Consiglio di Stato, Sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6026

1. Costituisce principio generale regolatore delle gare pubbliche quello che vieta la commistione fra i criteri soggettivi di qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta (1).

2. Sussiste la possibilità di applicare in modo attenuato il tendenziale divieto di commistione tra le caratteristiche oggettive della offerta e i requisiti soggettivi della impresa concorrente, alla duplice condizione: a) che taluni aspetti dell’attività dell’impresa possano effettivamente “illuminare” la qualità della offerta; b) che lo specifico punteggio assegnato, ai fini dell’aggiudicazione, per attività analoghe a quella oggetto dell’appalto, non incida in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo (2).

3. Le Linee Guida dell’ANAC n. 2 del 21 settembre (in tema di “Offerta economicamente più vantaggiosa”) costituiscono delle Linee Guida “non vincolanti”, le quali traggono la propria fonte di legittimazione nella generale previsione di cui al comma 2 dell’articolo 213 del nuovo Codice dei contratti; esse, pertanto, non risultano idonee a rappresentare parametro di legittimità delle determinazioni adottate dalle singole stazioni appaltanti nella fissazione delle regole di gara.

  1. Conforme ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 21 maggio 2010, n. 3208 (Conferma della sentenza del Tar Puglia, Lecce, sez. II, 9 luglio 2008 n. 2088); Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 18 giugno 2012, n. 3550 (Conferma della sentenza del Tar Campania - Napoli, sez. I, 21 aprile 2011 n. 02259); Tar Campania Napoli, sez. VIII, 10 febbraio 2011, n. 825; Tar Campania - Napoli, Sez. VIII, 28 novembre 2017, n. 5596.
  2. Conforme Consiglio di Stato, sez. V, 3 ottobre 2012, n. 5197.

 

 

Il Consiglio di Stato

 

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 3016 del 2018, proposto dalla Siram S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Arturo Cancrini e Francesco Vagnucci, con domicilio eletto presso lo studio Legale Cancrini &Partners in Roma, piazza San Bernardo, 101

 

contro

 

R.F.I. Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giampaolo Rossi, Francesco Rossi e Sergio Coccia, con domicilio eletto presso lo studio Sergio Coccia in Roma, via Vittorio Veneto, 108

 

nei confronti

 

Apleona Hsg S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Calegari e Andrea Callea, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Callea in Roma, via Cesare Beccaria, 88

per la riforma della sentenza del T.A.R. del Friuli Venezia Giulia, Sezione I, n. 3/2018

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Apleona Hsg S.p.A. e della R.F.I. Rete Ferroviaria Italiana S.p.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2018 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Vagnucci, Coccia, Rossi Francesco e Callea;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

 

Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. del Friuli Venezia Giulia e recante il n. 249/2017, la società Siram S.p.a. impugnava l’aggiudicazione definitiva del lotto 13 della procedura ristretta per l’affidamento dell’appalto dei “Lavori di manutenzione dei fabbricati ferroviari, non interferenti con l’esercizio ferroviario; attività di conduzione e manutenzione degli impianti di riscaldamento e traslo-elevatori. Numero di riferimento: DAC0.2016.0016”, disposta dalla società R.F.I. - Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. in favore del R.T.I. composto da Apleona Hsg S.pa. (già Bilfinger Sielv Facility Managment s.p.a.), con Riam Ascensori S.r.l., secondo il criterio della offerta economicamente più vantaggiosa.

La ricorrente chiedeva anche la reintegrazione in forma specifica e la conseguente declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato e si riservava di chiedere il risarcimento per equivalente monetario qualora risultasse impossibile la reintegrazione in forma specifica.

Con il ricorso in parola si censurava l’illegittimità sia dell’aggiudicazione (per errori concernenti la valutazione della propria offerta tecnica) sia dell’intera procedura di gara per violazione dei principi buon andamento e imparzialità, violazione e/o falsa applicazione del decreto legislativo n. 50 del 2016 ed eccesso di potere.

Con sentenza n. 3/2018, il T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia rigettava il ricorso.

Tale decisione veniva impugnata dalla società Siram S.p.a., la quale chiedeva l’annullamento previa adozione delle misure cautelari della sentenza alla stregua dei seguenti motivi:

A) errores in iudicando per non avere accertato l’illegittimità dell’aggiudicazione resa in violazione dei principi ordinamentali buon andamento e imparzialità, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 95, co. 2 e 6 del d.lgs. n. 50/2016 oltreché con eccesso di potere sotto i profili del difetto di presupposto e del travisamento dei fatti;

B) errores in iudicando per non avere accertato l’integrale illegittimità della procedura di gara svolta in violazione dei principi ordinamentali di buon andamento e imparzialità, in violazione e/o falsa applicazione degli artt. 95, co. 2 e 6, e 133 del d.lgs. n. 50/2016 e governata con eccesso di potere sotto i profili del difetto di presupposto, del travisamento dei fatti e dello sviamento.

Si è costituita nel giudizio di appello R.F.I. - Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. la quale ha concluso per il rigetto dell’appello.

Si è altresì costituita in giudizio la Apleona Hsg S.p.a., in proprio e quale capogruppo mandataria del R.T.I. aggiudicatario, la quale ha concluso per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata, ovvero, in subordine, per la rimessione della controversia al Giudice di primo grado ai sensi dell’articolo 105 c.p.a., previo annullamento della sentenza di primo grado.

All’udienza pubblica del 4 Ottobre 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dalla società Siram S.p.a. avverso la sentenza del T.A.R. del Friuli Venezia Giulia n. 3 del 2018 con cui è stato respinto il ricorso proposto dalla medesima avverso l’aggiudicazione definitiva, in favore del R.T.I. composto da Apleona Hsg S.pa. (già Bilfinger Sielv Facility Managment s.p.a.), con Riam Ascensori S.r.l., della procedura ristretta indetta da RFI – Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. per l’affidamento dell’appalto dei “Lavori di manutenzione dei fabbricati ferroviari, non interferenti con l’esercizio ferroviario; attività di conduzione e manutenzione degli impianti di riscaldamento e traslo-elevatori. Numero di riferimento: DAC0.2016.0016”.

2. Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame puntuale delle eccezioni di inammissibilità e irricevibilità sollevate dall’appellante Apleona in quanto l’appello risulta comunque infondato nel merito.

3. Con il primo motivo di appello la Siram chiede la riforma della sentenza di primo grado per non avere il Tribunale amministrativo la violazione dei princìpi ordinamentali di buona andamento e imparzialità in relazione alla valutazione della componente tecnica dell’offerta effettuata dalla stazione appaltante.

L’appellante premette al riguardo:

- che, ai fini dell’attribuzione del punteggio relativo alla componente tecnica, la lettera di invito stabiliva l’assegnazione di un punteggio massimo pari a 70;

- che, in relazione alla voce “struttura di impresa” veniva prevista la valutazione di un “indice PSF” che avrebbe consentito l’attribuzione di un massimo di 15 punti;

- che l’indice in questione veniva - in qualche misura – “auto-attribuito” dal singolo concorrente sulla base di una serie di elementi/indicatori determinati dal documento rubricato “procedura operativa sub-direzionale”;

- che, ai sensi della legge di gara, una volta determinato il valore dell’indice PSF, si procedeva all’attribuzione del conseguente punteggio;

- che, in particolare: i) a fronte di un PSF inferiore a 18 non sarebbe stata possibile l’ammissione alla gara; ii) a fronte di un PSF compreso fra 18 e 25 sarebbe stata consentita la partecipazione alla gara ma sarebbe stato attribuito un punteggio pari a “zero”; iii) a fronte di un PSF compreso fra 25 e 32 sarebbe stato attribuito un punteggio pari a 7; iv) a fronte di un PSF superiore a 32 sarebbe stato attribuito un punteggio pari a 15.

Ebbene, tale essendo il pertinente quadro disciplinare, l’appellante osserva:

i) di aver calcolato il proprio indice di PSF, ottenendo un punteggio pari a 25,34;

ii) di avere quindi titolo (non solo all’ammissione alla gara, ma anche) all’attribuzione dei 7 punti riconosciuti per il PSF superiore a 25 e inferiore a 32;

iii) di aver proceduto alla compilazione del modulo telematico messo a disposizione dalla stazione appaltante (“Technical Envelope Summary”) ma di non essere riuscita ad inserire i decimali (che restituivano un punteggio superiore a 25) in quanto il “menu a tendina” messo a disposizione dal sistema consentiva soltanto l’inserimento di numeri interi e non anche di decimali;

iv) di essere stata quindi costretta ad inserire la sola cifra intera (PSF pari a 25), con eliminazione dei decimali, in tal modo ottenendo l’ammissione alla gara, ma con un punteggio di PSF pari a “zero” (e in tal modo restando penalizzata per i 7 punti che le sarebbero invece spettati per aver conseguito in realtà un PSF pari a 25,34);

v) di aver tentato di inserire anche le cifre decimali (in qualche misura ‘forzando’ le rigidità del sistema), ma di non esservi riuscita per l’impossibilità tecnica determinata dal sistema stesso, il quale “troncava” in automatico le cifre decimali, nonostante il tentativo di inserimento;

vi) che la richiamata circostanza ha sortito un effetto determinante per gli esiti della gara. Ed infatti, siccome la prima e la seconda classificata erano distanziate fra loro soltanto per 3,2 punti, l’eventuale (e doveroso) riconoscimento dei 7 punti dovuti per l’indice PSF avrebbe certamente consentito all’appellante di ottenere l’aggiudicazione della gara.

3.1. Il motivo non può trovare accoglimento.

Pur dandosi atto delle obiettive peculiarità del sistema di attribuzione dei punteggi tecnici fissato dalla lex specialis (e puntualmente descritto nel ricorso introduttivo e nelle successive memorie), è dirimente ai fini del decidere il fatto che sia stata la stessa appellante a sottoporre alla stazione appaltante e a trasmettere a quest’ultima un’offerta nel cui ambito il valore di PSF era indicato in 25 (senza decimali), con conseguente attribuzione di un punteggio pari a “zero”.

Non viene qui in rilievo un atto dell’amministrazione la cui lesività si sia palesata solo con l’aggiudicazione in favore di altro concorrente, ma viene – piuttosto – in rilievo il contegno di un concorrente il quale ha sua sponte trasmesso alla stazione appaltante un’offerta indicante un determinato valore di PSF (e un punteggio conseguentemente basato sull’applicazione della legge di gara).

L’appellante contesta in definitiva il risultato del proprio stesso operato in sede di predisposizione della documentazione di gara (e non un atto lesivo adottato dall’amministrazione), lamentando che tale operato sia stato determinato e condizionato da un errore nell’impostazione del programma informatico necessario ai fini della formulazione dell’offerta.

Non risulta, tuttavia, in atti che nel corso della fase di gara l’appellante abbia segnalato le problematiche connesse alla formulazione dell’offerta, né che abbia sollevato sul punto contestazioni di sorta.

Soltanto a seguito degli esiti (sfavorevoli) della procedura l’appellante ha lamentato l’erronea attribuzione del punteggio determinata dalla su descritta impostazione del programma informatico.

Tuttavia, lo si ripete, non di erronea attribuzione del punteggio da parte dell’amministrazione può parlarsi nel caso in esame, quanto – piuttosto – di erronea auto-attribuzione da parte del concorrente il quale nulla ha inizialmente eccepito circa i lamentati malfunzionamenti del programma informatico.

Del resto, l’affermazione contenuta a pagina 11 del ricorso introduttivo (secondo cui “chi ha compilato il modulo per Siram ha digitato nella pertinente stringa il valore di PSF calcolato alla stregua dei criteri di gara (25,34), solo che il sistema ha automaticamente riportato tale valore a 25, così troncando le cifre decimali digitate ed impedendo [all’appellante] di indicare il proprio effettivo PSF e, quindi, di ricevere i 7 punti che le spettavano ai sensi di gara”) non trova puntuale riscontro probatorio e si attesta, dunque, al livello di una mera e indimostrata affermazione.

Ed infatti, pur essendo verosimile la ricostruzione dinanzi riportata, non risulta in atti che l’appellante abbia proceduto ad alcuna forma di contestatio dell’accaduto nei confronti della stazione appaltante. Al contrario, l’appellante si è limitata ad indicare in modo autonomo un determinato punteggio (senza contestarne inizialmente le modalità determinative) e si è risolta solo successivamente a contestare tale (auto-)attribuzione, allegando fatti e circostanze (verosimili ma) mai pienamente dimostrati e – soprattutto – mai in precedenza contestati all’amministrazione.

3.2. Il primo motivo di appello deve dunque essere respinto.

4. In via subordinata rispetto all’accoglimento del primo motivo il RTI appellante ha censurato l’illegittimità dell’intera procedura di gara, la quale risulterebbe irrimediabilmente viziata a causa dell’indebita commistione fra requisiti soggettivi del concorrente e requisiti oggettivi dell’offerta risultante dalla lex specialis.

In particolare, sulla base del criterio di gara dinanzi descritto sub 2.1 sarebbe accaduto che l’indice PSF illegittimamente assumesse la duplice valenza: i) di requisito soggettivo per la partecipazione del singolo concorrente (nel caso di PSF di valore inferiore a 18) e ii) di elemento di valutazione dell’offerta (nel caso di PSF di valore superiore a 18, il quale assurgeva ad elemento di valutazione dell’offerta tecnica).

4.1. Il motivo è infondato.

4.1.1. E’ vero che, in base a un consolidato orientamento, costituisce principio generale regolatore delle gare pubbliche quello che vieta la commistione fra i criteri soggettivi di qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta (in tal senso – ex multis -: Cons. Stato III, sent. 18 giugno 2012, n. 3550).

E’ altresì vero che, nel caso in esame, la fissazione di una diversa soglia di punteggio relativa a un determinato elemento di valutazione (il più volte richiamato indice PSF), così come la fissazione di una soglia di punteggio minima non si atteggiava ad elemento di qualificazione dei concorrenti, ma esprimeva soltanto l’esigenza della stazione appaltante di poter disporre di concorrenti idonei ad assicurare un livello minimo di qualità tecnica.

Si tratta di un criterio valutativo del tutto conforme alla previsione del comma 8 dell’articolo 83 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (‘Codice dei contratti pubblici’), secondo cui le stazioni appaltanti possono indicare “livelli minimi di capacità” (evidentemente intesi quali forme di barrage condizionanti la stessa partecipazione alle gare) e, allo stesso tempo, procedere “[alla] verifica formale e sostanziale delle capacità realizzative [e] delle competenze tecniche e professionali” (intesa evidentemente in senso gradualistico e parametrico, con possibilità di modulare la valutazione in ragione del diverso grado di capacità riscontrato).

4.1.2. Del resto, la possibilità per le stazioni appaltanti di individuare “livelli minimi di capacità” idonei a condizionare la stessa partecipazione (ma non ad escludere la possibilità di utilizzare i medesimi parametri anche ai fini valutativi) è stata ammessa dal paragrafo 5 dell’articolo 58 della c.d. “Direttiva appalti” n. 2014/24/UE.

4.1.3. Si osserva inoltre che la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto la possibilità di applicare in modo attenuato il tendenziale divieto di commistione tra le caratteristiche oggettive della offerta e i requisiti soggettivi della impresa concorrente, alla duplice condizione a) che taluni aspetti dell’attività dell’impresa possano effettivamente “illuminare” la qualità della offerta e b) che lo specifico punteggio assegnato, ai fini dell’aggiudicazione, per attività analoghe a quella oggetto dell’appalto, non incida in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo (in tal senso: Cons. Stato, V, 3 ottobre 2012, n. 5197).

Si tratta di condizioni che sussistono nel caso in esame, atteso che: i) agli aspetti tecnici sottesi alla formulazione dell’indice PSF veniva riconosciuta notevole importanza ai fini della valutazione economico-finanziaria del singolo concorrente; ii) il punteggio del PSF non era riconosciuto soltanto in relazione alle pregresse esperienze professionali (atteggiandosi nella sostanza a requisito esperienziale) ma era connesso a ulteriori e diversi parametri (quali la liquidità corrente, l’autonomia finanziaria e l’indebitamento bancario) svincolati dalla mera esperienza pregressa del concorrente.

4.2. Anche il secondo motivo di appello deve dunque essere respinto.

5. Con il terzo motivo di appello (reiterativo di analogo motivo già articolato in primo grado e respinto dal T.A.R.) la Siram lamenta che illegittimamente la stazione appaltante, nel delineare le regole di attribuzione dei 70 punti relativi alla componente tecnica dell’offerta, si sarebbe soffermata in modo pressoché esclusivo sulle componenti tecniche ed organizzative delle concorrenti ed avrebbe trascurato qualunque riferimento agli aspetti tecnici dell’offerta concretamente ricollegati alle caratteristiche dell’appalto.

5.1. Il motivo è infondato.

5.1.1. Va in primo luogo osservato che non può essere accolto il motivo con cui si è lamentata in parte qua la discrasia fra la legge di gara e le prescrizioni di cui alle linee guida dell’ANAC n. 2 del 21 settembre 2016 (in tema di 2Offerta economicamente più vantaggiosa”).

Al riguardo ci si limita ad osservare che, trattandosi pacificamente di linee guida “non vincolanti” (le quali traggono la propria fonte di legittimazione nella generale previsione di cui al comma 2 dell’articolo 213 del nuovo “Codice dei contratti”), esse non risultano idonee a rappresentare parametro di legittimità delle determinazioni adottate dalle singole stazioni appaltanti nella fissazione delle regole di gara.

Il testo in questione, quindi, lungi dal fissare regole di carattere prescrittivo, si atteggia soltanto quale strumento di “regolazione flessibile”, in quanto tale volto all’incremento “dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti”.

Il testo in parola risulta ricognitivo di princìpi di carattere generale, ivi compreso quello della lata discrezionalità che caratterizza le scelte dell’amministrazione in punto di individuazione degli elementi di valutazione delle offerte.

Sulla base di orientamenti più che consolidati, tuttavia, deve affermarsi che tali scelte non possano essere censurate in giudizio se non in caso di palesi profili di irragionevolezza e abnormità (nel caso di specie non ravvisabili).

Ebbene, a fronte di lavorazioni non caratterizzate da altissimo contenuto tecnico e da una certa ripetitività (quali le manutenzioni sui fabbricati ferroviari non interferenti con l’esercizio ferroviario e la conduzione e manutenzione di impianti di riscaldamento) non appare irragionevole la scelta della stazione appaltante di delineare indicatori di valutazione fondati essenzialmente sulla valutazione della struttura di impresa, sull’organizzazione del personale e sull’organizzazione tecnica del singolo concorrente.

Non può del resto essere condivisa la tesi dell’appellante secondo cui i parametri di valutazione in tal modo delineati non avrebbero in alcun modo consentito di tenere conto dei profili tecnici dell’offerta e delle caratteristiche dei beni e dei servizi offerti.

Lo svolgimento dei lavori e dei servizi messi a gara non richiedeva una complessa attività di progettazione, ma soltanto una adeguata organizzazione delle lavorazioni e dei servizi posti a fondamento della lex specialis. Conseguentemente può risultare opinabile – ma non certamente abnorme – la scelta della stazione appaltante di valorizzare, ai fini valutativi, gli elementi relativi all’organizzazione del personale e all’organizzazione tecnica.

5.2. Anche il terzo motivo di appello deve quindi essere escluso.

6. Per le ragioni dinanzi esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.

Sussistono giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2018 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

Paolo Giovanni Nicolò Lotti, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere

Federico Di Matteo, Consigliere

Guida alla lettura

Prima di affrontare il thema decidendum occorre esaminare alcuni elementi di fatto che hanno portato alla sentenza in commento.

La vicenda oggetto della pronuncia ha origine nell’indizione da parte di RFI – Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. di una procedura ristretta per l’affidamento dell’appalto di “Lavori di manutenzione dei fabbricati ferroviari, non interferenti con l’esercizio ferroviario; attività di conduzione e manutenzione degli impianti di riscaldamento e traslo-elevatori.

Disposta l’aggiudicazione definitiva in favore del R.T.I. concorrente secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la società esclusa propone ricorso avanti il Tar ai fini dell’annullamento sia dell’aggiudicazione per errata valutazione della propria offerta tecnica sia dell’intera procedura di gara per violazione dei principi buon andamento e imparzialità, violazione e/o falsa applicazione del decreto legislativo n. 50 del 2016 ed eccesso di potere nonché ai fini della reintegrazione in forma specifica e della conseguente declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato e, ove non possibile, del risarcimento per equivalente monetario.

Il Giudice di prime cure rigetta il ricorso e la società propone appello prospettando plurime doglianze.

Più precisamente, lamenta, la lettera d’invito stabiliva l’assegnazione di un punteggio massimo relativo alla componente tecnica pari a 70; in relazione alla voce “struttura di impresa” era prevista la valutazione di un “indice PSF” il quale avrebbe consentito l’attribuzione di un massimo di 15 punti; tale l’indice era “auto-attribuito” dal singolo concorrente alla stregua di una serie di elementi/indicatori determinati dal documento rubricato “procedura operativa sub-direzionale”; secondo la legge di gara, una volta determinato il valore dell’”indice PSF”, si sarebbe dovuto procedere all’attribuzione del conseguente punteggio.

Ebbene, tale essendo il quadro disciplinare di riferimento, la società osserva di aver calcolato il proprio “indice PSF” conseguendo un punteggio pari a 25,34; di avere quindi titolo non solo all’ammissione alla gara ma altresì all’attribuzione dei 7 punti riconosciuti per il PSF superiore a 25 e inferiore a 32; di aver proceduto alla compilazione del modulo telematico messo a disposizione dalla stazione appaltante (“Technical Envelope Summary”) ma di non essere riuscita a inserire i decimali in quanto il “menu a tendina” messo a disposizione dal sistema consentiva soltanto l’inserimento di numeri interi.

La società esclusa si è così trovata costretta a inserire la sola cifra intera in tal modo ottenendo l’ammissione alla gara ma con un punteggio di PSF pari a “zero” restando dunque penalizzata per i 7 punti che le sarebbero invece spettati. Il tentativo di inserire anche le cifre decimali in qualche modo “forzando” le rigidità del sistema è fallito stante l’impossibilità tecnica determinata dal sistema, il quale “troncava” in automatico le cifre decimali.

Tale circostanza ha sortito un effetto dirimente ai fini degli esiti della gara. Invero, siccome la prima e la seconda classificata erano distanziate fra loro soltanto per 3,2 punti, l’eventuale e doveroso riconoscimento dei 7 punti dovuti per l’”indice PSF” avrebbe certamente consentito alla società di conseguire l’aggiudicazione della gara.

In via subordinata rispetto all’accoglimento del primo motivo la società censura l’illegittimità dell’intera procedura di evidenza pubblica, la quale risulterebbe irrimediabilmente viziata in considerazione della presenza di un’indebita commistione fra requisiti soggettivi del concorrente e requisiti oggettivi dell’offerta risultante dalla lex specialis.

Il Consiglio di Stato con la sentenza in commento si confronta con un triplice tema:

  1. quello della vigenza di un divieto di commistione fra i criteri soggettivi di qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta;
  2. quello della possibilità di applicare in modo attenuato il divieto di commistione fra le caratteristiche oggettive della offerta e i requisiti soggettivi della impresa concorrente;
  3. infine, quello della natura giuridica delle Linee Guida dell’ANAC n. 2 del 21 settembre in tema di “Offerta economicamente più vantaggiosa”.

 

La prima questione sulla quale il Consiglio di Stato è chiamato a pronunciarsi è teleologicamente orientata alla disamina della seconda: enunciato il principio generale, l’attenzione si sposta – naturalmente e logicamente ancor prima che giuridicamente – intorno alla possibilità di derogarvi o quantomeno di attenuarne il rigore applicativo, indagando altresì alla ricorrenza di quali presupposti tale opportunità sia condizionata.

Muovendo dal primo interrogativo, l’opzione condivisa dal Consiglio di Stato è nel senso di un sostanziale allineamento con l’orientamento ormai da tempo consolidato in seno alla giurisprudenza amministrativa che riconosce la vigenza nell’ambito delle gare pubbliche di un principio generale che vieta la commistione fra i criteri soggettivi di qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta.

Per vero, nel caso di specie, il Collegio ritiene che la fissazione di una differente soglia di punteggio relativa a un determinato elemento di valutazione – “indice PSF” -  così come la determinazione di una soglia di punteggio minima non si atteggi a elemento di qualificazione dei concorrenti, ma sia mera estrinsecazione dell’esigenza della stazione appaltante di disporre di concorrenti idonei a garantire un livello minimo di qualità tecnica.

Quasi a voler dire che non sia revocata in dubbio la vigenza del principio suddetto, al più discutendosi della portata del medesimo. Invero diversa è la questione che la fattispecie de qua pone. In discussione è la conformità del peculiare criterio di valutazione dell’offerta tecnica introdotto dalla disciplina della gara di cui trattasi rispetto alla previsione di cui all’art. 83, comma 8 del d.lgs. n. 50/2016 e dunque la propria riconducibilità entro il novero dei “livelli minimi di capacità”.

Ben si comprende, muovendo da tale premessa, il ragionamento del Collegio laddove afferma che l’“indice PSF” sia un criterio valutativo del tutto conforme alla previsione di cui all’art. 83, comma 8 del d.lgs. n. 50/2016 - “Codice dei contratti pubblici” -, secondo cui le stazioni appaltanti possono indicare “livelli minimi di capacità” (evidentemente intesi quali forme di barrage condizionanti la stessa partecipazione alle gare) e nel contempo procedere “[alla] verifica formale e sostanziale delle capacità realizzative [e] delle competenze tecniche e professionali” (intesa evidentemente in senso gradualistico e parametrico, con possibilità di modulare la valutazione in ragione del diverso grado di capacità riscontrato). D’altronde, la possibilità per le stazioni appaltanti di individuare “livelli minimi di capacità” atti a condizionare la partecipazione ma non a escludere la possibilità di utilizzare i medesimi parametri altresì ai fini valutativi trova fondamento già nell’art. 58, paragrafo 5, della c.d. “Direttiva appalti” n. 2014/24/UE.

Si rammenta in ogni caso che una delle principali innovazioni recate dal nuovo Codice dei contratti pubblici sia rappresentata dal superamento del generale divieto di commistione fra requisiti di partecipazione o di qualificazione e criteri di valutazione.

In base a tale divieto era fatto obbligo alle Amministrazioni aggiudicatrici di mantenere una netta separazione fra gli aspetti soggettivi dell’operatore quali esperienze analoghe, possesso di certificazioni e i criteri oggettivi di valutazione dell’offerta.

Nei termini suddetti si pronunciava la giurisprudenza allora prevalente secondo cui “nelle gare pubbliche è indebito includere, tra i criteri di valutazione delle offerte, elementi attinenti alla capacità tecnica dell’impresa (certificazione di qualità e pregressa esperienza presso soggetti pubblici e privati), anziché alla qualità dell’offerta, alla luce dei principi ostativi ad ogni commistione fra i criteri soggettivi di prequalificazione e criteri afferenti alla valutazione dell’offerta ai fini dell’aggiudicazione, in funzione dell’esigenza di aprire il mercato, premiando le offerte più competitive, ove presentate da imprese comunque affidabili, anche allo scopo di dare applicazione al canone della par condicio, vietante asimmetrie pregiudiziali di tipo meramente soggettivo; di qui la necessità di tenere separati i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara da quelli pertinenti all’offerta ed all’aggiudicazione, non potendo rientrare tra questi ultimi i requisiti soggettivi in sé considerati, avulsi dalla valutazione dell’incidenza dell’organizzazione sull’espletamento dello specifico servizio da aggiudicare” (così Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2013, n. 4191; conformi: Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2013, n. 4191; per la giurisprudenza di merito, si v. Tar Lazio, Sez. I, sentenza 20 gennaio 2016, n. 19 e Tar Veneto, 19 gennaio 2016, n. 30).

 

Strettamente correlato al primo tema è il secondo, a esso legato da un rapporto di specialità. Invero, riconosciuta la vigenza del principio generale testè enunciato, il quesito posto al Consiglio di Stato attiene alla natura e alla portata del principio assoluta ovvero relativa – o meglio tendenziale – e dunque suscettibile di deroghe. Più precisamente, l’interrogativo ruota intorno alla possibilità di dar luogo a un’interpretazione estensiva e dunque a un’applicazione attenuata del divieto così rigorosamente formulato.

Già sotto la vigenza del Codice De Lise il divieto di commistione ha registrato una prima deroga di matrice giurisprudenziale con riguardo agli appalti di servizi.

In effetti, per gli appalti in questione, il Consiglio di Stato aveva ammesso la possibilità che il bando di gara prevedesse elementi di valutazione dell’offerta tecnica di tipo soggettivo al ricorrere di una duplice condizione e segnatamente il carattere determinate dell’attività dell’impresa ai fini della valutazione della qualità dell’offerta e il peso ridotto, nell’ambito della determinazione del punteggio complessivo, delle esperienze pregresse dell’operatore economico su attività analoghe a quella oggetto dell’appalto (si v. Consiglio di Stato Sez. V, 03 ottobre 2012, n. 5197).

Il nuovo Codice dei contratti pubblici recependo un cambiamento di rotta della normativa eurounitaria, di fatto, ha opacizzato anni di giurisprudenza ammettendo expressis verbis l’introduzione di criteri di valutazione soggettivi - e non oggettivi - delle offerte.

Mostrando di avere piena contezza di tale percorso evolutivo, nella pronuncia in commento il Consiglio di Stato sposa una soluzione che si pone in armonia con l’orientamento espresso sotto la vigenza del Codice De Lise dalla giurisprudenza amministrativa che considera il divieto di cui trattasi quale divieto “tendenziale” e ne ammette un’attenuazione applicativa al ricorrere di determinate condizioni.

In particolare il Collegio coglie l’occasione per confermare che le condizioni alla presenza delle quali è subordinata l’attenuazione applicativa del divieto siano rappresentate dal fatto, da un lato, che taluni profili dell’attività dell’impresa siano effettivamente idonei a “illuminare” la qualità dell’offerta e, dall’altro, che il punteggio specifico assegnato ai fini dell’aggiudicazione per attività analoghe a quella oggetto dell’appalto non incida in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo. E conclude nel senso che nel caso di specie sia dato riscontrare le descritte condizioni: invero, agli aspetti tecnici sottesi alla formulazione dell’”indice PSF” era riconosciuta notevole rilevanza ai fini della valutazione economico-finanziaria del singolo concorrente e il punteggio del PSF non si atteggiava a mero requisito esperienziale essendo attribuito in relazione a parametri quali la liquidità corrente, l’autonomia finanziaria e l’indebitamento bancario svincolati dalla mera esperienza pregressa professionale del concorrente.

 

Confermata la natura meramente tendenziale del divieto di commistione fra i criteri soggettivi di qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta, il Consiglio di Stato si sofferma sul terzo tema sottoposto alla propria attenzione.

Tema che del tutto svincolato dalle questioni testè esaminate concerne la natura giuridica delle Linee Guida ANAC n. 2 del 21 settembre 2016 in tema di “Offerta economicamente più vantaggiosa”.

Invero l’Autorità ha predisposto le presenti Linee Guida, di natura prevalentemente tecnico-matematica, al fine precipuo di fornire indicazioni operative alle stazioni appaltanti nell’adozione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in specie sotto il profilo della scelta del criterio di attribuzione dei punteggi per i diversi elementi qualitativi e quantitativi che compongono l’offerta e della successiva aggregazione dei punteggi.

Le Linee Guida trovano applicazione nelle procedure a evidenza pubblica cui risultano applicabili in quanto compatibili con la tipologia e il settore dell’affidamento le disposizioni contenute nell’art. 95 del Codice.

In seguito alle modifiche introdotte con il decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. decreto correttivo al Codice appalti), si è reso necessario l’aggiornamento delle Linee Guida di cui trattasi.

La Commissione speciale del Consiglio di Stato con proprio Parere aveva infatti evidenziato che, “a due anni circa dall’entrata in vigore del nuovo ‘Codice’ sarebbe stato forse utile non limitare (come, pure, si era comprensibilmente fatto nel settembre del 2016) il campo di indagine alle sole indicazioni operative per il calcolo dell’OEPV, ma estendere l’ambito dell’atto di regolazione ad obiettivi più ampi, valorizzando in modo adeguato l’esperienza applicativa del primo biennio”, mediante apposita VIR, e fornendo indicazioni per orientare le stazioni appaltanti circa l’opportunità del ricorso dal criterio del prezzo più basso piuttosto che a quello del miglior rapporto qualità prezzo nei casi in cui il ricorso a quest’ultimo sia meramente opzionale per il Codice.

Da ultimo, il Consiglio di Stato aveva auspicato la formulazione d’indicazioni operative intese a suggerire alle stazioni appaltanti metodologie e parametri di valutazione della qualità delle offerte in caso di procedure basate su un progetto esecutivo e sul criterio di aggiudicazione dell’OEPV sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, tenuto conto dei nuovi limiti introdotti dal comma 14-bis dell’art. 95 del Codice dei Contratti novellato.

In merito alle osservazioni pervenute dal Consiglio di Stato, l’ANAC ha ritenuto che l’effettuazione della VIR sulle Linee Guida n. 2 non fosse al momento prioritaria trattandosi di Linee guida non vincolanti.

In ordine agli altri due temi prospettati nel parere l’Autorità ha ritenuto che, trattandosi di profili specifici, uno dei quali riguardante l’affidamento dei lavori, essi avrebbero potuto ricevere specifico approfondimento, previa consultazione del mercato, anche nell’ambito della redazione dei Bandi tipo sull’affidamento di appalti di lavori ovvero in atti di regolazione ad hoc.

Acquisito il parere del Consiglio di Stato, l’Autorità ha ritenuto opportuno specificare alcuni aspetti che riguardano in particolare l’ambito oggettivo di applicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa secondo il miglior rapporto qualità/prezzo.

Le Linee Guida sono state dunque aggiornate con deliberazione n. 424 del 2 maggio 2018.

Tali modifiche riguardano direttamente l’art. 95 del codice, ma anche talune disposizioni specifiche novellate dal correttivo.

Le principali modifiche apportate alle Linee Guida n. 2 attengono alla revisione delle ipotesi generali di utilizzo del criterio esclusivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, secondo il miglior rapporto qualità/prezzo, così come modificati dal decreto correttivo (art. 95, comma 3); alla revisione dei casi di utilizzo facoltativo del criterio del minor prezzo, così come modificati dal decreto correttivo (art. 95, comma 4); alla ricognizione di tutti i casi previsti nel Codice di utilizzo necessario del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, secondo il miglior rapporto qualità/prezzo, tra i quali si evidenziano talune ipotesi di affidamento di servizi sociali (artt. 142, 144) e la gran parte delle ipotesi di partenariato pubblico privato e affidamento a contraente generale (artt. 183, 187, 188, 195); al richiamo del limite del 30% alla componente economica dell’offerta (art. 95, comma 10-bis); infine all’inserimento della previsione che impedisce la valutazione di opere aggiuntive sotto forma di varianti migliorative in fase di offerta (art. 95, comma 14-bis), fornendo al riguardo un’esplicitazione della ratio sottesa alla norma.

Al riguardo, con la pronuncia in esame la Quinta Sezione si limita a osservare che, trattandosi pacificamente di linee guida “non vincolanti”, le quali rinvengono il proprio fondamento di legittimità nella generale previsione dell’art. 213, comma 2 del nuovo “Codice dei contratti”, non siano idonee a rappresentare un parametro di legittimità delle determinazioni adottate dalle singole stazioni appaltanti nella fissazione delle regole di gara. Del resto, come rammentato, il Consiglio di Stato si era già chiaramente espresso in ordine alla natura non vincolante delle stesse in sede di parere sullo schema di delibera di aggiornamento delle Linee Guida.

Il testo in questione, lungi dallo stabilire regole di carattere prescrittivo, si atteggia quale strumento di “regolazione flessibile” e in quanto tale volto all’incremento “dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti”.

Le suddette Linee Guida sono ricognitive di princìpi di carattere generale, ivi compreso quello della lata discrezionalità che connota le scelte dell’Amministrazione in merito all’individuazione degli elementi di valutazione delle offerte. Scelte che alla luce di orientamenti più che consolidati non sono suscettibili di sindacato giurisdizionale se non laddove presentino palesi profili d’irragionevolezza e abnormità, nel caso di specie non ravvisabili.