C.G.A., Sez. giurisdizionale, 18 settembre 2019 n. 823

Il giudice, qualora disponga il rinnovo della valutazione delle offerte di gara può ordinare che tale attività sia compiuta da una Commissione in diversa composizione, non trovando applicazione il comma 11 dell’art. 77, d.lgs., n. 50 del 2016 che si riferisce ai casi in cui la Commissione deve essere riconvocata a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione. Infatti, la norma richiamata mal si attaglia al caso in cui l’aggiudicazione non è stata “annullata”, essendo ancora in itinere il procedimento di valutazione volto a verificare quale debba essere la ditta alla quale aggiudicare l’appalto; né è stata annullata l’esclusione di un concorrente. Al contrario, si applica allorquando venga in rilievo un vizio che abbia inficiato l’aggiudicazione, e non anche nel caso in cui la necessità di modificare la composizione della commissione di gara è sorta nell’ambito del processo amministrativo, in conseguenza di una decisione giudiziaria rimasta ineseguita, ed al fine di consentirne la corretta attuazione.

 

 

 

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 615 del 2018, proposto dall’Assessorato regionale delle infrastrutture e della mobilità e dall’UREGA di Palermo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, presso la cui sede distrettuale, in Palermo, via Villareale n.6, sono ex lege domiciliati;

contro

Comune di Termini Imerese e Dusty s.r.l. in persona dei rispettivi rappresentanti legali, non costituiti in giudizio;
Ciclat Trasporti Ambiente soc. coop., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo Rotigliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Filippo Cordova, n. 95;

per la riforma

della sentenza n.1451 del 27.6.2018, resa dalla III^ sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia;


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Ciclat Trasporti Ambiente soc. coop.;

Visti tutti gli atti della causa;

Nominato Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2019 il cons. Carlo Modica de Mohac e uditi per le parti l'avvocato dello Stato Fabio Caserta e l’avv. Riccardo Rotigliano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con deliberazione di G.M. n.120 del 28.6.2016 il Comune di Termini Imerese approvava il progetto di affidamento del servizio di igiene ambientale della costituita A.R.O. (area raccolta ottimale) territoriale; ed avviava la procedura di gara per l’affidamento del correlato appalto per il “servizio integrato della gestione dei rifiuti solidi urbani del territorio comunale” (per un valore a base d’asta pari ad €.25.796.370,32, oltre costi per la sicurezza, ed i.v.a.), da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Alla gara partecipavano nove concorrenti, tra cui la ditta appellante, società cooperativa Ciclat Trasporti Ambiente (d’ora innanzi denominata semplicemente, per brevità, “Ciclat”).

Le operazioni del seggio di gara (UREGA di Palermo) si protraevano - anche in ragione dell’acquisizione dall’A.N.A.C. di un parere precontenzioso (chiesto su sollecitazione di un concorrente inizialmente escluso e poi riammesso) - dal 7.11.2016 fino al 14.2.2018.

All’esito di tali operazioni, nella seduta pubblica del 17.1.2018 il Seggio di gara aggiudicava l’appalto alla società Dusty s.r.l., che aveva conseguito il punteggio complessivo di 80,05 punti (su cento), immediatamente seguita dalla società Ciclat con 79,97 punti (su cento), e dunque con un distacco di appena 0,08 punti.

2. Con ricorso innanzi al TAR di Palermo (Sez. III^), la Ciclat impugnava l’aggiudicazione, unitamente agli atti di gara.

Nel chiederne l’annullamento per le conseguenti statuizioni reintegratorie, conformative e di condanna, lamentava:

violazione e falsa applicazione dell’art.95 del d.lgs. n.50 del 2016 (codice dei contratti pubblici), nonché del paragrafo IV.2 del bando di gara e del paragrafo 6 del disciplinare, ed eccesso di potere per difetto di motivazione, deducendo che l’attribuzione di un punteggio pari a “0” (dunque: la valutazione di “insufficienza totale”) per le voci relative alle “migliorie” (sub/criterio di giudizio “h.2”, previsto dal disciplinare di gara) ed alle “novità assolute” (sub/criterio di giudizio “h.3”) avrebbe dovuto essere assistito da un minimo di motivazione volta a dar conto delle ragioni per le quali ben quindici pagine del proposto progetto, dedicate ad illustrare proprio taluni aspetti ‘migliorativi’ ed ‘innovativi’ (rispetto alle soluzioni tecniche del capitolato speciale), non erano state neanche prese in considerazione;

violazione dell’art.34 del d.lgs. n.50 del 2016 e del disciplinare di gara, nonché dell’art.1 del capitolato speciale, deducendo che l’offerta della società Dusty avrebbe dovuto essere comunque esclusa per non aver descritto talune specifiche tecniche - necessarie per il rispetto delle norme a tutela dell’ambiente - dei prodotti offerti.

Con ordinanza n.857 dell’11.4.2018, il TAR di Palermo (sez. III^) disponeva che la Commissione di gara esplicitasse “le ragioni poste a supporto della valutazione” - con la quale aveva attribuito un punteggio pari a “0” - relativa agli aspetti sopra indicati.

Il 17.4.2018 la Commissione di gara, ricostituitasi (in eguale composizione) in (asserita) esecuzione all’ordinanza, confermava la sua valutazione di totale insufficienza delle parti dell’offerta relative alle “migliorie” ed alle “innovazioni”, continuando a non fornire alcun ragguaglio in ordine alle ragioni e sui criteri sui quali aveva basato un giudizio sì tranciante.

Con ricorso per motivi aggiunti la Ciclat impugnava anche tale determinazione, lamentandone la illegittimità per la stessa ragione per la quale aveva contestato la precedente valutazione; e cioè per la rilevata assoluta carenza di una motivazione idonea a supportare il giudizio di totale insufficienza, tautologicamente predicata.

Ritualmente costituitesi, l’Amministrazione regionale, l’Amministrazione comunale e la società Dusty, eccepivano l’infondatezza sia del ricorso che dei motivi aggiunti.

3. Con sentenza n.1451 del 27.6.2018 la III^ sezione del TAR di Palermo accoglieva il ricorso avendo ritenuto fondato (esclusivamente) il primo motivo di gravame; e, per l’effetto, disponeva che una nuova Commissione, costituita in diversa composizioneprovvedesse:

a (ri)valutare, nel progetto offerto dalla Ciclat, gli aspetti relativi ai cc.dd. sub/criteri “h.2” ed “h.3” del bando (concernenti eventuali ‘migliorie’ ed ‘innovazioni’), attribuendo ad essi un punteggio;

ed a supportare un eventuale giudizio di totale insufficienza (con attribuzione di un punteggio pari a “0”) in ordine alle voci in questione (“h.2” ed “h.3”), con l’indicazione delle ragioni che lo avessero determinato.

4. Con l’appello in esame l’Assessorato regionale infrastrutture e mobilità e l’UREGA hanno impugnato la sentenza in questione esclusivamente nella parte in cui dispone che la Commissione di gara che dovrà provvedere alla nuova ed eventualmente motivata valutazione (sul punto specifico sopra descritto) sia “composta con soggetti diversi da quelli che hanno composto la commissione in occasione dell’espressione dei giudizi valutati illegittimi”.

Ritualmente costituitisi, la società Ciclat - che non ha proposto appello incidentale - ha eccepito l’infondatezza del ricorso.

La società Dusty non ha proposto appello.

Nel corso del giudizio le parti costituite hanno insistito nelle rispettive domande ed eccezioni.

Con ordinanza n.547 del 13.9.2018, la domanda cautelare proposta dall’appellante è stata respinta.

Infine, all’udienza fissata per la discussione conclusiva sul merito dell’appello, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

5. L’appello è infondato.

Con unico mezzo di gravame, l’Amministrazione regionale appellante (UREGA) lamenta l’ingiustizia dell’impugnata sentenza per vizio di ultra/petizione ed eccesso di potere giurisdizionale, deducendo che il Giudice di primo grado ha errato nel disporre che la commissione incaricata della rivalutazione (di parte della offerta della ditta Ciclat Trasporti Ambiente) dovrà essere costituita in diversa composizione.

Ad avviso dell’Amministrazione appellante il Giudice di prime cure non avrebbe potuto disporre la diversa composizione della Commissione; e ciò in quanto la parte ricorrente non lo aveva chiesto espressamente.

Inoltre, ad avviso dell’Amministrazione appellante, con la predetta statuizione il Giudice in questione avrebbe, per così dire, usurpato poteri organizzativi ad essa devoluti, debordando dalla sfera delle attribuzioni giurisdizionali.

Le doglianze non meritano accoglimento.

5.1. Il fatto che l’appellante non avesse chiesto al Giudice di primo grado di disporre che la Commissione di gara incaricata della rivalutazione fosse costituta in diversa composizione, appare non del tutto vero e comunque irrilevante.

5.1.1. E’ vero che nel ricorso introduttivo non v’è traccia di alcuna richiesta di sostituzione dei componenti della Commissione.

Ma è altrettanto vero che l’esigenza di utilizzare una nuova commissione di gara (in funzione valutativa) costituita in differente composizione, è sorta solamente nel corso del giudizio di primo grado (dunque successivamente alla proposizione della domanda introduttiva della causa), allorquando la commissione originariamente insediata ha mostrato la sua intenzione di non ottemperare ad una precisa disposizione del Giudice (o comunque ha mostrato di non voler fornire alcun ragguaglio in ordine alle ragioni del suo giudizio, ritenendo che le stesse fossero induttivamente ricavabili dalla votazione di totale insufficienza riassunta nel voto, pari a “zero”, attribuito).

5.1.2. Per il resto, dagli atti di causa risulta (cfr. ordinanza n.547 del 13.9.2018 di questo Consiglio di giustizia amministrativa) che prima che la causa andasse in decisione, la parte ricorrente ha chiesto espressamente al Collegio che la commissione di gara eventualmente chiamata ad esperire la motivata valutazione, fosse costituita in diversa composizione.

Il che smentisce l’assunto che l’Amministrazione pone a fondamento della sua doglianza.

5.1.3. La sussistenza di una precisa istanza volta ad ottenere che il giudizio fosse devoluto ad una diversa commissione di valutazione appare, comunque - e come già preannunziato - sostanzialmente irrilevante.

E ciò per le considerazioni che seguono.

Nel processo amministrativo, il “principio dispositivo” vale senz’altro per quanto attiene alla domanda giudiziale (nel senso che al Giudice è inibito giudicare “ultra petita”), nonché, parzialmente, anche per il meccanismo probatorio (che, com’è noto, è solamente in parte nella disponibilità delle parti, ben potendo essere disposte d’ufficio sia l’acquisizione di documenti, informazioni e/o chiarimenti, sia la consulenza tecnica e la verificazione), mentre non opera in relazione alle ‘specifiche modalità’ di assunzione e/o di acquisizione delle prove (o dei documentati chiarimenti volti ad assumere la consistenza di prove)nè in relazione alle ‘modalità di attuazione’ delle ‘operazioni’ strumentali alla formazione della prova.

Tali “modalità operative” sono - di regola e per lo più - disciplinate dalla legge (come nel caso della “c.t.u.”, per la quale la legge stabilisce le regole volte ad assicurare il contraddittorio e l’imparzialità; o nel caso della “prova testimoniale”, per la quale la legge stabilisce le regole di assunzione, etc.,). Ma è evidente che la concreta organizzazione di tutte le attività processuali ed operazioni che non sono espressamente (e meticolosamente) disciplinate dalla legge processuale, non può che essere devoluta e riservata alla competenza del Giudice, concretandosi in un’attività intimamente connessa alla sua funzione, e nella quale si manifesta la sua abilità ed il suo intuito nel perseguimento della ricerca della verità (e della giustizia).

Ora, nella fattispecie per cui è controversia, il Giudice di primo grado aveva disposto, in fase istruttoria, che la Commissione di gara esplicitasse le ragioni poste a supporto della sua valutazione.

Sicchè è evidente che si è trattato, in termini tecnici, di una vera e propria richiesta istruttoria volta ad acquisire documentati chiarimenti, ai sensi dell’art.63, primo comma, del codice del processo amministrativo.

Senonchè, la Commissione di gara ha ritenuto di non fornire i ragguagli richiesti, limitandosi a confermare - id est: a reiterare, tale e quale - il provvedimento impugnato, intendendo così - con ogni probabilità - “chiarire” che la mera espressione del voto in termini di insufficienza assoluta (e cioè mediante l’uso dello “zero”) fosse di per sé indicativa e sufficientemente rappresentativa delle ragioni che avevano determinato la valutazione negativa.

A questo punto il Giudice di primo grado è giunto alla conclusione, rappresentata nell’appellata sentenza, che il provvedimento impugnato fosse immotivato “in parte qua”; e nell’accogliere il ricorso ha disposto, in omaggio al “principio di conservazione degli atti amministrativi” che l’Amministrazione provvedesse ad emendare il vizio di parziale difetto di motivazione - gravante sul provvedimento impugnato - mediante un’attività valutativo-esplicativa, integrativa.

E ciò ha fatto, all’evidenza, anche in funzione acceleratoria.

Non appare revocabile in dubbio, infatti, che se avesse adottato - in alternativa a quanto ha fatto - una decisione di accoglimento in funzione puramente cassatoria del provvedimento ritenuto immotivato, corredata - come sarebbe stato corretto in un caso del genere - dalla consueta clausola volta a salvare gli ulteriori atti e provvedimenti dell’Amministrazione (doverosamente diretti alla conclusione della procedura di gara), l’effetto finale - a parte l’allungamento dei tempi - non sarebbe stato molto diverso: sarebbe stato comunque necessario procedere alla rinnovazione del segmento procedimentale viziato, e dunque alla riconvocazione della commissione.

Ed anche in quell’ipotesi sarebbe sorta la questione della corretta composizione della stessa, questione che il Giudice ha ritenuto di affrontare e di decidere - con un giudizio, per così dire, kantianamente “sintetico ed a priori” - fin da subito.

E, come appare logico (anzi ovvio), ha ritenuto che la competenza per svolgere tale attività integrativa non potesse essere devoluta ad un organo composto dalle stesse persone che - seppur già precedentemente invitate dallo stesso Organo giudiziario - avevano già deciso di non svolgerla.

D’altro canto, se il Giudice di prime cure non avesse così disposto, la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado si sarebbe risolta in un atto giudiziario meramente ripetitivo dell’ordinanza già adottata e rimasta ineseguita; e dunque in una espressione di inefficienza (e di impotenza) giudiziaria. E anche l’esito provvedimentale finale - in esecuzione della stessa - sarebbe stato prevedibilmente scontato, connotandosi come un evento inevitabilmente annunziato.

Sicchè non si vede in cosa il Giudice di primo grado abbia travalicato i suoi poteri; né la ragione per la quale la statuizione appellata sarebbe da considerare viziata da ultra/petizione.

Come se al Giudice fosse preclusa, nell’esercizio della sua funzione, ogni attività creativa coerente ed efficace - quale strumento al fine - sol perché espressamente non richiesta o non menzionata da una delle parti processuali.

Come se nella fattispecie per cui è causa il Giudice avesse disposto la “rinnovazione” dell’organo valutativo inopinatamente ed immotivatamente, mentre è fin troppo evidente che la “misura” in questione è stata la necessaria conseguenza della (rectius: l’obbligato rimedio alla) condotta processuale di quest’ultimo.

Come - infine - se il Giudice di primo grado avesse - sia consentita l’espressione immaginifica - “ultra/sodisfatto”, e di sua personale iniziativa, l’interesse del ricorrente, sì da “ultra/pregiudicare” quello delle parti resistenti.

Mentre è vero, casomai, proprio il contrario; e cioè che la statuizione del Giudice di prime cure è stata “meno incisiva” - o meno “pervasiva” e dirompente - di quanto avrebbe potuto essere. E che ha lasciato impregiudicate le posizioni di tutte le parti.

Non appare revocabile in dubbio, infatti, che una volta accertato il difetto di motivazione, il Giudice di primo grado ben avrebbe anche potuto spingersi - ulteriore ed estrema alternativa a quella prima ipotizzata - fino ad annullare l’aggiudicazione (e finanche l’intera procedura). Se lo avesse fatto avrebbe certamente realizzato il c.d. “interesse strumentale” della ricorrente alla celebrazione di una nuova gara. Ma è evidente che non avendolo fatto, ed essendosi limitato a disporre la reiterazione di un segmento di attivitàha comunque imparzialmente tutelato gli interessi di entrambi i contendenti, nessuno dei quali appare - allo stato - pregiudicato.

Il che dimostra inequivocabilmente come non abbia affatto deciso “ultra petita” rispetto alla domanda proposta dalla ditta ricorrente, e che - anzi - la ha “sezionata” in modo tale da ridurne al massimo la portata tendenzialmente distruttiva (rectius: dirompente), non pregiudicando definitivamente la posizione (di aggiudicataria virtuale) della contro-interessata ditta Dusty.

5.2. Del resto, e sotto altro profilo, va sottolineato che non si vede quale sia l’interesse dell’Amministrazione, a fronte di una sì equilibrata ed imparziale decisione - che, lo si ribadisce, allo stato attuale non ha ancora pregiudicato alcuna delle parti aspiranti all’aggiudicazione - alla proposizione dell’appello.

Il cui unico scopo sembra essere quello di impedire l’affermazione di un principio giuridico volto a garantire l’imparzialità.

5.3. Un’ultima osservazione.

Non ignora il Collegio che l’art.77, comma 11, del nuovo codice dei contratti pubblici che sancisce il principio secondo cui “In caso di rinnovo del procedimento di gara, a seguito di annullamento dell’aggiudicazione o di annullamento dell’esclusione di taluno dei concorrenti, è riconvocata la medesima commissione, fatto salvo il caso in cui l’annullamento sia derivato da un vizio nella composizione della commissione”.

Ma non può non rilevarsi che la norma richiamata mal si attaglia al caso di specie.

E’ sufficiente osservare al riguardo che nel caso dedotto in giudizio l’aggiudicazione non è stata “annullata”, essendo ancora in itinere il procedimento di valutazione volto a verificare quale debba essere la ditta alla quale aggiudicare l’appalto; né è stata annullata l’esclusione di un concorrente.

Sicchè appare evidente che difettano i presupposti di fatto - consistenti, per l’appunto, nell’avvenuto “annullamento dell’aggiudicazione” o nella avvenuta “esclusione di un concorrente” - per l’applicazione della norma in questione.

La verità è che la norma in esame si applica allorquando venga in rilievo un vizio che abbia inficiato l’aggiudicazione, mentre nella fattispecie in esame la necessità di modificare la composizione della commissione di gara è sorta nell’ambito del processo amministrativo, in conseguenza di una decisione giudiziaria - poco importa se più o meno condivisibile - rimasta ineseguita, ed al fine di consentirne la corretta attuazione.

6. In considerazione delle superiori osservazioni, l’appello va respinto.

La novità della questione suggerisce la compensazione delle spese fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, respinge l’appello.

Compensa le spese fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2019.

 
 
 

Guida alla lettura

La controversia sottoposta all’esame del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha dato spunto per un approfondito esame relativo alla portata dell’art. 77, comma 11, del Codice dei Contratti ed ai poteri del giudice amministrativo in caso di rinnovo della composizione della Commissione di gara.

Il Collegio ritiene irrilevante il fatto che l’impresa non avesse chiesto al Giudice di primo grado di disporre che la Commissione di gara incaricata della rivalutazione fosse costituta in diversa composizione, posto che l’esigenza di utilizzare una nuova commissione di gara (in funzione valutativa) costituita in differente composizione, è sorta solamente nel corso del giudizio di primo grado (dunque successivamente alla proposizione della domanda introduttiva della causa), allorquando la commissione originariamente insediata ha mostrato la sua intenzione di non ottemperare ad una precisa disposizione del Giudice (o comunque ha mostrato di non voler fornire alcun ragguaglio in ordine alle ragioni del suo giudizio, ritenendo che le stesse fossero induttivamente ricavabili dalla votazione di totale insufficienza riassunta nel voto, pari a “zero”, attribuito).

L’irrilevanza della mancata presentazione dell’istanza si giustifica sotto l’aspetto processuale.

Nel processo amministrativo, infatti, il “principio dispositivo” vale senz’altro per quanto attiene alla domanda giudiziale (nel senso che al Giudice è inibito giudicare “ultra petita”), nonché, parzialmente, anche per il meccanismo probatorio (che, com’è noto, è solamente in parte nella disponibilità delle parti, ben potendo essere disposte d’ufficio sia l’acquisizione di documenti, informazioni e/o chiarimenti, sia la consulenza tecnica e la verificazione), mentre non opera in relazione alle ‘specifiche modalità’ di assunzione e/o di acquisizione delle prove (o dei documentati chiarimenti volti ad assumere la consistenza di prove), né in relazione alle ‘modalità di attuazione’ delle ‘operazioni’ strumentali alla formazione della prova.

Tali “modalità operative” sono - di regola e per lo più - disciplinate dalla legge (come nel caso della “c.t.u.”, per la quale la legge stabilisce le regole volte ad assicurare il contraddittorio e l’imparzialità; o nel caso della “prova testimoniale”, per la quale la legge stabilisce le regole di assunzione, etc.,). Ma è evidente che la concreta organizzazione di tutte le attività processuali ed operazioni che non sono espressamente (e meticolosamente) disciplinate dalla legge processuale, non può che essere devoluta e riservata alla competenza del Giudice, concretandosi in un’attività intimamente connessa alla sua funzione, e nella quale si manifesta la sua abilità ed il suo intuito nel perseguimento della ricerca della verità (e della giustizia).

Ora, nella fattispecie per cui è controversia, il Giudice di primo grado aveva disposto, in fase istruttoria, che la Commissione di gara esplicitasse le ragioni poste a supporto della sua valutazione, formulando, in termini tecnici, di una vera e propria richiesta istruttoria volta ad acquisire documentati chiarimenti, ai sensi dell’art.63, primo comma, del codice del processo amministrativo.

Senonchè, la Commissione di gara ha ritenuto di non fornire i ragguagli richiesti, limitandosi a confermare - id est: a reiterare, tale e quale - il provvedimento impugnato, intendendo così - con ogni probabilità - “chiarire” che la mera espressione del voto in termini di insufficienza assoluta (e cioè mediante l’uso dello “zero”) fosse di per sé indicativa e sufficientemente rappresentativa delle ragioni che avevano determinato la valutazione negativa.

A questo punto il Giudice di primo grado è giunto alla conclusione, rappresentata nell’appellata sentenza, che il provvedimento impugnato fosse immotivato “in parte qua”; e nell’accogliere il ricorso ha disposto, in omaggio al “principio di conservazione degli atti amministrativi” che l’Amministrazione provvedesse ad emendare il vizio di parziale difetto di motivazione - gravante sul provvedimento impugnato - mediante un’attività valutativo-esplicativa, integrativa.

Al Collegio non è sfuggita la funzione acceleratoria avuta di mira dal Giudice di prime cure, alla luce della considerazione che se avesse adottato - in alternativa a quanto ha fatto - una decisione di accoglimento in funzione puramente cassatoria del provvedimento ritenuto immotivato, debitamente corredata dalla consueta clausola volta a salvare gli ulteriori atti e provvedimenti dell’Amministrazione (doverosamente diretti alla conclusione della procedura di gara), l’effetto finale - a parte l’allungamento dei tempi - non sarebbe stato diverso.

Infatti, sarebbe stato comunque necessario procedere alla rinnovazione del segmento procedimentale viziato, e dunque alla riconvocazione della commissione, riproponendosi la questione della corretta composizione della stessa, questione che il Giudice ha ritenuto di affrontare e di decidere fin da subito con un giudizio “sintetico ed a priori”.

Resta fermo, infatti, che la competenza per svolgere tale attività integrativa non poteva certo essere devoluta ad un organo composto dalle stesse persone che - seppur già precedentemente invitate dallo stesso Organo giudiziario - avevano già deciso di non svolgerla.

D’altro canto, se il Giudice di prime cure non avesse così disposto, la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado si sarebbe risolta in un atto giudiziario meramente ripetitivo dell’ordinanza già adottata e rimasta ineseguita; e dunque in una espressione di inefficienza (e di impotenza) giudiziaria. E anche l’esito provvedimentale finale - in esecuzione della stessa - sarebbe stato prevedibilmente scontato, connotandosi come un evento già previsto.

Al Giudice amministrativo non è, infatti, preclusa, nell’esercizio della sua funzione, ogni attività creativa coerente ed efficace - quale strumento al fine - sol perché espressamente non richiesta o non menzionata da una delle parti processuali: ipotesi che si sarebbe verificata se il Giudice avesse disposto la “rinnovazione” dell’organo valutativo inopinatamente ed immotivatamente, mentre la “misura” in questione è stata la necessaria conseguenza della (rectius: l’obbligato rimedio alla) condotta processuale della parte.

Nel caso in esame, il Collegio rimarca che il Giudice di primo grado non ha “ultra/sodisfatto”, e di sua personale iniziativa, l’interesse del ricorrente, sì da “ultra/pregiudicare” quello delle parti resistenti, ma proprio il contrario; e cioè che la statuizione del Giudice di prime cure è stata “meno incisiva” - o meno “pervasiva” e dirompente - di quanto avrebbe potuto essere, lasciando impregiudicate le posizioni di tutte le parti.

È certo, infatti, che una volta accertato il difetto di motivazione, il Giudice di primo grado ben avrebbe anche potuto spingersi - ulteriore ed estrema alternativa a quella prima ipotizzata - fino ad annullare l’aggiudicazione (e finanche l’intera procedura). Se lo avesse fatto avrebbe certamente realizzato il c.d. “interesse strumentale” della ricorrente alla celebrazione di una nuova gara. Tuttavia, non avendolo fatto ed essendosi limitato a disporre la reiterazione di un segmento di attività, ha comunque imparzialmente tutelato gli interessi di entrambi i contendenti, nessuno dei quali appare - allo stato - pregiudicato.

Il Collegio, pur nella consapevolezza che l’art.77, comma 11, del nuovo codice dei contratti pubblici sancisce il principio secondo cui “In caso di rinnovo del procedimento di gara, a seguito di annullamento dell’aggiudicazione o di annullamento dell’esclusione di taluno dei concorrenti, è riconvocata la medesima commissione, fatto salvo il caso in cui l’annullamento sia derivato da un vizio nella composizione della commissione”, rileva che la norma richiamata mal si attaglia al caso di specie.

Infatti, l’aggiudicazione non è stata “annullata”, essendo ancora in itinere il procedimento di valutazione volto a verificare quale debba essere la ditta alla quale aggiudicare l’appalto; né è stata annullata l’esclusione di un concorrente, con la conseguenza che appare evidente che difettano i presupposti di fatto - consistenti, per l’appunto, nell’avvenuto “annullamento dell’aggiudicazione” o nella avvenuta “esclusione di un concorrente” - per l’applicazione della norma in questione.

In conclusione, la portata applicativa della norma in esame si collega all’ipotesi in cui  venga in rilievo un vizio che abbia inficiato l’aggiudicazione, mentre nella fattispecie in esame la necessità di modificare la composizione della commissione di gara è sorta nell’ambito del processo amministrativo, in conseguenza di una decisione giudiziaria  rimasta ineseguita, ed al fine di consentirne la corretta attuazione.