Corte di Giustizia, sez. IV, 14 maggio 2020, C-263/19

L’articolo 2 sexies, paragrafo 2, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, l’articolo 2 sexies, paragrafo 2, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, come modificata dalla direttiva 2007/66, i considerando da 19 a 21 della direttiva 2007/66, nonché i considerando 12, 113, 115 e 117, l’articolo 1, paragrafo 2, e l’articolo 89 della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che, nell’ambito di una procedura di ricorso avviata d’ufficio da un’autorità di controllo, consente di addebitare un’infrazione e di infliggere un’ammenda non solo all’ente aggiudicatore, ma anche all’aggiudicatario dell’appalto, nel caso in cui, in occasione della modifica di un contratto di appalto pubblico in corso di esecuzione, le norme di aggiudicazione dei contratti pubblici siano state aggirate irregolarmente. Tuttavia, qualora una simile possibilità sia prevista dalla normativa nazionale, la procedura di ricorso deve rispettare il diritto dell’Unione, compresi i suoi principi generali, nei limiti in cui l’appalto pubblico di cui trattasi rientra esso stesso nell’ambito di applicazione ratione materiae delle direttive sugli appalti pubblici, a prescindere dal fatto che ciò avvenga ab initio o a seguito della sua modifica illegale.

L’importo dell’ammenda che sanziona la modifica illegale di un contratto di appalto pubblico concluso tra un ente aggiudicatore e un aggiudicatario deve essere fissato prendendo in considerazione i comportamenti propri di ciascuna delle parti.

 

 

 

 

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

14 maggio 2020

«Rinvio pregiudiziale – Appalti pubblici – Aggiudicazione degli appalti pubblici – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 1, paragrafo 2, e articolo 72 – Direttiva 2014/25/UE – Articolo 1, paragrafo 2, e articolo 89 – Procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori – Direttiva 89/665/CEE – Articolo 2 sexies, paragrafo 2 – Procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni – Direttiva 92/13/CEE – Articolo 2 sexies, paragrafo 2 – Modifiche di un contratto concluso a seguito di una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico – Mancanza di una nuova procedura di aggiudicazione di appalto – Ammende inflitte all’ente aggiudicatore e all’aggiudicatario dell’appalto – Principio di proporzionalità»

Nella causa C‑263/19, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria), con decisione del 7 marzo 2019, pervenuta in cancelleria il 28 marzo 2019, nel procedimento T-Systems Magyarország Zrt. BKK Budapesti Közlekedési Központ Zrt.

contro

Közbeszerzési Hatóság Közbeszerzési Döntőbizottság,

con l’intervento di:

Közbeszerzési Hatóság Elnöke,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da M. Vilaras (relatore), presidente di sezione, S. Rodin, D. Šváby, K. Jürimäe e N. Piçarra, giudici, avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

cancelliere: M. Krausenböck, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 febbraio 2020,

considerate le osservazioni presentate:

– per T-Systems Magyarország Zrt., da P. Szilas, Zs. Okányi e V. Kovács, ügyvédek;

– per la Közbeszerzési Hatóság Közbeszerzési Döntőbizottság, da I. Hunya, in qualità di agente;

– per il Közbeszerzési Hatóság Elnöke, da T.A. Cseh, in qualità di agente;

– per il governo ungherese, da M.Z. Fehér, G. Koós e M.M. Tátrai, in qualità di agenti;

– per la Commissione europea, da L. Haasbeek, P. Ondrůšek e A. Tokár, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sostanzialmente sull’interpretazione dell’articolo 1 paragrafo 2, e dell’articolo 72 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU 2014, L 94, pag. 65), dell’articolo 2 sexies, paragrafo 2, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU 1989, L 395, pag. 33), come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007 (GU 2007, L 335, pag. 31) (in prosieguo: la «direttiva 89/665»), dell’articolo 2 sexies, paragrafo 2, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU 1992, L 76, pag. 14), come modificata dalla direttiva 2007/66 (in prosieguo: la «direttiva 92/13»), nonché degli articoli 41 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la società T‑Systems Magyarország Zrt. (in prosieguo: «T‑Systems») e la società BKK Budapesti Közlekedési Központ Zrt. (in prosieguo: «BKK») e, dall’altro, la Közbeszerzési Hatóság Közbeszerzési Döntőbizottság (commissione arbitrale degli appalti pubblici dell’autorità degli appalti pubblici, Ungheria; in prosieguo: la «commissione arbitrale»), in merito ad ammende inflitte alle due società a causa della modifica, in corso di esecuzione, del contratto che le legava, senza che avessero avuto luogo nuove procedure di aggiudicazione di appalti pubblici.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 89/665

3. L’articolo 2 sexies della direttiva 89/665, intitolato «Violazioni della presente direttiva e sanzioni alternative», dispone quanto segue:

«In caso di violazione dell’articolo 1, paragrafo 5, dell’articolo 2, paragrafo 3, o dell’articolo 2 bis, paragrafo 2, che non è contemplata dall’articolo 2 quinquies, paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri prevedono la privazione di effetti a norma dell’articolo 2 quinquies, paragrafi 1, 2 e 3, ovvero sanzioni alternative. Gli Stati membri possono prevedere che l’organo di ricorso indipendente dall’amministrazione aggiudicatrice decida, dopo aver valutato tutti gli aspetti pertinenti, se il contratto debba essere considerato privo di effetti o se debbano essere irrogate sanzioni alternative.

2. Le sanzioni alternative devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Dette sanzioni alternative sono:

– l’irrogazione di sanzioni pecuniarie all’amministrazione aggiudicatrice, oppure

– la riduzione della durata del contratto.

Gli Stati membri possono conferire all’organo di ricorso un’ampia discrezionalità al fine di tenere conto di tutti i fattori rilevanti, compresi la gravità della violazione, il comportamento dell’amministrazione aggiudicatrice e, nei casi di cui all’articolo 2 quinquies, paragrafo 2, la misura in cui il contratto resta in vigore.

La concessione del risarcimento danni non rappresenta una sanzione adeguata ai fini del presente paragrafo».

Direttiva 92/13

4. Le disposizioni dell’articolo 2 sexies della direttiva 92/13, intitolato «Violazioni della presente direttiva e sanzioni alternative», sono redatte in termini identici a quelli delle disposizioni dell’articolo 2 sexies della direttiva 89/665.

Direttiva 2007/66

5. I considerando da 19 a 21 della direttiva 2007/66 così recitano:

«(19) In caso di altre violazioni di requisiti formali, gli Stati membri potrebbero considerare inadeguato il principio della privazione di effetti. In questi casi gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di prevedere sanzioni alternative. Queste ultime dovrebbero consistere soltanto nell’irrogazione di sanzioni pecuniarie da pagare ad un organismo indipendente dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore o nella riduzione della durata del contratto. Spetta agli Stati membri definire le disposizioni particolari concernenti le sanzioni alternative e le relative modalità di applicazione.

(20) La presente direttiva non dovrebbe escludere l’applicazione di sanzioni più rigorose a norma del diritto nazionale.

(21) Nel prevedere che gli Stati membri fissino le norme atte a garantire che un appalto sia considerato privo di effetti si mira a far sì che i diritti e gli obblighi dei contraenti derivanti dal contratto cessino di essere esercitati ed eseguiti. Le conseguenze che derivano dalla privazione di effetti di un contratto dovrebbero essere determinate dal diritto nazionale. Pertanto il diritto nazionale può, ad esempio, prevedere la soppressione con effetto retroattivo di tutti gli obblighi contrattuali (ex tunc) o viceversa limitare la portata della soppressione agli obblighi che rimangono da adempiere (ex nunc). Ciò non dovrebbe condurre a una mancanza di forti sanzioni se gli obblighi derivanti da un contratto sono già stati adempiuti interamente o quasi interamente. In tali casi gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni alternative che tengano conto in che misura il contratto rimane in vigore conformemente al diritto nazionale. Il diritto nazionale dovrà determinare inoltre le conseguenze riguardanti il possibile recupero delle somme eventualmente versate nonché ogni altra forma di possibile restituzione, compresa la restituzione in valore qualora la restituzione in natura non sia possibile».

 

Direttiva 2014/24

6. I considerando 10, 29, 107, 109 e 111 della direttiva 2014/24 sono così formulati:

«(10) La nozione di “amministrazioni aggiudicatrici” e, in particolare, quella di “organismi di diritto pubblico” sono state esaminate ripetutamente nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Per precisare che l’ambito di applicazione della presente direttiva “ratione personae” dovrebbe rimanere invariato è appropriato mantenere le definizioni su cui si è basata la Corte e inserire alcune precisazioni fornite da detta giurisprudenza quale chiave di lettura delle definizioni stesse, senza l’intenzione di alterare la comprensione di tale concetto quale elaborato dalla giurisprudenza. (…)

(…)

(29) È opportuno ricordare che la presente direttiva si applica soltanto alle amministrazioni aggiudicatrici degli Stati membri. (…)

(…)

 (107) È necessario precisare, tenendo conto della pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, le condizioni alle quali le modifiche di un contratto durante la sua esecuzione richiedono una nuova procedura di appalto. La nuova procedura di appalto è necessaria quando sono apportate modifiche sostanziali al contratto iniziale, in particolare all’ambito di applicazione e al contenuto dei diritti e degli obblighi reciproci delle parti, inclusa la distribuzione dei diritti di proprietà intellettuale. Tali modifiche dimostrano l’intenzione delle parti di rinegoziare elementi essenziali o condizioni del contratto in questione. Ciò si verifica in particolare quando le condizioni modificate avrebbero inciso sul risultato della procedura di base nel caso in cui fossero già state parte della procedura iniziale.

Le modifiche del contratto comportanti una modifica minore del valore del contratto sino a un determinato valore dovrebbero essere sempre possibili senza richiedere una nuova procedura d’appalto. A tal fine e allo scopo di garantire la certezza giuridica, la presente direttiva dovrebbe prevedere soglie “de minimis”, al di sotto delle quali non è necessaria una nuova procedura di appalto. Le modifiche contrattuali al di sopra di tali soglie dovrebbero essere possibili senza necessità di una nuova procedura di appalto nella misura in cui soddisfino le pertinenti condizioni previste dalla presente direttiva.

(…)

(109) Le amministrazioni aggiudicatrici si trovano a volte ad affrontare circostanze esterne che non era possibile prevedere quando hanno aggiudicato l’appalto, in particolare quando l’esecuzione dell’appalto copre un periodo lungo. In questo caso è necessaria una certa flessibilità per adattare il contratto a tali circostanze, senza ricorrere a una nuova procedura di appalto. (…)

(…)

(111) Rispetto ai singoli contratti, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero avere la possibilità di prevedere modifiche mediante clausole di revisione o di opzione, senza che tali clausole conferiscano loro discrezionalità illimitata. La presente direttiva dovrebbe pertanto stabilire in che misura le modifiche possano essere previste nel contratto iniziale. (…)».

7. L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2014/24 prevede quanto segue:

«Ai sensi della presente direttiva si parla di appalto quando una o più amministrazioni aggiudicatrici acquisiscono, mediante appalto pubblico, lavori, forniture o servizi da operatori economici scelti dalle amministrazioni aggiudicatrici stesse, indipendentemente dal fatto che i lavori, le forniture o i servizi siano considerati per una finalità pubblica o meno».

8. Il titolo II della direttiva 2014/24, intitolato «Disposizioni applicabili agli appalti pubblici», comprende, in particolare, un capo IV, relativo all’«[e]secuzione del contratto», in cui figurano gli articoli da 70 a 73 di tale direttiva. L’articolo 72, intitolato esso stesso «Modifica di contratti durante il periodo di validità», dispone quanto segue:

«I contratti e gli accordi quadro possono essere modificati senza una nuova procedura d’appalto a norma della presente direttiva nei casi seguenti:

a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi, o opzioni. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche od opzioni, nonché le condizioni alle quali esse possono essere impiegate. Esse non apportano modifiche o opzioni che avrebbero l’effetto di alterare la natura generale del contratto o dell’accordo quadro;

b) per lavori, servizi o forniture supplementari da parte del contraente originale che si sono resi necessari e non erano inclusi nell’appalto iniziale, ove un cambiamento del contraente:

i) risulti impraticabile per motivi economici o tecnici quali il rispetto dei requisiti di intercambiabilità o interoperatività tra apparecchiature, servizi o impianti esistenti forniti nell’ambito dell’appalto iniziale; e

ii) comporti per l’amministrazione aggiudicatrice notevoli disguidi o una consistente duplicazione dei costi;

Tuttavia, l’eventuale aumento di prezzo non deve eccedere il 50% del valore del contratto iniziale. In caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non sono intese ad aggirare la presente direttiva;

c) ove siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

i) la necessità di modifica è determinata da circostanze che un’amministrazione aggiudicatrice diligente non ha potuto prevedere; e

ii) la modifica non altera la natura generale del contratto;

iii) l’eventuale aumento di prezzo non è superiore al 50% del valore del contratto iniziale o dell’accordo quadro. In caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non sono intese ad aggirare la presente direttiva;

(…)

e) se le modifiche, a prescindere dal loro valore, non sono sostanziali ai sensi del paragrafo 4.

Le amministrazioni aggiudicatrici che hanno modificato un contratto nelle situazioni di cui al presente paragrafo, lettere b) e c), pubblicano un avviso al riguardo nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Tale avviso contiene le informazioni di cui all’allegato V, parte G, ed è pubblicato conformemente all’articolo 51.

2. Inoltre, e senza ulteriore bisogno di verificare se le condizioni di cui al paragrafo 4, lettere da a) a d), sono rispettate, i contratti possono parimenti essere modificati senza necessità di una nuova procedura di appalto a norma della presente direttiva, se il valore della modifica è al di sotto di entrambi i valori seguenti:

i) le soglie fissate all’articolo 4; e

ii) il 10% del valore iniziale del contratto per i contratti di servizio e fornitura e il 15% del valore iniziale del contratto per i contratti di lavori.

Tuttavia la modifica non può alterare la natura complessiva del contratto o accordo quadro. In caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo netto delle successive modifiche.

(…)

5. Una nuova procedura d’appalto in conformità della presente direttiva è richiesta per modifiche delle disposizioni di un contratto pubblico e di un accordo quadro durante il periodo della sua validità diverse da quelle previste ai paragrafi 1 e 2».

 

Direttiva 2014/25/UE

9. Ai sensi dei considerando 12, 113, 115 e 117 della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU 2014, L 94, pag. 243):

«(12) La nozione di “amministrazioni aggiudicatrici” e, in particolare, quella di “organismi di diritto pubblico” sono state esaminate ripetutamente nella giurisprudenza della [Corte]. Per precisare che l’ambito di applicazione della presente direttiva ratione personae dovrebbe rimanere invariato è appropriato mantenere le definizion[i] su cui si è basata la Corte e inserire alcune precisazioni fornite da detta giurisprudenza quale chiave di lettura delle definizioni stesse, senza l’intenzione di alterare la comprensione di tale concetto quale elaborato dalla giurisprudenza.

(…)

(113) È necessario precisare, tenendo conto della pertinente giurisprudenza della [Corte], le condizioni alle quali le modifiche di un contratto durante la sua esecuzione richiedono una nuova procedura di appalto. La nuova procedura d’appalto è necessaria quando sono apportate modifiche sostanziali al contratto iniziale, in particolare all’ambito di applicazione e [a]l contenuto dei diritti e degli obblighi reciproci delle parti, inclusa la distribuzione dei diritti di proprietà intellettuale. Tali modifiche dimostrano l’intenzione delle parti di rinegoziare elementi essenziali o condizioni del contratto in questione. Ciò si verifica in particolare quando le condizioni modificate avrebbero inciso sul risultato della procedura di base nel caso in cui fossero già state parte della procedura iniziale.

Le modifiche del contratto comportanti una modifica minore del valore del contratto sino a un determinato valore dovrebbero essere sempre possibili senza richiedere una nuova procedura d’appalto. A tal fine e allo scopo di garantire la certezza giuridica, la presente direttiva dovrebbe prevedere soglie «de minimis», al di sotto delle quali non è necessaria una nuova procedura di appalto. Le modifiche contrattuali al di sopra di tali soglie dovrebbero essere possibili senza necessità di una nuova procedura di appalto nella misura in cui soddisfino le pertinenti condizioni previste dalla presente direttiva.

(…)

(115) Gli enti aggiudicatori si trovano a volte ad affrontare circostanze esterne che non era possibile prevedere quando hanno aggiudicato l’appalto, in particolare quando l’esecuzione dell’appalto copre un periodo lungo. In questo caso è necessaria una certa flessibilità per adattare il contratto a tali circostanze, senza ricorrere a una nuova procedura di appalto. (…)

(…)

(117) Rispetto ai singoli contratti, gli enti aggiudicatori dovrebbero avere la possibilità di prevedere modifiche mediante clausole di revisione o di opzione, senza che tali clausole conferiscano loro discrezionalità illimitata. La presente direttiva dovrebbe pertanto stabilire in che misura le modifiche possano essere previste nel contratto iniziale. (...)».

10. L’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva ha il seguente tenore:

«Ai sensi della presente direttiva si parla di appalto quando uno o più enti aggiudicatori acquisiscono, mediante un appalto di lavori, forniture e servizi, lavori, forniture o servizi da operatori economici scelti dagli enti aggiudicatori stessi, a condizione che i lavori, le forniture o i servizi siano destinati all’esercizio di una delle attività di cui agli articoli da 8 a 14».

11. Il titolo II della direttiva 2014/25, intitolato «Disposizioni relative agli appalti», comprende, in particolare, un capo IV, relativo all’«[e]secuzione del contratto», in cui figurano gli articoli da 87 a 90 di tale direttiva. L’articolo 89, intitolato esso stesso «Modifica di contratti durante il periodo di validità», così dispone:

«1. I contratti e gli accordi quadro possono essere modificati senza una nuova procedura d’appalto a norma della presente direttiva nei casi seguenti:

a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi, o opzioni. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche od opzioni, nonché le condizioni alle quali esse possono essere impiegate. Esse non apportano modifiche o opzioni che avrebbero l’effetto di alterare la natura generale del contratto o dell’accordo quadro;

b) per lavori, servizi o forniture supplementari da parte del contraente originale, a prescindere dal loro valore, che [si sono resi necessari e] non erano inclusi nell’appalto iniziale, ove un cambiamento del contraente:

i) risulti impraticabile per motivi economici o tecnici quali il rispetto dei requisiti di intercambiabilità o interoperatività tra apparecchiature, software, servizi o impianti esistenti forniti nell’ambito dell’appalto iniziale; e

ii) comporti per l’ente aggiudicatore notevoli disguidi o una consistente duplicazione dei costi;

c) ove siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

i) la necessità di modifica è determinata da circostanze che un ente aggiudicatore diligente non poteva prevedere;

ii) la modifica non altera la natura generale del contratto;

(…)

e) se le modifiche, a prescindere dal loro valore, non sono sostanziali ai sensi del paragrafo 4.

Gli enti aggiudicatori che hanno modificato un contratto nelle situazioni di cui al presente paragrafo, lettere b) e c), pubblicano un avviso al riguardo nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Tale avviso contiene le informazioni di cui all’allegato XVI ed è pubblicato conformemente all’articolo 71.

2. Inoltre, e senza ulteriore bisogno di verificare se le condizioni di cui al paragrafo 4, lettere da a) a d), sono rispettate, i contratti possono parimenti essere modificati senza necessità di una nuova procedura di appalto, ai sensi della presente direttiva, se il valore della modifica è al di sotto di entrambi i valori seguenti:

i) le soglie fissate all’articolo 15; e

ii) il 10% del valore iniziale del contratto per i contratti di servizio e fornitura e il 15% del valore iniziale del contratto per i contratti di lavori.

Tuttavia la modifica non può alterare la natura complessiva del contratto o accordo quadro. In caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo netto delle successive modifiche.

3. Ai fini del calcolo del prezzo di cui al paragrafo 2, il prezzo aggiornato è il valore di riferimento quando il contratto prevede una clausola di indicizzazione.

4. Una modifica di un contratto o di un accordo quadro durante il periodo della sua validità è considerata sostanziale ai sensi del paragrafo 1, lettera e), quando muta sostanzialmente la natura del contratto o dell’accordo quadro rispetto a quello inizialmente concluso. In ogni caso, fatti salvi i paragrafi 1 e 2, una modifica è considerata sostanziale se una o più delle seguenti condizioni sono soddisfatte:

a) la modifica introduce condizioni che, se fossero state contenute nella procedura d’appalto iniziale, avrebbero consentito l’ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o l’accettazione di un’offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione;

b) la modifica cambia l’equilibrio economico del contratto o dell’accordo quadro a favore dell’aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale o nell’accordo quadro;

c) la modifica estende notevolmente l’ambito di applicazione del contratto o dell’accordo quadro;

d) se un nuovo contraente sostituisce quello cui l’ente aggiudicatore aveva inizialmente aggiudicato l’appalto in casi diversi da quelli previsti al paragrafo 1, lettera d).

5. Una nuova procedura d’appalto, in conformità della presente direttiva, è richiesta per modifiche delle disposizioni di un contratto di lavori, forniture o servizi o di un accordo quadro durante il periodo della sua validità, diverse da quelle previste ai paragrafi 1 e 2».

 

Diritto ungherese

12. L’articolo 2, paragrafo 1, della közbeszerzésekről szóló 2015. évi CXLIII. törvény (legge n. CXLIII sugli appalti pubblici; in prosieguo: la «legge sugli appalti pubblici») così prevede:

«L’ente aggiudicatore garantisce la lealtà e la trasparenza della concorrenza nelle procedure di aggiudicazione di un appalto e la pubblicità di tali procedure, che l’operatore economico è tenuto a rispettare».

13. L’articolo 141 di tale legge, che stabilisce i diversi casi in cui le parti di un contratto di appalto pubblico possono modificare il contratto medesimo, al paragrafo 8 dispone quanto segue:

«Al di fuori dei casi oggetto delle disposizioni del presente articolo, il contratto può essere modificato solo in seguito all’organizzazione di una nuova procedura di aggiudicazione di appalto. Se la modifica del contratto avviene aggirando illegalmente la procedura di appalto pubblico, la modifica è nulla in forza dell’articolo 137, paragrafo 1, lettera a)».

14. L’articolo 153, paragrafo 1, della suddetta legge così recita:

«Il Közbeszerzési Hatóság Elnöke [(presidente dell’Autorità per gli appalti pubblici, Ungheria)] prende l’iniziativa di avviare la procedura d’ufficio dinanzi alla [commissione arbitrale]

(…)

c) se è plausibile, alla luce dei risultati del controllo effettuato da parte dell’Autorità per gli appalti a norma dell’articolo 187, paragrafo 2, lettera j), o anche in assenza di controlli amministrativi, che la modifica o l’esecuzione del contratto siano avvenute in violazione della presente legge, in particolare se è stata commessa un’infrazione del tipo indicato all’articolo 142, paragrafo 2;

(…)».

15 Ai sensi dell’articolo 165 della medesima legge:

«(…)

(2) Nella sua decisione, la [commissione arbitrale]

(…)

d) constata che è stata commessa un’infrazione e applica le conseguenze giuridiche previste al paragrafo 3;

e) nei casi di cui al paragrafo 6, constata l’infrazione e infligge un’ammenda;

(…)

(3) Se, nella sua decisione, essa constata un’infrazione, la [commissione arbitrale]

(…)

d) può infliggere un’ammenda all’entità o alla persona che ha commesso l’infrazione nonché alla persona o all’entità che ha un rapporto giuridico con l’entità o con la persona responsabile dell’infrazione medesima e che è anch’essa responsabile dell’infrazione.

(…)

(6) La [commissione arbitrale] constata l’infrazione e infligge un’ammenda se

a) a causa dell’infrazione la procedura di aggiudicazione di appalto è aggirata illegalmente;

(…)

e) il presidente dell’Autorità per gli appalti pubblici ha avviato la procedura d’ufficio [di cui all’articolo 153] e la commissione arbitrale ha constatato che era stata commessa un’infrazione.

(…)».

16 L’articolo 176 della legge sugli appalti pubblici dispone quanto segue:

«(1) Se, nella decisione relativa al merito della causa, la [commissione arbitrale] constata un’infrazione di cui all’articolo 137, paragrafo 1, essa avvia un procedimento contenzioso mirante a far dichiarare l’invalidità del contratto e l’applicazione delle conseguenze giuridiche dell’illegalità.

(…)

(4) Se, a seguito del contenzioso di cui al paragrafo 1, il giudice constata l’invalidità del contratto per i motivi definiti all’articolo 137, paragrafo 1, esso trae le conseguenze giuridiche di tale invalidità conformemente alle disposizioni del codice civile e della presente legge.

(5) Se il giudice dichiara valido, in forza dell’articolo 137, paragrafo 3, il contratto concluso a seguito della procedura di aggiudicazione di appalto, esso è tenuto a infliggere un’ammenda il cui importo massimo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso di specie, corrisponde al 15% del valore del contratto. Se, al momento di trarre le conseguenze giuridiche dell’illegalità, il giudice ordina il rimborso del controvalore del servizio rimasto senza corrispettivo, esso è tenuto a infliggere un’ammenda il cui importo massimo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso di specie, corrisponde al 10% del valore del contratto.

(6) Il contenzioso di cui al paragrafo 1 rientra nella competenza esclusiva del giudice amministrativo e del lavoro che, nel caso di una stessa infrazione alle norme sull’aggiudicazione degli appalti, applica la procedura del contenzioso amministrativo di cui all’articolo 170. (…)».

17. L’articolo 240, paragrafo 1, della Polgári Törvénykönyvről szóló 1959. évi IV. törvény (legge n. IV del 1959, che istituisce il codice civile) è così formulato:

«Salvo diversa disposizione di legge, le parti possono modificare di comune accordo il contenuto del contratto o la natura giuridica degli impegni che hanno assunto».

 

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

18. BKK, società costituita dal Comune di Budapest-Capitale (Ungheria), svolge in tale città l’attività di operatore dei servizi di trasporto pubblico.

19. In esito a una procedura di appalto ristretta per la produzione, il trasporto, l'installazione e la gestione operativa di distributori automatici di biglietti, BKK, in quanto ente aggiudicatore, ha concluso con TSystems, il 4 settembre 2013, un contratto per un importo di 5 561 690 409 fiorini ungheresi (HUF) (circa EUR 18 500 000).

20. Le parti hanno modificato tale contratto più volte. In particolare, con una modifica del 13 luglio 2017, BKK ha ingiunto a T‑Systems di integrare il sistema centrale di controllo dei distributori di biglietti con un modulo software che rendesse possibile l’acquisto di tali biglietti tramite Internet.

21. Successivamente è stato stipulato che l’importo del corrispettivo supplementare corrispondente alle diverse modifiche contrattuali non potesse superare la somma di HUF 2 530 195 870 (circa EUR 8 200 000).

22. Il 29 settembre 2017 il presidente dell’Autorità per gli appalti pubblici ha avviato, sulla base dell’articolo 153, paragrafo 1, lettera c), della legge sugli appalti pubblici, una procedura d’ufficio nei confronti delle parti del contratto per violazione, in particolare, dell’articolo 141, paragrafo 2, e dell’articolo 141, paragrafo 4, lettere b) e c), di tale legge e ha adito a tal fine la commissione arbitrale.

23. La commissione arbitrale ha considerato che, per ciascuna modifica contrattuale, avrebbe dovuto aver luogo una nuova procedura di aggiudicazione di appalti pubblici. Essa ha ricordato che il rispetto delle condizioni previste dal diritto degli appalti pubblici in materia di modifiche contrattuali si impone a entrambe le parti del contratto, circostanza che implica che, se queste ultime hanno applicato tali disposizioni illegalmente, si deve ritenere che ciascuna di esse abbia commesso un’infrazione.

24. Di conseguenza, la commissione arbitrale ha ritenuto che, con le modifiche contrattuali, le parti del contratto avessero violato in particolare le disposizioni dell’articolo 141, paragrafo 8, della legge sugli appalti pubblici. Tenendo conto segnatamente delle disposizioni dell’articolo 165, paragrafo 3, lettera d), di tale legge, essa ha inflitto un’ammenda di HUF 80 000 000 (circa EUR 258 941) a BKK e un’ammenda di HUF 70 000 000 (circa EUR 226 573) a T‑Systems.

25. Quest’ultima ha proposto un ricorso dinanzi alla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest‑Capitale, Ungheria) per far constatare che da parte sua non vi sono state infrazioni e, inoltre, per far riformare la decisione di infliggerle un’ammenda.

26. T‑Systems ritiene che l’obbligo di indire una procedura di aggiudicazione di appalti pubblici è imposto all’ente aggiudicatore e che un aggiudicatario non può essere ritenuto responsabile di una decisione presa dall’ente aggiudicatore per quanto riguarda le sue necessità in materia di appalti pubblici. Pertanto, nella fattispecie, facendogli sopportare le conseguenze delle decisioni adottate da BKK, la commissione arbitrale avrebbe violato i principi della certezza del diritto e dello Stato di diritto.

27. T‑Systems considera che l’ente aggiudicatore è l’unico destinatario della norma giuridica di cui all’articolo 141, paragrafo 8, della legge sugli appalti pubblici e che, a tale titolo, solo esso è in grado di commettere l’infrazione sanzionata da tale disposizione.

28. T‑Systems è del parere che i requisiti di prevedibilità e di diligenza si impongano all’ente aggiudicatore e che la violazione di tali requisiti possa essere imputata solo a quest’ultimo qualora esso prenda l’iniziativa di modificare un contratto.

29. BKK ha anche contestato, dinanzi al giudice del rinvio, la decisione con cui gli è stata inflitta un’ammenda, chiedendo, in via principale, il riesame di tale decisione, la constatazione che non sussistono infrazioni dovute alle modifiche del contratto di cui al procedimento principale e l’annullamento di detta ammenda.

30. La commissione arbitrale chiede al giudice del rinvio di constatare l’invalidità delle modifiche apportate al contratto di cui al procedimento principale, di ordinare, qualora lo reputi necessario, il ripristino della situazione precedente a tale contratto e di respingere le conclusioni di BKK e di T‑Systems. Tale commissione precisa di aver constatato, per quanto riguarda quest’ultima società, la sussistenza di un’infrazione solo per la violazione delle norme giuridiche delle quali la società medesima era destinataria, vale a dire le disposizioni dell’articolo 141 della legge sugli appalti pubblici. Essa fa osservare che le disposizioni del codice civile prevedono che è necessario che le due parti agiscano congiuntamente affinché abbia luogo una modifica contrattuale, fatto che giustifica l’esame della violazione delle regole relative alla modifica contrattuale nei confronti delle due parti.

31. Il presidente dell’Autorità per gli appalti pubblici ritiene, dal canto suo, che il regolare assolvimento della procedura di aggiudicazione di appalto pubblico spetti anzitutto, ma non esclusivamente, all’ente aggiudicatore. Esso sottolinea che non è raro che l’aggiudicatario di un appalto pubblico prenda l’iniziativa di modificare un contratto. Esso menziona anche il principio fondamentale del diritto civile secondo cui la modifica contrattuale presuppone il comune accordo delle parti interessate.

32. Il giudice del rinvio ricorda che spetta all’ente aggiudicatore indire una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico.

33. Esso considera che, allo scopo di mantenere la concorrenza più ampia possibile, anche dopo la firma del contratto, severe sanzioni sono ricollegate alla commissione di infrazioni risultanti da rapporti giuridici tra le parti. Precisa che tali rapporti rientrano nell’ambito del diritto civile dal momento che è stato concluso un contratto.

34. Il giudice del rinvio è del parere che dalle disposizioni dell’articolo 141 della legge sugli appalti pubblici risulti che, se la modifica contrattuale può avvenire solo di comune accordo tra le parti, l’ente aggiudicatore è l’unico a poter essere interessato da un’infrazione alle norme in materia di appalti pubblici per quanto concerne l’ambito di applicazione ratione personae della normativa.

35. Esso indica che le disposizioni della normativa nazionale in materia di ricorsi non specificano quali sono i partecipanti alla procedura di aggiudicazione di appalto che possono essere sanzionati. Orbene, al fine di determinare rispetto a quale soggetto di diritto si debba ritenere che abbia violato una norma, sarebbe necessario determinare chi sia il destinatario della disposizione che è stata violata. Tale giudice ritiene che la sanzione prevista, che è di natura repressiva e deve colpire unicamente l’autore dell’infrazione, riguardi la persona tenuta a indire una procedura di appalto, vale a dire l’ente aggiudicatore.

36. Il giudice del rinvio fa riferimento a diverse sentenze di giudici ungheresi da cui risulta che l’ente aggiudicatore o l’operatore economico è stato dispensato dal pagamento dell’ammenda inflitta, segnatamente per il fatto che quest’ultimo non era responsabile di indire la procedura di aggiudicazione di appalto.

37. Il giudice del rinvio indica che la circostanza che l’aggiudicatario di un appalto sia destinatario delle disposizioni della legge sugli appalti pubblici relative alla modifica dei contratti non può consentire di considerare la sua responsabilità identica a quella dell’ente aggiudicatore dal punto di vista del diritto degli appalti pubblici.

38. Esso ritiene che, se la responsabilità delle parti contrattuali può essere messa in discussione dal punto di vista di tale diritto, occorre garantire loro la possibilità di fornire elementi probatori tali da chiarire il loro coinvolgimento nella modifica del contratto in questione e nella commissione dell’eventuale infrazione.

39. In tale contesto, la Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest‑Capitale, Ungheria) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se gli articoli 41, paragrafo 1, e 47 della [Carta], i considerando 10, 29, 107, 109 e 111 e gli articoli 1, paragrafo 2, e 72 della direttiva [2014/24], ostino a una norma nazionale o una prassi relativa all’interpretazione e applicazione di tale norma che, tenendo conto del rapporto giuridico contrattuale tra le parti contraenti, stabilisce che non solo l’ente aggiudicatore ha commesso un illecito omettendo di indire di una gara d’appalto pubblico, asseritamente in violazione delle norme relative alla modifica dei contratti, e contravvenendo alle disposizioni che disciplinano la modifica dei contratti, ma che tale illecito è stato parimenti commesso dall’aggiudicatario che ha concluso un contratto con detto ente, in quanto la modifica illegittima dei contratti presuppone un’azione congiunta delle parti.

2) In caso di risposta negativa alla prima questione, tenendo conto delle disposizioni degli articoli 1, paragrafo 1, e 47 della [Carta] dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dei considerando 10, 29, 107, 109 e 111 e degli articoli 1, paragrafo 2, e 72 della direttiva [2014/24], se i considerando 19, 20 e 21 della direttiva [2007/66], e l’articolo 2, paragrafo 2, delle direttive [89/665], e [92/13], ostino a una norma nazionale o a una prassi relativa all’interpretazione e all’applicazione di tale norma che consente di applicare anche all’aggiudicatario che ha stipulato il contratto con l’ente aggiudicatore una sanzione (ammenda) – diversa dalla riduzione della durata del contratto – per illegittima omessa indizione di una gara d’appalto pubblica e violazione delle disposizioni relative alla modifica dei contratti.

3) In caso di risposta negativa alle prime due questioni, il giudice del rinvio sottopone alla Corte di giustizia dell’Unione europea anche la questione se sia sufficiente, per stabilire l’entità della sanzione (ammenda), che tra le parti intercorra un rapporto giuridico contrattuale, senza che siano stati esaminati il comportamento e il contributo delle parti che hanno condotto alla modifica del contratto».

 

Sulle questioni pregiudiziali

Osservazioni preliminari

40. Secondo il giudice del rinvio, per risolvere la controversia principale è necessario stabilire se la Carta e le direttive 89/665, 92/13, 2007/66 e 2014/24 ostino a una normativa nazionale che, nell’ambito di una procedura di ricorso avviata d’ufficio da un’autorità di controllo, consente di addebitare un’infrazione e di infliggere un’ammenda non solo all’ente aggiudicatore, ma anche all’aggiudicatario di un contratto di appalto pubblico, nel caso in cui, in occasione della modifica di tale contratto in corso di esecuzione, le norme di aggiudicazione dei contratti pubblici siano state aggirate irregolarmente.

41. In primo luogo, occorre constatare che le disposizioni della Carta non sono pertinenti per fornire chiarimenti al giudice del rinvio nell’ambito della controversia principale.

42. Infatti, da un lato, dal tenore letterale dell’articolo 41 della Carta emerge chiaramente che esso si rivolge non già agli Stati membri, bensì unicamente alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione (sentenza del 26 marzo 2020, HUNGEOD e a., C‑496/18 e C‑497/18, EU:C:2020:240, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

43. Dall’altro, per quanto riguarda l’articolo 47 della Carta, anch’esso invocato dal giudice del rinvio, si deve ricordare che, nel definire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali destinati ad assicurare la salvaguardia dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione ai candidati e agli offerenti lesi da decisioni delle amministrazioni aggiudicatrici, gli Stati membri devono controllare che non siano compromessi i diritti conferiti ai singoli dal diritto dell’Unione, in particolare il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, sancito all’articolo 47 della Carta (sentenza del 26 marzo 2020, HUNGEOD e a., C‑496/18 e  ‑497/18, EU:C:2020:240, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

44. Orbene, dal fascicolo a disposizione della Corte non emerge da alcun elemento che la procedura in seguito alla quale, in caso di modifica illegale di un contratto di appalto pubblico in corso di esecuzione, è inflitta un’ammenda non solo all’ente aggiudicatore, ma anche all’aggiudicatario dell’appalto, avrebbe l’effetto di pregiudicare il diritto a un ricorso effettivo o a un giudice imparziale.

45. In secondo luogo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è stato investito. In tale prospettiva, alla Corte spetta, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte. Inoltre, la Corte può essere condotta a prendere in considerazione norme del diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la questione (sentenze del 12 dicembre 1990, SARPP, C‑241/89, EU:C:1990:459, punto 8, e dell’8 giugno 2017, Medisanus, C‑296/15, EU:C:2017:431, punto 55).

46. Nel caso di specie, nei limiti in cui l’appalto di cui al procedimento principale verteva sulla produzione, il trasporto, l’installazione e la gestione operativa di distributori automatici di biglietti, è la direttiva 2014/25 che deve essere applicata, e non la direttiva 2014/24, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare.

47. Pertanto, al fine di fornire una risposta utile a tale giudice, occorre tener conto dei considerando 12, 113, 115 e 117, nonché dell’articolo 1, paragrafo 2, e dell’articolo 89 della direttiva 2014/25, che corrispondono, in quest’ultima direttiva, ai considerando e alle disposizioni della direttiva 2014/24invocati nella domanda di pronuncia pregiudiziale.

48. In tali circostanze, si deve considerare che il giudice del rinvio chiede, con le sue prime due questioni, se l’articolo 2 sexies, paragrafo 2, della direttiva 89/665, l’articolo 2 sexies, paragrafo 2, della direttiva 92/13, i considerando da 19 a 21 della direttiva 2007/66, i considerando 12, 113, 115 e 117, l’articolo 1, paragrafo 2, e l’articolo 89 della direttiva 2014/25 ostino a una normativa nazionale che, nell’ambito di una procedura di ricorso avviata d’ufficio da un’autorità di controllo, consente di addebitare un’infrazione e di infliggere un’ammenda non solo all’ente aggiudicatore, ma anche all’aggiudicatario dell’appalto, nel caso in cui, in occasione della modifica di tale contratto in corso di esecuzione, le norme di aggiudicazione dei contratti pubblici siano state aggirate irregolarmente, e, con la sua terza questione, se, in caso di risposta negativa alle prime due questioni, l’importo dell’ammenda che sanziona la modifica illegale del contratto di appalto pubblico concluso tra l’ente aggiudicatore e l’aggiudicatario dell’appalto debba essere fissato tenendo conto solo della sussistenza del rapporto contrattuale tra tali parti o se sia necessario prendere in considerazione i comportamenti propri di ciascuna di tali parti.

 

Sulle questioni prima e seconda

49. Con le sue prime due questioni il giudice del rinvio chiede se l’articolo 2 sexies, paragrafo 2, della direttiva 89/665, l’articolo 2 sexies, paragrafo 2, della direttiva 92/13, i considerando da 19 a 21 della direttiva 2007/66, i considerando 12, 113, 115 e 117, l’articolo 1, paragrafo 2, nonché l’articolo 89 della direttiva 2014/25 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, nell’ambito di una procedura di ricorso avviata d’ufficio da un’autorità di controllo, consente di addebitare un’infrazione e di infliggere un’ammenda non solo all’ente aggiudicatore, ma anche all’aggiudicatario dell’appalto, nel caso in cui, in occasione della modifica di tale contratto in corso di esecuzione, le norme di aggiudicazione dei contratti pubblici siano state aggirate irregolarmente.

50. In primo luogo, si deve sottolineare che, certamente, le direttive 89/665 e 92/13 si limitano a prevedere che gli Stati membri garantiscano che le procedure di ricorso siano accessibili per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata (sentenza del 26 marzo 2020, HUNGEOD e a., C‑496/18 e C‑497/18, EU:C:2020:240, punto 71).

51. Infatti le disposizioni di tali direttive sono volte a tutelare gli operatori economici dall’arbitrio dell’ente aggiudicatore e si propongono quindi di assicurare l’esistenza, in tutti gli Stati membri, di mezzi di ricorso efficaci, al fine di garantire l’effettiva applicazione delle norme dell’Unione in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, segnatamente in una fase in cui le violazioni possono ancora essere corrette (sentenza del 26 marzo 2020, HUNGEOD e a., C‑496/18 e C‑497/18, EU:C:2020:240, punto 72).

52. È in tale prospettiva che l’articolo 2 sexies della direttiva 89/665 e l’articolo 2 sexies della direttiva 92/13, che sono formulati negli stessi termini, impongono agli Stati membri di prevedere, in caso di violazione di determinate disposizioni di tali direttive, o l’assenza di effetti dell’appalto o sanzioni sostitutive che possono consistere nell’imposizione di sanzioni pecuniarie all’ente aggiudicatore.

53. Tuttavia, sebbene le direttive 89/665 e 92/13 impongano che devono esistere mezzi di ricorso a disposizione di imprese che abbiano o abbiano avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che siano state o rischino di essere lese da una violazione denunciata, non si può ritenere che tali direttive realizzino un’armonizzazione completa e, pertanto, prevedano tutti i mezzi di ricorso possibili in materia di appalti pubblici (sentenza del 26 marzo 2020, HUNGEOD e a., C‑496/18 e C‑497/18, EU:C:2020:240, punto 73).

54. Ne risulta che l’articolo 2 sexies della direttiva 89/665 e l’articolo 2 sexies della direttiva 92/13 si riferiscono solo ai ricorsi avviati da imprese che hanno o hanno avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che sono state o rischiano di essere lese a causa di una violazione denunciata.

55. In tali circostanze, detti articoli non possono ostare né a che una procedura di ricorso possa essere avviata d’ufficio da un’autorità di controllo, né a che un’infrazione relativa alla modifica di un contratto di appalto pubblico in corso di esecuzione in violazione delle norme di aggiudicazione degli appalti pubblici possa essere addebitata non solo all’ente aggiudicatore, ma anche all’aggiudicatario dell’appalto e, di conseguenza, a che una sanzione sotto forma di ammenda sia inflitta tanto all’ente aggiudicatore quanto all’aggiudicatario dell’appalto.

56. Peraltro i considerando da 19 a 21 della direttiva 2007/66, che ha introdotto tali articoli 2 sexies nelle direttive 89/665 e 92/13, non inficiano in alcun modo una simile interpretazione.

57. In secondo luogo, né dall’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2014/25, che delimita l’ambito di applicazione sia ratione materiae sia ratione personae della medesima, né dal considerando 12 di tale direttiva, il quale, a sostegno di tale disposizione, precisa in particolare la nozione di «ente aggiudicatore», si può evincere che gli aggiudicatari di appalti pubblici non sono interessati dalle norme giuridiche che tale direttiva enuncia.

58. Infatti, da un lato, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2014/25, si parla di appalto quando uno o più enti aggiudicatori acquisiscono – mediante un appalto di lavori, forniture e servizi – lavori, forniture o servizi da operatori economici che, dopo essersi candidati o aver presentato offerte, sono stati scelti dagli enti aggiudicatori stessi. Ne risulta che l’espressione «operatori economici» utilizzata in tale disposizione include necessariamente gli aggiudicatari di appalti pubblici.

59. Dall’altro, l’articolo 89 della direttiva 2014/25, intitolato «Modifica di contratti durante il periodo di validità» e che fa parte del capo IV, relativo all’esecuzione dell’appalto, del titolo II di tale direttiva, conferma l’applicabilità della suddetta direttiva agli aggiudicatari di appalti.

60. Tale articolo elenca infatti, ai paragrafi 1 e 2, i diversi casi in cui un appalto in corso di esecuzione può essere modificato dalle parti contraenti, vale a dire l’ente aggiudicatore e l’aggiudicatario, senza che sia necessario ricorrere a una nuova procedura di aggiudicazione, a prescindere dal fatto che tale modifica dia luogo o meno alla pubblicazione di un avviso nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

61. Quanto all’articolo 89, paragrafo 5, di tale direttiva, esso rende obbligatorio indire una nuova procedura di appalto per modifiche delle disposizioni di un appalto pubblico diverse da quelle previste ai paragrafi 1 e 2 di tale articolo. Ne risulta che è necessario indire una nuova procedura di aggiudicazione di appalto per modifiche che presentano caratteristiche sostanzialmente diverse da quelle dell’appalto iniziale e che, di conseguenza, sono tali da dimostrare la volontà delle parti di rinegoziare i termini essenziali di tale appalto (v., per analogia, sentenze del 19 giugno 2008, pressetext Nachrichtenagentur, C‑454/06, EU:C:2008:351, punto 34, e del 29 aprile 2010, Commissione/Germania, C‑160/08, EU:C:2010:230, punto 99).

62. Tuttavia, l’articolo 89, paragrafo 5, della direttiva suddetta non prevede le conseguenze che occorre trarre, per le autorità nazionali, dal fatto che un appalto pubblico in corso di esecuzione sia stato modificato in modo sostanziale senza che sia stata indetta una nuova procedura di aggiudicazione di appalto.

63. Si deve inoltre rilevare che i considerando 113, 115 e 117 della direttiva 2014/25, menzionati dal giudice del rinvio, non forniscono alcun chiarimento al riguardo, ove peraltro il considerando 113espone che modifiche sostanziali a un appalto pubblico in corso di esecuzione dimostrano l’intenzione delle parti di tale appalto di rinegoziare elementi o condizioni essenziali.

64. Da quanto precede si evince che, dal momento che né l’articolo 1, paragrafo 2, né l’articolo 89 della direttiva 2014/25 provvedono a un’armonizzazione completa, nessuna di tali disposizioni può ostare a che, nell’ambito di una procedura di ricorso avviata d’ufficio da un’autorità di controllo, un’infrazione costituita dalla modifica di un contratto di appalto pubblico in corso di esecuzione, in violazione delle norme di aggiudicazione degli appalti pubblici, sia addebitata non solo all’ente aggiudicatore, ma anche all’aggiudicatario di tale appalto e, di conseguenza, a che una sanzione sotto forma di ammenda sia inflitta a quest’ultimo.

65. Tuttavia, qualora sia prevista da una normativa nazionale, una procedura di ricorso avviata d’ufficio da un’autorità di controllo – che conduce all’addebito, all’aggiudicatario di un appalto pubblico, di un’infrazione a motivo della modifica illegale di detto appalto in corso di esecuzione e pertanto a infliggergli un’ammenda – deve essere conforme al diritto dell’Unione nei limiti in cui un simile appalto rientra esso stesso nell’ambito di applicazione ratione materiae delle direttive sugli appalti pubblici, a prescindere dal fatto che ciò avvenga ab initio o a seguito della sua modifica illegale.

66. Pertanto una simile procedura di ricorso d’ufficio deve rispettare il diritto dell’Unione, compresi i suoi principi generali.

67. Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alle prime due questioni dichiarando che l’articolo 2 sexies, paragrafo 2, della direttiva 89/665, l’articolo 2 sexies, paragrafo 2, della direttiva 92/13, i considerando da 19 a 21 della direttiva 2007/66, nonché i considerando 12, 113, 115 e 117, l’articolo 1, paragrafo 2, e l’articolo 89 della direttiva 2014/25 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che, nell’ambito di una procedura di ricorso avviata d’ufficio da un’autorità di controllo, consente di addebitare un’infrazione e di infliggere un’ammenda non solo all’ente aggiudicatore, ma anche all’aggiudicatario dell’appalto, nel caso in cui, in occasione della modifica di un contratto di appalto pubblico in corso di esecuzione, le norme di aggiudicazione dei contratti pubblici siano state aggirate irregolarmente. Tuttavia, qualora una simile possibilità sia prevista dalla normativa nazionale, la procedura di ricorso deve rispettare il diritto dell’Unione, compresi i suoi principi generali, nei limiti in cui l’appalto pubblico di cui trattasi rientra esso stesso nell’ambito di applicazione ratione materiae delle direttive sugli appalti pubblici, a prescindere dal fatto che ciò avvenga ab initio o a seguito della sua modifica illegale.

 

Sulla terza questione

68. Con la sua terza questione il giudice del rinvio chiede se, in caso di risposta negativa alle prime due questioni, l’importo dell’ammenda che sanziona la modifica illegale di un contratto di appalto pubblico concluso tra l’ente aggiudicatore e l’aggiudicatario dell’appalto debba essere fissato tenendo conto solo della sussistenza del rapporto contrattuale tra tali parti, in forza del quale esse dovrebbero agire congiuntamente per modificare il contratto di appalto pubblico che le lega, o se sia necessario prendere in considerazione i comportamenti propri di ciascuna di tali parti.

69. Come risulta dal punto 65 della presente sentenza, qualora sia prevista da una normativa nazionale, una procedura di ricorso avviata d’ufficio da un’autorità di controllo – che conduce all’addebito, all’aggiudicatario di un appalto pubblico, di un’infrazione a motivo della modifica illegale di detto appalto in corso di esecuzione e pertanto a infliggergli un’ammenda – deve essere conforme al diritto dell’Unione nei limiti in cui un simile appalto rientra nell’ambito di applicazione ratione materiae delle direttive sugli appalti pubblici, a prescindere dal fatto che ciò avvenga ab initio o a seguito della sua modifica illegale.

70. Tenuto conto della portata della terza questione, è pertanto necessario determinare i requisiti che derivano dal principio di proporzionalità che devono essere rispettati qualora, nell’ambito di una procedura di ricorso d’ufficio, occorra fissare l’importo dell’ammenda inflitta all’aggiudicatario dell’appalto pubblico.

71. Si deve ricordare che, secondo il principio di proporzionalità, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, le norme stabilite dagli Stati membri o dagli enti aggiudicatori nell’ambito dell’applicazione delle direttive sugli appalti pubblici non devono andare oltre quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi previsti da tali direttive (v., in tal senso, sentenze dell’8 febbraio 2018, Lloyd’s of London, C‑144/17, EU:C:2018:78, punto 32, e del 30 gennaio 2020, Tim, C‑395/18, EU:C:2020:58, punto 45).

72. Nel caso di specie, sebbene spetti al giudice del rinvio valutare se l’importo dell’ammenda inflitta a T‑Systems sia proporzionato agli obiettivi della legge sugli appalti pubblici, l’autorità di controllo o il giudice del rinvio non possono fissare un simile importo limitandosi a prendere in considerazione solo il fatto che, in forza del rapporto contrattuale che le lega, le parti devono agire congiuntamente affinché il loro contratto di appalto pubblico sia modificato. Infatti tale importo deve essere fissato in relazione on il comportamento o le azioni delle parti del contratto di appalto pubblico di cui trattasi durante il periodo nel corso del quale esse hanno previsto di modificarlo.

73. Per quanto riguarda più in particolare l’aggiudicatario, si potrà tener conto segnatamente del fatto che esso abbia preso l’iniziativa di proporre la modifica contrattuale o che abbia suggerito, o addirittura preteso dall’ente aggiudicatore, di non indire una procedura di aggiudicazione di appalto per rispondere alle esigenze che richiedevano la modifica di tale contratto.

74. Per contro, l’importo dell’ammenda inflitta a tale aggiudicatario non può dipendere dalla circostanza che non è stata indetta una procedura di aggiudicazione di appalto per modificare il contratto, dal momento che la decisione di ricorrere a una simile procedura rientra unicamente nelle prerogative dell’ente aggiudicatore.

75. Di conseguenza, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’importo dell’ammenda che sanziona la modifica illegale di un contratto di appalto pubblico concluso tra un ente aggiudicatore e un aggiudicatario deve essere fissato prendendo in considerazione i comportamenti propri di ciascuna delle parti.

 

Sulle spese

76. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1) L’articolo 2 sexies, paragrafo 2, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, l’articolo 2 sexies, paragrafo 2, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, come modificata dalla direttiva 2007/66, i considerando da 19 a 21 della direttiva 2007/66, nonché i considerando 12, 113, 115 e 117, l’articolo 1, paragrafo 2, e l’articolo 89 della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che, nell’ambito di una procedura di ricorso avviata d’ufficio da un’autorità di controllo, consente di addebitare un’infrazione e di infliggere un’ammenda non solo all’ente aggiudicatore, ma anche all’aggiudicatario dell’appalto, nel caso in cui, in occasione della modifica di un contratto di appalto pubblico in corso di esecuzione, le norme di aggiudicazione dei contratti pubblici siano state aggirate irregolarmente. Tuttavia, qualora una simile possibilità sia prevista dalla normativa nazionale, la procedura di ricorso deve rispettare il diritto dell’Unione, compresi i suoi principi generali, nei limiti in cui l’appalto pubblico di cui trattasi rientra esso stesso nell’ambito di applicazione ratione materiae delle direttive sugli appalti pubblici, a prescindere dal fatto che ciò avvenga ab initio o a seguito della sua modifica illegale.

2) L’importo dell’ammenda che sanziona la modifica illegale di un contratto di appalto pubblico concluso tra un ente aggiudicatore e un aggiudicatario deve essere fissato prendendo in considerazione i comportamenti propri di ciascuna delle parti.

 

Guida alla lettura

Con la pronuncia in commento la Quarta Sezione della Corte di Giustizia interviene per delimitare l’ambito dei destinatari delle sanzioni irrogate dall’Autorità competente qualora le parti di un appalto pubblico apportino allo stesso delle modifiche in corso di esecuzione, senza avviare una nuova procedura di gara.

In particolare, l’intervento della Corte è finalizzato a stabilire se le disposizioni e i principi contenuti nelle Direttive comunitarie che disciplinano la materia dei contratti pubblici ostino a una normativa nazionale di recepimento che preveda la titolarità dell’Autorità all’uopo preposta di addebitare un’infrazione, infliggendo un’ammenda, all’aggiudicatario dell’appalto, non limitandosi quindi al solo ente (pubblico) aggiudicatore.

Pertanto, la Corte Ungherese, quale giudice del rinvio, interroga la Corte di Giustizia circa la possibilità che anche gli operatori economici privati, divenuti parte del contratto a seguito di aggiudicazione e stipula, possano essere attinti da una sanzione che presupponga il loro apporto nel mancato espletamento di una nuova procedura a evidenza pubblica in caso di modifiche all’originario contratto, ormai in corso di esecuzione.

La centralità della decisione, per quanto prenda le mosse dalla compatibilità comunitaria del diritto ungherese, si spiega in ragione della disciplina di riferimento attraverso cui la Corte di Lussemburgo risolve la questione pregiudiziale. Fulcro dell’analisi, difatti, sono le Direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE a cui è stata data attuazione, nell’ordinamento nazionale, con il d.lgs. n. 50/2016 (c.d. codice dei contratti pubblici); pertanto, l’interpretazione che delle stesse i Giudici offrono si estende anche al diritto interno, soprattutto in considerazione del silenzio serbato dal legislatore nazionale circa i destinatari delle sanzioni inflitte dall’ANAC, ai sensi degli artt. 211 e ss. d.lgs. cit.

Nello stabilire che le Direttive regolatrici del settore degli appalti pubblici non ostano a una normativa nazionale che consenta all’Autorità competente di estendere l’ambito dei destinatari delle sanzioni dalla stessa inflitte anche all’aggiudicatario privato, andando oltre l’ente aggiudicatore, la Corte di Giustizia chiarisce quali siano le disposizioni di riferimento e i principi inderogabili.

Per risolvere la questione sottesa la rinvio pregiudiziale, i Giudici europei individuano preliminarmente la normativa generale in materia di modifiche del contratto in corso di esecuzione.

Punto di partenza dell’analisi sono le Dir. 89/665 e 92/13.

Le suddette prescrizioni normative, con riferimento allo specifico problema in esame, si limitano a prevedere che le procedure di ricorso avverso le determinazioni dell’ente aggiudicatore siano accessibili a chiunque, al fine di garantire una tutela piena ed effettiva degli operatori economici qualora questi riscontrino arbitri dell’amministrazione aggiudicatrice idonei a minare le regole della concorrenza.

Tuttavia, riferendosi le suddette direttive ai soli ricorsi avviati dalle imprese interessate all’aggiudicazione, nulla prevedendo circa la legittimazione di un’Autorità ad avviare d’ufficio una procedura di ricorso, deve concludersi che da tali fonti non emergano condizioni ostative per ammettere che gli Organi competenti possano irrogare sanzioni anche nei confronti degli operatori economici privati. Questi ultimi, in qualità di aggiudicatari, possono in concreto concorrere a modificare il contratto in esecuzione, di concerto con l’ente aggiudicatore (punti 3 e 4 della decisione; nonché punti 54 e 55).

La Corte di Giustizia perviene allo stesso esito nell’esaminare la compatibilità dei suddetti meccanismi sanzionatori rispetto alle Dir. n. 24 e 25 del 2014.

Nel dettaglio, i Giudici risolvo la questione attraverso l’esame dell’art. 1, paragrafo 2, e del titolo II della Dir. n. 24, afferente all’esecuzione del contratto e, quindi, anche alla sua modifica (art. 72 della direttiva), analizzando inoltre i considerando 10, 29, 107, 109 e 111 della suddetta direttiva.

Dai referenti normativi emerge la centralità di due principi fondamentali, quali la tutela delle regole della concorrenza e la garanzia della certezza giuridica, la cui attuazione è assicurata anche dall’individuazione delle modalità attraverso cui le parti di un appalto pubblico possono procedere alla modifica dello stesso.

In particolare, l’art. 72 della Dir. n. 24 differenzia due tipi di modifiche da cui discende un differente regime disciplinatorio. Se, difatti, i mutamenti che interessano il contratto risultano idonei a modificarne in modo significativo il contenuto e superino del 50% il valore del contratto iniziale, sarà necessario procedere con una nuova gara. All’opposto, qualora ricorrano le condizioni indicate sempre all’art. 72 dir. cit. e le modifiche non siano da considerarsi sostanziali, i contratti e gli accordi quadro possono essere modificati senza una nuova procedura d’appalto.

La centralità che ricopre l’entità della modifica rispetto all’originario valore e all’iniziale struttura del contratto è confermata anche nel testo della Dir. n. 25 del 2014, così come nei considerando della stessa (par. 9 della sentenza in commento). Se, difatti, gli interventi modificativi esprimono l’intenzione delle parti di rinegoziare elementi essenziali o condizioni del contratto originariamente stabiliti, allora è necessario predisporre una nuova procedura, nel rispetto delle regole delle concorrenza in ragione di una nuova determinazione dell’ente pubblico.

Ferme restando tali regole, tuttavia, il giudice del rinvio contesta che siano interessati dall’infrazione, risultando quindi destinatari della relativa sanzione, anche gli aggiudicatari dell’appalto. Si legge, infatti, dal punto 32 della sentenza in commento che, nonostante lo scopo della normativa sia quello di mantenere la concorrenza più ampia possibile anche dopo la stipula del contratto, l’unica parte nei cui confronti possa essere irrogata una sanzione, nell’ipotesi di mancata riedizione della gara, sia l’ente aggiudicatore, spettando solo a quest’ultimo il potere di indire una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico.

A conferma di tale assunto, la Corte Ungherese pone a sostegno dell’esclusione dell’aggiudicatario quale destinatario dell’infrazione anche gli artt. 41 e 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza).

La Corte di Giustizia, sul punto, smentisce la violazione delle tutele impresse nei suddetti articoli e, di conseguenza, non riconosce agli stessi carattere ostativo ai fini dell’allargamento del novero dei soggetti interessati dalle sanzioni dell’Autorità competente in caso di modifiche essenziali di un contratto durante la sua fase esecutiva.

In particolare, è dal punto 41 della sentenza che i Giudici europei constatano la non pertinenza delle su indicate disposizioni della Carta con riferimento alla questione principale. L’art. 41 cit., difatti, si rivolge esclusivamente alle Istituzioni e agli Organismi dell’Unione, non involgendo direttamente gli Stati Membri. Inoltre, l’art. 47 Carta di Nizza sancisce il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, che non sarebbe compromesso dalla riconosciuta esperibilità di un procedura volta a irrogare una sanzione anche all’aggiudicatario in caso di modifica illegale di un contratto di appalto.

La tutela degli operatori economici, così come stigmatizzata dall’intera normativa europea di settore esaminata della Corte di Giustizia, non è pregiudicata da una normativa nazionale che, nell’attuare le Direttive, legittimi l’Autorità competente a sanzionare, oltre all’ente aggiudicatore, anche i privati aggiudicatari.

Sempre sulla base dell’interpretazione offerta dal Collegio, la procedura di ricorso avviata d’ufficio da un’Autorità di controllo deve essere, però, conforme al diritto dell’Unione Europea. Pertanto, le modifiche oggetto di contestazione, così come il contratto di appalto cui le stesse afferiscono, devono rientrare nell’ambito di applicazione ratione materiae delle direttive sugli appalti pubblici (punto 65 della decisione).

Tuttavia, pur riconoscendo cittadinanza a una normativa nazionale che allarghi il novero dei destinatari delle sanzioni in caso di modifiche illegali del contratto di appalto, la Corte di Giustizia traccia i limiti a un simile potere sanzionatorio dell’Autorità di controllo con precipuo riferimento all’importo dell’ammenda.

Difatti, la terza questione pregiudiziale investe la problematica relativa al quantum della sanzione irrogata per la modifica illegale e, in particolare, se l’ammenda debba essere fissata tenendo conto del solo rapporto contrattuale ovvero se debbano essere considerati altresì i comportamenti di ciascuna delle parti.

Ѐ proprio con riferimento a tale quesito che i Giudici europei delimitano il potere sanzionatorio in ragione dei principi che regolano la materia degli appalti, con riferimento specifico all’irrogazione delle sanzioni. Centrale è, sul punto, il principio di proporzionalità attraverso cui procedere alla determinazione dei requisiti che devono essere rispettati nella quantificazione dell’ammenda (punto 70 della sentenza).

La proporzionalità, del resto, assurgendo a principio generale del diritto dell’Unione Europea, impone che la normativa nazionale attuativa delle Direttive non possa prevedere strumenti, anche sanzionatori, che vadano oltre quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi prefissati dalle Direttive stesse.

Sulla base di tali considerazioni, pertanto, la Corte di Giustizia, nell’escludere che la disciplina comunitaria osti a una normativa nazionale che preveda l’irrogazione delle sanzioni in caso di modifiche illegali anche all’aggiudicatario oltre che all’ente aggiudicatore, impone che l’Autorità competente all’inflizione della sanzione fissi l’importo della stessa in ragione delle circostanze del caso concreto.

Pertanto, il quantum dell’ammenda non può dipendere esclusivamente dal dato oggettivo della mancata indizione di una procedura di aggiudicazione per modifiche essenziali del contratto originario, spettando quest’ultima determinazione solo all’amministrazione aggiudicatrice.

All’opposto, per poter efficacemente sanzionare anche il privato aggiudicatario occorre verificare che questi abbia concorso nella decisione della modifica del contratto, suggerendo o addirittura pretendendo dall’ente aggiudicatore di non indire una nuova procedura (dal punto 72 della decisione).

Il principio di proporzione, quale ulteriore tutela del privato, richiede un accertamento concreto del suo contributo nella violazione o elusione della normativa volta al rispetto delle regole della concorrenza.