Consiglio di Stato, Sezione V, 7 settembre 2021, n. 6233

-       “L’art. 80, comma 5, lett. c), cit., non contempla un generale limite cronologico, superato il quale i fatti idonei a mettere in dubbio l’affidabilità o l’integrità professionale dell’operatore economico non potrebbero assumere rilevanza come gravi illeciti professionali; gli unici riferimenti alla durata dell’effetto giuridico impeditivo della partecipazione alle procedure di gara sono contenuti nell’art. 80, comma 10 (ricollegato alla sentenza di condanna definitiva, per l’ipotesi in cui la sentenza non fissasse la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare o non fosse intervenuta la riabilitazione); e comma 10-bis, il quale – al secondo periodo, per quel che rileva nel caso di specie – prevede che «[n]ei casi di cui al comma 5, la durata della esclusione è pari a tre anni, decorrenti dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza. Nel tempo occorrente alla definizione del giudizio, la stazione appaltante deve tenere conto di tale fatto ai fini della propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per escludere dalla partecipazione alla procedura l'operatore economico che l'abbia commesso». Anche quest’ultima disposizione, quindi, non prevede un limite generale di rilevanza del fatto, quale quello posto dall’art. 57, § 7, della direttiva 2014/24/UE, ma disciplina unicamente la particolare ipotesi in cui sia intervenuto, nel corso di procedure di gara precedenti, un provvedimento di esclusione nei confronti dell’operatore economico.

-       La questione, in definitiva, va risolta alla luce della norma di cui all’articolo 57, § 7, della direttiva 2014/24/UE, il quale ha previsto, in termini generali, che il periodo di esclusione per i motivi di cui al paragrafo 4 (all’interno del quale rientrano sia la causa di esclusione dei gravi illeciti professionali [lett. c)], sia quella delle «false dichiarazioni […] richieste per verificare l’assenza di motivi di esclusione» [lett. h)]) non può essere superiore a «tre anni dalla data del fatto in questione»)”.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

sul ricorso in appello numero di registro generale 951 del 2021, proposto da 
-OMISSIS-in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Clarizia e Paolo Clarizia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde n. 2; 

contro

Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 

nei confronti

-OMISSIS-in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Eduardo Romano e Alessandro Romano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 
-OMISSIS- non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sezione Seconda, -OMISSIS-, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. e del -OMISSIS-

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Cons. Giorgio Manca, nell'udienza pubblica del giorno 24 giugno 2021 tenuta in collegamento da remoto; e uditi per le parti, con le medesime modalità, gli avvocati Clarizia e Romano, in sostituzione dell'avvocato Eduardo Romano per delega orale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - La società -OMISSIS- ha partecipato alla procedura di gara, indetta dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A., per l’affidamento dei “lavori di adeguamento degli impianti di illuminazione e di emergenza” dello stabilimento di Foggia, collocandosi al primo posto della graduatoria provvisoria. All’esito della verifica del possesso dei requisiti richiesti dal bando di gara è stata esclusa ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. a) e c), del Codice dei contratti pubblici (di cui al d.lgs. n. 50 del 2016), in quanto il socio unico della società è risultato destinatario di una condanna penale per il reato di omicidio colposo connesso ad infortunio sul lavoro, con sentenza non passata in giudicato (Tribunale di Trani n. -OMISSIS-, confermata da Corte d’Appello di Bari n. -OMISSIS-); fatto commesso dal socio in qualità di legale rappresentante di altra ditta (la -OMISSIS-).

2. - La società -OMISSIS- ha impugnato il predetto provvedimento di esclusione, nonché il provvedimento di aggiudicazione al -OMISSIS-, con ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, deducendo:

I) violazione dell’art. 80, comma 5, lettere a) e c), del Codice dei contratti pubblici, in quanto le cause di esclusione ivi previste non si applicherebbero quando il fatto non è direttamente riferibile all’operatore economico partecipante alla procedura di gara, ma si riferisce a un diverso operatore; nel caso di specie, si tratterebbe di condotta posta in essere dal socio unico, -OMISSIS-, quando quest’ultimo rivestiva la qualità di legale rappresentante della distinta ditta -OMISSIS-

II) violazione dell’art. 80, commi 5, 10 e 10-bis, cit., poiché la vicenda sarebbe comunque irrilevante, in quanto il fatto è stato commesso oltre tredici anni prima della procedura in esame, al di fuori, quindi, dell’arco temporale di tre anni indicato dal comma 10-bis dell’art. 80 cit., interpretato e integrato alla luce dei principi comunitari e dell’art. 57, § 7, della direttiva 2014/24/UE, del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’U.E., del 26 febbraio 2014;

III) anche l’accertamento dell’infrazione della normativa della sicurezza sul lavoro risalirebbe a oltre tre anni prima della gara di cui trattasi;

IV) difetto di motivazione, perché la stazione appaltante si sarebbe limitata a riportare il contenuto della sentenza d’appello, senza valutare diverse circostanze rilevanti (il risarcimento completo dei danni, la distanza temporale del fatto, l’estraneità alla condotta della -OMISSIS-, la quale ha anche adottato il modello organizzativo e gestionale di cui al decreto legislativo n. 231 del 2001).

3. - Con sentenza 28 gennaio 2021 n. 177, il Tribunale amministrativo ha ritenuto infondate tutte le censure.

4. - La soccombente -OMISSIS- ha proposto appello, riproponendo essenzialmente i motivi dedotti in primo grado, in chiave critica della sentenza di cui chiede la riforma.

5. - Resistono in giudizio l’I.P.Z.S. e il -OMISSIS-, chiedendo che l’appello sia respinto.

6. - All’udienza del 24 giugno 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. - È fondata, e assorbente, la censura con la quale l’appellante deduce l’ingiustizia della sentenza per non aver rilevato la violazione dell’art. 80, commi 5, 10 e 10-bis, del Codice dei contratti pubblici, con riferimento alla circostanza che la vicenda contestata riguarda un infortunio sul lavoro occorso nel 2007 e quindi oltre il termine di rilevanza triennale posto dall’art. 80, comma 10-bis, da interpretare sulla scorta di quanto disposto dall’art. 57, § 7, della direttiva 2014/24/UE, del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’U.E., del 26 febbraio 2014, La società appellante, in specie, ritiene erronea la sentenza nella parte in cui sostiene che la norma di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice dei contratti pubblici, non prevede espressamente limiti cronologici alla rilevanza dei fatti costituenti gravi illeciti professionali.

7.1. - Come anticipato, il motivo è fondato.

7.2. - Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, e di questa Sezione in particolare, è irrilevante il fatto costitutivo di una delle cause di esclusione di cui all’art. 80 comma 5, cit., che sia stato commesso oltre tre anni prima della indizione della procedura di gara. 

Conclusione alla quale si è giunti, dapprima, richiamando il principio generale di proporzionalità di derivazione unionale e osservando come la previsione di un onere dichiarativo esteso a fatti risalenti oltre un determinato limite temporale implicasse un evidente contrasto con il principio di proporzionalità, per la possibilità riconosciuta all’amministrazione appaltante di dare rilevanza a fatti che - per il tempo trascorso – non rappresentano più un indice su cui misurare l’affidabilità professionale dell’operatore economico (un siffatto generalizzato obbligo dichiarativo, senza la individuazione di un generale limite di operatività «potrebbe rilevarsi eccessivamente onerosa per gli operatori economici imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa»: in tal senso Cons. St., V, 22 luglio 2019, n. 5171; si veda anche Cons. St. V, 6 maggio 2019, n. 2895). 

E poi invocando l’applicazione dell’art. 57, § 7, della direttiva 2014/24/UE, del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’U.E., del 26 febbraio 2014, il quale stabilisce che «[i]n forza di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e nel rispetto del diritto dell’Unione, gli Stati membri […] determinano il periodo massimo di esclusione nel caso in cui l’operatore economico non adotti nessuna misura di cui al paragrafo 6 per dimostrare la sua affidabilità. Se il periodo di esclusione non è stato fissato con sentenza definitiva, tale periodo non supera i cinque anni dalla data della condanna con sentenza definitiva nei casi di cui al paragrafo 1 e i tre anni dalla data del fatto in questione nei casi di cui al paragrafo 4» (paragrafo, quest’ultimo, che - alla lett. c) - contempla la causa di esclusione dell’operatore economico che si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali). 

Pertanto, per effetto della diretta applicazione della norma unionale, il fatto astrattamente idoneo a integrare la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), cessa di avere rilevanza, a questi fini, dopo decorsi tre anni dalla data della sua commissione. (cfr. Cons. St. V, 5 agosto 2020, n. 4934; V, 26 agosto 2020, n. 5228)

7.3. - Si osservi ulteriormente sul punto, che l’art. 80, comma 5, lett. c), cit., non contempla un generale limite cronologico, superato il quale i fatti idonei a mettere in dubbio l’affidabilità o l’integrità professionale dell’operatore economico non potrebbero assumere rilevanza come gravi illeciti professionali; gli unici riferimenti alla durata dell’effetto giuridico impeditivo della partecipazione alle procedure di gara sono contenuti nell’art. 80, comma 10 (ricollegato alla sentenza di condanna definitiva, per l’ipotesi in cui la sentenza non fissasse la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare o non fosse intervenuta la riabilitazione); e comma 10-bis, il quale – al secondo periodo, per quel che rileva nel caso di specie – prevede che «[n]ei casi di cui al comma 5, la durata della esclusione è pari a tre anni, decorrenti dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza. Nel tempo occorrente alla definizione del giudizio, la stazione appaltante deve tenere conto di tale fatto ai fini della propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per escludere dalla partecipazione alla procedura l'operatore economico che l'abbia commesso». Anche quest’ultima disposizione, quindi, non prevede un limite generale di rilevanza del fatto, quale quello posto dall’art. 57, § 7, della direttiva 2014/24/UE, ma disciplina unicamente la particolare ipotesi in cui sia intervenuto, nel corso di procedure di gara precedenti, un provvedimento di esclusione nei confronti dell’operatore economico.

7.4. - La questione, in definitiva, va risolta alla luce della norma di cui all’articolo 57, § 7, della direttiva 2014/24/UE, il quale ha previsto, in termini generali, che il periodo di esclusione per i motivi di cui al paragrafo 4 (all’interno del quale rientrano sia la causa di esclusione dei gravi illeciti professionali [lett. c)], sia quella delle «false dichiarazioni […] richieste per verificare l’assenza di motivi di esclusione» [lett. h)]) non può essere superiore a «tre anni dalla data del fatto in questione»).

7.5. - Alla norma della direttiva la giurisprudenza della Sezione ha attribuito efficacia diretta (c.d. “verticale”) nell’ordinamento interno e la conseguente immediata applicabilità (si veda, in tal senso, anche Cons. Stato, V, 21 novembre 2018, n. 6576, con riferimento alla illegittimità dell’esclusione dell’operatore economico dalla gara motivata con riguardo a risoluzione pronunciata da oltre tre anni, da computarsi a ritroso dalla data del bando; nonché Cons. Stato, V, 5 marzo 2020, n. 1605; 12 marzo 2020, n. 1774); e ciò anche sulla scia della Corte di Giustizia dell’U.E. (la quale, nella sentenza della Sezione IV, 24 ottobre 2018, C-124/17, ha ribadito che «ai sensi dell’articolo 57, paragrafo 7, della direttiva 2014/24, gli Stati membri determinano il periodo massimo di esclusione […] detto periodo non può, se il periodo di esclusione non è stato fissato con sentenza definitiva, nei casi di esclusione di cui all’articolo 57, paragrafo 4, di tale direttiva, superare i tre anni dalla data del fatto in questione»).

8. - Applicando gli enunciati principi al caso di specie, posto che i fatti oggetto della sentenza penale di condanna sono stati commessi nel corso del 2007, ossia quasi tredici anni prima della pubblicazione del bando di gara (avvenuta il 5 giugno 2020), gli stessi fatti non possono più ritenersi idonei a dimostrare l’inaffidabilità della società appellante.

9. - In conclusione, assorbite le ulteriori censure dedotte dall’appellante, l’appello va accolto e, previa riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado, con il conseguente annullamento del provvedimento di esclusione e, in via di illegittimità derivata, del provvedimento di aggiudicazione in favore di -OMISSIS-

10. – La complessità e la parziale novità della questione esaminata giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese giudiziali di entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla la determinazione dell’I.P.Z.S., n. 151/C del 28.10.2020, relativa all’esclusione di -OMISSIS-S.r.l. dalla procedura di gara e il provvedimento dell’I.P.Z.S. del 09.11.2020, avente per oggetto l’aggiudicazione in favore di -OMISSIS-

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Con la sentenza in esame il Consiglio di Stato è tornato a pronunciarsi sul limite temporale entro il quale possono rilevare i gravi illeciti professionali commessi dai concorrenti quale motivo di esclusione dalla procedura di evidenza pubblica. 

Più nel dettaglio, il Supremo Consesso si è interrogato sulla possibilità di rintracciare un periodo massimo di rilevanza ostativa sull’affidabilità professionale di condotte pregresse di cui si sia reso autore il concorrente

Nel caso da cui ha avuto origine la pronuncia, la Stazione Appaltante aveva comminato una sanzione espulsiva per violazione dell’art. 80 del D. Lgs. 50/2016 nei confronti della società collocatasi al primo posto della graduatoria provvisoria poiché, in sede di verifica dei requisiti di moralità, era emersa una sentenza di condanna, non passata in giudicato, a carico del Socio unico della concorrente, relativamente ad un fatto di reato occorso tredici anni prima dell’indizione della procedura.

L’Amministrazione, ritenendo tale elemento, ancorché risalente, idoneo a minare l’integrità ed affidabilità del contraente, ne disponeva l’esclusione ai sensi dell’art. 80 co. 5 lett. c) del D. Lgs. 50/2016.

La Società esclusa adiva il T.A.R. competente dolendosi dell’illegittimità del provvedimento di esclusione, in quanto fondato su un fatto collocabile temporalmente ben oltre il triennio rilevante ai sensi dell’art. 80 co. 10 bis che – per quanto in questa sede rileva - così dispone “nei casi di cui al comma 5, la durata della esclusione è pari a tre anni, decorrenti dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza. Nel tempo occorrente alla definizione del giudizio, la stazione appaltante deve tenere conto di tale fatto ai fini della propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per escludere dalla partecipazione alla procedura l’operatore economico che l’abbia commesso.”.

Il Giudice di prime cure, tuttavia, riteneva immune da vizi il provvedimento impugnato in quanto reso nell’esercizio della piena discrezionalità amministrativa non sindacabile in assenza di profili di macroscopica irrazionalità, erroneità e/o irragionevolezza.  Infatti, il giudizio di non affidabilità del concorrente era stato ampiamente motivato dalla Stazione Appaltante e oltremodo giustificato sulla base della pregressa vicenda che aveva coinvolto il Socio unico dell’impresa provvisoriamente aggiudicataria.

Di diverso avviso il Consiglio di Stato che, nel ritenere fondato l’appello promosso dalla società esclusa, ha ribadito l’irrilevanza di un fatto costitutivo di una delle cause di esclusione di cui all’art. 80 comma 5 cit., commesso oltre tre anni prima della indizione della procedura di gara.

Orbene, entrando nel merito della questione della rilevanza temporale dei gravi illeciti professionali, intesi come qualsiasi condotta commessa dal concorrente in violazione dei doveri imposti da una norma giuridica e collegati all’esercizio dell’attività professionale, conviene precisare, sin d’ora, come il tema risulti particolarmente complesso e delicato.

Esso implica e coinvolge interessi diametralmente opposti verso i quali è necessario, e ancor prima doveroso, operare un “bilanciamento” al fine di evitare l’irrimediabile, ingiustificata, oltre che ingiusta soccombenza dell’uno rispetto all’altro.

Da un lato, emerge il potere/dovere della Stazione Appaltante di formulare, nell’esercizio della propria discrezionalità, un giudizio di integrità e affidabilità dei concorrenti, tale da assicurare che non partecipino alle gare, né stipulino contratti con le Amministrazioni Pubbliche, soggetti che non siano in grado di offrire idonea garanzia del corretto adempimento della prestazione oggetto di commessa pubblica, nonché del rispetto delle norme di legge. Trattasi di un’estrinsecazione dell’interesse pubblicistico al corretto approvvigionamento e, più in generale, alla soddisfazione dell’utenza pubblica.

D’altro canto, non può sottacersi della coesistenza di un interesse speculare, ma ugualmente meritevole di tutela e protezione, ossia quello del concorrente a partecipare alle procedure di gara pubblica che, per quanto in questa sede rileva, si perfeziona nell’esigenza di fissare un limite temporale alla rilevanza delle condotte professionali pregresse di cui si è reso autore l’operatore economico, evitando che fatti remoti possano arrecare un pregiudizio costante e potenzialmente perpetuo impedendogli il conseguimento del bene della vita ultimo, qual è l’aggiudicazione.

Sul punto la giurisprudenza è stata per lungo tempo divisa. 

Ha contributo ad uno stato di incertezza la formulazione dell’art. 80 del D. Lgs. 50/2016, come modificato a seguito del D.L. 32/2019, convertito con L. 55/2019 e ss.

Invero, la disposizione citata contempla, quali unici riferimenti temporali alla durata dell’effetto giuridico impeditivo della partecipazione alle procedure di gara quelli indicati: 

- al comma 10, applicabile nel caso in cui sia stata emessa una sentenza di condanna definitiva e non sia stata fissata la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare o non sia intervenuta la riabilitazione; e

- al comma 10 bis, il quale disciplina la particolare ipotesi in cui sia intervenuto, nel corso di procedure di gara precedenti, un provvedimento di esclusione nei confronti dell’operatore economico.

Di contro, il comma 5, lett. c), secondo cui l’esclusione è ammessa ogni qualvolta “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”, non prevede un generale limite cronologico, superato il quale i fatti idonei a mettere in dubbio la serietà dell’operatore economico non potrebbero assumere rilevanza come gravi illeciti professionali.

Dunque, secondo parte della giurisprudenza (ex multis Consiglio di Stato, sez. III, 5 marzo 2020, n. 1633) questa disposizione avrebbe legittimato l’Amministrazione, in ossequio al proprio fine istituzionale, a valutare qualunque fatto potenzialmente idoneo ad incidere negativamente sul giudizio di integrità morale e professionale del concorrente. 

L’assenza di un’espressa indicazione temporale, tra l’altro individuata con riferimento alle diverse fattispecie supramenzionate, non avrebbe che potuto qualificarsi in termini di lacuna “volontaria” del Legislatore, in aderenza al noto brocardo latino secondo cui “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”.

Il Consiglio di Stato, tuttavia, con la sentenza in commento, ha inteso aderire al diverso orientamento, maggiormente “garantista” ed ispirato al favor verso il concorrente.

L’interpretazione sostenuta dalla Sezione Quinta si fonda su una lettura sistematica delle disposizioni del D. Lgs. 50/2016 alla luce della Direttiva Europea 2014/24/UE e dei principi di proporzionalità, massima concorrenza e favor partecipationis.

Difatti, la citata Direttiva, all’art. 57, al paragrafo 7, sacisce che il periodo di esclusione per i motivi di cui al paragrafo 4, tra cui emergono anche i gravi illeciti professionali, non può essere superiore a “tre anni dalla data del fatto in questione”. Peraltro, alla normativa europea è stata attribuita “efficacia diretta” e come tale direttamente applicabile nei singoli Ordinamenti in quanto espressione di principi europei e precipitato delle disposizioni contenute nei Trattati.

In aggiunta a tale dirimente profilo, il Giudice di secondo grado ha precisato come l’interpretazione proposta sia l’unica idonea ad assicurare il rispetto dell’interesse pubblico con il minor sacrificio degli interessi opposti coinvolti.

Infatti, argomentando a contrario, la possibilità per la Stazione Appaltante di valutare tutte le passate condotte professionali negative senza limite di tempo genererebbe un’irragionevole e sproporzionata soppressione dell’interesse del concorrente al conseguimento dell’aggiudicazione, soluzione insostenibile sulla base del rilievo per cui con il passare del tempo le pregresse vicende professionali perdono fisiologicamente il loro disvalore ai fini dell’apprezzamento dell’affidabilità del privato e possono ritenersi superate dalla regolare continuazione dell’attività di impresa (Consiglio di Stato, sez. V, 29 ottobre 2020, n. 6635). 

Inoltre, se non fosse fissato il limite temporale anche alle condotte qualificabili come gravi illeciti professionali si determinerebbe una situazione assurda, paradossale e contraddittoria nella disciplina delle cause escludenti posto che si consentirebbe un trattamento giuridico più favorevole a situazioni nelle quali intervengono condanne ostative per le quali è pacifica la circoscrizione temporale ex art. 80 co. 10 e 10 bis cit., rispetto a diverse situazioni assoggettate alla valutazione discrezionale della Stazione Appaltante astrattamente ostative “all’infinito” (sul punto si era già espresso il C.G.A.R.S., sez. giurisd., del 19 aprile 2021, n. 326).

A ciò deve aggiungersi che una simile interpretazione minerebbe altresì all’interesse pubblico, avendo come conseguenza un’ingiustificata riduzione della platea dei partecipanti alle gare pubbliche e, come è noto, l’apertura dei contratti pubblici alla massima concorrenza si pone “a vantaggio non solo di operatori economici ma anche dell’Amministrazione” (ex multis Tar Lombardia, sez. I, 3/9/2021, n. 1965).

In definitiva, il Supremo Consesso ha ritenuto che i fatti apprezzabili e rilevanti ai fini della valutazione del giudizio di affidabilità del contraente non possano essere collocabili temporalmente oltre il triennio precedente all’indizione della procedura di gara, proponendo un’interpretazione della normativa codicistica maggiormente aderente e rispettosa dei principi che governano la materia dei pubblici appalti, species quelli di proporzionalità e massima concorrenza, e della normativa euro-unitaria di riferimento.