale che prevede la proroga ex lege è continuato, soprattutto in ambito dottrinale.

Da più parti, invero, si è negato che il diritto dell’Unione imponga l’obbligo di evidenza pubblica per il rilascio delle concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative. In questa prospettiva, si è apertamente contestata l’applicabilità dei principi generali a tutela della concorrenza desumibili sia dall’art. 49 TFUE, sia dell’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE.

L’applicabilità dell’art. 49 TFUE è stata messa in discussione ritenendo mancante, nel caso di specie, il requisito dell’interesse transfrontaliero certo, il cui accertamento è stato rimesso dalla Corte di Giustizia alla valutazione del Giudice nazionale.

Per quanto attiene, invece, il rispetto all’applicazione dell’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE sono stati mossi due ordini di obiezioni: il primo volto a sostenere l’assenza della risorsa naturale scarsa (requisito la cui sussistenza la Corte di giustizia ha demandato al Giudice nazionale); il secondo, che entra in contrasto frontale con la sentenza del Giudice europeo, volto radicalmente ad escludere la possibilità di far rientrare le concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative nella nozione di autorizzazione di servizi e, quindi, nel campo di applicazione dell’art. 12 della citata Direttiva.

Ebbene, proprio in riferimento a queste due critiche mosse nel corso degli anni, l’Adunanza Plenaria ha sancito, definitivamente, la primazia del diritto dell’Unione europea rispetto alla normativa nazionale, ritenendo che “tali obiezioni non siano condivisibili e che debba essere ribadito il principio secondo cui il diritto dell’Unione impone che il rilascio o il rinnovo delle concessioni demaniali marittime (o lacuali o fluviali) avvenga all’esito di una procedura di evidenza pubblica, con conseguente incompatibilità della disciplina nazionale che prevede la proroga automatica ex lege fino al 31 dicembre 2033 delle concessioni in essere”.

L’Alto Consesso, poi, ha evidenziato che per tale settore sussiste uno spiccato interesse transfrontaliero “in considerazione alla eccezionale capacità attrattiva che da sempre esercita il patrimonio costiero nazionale, il quale per conformazione, ubicazione geografica, condizioni climatiche e vocazione turistica è certamente oggetto di interesse transfrontaliero, esercitando una indiscutibile capacità attrattiva verso le imprese di altri Stati membri” e, pertanto, escluderlo dalle regole dell’evidenza pubblica rappresenterebbe una posizione insostenibile, sia sul piano costituzionale nazionale, sia rispetto ai principi europei a tutela della concorrenza e della libera circolazione.

Inoltre, continua l’Adunanza Plenaria, l’obbligo di evidenza pubblica discende, comunque, dall’applicazione dell’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE, che prescinde dal requisito dell’interesse transfrontaliero certo, atteso che la Corte di Giustizia si è espressamente pronunciata sul punto ritenendo che “l’interpretazione in base alla quale le disposizioni del capo III della Direttiva 2006/123 si applicano non solo al prestatore che intende stabilirsi in un altro Stato membro, ma anche a quello che intende stabilirsi nel proprio Stato membro è conforme agli scopi perseguiti dalla suddetta Direttiva”.

Con tale statuizione i Giudici amministrativi hanno inteso valorizzare il concetto di liberalizzazione che permea l’intera Direttiva 2006/123/CE, la quale si pone come obiettivo la eliminazione degli ostacoli alla libertà di stabilimento e di servizi, garantendo l’implementazione del mercato interno e del principio concorrenziale ad esso sotteso.

La tutela della concorrenza, ed il contestuale obbligo di evidenza pubblica, è per la giurisprudenza una “materia” trasversale, che attraversa anche quei settori in cui l’Unione europea è priva di ogni tipo di competenza o ha solo una competenza di “sostegno”.

Anche in tali settori, gli Stati membri quando acquisiscono risorse strumentali all’esercizio delle relative attività sono tenuti all’obbligo della gara, che si pone a monte dell’attività poi svolta in quella materia.

Alla luce delle considerazioni svolte, l’Adunanza Plenaria ha, quindi, ritenuto che anche l’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE sia applicabile al rilascio e al rinnovo delle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative, con conseguente incompatibilità comunitaria, anche sotto tale profilo, della disciplina nazionale che prevede la proroga automatica e generalizzata delle concessioni già rilasciate sancendo, ufficialmente e formalmente, la preminenza delle disposizioni eurounitarie.

Inoltre, ed è forse il punto più rilevante delle sentenze in discorso, l’Adunanza Plenaria ha dichiarato che non può più considerarsi efficace la proroga ex lege fino al 31 dicembre 2033 ma, diversamente, la proroga può operare solo ed esclusivamente sino al 31 dicembre 2023.

In tal modo, ha modulato gli effetti temporali della propria decisione al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizza di tutte le concessioni in essere.

Con la fondamentale conseguenza le Pubbliche Amministrazioni dovranno sin da subito prevedere, per il rilascio delle concessioni, una modalità improntata su gare ad evidenza pubblica rispettose dei principi di[12]:

  • trasparenza;
  • pubblicità;
  • imparzialità;
  • non discriminazione;
  • mutuo riconoscimento;
  • proporzionalità.

Appare, comunque, doveroso evidenziare che l’Alto Consesso della giustizia amministrativa abbia formulato, nelle summenzionate pronunce, l’auspicio che il legislatore intervenga, in una materia così delicata e sensibile dal punto di vista degli interessi coinvolti, con una disciplina espressa e puntuale.

Sul punto, l’Adunanza Plenaria ha precisato che la durata delle concessioni dovrebbe essere limitata e giustificata sulla base di valutazioni tecniche, economiche e finanziarie, al fine di evitare la preclusione dell’accesso al mercato. In particolare, sarebbe opportuna l’introduzione a livello normativo di un limite alla durata delle concessioni, che dovrà essere poi in concreto determinata (nell’ambito del tetto normativo) dall’amministrazione aggiudicatrice nel bando di gara in funzione dei servizi richiesti al concessionario. La durata andrebbe commisurata al valore della concessione e alla sua complessità organizzativa e non dovrebbe eccedere il periodo di tempo ragionevolmente necessario al recupero degli investimenti, insieme ad una remunerazione del capitale investito o, per converso, laddove ciò determini una durata eccessiva, si potrà prevedere una scadenza anticipata ponendo a base d’asta il valore, al momento della gara, degli investimenti già effettuati dal concessionario.

Dopo aver appurato l’incompatibilità comunitaria (per contrasto sia con gli artt. 49 TFUE sia con l’art. 12 della Direttiva 2016/123/CE) della disciplina nazionale (art. 1, commi 682 e 683, legge n. 145/2018 e art. 182, comma 2, del decreto-legge n. 34/2020), le pronunce dell’Adunanza Plenaria hanno proceduto all’esame dei quesiti concernenti le conseguenze di tale contrasto normativo.

In risposta al secondo quesito posto ovvero se, in caso di disapplicazione della legge nazionale, tale disapplicazione possa essere effettuata direttamente dall’apparato amministrativo o, diversamente, se si debba attendere un’interpretazione dell’autorità giudiziaria, l’Adunanza Plenaria ha ritenuto che il suddetto obbligo gravi anche in capo all’apparato amministrativo, anche nel caso in cui il contrasto tra normativa nazionale e comunitaria riguardi una direttiva self-executing[13].

Avvalorare la tesi opposta significherebbe, per l’Adunanza Plenaria, autorizzare la Pubblica Amministrazione all’adozione di atti amministrativi in palese contrasto con la normativa sovranazionale destinati, comunque, ad essere annullati in sede giurisdizionale.

Inoltre, le pronunce hanno precisato che l’atto di proroga è un atto meramente ricognitivo di un effetto prodotto automaticamente dalla legge e, quindi, alla stessa direttamente riconducibile[14].

La proroga del termine avviene, pertanto, automaticamente, in via generalizzata dalla legge, senza l’intermediazione di nessun potere amministrativo. Si tratta di una legge-provvedimento che non dispone in via generale e astratta, ma, intervenendo su un numero delimitato di situazioni concrete, recepisce e “legifica”, prorogandone il termine, le concessioni demaniali già rilasciate.

Seguendo questa impostazione, ne discende, allora, che l’effetto della proroga deve considerarsi tamquam non esset, come se non si fosse mai prodotto.  Per tale motivo l’Amministrazione non esercita alcun potere di autotutela se l’atto adottato dall’amministrazione svolge la sola funzione ricognitiva, mentre l’effetto autoritativo è prodotto direttamente dalla legge, la non applicabilità di quest’ultima impedisce il prodursi dell’effetto autoritativo della proroga.

Analoghe considerazioni valgono anche nei casi in cui sia intervenuto un giudicato favorevole al concessionario demaniale.

In conclusione, pertanto, l’incompatibilità comunitaria della legge nazionale che ha disposto la proroga ex lege delle concessioni demaniali produce come effetto, anche nei casi in cui siano stati adottati formali atti di proroga e nei casi in cui sia intervenuto un giudicato favorevole, il venir meno degli effetti della concessione, in conseguenza della non applicazione della disciplina interna.

In ultimo, si è evidenziato che la moratoria emergenziale prevista dall’art. 182, comma 2, del decreto-legge n. 34/2020 presenta palesi profili di incompatibilità comunitaria.

Non può affermarsi, secondo l’Adunanza Plenaria, che la previsione delle proroghe delle concessioni sia funzionale al “contenimento delle conseguenze economiche prodotte dall’emergenza epidemiologica”, in quanto non può ravvisarsi alcuna razionale connessione tra la proroga delle concessioni e le conseguenze economiche derivanti dalla pandemia, presentandosi semmai essa come disfunzionale rispetto all’obiettivo dichiarato e di fatto diretta a garantire posizioni acquisite nel tempo.

5) La sfida per le Pubbliche Amministrazioni per l’individuazione di idonei criteri di aggiudicazione delle gare

È inconfutabile che i principi sanciti dalle pronunce dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato provocheranno, come del resto già sta accadendo, notevoli ripercussioni non solo per i titolari di concessioni ma, anche, per il legislatore posto che l’annullamento effettivo della proroga ex lege avverrà il 31 dicembre 2023.

Ciò significa che, scaduto tale termine, tutte le concessioni demaniali in essere dovranno considerarsi prive di effetto, indipendentemente dal fatto che vi sia –o meno- un soggetto subentrante nella concessione ed eventuali proroghe legislative del termine così individuato saranno ritenute in contrasto con il diritto dell’Unione europea.

Allo stesso tempo, l’Adunanza Plenaria ha invitato sia al riordino normativo che all’indizione da parte degli enti interessati di procedure di selezione basate su imparzialità e trasparenza, pubblicità, imparzialità, non discriminazione, mutuo riconoscimento e proporzionalità.

Appare evidente che i compiti più impegnativi saranno quelli che affronteranno le numerose Pubbliche Amministrazioni che, nel giro di poco tempo, dovranno bandire un elevato e rilevante numero di gare determinando, altresì, i criteri di aggiudicazione delle concessioni.

Al fine di non lasciare disorientate le numerose Amministrazioni che saranno chiamate a bandire le procedure ad evidenza pubblica e, contestualmente, ad indicare formalmente agli operatori del settore i criteri di aggiudicazione delle procedure in questione, le sentenze dell’Adunanza Plenaria hanno opportunamente chiarito i principi fondamentali ai quali devono, in ogni caso, uniformarsi gli enti anche nella scelta dei predetti criteri di selezione.

A tal proposito, infatti, i Giudici amministrativi hanno precisato che l’indizione di procedure competitive per l’assegnazione delle concessioni dovrà, ove ne ricorrano i presupposti, essere supportata dal riconoscimento di un indennizzo a tutela degli investimenti effettuati dai concessionari uscenti[15], essendo tale meccanismo indispensabile per tutelare l’affidamento degli stessi[16].

Inoltre, se i criteri dettati dall’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE non impongono il rispetto del principio di rotazione che comporta, di norma, il divieto di invito a procedure dirette all'assegnazione di un appalto, nei confronti del contraente uscente e dell'operatore economico invitato e non affidatario nel precedente affidamento, nondimeno, nel conferimento o nel rinnovo delle concessioni, andrebbero evitate ipotesi di preferenza “automatica” per i gestori uscenti, in quanto idonei a tradursi in “un’asimmetria a favore dei soggetti che già operano sul mercato”. Tale circostanza, invero, potrebbe verificarsi anche nell’ipotesi in cui le regole di gara consentano di tenere in considerazione gli investimenti effettuati senza considerare il parametro di efficienza quale presupposto di apprezzabilità dei medesimi.

Le sentenze, quindi, segnalano alle Pubbliche Amministrazioni di scegliere criteri di selezione proporzionati, non discriminatori ed equi essendo, infatti, essenziale per garantire agli operatori economici l’effettivo accesso alle opportunità economiche offerte dalle concessioni.

A tal fine i criteri di selezione dovranno riguardare:

  • la capacità tecnica, professionale, finanziaria ed economica degli operatori;
  • essere collegati all’oggetto del contratto e figurare nei documenti di gara.

In concreto, per la valutazione della capacità tecnica e professionale, potranno essere precisati criteri che, nel rispetto della par condicio, consentano anche di valorizzare:

  • l’esperienza professionale e il know-how acquisito da chi ha già svolto attività di gestione di beni analoghi e, quindi, anche del concessionario uscente, ma a parità di condizioni con gli altri, anche tenendo conto della capacità di interazione del progetto con il complessivo sistema turistico ricettivo del territorio locale;
  • gli standard qualitativi dei servizi da incrementare rispetto ad eventuali minimi previsti;
  • la sostenibilità sociale e ambientale del piano degli investimenti[17], in relazione alla tipologia della concessione da gestire[18].

Secondo l’Adunanza Plenaria, inoltre, è auspicabile che la misura dei canoni concessori formi oggetto della procedura competitiva per la selezione dei concessionari, in modo tale che, all’esito, essa rifletta il reale valore economico e turistico del bene oggetto di affidamento.

Quanto all’individuazione dell’iter procedimentale che le Pubbliche Amministrazioni dovranno seguire al fine di bandire le numerose gare, in assenza di una espressa normativa da parte del legislatore, esso dovrebbe ricalcare il modello indicato dall’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE e, in particolare, la previsione di un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.

Ci si chiede, se le stesse seguiranno, in analogia alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi[19], lo stesso iter procedimentale previsto che, come noto, prevede:

  • la pubblicazione di un avviso pubblico di indizione di gara idoneo a garantire la più ampia pubblicità nei confronti degli operatori del settore;
  • la predisposizione di un bando di gara nel quale le Pubbliche Amministrazioni indichino analiticamente i requisiti generali e speciali degli operatori, i motivi di esclusione e, inoltre, il criterio di aggiudicazione prescelto tra quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo[20] e quello del minor prezzo;
  • l’indicazione delle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, dei requisiti di qualificazione degli operatori economici, dei termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, delle modalità di esecuzione;
  • l’eventuale tutela giurisdizionale innanzi all’autorità amministrativa regionale.

Dalla lettura delle sentenze dell’Adunanza Plenaria, appare chiaro ritenere che i criteri di aggiudicazione delle concessioni demaniali dovrebbero risultare in modo chiaro e “figurare nei documenti di gara” essendo, in tal modo, conoscibili ex ante dagli operatori del settore che intendano partecipare alla gara. 

Sebbene questa ipotesi sia stata per lungo tempo osteggiata anche dalla giurisprudenza amministrativa[21], dopo le sentenze in esame, sembra essere l’unica astrattamente percorribile.

Solo in tal modo gli operatori saranno in grado di predisporre proposte contenenti progetti conformi ai criteri prescelti dalle Amministrazioni e comprendere al termine della procedura selettiva le ragioni di preferenza dell’aggiudicatario e, in caso, contestarle giudizialmente.   

Non resta, dunque, che aspettare l’intervento del legislatore che, a questo punto, risulta non rimandabile e, nel frattempo, osservare d’ora in avanti le scelte che opereranno le Pubbliche Amministrazioni[22].

6) Conclusioni

Dalle considerazioni svolte, appare evidente che le sentenze dell’Adunanza Plenaria n. 17 e 18 del 2021 hanno determinato un’inversione di rotta nella materia delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali.

Infatti, i Giudici amministrativi, colmando una carenza del legislatore, hanno dichiarato l’illegittimità delle proroghe ex lege delle concessioni demaniali, in quanto contrastanti con la preminenza del diritto dell’Unione europea basato, da sempre, sui principi di concorrenzialità e par condicio.

L’affidamento delle concessioni demaniali tramite gara non solo garantisce il rispetto del diritto unionale, ma assicura, inoltre, la gestione dei litorali in maniera sostenibile economicamente per le casse dello Stato[23].

Si attende, con riferimento alla riorganizzazione della normativa, l’intervento del legislatore che riguarda migliaia di concessionari di beni demaniali che dal 1° gennaio 2024 non avranno più un diritto valido per il loro sfruttamento.

Le Pubbliche Amministrazioni, da parte loro, saranno chiamate a bandire un gran numero di gare che subordinino il rilascio delle concessioni demaniali alla presentazione, da parte degli aspiranti affidatari del bene pubblico, non solo dei requisiti di capacità tecnica e professionale ma, anche, di idonei progetti di investimento e valorizzazione dell’area concessa in uso.

I concessionari uscenti e i nuovi operatori partecipanti alle procedure competitive, a loro volta, dovranno essere pronti a redigere e a presentare proposte coerenti con i criteri di selezione e adatte ad essere valorizzate dalle amministrazioni aggiudicatrici ai fini dell’affidamento della concessione del bene.

Non vi è alcun dubbio, quindi, che le pronunce dell’Adunanza Plenaria abbiano dato inizio ad una sfida legislativa e procedimentale che, da subito, sarà improntata alla massima contendibilità dei diritti di sfruttamento dei beni demaniali in questione.


[1] Il deferimento d’ufficio all’Adunanza Plenaria è stato effettuato ai sensi dell’art. 99, comma 2, del Codice del processo amministrativo.

[2] TAR Catania, Sezione III, sentenza 15 febbraio 2021, n. 504.

[3] Corte di Giustizia UE, in cause riunite C-458/14 e C-67/15, sentenza 14 luglio 2016.

[4] TAR Puglia, Lecce, Sezione I, sentenza 15 gennaio 2021, n. 73.

[5] L’art. 182, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, come modificato dalla legge di conversione 17 luglio 2020, n. 77, prevede che “Fermo restando quanto disposto nei riguardi dei concessionari dall'articolo 1, commi 682 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, per le necessità di rilancio del settore turistico e al fine di contenere i danni, diretti e indiretti, causati dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, le amministrazioni competenti non possono avviare o proseguire, a carico dei concessionari che intendono proseguire la propria attività mediante l'uso di beni del demanio marittimo, lacuale e fluviale, i procedimenti amministrativi per la devoluzione delle opere non amovibili, di cui all'articolo 49 del codice della navigazione, per il rilascio o per l'assegnazione, con procedure di evidenza pubblica, delle aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

L'utilizzo dei beni oggetto dei procedimenti amministrativi di cui al periodo precedente da parte dei concessionari è confermato verso pagamento del canone previsto dall'atto di concessione e impedisce il verificarsi della devoluzione delle opere. Le disposizioni del presente comma non si applicano quando la devoluzione, il rilascio o l'assegnazione a terzi dell'area sono stati disposti in ragione della revoca della concessione oppure della decadenza del titolo per fatto e colpa del concessionario”.

[6] Bollettino AGCM n. 39 del 12 novembre 2008 (https://www.camera.it/temiap/temi16/File%203752.pdf).

[7] L’art. 49 del TFUE prevede che “Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all'apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro.

La libertà di stabilimento importa l'accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell'articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali”.

[8] L’art. 12 della Direttiva prevede che “qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento”.

Il secondo paragrafo prevede poi che “nei casi di cui al paragrafo 1 l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami”.

 

[9] Si segnala, inoltre, che il Governo ha recentemente approvato, nell’adunanza del 4 novembre 2021, il Disegno di Legge Concorrenza per l’anno 2021 che è intervenuto sulla rimozione delle barriere all’entrata dei mercati servizi pubblici locali, energia, sostenibilità ambientale, salute, infrastrutture digitali e parità di trattamento tra operatori. All’art. 2, specificamente, si prevede che “il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sentita la Conferenza di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, un decreto legislativo per la costituzione e il coordinamento di un sistema informativo di rilevazione delle concessioni di beni pubblici, al fine di promuovere la massima pubblicità e trasparenza, anche in forma sintetica, dei principali dati e delle informazioni relativi a tutti i rapporti concessori”.

 

 

 

 

[12] Si segnala che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nel parere espresso su richiesta del Comune di Capri ai sensi dell’art. 21 bis della legge n. 287 del 1990, ha fatto riferimento proprio ai criteri che caratterizzano i principi unionali  dichiarando che l’Autorità auspica che il Comune declini, nell’atto di avvio della procedura per l’affidamento delle concessioni demaniali marittime, in maniera oggettiva, trasparente, non discriminatoria e proporzionata i criteri di valutazione delle offerte, genericamente individuati dall’articolo 37 del Codice della Navigazione con la formula “è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell'amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico”(cfr. Bollettino AGCM n. 17 del 27 aprile 2021 AUTORITA' GARANTE (agcm.it).  

[13] Va osservato che la sussistenza di un dovere di non applicazione anche da parte della P.A. rappresenta un approdo ormai consolidato nell’ambito della giurisprudenza sia europea che nazionale. In particolare, nella sentenza Fratelli Costanzo si prevedeva espressamente che “tutti gli organi dell’amministrazione, compresi quelli degli enti territoriali”, sono tenuti ad applicare le disposizioni UE self-executing, “disapplicando le norme nazionali ad esse non conformi” (22 giugno 1989, C-103/88). Anche la Corte costituzionale (con sentenza n. 389 del 1989) ha ribadito che “tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare esecuzione alle leggi (e agli atti aventi forza o valore di legge) – tanto se dotati di poteri di dichiarazione del diritto, come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri, come gli organi amministrativi – sono giuridicamente tenuti a disapplicare le norme interne incompatibili con le norme” comunitarie nell’interpretazione datane dalla Corte di giustizia europea.

[14] Sul punto anche Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza 18 novembre 2019, n.7874

[15] Sul punto, cfr. Corte Costituzionale che, con sentenza n. 157 del 2017 (p.to 6, cons. dir.), ha dichiarato l’illegittimità per violazione della potestà normativa statale in materia di concorrenza (art. 117, c. II, lett. e)) dell’art. 2, c. 1, lett. c) e d) della l.r. Toscana n. 317/2016 (Disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali marittime. Abrogazione dell’articolo 32 della l.r. 82/2015) che ponevano in capo al concessionario subentrante un obbligo di indennizzo in favore del concessionario uscente pari al 90% del comprovato valore aziendale dell’impresa insistente sull’area oggetto della concessione. Tale normativa, infatti, non è stata ritenuta come pro-concorrenziale.

[16] Si ricorda che ai sensi dell’art. 42, comma 4, del Codice della Navigazione “nelle concessioni che hanno dato luogo a costruzione di opere stabili l'amministrazione marittima, salvo che non sia diversamente stabilito, è tenuta a corrispondere un indennizzo pari al rimborso di tante quote parti del costo delle opere quanti sono gli anni mancanti al termine di scadenza fissato”.

[17] Si pensi, ad esempio, all’efficientamento energetico mediante utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ovvero volte a favorire il risparmio idrico; alla qualità di inserimento della proposta nel contesto ambientale mediante l’uso di attrezzature e materiali eco compatibili; alla modalità di organizzazione dei percorsi con soluzioni innovative per il superamento delle barriere architettoniche; alla  migliore organizzazione del servizio medico–sanitario e del servizio di salvataggio e soccorso; etc.

[18] Si ricorda che nella sentenza n. 7837 del 9 dicembre 2020 del Consiglio di Stato, Sezione V, si fa riferimento a diversi criteri integrativi per l’aggiudicazione di beni demaniali marittimi tra cui: “carattere innovativo dei servizi”, “rapporto superficie impiegata e servizi offerti”, “dimensionamento delle strutture/manufatti”, “idoneità delle soluzioni per l’integrazione paesaggistica”, “pulizia della spiaggia”.

Inoltre, nella sentenza n. 688 del 16 febbraio 2017 del Consiglio di Stato, Sezione V, si fa riferimento ai criteri di aggiudicazione delle aree portuali relativi “alla migliore risistemazione complessiva degli spazi e delle strutture, nell’investimento in attrezzature di maggiore capacità operativa e nella maggiore capacità di inserimento nel mercato diportistico con conseguenti ricadute positive sul piano occupazionale”.

[19] Cfr. art. 164 del decreto legislativo n. 50 del 2016.

[20] Tale criterio è già stato scelto da numerose Pubbliche Amministrazioni per l’indizione di procedure ad evidenza pubblica per il rilascio di concessioni di aree demaniali marittime per finalità turistico-ricreative.

Tra le molteplici gare che riportano il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa si segnalano:

  • gara ad evidenza pubblica per la regolarizzazione della Concessione Demaniale Marittima per la realizzazione di uno stabilimento ubicato in Lungomare dei Greci presso il Comune di Ardea (https://comune.ardea.rm.it/bandi-di-gara/concessione-demaniale-marittima-per-la-realizzazione-di-uno-stabilimento-in-lungomare-dei-greci/ ). In tale Bando, in riferimento ai criteri di aggiudicazione, l’art. 7 prevede “la capacità di interazione dei servizi offerti con il sistema turistico nell’ambito territoriale di riferimento, anche attraverso la partecipazione a forme di aggregazione consortili o cooperativistiche che svolgano attività o servizi di interesse pubblico o di pubblica utilità; aspetti igienico-sanitari (collegamento alle reti tecnologiche o modalità di scarico);  il rispetto della normativa sulle barriere architettoniche e miglioramento della fruibilità ed accessibilità, in particolare per le persone diversamente abili; accessibilità ai parcheggi”.
  • gara ad evidenza pubblica per il rilascio di n. 5 concessioni di aree demaniali marittime per finalità turistico-ricreative presso il Comune di Civitavecchia (http://www.comune.civitavecchia.rm.it/wp-content/uploads/2016/08/bando.pdf ).  In tale Bando, in riferimento ai criteri di valutazione, l’art. 7 prevede la presentazione di una proposta tecnica per la quale “la Commissione valuterà la qualità e la fattibilità della proposta stessa con il complesso dei vincoli di carattere territoriale, urbanistico, ambientale e paesaggistico, la conformità degli standard dei servizi proposti con quelli minimi richiesti e i servizi aggiuntivi offerti, il piano di gestione economico-finanziario relativo all’attività proposta sulla base delle risorse finanziarie che il concorrente intende investire e sulle unità di personale da impiegare”.
  • gara per la concessione demaniale marittima per struttura per l'esercizio di attività connesse alla balneazione presso il Comune di Grosseto (https://new.comune.grosseto.it/web/wp-content/uploads/page/2021/08/bando_2021_stabilimento_balneare_signed.pdf ).

 In tale Bando tra i criteri di selezione e i criteri di aggiudicazione (art. 8) vengono indicati, nella sezione “qualità, caratteristiche ed eco-compatibilità del progetto”: “qualità e soluzioni architettoniche dell’area coperta (composizione, eco sostenibilità, carattere estetico e design); fruibilità e funzionalità delle soluzioni utilizzate per transito pedonale, per organizzazione dello spazio dedicato ai servizi offerti a portatori di handicap, modalità di organizzazione dei percorsi con soluzioni innovative per il superamento delle barriere architettoniche; efficientamento energetico (tecnologie e metodologie volte a favorire il risparmio energetico e idrico e l’utilizzo di fonti energetiche alternative; qualità di inserimento della proposta nel contesto ambientale (organizzazione degli spazi, valorizzazione del contesto di intervento, armonizzazione ed integrazione dell’intervento con il contesto ambientale, adeguatezza delle attrezzature e dei mezzi per la gestione dello stabilimento, anche in relazione ai riflessi sulla qualità ambientale; individuazione dei materiali da utilizzare (resistenza, durabilità, qualità estetica ed inserimento nel contesto del comparto”. Nella sezione “Valorizzazione dell’area, dell’offerta e delle modalità di gestione” figurano “migliore organizzazione del servizio medico – sanitario e del servizio di salvataggio e soccorso; proposte migliorative della fruizione delle aree comunali esterne alla concessione demaniale marittima; progetti di destagionalizzazione”.

[21] In tal senso TAR Toscana, Firenze, sentenza 27 maggio 2015, n. 822.

[22] Per offrire una panoramica delle procedure seguite da diversi paesi eurounitari, in relazione alla materia in esame, si rileva che in Grecia le questioni inerenti all’autorizzazione allo svolgimento delle attività turistiche sono regolate dalla Legge n. 2971 del 2001 e, in particolare dagli art. 13 e 15. Gli stessi hanno previsto delle procedure di selezione che garantiscono imparzialità e trasparenza, pertanto già in linea con i principi dell’Unione.

Anche in Portogallo, dove il regime delle concessioni demaniali marittime è disciplinato dal Decreto legge 226-A/2007, ha stabilito che lo sfruttamento a fini turistici delle spiagge possa avvenire solo a seguito di un procedimento concorsuale che attribuisca il relativo titolo anche se, tuttavia, permangono ancora delle prerogative riconosciute ai titolari delle concessioni originarie.

Più complessa, invece, è la disciplina dell'ordinamento francese. Il demanio marittimo, infatti, è regolato dal Code général de la propriété des personnes publiques, emanato con l'Ordonnance n. 2006-460 del 21 aprile 2006. L'attuale codice, entrato in vigore il 1° luglio 2006 al termine di una lunga e complessa preparazione, ha abrogato pressoché interamente il previgente Code du domaine de l'Etat, riscrivendo la disciplina applicabile ai beni ed al patrimonio pubblico.

L'art. R2124-21 del Code stabilisce espressamente che il procedimento per il rilascio della concessione è condotto dal prefetto competente, cui spetta informare la collettività o l'associazione di comuni interessata dell'intenzione di operare un'assegnazione o un rinnovo oppure di aver ricevuto una domanda di assegnazione non proveniente dal comune o dal raggruppamento di comuni competente. A decorrere dalla data dell'informativa, gli interessati dispongono di due mesi per far valere il loro diritto di prelazione.

Qualora intendano esercitare tale diritto, l'art. R2124-22 dispone che il comune o il raggruppamento di comuni presenti al prefetto entro sei mesi un dossier contenente i documenti elencati in detta norma, che sarà oggetto di un apposito procedimento amministrativo e di un'inchiesta pubblica.

Se il diritto di prelazione non viene fatto valere, l'attribuzione della concessione è sottomessa ad una procedura di valutazione comparativa ai sensi dell'art. 38   della Loi n. 93-122 del 29 gennaio 1993, relativa alla prevenzione della corruzione e alla trasparenza della vita economica e delle procedure pubbliche.

In entrambe le ipotesi considerate, al termine dell'inchiesta pubblica, il prefetto si pronuncia sulle domande di concessione pervenute e può decidere di assegnare il titolo nonostante sia stato espresso in sede di dibattito un avviso contrario, a condizione di motivare adeguatamente la sua scelta (cfr. Dossier “Le concessioni demaniali marittime in Croazia, Francia, Grecia, Portogallo e Spagna” (camera.it).

[23] L’Autorità Garante della Concorrenza del Mercato ha evidenziato che “nel 2019, su un totale di 29.689 concessioni demaniali marittime (aventi qualunque finalità,) ben 21.581 erano soggette ad un canone inferiore ad euro 2.500. Per lo stesso anno, l’ammontare complessivo dei canoni concessori è stato pari a 115 milioni di euro”. (Segnalazione in merito a “Proposte di riforma concorrenziale ai fini della Legge Annuale per il Mercato e la Concorrenza anno 2021” in S4143 - LEGGE ANNUALE CONCORRENZA.pdf (agcm.it)