Con. Stato, Sez. V, 3 marzo 2021, n. 1803

Non spetta al danneggiato il ristoro del danno emergente, posto che i costi per la partecipazione alla gara sono destinati a restare a carico del concorrente; spetta, per contro, il lucro cessante, che ricomprende il mancato profitto e il danno c.d. curriculare. Relativamente alla prima posta risarcitoria, deve escludersi l’ancoraggio forfettario alla misura del dieci per cento dell'importo a base d'asta: il ricorso alla valutazione equitativa può essere riconosciuto solo in caso di impossibilità o di estrema difficoltà a fornire prova in relazione all'ammontare preciso del danno patito.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 621 del 2013, proposto da
Consorzio Cooperative Costruzioni soc. coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Aldo Fera, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, al Lungotevere Marzio, n. 3;

contro

Comune di Tarvisio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Isabella Angelini e Teresa Billiani, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Isabella Angelini in Roma, alla via Bocca di Leone, n. 78;

nei confronti

Incos S.r.l. in proprio e quale capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Nicola Creuso, Stefania Lago e Andrea Manzi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi in Roma, alla via Federico Confalonieri, n. 5;
Idrotermica F.lli Soldera, Gabriele Indovina, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Friuli-Venezia Giulia n. 18/2013, resa tra le parti.


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Tarvisio e di Incos S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2021, tenuta da remoto secondo quanto stabilito dall'art. 25, comma 1, del d.l. 18 ottobre 2020, n. 137, conv. in l. 18 dicembre 2020, n. 176, il Cons. Giovanni Grasso e preso atto del deposito delle note d'udienza formulate dagli avvocati Fera, Angelini e Billiani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

1.- Con rituale ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Friuli – Venezia Giulia, il Consorzio cooperative costruzioni impugnava la determinazione n. 538 del 12 ottobre 2012, con la quale il Dirigente dell'area tecnica del Comune di Tarvisio aveva approvato i verbali della gara indetta per l’affidamento della realizzazione di centrale alimentata a biomasse per teleriscaldamento dell'abitato di Cave del Predil, da aggiudicare secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 83 del d.lgs. n. 163 del 2006, per l'importo complessivo di € 3.060.200,85.

2.- A sostegno del gravame, successivamente integrato da motivi aggiunti, lamentava:

a) che – in asserita violazione dell’art. 49 del d. lgs. n. 163/2006, degli att. 12, 14 e 15 della lex specialis della procedura e dei principi generali sulla partecipazione alle gare – il raggruppamento temporaneo aggiudicatario capeggiato da Incos S.r.l. si fosse avvalso di progettista e di impresa ausiliaria privi dei requisiti richiesti, a pena di esclusione, per l’accesso alla competizione;

b) che – in asserita violazione dell’art. 38 del d. lgs. n. 163/2006 – la ditta risultata vincitrice non avesse fornito la prescritta documentazione relativa al proprio rappresentante cessato nell’anno antecedente la pubblicazione del bando di gara.

3.- Ritualmente evocata in giudizio, Incos S.r.l., nel resistere al gravame, formalizzava ricorso incidentale, con il quale lamentava:

a) che – in asserita violazione dell’art. 38 del d. lgs. n. 163 cit. – la ricorrente principale (che aveva dichiarato di avvalersi, per la propria partecipazione, non già di una società tra professionisti, ma di una società di ingegneria) avesse omesso di allegare la documentazione relativa alla figura del direttore tecnico, di cui non aveva neppure dichiarato l’esistenza;

b) che i professionisti indicati come prestatori di servizio fossero carenti delle competenze specificamente richieste dalla documentazione di gara, non avendo la ricorrente principale allegato le relative certificazioni.

4.- Con sentenza 11 gennaio 2013, n. 18, resa nel rituale contraddittorio delle parti e nella resistenza della stazione appaltante, il Tribunale adito respingeva entrambi i ricorsi, sul complessivo ed argomentato assunto:

a) che – quanto al primo motivo del ricorso incidentale – dagli atti versati in giudizio risultava che, con delibera del consiglio di amministrazione del 12 aprile 2010, la società ausiliaria, di cui l’aggiudicataria aveva inteso avvalersi, aveva, in realtà, revocato la nomina del direttore tecnico: dovendosene inferire la attuale inesistenza, in fatto, della relativa figura professionale all’interno della compagine societaria, con conseguente insussistenza della denunziata omissione dichiarativa;

b) che – quanto al secondo motivo del ricorso incidentale – il Consorzio aveva indicato quale progettista la società di professionisti Cooprogetti, società cooperativa a responsabilità limitata e dotata di soggettività giuridica distinta da quella dei singoli professionisti: onde che la prova dei requisiti riguardava, in realtà, la società e non i singoli professionisti che ne facevano parte;

c) che – quanto al primo motivo del ricorso principale – la facoltà di ricorrere all’avvalimento doveva riconoscersi, pur nella consapevolezza di difformi orientamenti pretori, anche relativamente alla figura del progettista, che rientrava tra i soggetti esecutori delle prestazioni poste in gara;

d) che – quanto al secondo motivo del ricorso principale – il disciplinare di gara aveva stabilito che nella busta recante la documentazione andasse inserita la dichiarazione, resa e sottoscritta dal legale rappresentante della società, riguardante anche la posizione dei soggetti cessati dalla carica nell'anno antecedente la pubblicazione del bando: con il che doveva ritenersi che la ditta avesse compilato correttamente i relativi modelli.

5.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, il Consorzio contestava, per quanto di interesse, la correttezza della decisione, all’uopo criticamente reiterando le proprie disattese ragioni di doglianza ed auspicando, di conserva, la reiezione del ricorso di primo grado.

Si costituivano in giudizio il Comune di Tarvisio, per argomentare l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello, e Incos S.r.l., che proponeva, per parte sua, appello incidentale, relativamente alla contestata reiezione del ricorso incidentale di primo grado.

6.- Con sentenza parziale n. 4849 del 22 ottobre 2015, la Sezione respingeva integralmente l’appello incidentale ed il secondo motivo dell’appello principale, contestualmente disponendo – avuto riguardo la primo motivo dell’appello principale – la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 79 Cod. proc. amm., in attesa che la Corte di Giustizia UE definisse la questione pregiudiziale, già sollevata con distinta ordinanza 4 giugno 2015, n. 2737.

7.- Peraltro – a presa d’atto del ritiro della domanda di pronunzia pregiudiziale, in conseguenza della sopravvenuta estinzione per rinunzia del relativo giudizio – la Corte di Giustizia, con ordinanza in data 16 luglio 2016, disponeva la cancellazione della causa dal ruolo (C287-2015), con conseguente venir meno della causa di sospensione.

Alla pubblica udienza del 28 settembre 2017, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva nuovamente riservata per la decisione.

8.- Con ordinanza n. 4982 del 30 ottobre 2017, il Collegio – ritenutane la perdurante rilevanza – sottoponeva nuovamente alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 del Trattato CE e in relazione all'art. 23 dello Statuto della Corte di Giustizia, la questione della compatibilità “con l’art. 48 direttiva CE 31 marzo 2004, n. 18 di una norma, come quella di cui all’art. 53, comma 3, d.lgs. 16 aprile 2006, n. 163, che ammette alla partecipazione un’impresa con un progettista indicato’ il quale ultimo, a sua volta, non essendo concorrente, non può ricorrere all’istituto dell’avvalimento”, reiterando l’interinale sospensione del giudizio.

9.- Con sentenza in data 14 febbraio 2019 (C-710/17), la Corte di Giustizia dichiarava irricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale, sull’argomentato assunto:

a) che l’importo dell’appalto, pari ad € 3 060 200,85, fosse inferiore alla soglia di € 5.000.000 di cui all’articolo 7, lettera c), della direttiva 2004/18, applicabile in materia di lavori pubblici alla data della pubblicazione del bando di gara per cui è causa (10 agosto 2012), con conseguente inapplicabilità delle disposizioni della direttiva al procedimento principale;

b) che la normativa nazionale (segnatamente, l’art. 53, comma 3 del d. lgs. n. 163/2006) costituisse disposizione specifica ed autonoma, non analoga ad alcuna disposizione della direttiva 2004/18, non potendo, per tal via, essere considerata una trasposizione dell’articolo 48 di quest’ultima;

c) che non fosse neppure stata indicata alcuna altra disposizione della legislazione italiana che avrebbe reso applicabile il diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici di valore inferiore alle soglie previste dalla direttiva 2004/18 alle questioni cui si fosse applicabile l’articolo 53, comma 3 cit.;

d) che, per tal via, non si potesse ritenere che la disposizione in questione, quando applicabile ad appalti non rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/18, operasse un rinvio diretto e incondizionato alla stessa.

10.- Cessata la causa di sospensione, alla pubblica udienza del 19 dicembre 2019, sulle rassegnate conclusioni delle parti costituite, la causa veniva nuovamente riservata per la decisione, per la parte residua (primo motivo) dell’appello principale del Consorzio Cooperative Costruzioni.

11.- Con ordinanza n. 2331 del 9 aprile 2020, il Collegio – sul rilievo che in ordine alla questione se il progettista indicato ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. n. 163 del 2006 potesse utilizzare l’istituto dell’avvalimento era maturato un contrasto nella giurisprudenza del Consiglio di Stato – ne disponeva il deferimento all’Adunanza plenaria.

12.- Con sentenza n. 13 del 9 luglio 2020, il Supremo Consesso:

a) a composizione del contrasto, formulava il principio di diritto per cui “il progettista indicato, nell’accezione e nella terminologia dell’articolo 53, comma, del decreto legislativo n. 163 del 2006, va qualificato come professionista esterno incaricato di redigere il progetto esecutivo”, di tal che – non rientrando “nella figura del concorrente né tanto meno in quella di operatore economico”, nel significato attribuito dalla normativa interna e da quella dell’Unione europea – “non può utilizzare l’istituto dell’avvalimento per la doppia ragione che esso è riservato all’operatore economico in senso tecnico e che l’avvalimento cosiddetto ‘a cascata’ era escluso anche nel regime del codice dei contratti pubblici, ora abrogato e sostituito dal decreto legislativo n. 50 del 2016, che espressamente lo vieta”;

b) per l’effetto, non definitivamente pronunciando sull’appello, in accoglimento del motivo del gravame principale, annullava la sentenza di primo grado e, in riforma della stessa, accoglieva il ricorso originario proposto da Consorzio Cooperative Costruzioni;

c) disponeva al restituzione degli atti alla Sezione per la decisione sulla domanda risarcitoria e sul definitivo carico delle spese di lite.

13.- Alla pubblica udienza del 4 febbraio 2021, previa deposito di note di udienza da parte dei difensori delle parti, la causa è stata nuovamente introitata per la decisione.

DIRITTO

1.- La domanda risarcitoria è fondata e va accolta, nei sensi e nei limiti di cui alle considerazioni che seguono.

2.- Importa premettere, in termini generali, che, nella materia dei contratti pubblici, l’illegittimità dell’azione amministrativa, che si sia risolta nell’annullamento dell’aggiudicazione, prospetta – alla stregua dell’art. 124 cod. proc. amm.– una articolata struttura remediale rimessa, in base all’ordinario canone dispositivo, alla domanda di parte (cfr. artt. 30, 40, comma 1 lettere b) ed f), 41 e 64 cod. proc. amm., in relazione all’art. 99 cod. proc. civ. e 2907 cod. civ.).

In particolare – contestualmente alla impugnazione, a mezzo di “azione di annullamento” (art. 29 cod. proc. amm.), ad esito prospetticamente demolitorio, dei “provvedimenti concernenti le procedure di affidamento” (art. 119, comma 1 lettera a) e 120 cod. proc. amm.) – è rimessa all’impresa pregiudicata l’opzione:

a) per una “tutela in forma specifica”, a carattere integralmente satisfattorio, affidata alla ‘domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto’ (art. 124, comma 1, prima parte), il cui accoglimento: a1) postula, in negativo, la sterilizzazione ope judicis, in termini di “dichiarazione di inefficacia”, del contratto eventualmente già stipulato inter alios (essendo, per ovvie ragioni, preclusa la reduplicazione attributiva dell’unitario bene della vita gestito dalla procedura evidenziale); a2) richiede, in positivo, un apprezzamento di spettanza in termini di diritto al contratto, con la certezza che, in assenza del comportamento illegittimo serbato dalla stazione appaltante, il ricorrente si sarebbe senz’altro aggiudicato la commessa;

b) per un “risarcimento del danno per equivalente” (art. 124, comma 1, seconda parte), e ciò: b1) sia nel caso in cui il giudice abbia riscontrato l’assenza dei presupposti per la tutela specifica (e, in particolare, non abbia ravvisato, ai sensi degli artt. 121, comma 1 e 122 cod. proc. amm., i presupposti per dichiarare inefficace il contrato stipulato ovvero, sotto distinto profilo, non abbia elementi sufficienti a formulare un obiettivo giudizio di spettanza); b2) sia nel caso in cui la parte abbia ritenuto di non formalizzare la domanda di aggiudicazione (né si sia resa comunque “disponibile a subentrare nel contratto”, anche in corso di esecuzione), nel qual caso la “condotta processuale” va anche apprezzata in termini concausali (cfr. art. 124, comma 2, in relazione al richiamato art. 1227 cod. civ.).

Importa, peraltro, aggiungere che – sempreché il contratto non sia stato stipulato ovvero sia stato, secondo l’evocato meccanismo della c.d. doppia pregiudiziale, dichiarato inefficace – l’impossibilità di formulare un giudizio di spettanza non è preclusivo della tutela pur sempre specifica (peraltro, in tal caso, ad esito non garantito e, perciò, non immediatamente satisfattorio) che si risolve nella rinnovazione in via conformativa della gara, con conseguente riattivazione delle chances di aggiudicazione (anche in tal caso, invero, non pare appropriato il pur diffuso richiamo al “risarcimento del danno ex art. 2058 cod. civ. e art. 30, comma 2 ad finem cod. proc. amm., trattandosi di obiettivo vincolo ad exequendum correlato alla ordinaria doverosità dell’azione amministrativa, cui è estraneo ogni apprezzamento di imputabilità, possibilità e non eccessiva onerosità proprio del rimedio risarcitorio “in forma specifica”).

Naturalmente, l’opzione per il risarcimento per equivalente non ha alternative le quante volte, come accade nel caso di specie, il contratto sia stato, in pendenza di lite, interamente eseguito, di tal che non ne è (più) postulabile, per definizione, la declaratoria di inefficacia.

3.- La tutela risarcitoria è, sotto il profilo del danno ristorabile, variamente modulata, secondo che:

a) il concorrente danneggiato sia in grado di dimostrare con certezza che, in assenza del comportamento illegittimo serbato dalla stazione appaltante, si sarebbe aggiudicato la commessa (e cioè che – ove il contratto fosse stato dichiarato inefficace, ricorrendone le condizioni – avrebbe senz’altro avuto diritto alla stipula o al subentro): trattandosi, in tal caso, propriamente di danno da mancata aggiudicazione;

b) non sia, per contro, possibile accedere – in difetto di idonei elementi probatori ovvero in presenza di profili conformativi non integralmente vincolati, rimessi all’apprezzamento sequenziale della stazione appaltante – ad un giudizio di effettiva spettanza: prospettandosi, in tal caso, il danno in termini di mera perdita di chances di aggiudicazione.

Nel caso di specie, è certo, alla luce dei fatti di causa, che – ove il contratto non fosse stato illegittimamente aggiudicato alla controinteressata – l’odierna appellante, utilmente collocata in graduatoria al secondo posto ed in possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi di partecipazione, avrebbe avuto diritto ad aggiudicarsi il contratto.

4.- Ciò posto, in relazione al danno da mancata aggiudicazione, che qui viene in considerazione, vale rammentare, in conformità al consolidato orientamento giurisprudenziale:

a) che la relativa imputazione opera in termini obiettivi, che prescindono dalla colpa della stazione appaltante, in quanto – in conformità alle indicazioni di matrice eurounitaria – la responsabilità assume, nella materia de qua, una coloritura funzionale compensativo-surrogatoria a fronte della impossibilità di conseguire l’aggiudicazione del contratto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 aprile 2019, n. 2429; Id., sez. V, 19 luglio 2018, n. 4381);

b) che – come, peraltro, positivamente chiarito dall’art. 124, comma 1 cod. proc. amm., che fa parola di danno “subito e provato” – è onere del concorrente danneggiato offrire compiuta dimostrazione dei relativi presupposti, sia sul piano dell’an che sul piano del quantum, atteso che, in punto di tutela risarcitoria, l’ordinario principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal c.d. metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento ex art. 64, commi 1 e 3 cod. proc. amm., che si giustifica solo in quanto sussista la necessità di equilibrare l'asimmetria informativa tra Amministrazione e privato (cfr. Cons Stato, sez. V, 13 luglio 2017, n. 3448);

c) che non compete il ristoro del danno emergente, posto che i costi per la partecipazione alla gara sono destinati, di regola, a restare a carico del concorrente (il quale, perciò, può pretenderne il ristoro solo allorché lamenti, in chiave di responsabilità precontrattuale, di averli inutilmente sostenuti per essere stato coinvolto, in violazione delle regole di correttezza e buona fede, in una trattativa inutile), onde il cumulo con l’utile prospetticamente derivante, in caso di mancata aggiudicazione, dalla esecuzione della commessa darebbe vita ad un ingiustificato arricchimento (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 agosto 2019, n. 5803; Id., sez. VI, 15 settembre 2015, n. 4283; Id., sez. III, 25 giugno 2013, n. 3437; Id., sez. III, 14 dicembre 2012, n. 6444);

d) che spetta, per contro, il lucro cessante, che si identifica con il c.d. interesse positivo e che ricomprende: d1) il mancato profitto, cioè a dire l’utile che l’impresa avrebbe ricavato, in base alla formulata proposta negoziale ed alla propria struttura dei costi, dalla esecuzione del contratto; d2) il danno c.d. curriculare, derivante dall’impossibilità di arricchimento della propria storia professionale ed imprenditoriale, con conseguente potenziale perdita di competitività in relazione a future occasioni contrattuali;

e) che, relativamente alla prima posta risarcitoria, deve escludersi l’ancoraggio forfettario alla misura del dieci per cento dell'importo a base d'asta: e ciò sia perché detto criterio esula storicamente dalla materia risarcitoria, non avendo fondamento la presunzione che la perdita sia, secondo un canone di normalità, ancorata alla ridetta percentuale, sia perché l’art. 124 cit. va inteso nel senso della rigorosa incombenza, a carico del danneggiato, di un puntuale onere di allegazione e di dimostrazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 maggio 2017, n. 2184; Id., Ad. plen, 2 maggio 2017, n. 2), sicché il ricorso alla valutazione equitativa può essere riconosciuto solo in caso di impossibilità o di estrema difficoltà a fornire prova in relazione all'ammontare preciso del danno patito (Cons. Stato, Sez. V, 26 luglio 2019, n. 5283);

f) che, ai fini della base di calcolo della percentuale per il mancato utile, non si può prendere a riferimento l'importo posto a base della gara, dovendo aversi riguardo al margine di utile effettivo, quale ricavabile dal ribasso offerto dall'impresa danneggiata;

g) che, inoltre, il valore del mancato utile può essere integralmente ristorato solo laddove il danneggiato possa dimostrare di non aver potuto utilizzare i mezzi o le maestranze in altri lavori; e ciò perché, in assenza di suddetta prova, in virtù della presunzione per cui chi partecipa alle gare non tiene ferme le proprie risorse ma le impiega in altri appalti, lavori o servizi, l'utile così calcolato andrà decurtato in ragione dell'aliunde perceptum vel percipiendum, in una misura percentuale variabile (cfr. Cons. Stato, ad. plen. n. 2/2017 cit.; Cons. giust. amm. 6 novembre 2019 n. 947) che tenga, in concreto, conto della natura del contratto, del contesto operativo di riferimento, delle risorse nella ordinaria disponibilità del concorrente, della sua struttura dei costi, della sua storia professionale e del presumibile livello di operatività sul mercato, potendo, a tal fine, addivenirsi anche – nel caso di mancato assolvimento dell’onere dimostrativo ed in presenza di elementi indiziari che evidenzino l’impossibilità di ricorso cumulativo alle risorse strumentali – all’azzeramento del danno potenzialmente riconoscibile (Cons. Stato, sez. V, 12 novembre 2020, n. 7262; Id., sez. V, 23 agosto 2019, n. 5803);

h) che anche il danno curriculare, ancorato alla perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale, da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell’incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare, deve essere oggetto di puntuale dimostrazione, ancorata h1) alla perdita di un livello di qualificazione già posseduta ovvero alla mancata acquisizione di un livello superiore, quale conseguenze immediate e dirette della mancata aggiudicazione; h2) alla mancata acquisizione di un elemento costitutivo della specifica idoneità tecnica richiesta dal bando oltre la qualificazione SOA (cfr. Cons. Stato, sez. III, 15 aprile 2019, n. 2435; Id., sez. IV, 7 novembre 2014, n. 5497), sicché solo all’esito di tale dimostrazione, relativamente all’an, è possibile procedere alla relativa liquidazione nel quantum (anche a mezzo di forfettizzazione percentuale applicata sulla somma riconosciuta a titolo di lucro cessante: cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 agosto 2019, n. 5803) e sempre che non debba ritenersi che, trattandosi di impresa leader nel settore di riferimento, l'aver conseguito già un curriculum di tutto renda la mancata aggiudicazione di un appalto non idonea, per definizione, ad incidere negativamente sulla futura possibilità di conseguire le commesse economicamente più appetibili e, più in generale, sul posizionamento dell'impresa nello specifico settore di mercato in cui è chiamata ad operare (Cons. Stato, Sez. V, 28 gennaio 2019, n. 689);

i) che, infine, il complessivo importo riconosciuto va incrementato, trattandosi di debito di valore, della rivalutazione monetaria (a decorrere dalla data di stipula del contratto fino all’attualità), e degli interessi legali sulla somma di anno in anno rivalutata, fino all’effettivo soddisfo (Cons. Stato, sez. III, 10 luglio 2019, n. 4857).

5.- Ciò posto, nel caso di specie l’appellante ha formalizzato la propria richiesta risarcitoria, rivendicando:

a) il ristoro di € 10.000 a titolo di danno emergente;

b) una somma pari ad 10% del valore complessivo dell’appalto a titolo di lucro cessante;

c) la liquidazione in via equitativa (in una misura compresa tra l’1% e il 5% sull’importo dell’appalto) del danno curriculare;

d) la rivalutazione monetaria sulle somme così liquidate, con decorrenza dalla data di stipula del contratto e fino al deposito della sentenza di primo grado;

e) gli interessi in misura legale, con decorrenza dalla data di stipula del contratto fino alla pubblicazione della sentenza di primo grado;

f) gli ulteriori interessi legali sulle somme liquidate, con decorrenza dalla sentenza appellata fino all’effettivo soddisfo.

6.- Orbene, alla luce delle riassunte coordinate ermeneutiche:

a) deve essere respinta la domanda di risarcimento del danno emergente, in quanto non spettante;

b) va riconosciuta, a titolo di perduto utile, una somma pari alla differenza tra il prezzo offerto in sede di formulazione della proposta negoziale, calcolato sulla base del ribasso percentuale formulato, ed i costi potenziali per l’esecuzione del contratto, quali risultanti dalla medesima offerta (in concreto – considerato che l’appellante ha proposto, sulla base d’asta pari ad € 3.060.200,84, comprensiva di oneri di sicurezza non soggetti a rimodulazione per € 59.247,65, un ribasso del 3,13%, per un prezzo offerto complessivamente pari ad € 2.999.271,01 e che i costi allegati erano pari a complessivi € 2.866.849,14 – l’utile riconoscibile è pari ad € 99.421.87);

c) su tale somma, peraltro, va operata una decurtazione, ragionevolmente pari al 50%, in relazione alla mancata allegazione di fatti idonei ad escludere l’aliunde perceptum vel percipiendum;

d) che, in difetto di puntuale dimostrazione, anche a mezzo di idonei indici presuntivi, non può essere riconosciuto il danno curriculare (anche avuto riguardo alla circostanza che l’appellante è qualificato operatore nel settore di riferimento);

e) che, sulla somma così liquidata (complessivamente pari ad € 49.710,93), va riconosciuta la rivalutazione monetaria, secondo gli indici ISTAT, con decorrenza dalla data di stipula del contratto fino alla pubblicazione della presente sentenza, ulteriormente maggiorata degli interessi al tasso legale sulle somme di anno in anno rivalutate, fino all’effettivo soddisfo;

7.- Nei sensi e nei limiti delle considerazioni che precedono, l’appello deve, in definitiva essere accolto.

Sussistono giustificati motivi – in eminente considerazione delle obiettive incertezze in ordine alle questioni giuridiche delibate, che hanno richiesto l’intervento nomofilattico della Adunanza plenaria – per disporre l’integrale compensazione di spese e competenze di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, condanna il Comune di Tarvisio al risarcimento dei danni in favore del Consorzio appellante, che liquida in complessivi € 49.710,93, oltre rivalutazione monetaria dalla stipula del contratto fino alla pubblicazione della presente sentenza ed interessi al tasso legale sulle somme di anno in anno rivalutate, fino all’effettivo soddisfo.

Compensa integralmente, tra le parti costituite, spese e competenze di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2021, tenuta da remoto secondo quanto stabilito dall'art. 25, comma 1, del d.l. 18 ottobre 2020, n. 137, conv. in l. 18 dicembre 2020, n. 176

 

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

La sentenza in commento ha ad oggetto una controversia relativa ad una gara d’appalto per la realizzazione di una centrale di teleriscaldamento.

Annullati gli atti impugnati dal ricorrente, in quanto l’impresa aggiudicataria aveva stipulato un contratto di avvalimento risultato nullo, il Collegio riconosce all’appellante la spettanza del risarcimento del danno derivante dalla lesione dell’interesse legittimo all’aggiudicazione, analizzandone i presupposti sia con riferimento alla tutela in forma specifica, sia con riferimento a quella per equivalente.

In tale ultima ipotesi, opera una attenta disamina delle voci di danno spettanti al concorrente e dei criteri per la sua quantificazione.

Il Collegio sottolinea che è rimessa al ricorrente ingiustamente pregiudicato la scelta di richiedere il risarcimento del danno in forma specifica ovvero il risarcimento del danno per equivalente.

Nel primo caso, il giudice dovrà, in primis, valutare la spettanza del diritto al contratto, ovvero raggiungere la certezza che, in assenza del comportamento illegittimo della stazione appaltante, il ricorrente si sarebbe senz’altro aggiudicato la commessa; dovrà poi dichiarare l’inefficacia del contratto stipulato inter alios.

Il risarcimento del danno per equivalente potrà viceversa essere riconosciuto nel caso in cui il giudice abbia riscontrato l’assenza dei presupposti per la tutela specifica, e ciò può accadere nelle ipotesi in cui non abbia ravvisato, ai sensi degli artt. 121, comma 1 e 122 cod. proc. amm., i presupposti per dichiarare inefficace il contratto stipulato, ovvero non abbia elementi sufficienti a formulare un obiettivo giudizio di spettanza. Ancora, potrà essere riconosciuta tale forma di risarcimento quando il contratto è stato interamente eseguito dall’impresa illegittimamente aggiudicataria. Potrà essere inoltre riconosciuto ogni qualvolta la parte abbia ritenuto di non formalizzare la domanda di aggiudicazione, né si sia resa comunque “disponibile a subentrare nel contratto” in corso di esecuzione.

L’impossibilità di formulare un giudizio di spettanza si può risolvere nella rinnovazione in via conformativa della gara: trattasi, in questa ultima ipotesi, di una tutela “pur sempre specifica, ma ad esito non garantito e non immediatamente satisfattorio, che consiste nella riattivazione delle chances di aggiudicazione”.

Ciò posto, in relazione al danno da mancata aggiudicazione, il Collegio richiama due principi fondamentali che regolano la materia, in particolare:

a) la funzione del risarcimento per equivalente è di natura compensativo-surrogatoria, a fronte dell’impossibilità di conseguire la commessa; da ciò deriva che la relativa imputazione opera in termini obiettivi, che prescindono dalla colpa della stazione appaltante;

b) l’onere probatorio, sia in relazione all’an che al quantum, grava sul concorrente danneggiato e ciò in quanto “in punto di tutela risarcitoria, l’ordinario principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal c.d. metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento ex art. 64, commi 1 e 3 cod. proc. amm., che si giustifica solo in quanto sussista la necessità di equilibrare l'asimmetria informativa tra Amministrazione e privato”.

Riguardo le voci di cui si compone il risarcimento del danno per equivalente, con riferimento alle tradizionali categorie civilistiche del danno emergente e del lucro cessante, il Collegio esclude il diritto al risarcimento del danno emergente, posto che i costi per la partecipazione alla gara sono destinati a restare a carico del concorrente. Egli “potrà pretenderne il ristoro solo allorché lamenti, in chiave di responsabilità precontrattuale, di averli inutilmente sostenuti per essere stato coinvolto, in violazione delle regole di correttezza e buona fede, in una trattativa inutile”.

Viceversa spetta al ricorrente il lucro cessante, che ricomprende: il mancato profitto, cioè a dire l’utile che l’impresa avrebbe ricavato, in base alla formulata proposta negoziale ed alla propria struttura dei costi, dalla esecuzione del contratto; il danno c.d. curriculare, derivante dall’impossibilità di arricchimento della propria storia professionale ed imprenditoriale, con conseguente potenziale perdita di competitività in relazione a future occasioni contrattuali.

Ai fini del calcolo degli importi spettanti al ricorrente danneggiato, il Collegio ritiene che, in relazione al mancato profitto deve escludersi l’ancoraggio forfettario alla misura del dieci per cento dell'importo a base d'asta.: e ciò in quanto “detto criterio esula storicamente dalla materia risarcitoria, non avendo fondamento la presunzione che la perdita sia, secondo un canone di normalità, ancorata alla ridetta percentuale”. Il ricorso alla valutazione equitativa può essere riconosciuto solo in caso di impossibilità o di estrema difficoltà a fornire prova in relazione all'ammontare preciso del danno patito.

La base di calcolo della percentuale per la determinazione del mancato utile, inoltre, deve essere riferita al margine di utile effettivo, che si ricava dal ribasso offerto dall'impresa danneggiata in sede di gara, come rilevabile dall’offerta; non può viceversa prendersi a riferimento l'importo posto a base della gara, che non risponde al criterio della effettività.

Inoltre, il valore del mancato utile può essere integralmente ristorato solo laddove il danneggiato possa dimostrare di non aver potuto utilizzare i mezzi o le maestranze in altri lavori. In assenza di suddetta rigorosa prova vige la presunzione per cui chi partecipa alle gare non tiene ferme le proprie risorse ma le impiega in altri lavori.

Sul piano della quantificazione, da ciò discende che in assenza di prova contraria volta a superare tale presunzione, l'utile così calcolato andrà decurtato in ragione dell'aliunde perceptum vel percipiendum, in una misura percentuale variabile che tenga, in concreto, conto della natura del contratto, del contesto operativo di riferimento, delle risorse nella ordinaria disponibilità del concorrente, della sua struttura dei costi, della sua storia professionale e del presumibile livello di operatività sul mercato, potendo, a tal fine, addivenirsi anche – nel caso di mancato assolvimento dell’onere dimostrativo ed in presenza di elementi indiziari che evidenzino l’impossibilità di ricorso cumulativo alle risorse strumentali – all’azzeramento del danno potenzialmente riconoscibile.

In relazione al danno curriculare, anch’esso deve essere oggetto di puntuale dimostrazione, ancorata alla perdita di un livello di qualificazione già posseduta ovvero alla mancata acquisizione di un livello superiore, quale conseguenze immediate e dirette della mancata aggiudicazione; ovvero alla mancata acquisizione di un elemento costitutivo della specifica idoneità tecnica richiesta dal bando oltre la qualificazione SOA.

All’esito di tale dimostrazione, relativamente all’an, è possibile procedere alla relativa liquidazione nel quantum, anche a mezzo di forfettizzazione percentuale applicata sulla somma riconosciuta a titolo di lucro cessante.