Consiglio di Stato, Sez. V, 12 febbraio 2019, n. 1006 - Rimessione Corte di Giustizia UE

Con rinvio pregiudiziale si rimettono alla Corte di giustizia U.E. le seguenti questioni:

- se sulla base delle caratteristiche della normativa interna relativa all’ordinamento sportivo la Federazione calcistica italiana sia qualificabile come organismo di diritto pubblico, in quanto istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;

- se in particolare ricorra il requisito teleologico dell’organismo nei confronti della Federazione pur in assenza di un formale atto istitutivo di una pubblica amministrazione e malgrado la sua base associativa, in ragione del suo inserimento in un ordinamento di settore (sportivo) organizzato secondo modelli di stampo pubblicistico e del vincolo al rispetto dei principi e delle regole elaborate dal Comitato olimpico nazionale italiano e dagli organismi sportivi internazionali, attraverso il riconoscimento a fini sportivi dell’ente pubblico nazionale;

- se inoltre tale requisito possa configurarsi nei confronti di una Federazione sportiva quale la Federazione italiana giuoco calcio, dotata di capacità di autofinanziamento, rispetto ad un’attività non a valenza pubblicistica quale quella oggetto di causa, o se invece debba considerarsi prevalente l’esigenza di assicurare in ogni caso l’applicazione delle norme di evidenza pubblica nell’affidamento a terzi di qualsiasi tipologia di contratto di tale ente.

Inoltre,

- se sulla base dei rapporti giuridici tra il C.O.N.I. e la F.I.G.C.- Federazione Italiana Giuoco Calcio il primo disponga nei confronti della seconda di un’influenza dominante alla luce dei poteri legali di riconoscimento ai fini sportivi della società, di approvazione dei bilanci annuali e di vigilanza sulla gestione e il corretto funzionamento degli organi e di commissariamento dell’ente;

- se per contro tali poteri non siano sufficienti a configurare il requisito dell’influenza pubblica dominante propria dell’organismo di diritto pubblico, in ragione della qualificata partecipazione dei presidenti e dei rappresentanti delle Federazioni sportive negli organi fondamentali del Comitato olimpico.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea è chiamata a pronunciarsi in merito alla possibilità di riconoscere le federazioni sportive italiane quali organismi di diritto pubblico, soffermandosi in particolare sulla Federazione Italiana Gioco Calcio, d’ora in poi F.I.G.C.

La questione posta con l’ordinanza in esame nasce da un caso in cui la FIGC intendeva affidare il servizi di facchinaggio, per la durata di un triennio, tramite una procedura negoziata plurima.

La gara veniva impugnata con riguardo alle modalità di svolgimento, in quanto si ritenevano violate le norme in tema di evidenza pubblica nell’affidamento dei contratti, poiché la commissione giudicatrice agiva in assenza della partecipazione degli operatori economici invitati alla procedura di gara.

La CGUE è così chiamata a stabilire, in primo luogo, se la Federazione calcistica italiana sia qualificabile come organismo di diritto pubblico, in quanto istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, ai sensi dall’art. 3, comma 1, lett. d), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

Secondo la menzionata norma, concorrono tre elementi ai fini della qualificazione di organismo di diritto pubblico:

1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; 

2) dotato di personalità giuridica; 

3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.

Può affermarsi che l’ordinamento giuridico assegna a un ente pubblico, quale il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, i poteri autoritativi e le funzioni di carattere amministrativo relative alle competizioni. Al CONI è affidata, per di più, l'organizzazione e il potenziamento dello sport nazionale, oltre che, la promozione della pratica sportiva. È autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive nazionali.

Per contro, le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato. Infatti, il CONI riconosce le Federazioni a fini sportivi, anche in considerazione della loro valenza pubblicistica, nonostante esse siano qualificate come associazioni private.

Le federazioni hanno inoltre autonomia statutaria e regolamentare, sono soggette a regole determinate quali, ad esempio, l’approvazione dei bilanci annuali da parte del Comitato olimpico, sono soggette al potere di vigilanza del CONI relativamente al loro «corretto funzionamento».

Dubbi sorgono in merito al requisito teleologico dell’organismo di diritto pubblico nei confronti della Federazione di cui trattasi. Invero, pur in assenza di un formale atto istitutivo quale pubblica amministrazione e malgrado la sua base associativa, la stessa ha un inserimento nell’ambito dell’ordinamento di settore (sportivo), organizzato secondo modelli di stampo pubblicistico, con il vincolo al rispetto dei principi e delle regole elaborate dal Comitato olimpico nazionale italiano e dagli organismi sportivi internazionali, attraverso il riconoscimento a fini sportivi dell’ente pubblico nazionale.

Ulteriore questione è se tale requisito possa configurarsi nei confronti di una Federazione sportiva quale la Federazione italiana giuoco calcio, dotata di capacità di autofinanziamento, rispetto ad un’attività non a valenza pubblicistica quale quella oggetto di causa, o se invece debba considerarsi prevalente l’esigenza di assicurare in ogni caso l’applicazione delle norme di evidenza pubblica nell’affidamento a terzi di qualsiasi tipologia di contratto di tale ente.

La delineazione della natura giuridica della F.I.G.C., pertanto, permetterà di stabilire se la stessa è soggetta alle norme sull’evidenza pubblica nell’affidamento di contratti, ciò anche ai fini della tutela giurisdizionale, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1), del Codice del processo amministrativo.

Da ultimo, va evidenziata l’ulteriore questione, ossia se il CONI abbia nei confronti della FIGC una posizione d’influenza dominante.

Nel caso positivo, occorrerà verificare se possano essere considerati sufficienti i poteri di approvazione dei bilanci annuali, di vigilanza sulla gestione e sul corretto funzionamento degli organi e di commissariamento dell’ente.

Ovvero, per contro, se tali poteri non siano ritenuti sufficienti in ragione della qualificata partecipazione dei presidenti e dei rappresentanti delle Federazioni sportive negli organi fondamentali del Comitato olimpico.

LEGGI L'ORDINANZA

Pubblicato il 12/02/2019

N. 01006/2019 REG.PROV.COLL.

N. 04159/2018 REG.RIC.           

N. 04179/2018 REG.RIC.           

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4159 del 2018, proposto da


 

F.I.G.C. - Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del commissario straordinario, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, con domicilio digitale eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Panama, 58;


 

contro

De Vellis Servizi Globali s.r.l., in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Damiano Lipani, Antonio Catricalà, Francesca Sbrana e Sergio Grillo, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Vittoria Colonna, 40; 

nei confronti

Consorzio Ge.Se.Av. s.c. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenza Di Martino, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Pompeo Magno, 7; 
Comitato Olimpico Nazionale Italiano - C.O.N.I., non costituito in giudizio; 



 

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4179 del 2018, proposto da 
Consorzio Ge.Se.Av. s.c. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenza Di Martino, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Pompeo Magno, 7; 

contro

De Vellis Servizi Globali s.r.l., in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Damiano Lipani, Antonio Catricalà, Francesca Sbrana e Sergio Grillo, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Vittoria Colonna, 40; 

nei confronti

F.I.G.C. - Federazione Italiana Giuoco Calcio, Comitato Olimpico Nazionale Italiano - C.O.N.I., non costituiti in giudizio; 

per la riforma

quanto ad entrambi gli appelli:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – sede di Roma (sezione Prima) n. 4101/2018, resa tra le parti, concernente la procedura negoziata plurima per l’affidamento dei servizi di facchinaggio al seguito delle squadre nazionali e presso il magazzino della F.I.G.C. - Federazione Italiana Giuoco Calcio, sito in Roma


 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della De Vellis Servizi Globali s.r.l. e del Consorzio Ge.Se.Av. s.c. a r.l.;

Viste le memorie e tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 gennaio 2019 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Mazzarelli, Medugno, Lipani, Sbrana e Di Martino;


 

PREMESSO IN FATTO

1. L’oggetto della controversia.

1.1 - La De Vellis Servizi Globali s.r.l. ha impugnato in sede giurisdizionale amministrativa (Tribunale amministrativo regionale per il Lazio) gli atti della procedura negoziata plurima indetta dalla della F.I.G.C. - Federazione italiana giuoco calcio per l’affidamento dei servizi di facchinaggio al seguito delle squadre nazionali e presso il magazzino federale di Roma, per la durata di un triennio, alla quale la ricorrente era stata invitata (in virtù della nota della Federazione Italiana Giuoco Calcio di prot. n. 19765 del 20 dicembre 2016). La De Vellis Servizi Globali ha contestato le modalità di svolgimento della procedura di gara sotto il profilo della violazione delle regole di pubblicità previste dal Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50).

1.2 - Il giudice adito in primo grado ha accolto il ricorso ed annullato pertanto l’aggiudicazione in favore del Consorzio GE.SE.AV. s.c. a r.l. (conosciuta dalla ricorrente con nota della Federazione inviata con messaggio di posta elettronica in data 14 giugno 2017). Dopo avere qualificato la Federazione come organismo di diritto pubblico, e pertanto respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalle parti (e dopo avere del pari respinto l’eccezione di irricevibilità del ricorso per mancata tempestiva impugnazione della lettera di invito), la sentenza del Tribunale amministrativo ha annullato gli atti di gara sotto il profilo dedotto dalla ricorrente De Vellis Servizi Globali.

1.3 - Contro questa sentenza hanno proposto separati appelli la F.I.G.C. e il consorzio aggiudicatario. Entrambe le parti appellanti contestano che il giudice amministrativo abbia giurisdizione nella presente controversia e la presupposta qualificazione della prima come organismo di diritto pubblico. Del pari viene censurato con entrambi i mezzi l’accoglimento nel merito del ricorso della De Vellis Servizi Globali, costituitasi in resistenza all’appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. La questione di diritto su cui si ravvisa la necessità di rimessione alla Corte di giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

2.1 - Nella presente controversia è dirimente stabilire se la F.I.G.C. - Federazione italiana giuoco calcio sia qualificabile come organismo di diritto pubblico, tenuto come tale ad applicare le norme sull’evidenza pubblica nell’affidamento a terzi di contratti di appalto di servizi, e pertanto soggetto alla giurisdizione nazionale amministrativa, per i giudizi di impugnazione contro gli atti di affidamento di tali contratti [ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1), del Codice del processo amministrativo, approvato con decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 - Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo].

2.2 – Questa V Sezione del Consiglio di Stato stima che la questione così sintetizzata attenga all’«interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione», e la sua risoluzione ad opera del giudice sovranazionale sia «necessaria», rispettivamente ai sensi dell’art. 267, parr. 1, lett. b), e 2 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, con conseguente obbligo di questo Consiglio di Stato, quale giudice nazionale “di ultima istanza”, secondo quanto prevede il par. 3 del medesimo art. 267, di rimettere alla Corte di giustizia la relativa questione pregiudiziale.

2.3 - Sotto il primo profilo viene in rilievo la nozione di organismo di diritto pubblico, enunciata nella legislazione nazionale dall’art. 3, comma 1, lett. d), del Codice dei contratti pubblici di cui al citato decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, ma sulla base di un pedissequo recepimento della nozione quale elaborata in sede di diritto euro-unitario e sancita dall’art. 2, par. 1, n. 4), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 (sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE).

2.4 - Sotto il secondo profilo la questione pregiudiziale sulla natura giuridica della F.I.G.C. ha diretti riflessi sia sull’individuazione del giudice nazionale munito di giurisdizione nella presente controversia, sia sulla questione di merito, conseguente alla prima, concernente la soggezione della stessa Federazione sportiva nazionale alle norme sull’evidenza pubblica nell’affidamento di contratti, che l’appellata sentenza ha ritenuto violate, perché l’operato della commissione giudicatrice delle offerte ha agito senza la partecipazione degli operatori economici invitati alla procedura di gara.

3. L’ordinamento sportivo italiano.

3.1 - Per illustrare la questione pregiudiziale che si intende rimettere alla Corte di giustizia va fatta una ricognizione della normativa di riferimento della Federazione italiana giuoco calcio, con riguardo specifico: al ruolo per legge ad essa attribuito nell’ambito dell’organizzazione del movimento sportivo in generale, e calcistico in particolare, nei rapporti con l’ente pubblico istituzionalmente preposto al movimento, Comitato olimpico nazionale italiano - C.O.N.I.; e ai compiti assegnati e alle attività svolte dalla medesima Federazione in base al ruolo assegnatole dalla legislazione nazionale.

3.2 – La vigente legge di riordino del Comitato olimpico nazionale (decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242) gli attribuisce espressamente la qualifica di ente con «personalità giuridica di diritto pubblico», soggetto alla vigilanza del Ministro per i beni e le attività culturali; la connotazione strutturale di «Confederazione delle Federazioni sportive nazionali» (artt. 1, 13 e 2 del citato decreto legislativo di riordino); e il compito di curare «l’organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale», ed in particolare «la preparazione degli atleti e l’approntamento dei mezzi idonei per le Olimpiadi e per tutte le altre manifestazioni sportive nazionali o internazionali», oltre che la tutela della salute nelle attività sportive ed il contrasto all’uso di sostanze alteranti e la diffusione della pratica sportiva (art. 2, comma 1, d.lgs. n. 242 del 1999).

Queste disposizioni sono espressive del principio secondo per cui lo sport è attività di interesse pubblico generale e per tale ragione è disciplinata, promossa, stimolata e finanziata dallo Stato (cfr. Cons. Stato, V, 22 giugno 2017, n. 3065).

3.3 - Alle Federazioni sportive nazionali, competenti per ciascuna per una singola disciplina sportiva e per l’organizzazione delle competizioni ad essa relative, è invece attribuita «natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato», soggette in via residuale (per quanto non espressamente previsto nel decreto legislativo n. 242 del 1999), «alla disciplina del codice civile e delle relative disposizioni di attuazione», con espresso divieto di perseguire scopi di lucro (art. 15, comma 2, d.lgs. n. 242 del 1999). In ciò detta legge si discosta dalla precedente legislazione, istitutiva del Comitato olimpico nazionaleitaliano, che aveva invece qualificato le Federazioni come suoi organi (art. 5 della legge 16 febbraio 1942, n. 426, abrogata dal decreto legislativo di riordino n. 242 del 1999).

Le finalità di interesse pubblico generale sopra enunciate sono dunque realizzate da soggetti formalmente privati, seppure inquadrati in un sistema organizzativo a struttura e configurazione legale (e non espressione di autonomia privata) e di ordine amministrativo.

3.4 - Peraltro, malgrado l’innovazione introdotta dalla legge di riordino n. 242 del 1999, tra il Comitato olimpico e le Federazioni sportive nazionali persiste un’intensa compenetrazione organica, coerente con la struttura confederale del C.O.N.I., che si manifesta anzitutto con la partecipazione dei presidenti delle Federazioni nell’organo deliberativo del medesimo Comitato olimpico, il Consiglio nazionale, definito «massimo organo rappresentativo dello sport italiano», cui sono attribuiti i principali poteri decisionali dell’ente pubblico di settore, oltre che il potere di elezione del presidente di quest’ultimo (artt. 4, 5 e 8 d.lgs. n. 242 del 1999). Alle Federazioni è inoltre assicurata una partecipazione alla Giunta nazionale del Comitato olimpico, la quale «esercita le funzioni di indirizzo generale dell’attività amministrativa e gestionale del CONI», attraverso l’elezione di dieci propri rappresentanti (artt. 6 e 7 d.lgs. n. 242 del 1999).

3.5 - Inoltre, benché qualificate come associazioni private, la legge di riordino ha mantenuto in capo alle Federazioni sportive nazionali lo svolgimento di compiti «valenza pubblicistica» (art. 15, comma 1, d.lgs. n. 242 del 1999).

Questi ultimi sono individuati dall’art. 23 dello statuto del C.O.N.I. nelle attività relative: «all’ammissione e all’affiliazione di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati; alla revoca a qualsiasi titolo e alla modificazione dei provvedimenti di ammissione o di affiliazione; al controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici; all’utilizzazione dei contributi pubblici; alla prevenzione e repressione del doping, nonché le attività relative alla preparazione olimpica e all’alto livello, alla formazione dei tecnici; all’utilizzazione e alla gestione degli impianti sportivi pubblici». Attraverso l’impiego dell’avverbio «esclusivamente», questa norma statutaria specifica che l’elencazione delle attività qui riportata è tassativa, cui vanno aggiunte le altre attività «cui carattere pubblicistico è espressamente previsto dalla legge».

3.6 - Ulteriore aspetto di rilievo nell’ambito dei rapporti tra l’ente pubblico e le Federazioni sportive nazionali concerne i poteri del primo nei confronti delle seconde.

In base al citato art. 15 della legge di riordino n. 242 del 1999 ed allo statuto del C.O.N.I. le Federazioni:

- sono riconosciute«ai fini sportivi, dal consiglio nazionale» del C.O.N.I. (art. 15, comma 5, d.lgs. n. 242 del 1999) e, quindi, ai fini dell’attribuzione della personalità giuridica di diritto privato, secondo le norme del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361 [Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto (n. 17 dell’allegato 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59)] (comma 6 del medesimo art. 15);

- «svolgono l’attività sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO, delle Federazioni internazionali e del CONI, anche in considerazione della valenza pubblicistica di specifiche tipologie di attività», come individuate dal parimenti sopra citato art. 23 dello Statuto del Comitato olimpico (comma 1 dell’art. 15);

- hanno autonomia statutaria e regolamentare, da esercitarsi «in armonia con l’ordinamento sportivo nazionale ed internazionale» (comma 1 ora citato), e «nel rispetto dei principi fondamentali emanati dal Consiglio Nazionale» (art. 22 dello statuto del C.O.N.I.);

- sono soggette all’approvazione dei bilanci annuali da parte del Comitato olimpico, di competenza della Giunta nazionale di quest’ultimo ex art. 6 della detta legge di riordino (art. 15, comma 3, d.lgs. n. 242 del 1999);

- nell’esercizio delle attività «a valenza pubblicistica», di cui all’art. 23 dello statuto del C.O.N.I., «si conformano agli indirizzi e ai controlli del CONI ed operano secondo principi di imparzialità e trasparenza», benché tale valenza pubblicistica «non modifica l’ordinario regime di diritto privato dei singoli atti e delle situazioni giuridiche soggettive connesse» (art. 23, comma 1-bis, dello statuto);

- per quanto concerne invece la loro generale attività, le Federazioni sono soggette al potere di vigilanza del C.O.N.I., avente ad oggetto il loro «corretto funzionamento», culminante con il potere di commissariamento al ricorrere dei casi di gravi irregolarità nella gestione o di gravi violazioni dell’ordinamento sportivo, di impossibilità di garantire il «regolare avvio e svolgimento delle competizioni sportive», o di funzionamento dei medesimi (art. 23, comma 3, dello statuto).

3.7 - Da considerare è ancora il fatto che in seguito al riordino del Comitato olimpico, il legislatore è tornato sulla materia dello sport, con specifico riguardo alla regolazione del rapporti tra giustizia statale e giustizia sportiva. In tale occasione è stato affermato: «La Repubblica riconosce e favoriscel’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale»; ed è stato affermato: «I rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base alprincipiodi autonomia,salvi i casi di rilevanza [per quest’ultimo] di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo» (art. 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220, Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, convertito dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280).

Al medesimo riguardo va evidenziato che in base al sopra citato Codice del processo amministrativo (d.lgs. n.104 del 2010), cui oggi si intende rinvii l’art. 3 del decreto-legge appena richiamato, sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: «le controversie aventi ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservate agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ed escluse quelle inerenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti» [art. 133, comma 1, lett. z)].

3.8 - Di recente, la legge è intervenuta sui rapporti tra giustizia sportiva e giustizia statale, nel senso di contenere l’autonomia della prima a vantaggio della seconda. Ad essa è stata infatti riservata «in ogni caso» - e con esclusione di «ogni competenza degli organi di giustizia sportiva», salva la possibilità, attraverso modifiche statutarie, di introdurre organi di giustizia sportiva competenti in unico grado, ma le cui decisioni sono ricorribili davanti al giudice statale - la cognizione delle controversie «aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche» (art. 3, comma 1, d.-l. n. 220 del 2013, come modificato dall’art. 1, comma 647 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 - Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021). Per questa categoria di controversie la stessa legge di bilancio per il 2019 ha anche modificato il Codice del processo amministrativo, con l’introduzione della corrispondente ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo [art. 133, comma 1, lett. z-septies), d.lgs. n. 104 del 2010].

4. Considerazioni di sintesi

4.1 - Dalla ricognizione normativa svolta emerge che l’approccio dell’ordinamento italiano rispetto allo sport non è circoscritto ad un mero riconoscimento del fondamento di libertà individuale insito nella pratica sportiva agonistica, proveniente dalla società civile, ma per le esigenze riferibili all’ordinamento giuridico generale di organizzazione del fenomeno nel suo complesso, e per la manifesta rilevanza sociale ed economica delle competizioni ad esso relative, vi prepone un ente pubblico, cui assegna funzioni di carattere amministrativo e poteri autoritativi.

Con orientamento opposto sul piano delle qualificazioni giuridiche, alle Federazioni sportive è invece attribuita natura di associazioni private, sebbene le stesse siano competenti a svolgere nella singola disciplina compiti ed attività definite espressamente di «valenza pubblicistica».

5. La possibilità di considerare le Federazioni sportive italiane come organismi di diritto pubblico.

5.1 - Così inquadrata l’organizzazione dello sport in ambito nazionale, si perviene alla questione oggetto del presente giudizio, in relazione alla quale si ravvisano i presupposti per la rimessione alla Corte di giustizia dell’Unione Europea ai sensi del citato art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea: se le Federazioni sportive nazionali, e segnatamente la Federazione Italiana Giuoco Calcio, siano, o meglio sia, qualificabile come organismo di diritto pubblico, soggetto pertanto alle norme di evidenza pubblica per l’attività di affidamento di contratti.

5.2 - Pacifico infatti il possesso del requisito della personalità giuridica ex art. 4, par. 1, n. 4), lett. b), della citata direttiva n. 2014/24/UE [e 3, comma 1, lett. d), n. 2), del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016], è invece controverso se ricorrano nei confronti della Federazione calcistica gli altri due requisiti dell’organismo di diritto pubblico, e cioè:

- il c.d. elemento teleologico, consistente nell’essere la stessa Federazione istituita «per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale» [artt. 4, par. 1, n. 4), lett. a), della citata direttiva n. 2014/24/UE, e 3, comma 1, lett. d), n. 1), d.lgs. n. 50 del 2016];

- il requisito dell’“influenza pubblica dominante”, declinato nei confronti della F.I.G.C. nell’essere la «gestione» di quest’ultima «posta sotto la vigilanza» del Comitato olimpico [artt. 4, par. 1, n. 4), lett. c), della citata direttiva n. 2014/24/UE, e 3, comma 1, lett. d), n. 3), d.lgs. n. 50 del 2016].

A quest’ultimo riguardo va infatti precisato che è pacifico in base ai fatti di causa che la Federazione calcistica italiana non beneficia di un finanziamento maggioritario da parte del C.O.N.I. – a differenza di altre Federazioni espressive di movimenti sportivi non in grado di mobilitare le risorse economiche che gravitano nel mondo del calcio, primo sport nazionale per diffusione presso il pubblico – né tanto meno i suoi organi sono nominati per «più della metà» dal Comitato olimpico nazionale italiano.

5.3 - Sul requisito teleologico l’impiego del concetto di istituzione specifica e il vincolo funzionale ad interessi di carattere generale rimanda ad un atto autoritativo dei pubblici poteri (legge o sentenza) che nel caso delle Federazioni sportive non sembra ravvisabile, nella misura in cui in base alla legge di riordino del C.O.N.I. a tali enti è attribuita la natura di enti a base associativa, con personalità giuridica di diritto privato, soggetti in via residuale alle norme del codice civile (art. 15, comma 2, d.lgs. n. 242 del 1999).

La scelta così operata in sede legislativa, antitetica a quella invece espressa in sede di istituzione del Comitato olimpico (con l’art. 5 della sopra citata legge n. 426 del 1942), sembra muovere dal postulato per cui l’organizzazione delle singole discipline sportive, dei praticanti e delle competizioni ad essere relative è espressione propria della società civile, di cui lo Stato si limita a riconoscere le strutture appositamente costituite, secondo gli schemi procedimentali del riconoscimento della persone giuridiche private (di cui al citato d.P.R. n. 361 del 2000), sulla base di requisiti interamente predefiniti dalla legge, il cui riscontro da parte dell’autorità competente sia limitato ad un’attività di stretta ricognizione ed accertamento, senza ponderazione di interessi orientata al perseguimento delle finalità di interesse generale.

Nella sua massima applicazione, elemento sintomatico di quest’impostazione è ricavabile dall’enunciato secondo cui la «valenza pubblicistica» delle attività svolte dalle Federazioni sportive, ai sensi del sopra citato art. 23 dello statuto del C.O.N.I., per la cura di interessi di carattere generale propri del mondo sportivo ed attribuiti in via istituzionale al C.O.N.I. (ex art. 1 del d.lgs. n. 242 del 1999) «non modifica l’ordinario regime di diritto privato dei singoli atti e delle situazioni giuridiche soggettive connesse» (art. 23, comma 1-bis, dello statuto).

Questa previsione statutaria richiamata è da collegare all’ambito della generale autonomia degli enti istituiti dalla legge ed è conseguenza immediata della loro distinta esistenza rispetto allo Stato.

5.3.1 - Ma qui si inserisce un primo elemento di incertezza. Anche in quest’autonomia, l’ente resta dalla legge tenuto al perseguimento di fini di pubblico interesse indicati dalla legge stessa, che sono alla base della sua istituzione e causa dei suoi poteri autoritativi.

Dunque la qualificazione formale ex lege resta in realtà non determinante per davvero attribuire o negare la natura pubblica al soggetto che è dalla legge stessa istituito. E tanto meno lo è dal punto di vista dell’applicazione degli istituti di diritto sovranazionale, in primis l’organismo di diritto pubblico, che infatti per le esigenze di uniforme applicazione nell’Unione Europea del diritto dei contratti pubblici prescinde dall’eventuale carattere privato del soggetto affidante, ed attraverso il requisito teleologico in esame impone il riguardo alla sostanza effettiva delle sue attribuzioni.

5.3.2 - Sotto il profilo in esame deve allora sottolinearsi che le attività di «valenza pubblicistica» demandate ai sensi dell’art. 23 dello statuto del C.O.N.I. alle Federazioni sportive nazionali - ammissione e affiliazione di società, associazioni sportive e singoli tesserati; controllo sul regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici; utilizzo dei contributi pubblici e gestione degli impianti sportivi; contrasto al doping; preparazione olimpica e formazione dei tecnici - al là della loro formale qualificazione, hanno rilevanza di carattere generale, connessa con l’organizzazione dello sport a livello nazionale istituzionalmente attribuita al Comitato olimpico nazionale (ex art. 1 della legge di riordino n. 242 del 1999).

Si tratta inoltre di compiti che sembrano esaurire l’intero ambito di operatività delle Federazioni e le ragioni stesse della loro costituzione. Ogni ulteriore attività, ivi compreso il servizio di facchinaggio per le selezioni calcistiche nazionali oggetto del presente giudizio, appare in rapporto di strumentalità rispetto ai compiti di «valenza pubblicistica» definiti dallo statuto del Comitato olimpico nazionale, fino ad esservi attratta.

In questo senso può essere pertinente il principio affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea nella sentenza 15 gennaio 1998, C-44/96 (Mannesmann), per cui va considerato organismo di diritto pubblico un’impresa titolare di diritti speciali ed esclusivi cui la legislazione nazionale attribuiva compiti di interesse generale anche se costituivano solo una parte delle attività dell’impresa, a sua volta già operante per la restante parte sul mercato.

5.3.3 - Deve ancora sottolinearsi che, nello svolgimento di tali compiti, le Federazioni sono tenute a conformarsi alle «deliberazioni e gli indirizzi del CIO, delle Federazioni internazionali e del CONI» e che, prima ancora, esse sono soggette al riconoscimento «a fini sportivi» del Comitato olimpico, pregiudiziale rispetto a quello di associazioni di diritto privato (art. 15, commi 1, 5 e 6, d.lgs. n. 242 del 1999, citati). Il riconoscimento a fini sportivi potrebbe dunque essere assimilato all’istituzione prevista nell’ambito del requisito teleologico dell’organismo di diritto pubblico.

5.3.4 - Nella prospettiva finora descritta, va poi evidenziato che nello svolgimento delle attività di «valenza pubblicistica» le Federazioni debbono a conformarsi «agli indirizzi e ai controlli del CONI»; ed in modo immanente sono vincolate al rispetto dei principi - di tipico ordine pubblicistico - della «imparzialità e trasparenza» (art. 23, comma 1-bis, dello statuto del Comitato olimpico), i quali manifestano rivolti a finalità di carattere generale che trascendono l’interesse corporativo dell’ente nel complesso della sua operatività, in linea con quanto espresso dalla Corte di giustizia nel precedente poc’anzi richiamato.

5.3.5 - Come inoltre emerso dalla ricognizione normativa sopra svolta, nella veste di ente pubblico preposto al settore il C.O.N.I. dispone di poteri di vigilanza nei confronti delle Federazioni sportive che sono in realtà assimilabili a quelli delle relazioni interorganiche interne alla persona giuridica di diritto pubblico, estrinsecantesi principalmente nell’approvazione del bilancio annuale e nel controllo sulla gestione e sul rispetto dell’ordinamento sportivo, fino al commissariamento dell’ente federale (artt. 15, comma 3, d.lgs. n. 242 del 1999 e 23, comma 3, dello statuto del C.O.N.I., parimenti sopra richiamati).

5.3.6 - Dal complesso di tali previsioni si ricava che a dispetto della loro qualificazione ex lege come associazioni di diritto privato e del sottostante modello di organizzazione corporativa incentrato sulla libera disponibilità del fine perseguito dall’ente collettivo, nel caso delle Federazioni sportive sembra difettare quest’ultimo elemento caratteristico, a favore del carattere in realtà istituzionale ed eterodeterminato, per legge o atto dell’autorità (o degli organismi sportivi internazionali), non solo dei profili strutturali essenziali, ma anche degli ambiti principali di azione e delle modalità con cui questa deve essere svolta: con simmetrica eliminazione o riduzione degli spazi e della libertà organizzativa che sono propri dell’autonomia privata, la quale invece caratterizza per sua natura le effettive persone giuridiche private.

5.3.7 - Nondimeno, potrebbe porsi il dubbio che le norme in esame siano nel complesso strettamente funzionali ad assicurare il buon svolgimento dei compiti di valenza pubblicistica affidati alle Federazioni sportive sulla base di un’elencazione tassativa, e che per le restanti attività, tra cui quella strumentale di affidamento del servizio di facchinaggio (come nel caso oggetto del presente giudizio), si riespanda una generale generale capacità di diritto privato, senza vincoli di perseguire esigenze di interesse generale e pertanto senza vincolo al rispetto dei principi di imparzialità e trasparenza enunciati nello statuto del C.O.N.I.. Questa considerazione potrebbe a fortiori essere predicabile nei confronti della Federazione calcistica italiana in virtù della (incontestata) sua capacità di autofinanziamento, tale da indurre a ritenere che nei suoi confronti non si pongano le esigenze del rispetto delle norme di evidenza pubblica, finalizzate a garantire l’imparziale contrattazione con il mercato di soggetti pubblici operanti secondo logiche non concorrenziali.

5.3.8 - Torna a quest’ultimo riguardo in rilievo il precedente di cui alla sentenza del 15 gennaio 1998, C-44/96 (Mannesmann) della Corte di giustizia, in cui è stata invece negata la qualità di organismo di diritto pubblico ad una società partecipata da quella cui erano stati attribuiti diritti speciali o esclusivi, sulla base del rilievo che gli interessi di carattere generale realizzati attraverso tale società partecipata avevano carattere commerciale.

Trasposti i principi al caso di specie, occorre verificare se la peculiare relazione tra il C.O.N.I. e le Federazioni sportive nazionali – relazione definita dalla legge, anziché sulla base di un rapporto di controllo societario o simile – attragga alla sfera istituzionale pubblicistica del primo l’intero complesso delle attività svolte dalle seconde; e se ciò possa in particolare valere per la F.I.G.C., data la prevalenza di risorse proprie rispetto alla quota di finanziamento del C.O.N.I..

5.4 - La questione pregiudiziale di diritto sovranazionale che pertanto ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea si pone è:

- se sulla base delle caratteristiche della normativa interna relativa all’ordinamento sportivo la Federazione calcistica italiana sia qualificabile come organismo di diritto pubblico, in quanto istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;

- se in particolare ricorra il requisito teleologico dell’organismo nei confronti della Federazione pur in assenza di un formale atto istitutivo di una pubblica amministrazione e malgrado la sua base associativa, in ragione del suo inserimento in un ordinamento di settore (sportivo) organizzato secondo modelli di stampo pubblicistico e del vincolo al rispetto dei principi e delle regole elaborate dal Comitato olimpico nazionale italiano e dagli organismi sportivi internazionali, attraverso il riconoscimento a fini sportivi dell’ente pubblico nazionale;

- se inoltre tale requisito possa configurarsi nei confronti di una Federazione sportiva quale la Federazione italiana giuoco calcio, dotata di capacità di autofinanziamento, rispetto ad un’attività non a valenza pubblicistica quale quella oggetto di causa, o se invece debba considerarsi prevalente l’esigenza di assicurare in ogni caso l’applicazione delle norme di evidenza pubblica nell’affidamento a terzi di qualsiasi tipologia di contratto di tale ente.

5.5 - Il secondo punto controverso è se la Federazione italiana giuoco calcio possa considerarsi soggetta all’influenza pubblica dominante del Comitato olimpico nazionale, in virtù dei poteri poc’anzi menzionati, di riconoscimento a fini sportivi, di controllo e indirizzo sulle attività a valenza pubblicistica, e di approvazione dei bilanci e di commissariamento.

Sul punto, la F.I.G.C. contesta di essere soggetta all’influenza dominante del C.O.N.I. ed anzi sottolinea che attraverso la partecipazione agli organi di vertice di quest’ultimo, consiglio e giunta nazionali, secondo le norme della legge di riordino del Comitato olimpico del 1999, il rapporto sarebbe rovesciato (a sostegno delle proprie tesi richiama la sentenza della Corte dei conti, sez. giurisdizionali riunite, n. 31/2017/RIS del 10 ottobre 2017, con cui è stata rimessa alla Corte di giustizia, ai sensi del sopra citato art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la questione se ai fini dell’inserimento nell’elenco dell’ISTAT delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato dello Stato la Federazione italiana golf sia qualificabile come amministrazione «in senso finanziario contabile» in base alle classificazioni del Sistema dei conti nazionali - SEC 2010). Inoltre contesta che i poteri sopra enumerati possano sostanziarsi ad una vigilanza del tipo di quella prevista per l’organismo di diritto pubblico e sottolinea in particolare che l’approvazione del bilancio annuale del bilancio è limitata alla verifica sull’utilizzo della contribuzione pubblica, che per la Federazione calcistica ha carattere minoritario.

5.6 - La questione ora posta si pone con profili di maggiore incertezza rispetto a quella relativa al requisito teleologico, a causa:

- per un verso, della compenetrazione organica espressa dalla composizione dell’organo deliberativo e di quello di indirizzo e gestione del Comitato olimpico, Consiglio e Giunta nazionali, di cui agli artt. 4 - 8 d.lgs. n. 242 del 1999;

- per altro verso, del fatto che la vigilanza su quest’ultimo ha ad oggetto il «corretto funzionamento» della Federazione in generale, per cui diversamente da quanto suppone la F.I.G.C. non è limitata ad un solo controllo di corretta gestione delle risorse pubbliche in sede di approvazione del bilancio annuale, e si può manifestare nella sua massima intensità con il commissariamento dell’ente federale in ogni caso «di accertate gravi irregolarità nella gestione o di gravi violazioni dell’ordinamento sportivo da parte degli organi federali» (art. 23, comma 3, dello statuto del C.O.N.I.);

- ed ancora a quest’ultimo riguardo, per il fatto che lo stesso potere di commissariamento è previsto quando la Federazione non sia in grado di assicurare il «regolare avvio e svolgimento delle competizioni sportive» (norma di statuto ora citata), ovvero per quell’attività federale dove l’interesse pubblico all’organizzazione del movimento sportivo nazionale si manifesta con particolare rilevanza, al punto da avere occasionato, proprio con riguardo alle competizioni calcistiche nazionali di competenza della F.I.G.C., la recente modifica in materia di rapporti tra giustizia sportiva e giustizia statale nel senso di ampliare l’ambito di operatività di quest’ultima a scapito della prima (con le modifiche introdotte dalla legge di bilancio per il 2019 in precedenza richiamate);

- ed infine, in ragione del fatto che malgrado la composizione degli organi fondamentali del Comitato olimpico, i suoi componenti sono tenuti al rispetto dei doveri d’ufficio ad essi inerenti, a prescindere dalla loro provenienza, e che il Comitato è a sua volta soggetto, ai sensi del sopra menzionato art. 13 della legge di riordino del 1999, alla vigilanza dell’autorità ministeriale, nella figura del Ministro per i beni e le attività culturali, il quale «può disporre lo scioglimento della giunta nazionale e la revoca del presidente del CONI per grave e persistente inosservanza delle disposizioni di legge e di regolamento, per gravi irregolarità amministrative, per omissione nell’esercizio delle funzioni, per gravi deficienze amministrative tali da compromettere il normale funzionamento dell’ente, ovvero per impossibilità di funzionamento degli organi dell’ente».

5.7 - La questione pregiudiziale di diritto sovranazionale che pertanto si pone è:

- se sulla base dei rapporti giuridici tra il C.O.N.I. e la F.I.G.C.- Federazione Italiana Giuoco Calcio il primo disponga nei confronti della seconda di un’influenza dominante alla luce dei poteri legali di riconoscimento ai fini sportivi della società, di approvazione dei bilanci annuali e di vigilanza sulla gestione e il corretto funzionamento degli organi e di commissariamento dell’ente;

- se per contro tali poteri non siano sufficienti a configurare il requisito dell’influenza pubblica dominante propria dell’organismo di diritto pubblico, in ragione della qualificata partecipazione dei presidenti e dei rappresentanti delle Federazioni sportive negli organi fondamentali del Comitato olimpico.

6. – La rilevanza europea delle questioni pregiudiziali.

Da ultimo va evidenziato l’interesse transfrontaliero della presente controversia relativo non solo e non tanto al contratto di appalto di servizi in contestazione, quanto più in generale all’attività contrattuale delle Federazioni sportive nazionali italiane e a quella della F.I.G.C. in particolare.

7. Conclusioni.

7.1 - Vanno dunque rimesse alla Corte di giustizia dell’Unione europea le questioni pregiudiziali formulate nei §§ 5.4 e 5.7 della presente ordinanza.

In conseguenza della rimessione ex art. 267 del Trattato sul funzionamento europeo di cui sopra il presente giudizio, previa riunione ex art. 96 Cod. proc. amm. dei due appelli in epigrafe, viene sospeso e con esso ogni statuizione, anche relative alle spese, sulla presente controversia.

7.2 - La segreteria della Sezione curerà pertanto la trasmissione della presente ordinanza alla cancelleria della Corte di giustizia dell’Unione Europea, mediante plico raccomandato al seguente indirizzo: Rue du Fort Niedergrünewald, L-2925, Lussemburgo. In aggiunta alla presente ordinanza la Segreteria trasmetterà alla Cancelleria della Corte di giustizia anche la seguente documentazione: a) l’intero fascicolo di causa del primo e del secondo grado del giudizio; b) il testo integrale delle seguenti leggi o atti normativi: decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242; statuto del C.O.N.I.; art. 3, comma 1, lett. d), nn. 1- 3), del Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50; art. 3 del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220; art. 133, comma 1, lett. e), n. 1), del Codice del processo amministrativo, approvato con decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) rimette alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale indicata in motivazione e, riservata ogni altra decisione, anche sulle spese, sospende il giudizio.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

Raffaele Prosperi, Consigliere

Valerio Perotti, Consigliere

 

   

 

   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Fabio Franconiero

 

Giuseppe Severini

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO