Cons. Stato, Sez. V, 24 ottobre 2018, n. 6040

“Le clausole del bando di gara prive di portata escludente vanno impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura.

La giurisprudenza ha spesso puntualizzato che rientrano nel genus delle “clausole immediatamente escludenti” le fattispecie di:

a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale (Cons. Stato, IV, 7 novembre 2012, n. 5671);

b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (Cons. Stato, Ad. plen.., n. 3 del 2001);

c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta (Cons. Stato, V, 24 febbraio 2003, n. 980);

d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (Cons. Stato, V, 21 novembre 2011, n. 6135; id., III, 23 gennaio 2015, n. 293);

e) clausole impositive di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all'intero importo dell'appalto: Cons. Stato, II, 19 febbraio 2003, n. 2222);

f) bandi con gravi carenze nell'indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta (come ad esempio quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall'aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di "0" punti);

g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza "non soggetti a ribasso" (Cons. Stato, III, 3 ottobre 2011, n. 5421).

Le rimanenti clausole, non immediatamente lesive, vanno impugnate con l'atto di approvazione della graduatoria definitiva, che definisce la procedura concorsuale ed identifica in concreto il soggetto leso dal provvedimento, rendendo attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva (Cons. Stato, V, 27 ottobre 2014, n. 5282) e postulano la preventiva partecipazione alla gara”.

 

 

Guida alla lettura

Nella sentenza in commento, la parte ricorrente in primo grado aveva impugnato gli atti della procedura relativi al “servizio di gestione, conduzione e controllo per adeguamento alle normative vigenti,  degli impianti antincendio presso i siti ATAC,  lamentando l’insufficienza del bando nella prescrizione dei requisiti di qualificazione delle imprese e del metodo di aggiudicazione della gara, nonché l’illegittimità della sua esclusione, derivata da un’errata qualificazione del documento contenente l’offerta, solo formalmente e non sostanzialmente difforme dalle previsioni del bando. Sul punto, il Tar tuttavia aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso di primo grado.

Il Consiglio di Stato ritiene al contrario che il motivo di appello volto a contestare tale dichiarazione sia infondato.

Infatti, come chiarito da Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4, che conferma l’orientamento tradizionale, le clausole del bando di gara prive di portata escludente vanno impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura.

La giurisprudenza ha spesso puntualizzato che rientrano nel genus delle “clausole immediatamente escludenti” le fattispecie di:

a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale (Cons. Stato, IV, 7 novembre 2012, n. 5671);

b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (Cons. Stato, Ad. plen.., n. 3 del 2001);

c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta (Cons. Stato, V, 24 febbraio 2003, n. 980);

d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (Cons. Stato, V, 21 novembre 2011, n. 6135; id., III, 23 gennaio 2015, n. 293);

e) clausole impositive di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all'intero importo dell'appalto: Cons. Stato, II, 19 febbraio 2003, n. 2222);

f) bandi con gravi carenze nell'indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta (come ad esempio quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall'aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di "0" punti);

g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza "non soggetti a ribasso" (Cons. Stato, III, 3 ottobre 2011, n. 5421).

Le rimanenti clausole, non immediatamente lesive, vanno impugnate con l'atto di approvazione della graduatoria definitiva, che definisce la procedura concorsuale ed identifica in concreto il soggetto leso dal provvedimento, rendendo attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva (Cons. Stato, V, 27 ottobre 2014, n. 5282) e postulano la preventiva partecipazione alla gara.

Pertanto, né il Codice dei contratti pubblici del 2006 né quello del 2016 consentono di rinvenire elementi per pervenire all’affermazione che debba imporsi all’offerente di impugnare immediatamente la clausola del bando che prevede il criterio di aggiudicazione, ove la ritenga errata: versandosi nello stato iniziale della procedura, non vi sarebbe infatti base per assumere che l’impugnante non sarebbe divenuto aggiudicatario. Sicché si imporrebbe all’offerente di denunciare la clausola del bando sulla scorta della preconizzazione di una futura ed ipotetica lesione, per tutelare un interesse (strumentale alla riedizione della gara), subordinato rispetto all’interesse primario (quello a rendersi aggiudicatario), del quale non sarebbe certa la non realizzabilità.

Imporre l’immediata impugnazione di qualsiasi clausola del bando, in questo contesto, rischierebbe di produrre le seguenti conseguenze: a) tutte le offerenti che ritengano di potere prospettare critiche avverso prescrizioni del bando pur non rivestenti portata escludente sarebbero incentivate a proporre immediatamente l’impugnazione (nella certezza che non potrebbero proporla successivamente); b) al contempo, in vista del perseguimento del loro obiettivo primario (quello dell’aggiudicazione) esse sarebbero tentate di dilatare in ogni modo la tempistica processuale (in primis omettendo di proporre la domanda cautelare), così consentendo alla stazione appaltante di proseguire nell’espletamento della gara, in quanto, laddove si rendessero aggiudicatarie prima che il ricorso proposto avverso il bando pervenga alla definitiva decisione, esse potrebbero rinunciare al detto ricorso proposto avverso il bando, avendo conseguito l’obiettivo primario dell’aggiudicazione; c) soltanto se non si rendessero aggiudicatarie, a quel punto, coltiverebbero l’interesse strumentale alla riedizione della procedura di gara incentrato sul ricorso già proposto avverso il bando.

2. Nel caso di specie, rileva la dedotta indeterminata e generica prescrizione di lex specialis di ammettere le imprese senza un certo fatturato minimo afferente servizi specifici, in violazione dell’art. 83 d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto così si consente lo svolgimento di una gara, per prestazioni specialistiche e di elevata professionalità, oltre che per un considerevole importo (€ 8.639.971,18, di cui € 6.008.239,73 per le prestazioni principali di manutenzione dei presidi antincendio) senza prevedere alcun requisito di fatturato minimo specifico, né per servizi “identici”, né per servizi “analoghi”, ai fini della legittima partecipazione dei concorrenti alla procedura stessa.

Si tratta, pertanto, di due fattispecie diverse che non rientrano tra quelle assimilabili a clausole immediatamente escludenti.

Sotto questo profilo, pertanto, il ricorso deve ritenersi ammissibile e, pertanto, la sentenza va riformata.

Ciò posto in via preliminare, e venendo al merito della vicenda, con il primo motivo del ricorso di primo grado, riproposto in appello, parte appellante deduce che l’art. 83, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016, nel disporre che le stazioni appaltanti possano richiedere che “gli operatori economici abbiano un fatturato minimo annuo, compreso un determinato fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell’appalto”, rimette alle stesse Stazioni Appaltanti la decisione di stabilire, a seconda dell’oggetto dell’appalto, quale debba essere di volta in volta il “determinato fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell’appalto”, e quindi di indicarne l’importo, analogamente a quanto dispone l’art. 58 della Direttiva 2014/24/UE.

L’impugnata clausola del bando in questione (punti III.1.2. e III.1.3, comma 1.a.), ove recita che per essere ammessi alla gara i concorrenti devono “aver conseguito un fatturato globale minimo, compreso un determinato fatturato nel settore di attività oggetto di appalto, negli ultimi tre esercizi disponibili antecedenti la data del termine ultimo previso dalla presentazione dell’offerta...”, anziché specificare l’importo di detto “determinato fatturato” minimo specifico, riproduce letteralmente il contenuto dell’art. 83, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016.

La clausola della lex specialis, pertanto, pur prescrivendo, quale requisito di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale, il possesso di un “determinato fatturato” nel settore di attività oggetto di appalto, si limita tuttavia a prevedere che detto “determinato fatturato” minimo specifico debba essere “compreso” nel fatturato minimo “globale”, senza indicarne l’entità.

La mancata determinazione dell’importo del fatturato minimo “specifico” è stata confermata anche in sede di risposta ai chiarimenti formulati, proprio in relazione a questo aspetto, da parte di ATAC s.p.a., che ha riconosciuto “che non è stato definito l’importo relativo allo specifico fatturato nel settore di attività”, pur ribadendo che “un determinato fatturato” è comunque necessario per l’integrazione del prescritto requisito.

Il Collegio osserva che, in assenza della determinazione di detto “determinato fatturato”, non è possibile stabilire se i concorrenti siano idonei a svolgere la commessa per cui è causa e, in particolare, non è possibile stabilirlo ex ante, in modo certo e obiettivo, con evidente lesione del principio della par condicio, rimettendosi di fatto all’arbitrio di ATAC di scegliere l’offerente ritenuto in possesso del requisito in questione.

Tale illegittimità della clausola rende illegittima la procedura, non essendo possibile effettuare una valutazione, sulla base di criteri certi, oggettivi, stabiliti ex ante, se l’eventuale aggiudicatario sia idoneo a svolgere il servizio.

Tale motivo di ricorso è assorbente e determina l’accoglimento del ricorso di primo grado, con la necessità di rinnovare la procedura di gara mediante l’emissione di un nuovo bando di gara, che è misura risarcitoria in forma specifica idonea a soddisfare l’interesse della parte ricorrente.

 

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1638 del 2018, proposto da

Gielle di Galantucci Luigi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Luca Mazzeo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Eustachio Manfredi, 5;

contro

Atac s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Stefano Bibbolino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Planet s.r.l. in proprio e quale Capogruppo Mandataria Costituenda Ati, Ati - Principe s.r.l. e in Proprio, Omnia Servitia s.r.l., Ati - Insel s.p.a. e in Proprio, Mugnai S.p.A in proprio e quale Capogruppo Mandataria Costituenda Ati, Ati - Centro Antincendio Viterbese s.r.l. e in proprio, Air Fire s.p.a., non costituiti in giudizio;

Burlandi Franco s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Kristian Cosmi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ferdinando di Savoia, 3;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 11875/2017, resa tra le parti, concernente l’annullamento:

a) in parte qua, nei termini di cui in ricorso e per quanto di ragione, dell'Avviso e del Bando di Gara n. 33/2017 relativo alla procedura aperta, con modalità telematiche, per l'affidamento del “Servizio di gestione, conduzione, controllo, manutenzione e interventi per adeguamento alle normative vigenti, pronto intervento ed esecuzione delle attività per mantenere lo stato di efficienza degli impianti antincendio presso i siti ATAC” (CIG: 70059282AE);

b) in parte qua, nei termini di cui in ricorso e per quanto di ragione, del relativo Disciplinare di Gara e Norme Contrattuali per Forniture e Servizi (DNGC), nonché del Modulo DGUE;

c) in parte qua, nei termini di cui in ricorso e per quanto di ragione, del relativo Capitolato Speciale d'Appalto Misto Triennale;

d) della risposta al chiarimento n. 2 pubblicata il 23 maggio 2017 e della risposta al chiarimento n. 1 pubblicata il 12 giugno 2017;

e) di tutti gli atti e/o provvedimenti presupposti e/o connessi e/o conseguenti, ivi compresi: e1) il - non conosciuto allo stato non comunicato - provvedimento assunto nella seduta pubblica del 13 luglio 2016, con cui GIELLE di Galantucci Luigi sarebbe stata esclusa dalla gara in questione; e2) i verbali delle sedute pubbliche e riservate di gara e gli atti assunti all'esito delle stesse; e3) se e in quanto lesiva, la – non conosciuta - deliberazione dell'Amministratore Unico di ATAC s.p.a. n. 36 del 3 marzo 2017; e4) la graduatoria provvisoria di gara, l'aggiudicazione provvisoria e quella definitiva, ove nelle more adottata, disposta in favore della costituenda ATI tra Planet s.r.l. e Principe s.r.l.;

e per la declaratoria della nullità e/o inefficacia

del contratto di appalto ove nelle more stipulato tra la Stazione appaltante e la controinteressata costituenda ATI tra Planet s.r.l. e Principe s.r.l.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Burlandi Franco S.r.l. e di Atac S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 settembre 2018 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Scafarelli, per delega di Mazzeo, Flamment, per delega di Bibbolino, e Cosmi.

 

 

FATTO

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, II-ter, con la sentenza 30 novembre 2017, n. 11875, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall'attuale parte appellante per l’annullamento:

a) in parte qua, nei termini di cui in ricorso e per quanto di ragione, dell'Avviso e del Bando di Gara n. 33/2017 relativo alla procedura aperta, con modalità telematiche, per l'affidamento del “Servizio di gestione, conduzione, controllo, manutenzione e interventi per adeguamento alle normative vigenti, pronto intervento ed esecuzione delle attività per mantenere lo stato di efficienza degli impianti antincendio presso i siti ATAC” (CIG: 70059282AE);

b) in parte qua, nei termini di cui in ricorso e per quanto di ragione, del relativo Disciplinare di Gara e Norme Contrattuali per Forniture e Servizi (DNGC), nonché del Modulo DGUE;

c) in parte qua, nei termini di cui in ricorso e per quanto di ragione, del relativo Capitolato Speciale d'Appalto Misto Triennale;

d) della risposta al chiarimento n. 2 pubblicata il 23 maggio 2017 e della risposta al chiarimento n. 1 pubblicata il 12 giugno 2017;

e) di tutti gli atti e/o provvedimenti presupposti e/o connessi e/o conseguenti, ivi compresi: e1) il - non conosciuto allo stato non comunicato - provvedimento assunto nella seduta pubblica del 13.7.2016, con cui GIELLE di Galantucci Luigi sarebbe stata esclusa dalla gara in questione; e2) i verbali delle sedute pubbliche e riservate di gara e gli atti assunti all'esito delle stesse; e3) se e in quanto lesiva, la – non conosciuta - deliberazione dell'Amministratore Unico di ATAC S.p.A. n. 36 del 3 marzo 2017; e4) la graduatoria provvisoria di gara, l'aggiudicazione provvisoria e quella definitiva, ove nelle more adottata, disposta in favore della costituenda ATI tra Planet S.r.l. e Principe s.r.l.

Per l’appellata sentenza:

- la ricorrente impugna gli atti della gara lamentando l’insufficienza del bando nella prescrizione dei requisiti di qualificazione delle imprese e del metodo di aggiudicazione della gara (censure subb I, II e III), nonché l’illegittimità della sua esclusione, derivata da errata qualificazione del documento contenente l’offerta, solo formalmente e non sostanzialmente difforme dalle previsioni di bando (IV);

- la causa può essere risolta con una motivazione succinta, conformemente al principio di necessità dell’impugnazione immediata del bando di gara per sulle modalità di svolgimento del confronto concorrenziale;

- quanto all’ultimo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente deduce l’illegittimità della esclusione sia per motivi derivati dall’illegittimità del bando, sia per erronea qualificazione della scheda di offerta, il ricorso è inammissibile difettando un provvedimento di esclusione vero e proprio, né risulta dalla documentazione che la ricorrente fosse presente alla seduta del Seggio ed abbia in tale veste avuto contezza certa delle ragioni della propria esclusione.

L’appellante, contestava la sentenza sia sotto per l’affermata inammissibilità del ricorso, sia riproponendo le censure di primo grado.

Con l'appello chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si costituivano l’appellata ed il controinteressato, chiedendo il rigetto dell'appello.

All’udienza pubblica del 20 settembre 2018 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il primo motivo di appello, che contesta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso di primo grado, è fondata.

Infatti, come da Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4, che conferma l’orientamento tradizionale, le clausole del bando di gara prive di portata escludente vanno impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura.

La giurisprudenza ha spesso puntualizzato che rientrano nel genus delle “clausole immediatamente escludenti” le fattispecie di:

a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale (Cons. Stato, IV, 7 novembre 2012, n. 5671);

b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (Cons. Stato, Ad. plen.., n. 3 del 2001);

c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta (Cons. Stato, V, 24 febbraio 2003, n. 980);

d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (Cons. Stato, V, 21 novembre 2011, n. 6135; id., III, 23 gennaio 2015, n. 293);

e) clausole impositive di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all'intero importo dell'appalto: Cons. Stato, II, 19 febbraio 2003, n. 2222);

f) bandi con gravi carenze nell'indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta (come ad esempio quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall'aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di "0" punti);

g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza "non soggetti a ribasso" (Cons. Stato, III, 3 ottobre 2011, n. 5421).

Le rimanenti clausole, non immediatamente lesive, vanno impugnate con l'atto di approvazione della graduatoria definitiva, che definisce la procedura concorsuale ed identifica in concreto il soggetto leso dal provvedimento, rendendo attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva (Cons. Stato, V, 27 ottobre 2014, n. 5282) e postulano la preventiva partecipazione alla gara.

Pertanto, né il Codice dei contratti pubblici del 2006 né il quello del 2016 consentono di rinvenire elementi per pervenire all’affermazione che debba imporsi all’offerente di impugnare immediatamente la clausola del bando che prevede il criterio di aggiudicazione, ove la ritenga errata: versandosi nello stato iniziale della procedura, non vi sarebbe infatti base per assumere l’impugnante non sarebbe divenuto aggiudicatario. Sicché si imporrebbe all’offerente di denunciare la clausola del bando sulla scorta della preconizzazione di una futura ed ipotetica lesione, per tutelare un interesse (strumentale alla riedizione della gara), subordinato rispetto all’interesse primario (quello a rendersi aggiudicatario), del quale non sarebbe certa la non realizzabilità.

Imporre l’immediata impugnazione di qualsiasi clausola del bando, in questo contesto, rischierebbe di produrre le seguenti conseguenze: a) tutte le offerenti che ritengano di potere prospettare critiche avverso prescrizioni del bando pur non rivestenti portata escludente sarebbero incentivate a proporre immediatamente l’impugnazione (nella certezza che non potrebbero proporla successivamente); b) al contempo, in vista del perseguimento del loro obiettivo primario (quello dell’aggiudicazione) esse sarebbero tentate di dilatare in ogni modo la tempistica processuale (in primis omettendo di proporre la domanda cautelare), così consentendo alla stazione appaltante di proseguire nell’espletamento della gara, in quanto, laddove si rendessero aggiudicatarie prima che il ricorso proposto avverso il bando pervenga alla definitiva decisione, esse potrebbero rinunciare al detto ricorso proposto avverso il bando, avendo conseguito l’obiettivo primario dell’aggiudicazione; c) soltanto se non si rendessero aggiudicatarie, a quel punto, coltiverebbero l’interesse strumentale alla riedizione della procedura di gara incentrato sul ricorso già proposto avverso il bando.

2. Nel caso di specie, rileva la dedotta indeterminata e generica prescrizione di lex specialis di ammettere le imprese senza un certo fatturato minimo afferente servizi specifici, in violazione dell’art. 83 d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto così si consente lo svolgimento di una gara, per prestazioni specialistiche e di elevata professionalità, oltre che per un considerevole importo (€ 8.639.971,18, di cui € 6.008.239,73 per le prestazioni principali di manutenzione dei presidi antincendio) senza prevedere alcun requisito di fatturato minimo specifico, né per servizi “identici”, né per servizi “analoghi”, ai fini della legittima partecipazione dei concorrenti alla procedura stessa.

Si tratta, pertanto, di due fattispecie diverse che non rientrano tra quelle assimilabili a clausole immediatamente escludenti.

Sotto questo profilo, pertanto, il ricorso deve ritenersi ammissibile e, pertanto, la sentenza va riformata.

Di conseguenza, vanno esaminati nel merito i primi tre motivi del ricorso di primo grado, che il Tribunale amministrativo ha dichiarato inammissibili.

2. La controinteressata in appello deduce l’irricevibilità delle censure nei confronti dell’ATI Burlandi s.r.l. / INSEL s.p.a. poiché l’appellante lamenta la pretesa inidoneità della stessa a svolgere i servizi oggetto di gara e, dunque, tali censure sono irricevibili nella misura in cui, con esse, la parte ricorrente si duole dell’ammissione delle offerenti alla procedura di gara ex art. 120, comma 2-bis, c.p.a., la cui operatività tuttavia è connessa all’adozione di un provvedimento di ammissione che, nella specie, non risulta sussistente.

L’eccezione, pertanto, deve essere respinta.

3. Con il primo motivo del ricorso di primo grado, riproposto in appello, parte appellante deduce che l’art. 83, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016, nel disporre che le stazioni appaltanti possano richiedere che “gli operatori economici abbiano un fatturato minimo annuo, compreso un determinato fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell’appalto”, rimette alle stesse Stazioni Appaltanti la decisione di stabilire, a seconda dell’oggetto dell’appalto, quale debba essere di volta in volta il “determinato fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell’appalto”, e quindi di indicarne l’importo, analogamente a quanto dispone l’art. 58 della Direttiva 2014/24/UE.

L’impugnata clausola del bando in questione (punti III.1.2. e III.1.3, comma 1.a.), ove recita che per essere ammessi alla gara i concorrenti devono “aver conseguito un fatturato globale minimo, compreso un determinato fatturato nel settore di attività oggetto di appalto, negli ultimi tre esercizi disponibili antecedenti la data del termine ultimo previso dalla presentazione dell’offerta...”, anziché specificare l’importo di detto “determinato fatturato” minimo specifico, riproduce letteralmente il contenuto dell’art. 83, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016.

La clausola della lex specialis, pertanto, pur prescrivendo, quale requisito di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale, il possesso di un “determinato fatturato” nel settore di attività oggetto di appalto, si limita tuttavia a prevedere che detto “determinato fatturato” minimo specifico debba essere “compreso” nel fatturato minimo “globale”, senza indicarne l’entità.

La mancata determinazione dell’importo del fatturato minimo “specifico” è stata confermata anche in sede di risposta ai chiarimenti formulati, proprio in relazione a questo aspetto, da parte di ATAC s.p.a., che ha riconosciuto “che non è stato definito l’importo relativo allo specifico fatturato nel settore di attività”, pur ribadendo che “un determinato fatturato” è comunque necessario per l’integrazione del prescritto requisito.

Il Collegio osserva che, in assenza della determinazione di detto “determinato fatturato”, non è possibile stabilire se i concorrenti siano idonei a svolgere la commessa per cui è causa e, in particolare, non è possibile stabilirlo ex ante, in modo certo e obiettivo, con evidente lesione del principio della par condicio, rimettendosi di fatto all’arbitrio di ATAC di scegliere l’offerente ritenuto in possesso del requisito in questione.

Tale illegittimità della clausola rende illegittima la procedura, non essendo possibile effettuare una valutazione, sulla base di criteri certi, oggettivi, stabiliti ex ante, se l’eventuale aggiudicatario sia idoneo a svolgere il servizio.

Tale motivo di ricorso è assorbente e determina l’accoglimento del ricorso di primo grado, con la necessità di rinnovare la procedura di gara mediante l’emissione di un nuovo bando di gara, che è misura risarcitoria in forma specifica idonea a soddisfare l’interesse della parte ricorrente.

4. L’appello pertanto va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado, in quanto fondato per il motivo assorbente indicato, annullando gli atti ivi impugnati.

Le spese di lite del presente grado possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

Definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado, annullando gli atti ivi impugnati.

Compensa le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 settembre 2018 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere, Estensore

Raffaele Prosperi, Consigliere

Alessandro Maggio, Consigliere