Cons. Stato, Sez. V, 10 febbraio 2020, n. 1005

  1. Nel merito, l’appello principale di Kuma pone la questione di se il soggetto promotore di un project financing ex art. 183, comma 15 del d.lgs n. 50/2016, partecipante alla gara indetta dall’amministrazione per la sua realizzazione, possa legittimamente esercitare il diritto di prelazione assicuratogli dal bando in conformità alla citata disposizione anche se escluso dalla procedura a causa del mancato raggiungimento da parte della sua offerta tecnica del punteggio minimo previsto dalla lex specialis per la valutazione dell’offerta economica e quindi per la graduazione dell’offerta complessiva.
  2. Tutti tali elementi conducono a ritenere che il giudizio di inidoneità dell’offerta tecnica del concorrente/promotore derivante dal mancato raggiungimento del previsto punteggio minimo, che rende insuscettibile di valutazione la correlata offerta economica e impossibile la graduazione finale dell’offerta complessiva, che viene conseguentemente esclusa, si riflette anche sul diritto di prelazione, rendendo la stessa offerta complessiva tamquam non esset anche ai fini della venuta ad esistenza del diritto.
  3. Quanto all’applicabilità della verifica di anomalia alle procedure di affidamento delle concessioni, basti rilevare che la Sezione ha osservato, in relazione al previgente Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs 163/2006, che la relativa disciplina, non essendo stata richiamata nel pertinente art. 30 – e una identica situazione si rinviene nell’art. 164, comma 2 del Codice attuale, che dispone un richiamo alle norme in materia di appalti pubblici nei soli limiti della compatibilità delle stesse con la concessione – non si estende alle concessioni di servizi, rientrando nella discrezionalità della stazione appaltante, la quale può decidere di auto vincolarsi e assoggettarsi al sub procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, ma ove la legge di gara non abbia fatto alcun richiamo al riguardo – come nel caso di specie – la disciplina legale non trova diretta applicazione.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 2763 del 2019, proposto da
KUMA S.S.D. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Santoro e Luciano Salomoni, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Comune di Pordenone, non costituito in giudizio;
A.R.C.A. S.S.D. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gabriele Maso e Mario Ettore Verino, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

nei confronti

GIS - Gestione Impianti Sportivi & Tempo Libero S.S.D. a r.l., Padova Nuoto s.r.l. S.D., non costituiti in giudizio;



 

sul ricorso in appello numero di registro generale 2768 del 2019, proposto da
GIS - Gestione Impianti Sportivi & Tempo Libero S.D.D. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Federica Scafarelli, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Comune di Pordenone, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fulvia Bressan e Francesca Mussio, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

nei confronti

A.R.C.A. S.S.D. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gabriele Maso e Mario Ettore Verino, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
KUMA S.S.D. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Santoro e Luciano Salomoni, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
Padova Nuoto s.r.l. S.D., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia (sezione prima) n. 67/2019, resa tra le parti.


 

Visto il ricorso in appello n. 2763/2019;

Visto il ricorso in appello n. 2768/2019;

Visto l’appello incidentale di A.R.C.A. S.S.D. a r.l. in entrambi gli appelli;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Pordenone nel ricorso n. 2768/2019;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di KUMA S.S.D. a r.l. nel ricorso n. 2768/2019;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 4 novembre 2019 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Andrea Santoro, Gabriele Maso, Mario Ettore Verino, Federica Scafarelli e Fulvia Bressan;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


 

FATTO

I. Il Comune di Pordenone, in esito alla proposta di project financing presentata da KUMA S.S.D. a r.l. (di seguito, Kuma), dichiarata fattibile e di interesse pubblico con deliberazioni giuntali nn. 76 e 240 del 2016, previo recepimento dei relativi interventi strutturali nel programma triennale di opere pubbliche avvenuto con delibera consiliare 13 febbraio 2017, bandiva il 27 dicembre 2017 una procedura aperta retta dal criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per l’affidamento della concessione di servizi relativi alla gestione della piscina comunale “Daniele del Bianco” e dei lavori accessori di ristrutturazione e riqualificazione, ai sensi degli artt. 179, comma 3 e 183, comma 15 del d.lgs. n. 50/2016, ponendo a base di gara il relativo progetto e assegnando a Kuma il diritto di prelazione, come previsto da quest’ultima norma.

A.R.C.A. S.S.D. a r.l. (di seguito, Arca) si aggiudicava la procedura; Kuma partecipava alla gara venendone esclusa per non aver la sua offerta tecnica raggiunto il punteggio/soglia di sbarramento; l’Amministrazione ciononostante la ammetteva all’esercizio del diritto di prelazione, che Kuma esercitava; il Comune dichiarava indi inefficace l’aggiudicazione ad Arca e aggiudicava la gara a Kuma.

II. Con ricorso proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia Arca impugnava l’aggiudicazione di Kuma, domandandone l’annullamento e avanzando domanda di risarcimento del danno, in forma specifica o per equivalente.

Nel giudizio così instaurato si costituivano in resistenza il Comune di Pordenone e Kuma.

Con ricorso e motivi aggiunti proposti innanzi allo stesso Tribunale anche la seconda graduata GIS - Gestione Impianti Sportivi & Tempo Libero S.D.D. a r.l. (di seguito, Gis) impugnava gli atti di gara, a partire dalla dichiarazione di pubblico interesse della proposta di Kuma.

Nel relativo ricorso, si costituivano in resistenza il Comune di Pordenone, Arca, che presentava altresì ricorso incidentale, e Kuma.

III. Con sentenza n. 67/2019 l’adito Tribunale:

- riuniva i ricorsi per connessione soggettiva e oggettiva;

- esaminava prioritariamente il gravame di Gis in applicazione del principio della c.d. “ragione più liquida”, e dichiarava il ricorso e i motivi aggiunti da questa proposti inammissibili e irricevibili, condannandola alle spese di giudizio; per l’effetto, dichiarava improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso incidentale di Arca;

- accoglieva il ricorso di Arca, annullando gli atti impugnati laddove, anziché escluderla, avevano ammesso Kuma all’esercizio del diritto di prelazione, compensando tra le parti le spese di lite, salvo il contributo unificato, da rimborsarsi ad Arca da parte del Comune di Pordenone all’atto del passaggio in giudicato della sentenza.

Per giungere a tali conclusioni il primo giudice, in estrema sintesi:

a) riteneva inammissibili per carenza d’interesse a ricorrere i primi quattro motivi del ricorso introduttivo del giudizio con cui Gis aveva sostenuto che Arca avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura, con conseguente illegittimità dell’aggiudicazione disposta in suo favore, perché proposti quando tale aggiudicazione era stata già superata dall’avvenuto esercizio del diritto di prelazione da parte di Kuma, che la stazione appaltante aveva ammesso in maniera implicita ma inequivoca, dandone anche notizia alle concorrenti, con ogni conseguenza di legge, sicchè nessuna utilità avrebbe potuto ottenere Gis, che non aveva contestato i presupposti per l’esercizio di tale diritto (o meglio, si era limitata a introdurre al riguardo una mera clausola di stile nell’epigrafe dell’atto introduttivo del giudizio, non seguita da alcuna specifica deduzione), dall’esclusione dalla gara di Arca. Riteneva poi irricevibili per tardività i motivi aggiunti, con cui Gis, solo a seguito del deposito in giudizio da parte del Comune dell’atto formale di esercizio della prelazione, aveva proposto al riguardo specifiche doglianze. Rilevava, ad abundantiam, che la contestazione di Gis delle modalità di esercizio del diritto di prelazione non era comunque assistita dall’interesse a ricorrere, dato che Kuma avrebbe potuto riesercitare il diritto a fronte dell’eventuale nuova aggiudicazione disposta a seguito dello scorrimento della graduatoria. Riteneva infine tardivo il quinto motivo del ricorso di Gis, volto in via subordinata all’annullamento della dichiarazione di pubblico interesse del progetto posto a base di gara al fine di caducare l’intera procedura di project financing, osservando che le contestazioni formulate, evocando l’impossibilità di una valida partecipazione alla gara, stante l’inattendibilità della sottesa documentazione (piano economico e finanziario, proposta e studio di fattibilità), avrebbero dovuto essere proposte direttamente avverso il bando e il relativo disciplinare, tenendo conto del termine stabilito per la presentazione delle offerte;

b) riteneva infondati il primo, il terzo e il quarto motivo del ricorso di Arca volti all’esclusione di Kuma dalla gara (per indeterminatezza del contratto di avvalimento; per carenza dei requisiti per l’esecuzione diretta dei lavori; per mancata indicazione nel DGUE compilato dal progettista incaricato del nome dei committenti privati delle ivi indicate attività di progettazione), e assorbiva conseguentemente le eccezioni preliminari al riguardo spiegate da Kuma;

c) riteneva invece fondato il secondo motivo di Arca relativo all’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto di prelazione a favore di Kuma.

Sul punto, la sentenza appellata osservava che il diritto di prelazione di cui all’art. 183, comma 15 del Codice dei contratti pubblici sconta l’effettiva partecipazione alla gara del proponente, da intendersi quale presentazione di un’offerta idonea a essere comparata con le altre offerte e a dar luogo al confronto concorrenziale che sfocia nella sua graduazione. Sottolineava che una diversa interpretazione, in quanto suscettibile di influire sull’interesse del promotore a presentare un’offerta realmente competitiva, avrebbe comportato un grave vulnus alla effettiva concorsualità e alla par condicio di tale tipologia di gara. Sulla base di tali rilievi, riteneva illegittimo il riconoscimento del carattere di concorrente a Kuma, non ammessa alla fase di valutazione dell’offerta economica per non aver conseguito, nella valutazione dell’offerta tecnica, il punteggio pari almeno a quello di sbarramento, e affermava l’impossibilità di questa di aggiudicarsi la procedura già aggiudicata ad altri e conseguire il diritto al rimborso delle spese di progetto.

IV. Kuma ha appellato tale sentenza con ricorso n. 2763/2019, deducendo, con un unico motivo, violazione ed erronea interpretazione dell’art. 183, comma 15 del d.lgs. 50/2016 e dell’art. 3.6, lett. a), b) e c) del disciplinare di gara, violazione del principio di par condicio, illogicità e contraddittorietà delle motivazioni.

L’appellante ha in particolare sostenuto l’erroneità del giudizio di primo grado laddove ha ritenuto la non idoneità della sua partecipazione alla gara ai fini di cui si discute; ha avanzato istanza istruttoria ex art. 66 Cod. proc. amm., finalizzata all’accertamento della completezza della sua offerta economica, giacente ancora intatta presso gli uffici comunali; in via subordinata, ha domandato la declaratoria dell’obbligo dell’aggiudicataria di corrisponderle le spese per la predisposizione della proposta progettuale nella misura del 2,5% del valore dell’investimento, quantificate nell’art. 3.6, lett. d) del disciplinare nell’importo pari a € 44.216,00 IVA esclusa, esponendo come il mancato riconoscimento alla società di detta somma generebbe un indebito arricchimento in favore dell’aggiudicataria, che si è avvalsa della sua proposta per partecipare alla gara.

Arca, rappresentando che la sentenza in esame è stata appellata in via autonoma anche da Gis, ha proposto appello incidentale avverso la stessa sentenza, laddove ha respinto il primo motivo del suo ricorso di primo grado e ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso incidentale escludente proposto dalla società nell’ambito del ricorso di Gis. Ha dedotto al riguardo: 1) Violazione degli artt. 89 e 183 del d.lgs, 50/2016, violazione del disciplinare di gara, violazione della par condicio, nullità o inidoneità del contratto di avvalimento 28 febbraio 2018 e dell’esercizio del diritto di prelazione, eccesso di potere per carenza di presupposto e di motivazione; 2) Violazione degli artt. 95 e 164 del d.lgs. 50/2016, violazione del paragrafo 17, punto 2) del disciplinare di gara, eccesso di potere per carenza di presupposto; 3) Violazione dell’art. 183 del Codice dei contratti, violazione del paragrafo 17 del disciplinare di gara, eccesso di potere per carenza di presupposto e di istruttoria; 4) Violazione dell’art. 183 del Codice dei contratti, violazione del paragrafo 17 del disciplinare di gara, eccesso di potere per carenza di presupposto e di istruttoria, illogicità grave e manifesta; 5) Violazione dell’art. 183 del d.lgs. 50/2016, violazione del disciplinare di gara, eccesso di potere per carenza di presupposto e di motivazione.

Arca ha indi domandato la riforma della sentenza gravata in parte qua, la reiezione dell’appello di Kuma, nonché la declaratoria di inammissibilità e in ogni caso di reiezione del ricorso di primo grado e di appello di Gis. Ha altresì avanzato domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto, previa declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato con la controinteressata, dichiarando la propria disponibilità di subentrarvi, e la condanna del Comune di Pordenone al risarcimento dei danni, in forma specifica e in subordine per equivalente.

Con successiva memoria Arca ha confutato le argomentazioni dell’appello di Kuma e ha eccepito l’inammissibilità della domanda subordinata relativa alle spese di progetto, sia perché formulata per la prima volta in appello, in violazione dell’art. 104 Cod. proc. amm., sia per difetto di giurisdizione; ha esposto a tale ultimo riguardo che la questione inerisce a un rapporto paritetico tra l’aggiudicatario e il promotore, estraneo alla giurisdizione amministrativa, e ha comunque sostenuto l’infondatezza della domanda, anche per errata indicazione del relativo importo, perché correlato a quello stimato dall’Amministrazione, che in materia non esercita un potere pubblicistico.

Preso atto della proposizione dell’appello incidentale, Kuma ha riproposto ex art. 101, comma 2 Cod. proc. amm. l’eccezione di irricevibilità e inammissibilità del primo motivo del ricorso di primo grado e del ricorso incidentale di Arca per tardiva impugnazione della sua ammissione alla gara, e ha eccepito in ogni caso l’inammissibilità, perché introduttivo di nuove censure, e l’infondatezza dell’impugnativa incidentale.

V. Con ricorso n. 2768/2019 anche Gis ha gravato la sentenza in esame, sia nella parte in cui ha dichiarato inammissibile e irricevibile la sua impugnativa avverso le due aggiudicazioni ad Arca e a Kuma sia laddove ha accolto il ricorso di Arca, deducendo: 1) Erroneità della sentenza per aver deciso prioritariamente il ricorso proposto da Gis anziché quello proposto da Arca in base al principio della “ragione più liquida” (error in procedendo); 2) Erroneità della sentenza per aver dichiarato la tardività dei motivi aggiunti proposti da Gis avverso la nuova aggiudicazione in favore del promotore Kuma (error in procedendo); 3) Erroneità della sentenza laddove ha ritenuto irricevibile, perché asseritamente tardiva, l’impugnazione avverso la delibera di Giunta comunale n. 240/2016 del 24.11.2016 (error in procedendo).

Riproposti poi i motivi di ricorso non esaminati dal Tar, Gis ha concluso per la riforma della sentenza, con conseguente annullamento e declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato nelle more del giudizio e condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno per equivalente nell’ipotesi di impossibilità del subentro.

Il Comune di Pordenone, Arca e Kuma si sono costituiti in resistenza.

In particolare, Kuma ha riproposto, ex art. 101, comma 2 Cod. proc. amm., le eccezioni e le difese svolte in primo grado avverso l’impugnativa di Gis.

Arca ha proposto ricorso incidentale, deducendo: con riguardo al capo relativo alla reiezione del primo motivo del suo ricorso introduttivo del giudizio avverso Kuma: 1) Violazione degli artt. 89 e 183 d.lgs 50/2016, violazione del disciplinare di gara, violazione della par condicio, nullità o inidoneità del contratto di avvalimento 28.02.2018 e dell’esercizio del diritto di prelazione, eccesso di potere per carenza di presupposto e di motivazione; con riguardo al capo relativo alla statuizione di improcedibilità del suo ricorso incidentale nel ricorso di primo grado proposto da Gis: 2) Violazione degli artt. 95 e 164 d.lgs. 50/2016, violazione del paragrafo 17, punto 2) del disciplinare di gara, eccesso di potere per carenza di presupposto; 3) Violazione dell’art. 183 del Codice dei contratti pubblici, violazione del paragrafo 17 del disciplinare di gara, eccesso di potere per carenza di presupposto e di istruttoria; 4) Violazione dell’art. 183 del Codice dei contratti pubblici, violazione del paragrafo 17 del disciplinare di gara, eccesso di potere per carenza di presupposto e di istruttoria, illogicità grave e manifesta; 5) Violazione dell’art. 183 d.lgs 50/2016, violazione del disciplinare di gara, eccesso di potere per carenza di presupposto e di motivazione.

Arca ha concluso per la riforma della sentenza appellata, l’accoglimento del primo motivo del suo ricorso avverso l’aggiudicazione a Kuma, la reiezione dell’appello di questa, l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello e del ricorso di primo grado di Gis, l’accoglimento della sua domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto, previa declaratoria di inefficacia di quello eventualmente stipulato con la controinteressata, dichiarando la propria disponibilità al subentro e la condanna del Comune di Pordenone al risarcimento dei danni in forma specifica o in subordine per equivalente.

Il Comune di Pordenone, rappresentato di non voler contestare la sentenza di prime cure nella parte in cui ha accertato che Kuma doveva essere esclusa dall’esercizio del diritto di prelazione, trattandosi di questione di diritto, da cui la sua mancata costituzione nell’appello principale di Kuma, ha precisato di costituirsi in resistenza non solo avverso l’appello principale di Gis ma anche avverso l’appello incidentale di Arca laddove esso contesta l’ammissione alla gara di GIS, e, confutate le relative censure, conclude per la reiezione dell’appello principale di Gis e dell’appello incidentale di Arca, nei predetti limiti, e la conferma della sentenza di primo grado.

VI. Rinviata al merito la domanda cautelare avanzata da entrambe le appellanti principali, sulla scorta dell’accordo intervenuto tra l’Amministrazione e Arca a non stipulare il contratto sino all’esito dei giudizi d’appello pendenti, tutte le parti hanno affidato a memorie e repliche lo sviluppo delle proprie tesi difensive e la confutazione di quelle avversarie.

Alla pubblica udienza del 14 novembre 2019 le cause sono state indi congiuntamente chiamate e trattenute ai fini della decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare, gli appelli in epigrafe vanno riuniti ai fini della decisione ai sensi dell’art. 96, comma 1 del Codice del processo amministrativo, che stabilisce che tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza devono essere riunite in un solo processo.

2. Nel meritol’appello principale di Kuma (il primo in ordine di proposizione) pone la questione di se il soggetto promotore di un project financing ex art. 183, comma 15 del d.lgs. n. 50/2016, partecipante alla gara indetta dall’Amministrazione per la sua realizzazione, possa legittimamente esercitare il diritto di prelazione assicuratogli dal bando in conformità alla citata disposizione anche se escluso dalla procedura a causa del mancato raggiungimento da parte della sua offerta tecnica del punteggio minimo previsto dalla lex specialis per la valutazione dell’offerta economica e quindi per la graduazione dell’offerta complessiva.

La sentenza appellata ha dato al quesito una risposta negativa, ritenendo, per l’effetto, l’illegittimità sia della determinazione del Comune di Pordenone di riconoscere a Kuma, la cui offerta era stata esclusa dalla gara di cui si discute per il predetto motivo, il diritto di prelazione, sia dell’aggiudicazione disposta a favore della medesima in esito all’esercizio del diritto, previa dichiarazione dell’Amministrazione dell’inefficacia dell’aggiudicazione precedentemente disposta a favore di Arca, di cui la stessa sentenza ha indi implicitamente disposto la riviviscenza.

Sul tema così tracciato, non senza prima dare atto, in relazione all’istanza istruttoria formulata da Kuma, che l’appello in parola si profila maturo per la decisione, si osserva quanto segue.

2.1. L’art. 183, comma 15 del Codice dei contratti pubblici, applicabile, in quanto compatibile, anche ai servizi (art. 179, comma 3), stabilisce che: “Gli operatori economici possono presentare alle amministrazioni aggiudicatrici proposte relative alla realizzazione in concessione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità, incluse le strutture dedicate alla nautica da diporto, non presenti negli strumenti di programmazione approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente. La proposta contiene un progetto di fattibilità, una bozza di convenzione, il piano economico-finanziario asseverato da uno dei soggetti di cui al comma 9, primo periodo, e la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione […] Il piano economico-finanziario comprende l’importo delle spese sostenute per la predisposizione della proposta, comprensivo anche dei diritti sulle opere dell’ingegno di cui all’articolo 2578 del codice civileLa proposta è corredata dalle autodichiarazioni relative al possesso dei requisiti di cui al comma 17, dalla cauzione di cui all’articolo 93, e dall’impegno a prestare una cauzione nella misura dell’importo di cui al comma 9, terzo periodo, nel caso di indizione di garaL’amministrazione aggiudicatrice valuta, entro il termine perentorio di tre mesi, la fattibilità della proposta. A tal fine l’amministrazione aggiudicatrice può invitare il proponente ad apportare al progetto di fattibilità le modifiche necessarie per la sua approvazione. Se il proponente non apporta le modifiche richieste, la proposta non può essere valutata positivamente. Il progetto di fattibilità eventualmente modificato, è inserito negli strumenti di programmazione approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente ed è posto in approvazione con le modalità previste per l’approvazione di progetti; il proponente è tenuto ad apportare le eventuali ulteriori modifiche chieste in sede di approvazione del progetto; in difetto, il progetto si intende non approvato. Il progetto di fattibilità approvato è posto a base di gara, alla quale è invitato il proponente. Nel bando l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere ai concorrenti, compreso il proponente, la presentazione di eventuali varianti al progetto. Nel bando è specificato che il promotore può esercitare il diritto di prelazione. I concorrenti, compreso il promotore, devono essere in possesso dei requisiti di cui al comma 8, e presentare un’offerta contenente una bozza di convenzione, il piano economico-finanziario asseverato da uno dei soggetti di cui al comma 9, primo periodo, la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione, nonché le eventuali varianti al progetto di fattibilità; si applicano i commi 4, 5, 6, 7 e 13. Se il promotore non risulta aggiudicatario, può esercitare, entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario se dichiara di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario. Se il promotore non risulta aggiudicatario e non esercita la prelazione ha diritto al pagamento, a carico dell’aggiudicatario, dell’importo delle spese per la predisposizione della proposta nei limiti indicati nel comma 9. Se il promotore esercita la prelazione, l’originario aggiudicatario ha diritto al pagamento, a carico del promotore, dell’importo delle spese per la predisposizione dell’offerta nei limiti di cui al comma 9”.

Questa Sezione ha sottolineato che la procedura di project financing (prima disciplinata dagli artt. 37-bis e ss. della l. 109/1994 e successivamente dagli artt. 153 e ss. del d.lgs. 163/2006), individua due serie procedimentali strutturalmente autonome, ma biunivocamente interdipendenti sotto il profilo funzionale, la prima di selezione del progetto di pubblico interesse, la seconda di gara di evidenza pubblica sulla base del progetto dichiarato di pubblica utilità, quest’ultima a sua volta distinta nelle subfasi di individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa e di eventuale esercizio da parte del promotore del diritto di prelazione (Cons. Stato, V, 19 giugno 2019, n. 4186).

In tale ambito, la giurisprudenza ha ripetutamente riconosciuto: che la fase preliminare di individuazione del promotore, ancorché procedimentalizzata, è connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, tale da non potere essere resa coercibile nel giudizio amministrativo di legittimità (Cons. Stato, III, 20 marzo 2014, n. 1365; III, 30 luglio 2013, n. 4026; 24 maggio 2013, n. 2838; V, 6 maggio 2013, n. 2418), essendo intesa non già alla scelta della migliore fra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici preordinati, ma alla valutazione di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore (Cons. Stato, V, 31 agosto 2015, n. 4035); che lo scopo finale dell’intera procedura, interdipendente dalla fase prodromica di individuazione del promotore, è l’aggiudicazione della concessione in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (Cons. Stato, V, 14 aprile 2015, n. 1872; VI, 5 marzo 2013, n. 1315).

2.2. Quanto alla c.d. “soglia di sbarramento”, meccanismo che pure viene in rilevo nella controversia in esame, essa è rappresentata dalla previsione da parte della legge di gara di un punteggio tecnico minimo per accedere alla fase di apertura delle offerte economiche, ed è finalizzata a garantire una qualità elevata delle offerte presentate (Cons. Stato, V, 12 giugno 2017, n. 2852); dunque, per valutazione ex ante, l’offerta tecnica che si colloca sotto tale soglia è inidonea a condurre all’aggiudicazione, anche a prescindere dalla valutazione dell’offerta economica, in quanto “qualitativamente inadeguata” (Cons. Stato, n. 2852/2017, cit.).

La Sezione ha in particolare chiarito che la ratio di questo strumento, censurabile solo in presenza di macroscopiche irrazionalità, di incongruenze o di palesi abnormità (Cons. Stato, V, 18 novembre 2011, n. 6084), si ricollega all’esigenza specifica di addivenire, ai fini della singola, particolare procedura contrattuale, in coerenza con le specificità del contratto da concludere e con il complesso dei criteri di scelta del relativo contraente, a un livello qualitativo delle offerte particolarmente elevato, sì da comportare l’esclusione di quelle che, pur magari astrattamente convenienti sul piano economico, non raggiungano sul versante qualitativo lo standard che l’Amministrazione si prefigge (Cons. Stato, V, 2 dicembre 2015, n. 5468).

Anche la Corte di giustizia dell’Unione europea, nel dichiarare che la direttiva 2014/24/UE deve essere interpretata nel senso di non ostare a una normativa nazionale che autorizza le amministrazioni aggiudicatrici a imporre in una gara d’appalto con procedura aperta requisiti minimi per la valutazione tecnica, cosicché le offerte presentate che, al termine di tale valutazione, non raggiungono una soglia di punteggio minima prestabilita sono escluse dalla successiva valutazione fondata sia su criteri tecnici sia sul prezzo, ha rilevato che, nell’ipotesi, un’offerta che non raggiunge una simile soglia non soddisfa, in via di principio, le esigenze dell’amministrazione aggiudicatrice e non deve essere presa in considerazione al momento della determinazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (C.G.U.E., IV, 20 settembre 2018, n. 546).

2.3. A questo punto deve ancora osservarsi che la posizione del concorrente/promotore nella procedura di gara indetta ex art. 183, comma 15 del Codice dei contratti pubblici si connota di sue proprie particolarità, risultando rafforzata rispetto agli altri concorrenti, in quando egli, pur ove non risulti aggiudicatario della gara all’esito dell’ordinario svolgimento della comparazione delle offerte dei partecipanti, può divenirlo mediante l’esercizio del diritto di prelazione che deve essergli assicurato dal bando in caso di partecipazione alla gara, come previsto dalla stessa norma (“Nel bando è specificato che il promotore può esercitare il diritto di prelazione”; “Se il promotore non risulta aggiudicatario, può esercitare, entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario se dichiara di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario”).

In particolare, come rilevato dalla Sezione, ancorchè in un diverso contesto censorio, la posizione del concorrente/proponente, che, già a monte, per effetto della dichiarazione di pubblico interesse della proposta di progetto di finanza pubblica da esso presentata, si diversificava da quella di altri operatori, ricevendo “un’aspettativa e una posizione tutelata”, assume nella conseguente procedura di gara una “maggiore consistenza giuridica” per effetto del diritto di prelazione e dei correlati diritti patrimoniali (Cons. Stato, V, 11 gennaio 2018, n.111; 26 giugno 2015, n. 3237), questi ultimi consistenti, in caso di mancato esercizio del diritto di prelazione, nel “diritto al pagamento, a carico dell’aggiudicatario, dell’importo delle spese per la predisposizione della proposta”, speculare alla previsione che, in caso di esercizio della prelazione, “l’originario aggiudicatario ha diritto al pagamento, a carico del promotore, dell’importo delle spese per la predisposizione dell’offerta”.

In altre parole “la posizione di vantaggio acquisita per effetto della dichiarazione di pubblico interesse si esplica solo all’interno della gara, una volta che la decisione di affidare la concessione sia stata assunta” (Cons. Stato, V, 18 gennaio 2017, n. 207; 21 giugno 2016, n. 4177).

Ciò nonostante, la procedura competitiva ex art. 183, comma 15 d.lgs. 50/2016 resta assoggettata ai principi generali delle gare pubbliche, e, più specificamente, a quelli delle gare rette dal criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, stante il richiamo effettuato dal comma 15 al precedente comma 4, in base al quale l’aggiudicazione deve avvenire sulla base “del miglior rapporto qualità/prezzo”.

Ne consegue uno scenario complesso, in cui sussiste l’esigenza della salvaguardia, nello svolgimento della gara, di “uno standard minimo di concorrenzialità” e della “astratta appetibilità” dell’affidamento: tanto è stato riconosciuto dalla Sezione, che, nella sopra citata sentenza n. 4186/2019, ha concluso per l’effetto che il concorrente della seconda fase della procedura di project finacing può contestare in giudizio l’atto di scelta del promotore e di individuazione del progetto posto a base di gara senza incorrere nella preclusione decadenziale derivante dall’esaurimento della prima fase di selezione del promotore, stabilita (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 1 del 2012) in riferimento ai concorrenti che a tale prima fase abbiano partecipato, senza essere prescelti.

2.4. Calando tali coordinate al caso di specie, il Collegio ritiene che nella risposta alla questione di cui al precedente capo 2 rilevi: a) il fatto che la legge impronta la procedura competitiva conclusiva del procedimento di project financing in parola al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che privilegia il carattere qualitativo delle offerte; b) il fatto che la lex specialis della gara per cui è causa – sul punto non contestata – ha valorizzato al massimo tale carattere, imponendo un determinato livello qualitativo delle offerte mediante la previsione di una “soglia di sbarramento”, cioè di un punteggio tecnico minimo per accedere alla fase di valutazione delle offerte economiche; c) che il mancato raggiungimento di tale punteggio minimo, rende, per definizione, la stessa offerta inidonea a essere valutata nel suo complesso, ciò che ne legittima l’esclusione dalla competizione; d) la necessità di porre attenzione, nell’interpretazione dell’art. 183, comma 15 del d.lgs. 50/2016, all’esigenza di preservare l’effettiva concorrenzialità della gara, al fine di non trasformarla in un mero simulacro.

Tutti tali elementi conducono a ritenere che il giudizio di inidoneità dell’offerta tecnica del concorrente/promotore derivante dal mancato raggiungimento del previsto punteggio minimo, che rende insuscettibile di valutazione la correlata offerta economica e impossibile la graduazione finale dell’offerta complessiva, che viene conseguentemente esclusa, si riflette anche sul diritto di prelazione, rendendo la stessa offerta complessiva tamquam non esset anche ai fini della venuta a esistenza del diritto.

La conclusione è, del resto, ben compatibile con la previsione dell’art. 183, comma 15 del d.lgs. 50/2016, che, pur non disponendo espressamente al riguardo, stabilisce che “Se il promotore non risulta aggiudicatario, può esercitare, entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario se dichiara di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario”, in tal modo riconducendo il diritto di prelazione al “promotore non aggiudicatario” e rendendo necessaria per la sua nascita l’effettività della sua partecipazione alla gara, mediante la presentazione di un’offerta che, sino all’esito della procedura, sia stata comparata con le offerte presentate dagli altri concorrenti e figuri nella graduatoria finale in una posizione diversa dalla prima.

La sentenza di primo grado, sul punto, va pertanto confermata, mentre le articolate argomentazioni contenute nell’unico motivo dell’appello principale di Kuma risultano, per converso, infondate.

2.4.1. In primo luogo, non può dirsi, come fa l’appellante, che la conclusione del primo giudice non sia sorretta dal dato normativo, dal momento che, come visto, l’art. 183 del d.lgs. 50/2016 riconosce il diritto di prelazione non, genericamente, al concorrente/promotore, bensì al “promotore non aggiudicatario”, e che la significatività di tale specificazione ai fini di cui si discute e nei proposti termini è la più rispondente ai principi fondanti della materia per cui è causa.

2.4.2. Non è poi persuasiva la tesi, pure avanzata nel motivo, secondo cui tale conclusione si risolverebbe in una ingiustificata posizione di vantaggio per l’aggiudicataria, che, in tal caso, non viene onerata nei confronti del promotore dell’obbligo di rimborso delle spese da quest’ultimo sostenute per la presentazione del progetto.

Ferma restando, infatti, la discrezionalità della stazione appaltante nel ritenere che l’offerta tecnica del concorrente/proponente non raggiunga il punteggio minimo previsto in gara, va ribadito che il comma 15 dell’art. 183 del d.lgs. 50/2016 non riconosce il diritto al rimborso di cui trattasi al promotore in sé, tant’è che non lo prevede per l’ipotesi in cui questi non partecipi alla gara. Pertanto la circostanza, evidenziata dal deducente, che senza la suddetta proposta la gara non sarebbe stata indetta non si traduce in un “indebito” vantaggio per l’aggiudicatario non proponente sol perché questi non corrisponde il rimborso al proponente, mentre, poiché il diritto al rimorso sorge per effetto della rinunzia del promotore all’esercizio della prelazione, esso non può che postulare la venuta a esistenza di tale diritto, evenienza che, come sopra rilevato, non è dato rinvenire nella fattispecie.

Vero è, invece, che nell’ottica della norma, correttamente intesa, la previsione del diritto al rimborso concorre, in uno al diritto di prelazione, a compulsare l’interesse del promotore a partecipare alla gara con una offerta realmente competitiva, tale cioè da includerlo nella graduatoria finale e attribuirgli tale diritto, che gli consente, in caso di suo esercizio, di ottenere l’affidamento alle “medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario” corrispondendo altresì a questi l’“importo delle spese per la predisposizione dell’offerta”, o, per l’ipotesi in cui ritenesse di non assumere tali obbligazioni, la cui esatta portata è conoscibile solo dopo l’aggiudicazione al primo classificato, di rinunziarvi, conseguendo il rimborso delle spese progettuali nei limiti indicati dalla norma.

2.4.3. Ancora, sono irrilevanti tutte le argomentazioni svolte nel motivo in relazione alla circostanza che la non competitività dell’offerta è valutabile solo ex post, dipendendo da fattori imponderabili e difficilmente prevedibili da parte dell’operatore economico: non si tratta, infatti, di soppesare la condotta del concorrente/proponente in termini di correttezza e buona fede nella partecipazione alla gara, ma, molto più limitatamente, di valutare se il diritto di prelazione di cui si discute è o meno sorto; e un siffatto giudizio non può essere riconnesso alla sua astratta previsione da parte del ridetto comma 15 dell’art. 183, come pretenderebbe il motivo in esame, dipendendo, invece, dal soddisfacimento della condizione dell’effettività della partecipazione alla gara del medesimo proponente/concorrente nei sensi dianzi chiariti.

E poiché tale condizione può essere concretamente apprezzata solo alla luce della specifica lex specialis di gara cui tale soggetto ha partecipato, accettandone le condizioni e assumendo l’aleatorietà del relativo esito, non è dato ravvisare neanche la disparità di trattamento denunziata in riferimento ad altre gare che non prevedano la “soglia di sbarramento” (che, del resto, come riconosce la stessa deducente, non aveva nella fattispecie lo scopo di limitare l’esercizio della prelazione), né rileva che essa non sia stata raggiunta, nel complesso meccanismo di valutazione previsto dal disciplinare, solo a causa del basso punteggio conseguito dalla deducente in uno dei sottocriteri di valutazione.

2.4.4. Infine, non sono conducenti le osservazioni critiche che il motivo rivolge alla parte della sentenza appellata che, alla stregua di una “prova di resistenza” delle proprie conclusioni, ha preso in esame i criteri che regolano i concorsi pubblici, rilevando in particolare che, per essi, l’operatività delle preferenze e delle precedenze “richiede, necessariamente, la previa definitiva idoneità del candidato che intende avvalersene”: anche l’eventuale fondatezza di tali osservazioni non potrebbe infatti condurre alla riforma della sentenza, dal momento che l’interpretazione conferita dal primo giudice all’art. 183, comma 15 del d.lgs. 50/2016 è risultata, come sopra, corretta.

3. La domanda principale dell’appello di Kuma va indi respinta, mentre la domanda subordinata, di declaratoria dell’obbligo dell’aggiudicataria di corrisponderle le spese per la predisposizione della proposta progettuale, si rivela inammissibile in quanto, come eccepito da Arca, formulata per la prima volta in appello, in violazione dell’art. 104 Cod. proc. amm., non avendo Kuma nel giudizio di primo grado proposto appello incidentale, ciò che esime il Collegio dal valutare l’ulteriore eccezione di carenza di giurisdizione pure spiegata al riguardo da Arca.

4. Il ricorso incidentale proposto da Arca nell’ambito dell’appello principale di Kuma si rivela pertanto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Conseguentemente, restano assorbite tutte le eccezioni preliminari al riguardo spiegate da Kuma, anche ai sensi dell’art. 101, comma 2 Cod. proc. amm..

5. Si passa quindi all’esame dell’appello principale di Gis.

5.1. Il primo e il terzo motivo sono fondati.

Con tali mezzi Gis lamenta l’error in procedendo in cui il primo giudice è incorso laddove: a) ha anteposto l’esame del ricorso di primo grado della stessa Gis a quello di Arca in forza del criterio c.d. “della ragione più liquida”, dichiarandolo inammissibile perché diretto nei confronti di un atto, l’aggiudicazione ad Arca, privo di lesività, perché ormai superato dall’esercizio di prelazione di Kuma, senza avvedersi che quello stesso atto è divenuto nuovamente lesivo per Gis dopo l’accoglimento contestuale da parte dello stesso giudice del ricorso di Arca, con l’effetto che l’aggiudicazione di quest’ultima è rimasta non scrutinata in giudizio, nonostante le puntuali contestazioni al riguardo avanzate da Gis; b) ha dichiarato irricevibile per tardività l’impugnazione da parte di Gis, in uno alla lex specialis, della delibera comunale n. 240/2016 citata in fatto, con cui l’Amministrazione ha dichiarato di pubblico interesse la proposta di Kuma, sulla base dell’erroneo presupposto che tali contestazioni evidenziassero il carattere escludente della proposta e quindi avrebbero dovuto essere tempestivamente formulate nei confronti della lex specialis stessa.

E’ evidente infatti, quanto alla prima questione, che, avendo la sentenza riunito i ricorsi di Arca e di Gis (rispettivamente prima e seconda classificata), l’interesse di Gis a contestare l’aggiudicazione della gara ad Arca andava apprezzato, logicamente ancor prima che giuridicamente, dopo la definizione della sorte del ricorso proposto da Arca avverso l’aggiudicazione a Kuma disposta in esito all’esercizio del diritto di prelazione, né tale ordine può essere sovvertito mediante il ricorso al criterio della ragione più liquida, che si giustifica solo a fronte di questioni che si pongono sullo stesso piano, pena la violazione del diritto di difesa.

Quanto alla seconda questione, emerge che Gis non ha mai sostenuto che i vizi della delibera comunale n. 240/2016 che ha dichiarato di pubblico interesse la proposta di Kuma potessero precludere la sua partecipazione alla gara. Sicchè, non venendo in rilievo il c.d. “carattere immediatamente escludente” che legittima l’immediata impugnazione della lex specialis (Cons. Stato, Ad. plen. n. 4 del 2018), la delibera in parola, presupposto dell’indizione della procedura, si rendeva sicuramente impugnabile, in applicazione dei consueti principi giurisprudenziali, come gli atti indittivi della gara, in uno all’aggiudicazione.

Del resto, come già sopra rilevato, la Sezione, seppur con una decisione successiva alla sentenza qui gravata, ha riconosciuto al concorrente della seconda fase della procedura di project finacing la possibilità di contestare in giudizio l’atto di scelta del promotore e di individuazione del progetto posto a base di gara senza incorrere nella preclusione decadenziale derivante dall’esaurimento della prima fase di selezione del promotore, stabilita (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 1 del 2012) solo in riferimento ai concorrenti che a tale prima fase abbiano partecipato, senza essere prescelti (Cons. Stato, V, n. 4186/2019).

5.2. E’ invece improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il secondo motivo dell’appello principale di Gis, che contesta la statuizione di irricevibilità per tardività dei suoi motivi aggiunti rivolti avverso l’aggiudicazione a Kuma: l’illegittimità di tale aggiudicazione è stata infatti qui confermata con la reiezione dell’appello principale proposto da quest’ultima.

Alla stessa conclusione si perviene con riguardo ai motivi aggiunti in questione, non vagliati dal primo giudice e qui riproposti da Gis.

Per l’effetto, restano assorbite le eccezioni e le difese svolte da Kuma in primo grado avverso la parte dell’impugnativa di Gis che la riguarda, qui riproposte ex art. 101, comma 2 Cod. proc. amm..

6. Alla luce delle appena dette conclusioni, la sentenza appellata va riformata laddove dichiara l’impugnativa di Gis inammissibile quanto all’aggiudicazione ad Arca e tardiva quanto alla delibera n. 240/2016.

7. Il Collegio deve quindi esaminare nel merito le relative censure a suo tempo non esaminate dal primo giudice e qui riproposte da Gis.

Esse peraltro risultano infondate, ciò che esime il Collegio dall’esame delle eccezioni preliminari al riguardo spiegate dalle parti avverse.

7.1. Gis (deducendo la violazione dell’art. 95, comma 10 del d.lgs. 50/2016 e del paragrafo 17, punto 2 del disciplinare di gara) sostiene che Arca non ha indicato nel proprio piano economico-finanziario gli oneri cd. “interni” in materia di salute e di sicurezza del personale.

Il rilevo non trova riscontro negli atti di causa, in quanto il PEF di Arca riporta nelle tabelle 5 e 7, tra i costi generali, la quantificazione e lo sviluppo analitico per gli anni di gestione di tali costi.

Quanto all’ulteriore argomentazione di Gis secondo cui tali costi non coprirebbero i lavori accessori di realizzazione delle opere che Arca si è impegnata a realizzare in proprio, si osserva che Arca ha dichiarato nel DGUE (pag. 5) che avrebbe appaltato interamente tali lavori a terzi, indicando anche il nome dell’appaltatore, e ha ulteriormente indicato i relativi oneri di sicurezza nel capitolo 3, pag. 44, della “relazione recante la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione”.

7.2. Per quest’ultima ragione è infondato anche il motivo con cui Gis (sostenendo la violazione dell’art. 89 del d.lgs. 50/2016 e del paragrafo 15, parte II n. 4 del disciplinare) afferma che il contratto di avvalimento prodotto in gara da Arca per la realizzazione dei lavori di ristrutturazione e manutenzione dell’impianto, non specificando i requisiti forniti e le risorse messe a disposizione dell’ausiliaria, non attesterebbe, nei sensi richiesti da costante giurisprudenza, l’effettiva messa a disposizione della società del requisito SOA categorie OG1 classifica II e OG11 classifica III richiesto per gli stessi lavori.

Le previsioni invocate da Gis, alla luce del paragrafo 8.6 del disciplinare, si riferiscono infatti all’ipotesi in cui il concorrente intenda eseguire i lavori in proprio, restando così irrilevante che Arca, che non ha manifestato, come appena visto, tale intendimento, abbia prodotto in gara anche il contratto in parola.

Al riguardo, può richiamarsi quanto osservato dalla sentenza appellata nell’ambito dell’esame di una censura svolta da Arca nei confronti di Kuma.

In particolare, il primo giudice, rilevato che “l’art. 8.6 del disciplinare di gara rubricato ‘requisiti per l’esecuzione dei servizi tecnici’ […] recita: ‘a) al fine di potere eseguire direttamente i lavori di cui allo Studio di fattibilità approvato, il concorrente dovrà altresì essere in possesso, ai sensi dell’art. 216, comma 4 del D.Lgs. n. 50/2016: dell’attestazione SOA per la categoria (Prevalente) OG1 per la classifica II e per la categoria (scorporabile) OG11, Classifica II. I suddetti requisiti devono essere posseduti dal concorrente singolo o riunito in raggruppamento verticale. E’ ammesso l’avvalimento. b) qualora il concorrente individuato quale concessionario non intenda eseguire direttamente i lavori, questi dovrà avvalersi di soggetti terzi adeguatamente qualificati e troveranno applicazione le disposizioni contenute nell’art 164, comma 5 del Codice’” , ha correttamente concluso che “laddove il concessionario non intenda eseguire direttamente i lavori, i requisiti di cui sub precedente lett. b) dovranno essere posseduti dall’impresa appaltatrice che sarà scelta dal concessionario per l’esecuzione dei lavori, ma non dal concessionario ai fini della partecipazione alla gara”.

Resta solo da aggiungere che il possesso da parte dell’impresa appaltatrice indicata da Arca dei requisiti in parola non è qui in discussione.

Deve ancora osservarsi che Gis sostiene che nel DGUE Arca ha indicato il sub-appaltatore e non l’appaltatore dei lavori in parola, come attesterebbe la produzione del contratto di avvalimento.

La tesi non è però persuasiva, rilevando, da un lato, la volontà dell’offerente espressa dal DGUE, e considerando inoltre, come fatto constare da Arca, che il modello di DGUE predisposto dall’Amministrazione non conteneva uno spazio dedicato all’appalto, prevedendo solo il subappalto di cui all’art. 174 del Codice, sicchè l’indicazione della volontà di appaltare i lavori in questione, come espressamente consentito dal punto 8.6, lett. b) del disciplinare, non poteva che essere formulata nell’unica parte disponibile del modello.

7.3. Gis (deducendo violazione dell’art. 24, comma 5 del d.lgs. 50/2016 e del paragrafo 8.7 del disciplinare) osserva che Arca non ha indicato la persona fisica incaricata dell’integrazione tra le varie prestazioni specialistiche.

Il rilievo è palesemente infondato.

La stessa censura ammette che Arca ha indicato un solo incaricato della progettazione dell’intera opera, sicchè, in assenza delle diverse “qualificazioni professionali” dei professionisti incaricati della progettazione, menzionate dall’art. 24, comma 5 del d.lgs. 50/2016 nella formulazione vigente ratione temporis, non sussiste l’esigenza di indicare “la persona fisica incaricata dell’integrazione tra le varie prestazioni specialistiche” prevista dalla stessa norma.

7.4. Gis (deducendo violazione dell’art. 97, comma 3 del d.lgs. 50/2016 e del paragrafo 17 n. 2 del disciplinare, eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza assoluta di motivazione, perplessità e illogicità grave e manifesta) rappresenta che poiché la legge di gara imponeva la verifica, prima dell’aggiudicazione definitiva, della coerenza tra il PEF e l’offerta tecnica ed economica della concorrente, la stazione appaltante avrebbe dovuto effettuare – e non lo ha fatto – la verifica di congruità dell’offerta di Arca, sussistendone i relativi presupposti (conseguimento di un punteggio sia per l’offerta economica che per quella tecnica di punteggio superiore ai 4/5 dei punti massimi previsti). A tanto perviene anche assumendo l’applicabilità di tale verifica al project financing e alle concessioni di servizi.

Ritiene, inoltre, che anche la predetta verifica di coerenza sarebbe sostanzialmente stata omessa, stante l’estrema sinteticità della motivazione della relativa relazione predisposta dal RUP con il supporto del componente esperto della commissione di gara, che costituirebbe un inutile duplicato dell’asseverazione del PEF.

Entrambe le doglianze sono infondate.

La verifica di coerenza non può dirsi mancata, atteso che la stessa deducente dà atto del suo svolgimento, mentre la sinteticità della relativa motivazione nulla dice in ordine all’attitudine della verifica a dare atto dell’equilibrio economico-finanziario dell’offerta.

L’unico rilievo critico sostanziale che Gis espone nei confronti della verifica di coerenza del PEF di Arca, ovvero l’impossibilità di Arca di ottenere l’omologazione da parte della Federazione Italiana Nuoto della vasca a otto corsie in luogo delle sei esistenti per insufficienza della sua misura, si rivela poi insufficiente ad attestarne l’erroneità. In particolare, l’asserita impossibilità di rispettare i numerosi impegni assunti da Arca che valorizzano le attività agonistiche senza tale omologazione è un enunciato alquanto generico; inoltre, la censura non tiene conto delle deroghe previste a favore degli impianti già esistenti, di cui alle norme FINA-Federazione internazionale nuoto, anni 2013/2017 e 2017-2021, e alle norme CONI per l’impiantistica sportiva di cui alla deliberazione n. 851/1999.

Quanto all’applicabilità della verifica di anomalia alle procedure di affidamento delle concessioni, basti rilevare che la Sezione ha osservato, in relazione al previgente Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 163/2006, che la relativa disciplina, non essendo stata richiamata nel pertinente art. 30 – e una identica situazione di rinviene nell’art. 164, comma 2 del Codice attuale, che dispone un richiamo alle norme in materia di appalti pubblici nei soli limiti della compatibilità delle stesse con la concessione – non si estende alle concessioni di servizi, rientrando nella discrezionalità della stazione appaltante, la quale può decidere di autovincolarsi e assoggettarsi al sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, ma, ove la legge di gara non abbia fatto alcun richiamo al riguardo – come nel caso di specie – la disciplina legale non trova diretta applicazione (Con. Stato, V, 24 marzo 2011, n.1784).

Neanche nella disciplina del project finacing è dato rinvenire il richiamo alla verifica di anomalia, che, ulteriormente, non è stata prevista dalla lex specialis della procedura in esame, che si è limitata a prevedere la verifica della coerenza e sostenibilità del PEF, e che sul punto non è stata contestata da Gis.

In particolare, la verifica di anomalia è regolata dall’art. 97, comma 3, contenuto nella Parte II, Titolo IV del vigente Codice dei contratti pubblici, mentre l’art. 179, recante la Disciplina comune applicabile al Partenariato pubblico privato e contraente generale ed altre modalità di affidamento di cui agli articoli seguenti, dispone che “1. Alle procedure di affidamento di cui alla presente parte si applicano le disposizioni di cui alla parte I, III, V e VI, in quanto compatibili. 2. Si applicano inoltre, in quanto compatibili con le previsioni della presente parte, le disposizioni della parte II, titolo I a seconda che l’importo dei lavori sia pari o superiore alla soglia di cui all’articolo 35, ovvero inferiore, nonché le ulteriori disposizioni della parte II indicate all’articolo 164, comma 2”.

Deve pertanto concludersi che il Codice non prevede la verifica di anomalia nel project financing, cosa del resto coerente con la specifica previsione della diversa verifica del “valore economico e finanziario” del PEF prescritto dal comma 5 dell’art. 183, richiamato dal successivo comma 15.

Del resto, questo Consiglio di Stato ha osservato che “nella procedura di project financing la commissione di gara deve accertare la coerenza e sostenibilità economica dell’offerta procedendo all’esame del piano economico e finanziario sotto il profilo dei ricavi attesi e dei relativi flussi di cassa in rapporto ai costi di produzione e gestione (Cons. Stato, Sez. V, 25/6/2010, n. 4084; 17/11/2006 n. 6727; 11/7/2002 n. 391)” e che il PEF rappresenta “il documento giustificativo della sostenibilità economico-finanziaria dell’offerta, non si sostituisce all’offerta ma ne costituisce il documento di supporto nella valutazione della sua congruità, e cioè dell’idoneità dei suoi contenuti ad assicurare al concessionario una fonte di utili in grado di consentire il rimborso dei prestito e la gestione proficua dell’attività oggetto di concessione”. (Cons. Stato, III, 16 gennaio 2017, n.116).

7.5. Gis (deducendo violazione dell’art. 183 del d.lgs. 50/2016, eccesso di potere per difetto di istruttoria e illogicità grave e manifesta), al fine di ottenere la caducazione dell’intera gara, sostiene infine l’illegittimità della delibera comunale n. 240/2016 con cui l’Amministrazione ha dichiarato di pubblico interesse la proposta di Kuma, per non essersi la stessa avveduta che la proponente ha dichiarato di godere del regime fiscale agevolato “forfettario” previsto per le società sportive dilettantistiche dalla l. 398/1981, artt. 1 e 2, di cui invece non poteva beneficiare, in quanto i proventi “commerciali” della società, ovvero quelli derivanti dalle prestazioni rese in favore dei non tesserati alla Federazione o all’Ente di promozione sportiva cui è affiliata Kuma, supererebbero il limite di legge di € 400.000,00.

Per respingere la censura non occorrono molte parole: l’asserito superamento del limite di cui sopra viene infatti derivato da Gis dall’affermazione che il fatturato e l’utile di esercizio dichiarato da Kuma nell’ultimo bilancio depositato non potrebbero che provenire in maniera preponderante dalla predetta tipologia di prestazioni, assunto che si profila, al contempo, sia arbitrario che ipotetico.

8. L’appello principale di Gis, ove sostenuto da interesse, è pertanto infondato.

9. Ne deriva l’improcedibilità dell’appello incidentale svolto nel suo ambito da Arca.

10. In definitiva, alla luce di tutto quanto sopra, disposta la riunione degli appelli principali in esame:

- l’appello principale di Kuma va respinto;

- l’appello principale di Gis va accolto in parte, disponendosi, per l’effetto, la riforma della sentenza appellata nella parte in cui non ha respinto nel merito l’impugnativa proposta da Gis avverso l’aggiudicazione della gara ad Arca;

- gli appelli incidentali proposti da Arca nell’ambito dei due appelli principali di cui sopra vanno dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.

Sussistono giusti motivi, stante la novità e la complessità della controversia, per compensare tra le parti le spese di giudizio del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli di cui in epigrafe: a) li riunisce; b) respinge l’appello principale di KUMA S.S.D. a r.l.,; c) accoglie in parte l’appello principale di GIS - Gestione Impianti Sportivi & Tempo Libero S.D.D. a r.l., disponendo, per l’effetto, la riforma della sentenza appellata nella parte in cui non ha respinto nel merito l’impugnativa da questa proposta avverso l’aggiudicazione della gara ad A.R.C.A. S.S.D. a r.l.; d) dichiara improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse entrambi gli appelli incidentali proposti da quest’ultima.

Compensa tra le parti le spese di giudizio del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 14 novembre 2019.

 

 

 

Guida alla lettura

Con la sentenza in rassegna, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha affrontato due tematiche rilevanti concernenti il project financing. In particolare, il Collegio ha esaminato l’ambito di applicazione del diritto di prelazione spettante al promotore in forza dell’art. 183, comma 15 del Codice dei Contratti, nonché la tematica concernente la necessità di effettuare la verifica di anomalia delle offerte ex art. 97 del medesimo codice.

Giova, preliminarmente, riassumere la disciplina di uno degli istituti del partenariato pubblico – privato noto come project financing.

Il project financing è disciplinato dall’art. 183 del codice dei contratti. Con tale figura è stata designata una specifica modalità per l’affidamento di concessioni di lavori pubblici nell’ambito di operazioni economico – finanziarie ad elevato rischio economico – imprenditoriale e fondate su un globale coinvolgimento di capitali privati. Tale strumento consente di sollevare la p.a. dal rischio e dagli oneri relativi al finanziamento dell’opera da realizzare, affidando al settore privato la predisposizione e la concretizzazione del progetto, nonché la gestione dell’opera o del servizio finale, incentivandone il livello ed assicurandone la piena utilizzazione commerciale.

Il Codice dei Contratti prevede due procedure di finanza di progetto. La prima procedura, ad iniziativa pubblica e gara unica, si esplica attraverso la pubblicazione di un bando contenente la richiesta di uno studio di fattibilità, e la presentazione dei progetti da parte degli operatori interessati. Successivamente, la stazione appaltante individua il promotore in base all’offerta economicamente più vantaggiosa.

La seconda procedura è quella ad iniziativa privata. In questo caso, gli operatori economici presentano alla pubblica amministrazione un progetto di fattibilità che deve essere vagliata nel termine di tre mesi. Al termine del periodo indicato, nell’ipotesi in cui la pubblica amministrazione ritenga sussistere il pubblico interesse della proposta, pone il progetto a base di gara, invitando il proponente, che diventa promotore a partecipare alla gara stessa.

La normativa codicistica attribuisce al promotore, in ragione di tale qualità, un diritto di prelazione nell’ipotesi in cui non dovesse risultare aggiudicatario. Infatti, l’art. 183 comma 15 del Codice dei contratti pubblici dispone che: “Se il promotore non risulta aggiudicatario, può esercitare entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario se dichiara di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario”.

La Sezione Quinta si è, pertanto, interrogata sull’estensione della disposizione richiamata. Più precisamente, la questione sottoposta all’attenzione del Collegio riguardava la possibilità di esercitare il diritto potestativo di prelazione nelle ipotesi in cui il promotore fosse stato escluso dalla gara per il mancato raggiungimento del punteggio minimo necessario per accedere alla valutazione. In altri termini, occorre chiedersi se il diritto di prelazione riconosciuto al promotore sia esercitabile per il solo fatto di aver presentato la domanda di partecipazione, a prescindere, pertanto, dall’inidoneità per mancanza di qualità dell’offerta a raggiungere lo standard qualitativo minimo o se, al contrario, il mancato raggiungimento della soglia di sbarramento non impedisca l’esercizio del diritto di prelazione, essendo assimilabile alla mancata partecipazione alla gara.

Il Collegio, interpretando l’art. 183 comma 15 del Codice dei contratti pubblici ha concluso nel senso che il mancato raggiungimento della soglia di sbarramento e, quindi, la conseguente in suscettibilità di valutazione comparativa dell’offerta, renda inoperante l’esercizio del diritto di prelazione. Infatti, l’art. 183 comma 15 riconduce il diritto di prelazione al promotore non aggiudicatario, intendendo con tale locuzione il soggetto che abbia partecipato alla gara. Nell’ipotesi di esclusione per mancato raggiungimento del punteggio minimo ai fini della valutazione, non è possibile equiparare la presentazione della domanda alla partecipazione alla gara, con la conseguenza che non potrà operare il diritto di prelazione. Se così non fosse, si rischierebbe di svilire il principio della gara e della concorrenza, posto che un soggetto al quale non è stata valutata l’offerta, potrebbe aggiudicarsi la gara, pur non presentando il minimo qualitativo richiesto dall’amministrazione aggiudicatrice. La Sezione ha sancito sul punto che: il giudizio di inidoneità dell’offerta tecnica del concorrente/promotore derivante dal mancato raggiungimento del previsto punteggio minimo, che rende insuscettibile di valutazione la correlata offerta economica e impossibile la graduazione finale dell’offerta complessiva, che viene conseguentemente esclusa, si riflette anche sul diritto di prelazione, rendendo la stessa offerta complessiva tamquam non esset anche ai fini della venuta ad esistenza del diritto.

Ciò chiarito in merito all’estensione del diritto di prelazione spettante al promotore, il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla questione concernente l’applicabilità della verifica di anomalia ex art. 97 del Codice dei Contratti pubblici al project financing e alle concessioni di servizi. Infatti, nella fattispecie posta all’attenzione del Collegio, il bando di gara era volto all’affidamento di una concessione di servizi.

Con il sub procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, la stazione appaltante accerta la serietà, la sostenibilità, e la sostanziale affidabilità della proposta contrattuale, in maniera da evitare che l’appalto sia aggiudicato a prezzi eccessivamente bassi, tali da non garantire la qualità e la regolarità dell’esecuzione del contratto oggetto di affidamento.

Sul punto, il Collegio ha chiarito che l’art. 97 del Codice dei contratti è previsto in materia di affidamento di appalti e che l’art. 164 comma 3 del medesimo codice che effettua un rinvio alle norme in materia di appalti, in quanto compatibili, non menziona il sub procedimento di verifica di anomalia dell’offerta. E tale disciplina non è richiamata neanche per quel che riguarda il project financing. Conseguentemente, il sub – procedimento di verifica di anomalia dell’offerta, non essendo contemplato dalle disposizioni in materia di concessione di servizi e di project financing, trova applicazione in tali ipotesi, solo in caso di auto vincolo della stazione appaltante. Diversamente, l’amministrazione aggiudicatrice non procederà alla verifica di anomalia.

Si riporta il passaggio della sentenza, secondo cui: quanto all’applicabilità della verifica di anomalia alle procedure di affidamento delle concessioni, basti rilevare che la Sezione ha osservato, in relazione al previgente Codice dei Contratti pubblici di cui al d.lgs 163/2006, che la relativa disciplina, non essendo stata richiamata nel pertinente art. 30 – e una identica situazione si rinviene nell’art. 164, comma 2 del Codice attuale, che dispone un richiamo alle norme in materia di appalti pubblici nei soli limiti della compatibilità delle stesse con la concessione – non si estende alle concessioni di servizi, rientrando nella discrezionalità della stazione appaltante, la quale può decidere di auto vincolarsi e assoggettarsi al sub procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, ma ove la legge di gara non abbia fatto alcun richiamo al riguardo – come nel caso di specie – la disciplina legale non trova diretta applicazione.