Consiglio di Stato, sez. V, 6 aprile 2020, n. 2260.

1.   La valutazione operata dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f),del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163riguarda l’affidabilità contrattuale e professionale dell’operatore economico alla luce di un grave errore professionale commesso nell’esercizio della sua attività, ed è espressione di ampia discrezionalità poiché effettuata sulla base di considerazioni di opportunità e, comunque, in applicazione di norme interne o prassi amministrativa; nondimeno la stazione appaltante è tenuta nella motivazione del provvedimento a dar adeguato conto: a) di aver effettuato un’autonoma valutazione delle fonti di prova dai cui ha tratto la pregressa commissione di un errore professionale grave; b) di aver considerato le emergenti circostanze di fatto sotto il profilo della loro pertinenza e rilevanza in ordine all’apprezzamento di integrità morale e affidabilità professionale del concorrente.

2.   Le misure di self-cleaning hanno effetto pro futuro, ovvero per la partecipazione a gare successive alla adozione delle misure stesse. Solo dopo l’adozione delle misure di self-cleaning la stazione appaltante può dunque essere stimata al riparo dalla ripetizione di pratiche scorrette ad opera degli stessi organi sociali, posto anche che l’atto sanzionatorio solo remunera una condotta ormai perfezionata in ogni elemento.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1960 del 2018, proposto da

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Lirosi, Marco Martinelli e Andrea Zoppini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Antonio Lirosi in Roma, via delle Quattro Fontane, 20;

contro

CONSIP s.p.a., in persona del legale rappresentante e A.N.A.C. – Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del Presidente in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituito in giudizio;

e con l’intervento di

ad opponendum:

-OMISSIS- in proprio e quale mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Antonino Ilacqua, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Federico Cesi, 30;

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1956 del 2018, proposto da

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Gennaro Rocco Notarnicola, Aristide Police e Fabio Cintioli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fabio Cintioli in Roma, via Vittoria Colonna, 32;

contro

CONSIP s.p.a., in persona del legale rappresentante e A.N.A.C. – Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del Presidente in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Lirosi, Marco Martinelli e Andrea Zoppini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Zoppini in Roma, piazza di Spagna, 15;

e con l’intervento di

ad opponendum:

-OMISSIS- in proprio e quale mandataria del raggruppamento temporaneo con -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Antonino Ilacqua, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Federico Cesi, 30;

per la riforma

per entrambi i ricorsi (n. 1956 del 2018 e n. 1960 del 2018)

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione Seconda) n. -OMISSIS-, resa tra le parti;

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip s.p.a., di A.N.A.C. – Autorità Nazionale Anticorruzione e di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2020 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Aristide Police, Fabio Cintioli, Antonio Lirosi, Antonino Ilacqua e l’avvocato dello Stato Andrea Fedeli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. -OMISSIS- (di seguito, -OMISSIS-) partecipava alla procedura di gara indetta da Consip s.p.a., con bando pubblicato il 19 dicembre 2014, per “l’affidamento dei servizi di pulizia di sanificazione ed altri servizi per gli enti del servizio sanitario nazionale – id 1460” (Gara Sanità), divisa in 14 lotti territoriali, per un valore complessivo di circa 1,5 miliardi di euro, presentando domanda di partecipazione a 10 lotti.

Alla medesima procedura di gara prendeva parte anche -OMISSIS-che presentava domanda per 12 lotti.

Gli stessi operatori economici prendevano parte anche ad altra procedura di gara, indetta da Consip s.p.a. con bando pubblicato il 20 novembre 2015, per “l’affidamento dei servizi di pulizia ed igiene ambientale nonché degli altri servizi aggiuntivi da eseguirsi negli immobili adibiti ad uso caserma per le pubbliche amministrazioni – id 1620” (Gara Caserme) divisa in 14 lotti territoriali, per un valore complessivo di 582 milioni di euro; -OMISSIS- presentava offerta per 8 lotti, -OMISSIS-per 7 di essi.

1.1. Con distinti provvedimenti, datati 16 giugno 2017, Consip s.p.a. escludeva entrambi gli operatori economici da entrambe le procedure di gara per aver posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza contraria all’art. 101 T.F.U.E. diretta a condizionare gli esiti della precedente procedura di gara indetta da Consip “per l’affidamento dei servizi di pulizia ed altri servizi tesi al mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili, per il istituti scolastici di ogni ordine e grado e per i centri di formazione della pubblica amministrazione” (Gara Scuole) bandita nel 2012; intesa accertata e sanzionata dall’AGCM – Autorità garante della concorrenza e del mercato con provvedimento 22 dicembre 2015 n. 25802, annullato parzialmente, e solo in relazione alla sanzione irrogata, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con sentenza n. 10309 del 2016, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 928 del 2017, quest’ultima oggetto di ricorso per Cassazione per motivi di giurisdizione.

I provvedimenti di espulsione erano comunicati all’A.N.A.C. ai sensi dell’art. 8 lett. r) ed s) d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 per il loro inserimento nel casellario informatico.

2. I provvedimenti di esclusione, le note recanti comunicazione all’A.N.A.C. e i provvedimenti di escussione della cauzione, medio tempore eventualmente adottati, erano impugnati con distinti ricorsi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.

I ricorsi di -OMISSIS- e di -OMISSIS-erano trattati, in fase cautelare, rispettivamente, alla camera di consiglio del 13 luglio 2017 e del 1 agosto 2017, all’esito delle quali erano adottate quattro ordinanze in cui, rilevato che “Consip non ha effettuato alcuna valutazione, in concreto, in ordine alle caratteristiche dell’illecito concorrenziale sanzionato dall’AGCM, con particolare riguardo alla rimodulazione ad opera del giudice amministrativo della sanzione inflitta e ai rimedi strutturali che la società afferma di aver, nel frattempo, adottato”, erano accolte le istanza cautelari e sospesi i provvedimenti impugnati.

2.1. Consip s.p.a. decideva, allora, in dichiarata ottemperanza alle ordinanze cautelari, la riammissione degli operatori alla procedura di gara con provvedimenti del 29 settembre 2017 e avviava una nuova attività istruttoria “per l’accertamento previsto dall’art. 38, comma 1, lett. f) secondo periodo del d.lgs. n. 163/2006, con riferimento all’illecito accertato con provvedimento AGCM del 22 dicembre 2015, n. 25802”, invitando gli interessati a produrre memorie e documenti con particolare riguardo alle misure di self cleaning assunte; entrambi davano riscontro alle richieste della stazione appaltante.

Con distinti provvedimenti, datati 15 dicembre 2017, Consip disponeva nuovamente l’esclusione di -OMISSIS- e di -OMISSIS-da tutti i lotti di entrambe le procedure di gara, per le stesse ragioni già esposte nel precedente provvedimento espulsivo non ritenendo sufficienti ad una diversa decisione le misure di self cleaning assunte dal momento dell’intesa restrittiva.

I predetti provvedimenti erano impugnati da entrambi gli operatori con motivi aggiunti.

2.2. Con sentenza, sez. II, 2 marzo 2018, n. 2394, riuniti tutti i ricorsi, il giudice di primo grado li rigettava unitamente ai motivi aggiunti; erano, invece, dichiarate inammissibili le domande di annullamento degli atti di A.N.A.C..

Le spese di lite erano compensate tra tutte le parti in causa.

3. Propone appello -OMISSIS-nel giudizio (con Rg. n. 1956/2018) si sono costituite Consip s.p.a. ed A.N.A.C, la prima a mezzo privato difensore e, successivamente, con la difesa dell’Avvocatura dello Stato, già nel patrocinio della seconda. Ha proposto atto di intervento ad opponendum -OMISSIS-.

Con autonomo atto di appello la medesima sentenza è stata impugnata da -OMISSIS- (nel corso del giudizio divenuta -OMISSIS-); nel giudizio (con Rg. 1960/2018) si sono, con le medesime modalità, Consip s.p.a. ed A.N.A.C.. Anche in questo giudizio ha proposto atto di intervento ad opponendum -OMISSIS-

3.1. Con prima ordinanza 5 aprile 2018, n. 1532, la Sezione, disposta la riunione dei giudizi per essere stati proposti avverso la medesima sentenza, accoglieva la misura cautelare richiesta per il pregiudizio, grave ed irreparabile derivante agli appellanti dall’escussione della cauzione provvisoria fissando l’udienza di merito al 28 giugno 2018; all’udienza pubblica con ordinanza 19 luglio 2018, n. 4397, la Sezione disponeva la sospensione del giudizio per la possibile rilevanza sulla decisione della questione controversa del giudizio – individuata nella riconducibilità dell’illecito antitrust all’ipotesi dell’«errore grave» commesso nell’esercizio dell’attività professionale prevista dall’art. 38, comma 1, lett. f), del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 – della questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 T.F.U.E. sollevata dal Tribunale amministrativo del Piemonte con ordinanza 21 giugno 2018, n. 770.

3.2. Con istanze depositate rispettivamente il 5 e il 9 luglio 2019 -OMISSIS-e -OMISSIS-, rilevata l’avvenuto deposito dell’ordinanza della Corte di Giustizia dell’Unione europea 4 giugno 2019, nella causa C-425/18, richiedevano la fissazione dell’udienza di merito per la decisione degli appelli.

Fissata l’udienza pubblica al 16 gennaio 2020, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-hanno depositato memorie ex art. 73, comma 1, Cod. proc. amm. e la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente va confermata la riunione dei giudizi già disposta con ordinanza n. 1532 del 2018 ex art. 96, comma 1, Cod. proc. amm., trattandosi di appelli proposti avverso la medesima sentenza.

E’ così respinto il primo motivo dell’appello di -OMISSIS-che lamenta “Error in procedendo. Violazione dell’art. 70 c.p.a. per avere il TAR indebitamente disposto la riunione dei ricorsi in assenza dei presupposti della connessione oggettiva e soggettiva”; l’appellante richiede, in sostanza, di separare, ora in grado d’appello, i giudizi, a suo dire erroneamente riuniti in primo grado.

A prescindere dalla fondatezza della censura – se, cioè, ricorressero effettivamente in primo grado le ragioni di connessione per la riunione dei ricorsi ex art. 70 Cod. proc. amm. – è di ostacolo alla separazione dei giudizi la regola dell’art. 96, comma 1, Cod. proc. amm., per la quale: «Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza devono essere riunite in un solo processo», a sua volta espressione di un principio, noto anche al giudizio civile, di unitarietà delle impugnazioni: non potrebbe, pertanto, diventare doppio in grado d’appello quello che è stato già unico nel primo grado del giudizio.

2. Il secondo motivo di appello di -OMISSIS-(“Erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 1, lett. f), nonché degli artt. 2 e 46 del d.lgs. n. 163/2006, violazione dell’art. 45, par. 2. lett. d) della Direttiva 2004/18/Ce, dell’art. 68 r.d. n. 827/1924, nonché violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione e del principio di favor partecipationis, anche in relazione agli artt. 41 Cost. 101 TFUE. – Eccesso di potere per sviamento, difetto di istruttoria e della motivazione del provvedimento di esclusione”) e il primo motivo di appello di -OMISSIS- (“Violazione dell’art. 112 c.p.c. per infrapetizione in relazione al §1.4. del ricorso, degli artt. 2 e 38, c.1 lett. f) e 46 del d.lgs. n. 163/06, dell’art. 45, §1, comma 2, lett. d) della dir. 2004/18/CE, 68 r.d. 827/1924, 41 Cost., 101 TFUE, dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, del favor partecipationis e di tassatività delle ipotesi espulsive. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, per contraddittorietà, sviamento”) possono essere unitariamente trattati poiché sottopongono a questo giudice d’appello la medesima questione della possibilità di qualificare l’illecito anticoncorrenziale commesso da un operatore economico che abbia presentato domanda di partecipazione ad una procedura di gara come «grave errore professionale» ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f) d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ratione temporis applicabile, con conseguente possibile motivata esclusione adottata dalla stazione appaltante.

2.1. Il giudice di primo grado ha dato risposta positiva al quesito – il concetto normativo di «errore professionale» si deve ritenere esteso a un’ampia gamma di ipotesi che includono qualsivoglia comportamento scorretto che incida sulla credibilità professionale dell’operatore senza un limite alle sole violazioni delle norme di deontologia in senso stretto della professione cui esso appartiene – gli appellanti evidenziano, però, che diverso è l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato in numerose pronunce, comprese talune occasionate da esclusioni motivate sul medesimo provvedimento sanzionatorio dell’AGCM (sono citate le sentenze n. 813 del 2016, 3505 del 2017 e 5704 del 2017): l’errore professionale dell’art. 38, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006 comprenderebbe i soli inadempimenti e le sole condotte negligenti commessi nell’esecuzione di un contratto pubblico, con esclusione dal suo campo applicativo dei fatti, anche illeciti, occorsi nella procedura di affidamento.

3. Il motivo è infondato.

3.1. L’orientamento richiamato dalle appellanti (di cui sono espressione, da ultimo, le sentenze di questa V Sezione, 4 dicembre 2017, n. 5704 e 5 febbraio 2018, n. 722) è stato, dapprima, rimeditato (dalla sentenza di questa V Sezione, 17 settembre 2018, n. 5424, alle cui valutazioni è bene rinviare) e, quindi, definitivamente superato in seguito alla pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea, IX, 4 giugno 2019 nella causa C-425/18 -OMISSIS-su questione pregiudiziale rimessa in giudizio dove era parte una delle odierne appellanti, riguardante un provvedimento di esclusione anch’esso motivato con rimando al provvedimento sanzionatorio dell’AGCM per intervenuta intesa anticoncorrenziale.

3.2. Il giudice rimettente dubitava dalla conformità dell’interpretazione invalsa nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato all’articolo 45, par. 2, della direttiva 2004/28/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e di servizi,

La Corte di Giustizia ha svolto il suo ragionamento nei seguenti passaggi: a) “occorre rilevare che la nozione di errore nell’esercizio della propria attività professionale comprende qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla credibilità professionale dell’operatore economico di cui trattasi, la sua integrità o affidabilità” (par. 29); b) “di conseguenza, la nozione di errore nell’esercizio della propria attività professionale, che è oggetto di un’interpretazione ampia, non può limitarsi ai soli inadempimenti e condotte negligenti commessi nell’esecuzione di un contratto pubblico” (par. 30); c) “Inoltre la nozione di errore grave deve essere intesa nel senso che essa si riferisce normalmente a un comportamento dell’operatore economico in questione che denoti un’intenzione dolosa o un atteggiamento colposo di una certa gravità da parte sua”.

La conclusione è stata: “la commissione di un’infrazione alle norme in materia di concorrenza, in particolare, quando tale infrazione è stata sanzionata con un’ammenda, costituisce una causa di esclusione rientrante nell’articolo 45, paragrafo 2, primo comma, lettera d) della direttiva 2004/18”.

3.3. E’ ora indubbio, alla luce della richiamata pronuncia della Corte di Giustizia, che per «errore grave nell’esercizio dell’attività professionale» che, accertato con qualunque mezzo di prova, consente l’adozione da parte della stazione appaltante di un atto di esclusione dalla procedura di gara ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 si intenda anche l’intesa anticorrenziale conclusa dall’operatore economico al fine di alterare a suo favore il libero dispiegarsi della concorrenzialità nell’ambito di una precedente procedura di gara (in tal senso, le pronunce più recenti di questa V Sezione, 21 gennaio 2020, n. 474; 9 gennaio 2020, n. 178; 16 dicembre 2019, n. 8515; vedi pure Cons. giust. amm. Reg. Sicilia, sez. giuris. 9 dicembre 2019, n. 1038).

4. Nel secondo motivo di appello, -OMISSIS- (“Error in iudicando ed in procedendo: Violazione degli artt. 2 e 38, c. 1, lett. f), 46 del d.lgs. n. 163/06, 68 r.d. 827/1924, 41 Cost, 101 TFUE, dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, del favor partecipationis e di tassatività delle ipotesi espulsive. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione per contraddittorietà, sviamento”), nel terzo, -OMISSIS-(“Erroneità della sentenza nella parte in cui non ha rilevato il difetto di motivazione ed istruttoria delle esclusioni di Consip. Omessa e/o erronea valutazione delle misure di self cleaning adottate da CNS. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 4 del prot. 7 della CEDU, degli artt. 48 e 49, par. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dell’art. 6 TUE”) contestano la sentenza appellata per aver escluso i vizi motivazionali dei provvedimenti di esclusione segnalati in ricorso.

Per il primo appellante, tali vizi sono: a) il mancato apprezzamento della gravità dell’errore professionale alla luce dei comportamenti materiali addebitabili; b) l’indebito riferimento al §6 del disciplinare della Gara Scuole, che prevedeva, sì, la facoltà di disporre l’esclusione dalle successive gare Consip, ma da un lato solo (se fosse stata) accertata la commissione di un illecito anticoncorrenziale, ed, invece, all’atto dell’esclusione, l’accertamento non era ancora definitivo per essere ancora pendente (dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione) il giudizio avverso il provvedimento sanzionatorio di AGCM; e dall’altro, solo in relazione a gare future con il medesimo oggetto, laddove, invece, la Gara Scuole era stata svolta per servizi diversi da quelli ora in affidamento; c) l’omessa considerazione del lasso di tempo trascorso dai fatti oggetto del provvedimento sanzionatorio dell’Autorità.

-OMISSIS-condivide, sostanzialmente, i medesimi rilievi; vi aggiunge l’inconferenza del richiamo effettuato, “in chiave prospettica” all’avvio di un nuovo procedimento istruttorio a suo carico da parte dell’AGCM il 21 marzo 2017 in relazione ad altra intesa anticoncorrenziale relativa alla Gara Consip FM4, non contenendo l’atto di avvio dell’attività istruttoria alcun accertamento di responsabilità, nonché il proprio dissenso sull’interpretazione del citato §6 del disciplinare Gare Scuole che l’esclusione da futura procedura renderebbe possibile per illeciti concorrenziali nell’esecuzione del contratto non prima, pena l’introduzione di una causa di esclusione non prevista dalla legge.

4.1. I motivi sono stati meglio esplicati nelle memorie depositate in vista dell’udienza pubblica, anche alla luce della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, nel frattempo, intervenuta. Particolare attenzione viene posta sul passaggio della sentenza che precisa che l’esclusione da una procedura di gara non consegue automaticamente ad una decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza che abbia accertato la violazione delle norme in materia di concorrenza, ma deriva da una “valutazione specifica e concreta del comportamento dell’operatore economico interessato” da parte della stazione appaltante, in conformità al principio di proporzionalità (si tratta del par. 34).

Per gli appellanti, nel rinviare ai motivi di appello, la loro esclusione dalla procedura è stata intesa dalla stazione appaltante come conseguenza automatica del provvedimento sanzionatorio di AGCM, senza alcuna valutazione specifica e concreta del loro comportamento in rapporto alle esigenze del contratto in affidamento.

5. Il motivo è infondato.

5.1. E’ bene rammentare che per costante giurisprudenza (da ultimo, Cons. Stato, V, 12 marzo 2020, n. 1760):

– la valutazione operata dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f),d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 riguarda l’affidabilità contrattuale e professionale dell’operatore economico alla luce di un grave errore professionale commesso nell’esercizio della sua attività, inteso come qualsiasi comportamento scorretto idoneo ad incidere sulla credibilità professionale dell’operatore (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, X, 18 dicembre 2014, n. 470 causa C-470/13; Cons. Stato, V, 21 gennaio 2020, n. 479; V, 17 luglio 2017, n. 3493; V, 6 settembre 2017, n. 4228)

– tale valutazione è espressione di ampia discrezionalità poiché effettuata sulla base di considerazioni di opportunità e, comunque, in applicazione di norme interne o prassi amministrativa (Cons. Stato, V, 18 ottobre 2018, n. 5960; V, 19 settembre 2018, n. 5337);

– nondimeno la stazione appaltante è tenuta nella motivazione del provvedimento a dar adeguato conto: a) di aver effettuato un’autonoma valutazione delle fonti di prova dai cui ha tratto la pregressa commissione di un errore professionale grave; b) di aver considerato le emergenti circostanze di fatto sotto il profilo della loro pertinenza e rilevanza in ordine all’apprezzamento di integrità morale e affidabilità professionale del concorrente (Cons. Stato, V, 21 gennaio 2020, n. 479)

– il sindacato del giudice amministrativo è necessariamente un sindacato sulla motivazione nel senso che il giudice è tenuto a valutare se, alla luce delle ragioni articolate dalla stazione appaltante nella motivazione del provvedimento, la valutazione non sia connotata da illogicità, irrazionalità, abnormità o, comunque, da travisamento dei fatti (Cons. Stato, V, 24 luglio 2017, n. 3652; V, 17 settembre 2018, n. 5424, in cui si afferma: “Perciò il giudice amministrativo, posta la ragionevole opzione legislativa di consentire il rifiuto di aggiudicazione per ragioni di ritenuta inaffidabilità dell’impresa, deve prendere atto, nello scrutinio di un uso distorto di tale rifiuto, della scelta di rimettere alla stazione appaltante l’individuazione del punto di rottura dell’affidamento nel pregresso o futuro contraente: onde il relativo il sindacato, propriamente incentrato sulla motivazione del rifiuto, va rigorosamente mantenuto sul piano della verifica estrinseca della non pretestuosità della operata valutazione degli elementi di fatto, senza attingere, per ritenere concretato il vizio di eccesso di potere, la logica intrinseca di vera e propria condivisibilità della valutazione”).

La sentenza della Corte di Giustizia non innova ma è in continuità con la descritta giurisprudenza laddove afferma spettare alla stazione appaltante la valutazione specifica e concreta del comportamento dell’operatore economico in caso di errore professionale consistente nel suo coinvolgimento in un’intesa anticoncorrenziale, accertato con atto sanzionatorio dell’Autorità nazionale garante della concorrenza.

5.2. Come ritenuto dal primo giudice, la motivazione dei provvedimenti di esclusione va esente da censura.

Consip, infatti, si è data carico di: a) descrivere le condotte imputate a -OMISSIS-e a -OMISSIS- come “concertazione complessa, dal plurimo oggetto anticompetitivo, diretta a condizionare gli esiti della gara Consip attraverso l’eliminazione del reciproco confronto concorrenziale”, rinviando alle motivazioni delle sentenze del giudice amministrativo sul provvedimento sanzionatorio di AGCM e, in particolare, alla sentenza del Consiglio di Stato n. 740 del 2017 per l’individuazione dei profili di illegittimità delle condotte descritte come connotate da “irrazionalità anche economica e (l’) evidente deviazione rispetto ai principi che devono informare la partecipazione alle gare di appalto nel corretto confronto concorrenziale (ad esempio la spartizione dei lotti più appetibili, le offerte di appoggio, gli scambi di informazioni, il coordinamento delle condotte)”; b) chiarire le ragioni per cui siffatte condotte dovevano reputarsi connotate dal carattere della gravità ossia per aver “ad oggetto comportamenti restrittivi della concorrenza, quali l’eliminazione del confronto competitivo e la spartizione dei lotti, che hanno determinato la frattura dell’elemento fiduciario che deve connotare, sin dal momento genetico, i rapporti contrattuali di appalto pubblico”; c) specificare, in più passaggi degli atti di esclusione, che i descritti comportamenti qualificavano l’operatore economico come oggettivamente inaffidabile e, comunque, tali da far ritenere irrimediabilmente leso il necessario rapporto fiduciario tra stazione appaltante e concorrente.

5.3. Per gli appellanti, però, non basterebbe questo. Essi assumono doveroso un onere motivazionale rafforzato: sicché la stazione appaltante avrebbe dovuto esplicitare la ragione di rilevanza dell’intesa anticoncorrenziale nelle Gare Sanità e Gare Caserme, rispetto alle quali mai erano state ipotizzate condotte anticoncorrenziali e tenendo conto del diverso oggetto dei contratti in affidamento rispetto alla Gara Scuole nello svolgimento della quale l’intesa era stata conclusa.

5.4. L’assunto non merita condivisione: il giudizio di inaffidabilità maturato dalla stazione appaltante dopo aver soppesato il pregresso errore professionale dell’operatore economico non è riferito alla futura esecuzione del singolo contratto in via di affidamento, ma, più in generale, all’effettiva attendibilità del rispetto delle regole di correttezza nei rapporti professionali. Dette regole, che riflettono principi generali del diritto comune dei contratti, sono immanenti all’intera materia e impegnano l’impresa non solo all’esatta esecuzione delle prestazioni contrattualmente dovute nel caso incipiente, ma anche a un contegno generale caratterizzato da correttezza e buona fede oggettiva.

La prognosi di inaffidabilità che spetta alla stazione appaltante non riguarda, dunque, la capacità di eseguire le prestazioni che sono oggetto di quel singolo contratto in via di affidamento, ma la predisposizione soggettiva del concorrente a non turbare il regolare svolgimento delle procedura, secondo un giudizio prognostico indiziario che ben si collega, nella stessa prospettiva, alle misure di self cleaning, come si vedrà essendo tale profilo oggetto di specifico motivo di appello.

Il tema della sentenza della Corte di Giustizia cui si riferiscono gli appellanti va dunque considerato in altro modo; vale a dire, la stazione appaltante ha il dovere di motivare adeguatamente le ragioni per le quali, pur a fronte di un’intesa anticoncorrenziale accertata e presupposta da un atto sanzionatorio dell’Autorità, ritenga comunque affidabile l’operatore economico e dunque lo ammetta alla procedura.

5.5. Restano due profili che per gli appellanti non sono stati oggetto – dapprima da parte della stazione appaltante e successivamente dalla sentenza qui appellata – di adeguata ponderazione; il che, riguardo alla stazione appaltante, comporterebbe un ulteriore vizio della motivazione delle esclusioni.

Il primo profilo è quello del carattere non definitivo dell’atto sanzionatorio dell’AGCM, posto che è stata impugnata con ricorso per Cassazione per motivi di giurisdizione la sentenza del Consiglio di Stato n. 928 del 2017. Al riguardo è sufficiente precisare che l’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 consente alla stazione appaltante di prendere in esame «qualsiasi mezzo di prova» per accertare il «grave errore professionale», senza restrizioni ai soli provvedimenti inoppugnabili o confermati da sentenze passate in giudicato; diversamente, essa si porrebbe in contrasto con il dato normativo (cfr. Cons. Stato, V, 21 gennaio 2020, n. 478 e la stessa Corte di Giustizia nella sentenza 4 giugno 2019 afferma che il comportamento che integra una violazione delle norme in materia di concorrenza va accertato e sanzionato dall’autorità nazionale garante della concorrenza con “provvedimento confermato da un organo giurisdizionale”: dunque, senza che ne sia necessaria la definitività).

La stazione appaltante non era tenuta a motivare la scelta di tener conto di un atto sanzionatorio dell’Autorità garante della concorrenza che non era ancora definitivo.

Il secondo profilo concerne il tempo trascorso tra i fatti contestati (la vicenda era relativa alla Gara Scuole bandita nel 2012) e gli atti di esclusione intervenuti nel 2017, a cinque anni dai fatti: per gli appellanti, il “fattore tempo” andava considerato nella valutazione della rilevanza dei pregressi errori.

Tuttavia, a parte la considerazione – degli stessi appellanti – che il “fattore tempo” ha assunto espressa rilevanza solo con l’art. 80, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016, non si può dire che il tempo trascorso non sia stato affatto considerato. Invero, quando la stazione appaltante esprime un tale giudizio di affidabilità dell’operatore, proietta nel futuro le conseguenze di un evento passato e quindi, sia pur indirettamente, tiene conto del tempo intermedio trascorso tra l’accaduto e l’attualità.

6. I successivi motivi di appello di -OMISSIS-(il quarto, erroneamente indicato come terzo, “Violazione e falsa applicazione dell’art. 57 della direttiva 2014/24/UE, dell’art. 288, par. 3 TFUE in relazione all’intempestivo recepimento delle disposizioni in materia di self cleaning – Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 4 del prot. 7 della CEDU, degli artt. 48 e 49, par. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dell’art. 6 TUE – Violazione dell’art. 38, comma 1, lett. f), nonché degli artt. 2 e 46 d.lgs. 163/2006, violazione dell’art. 45, par. 2, lett. d) della Direttiva 2004718/CE, dell’art. 68 r.d. n. 827/1924, anche in relazione agli artt. 41 Cost. e 101 TFUE – Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione. Violazione del principio di proporzionalità. Ingiustizia manifesta”) e di -OMISSIS- (il terzo: “Error in iudicando ed in procedendo. Violazione degli artt. 2 e 38, c.1, lett. f) del d.lgs. n. 163/06, 68 r.d. 827/1924, 41 Cost., 101 TFUE, dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, del favor partecipationis e di tassatività delle ipotesi espulsive. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, per contraddittorietà, sviamento”) criticano l’appellata sentenza relativamente alle misure di self cleaning adottate dopo le sanzioni irrogate dall’AGCM.

6.1. Va ancora una volta rammentato che la stazione appaltante si è pronunciata espressamente sulle misure di self cleaning adottate dagli appellanti, solo in seguito alle ordinanze cautelari del giudice di primo grado che avevano rilevato una carenza motivazionale dei provvedimenti impugnati proprio su tale profilo, richiedendo, sostanzialmente, all’amministrazione una nuova determinazione sull’esclusione degli operatori dalle procedure di gara.

Gli atti di esclusione adottati in corso di causa ed impugnati con motivi aggiunti riportano, quindi, la valutazione di Consip sulle misure di self cleaning, negativa, in sintesi, per la seguente ragione: “al momento della formulazione dell’offerta per la presente gara, l’operatore si avvaleva ancora dell’assetto organizzativo che l’AGCM ha ritenuto necessario modificare per evitare il riproporsi, anzitutto nella fase di predisposizione delle offerte, di condotte collusive analoghe a quelle accertate nella gara pulizia scuole”.

6.2. Per la sentenza appellata, la valutazione negativa espressa da Consip era corretta: le misure di self cleaning rispondono all’esigenza di “mantenere l’operatore economico sul mercato” e non a quella “di sanare l’illiceità delle condotte pregresse”; esse, pertanto, rilevano pro futuro, ovvero relativamente alle gare indette successivamente alla loro adozione – o, comunque, non oltre il termine fissato per la presentazione delle offerte, come previsto dalle Linee Guida ANAC n. 6 in relazione ad omologa previsione del nuovo codice dei contratti pubblici – pena la violazione della par condicio dei concorrenti.

6.3. -OMISSIS-contesta la premessa del ragionamento a base della sentenza: la valutazione sulle misure di self cleaning deve concernere la loro consequenzialità rispetto a quando sia stata accertata la commissione di un’intesa anticoncorrenziale dal provvedimento dell’Autorità. Infatti prima non v’è giustificazione perché un operatore debba adottare iniziative volontarie dirette al ripristino di requisiti di affidabilità. Su questa base, le misure adottate quando l’offerta per la Gara Caserme e per la Gara Sanità già era stata presentata – ma prima che l’atto sanzionatorio fosse intervenuto ovvero a breve distanza dalla sua pubblicazione – andrebbero considerate ben idonee alla formulazione di un diverso giudizio di affidabilità.

-OMISSIS-caldeggia un tale giudizio anche alla luce della tipologia di misure di self cleaning poste in essere prima dell’atto sanzionatorio – il rinnovo degli organi della compagine consortile mediante azzeramento del Consiglio di Gestione e del Consiglio di Sorveglianza con la nomina nel luglio 2015 di nuovi componenti – e successivamente ad esso (revoca delle procure conferite a soggetti che al momento dei fatti contestati ricoprivano posizioni apicali sensibili, svolgimento di un’analisi dei rischi rispetto alle procedure interne, che ha portato alla revisione e modifica delle norme sul funzionamento del Consorzio e all’adozione di un nuovo Statuto, di nuovi regolamenti nei rapporti con le consorziate, di nuovo Codice etico e di comportamento, di un nuovo organigramma degli organi e degli uffici, di un programma di compliance antitrust in linea con le best pratices europee e nazionali, formando i propri operatori alle nuove disposizioni).

6.4. Da ultimo, con il medesimo motivo di appello -OMISSIS-lamenta che l’appellata sentenza abbia escluso la violazione dei principi – di derivazione europea – di presunzione di innocenza, di ne bis in idem e di proporzionalità, benché la sua esclusione configuri una distinta sanzione, interdittiva, dopo aver già sopportato rilevanti conseguenze negative per le condotte tenute nel 2012, quali la sanzione dell’AGCM e la risoluzione della convenzione Consip Scuole.

La censura è proposta anche da -OMISSIS- nel quarto motivo d’appello (“Violazione degli artt. 6 CEDDU e 4 prot. 7 CEDU, dell’art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dell’art. 6 TUE, dell’art. 117 Cost.”) che rimarca come l’esclusione da una gara assuma carattere sanzionatorio quando costituisce l’effetto automatico di un pregresso illecito antitrust. Il giudice di primo grado, in sostanza, avrebbe sovrapposto la finalità della causa di esclusione dell’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 con la reale natura del provvedimento di esclusione.

7. Il motivo è infondato.

7.1. Risponde a logica, prima che a norme, che le misure di self-cleaning (rinnovo degli organi di vertice, in una con la revisione delle prassi aziendali fino a quel momento praticate) abbiano effetto pro futuro, ovvero per la partecipazione a gare successive alla adozione delle misure stesse. È infatti inimmaginabile un loro effetto retroattivo.

Solo dopo l’adozione delle misure di self -cleaning la stazione appaltante può dunque essere stimata al riparo dalla ripetizione di pratiche scorrette ad opera degli stessi organi sociali, posto anche che l’atto sanzionatorio solo remunera una condotta ormai perfezionata in ogni elemento.

Bene dice, dunque, il giudice di primo grado che, nel ragionamento di -OMISSIS-si confonde la valenza delle misure di self-cleaning: la quale valenza non è di sanare l’illiceità scoperta – per cui la loro attuazione avrebbe senso solo dopo l’atto sanzionatorio dell’AGCM – quanto di mantenere l’operatore sul mercato, da cui altrimenti andrebbe definitivamente espulso, ogni stazione appaltante potendo ragionevolmente presumere inaffidabile l’operatore.

Per ogni offerta precedente le misure di self-cleaning, dunque, l’apprezzamento di inaffidabilità è comunque giustificato, anche se avviene quando le misure sono già state prese. Questo aspetto è stato più volte sottolineato dalle appellanti, anche nelle memorie conclusive, ma non è idoneo a mutare il convincimento raggiunto: infatti la stazione appaltante valuta l’affidabilità dell’operatore qual si presentava al momento dell’offerta, e per l’offerta che ha presentato, dovendo anzitutto cautelarsi da comportamenti scorretti che incidono sulla procedura evidenziale.

7.2. In questi termini sono i precedenti di questa V Sezione che, per il caso di self-cleaning costituito dal comportamento dell’operatore economico che – in presenza di un fatto di reato o di una condotta di illecito – dimostri di essersi da un lato adoperato per l’eliminazione retrospettiva del danno cagionato e per altro lato di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico ed organizzativo idonei a prevenire, pro futuro, la commissione di ulteriori reati o illeciti (da tener distinto dal caso delle «misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese» nell’ambito della prevenzione della corruzione dell’art. 32 d.-l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito dalla l. 11 agosto 2014, n. 114) Quei precedenti chiariscono che, in pendenza di una gara, la semplice sostituzione degli organi di vertice non impedisce l’operatività di una clausola di estromissione (così Cons. Stato, V, 9 gennaio 2020, n. 158).

7.3. Da ultimo, va rilevato che l’esclusione dalla gara d’appalto ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 non è una sanzione (per inadempimento di pregressi rapporti contrattuali) ma una misura selettiva preventiva sulla scelta del contrante per il contratto in formazione, per garantire alla pubblica amministrazione l’affidabilità del potenziale contraente fin dal loro contatto (cfr. Cons. Stato, V, 9 gennaio 2020, n. 158; V, 13 luglio 2017, n. 3444); non vi è dunque un bis in idem della sanzione e l’operatore economico, già destinatario della sanzione dell’AGCM, non viene sanzionato più volte per la medesima condotta. Nemmeno si può parlare – come fa -OMISSIS- – di mutamento della natura dell’esclusione in un atto sanzionatorio in ragione dell’effetto espulsivo automatico che segue l’accertamento dell’illecito antitrust: qui sopra infatti è stato ampiamente considerato che l’esclusione dalla procedura di gara non è automatica, ma arriva all’esito di un complesso giudizio di (in)affidabilità di cui la stazione appaltante deve dar conto nella motivazione del provvedimento.

8. Con il quinto motivo di appello -OMISSIS- (“Violazione e falsa applicazione dell’art. 35, c. 1, lett- c) c.p.a., dell’art. 39 c.p.a.. In relazione all’art. 112 c.p.c., dell’art. 34, comma 1, c.p.a.. Con consequenziale vizio di ultrapetizione”) si duole che il giudice di primo grado abbia esaminato e respinto il quinto motivo del ricorso, che contestava la prima esclusione per aver individuato una dichiarazione “mendace” nella domanda di partecipazione e averne fatto altra ragione della misura.

Per l’appellante, la sentenza viola gli artt. 35, comma 1, lett. c), e 39 Cod. proc. amm. in relazione all’art. 112 Cod. proc. amm., per non aver dichiarato il motivo del ricorso introduttivo improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, e l’art. 34, comma 1, Cod. proc. amm., per aver pronunciato oltre i limiti della domanda proposta da -OMISSIS-.

Il ragionamento dell’appellante è il seguente: se è vero che nel primo atto di esclusione la stazione appaltante aveva rilevato nella condotta di -OMISSIS- – l’aver dichiarato di non aver in corso comportamenti riconducibili a intese anticoncorrenziali – un caso di “mendacio”, idoneo formare autonoma ragione di esclusione, nel secondo atto di esclusione, adottato dopo l’ordinanza di remand del giudice di primo grado, ogni riferimento al “mendacio” era stato espunto e la ragione di esclusione era stata definitivamente individuata nella carenza di affidabilità; il secondo atto costituirebbe una conferma (propria) del primo e, come tale, sostitutivo della precedente determinazione su cui, pertanto, si trasferiva l’interesse della ricorrente all’annullamento nei limiti della motivazione.

La riprova di ciò era nel fatto che nei motivi aggiunti proposti contro la seconda esclusione (che pure, per gran parte, ripercorrevano i vizi già rintracciati per il primo provvedimento) non era proposta alcuna doglianza sul “mendacio”.

Il primo giudice, pertanto, non avrebbe dovuto pronunciarsi sul motivo per il quale era venuto meno l’interesse del ricorrente.

9. Il motivo è fondato.

9.1. Nei provvedimenti di esclusione del 16 giugno 2017, Consip riteneva mendace la dichiarazione degli operatori economici di non aver commesso “grave negligenza o malafede nell’esecuzione di prestazioni affidate da Consip s.p.a. o che non ha commesso un errore grave nell’esercizio della propria attività professionale”, considerato che alla data in cui la stessa veniva resa – 23 aprile 2015 – l’AGCM aveva già avviato il procedimento istruttorio volto ad accertare l’intesa anticoncorrenziale della gara pulizia Scuole.

9.2. Si è più volte rammentato che il primo giudice, con diverse ordinanze, in accoglimento delle istanze cautelari dei ricorrenti, aveva richiesto all’amministrazione una nuova determinazione (per soppesare, in particolare, se i “rimedi strutturali” che le società avevano nelle more adottato potessero condurre a diversa valutazione sull’affidabilità dei ricorrenti), secondo la tecnica denominata dell’ordinanza propulsiva, denomina anche remand.

Consip ha, così, adottato nuovi atti di esclusione, datati 15 dicembre 2017, che, imposti dall’esigenza di dar esecuzione alle ordinanze cautelari, rinnovavano la determinazione sulle ragioni di esclusione degli operatori economici dalle procedure di gara.

Nei nuovi atti non v’era più un riferimento al carattere mendace della dichiarazione resa con la presentazione della domanda di partecipazione.

9.3. La concessione della misura cautelare del rinvio a nuova determinazione dell’amministrazione resistente (remand), non solo anticipa alla sede cautelare gli effetti propri di una pronuncia di merito – come per ogni provvedimento cautelare c.d. anticipatorio – ma, in gran parte dei casi, comporta che gli effetti anticipati non abbiano carattere provvisorio, come dovrebbe essere proprio delle misure cautelari, ma, per la natura delle cose, irreversibili.

E’ per questo che nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato spesso si dubita che i provvedimenti cautelari possano avere quel contenuto, nell’ambito della atipicità dei provvedimenti cautelari contemplata dall’art. 55, comma 1, Cod. proc. amm.

Non è questa la sede per approfondire la questione: basta comunque rilevare che la nuova determinazione dell’amministrazione assunta in esecuzione del rinvio ordinato in sede cautelare con ordinanza propulsiva, per il principio factum infectum fieri nequit esprime un nuovo assetto del rapporto amministrativo sorto dal precedente e impugnato provvedimento, quante volte l’amministrazione effettui una nuova valutazione ed adotti un atto espressione di nuova volontà di provvedere, che costituisca, dunque, un nuovo giudizio, autonomo e indipendente dalla stretta esecuzione della pronuncia cautelare, con la conseguenza che il ricorso diviene improcedibile ovvero si ha cessazione della materia del contendere laddove si tratti di un atto con contenuto del tutto satisfattivo della pretesa azionata dal ricorrente (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 25 marzo 2020, n. 2085; VI, 19 settembre 2018, n. 5466; III, 4 settembre 2017, n. 4188).

9.4. Per venire alla vicenda de qua, il secondo atto di esclusione è il frutto della meditata rivalutazione di tutte le circostanze di fatto già considerate al momento della prima determinazione di esclusione, con l’aggiunta della stima delle misure di self-cleaning adottate dalle imprese come, appunto, richiesto nelle succitate ordinanze cautelari.

Lo afferma, del resto, la stessa Cosip quando, nell’introduzione del nuovo provvedimento, precisa: “…si comunica il provvedimento con il quale Consip s.p.a. (“Consip”) rinnova la valutazione sull’ammissione/esclusione dell’operatore dalla procedura di gara, tenendo conto di quanto rilevato dal TAR Lazio nell’ordinanza n. 3882/2017 e dei documenti presentati dall’operatore a seguito della nota n. 25526/2017 del 29/09/2017 con la quale Consip ha invitato lo stesso “a voler comunicare, attraverso la produzione di memorie ed idonea documentazione, le misure di self-cleaning adottate relativamente all’illecito commesso, dando evidenza delle date di adozione delle stesse, nonché ogni altra documentazione e osservazione ritenuta rilevante ai fini dell’istruttoria per l’accertamento previsto dall’art. 38, comma 1, lett. f) secondo periodo del d.lgs. n. 163/2006”.

Si può ben dire, allora, che il nuovo atto di esclusione abbia costituito nuova determinazione in senso confermativo (c.d. conferma in senso proprio) del primo atto di esclusione. Infatti qui – diversamente dal caso dell’atto meramente confermativo, ove l’amministrazione solo ribadisca la decisione assunta con il precedente atto senza operare una rivalutazione degli interessi, né un nuovo apprezzamento dei fatti – v’è stata una nuova valutazione degli elementi di fatto acquisiti e un’acquisizione di altri elementi, dal che una rinnovata ponderazione degli interessi coinvolti (cfr. per la distinzione tra provvedimento di mera conferma e provvedimento confermativo, Cons. Stato, V, 8 novembre 2019, n. 7655; V, 11 ottobre 2019, n. 6916; III, 27 dicembre 2018, n. 7230; VI, 11 dicembre 2018, n. 6984; V, 27 novembre 2017, n. 5547).

9.5. Su queste basi, l’appellata sentenza ha esaminato i motivi di ricorso sulle misure di self-cleaning alla luce della determinazione dei nuovi atti di esclusione: e – come precedentemente chiarito – bene li ha respinti stimando ampiamento soddisfatto l’onere motivazionale della stazione appaltante; però non ha poi considerato che la stazione appaltante, nel nuovo atto, aveva espunto ogni riferimento al “mendacio” perché evidentemente riteneva, re melius perpensa, che tale non potesse essere considerata la dichiarazione resa dagli operatori economici all’atto della presentazione della domanda di partecipazione.

9.6. Queste considerazioni portano a ritenere non più dovuto (né possibile) l’esame dei motivi del ricorso introduttivo del giudizio sul “mendacio” – non a caso non riproposti dai ricorrenti tra i motivi aggiunti contro le nuove esclusioni – per sopravvenuta carenza di interesse dei ricorrenti alla loro decisione. Detta valutazione negativa della loro condotta non è invero trasfuso nei nuovi atti come ragione di esclusione dalla gara.

9.7. L’accoglimento del motivo di appello comporta l’assorbimento dell’ultimo motivo, proposto subordinatamente al precedente, che contesta nel merito la decisione del giudice di primo grado sul carattere mendace della dichiarazione resa all’atto della domanda di partecipazione.

10. -OMISSIS-non ha proposto simile motivo di appello, avendo invece, con il suo ultimo motivo di appello, contestato il merito della decisione di primo grado, con esposizione delle ragioni per le quali la sua dichiarazione non poteva essere considerata mendace.

Nondimeno, va ricordato l’orientamento per il quale nel processo amministrativo non può essere precluso al giudice di appello di rilevare ex officio la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la proposizione del ricorso di primo grado; né può ritenersi che, sul punto, si possa formare un giudicato implicito, preclusivo alla deduzione officiosa della questione (così Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4).

Alla luce delle considerazioni in precedenza esposte il motivo di ricorso rivolto a contestare il primo provvedimento di esclusione per il carattere mendace era improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

10.1. Ad ogni buon conto, va detto che il motivo di appello è anche fondato nel merito: all’atto della presentazione dell’offerta per la Gara Caserme, avvenuta il 2 marzo 2016, -OMISSIS-aveva dichiarato l’esistenza dell’atto sanzionatorio di AGCM ricevuto il 20 gennaio 2016, sicché non v’è stato, quanto meno rispetto a detta procedura, dichiarazione mendace.

Anche, però, con riguardo alla Gara Sanità non può parlarsi di dichiarazione mendace poiché, all’atto della presentazione dell’offerta, il 28 aprile 2015, l’atto sanzionatorio di AGCM non era stato ancora adottato, per cui il Consorzio non poteva avere consapevolezza che fosse stato accertato a suo carico un errore grave nell’esercizio dell’attività professionale.

L’appellata sentenza, in effetti, sembra confondere il mancato rispetto degli c.d. obblighi dichiarativi, il rispetto dei quali, in tesi, potrebbe imporre all’operatore economico di dichiarare anche l’esistenza di un procedimento istruttorio da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, con il diverso caso della dichiarazione mendace; nel (primo) provvedimento di esclusione, però, era contestata la seconda e non la prima causa di esclusione.

11. In conclusione, l’appello di -OMISSIS-e di -OMISSIS- va accolto limitatamente, rispettivamente, al quarto motivo e al quinto motivo e, per il resto respinto; la sentenza va, dunque, riformata nella parte in cui ha ritenuto infondati e non improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse i relativi motivi dei ricorsi introduttivi proposti da -OMISSIS-e da -OMISSIS-.

12. Le spese del giudizio vanno compensate anche nel presente grado per la peculiarità della vicenda.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, riunisce gli appelli proposti;

accoglie il quarto motivo di appello di -OMISSIS-(Rg. 1956/2018), per il resto respinto, e il quinto motivo dell’appello di -OMISSIS- (Rg. 1960/2018), per il resto respinto, e, per gli effetti, in parziale riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio n. 2394/18, dichiara i ricorsi introduttivi del giudizio di primo grado in parte respinti e in parte improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse per le ragioni di cui in motivazione.

Compensa tra tutte le parti in causa le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

 

Guida alla lettura

L’art. 38, comma 1, lett. f) del d.lgs 163 del 2006, adottato in attuazione dell’ art. 45, par. 2, lett. d), della direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, prevede che “può essere escluso dalla partecipazione all’appalto ogni operatore economico… d) che, nell’esercizio della propria attività professionale, abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice”. 

La normativa comunitaria consente di qualificare come ostativo qualsiasi episodio di errore che caratterizzi la storia professionale degli aspiranti concorrenti, purché sia abbastanza grave da metterne in dubbio l’affidabilità, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice. La norma nazionale vigente riproduce quella comunitaria e di conseguenza rende rilevanti tutti gli errori professionali commessi.

L’esclusione dalla gara d’appalto prevista dall’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 si fonda sulla necessità di garantire l’elemento fiduciario nei rapporti contrattuali della pubblica amministrazione fin dal momento genetico; con la conseguenza che, ai fini dell’esclusione di un concorrente, è sufficiente una motivata valutazione dell’amministrazione in ordine alla “grave negligenza o malafede” del concorrente, che abbia fatto ragionevolmente venir meno la fiducia nell’impresa. Si tratta di un potere discrezionale, soggetto al controllo ed al sindacato giurisdizionale nei consueti limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti.

La sentenza in rassegna, riprendendo l’orientamento della Corte di Giustizia UE, ricorda che nel concetto di grave errore professionale, nel contesto del d.lgs. 163/2006, trova spazio anche la violazione in materia antitrust.

La previsione generale che era contenuta nell’art. 38 comma 1 lett. f) d.lgs. 163/2006 era conforme alla disciplina comunitaria, mentre non lo era la sua interpretazione, volta a limitarne aprioristicamente il campo di applicazione alla sola esecuzione dei contratti pubblici.

Essa comprende “qualsiasi comportamento scorretto” e non può “limitarsi ai soli inadempimenti e condotte negligenti commessi nell’esercizio di un contratto pubblico”.
L’esclusione può essere disposta dalla Stazione appaltante, purché vi sia stata una decisione dell’Autorità a ciò preposta comportante una sanzione, non avendo la sanzione in questione valenza di impedimento automatico: si tratta di ipotesi di esclusione facoltativa, basata su circostanze definite (e non certo disponibile a piacere da parte delle Stazioni appaltanti, che devono motivare al riguardo, in ragione delle specificità della gara).
Va rilevato che l’intero Ordinamento comunitario per le gare pubbliche è improntato al perseguimento della massima concorrenza: non è quindi ipotizzabile che chi abbia contravvenuto alle regole possa impunemente essere ammesso a partecipare a procedure di appalto, senza che tale comportamento non sia in alcun modo vagliabile da parte delle stazioni appaltanti (e giustamente la necessità di poter escludere un soggetto che sia stato sanzionato per violazione della disciplina della concorrenza è stata ribadita nel considerando 101 della Direttiva 2014/24 e ripresa dalla ANAC nelle Linee Guida n. 6).

Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici ha ribadito che rilevano quali cause di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del codice gli illeciti professionali gravi accertati con provvedimento esecutivo, tali da rendere dubbia l’integrità del concorrente, intesa come moralità professionale, o la sua affidabilità, intesa come reale capacità tecnico professionale, nello svolgimento dell’attività oggetto di affidamento. Al ricorrere dei presupposti di cui al periodo precedente, gli illeciti professionali gravi rilevano ai fini dell’esclusione dalle gare a prescindere dalla natura civile, penale o amministrativa dell’illecito.

Al ricorrere dei riferiti presupposti, la stazione appaltante deve valutare, ai fini dell’eventuale esclusione del concorrente i provvedimenti esecutivi dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di condanna per pratiche commerciali scorrette o per illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare.

La nozione di grave illecito professionale, nella nuova formulazione, abbraccia, quindi, molteplici fattispecie, anche diverse dall’errore o negligenza, e include condotte che intervengono non solo in fase di esecuzione contrattuale, come si riteneva nella disciplina previgente, ma anche in fase di gara.

L’ANAC, dunque, riconduce alle cause di esclusione per gravi illeciti professionali di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) – seppur all’esito di contraddittorio e previa valutazione di eventuali misure di c.d. self cleaning – i provvedimenti meramente esecutivi dell’Autorità, per illeciti antitrustgravi, nonché per pratiche commerciali scorrette, perché ritenuti idonei a porre in dubbio l’integrità e/o l’affidabilità dell’operatore economico.

Quanto alla portata delle misure di self-cleaning, il Consiglio di Stato sulla scia dell’interpretazione costante in materia, ribadisce che le stesse abbiano effetto pro futuro, ovvero per la partecipazione a gare successive alla adozione delle misure stesse. È infatti inimmaginabile un loro effetto retroattivo.

Solo dopo l’adozione delle misure di self -cleaningla stazione appaltante può dunque essere stimata al riparo dalla ripetizione di pratiche scorrette ad opera degli stessi organi sociali, posto anche che l’atto sanzionatorio solo remunera una condotta ormai perfezionata in ogni elemento.