Cons. Stato, Sez.V, 19 novembre 2018, n. 6529

La dichiarazione non veritiera è sanzionata dalla norma in linea generale, in quanto circostanza che rileva nella prospettiva dell’affidabilità del futuro contraente, a prescindere da considerazioni su fondatezza, gravità e pertinenza degli episodi non dichiarati.

La sanzione della reticenza è funzionale all’affermazione dei principi di lealtà ed affidabilità, in una parola, della correttezza dell’aspirante contraente, che permea la procedura di formazione dei contratti pubblici ed i rapporti con la stazione appaltante, come indirettamente inferibile anche dall’art. 30, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016.

Ai sensi del combinato disposto dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis e dell’art. 89, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016 la dichiarazione mendace presentata dall’operatore economico, anche con riguardo alla posizione dell’impresa ausiliaria, comporta l’esclusione dalla gara.

 

 

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1546 del 2018, proposto da:

Costruzioni Residenziali Edilizia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pierluigi Piselli e Gianni Marco Di Paolo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pierluigi Piselli in Roma, via Giuseppe Mercalli, n. 13;

contro

Provincia di Frosinone, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Mariacristina Iadecola, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Francesco Cedrone in Roma, via Altino, n. 8;

Comune di Veroli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Mattia Ioannucci, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere Flaminio, n. 28;

nei confronti

Iepa Restauri s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Contaldi La Grotteria e Davide Tagliaferri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Carlo Contaldi La Grotteria in Roma, Lungotevere dei Mellini, n. 24;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - SEZ. STACCATA DI LATINA, Sez. I, n. 652/2017, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Frosinone, del Comune di Veroli e della Iepa Restauri s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2018 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Lanzaro su delega di Di Paolo, Cedrone su delega di Iadecola, Cinti su delega di Ioannucci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- La C.R.E.-Costruzioni Residenziali Edilizia s.r.l. ha interposto appello nei confronti della sentenza 29 dicembre 2017, n. 652 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. staccata di Latina, che ha respinto il suo ricorso avverso la determinazione della Città di Veroli n. 153 in data 11 agosto 2017, disponente l’aggiudicazione dell’appalto relativo alla progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori presso la scuola elementare e materna “A. Valente nel Comune di Veroli” in favore della Iepa Restauri s.r.l.

La controversia è insorta nell’ambito della procedura aperta, indetta dalla stazione unica appaltante Provincia di Frosinone in data 31 maggio 2017, per l’affidamento dell’appalto integrato con il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

All’esito della gara Iepa Restauri s.r.l. è risultata prima graduata con il punteggio complessivo di 93,81, mentre l’appellante C.R.E. seconda classificata con punti 82,76.

2.- Con il ricorso in primo grado la C.R.E. s.r.l. ha dedotto l’illegittimità dell’aggiudicazione in favore della società Iepa che, a suo dire, avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per la falsità della dichiarazione in ordine all’assenza di pregiudizi influenti sulla c.d. moralità professionale da parte di un ex esponente aziendale (direttore tecnico cessato nell’anno anteriore alla indizione della gara) dell’impresa ausiliaria (“La Gioconda s.r.l.”), risultato invece condannato per gestione non autorizzata di rifiuti dal Tribunale di Tivoli con sentenza del 21 giugno 2011, contestando altresì la verifica di congruità dell’offerta aggiudicataria, in particolare nell’assunto che non avrebbe rilevato, nei giustificativi, peraltro limitati all’offerta economica relativa all’esecuzione dei lavori e non anche alla progettazione, costi della manodopera diversi da quelli indicati nell’offerta, con conseguente modificazione postuma della stessa, nonché i punteggi attribuiti alle soluzioni migliorative proposte dall’aggiudicataria, specie con riguardo al criterio sub B2 e C dell’art. 16 del disciplinare di gara.

3. - La sentenza appellata ha respinto il ricorso, ritenendo in particolare che la fattispecie della dichiarazione non veritiera sia riconducibile alla previsione di cui all’art. 89, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 e comunque concerna un reato di scarsa rilevanza, non influente sulla moralità professionale dell’impresa ausiliaria.

4. - L’appello della C.R.E. s.r.l. censura la sentenza allegando che la mendacia di una dichiarazione resa all’Amministrazione rileva di per sé, a prescindere dal fatto che il contenuto della dichiarazione assuma valore ai fini della sussistenza dei requisito di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, deducendo la violazione, da parte della società Iepa, del principio di immodificabilità dell’offerta, ed, ancora, la violazione dell’art. 34 del d.lgs. n. 50 del 2016 e del piano di azione per la sostenibilità ambientale e dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, nonché il carattere indeterminato dell’offerta migliorativa espressa con un documento non costituente un computo metrico completo ed articolato, censurando, per ultima, anche la statuizione di condanna alle spese, in quanto illogica e spropositata; l’appello contiene anche l’istanza risarcitoria per equivalente (per il complessivo importo di euro 219.981,78), già avanzata in prime cure, in via subordinata e per l’ipotesi in cui non venga accolta la domanda di risarcimento in forma specifica.

5. - Si sono costituiti in resistenza la Iepa Restauri s.r.l., la Provincia di Frosinone, nonché il Comune di Veroli, chiedendo la reiezione dell’appello.

6. - All’udienza pubblica del 12 luglio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- Con il primo e centrale motivo di appello la C.E.R. s.r.l. deduce l’erroneità della sentenza di prime cure per non avere accolto la censura finalizzata ad ottenere l’esclusione dalla gara (ai sensi degli artt. 89, comma 1, e 80, comma 5, lett. f-bis, del d.lgs. n. 50 del 2016, oltre che del punto 22 del disciplinare di gara, nonché della previsione generale di cui all’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000) dell’aggiudicataria, nonostante questa avesse presentato una dichiarazione poi risultata non veritiera con riguardo ad una precedente condanna penale in capo all’ex direttore tecnico (sig. Luca Lippi) dell’impresa ausiliaria “La Gioconda s.r.l.”, risultando dal certificato del casellario giudiziale a suo carico una sentenza di applicazione della pena su richiesta – irrevocabile - per attività di gestione di rifiuti non autorizzata, emessa dal tribunale di Tivoli il 21 giugno 2011. L’appellante critica la sentenza laddove, pur riconducendo la fattispecie dell’attestazione mendace nell’ambito dell’art. 89, comma 1 (e non già in quella del comma 3, prevedente l’obbligo di sostituzione dell’impresa ausiliaria in caso di successiva perdita dei requisiti), ha ritenuto che si tratti di una dichiarazione che, «ancorchè obiettivamente non veritiera, si riferisce ad un precedente che non influisce in alcun modo sulla moralità professionale dell’impresa ausiliaria dato che si riferisce a un reato di scarsa rilevanza sanzionato nel 2011, quindi in epoca risalente rispetto alla indizione della gara, e commesso nel 2008». Allega a questo riguardo, contestando il percorso motivazionale della sentenza, che la dichiarazione mendace costituisce un’autonoma fattispecie di esclusione dalla gara, rilevante in quanto tale, a prescindere dal possesso o meno dei requisiti di carattere generale, perché incidente sul rapporto fiduciario in termini di inaffidabilità della dichiarazione.

Il motivo è fondato e va accolto.

Va preliminarmente disattesa l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado svolta dalla Provincia di Frosinone nella propria memoria di costituzione nell’assunto che il ricorso non è stato proposto tempestivamente (ai sensi dell’art. 120, comma 2 bis, Cod. proc. amm.) avverso l’ammissione della società Iepa, intervenuta nella seduta pubblica del 14 giugno 2017. Basti al riguardo considerare che, seppure non svolta in primo grado, l’eccezione di tardività può essere rilevata d’ufficio anche nel giudizio di appello in assenza di limitazioni ad un siffatto rilievo d’ufficio (Cons. Stato, V, 27 settembre 2018, n. 5567); tuttavia l’eccezione è infondata, in quanto nella presente controversia non è stata contestata l’ammissione di Iepa, ma la sua mancata esclusione, successiva all’acquisizione, all’esito della comprova dei requisiti, del certificato del casellario giudiziale dell’ex direttore tecnico dell’impresa ausiliaria.

Ciò premesso, va rilevato che l’art. 80, comma 5, lett. f-bis, del d.lgs. n. 50 del 2016 prevede quale causa di esclusione dalla gara l’ipotesi in cui «l’operatore economico […] presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere».

Con riferimento alla fattispecie dell’avvalimento, che qui viene in rilievo, l’art. 89, comma 1, dello stesso corpus normativo, dopo avere disposto che l’operatore economico avvalentesi delle capacità di altri soggetti è tenuto ad allegare una dichiarazione sottoscritta dalla impresa ausiliaria attestante il possesso da parte di quest’ultima dei requisiti generali di cui all’art. 80, aggiunge che «nel caso di dichiarazioni mendaci […] la stazione appaltante esclude il concorrente e escute la garanzia».

Dal combinato disposto di queste norme contenute nel codice dei contratti pubblici emerge dunque inequivocabilmente che la dichiarazione mendace presentata dall’operatore economico, anche con riguardo alla posizione dell’impresa ausiliaria, comporta l’esclusione dalla gara.

La sentenza impugnata, pur rilevando il carattere non veritiero della dichiarazione, ha ritenuto che il precedente penale non influisca sulla moralità professionale dell’impresa ausiliaria riferendosi ad un reato di scarsa rilevanza, sanzionato nel 2011 (per fatti risalenti al 2008), precedente alla indizione della gara ed anche alla costituzione della società, avvenuta nel 2012.

La dichiarazione non veritiera è però sanzionata dalla norma in linea generale, in quanto circostanza che rileva nella prospettiva dell’affidabilità del futuro contraente, a prescindere da considerazioni su fondatezza, gravità e pertinenza degli episodi non dichiarati.

La sanzione della reticenza è funzionale all’affermazione dei principi di lealtà ed affidabilità, in una parola, della correttezza dell’aspirante contraente, che permea la procedura di formazione dei contratti pubblici ed i rapporti con la stazione appaltante, come indirettamente inferibile anche dall’art. 30, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016.

Nella fattispecie in esame la dichiarazione relativa alle condanne penali non è mendace sotto il profilo dell’obbligo dichiarativo delle condanne penali definitive in sè, in quanto, anche a prescindere dal perimetro temporale di rilevanza giuridica desumibile dal comma 10 dell’art. 80, quella oggetto di controversia non rientra proprio tra le condanne espressamente contemplate dal comma primo dello stesso art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016. La condanna riportata dal sig. Lippi, secondo quanto emerge dal certificato del casellario giudiziale, è per “attività di gestione di rifiuti non autorizzata-Art. 256 D.Lvo 03/04/2006, n. 152 (accertato il 16/10/2008 in Cave)” e non è compresa dunque nell’ambito della previsione contemplata dall’art. 80, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016, che fa riferimento all’art. 260 del predetto d.lgs. n. 152 del 2006, concernente la “attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti”.

La condanna assume peraltro rilievo in quanto espressione di “grave illecito professionale” ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, dovendosi intendere tale qualsiasi condotta legata all’esercizio dell’attività professionale, contraria a un obbligo giuridico di carattere civile, penale ed amministrativo (così Cons. Stato, III, 5 settembre 2017, n. 4192). In particolare, emerge il valore della condanna alla stregua di grave illecito professionale in senso stretto, trattandosi di un reato ambientale che può astrattamente mettere in dubbio la integrità od affidabilità dell’operatore, ed inoltre la sua mancata dichiarazione costituiva elemento suscettibile di influenzare l’esclusione, la selezione, ovvero l’aggiudicazione, connotandosi più propriamente in termini di scorrettezza procedimentale.

Di qui la configurabilità dell’obbligo dichiarativo della condanna ed il contenuto non veritiero della dichiarazione resa dall’impresa ausiliaria di Iepa Restauri s.r.l.

Sotto il profilo degli effetti, è diverso l’obbligo di dichiarare sentenze penali di condanna rientranti tra quelle previste dall’art. 80, comma 1, ovvero rilevanti ai sensi del successivo comma 5, lett. c); nel primo caso l’esclusione è atto vincolato in quanto discendente direttamente dalla legge, mentre nell’ipotesi di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), la valutazione è rimessa alla stazione appaltante (fermo restando che, nella prospettiva della norma da ultimo indicata, l’operatore economico non può valutare autonomamente la rilevanza dei precedenti penali da comunicare alla stazione appaltante, poiché questa deve essere libera di ponderare discrezionalmente la sua idoneità come causa di esclusione).

Tale diversità di effetti (espulsivi in un caso, meramente informativi, con finalità preistruttoria nell’altro) giustifica anche, pur nella difficile ermeneusi del comma 10 dell’art. 80, perché solo nel primo caso l’ordinamento attribuisca un’efficacia temporale alla sentenza definitiva di condanna.

1.1.-Non è invece persuasivo l’argomento defensionale della società Iepa e dell’Amministrazione resistente che hanno eccepito l’inammissibilità (per carenza di interesse) del motivo in esame nella considerazione che, in ogni caso, ove l’ausiliaria si trovasse in una delle cause di esclusione di cui all’art. 80, la conseguenza sarebbe quella della sostituzione della medesima, come inferibile dall’art. 89, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, e non già dell’esclusione dell’operatore aggiudicatario.

A prescindere se la riproposizione di tale assunto richiedesse l’impugnazione incidentale, osserva la Sezione come correttamente la sentenza di primo grado abbia affermato che l’art. 89, comma 3, non trova applicazione in caso di attestazione mendace sul possesso dei requisiti ex art. 80 da parte dell’impresa ausiliaria, stante il rapporto di specialità con il primo comma dello stesso art. 89, che prevede espressamente l’esclusione del concorrente in caso di dichiarazioni mendaci provenienti dall’impresa ausiliaria.

2. - L’accoglimento del primo motivo di appello è assorbente ai fini del decidere in quanto comporta l’esclusione dalla procedura aperta della Iepa Restauri s.r.l., con conseguente annullamento dell’aggiudicazione, senza che risponda ad utilità processuale la disamina dei motivi concernenti la pretesa modifica dell’offerta da parte di Iepa con i giustificativi in sede di verifica di anomalia dell’offerta, la contestata attribuzione a Iepa di punti in relazione ai criteri B2 e C del disciplinare di gara, come pure l’indeterminatezza dell’offerta migliorativa da esprimere mediante un completo computo metrico, profili, questi, che avrebbero verosimilmente richiesto approfondimenti istruttori.

3. - Per quanto concerne il motivo concernente la statuizione di condanna della ricorrente in primo grado alle spese di giudizio, il suo accoglimento consegue all’accoglimento dell’appello per le ragioni già esposte, senza che occorra indugiare sul carattere irragionevole o spropositato della misura liquidata in primo grado in favore delle parti resistenti.

4. - Residua l’esame dell’istanza di risarcimento del danno per equivalente (a titolo di danno emergente e lucro cessante), dichiaratamente proposta in via subordinata alla domanda di risarcimento in forma specifica.

Quest’ultima può essere accolta, avendo l’appellante proposto domanda di subentro, specificata anche nella memoria del 25 giugno 2018.

Come noto, l’art. 122 Cod. proc. amm. riconosce al giudice amministrativo che annulla l’aggiudicazione, il potere di stabilire se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità, per il ricorrente, di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentro sia stata proposta (tra le tante, Cons. Stato, V, 11 luglio 2017, n. 3415).

Nel caso di specie, non sono stati indicati od opposti motivi per escludere che l’impresa seconda classificata, se fosse stato rilevato il motivo comportante l’esclusione della prima graduata, sarebbe risultata aggiudicataria, e ciò consente di dichiarare l’inefficacia del contratto, con subentro dell’appellante a titolo di risarcimento in forma specifica.

In tale prospettiva non è ostativa, nel caso specifico, la circostanza che si tratti di un appalto integrato, insieme di progettazione ed esecuzione dei lavori, in quanto la C.R.E. s.r.l., nei propri scritti difensivi, ha allegato che i lavori sono stati consegnati il 20 giugno del 2018, risultando dunque conclusa la prestazione della progettazione, incidente per soli venti giorni sui 330 necessari ai fini dell’esecuzione dei lavori; inoltre nel corso dell’udienza il difensore dell’appellante ha dichiarato che la propria assistita è disponibile ad eseguire i lavori, tenendo ferma la progettazione di Iepa Restauri s.r.l. già eseguita e validata dalla stazione appaltante.

Né è preclusiva del subentro dell’appellante la circostanza per cui i lavori in questione rientrano tra quelli finanziati dalla Regione Lazio ai sensi dell’art. 10 del d.l. 12 settembre 2013, n. 104 (disciplinante i mutui per l’edilizia scolastica), le cui disposizioni di attuazione hanno posto come termine per l’aggiudicazione il 15 settembre 2017; l’accoglimento dell’appello non comporta infatti la rinnovazione della gara, ma il solo subentro dell’appellante alla società Iepa, iniziale aggiudicataria, a fare tempo dal momento della comunicazione o, se antecedente, della notificazione della presente sentenza.

5. - In conclusione, alla stregua di quanto esposto, l’appello va accolto, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento dell’aggiudicazione in favore di Iepa Restauri s.r.l., e subentro della C.R.E. s.r.l. nell’esecuzione del contratto, ferma restando la progettazione esecutiva elaborata dalla stessa società Iepa.

6. Le spese del doppio grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento dell’aggiudicazione in favore di Iepa Restauri s.r.l., e subentro della C.R.E. s.r.l. nell’esecuzione del contratto, ferma restando la progettazione esecutiva elaborata dalla stessa società Iepa.

Condanna ciascuna delle parti appellate al pagamento in favore di C.R.E. s.r.l. delle spese del doppio grado di giudizio, che liquida in €. 3.000,00, oltre IVA, CPA ed altri accessori di legge se dovuti (in totale €. 9.000,00, oltre IVA, CPA ed altri accessori di legge, se dovuti).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Guida alla lettura

 

Nella sentenza in esame, il Collegio, affronta una interessante questione nell’ambito degli appalti pubblici, in particolare se assuma valore, in termini di esclusione dalla gara, la dichiarazione non veritiera del soggetto aggiudicatario con riguardo alla posizione dell’impresa ausiliaria.

L’odierna appellante, seconda classificata di un appalto relativo alla progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori presso una scuola, lamenta l’illegittimità dell’aggiudicazione in favore dell’appellata aggiudicataria che avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per la falsità della dichiarazione in ordine all’assenza di pregiudizi influenti sulla c.d. moralità professionale da parte di un ex esponente aziendale dell’impresa ausiliaria.

Si ricorda brevemente che il legislatore comunitario prima e nazionale poi, ha permesso, in un’ottica di favor partecipationis, agli operatori economici di partecipare alle procedure di affidamento non solo come raggruppamento temporaneo di imprese ma anche con l’impiego di strumenti più flessibili come il c.d. avvalimento.

Con l’avvalimento, che si presenta più deformalizzato rispetto ad una ATI, perché l'impresa ausiliaria è una impresa che non partecipa alla gara, mentre nelle ATI sono tutte concorrenti, un soggetto, c.d. impresa ausiliaria mette a disposizione del soggetto richiedente, c.d. impresa ausiliata, determinati requisiti di carattere tecnico, finanziario, economico ed organizzativo, per l’intera durata dell’appalto.

Ciò premesso, nel caso di specie viene in rilievo l’art. 89, comma 1, del Dlgs 50/2016, che dopo avere disposto che l’operatore economico avvalentesi delle capacità di altri soggetti è tenuto ad allegare una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria attestante il possesso da parte di quest’ultima dei requisiti generali di cui all’art. 80, aggiunge che «nel caso di dichiarazioni mendaci la stazione appaltante esclude il concorrente ed escute la garanzia».

Va rilevato che l’art. 80, comma 5, lett. f-bis, del D.lgs. n. 50 del 2016 prevede quale causa di esclusione dalla gara l’ipotesi in cui «l’operatore economico presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere».

Dal combinato disposto di queste norme contenute nel codice dei contratti pubblici emerge dunque inequivocabilmente che la dichiarazione mendace presentata dall’operatore economico, anche con riguardo alla posizione dell’impresa ausiliaria, comporta l’esclusione dalla gara.

Il giudice di prime cure, pur rilevando il carattere non veritiero della dichiarazione resa dall’aggiudicataria con riguardo ad un precedente penale in capo all’ex direttore tecnico dell’impresa ausiliaria, aveva ritenuto che lo stesso non influisse sulla moralità professionale di quest’ultima, riferendosi tra l’altro ad un reato di scarsa rilevanza.

Il Consiglio di Stato, al contrario, dopo aver accolto il ricorso e disposto l’annullamento dell’aggiudicazione ha sottolineato il rilievo che una condanna penale assume in quanto espressione di “grave illecito professionale” ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, dovendosi intendere come tale qualsiasi condotta legata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un obbligo giuridico di carattere civile, penale ed amministrativo (così Cons. Stato, III, 5 settembre 2017, n. 4192). La sua mancata dichiarazione è dunque un elemento suscettibile di influenzare l’esclusione, la selezione, ovvero l’aggiudicazione, connotandosi più propriamente in termini di scorrettezza procedimentale.

La sanzione della reticenza è funzionale infatti all’affermazione dei principi di lealtà ed affidabilità, in una parola, della correttezza dell’aspirante contraente, che permea la procedura di formazione dei contratti pubblici ed i rapporti con la stazione appaltante.

Non è tutto. La Sezione chiarisce che sotto il profilo degli effetti, è diverso l’obbligo di dichiarare sentenze penali di condanna rientranti tra quelle previste dall’art. 80, comma 1, ovvero rilevanti ai sensi del successivo comma 5, lett. c); nel primo caso l’esclusione è atto vincolato in quanto discendente direttamente dalla legge, mentre nell’ipotesi di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), la valutazione è rimessa alla stazione appaltante (fermo restando che, nella prospettiva della norma da ultimo indicata, l’operatore economico non può valutare autonomamente la rilevanza dei precedenti penali da comunicare alla stazione appaltante, poiché questa deve essere libera di ponderare discrezionalmente la sua idoneità come causa di esclusione).