considerazioni ad una prima lettura

1. Introduzione; 2. Suddivisione in lotti degli appalti; 3. Opere di urbanizzazione sotto-soglia; 4. Cause di esclusione ai sensi dell’art. 80; 5. Subappalto; 6. Avvalimento; 7. Offerte anomale; 8. Considerazioni conclusive

1. Introduzione

Con lettera del 24 gennaio 2019, indirizzata al Ministro degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale, la Commissione europea (di seguito “Commissione”) ha ‘messo in mora’ il governo italiano, sollevando una serie di profili di asserita contrarietà del d.lgs. n. 50/2016 (di seguito anche “Codice Appalti” o “Codice”) a principi e norme comunitari in materia di concessioni e appalti pubblici, di cui alle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE.

La lettera in questione costituisce il ‘primo passaggio’ di una possibile procedura di infrazione a carico dell’Italia. Il governo italiano potrà avvalersi della facoltà di trasmettere proprie osservazioni sul contenuto delle censure sollevate entro un termine di due mesi dalla data di ricevimento della lettera de qua; in seguito, la Commissione, se reputerà – anche alla luce delle osservazioni eventualmente ricevute – che vi sia un effettivo inadempimento delle norme delle direttive, emetterà un parere motivato ai sensi dell’art. 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (“TFUE”). Nel parere imporrà altresì all’Italia un termine per ottemperare alle relative prescrizioni. Qualora lo Stato italiano non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa potrà adire la Corte di giustizia dell'Unione europea per contestare le dette inadempienze.

Quanto al contenuto delle censure, esse sono molteplici e ‘passano al setaccio’ diversi ambiti della normativa interna relativa agli affidamenti di commesse pubbliche.

Le censure riguardano, nello specifico, cinque macro-temi della disciplina contenuta nel Codice: (i) suddivisione in lotti e calcolo del valore complessivo dell’appalto; (ii) opere di urbanizzazione sotto-soglia; (iii) cause di esclusione ai sensi dell’art. 80; (iv) subappalto; (v) avvalimento; (vi) offerte anomale.

2. Suddivisione in lotti degli appalti

In relazione al tema in oggetto, la Commissione ha osservato una discrasia tra la normativa europea e quella nazionale nella parte in cui la prima prevede che in ogni caso “quando un’opera prevista o una prestazione di servizi può dar luogo ad appalti aggiudicati per lotti separati, è computato il valore stimato complessivo della totalità di tali lotti”; mentre la seconda dispone il computo del valore complessivo dei lotti separati qualora vi sia la possibilità di “appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti separati”.  

A giudizio della Commissione, l’uso dell’avverbio “contemporaneamente” all’interno del Codice Appalti dà luogo ad un’indebita restrizione dell’obbligo di derivazione comunitaria di computare il valore complessivo stimato della totalità di lotti, in quanto subordina l’operatività di tale obbligo ad un’aggiudicazione temporalmente contestuale dei lotti in cui è suddiviso l’appalto.

  3. Opere di urbanizzazione sotto-soglia

Quanto alle opere di urbanizzazione sotto-soglia, la Commissione ha rilevato in primo luogo che l’art. 16, comma 2-bis, del D.P.R. 380/2001 - nel disporre che l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria da parte del privato si sottrae alla disciplina del Codice Appalti qualora l’importo sia inferiore alle soglie di valore UE – si espone ad una duplice interpretazione:
(i) un’interpretazione conforme per cui, ove l’esecuzione delle opere sia ripartita in lotti, si considera comunque il valore complessivo dei lotti per stabilire l’assoggettamento o meno alla disciplina del Codice Appalti;
(ii) un’interpretazione non conforme per cui si può eludere il Codice “anche se il valore di ciascun lotto, considerato in modo isolato rispetto agli altri lotti, è inferiore alla soglia UE”.

Nell’incertezza ermeneutica della littera legis, la Commissione ha constatato il prevalere nella prassi nazionale, supportata anche da una delibera dell’ANAC (delibera n. 206 del 1° marzo 2018), dell’interpretazione non conforme. Ne è discesa quindi una censura della disciplina interna anche sotto quest’ulteriore profilo.   

4. Cause di esclusione ai sensi dell’art. 80

In ordine all’art. 80 del Codice Appalti, la Commissione ha sollevato due distinte questioni di apparente non conformità del diritto interno a quello europeo: (i) la prima riguarda la mancata ottemperanza, quale motivo di esclusione di un operatore economico, agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali; (ii) la seconda concerne il profilo dei c.d. “gravi illeciti professionali”.  

Quanto alla prima delle questioni sollevate, la Commissione ha contestato al Codice Appalti un’illegittima restrizione dell’ambito di operatività del motivo di esclusione de quo rispetto alla disciplina sovranazionale. Nello specifico, vi sarebbe una violazione del dettato normativo europeo nella parte in cu la normativa italiana subordina l’esclusione dell’operatore economico alla previa acquisizione del carattere vincolante e definitivo della decisione giudiziaria o amministrativa che accerta il mancato adempimento di imposte o contributi previdenziali. Per tal via, lo Stato italiano illegittimamente non consentirebbe alle stazioni appaltanti di escludere un operatore economico quando – sia pure in assenza di una decisione definitiva – la violazione “possa essere adeguatamente dimostrata dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore”.

Quanto ai “gravi illeciti professionali”, le censure si appuntano sulla presunta non conformità dell’art. 80, comma 5, lett. c) alle direttive comunitarie nella parte in cui la norma in questione ritiene causa rilevante di esclusione di un operatore economico la risoluzione anticipata di un precedente rapporto contrattuale per inadempimento dell’operatore stesso esclusivamente quando tale risoluzione non sia stata contestata in giudizio o sia stata accertata con sentenza passata in giudicato. Anche sotto questo profilo la Commissione ha rilevato un’indebita compressione della discrezionalità delle stazioni appaltanti che dovrebbero essere lasciate libere di effettuare autonome valutazioni “circa l’affidabilità di tali offerenti”.    

5. Subappalto

Per quanto riguarda il subappalto, la Commissione ha valutato criticamente le ‘maglie strette’ imposte dal Codice Appalti all’istituto in questione. Le criticità riscontrate riguardano, segnatamente, (i) il divieto di subappalto oltre il 30%; (ii) l’imposizione dell’indicazione preventiva della terna di subappaltatori; (iii) il divieto del c.d. “subappalto a cascata”, vale a dire la facoltà per un subappaltatore di subappaltare a sua volta alcune prestazioni oggetto del subappalto originario.

A giudizio della Commissione, queste restrizioni, oltre a non essere legittimate dalle direttive, appaiono contrarie al generale principio di proporzionalità e, inoltre, ‘tradiscono’ la ratio sottesa al subappalto, vale a dire il favorire la partecipazione di PMI alle procedure di affidamento di commesse pubbliche.

  6. Avvalimento

In tema di avvalimento, le ‘accuse’ mosse all’Italia si muovono lungo direttrici affini a quelle relative al subappalto. Analogamente, infatti, si contesta un’indebita limitazione dell’istituto in questione per effetto (i) del divieto del c.d. “avvalimento a cascata”, vale a dire la facoltà per l’impresa ausiliaria di avvalersi delle capacità di un altro soggetto; (ii) delle norme che vietano a più offerenti di avvalersi del medesimo soggetto; (iii) delle disposizioni che vietano all’impresa ausiliaria di partecipare in via autonoma alla procedura di gara; (iv) della previsione che vieta il ricorso all’avvalimento per le opere super-specialistiche.

Anche in questo caso, oggetto specifico delle censure è l’automatismo delle limitazioni e dei divieti sopra esposti che confliggerebbe con il principio di proporzionalità e con il favor partecipationis.

7. Offerte anomale

Sul punto de quo le contestazioni della Commissione riguardano le ipotesi tipizzate dal Codice (art. 97, comma 8) in cui, al ricorrere di condizioni prestabilite, un bando di gara può prevedere l’esclusione in via automatica – senza contraddittorio – di offerte anormalmente basse.

La verifica in contraddittorio costituisce, nell’ottica comunitaria, un diritto non suscettibile di pretermissione da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, anche in presenza di una legittimazione legislativa.

8. Considerazioni conclusive

Come messo in rilievo dai primi commenti relativi alla lettera in esame, la Commissione ha, per un verso, sollevato censure prevedibili su cui tra gli ‘addetti ai lavori’ c’era una diffusa consapevolezza dell’esistenza di un potenziale attrito tra la disciplina comunitaria e la sua attuazione in Italia; per altro verso, ha rilevato criticità non esenti da critiche.

Nella prima categoria rientrano senza dubbio le contestazioni sul computo del valore complessivo dei lotti in cui è suddiviso un appalto e sulla disciplina riguardante le opere di urbanizzazione primaria e le offerte anormalmente basse su cui non si può che prendere atto della correttezza dell’analisi svolta dalla Commissione.

Quanto agli ulteriori profili scrutinati, il testo della Commissione appare rispondere ad istanze ed esigenze di politica normativa non sempre tra loro armonizzate e perfettamente coerenti.

A titolo esemplificativo, mentre, da un lato, la disciplina nazionale è censurata per essere eccessivamente ‘garantista’ e non consentire margini di valutazione discrezionale in capo alle stazioni appaltanti su motivi di esclusione ex art. 80 del Codice al di là delle fattispecie rigidamente tipizzate; dall’altro, il legislatore italiano è stato contestato per un approccio eccessivamente restrittivo e contrario al principio della più ampia partecipazione degli operatori economici quanto all’attuazione degli istituti del subappalto e dell’avvalimento.

In altri termini, non sono immediatamente intellegibili le ragioni e le valutazioni che spingono la Commissione, per un verso, a promuovere un approccio più rigoroso e potenzialmente in contrasto con il più volte invocato principio di proporzionalità in relazione all’ambito di operatività dei motivi di esclusione previsti dall’art. 80 e, per altro, a spingere per una sostanziale liberalizzazione del subappalto e dell’avvalimento attraverso lo smantellamento dei limiti e dei paletti fissati dal legislatore nazionale.

A tutto voler concedere, un fil rouge nell’analisi della Commissione si può ravvisare nella contrarietà a norme nazionali che, in sede di attuazione delle direttive europee, comprimono eccessivamente la discrezionalità delle amministrazioni e degli enti aggiudicatori. In altri termini, le regole e i divieti scrutinati non appaiono costituire il più delle volte un problema in sé, ma lo diventano nella misura in cui la stazione appaltante è tenuta a darvi esecuzione in modo sostanzialmente vincolato e automatico, senza poter operare proprie valutazioni. La Commissione sembra, quindi, porsi nell’ottica di favorire una ri-espansione della discrezionalità dei soggetti aggiudicatori nella fase a valle a discapito della omnicomprensività (nella definizione rigida e predeterminata delle scelte da compiere) della legge. 

Tanto premesso, le analisi della Commissione non sono in ogni caso esenti da errori e da possibili criticità.

Quanto, per esempio, alla censura relativa alla legittimità della norma che vieta il ricorso all’avvalimento per le opere super-specialistiche, essa si fonda sul presupposto errato per cui il divieto in questione riguarderebbe l’intero appalto e non le singole opere complesse. Nella prassi la norma contestata è pacificamente intesa, invece, nel senso di vietare non un avvalimento generalizzato (in relazione all’intero contratto), bensì solo l’avvalimento relativo alle opere super-specialistiche.

Sempre in tema di avvalimento, la contestata illegittimità del divieto di avvalimento a cascata non prende debitamente in considerazione le esigenze e gli interessi sottostanti alla restrizione in parola, dalla giurisprudenza amministrativa italiana individuati nello “interesse pubblico ad una sicura ed efficiente esecuzione del contratto e da ciò scaturisce la conseguenza che la possibilità di ricorrere a soggetti ausiliari presuppone che i requisiti mancanti siano da questi integralmente e autonomamente posseduti, senza poter estendere teoricamente all'infinito, la catena dei possibili subausiliari” (Consiglio di Stato, Sez. V, 2 marzo 2018, n. 1295).

Analoghe considerazioni si possono articolare anche con riferimento al tema affine del subappalto a cascata.

In definitiva, la messa in mora dell’Italia da parte della Commissione ha senza dubbio l’effetto positivo di ravvivare il dibattito nazionale sulla ‘bontà’ di alcune scelte legislative compiute all’interno del Codice Appalti, specialmente in questo momento storico in cui l’attuale maggioranza parlamentare e di Governo ha promesso (persino in una disposizione della legge di bilancio per il 2019) “una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici”; d’altro canto, almeno in questa fase preliminare antecedente alla eventuale estensione del parere di cui all’art. 258 TFUE, appare eccessivamente ‘a maglie larghe’ e non sempre del tutto coerente con l’effettivo stato dell’arte, nonché con i principi alla cui tutela si dichiara preordinata.