Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 2350 del 9/04/2020

Pur in presenza di una formale violazione dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, in conformità a quanto successivamente chiarito dalla Corte di Giustizia, e comunque in applicazione dei principi generali di tutela dell’affidamento e di massima partecipazione alla gara, correttamente la Commissione giudicatrice, nella seduta del 25 settembre 2017, ha consentito alla concorrente di esprimere le proprie giustificazioni, valutate in sede di verifica della congruità dell’offerta, ambito prefigurato dal combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 97, comma 5, lett. f), del d.lgs. n. 50 del 2016. 

Va ricordato in premessa il costante indirizzo giurisprudenziale secondo cui nelle gare pubbliche il giudizio circa l’anomalia dell’offerta è tipica espressione di valutazione tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità od erroneità fattuale, non anche estensibile ad un’autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci (Cons. Stato, V, 30 dicembre 2019, n. 8909).

Il giudizio di anomalia ha natura globale e sintetica e serve a valutare se l’anomalia delle diverse componenti si traduca in un’offerta complessivamente inaffidabile; il giudice può sindacare le valutazioni dell’amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza, ed adeguatezza dell’istruttoria, ma senza poter procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un’inammissibile invasione della sfera propria dell’amministrazione

Il Consiglio di Stato accoglie l'appello di una società che, a detta della controparte, non aveva indicato specificamente i costi della manodopera da impiegare nella procedura concorsuale in argomento.

Nello specifico il Collegio rileva che l’omissione era stata giustamente interpretata dalla Commissione giudicatrice come mero inadempimento formale, oggetto, di conseguenza, di sanatoria tramite il ricorso all'applicazione dell'istituto del soccorso istruttorio.

A tal proposito la Sezione rammenta come la tematica in esame sia particolarmente rilevante e come la stessa abbia avuto fondati riscontri giurisprudenziali, anche in ambito europeo.

"Non ignora il Collegio il carattere controverso in giurisprudenza del thema decidendum,-argomenta il Consiglio di Stato- tanto da avere ritenuto opportuno, sul piano ermeneutico, attendere l’esito della decisione della Corte di Giustizia cui la questione è stata riproposta nel vigore del nuovo codice dei contratti pubblici. La Corte Giust. U.E. 2 maggio 2019 (in causa C-309/2018)-prosegue il Consiglio di Stato- ha affermato che “i principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, contemplati nella direttiva 2014/24/UE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una normativa nazionale secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, semprechè tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alla procedura di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel sensi che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’ amministrazione aggiudicatrice”.

Pertanto i giudici accolgono, come ricordato, il modus procedendi della Commissione la quale, in una specifica visione sostanzialistica tesa a superare l'approccio formale, rende possibile che l’operatore economico sia in grado di ricorrere concretamente all'istituto del soccorso istruttorio.

"Ne consegue che-puntualizza il Collegio-, pur in presenza di una formale violazione dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, in conformità a quanto successivamente chiarito dalla Corte di Giustizia, e comunque in applicazione dei principi generali di tutela dell’affidamento e di massima partecipazione alla gara, correttamente la Commissione giudicatrice, nella seduta del 25 settembre 2017, ha consentito alla concorrente di esprimere le proprie giustificazioni, valutate in sede di verifica della congruità dell’offerta, ambito prefigurato dal combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 97, comma 5, lett. f), del d.lgs. n. 50 del 2016. Il dato oggettivo è che La Fenice ha giustificato la propria offerta economica, la quale è rimesta immutata, sì da confermare le indicazioni tendenziali già indirettamente inferibili dall’ offerta tecnica, e cioè il fatto di avere tenuto conto, nella sua formulazione, del costo della manodopera (peraltro dalla società bene conosciuto, essendo gestore uscente del servizio)."

In prosieguo il Collegio, esaminando nel merito la causa, non accoglie la doglianza sollevata dalla parte resistente all'appello, consistente nel fatto che la stessa società appellante non avrebbe incluso, nei costi della manodopera, la voce relativa allo staff di servizio.

"Lo staff- puntualizza, infatti, la Sezione- era parte integrante del personale che l’operatore economico aggiudicatario doveva assumere in virtù della clausola sociale prevista dall’art. 19 del disciplinare, e tale impegno è stato espressamente espresso da la Fenice nel progetto tecnico. La norma prevedeva l’elenco nominativo del personale con le qualifiche possedute solo all’inizio del servizio. Peraltro, come già in precedenza osservato, in sede di giustificazione dell’anomalia dell’offerta, La Fenice ha dimostrato di avere tenuto conto del costo della manodopera, ivi incluso il personale di staff".

In conclusione la Sezione, nell'analizzare i principi che regolamentano il giudizio relativo alla presunta anomalia di un'offerta tecnica nell’ambito degli appalti pubblici, precisa come, nella fattispecie in esame, debba necessariamente escludersi la complessiva inaffidabilità della medesima offerta: nello specifico quest'ultima risulta essere caratterizzata da un minimo importo che non la rende manifestamente irragionevole.

"Va ricordato in premessa- puntualizza il Consiglio di Stato- il costante indirizzo giurisprudenziale secondo cui nelle gare pubbliche il giudizio circa l’anomalia dell’offerta è tipica espressione di valutazione tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità od erroneità fattuale, non anche estensibile ad un’autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci (Cons. Stato, V, 30 dicembre 2019, n. 8909).ll giudizio di anomalia ha natura globale e sintetica e serve a valutare se l’anomalia delle diverse componenti si traduca in un’offerta complessivamente inaffidabile; il giudice può sindacare le valutazioni dell’amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza, ed adeguatezza dell’istruttoria, ma senza poter procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un’inammissibile invasione della sfera propria dell’amministrazione (Cons. Stato, V, 28 ottobre 2019, n. 7391). Anche con riguardo al costo del lavoro la giurisprudenza ha precisato che le tabelle ministeriali costituiscono solamente un parametro di valutazione della congruità dell’offerta (Cons. Stato, V, 29 luglio 2019, n. 5353)".
"In tale cornice -
conclude, di conseguenza,il supremo Consesso- deve ritenersi come non sia ravvisabile l’anomalia dell’offerta de La Fenice, atteso che, applicando i criteri del capitolato (che fa riferimento a 180 giorni all'anno di servizio, corrispondenti a 8,27 mesi), si evince uno scarto differenziale di euro 0,048359, e dunque un importo che non rende l’offerta manifestamente irragionevole; ciò anche a prescindere dal fatto che, secondo quanto allegato dall’appellante principale, risulterebbe compensato dalla voce “Imprevisti”.

LEGGI LA SENTENZA

Pubblicato il 09/04/2020

N. 02350/2020REG.PROV.COLL.

N. 04440/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4440 del 2018, proposto da
La Fenice s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Pietro Quinto, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio A Placidi s.r.l. in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;

contro

Comune di Veglie, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gabriella De Giorgi Cezzi, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza, 24;
Union 3 Centro di Costo Comune di Veglie quale Centrale Unica di Committenza, non costituita in giudizio;

nei confronti

Turigest s.r.l. unipersonale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Valeria Pellegrino, con domicilio come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Valeria Pellegrino in Roma, Corso del Rinascimento, 11;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE II n. 00836/2018, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Veglie;

Visto l'atto di costituzione in giudizio con appello incidentale di Turigest s.r.l. unipersonale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2019 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Quinto, Notarnicola, su delega dell'avv. De Giorgi Cezzi, e Gianluigi Pellegrino, su delega dell'avv. Valeria Pellegrino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- La Fenice s.r.l. ha interposto appello nei confronti della sentenza 18 maggio 2018, n. 836 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sez. staccata di Lecce, Sez. II, che ha accolto il ricorso principale della Turigest s.r.l. unipersonale avverso l’affidamento del servizio di mensa scolastica in favore de La Fenice, come pure il suo ricorso incidentale nei confronti dell’ammissione alla procedura di Turigest.

Si tratta della di gara per l’affidamento del servizio di mensa scolastica indetta dalla C.U.C. Union 3 Centro di Costo del Comune di Veglie per gli anni scolastici 2017/2018 e 2018/2019; l’importo a base di gara era previsto in euro 3,90 a pasto, soggetto a ribasso percentuale.

All’esito della procedura, improntata al criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, La Fenice risultava prima graduata e la Turigest seconda.

Con il ricorso in primo grado la società Turigest ha impugnato l’aggiudicazione, disposta con determina dirigenziale 23 ottobre 2017, n. 303, deducendone l’illegittimità per violazione dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto l’offerta economica de La Fenice era priva dell’indicazione dei costi della manodopera, e per incertezza assoluta del contenuto dell’offerta, nonché, in subordine, censurando il giudizio di congruità dell’offerta.

La Fenice s.r.l., a sua volta, ha esperito ricorso incidentale chiedendo l’esclusione della Turigest s.r.l. unipersonale per vizi propri dell’offerta.

2. - La sentenza appellata ha accolto il ricorso incidentale nella considerazione che l’offerta Turigest non rispettava gli standards minimi di qualità previsti nel capitolato speciale (e cioè in particolare, ai sensi dell’art. 12, lett. b, la fornitura di acqua minerale naturale in bottiglia) avendo proposto l’acqua dell’Acquedotto Pugliese, ovviamente potabile, ma non minerale, “affinata” attraverso un impianto a carboni attivi e distribuita mediante caraffe riutilizzabili ed ha altresì accolto il ricorso principale nella considerazione che l’offerta economica de La Fenice non indicava i costi della manodopera e gli oneri aziendali in materia di sicurezza sul lavoro, obbligo desumibile dall’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, pur in assenza di una specifica previsione della lex specialis.

3.- Con l’appello principale La Felice s.r.l. ha criticato la sentenza nella parte in cui ha accolto il motivo volto a censurare la mancata specificazione, nella sua offerta tecnica, dei costi della manodopera, benchè avesse indicato che avrebbe proceduto all’assunzione del personale già in servizio e che avrebbe applicato i contratti collettivi di settore, ed in assenza di qualsivoglia specificazione nella lex specialis di gara. Stante la inferibilità del costo della manodopera, la Commissione giudicatrice aveva correttamente ammesso il soccorso istruttorio, che riguardava dunque un’omissione meramente formale, come confermato in sede di giustificazione dell’offerta economica.

4. - Si è costituita in resistenza la Turigest s.r.l. unipersonale, la quale ha anche proposto appello incidentale avverso la statuizione che la ritenuto la sua offerta (con riguarda alla fornitura dell’acqua) difforme dalla lex specialis e dunque meritevole di esclusione, riproponendo poi i motivi di primo grado non esaminati.

5. - Si è altresì costituito in resistenza il Comune di Veglie concludendo per l’accoglimento dell’appello principale e la reiezione di quello incidentale.

6.- All’udienza pubblica del 19 dicembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- L’appello principale, nel censurare la sentenza di prime cure, che ha accolto il motivo di Turigest avverso l’offerta de La Fenice, non espressamente indicante i costi della manodopera, deduce che era comunque certamente desumibile dall’offerta tecnica la circostanza per cui La Fenice aveva tenuto conto del costo della manodopera, la cui mancata indicazione nell’offerta economica si è dunque tradotta in una mera omissione formale, che era stata correttamente ritenuta soccorribile dalla Commissione giudicatrice. Nell’offerta tecnica La Fenice aveva infatti dichiarato che avrebbe proceduto all’assunzione del personale già in servizio, applicando i contratti collettivi di settore, risultando dunque incluso anche il personale dello staff. Inoltre La Fenice ha giustificato l’offerta economica, rimasta immutata, in sede di chiarimenti/giustificazioni, così dimostrando di avere tenuto conto, in sede di offerta, del costo di tutta le manodopera.

L’appello è fondato e va accolto.

Non ignora il Collegio il carattere controverso in giurisprudenza del thema decidendum, tanto da avere ritenuto opportuno, sul piano ermeneutico, attendere l’esito della decisione della Corte di Giustizia cui la questione è stata riproposta nel vigore del nuovo codice dei contratti pubblici.

La Corte Giust. U.E. 2 maggio 2019 (in causa C-309/2018) ha affermato che “i principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, contemplati nella direttiva 2014/24/UE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una normativa nazionale secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, semprechè tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alla procedura di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel sensi che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice”.

Ora, nella fattispecie in esame, il modello “G”, recante l’offerta economica, non conteneva alcun riferimento al costo della manodopera e la lex specialis non li contemplava, in difformità di quanto disposto dall’art. 23, comma 16, del d.lgs. n. 50 del 2016.

Ne consegue che, pur in presenza di una formale violazione dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, in conformità a quanto successivamente chiarito dalla Corte di Giustizia, e comunque in applicazione dei principi generali di tutela dell’affidamento e di massima partecipazione alla gara, correttamente la Commissione giudicatrice, nella seduta del 25 settembre 2017, ha consentito alla concorrente di esprimere le proprie giustificazioni, valutate in sede di verifica della congruità dell’offerta, ambito prefigurato dal combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 97, comma 5, lett. f), del d.lgs. n. 50 del 2016.

Il dato oggettivo è che La Fenice ha giustificato la propria offerta economica, la quale è rimesta immutata, sì da confermare le indicazioni tendenziali già indirettamente inferibili dall’offerta tecnica, e cioè il fatto di avere tenuto conto, nella sua formulazione, del costo della manodopera (peraltro dalla società bene conosciuto, essendo gestore uscente del servizio).

2. - Procedendo ora alla disamina dell’appello incidentale, con il medesimo Turigest s.r.l. unipersonale censura la statuizione di primo grado che, in accoglimento del ricorso incidentale de La Fenice, ha ritenuto la sua offerta tecnica difforme dalla lex specialis con riguardo alla fornitura di acqua, “affinata” ma non minerale, e distribuita mediante caraffe riutilizzabili, anziché in bottiglia.

La Turigest deduce, in particolare, con il primo motivo, l’erroneità della sentenza di prime cure per non avere tenuto conto che l’art. 24 del capitolato speciale disponeva che il personale addetto provvedesse al riempimento delle caraffe dal punto di erogazione, e dunque al posizionamento ed alla sostituzione sui tavoli ed al loro ritiro a fine servizio, tale previsione dimostrando che l’offerta di acqua di rete affinata e distribuita mediante caraffe riutilizzabili era pienamente conforme ad una delle modalità di fornitura previste dal capitolato, sì che l’utilizzo di acqua minerale in bottiglia non costituiva elemento essenziale del contratto.

Con il secondo motivo dell’appello incidentale, che può essere esaminato congiuntamente al primo in ragione della loro complementarietà, la società Turigest deduce poi che l’offerta di acqua di rete affinata da servire in contenitori riutilizzabili (caraffe) sia consentita dalla normativa di settore, ed in particolare dal d.m. 25 luglio 2011 (par. 5.3) concernente i CAM-criteri ambientali minimi, che impone, in quanto maggiormente eco-sostenibile, l’utilizzo di acque e bevande sfuse, oltre a costituire un elemento di valutazione ai snsi dell’art. 13, lett. C7), del disciplinare di gara.

I motivi sono infondati.

Premesso che la lex specialis non è stata fatta oggetto di gravame, occorre limitare il sindacato alla verifica della conformità dell’offerta di Turigest alla stessa lex specialis.

A questo riguardo, non può prescindersi dal rilevare come l’art. 12 del capitolato speciale d’appalto, in tema di “preparazione dei pasti”, dispone che «andranno tassativamente rispettate, quale “standard minimo” di servizio, la disciplina nazionale, regionale e locale vigente in materia espressamente richiamata dall’art. 11 lett. a), nonché le ulteriori specifiche di seguito espressamente indicate» (l’art. 7, a sua volta, stabilisce che «gli standards minimi di qualità sono quelli riportati nel presente Capitolato»); tra queste specifiche, al punto sub b) “composizione”, è previsto che «l’acqua minerale naturale verrà fornita in bottiglia come da allegata tabella merceologica», ed, ancora, che «l’appaltatore deve fornire un quantitativo di scorta di acqua in bottiglia presso ogni punto di distribuzione».

Ad avviso dell’appellante incidentale, il contenuto della “fornitura di acqua” è diversamente evincibile dall’art. 24 dello stesso capitolato, che, dettando la “disciplina comune a tutto il personale in servizio”, prevede che «il personale addetto alla distribuzione e alla preparazione prima di distribuire o preparare i pasti deve», togliersi anelli, braccialetti, lavarsi le mani, indossare il camice, guanti, cuffia, mascherina, ed anche [procedere al] «riempimento caraffe dal punto di erogazione, posizionamento e sostituzione sui tavoli e ritiro a fine servizio con relativa pulizia e sanificazione giornaliera delle stesse»; inoltre, diversamente opinando, sarebbe inutilmente previsto l’uso di contenitori riutilizzabili da parte dell’art. 13 del disciplinare di gara.

Ritiene il Collegio che l’assunto dell’appellante incidentale non sia condivisibile, in quanto desume la compatibilità dell’offerta dell’acqua di rete, seppure “affinata”, da una disposizione del capitolato riguardante la disciplina generale valida per tutto il personale in servizio, laddove la doverosa applicazione del criterio di specialità impone di fare riferimento alla regolamentazione sulla “composizione dei pasti” contenuta nell’art. 12 dello stesso capitolato, ove si fa riferimento alla sola acqua minerale naturale fornita in bottiglia.

Né può procedersi ad una lettura integrata delle due disposizioni sull’acqua postulando che questa faccia riferimento al quantitativo di scorta presso ogni punto di distribuzione, in quanto si tratta di due clausole distinte, come dimostra la cesura frapposta dal segno di interpunzione del punto.

Ne deriva che deve ritenersi che la lex specialis richiedesse la fornitura di acqua minerale naturale, con almeno parziale disarmonia dell’elemento di valutazione di cui al punto C7) dell’art. 13 del disciplinare di gara, la cui portata non risulta perspicua (rispetto alla quale occorre comunque precisare che, posta la prevalenza del bando, tra disciplinare e capitolato si pone un rapporto di gerarchia differenziata, con “riserva di contenuto”, nel senso che al disciplinare compete descrivere il procedimento di gara, mentre al capitolato trattare gli aspetti tecnici).

2.1. - Quanto poi alla equipollenza di tale acqua con l’acqua di rete, osserva il Collegio che ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 8 ottobre 2011, n. 176, «sono considerate acque minerali naturali le acque che, avendo origine da una falda o giacimento sotterraneo, provengono da una o più sorgenti naturali o perforate e che hanno caratteristiche igieniche particolari e, eventualmente, proprietà favorevoli alla salute»; soprattutto il comma 2 precisa che «le acque minerali naturali si distinguono dalle ordinarie acque potabili per la purezza originaria e sua conservazione, per il tenore in minerali, oligoelementi o altri costituenti ed, eventualmente, per taluni loro effetti. Esse vanno tenute al riparo da ogni rischio di inquinamento».

L’ordinamento differenzia dunque l’acqua minerale naturale dall’ordinaria acqua potabile, come confermato anche dall’art. 11 dello stesso d.lgs. n. 176 il quale, al primo comma, dispone che «è vietato il trasporto dell’acqua minerale naturale a mezzo di recipienti che non siano quelli destinati al consumatore finale».

2.2.- Occorre aggiungere che non può trovare condivisione l’argomento basato sul favore per l’acqua sfusa desumibile dai C.A.M., in quanto più eco-compatibile.

Anche a convenire con tale assunto, sarebbe stata necessaria l’impugnazione della lex specialis, atteso che, diversamente, e cioè mediante un’operazione ermeneutica, si verrebbe proprio ad incidere sulla par condicio dei concorrenti, stante il differente costo tra l’acqua minerale in bottiglia e l’erogazione a mezzo della rete dell’acqua pubblica (dell’Acquedotto pugliese, nella specie).

3. - Procedendo ora alla disamina dei motivi di primo grado assorbiti dalla sentenza appellata e riproposti in questa sede, Turigest lamenta anzitutto, ritornando sul motivo concernente la mancata indicazione, nell’offerta economica de La Fenice, dei costi della manodopera, che non è fatto riferimento alla composizione dello staff di servizio.

Il motivo è infondato.

Lo staff era parte integrante del personale che l’operatore economico aggiudicatario doveva assumere in virtù della clausola sociale prevista dall’art. 19 del disciplinare, e tale impegno è stato espressamente espresso da la Fenice nel progetto tecnico. La norma prevedeva l’elenco nominativo del personale con le qualifiche possedute solo all’inizio del servizio.

Peraltro, come già in precedenza osservato, in sede di giustificazione dell’anomalia dell’offerta, La Fenice ha dimostrato di avere tenuto conto del costo della manodopera, ivi incluso il personale di staff.

4.- Viene poi dedotta l’illegittimità del giudizio di congruità dell’offerta nell’assunto che i costi della manodopera sarebbero stati sottostimati da La Fenice, che ha indicato un costo di euro 1,43 a pasto a fronte dell’importo di euro 1,92 di Turigest; ad esempio per il cuoco ha offerto un importo complessivo nel biennio di euro 26.047,38, mentre applicando i parametri del capitolato l’importo ammonterebbe ad euro 35.244,00; complessivamente, cioè tenendo conto di tutto il personale, la sottostima sarebbe di circa 100.000,00 euro. Ne deriva che quella de La Fenice sarebbe un’offerta insostenibile, in quanto l’utile dichiarato di 10 centesimi a pasto risulta azzerato dall’erroneo calcolo dei costi della manodopera.

Anche tale motivo è infondato.

Va ricordato in premessa il costante indirizzo giurisprudenziale secondo cui nelle gare pubbliche il giudizio circa l’anomalia dell’offerta è tipica espressione di valutazione tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità od erroneità fattuale, non anche estensibile ad un’autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci (Cons. Stato, V, 30 dicembre 2019, n. 8909).

Il giudizio di anomalia ha natura globale e sintetica e serve a valutare se l’anomalia delle diverse componenti si traduca in un’offerta complessivamente inaffidabile; il giudice può sindacare le valutazioni dell’amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza, ed adeguatezza dell’istruttoria, ma senza poter procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un’inammissibile invasione della sfera propria dell’amministrazione (Cons. Stato, V, 28 ottobre 2019, n. 7391).

Anche con riguardo al costo del lavoro la giurisprudenza ha precisato che le tabelle ministeriali costituiscono solamente un parametro di valutazione della congruità dell’offerta (Cons. Stato, V, 29 luglio 2019, n. 5353).

In tale cornice deve ritenersi come non sia ravvisabile l’anomalia dell’offerta de La Fenice, atteso che, applicando i criteri del capitolato (che fa riferimento a 180 giorni all’anno di servizio, corrispondenti a 8,27 mesi), si evince uno scarto differenziale di euro 0,048359, e dunque un importo che non rende l’offerta manifestamente irragionevole; ciò anche a prescindere dal fatto che, secondo quanto allegato dall’appellante principale, risulterebbe compensato dalla voce “Imprevisti”.

5. - Consegue da quanto esposto l’infondatezza dell’appello incidentale e della connessa domanda risarcitoria.

6. - In conclusione, l’appello principale va accolto mentre quello incidentale deve essere respinto; per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso della Turigest s.r.l. unipersonale.

La complessità della controversia integra le ragioni che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, accoglie l’appello principale e respinge quello incidentale; per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado della Turigest s.r.l. unipersonale.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2019 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Raffaele Prosperi, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere, Estensore

Giovanni Grasso, Consigliere