Consiglio di Stato, Sez. V, ord. 3 maggio 2018, n. 2639

1. Va rimessa alla Corte di giustizia U.E. la questione se il diritto dell’Unione europea e, precisamente, l’art. 57 par. 4 della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, unitamente al Considerando 101 della medesima Direttiva e al principio di proporzionalità e di parità di trattamento ostano ad una normativa nazionale, quale l’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che, definita quale causa di esclusione obbligatoria di un operatore economico il “grave illecito professionale”, stabilisce che, nel caso in cui l’illecito professionale abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d’appalto, l’operatore può essere escluso solo se la risoluzione non è contestata o è confermata all’esito di un giudizio.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero di registro generale 8114 del 2017, proposto da

Sicilville s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Marianna Saldigloria e Carlo Ablondi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Vito Calabrese in Roma, Monte Zebio,19;

contro

Comune di Brescia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesca Moniga e Andrea Orlandi, domiciliato ex art. 25 Cod. proc. amm. presso la Segreteria sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

nei confronti

Consorzio Stabile A.L.P.I. s.c.a.r.l., non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA: SEZIONE II n. 01246/2017, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Brescia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 febbraio 2018 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Saldigloria e Orlandi;

I. FATTO

1. Con bando 14 aprile 2017 il Comune di Brescia indiceva una procedura di gara per l’affidamento del servizio di manutenzione ordinaria del verde pubblico comunale – zona sud ovest, per il periodo 1 gennaio 2018 – 31 dicembre 2020.

2. Presentava domanda di partecipazione la società Sicilville s.r.l. che dichiarava l’insussistenza di motivi di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

Specificava, al riguardo, che la comunicazione dirigenziale del Comune di Brescia, Settore verde parchi e reticolo idrico con la quale era stata dichiarata la risoluzione di precedente contratto intercorso con la stessa amministrazione comunale (n. 619 rep. del 31 marzo 2016), per il medesimo servizio di manutenzione di verde pubblico, era stata contestata con giudizio pendente dinanzi al Tribunale civile di Brescia.

3. In precedenza, infatti, il Comune di Brescia, aveva affidato a Sicilville s.r.l. lo stesso servizio di manutenzione ordinaria del verde pubblico – lotto 4: zona sud ovest della città di Brescia, ma poi aveva disposto, con provvedimento 17 febbraio 2017, n. 450, la risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’impresa ex art. 136, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163; ai sensi dell’art. 140 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, aveva interpellato gli operatori economici che seguivano Sicilville s.r.l. in graduatoria, con esito negativo, e solo a quel punto aveva indetto la nuova procedura di gara con determinazione dirigenziale 11 aprile 2017, n. 966 dando espressamente atto del fatto che la nuova procedura si rendeva necessaria a seguito della risoluzione del contratto concluso con Sicilville s.r.l.

4. Sicilville s.r.l., dunque, presentava domanda di partecipazione ad una procedura di gara avente ad oggetto il medesimo servizio di manutenzione del verde pubblico nella stessa zona della città, che già le era stato affidato e successivamente sottratto per grave inadempimento.

5. Verificato quanto sopra, con nota 21 giugno 2017 il Comune di Brescia comunicava l’avvio del procedimento di esclusione dalla nuova procedura di gara; il procedimento era concluso dal provvedimento 13 luglio 2017 di esclusione della Sicilville s.r.l..

6. Il provvedimento di esclusione era motivato richiamando le contestazioni contenute nella comunicazione di avvio del procedimento; tale comunicazione riportava diversi presupposti giuridici tra i quali, oltre all’art. 1453 Cod. civ., l’art. 80, comma 5, lett. a) e c) e comma 6 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e rinviava, a sua volta, al provvedimento di risoluzione del precedente contratto e a “tutti gli atti di contestazione e documenti del relativo procedimento, nonché la comparsa di costituzione e risposta del Comune p.g. n. 102657/2017 depositata in data 16.6.2017 nel giudizio R.G. 5120/2017 del Tribunale di Brescia, comprensiva di tutti i documenti ed atti ad essa allegati, tutti noti all’impresa”.

Il provvedimento di esclusione richiamava, inoltre, le argomentazioni contenute nell’allegato 1 alla nota di avvio del procedimento di esclusione, ed anche il contenuto della nota inviata dal Comune di Brescia ad ANAC – Autorità nazionale anticorruzione in occasione dell’istanza di parere precontenzioso formulata dalla società e respinta dall’amministrazione comunale.

7. Sicilville s.r.l, con lettera 21 luglio 2017, contestava l’esclusione dalla gara e domandava all’amministrazione l’annullamento in autotutela, ma il Comune di Brescia, con nota 26 luglio 2017, riconfermava l’esclusione, dando atto che il provvedimento di esclusione era motivato per relationem ad altri atti per “ovvi motivi di sinteticità” e che, comunque, si trattava degli atti di contestazione degli inadempimenti che la società conosceva per averli impugnati dinanzi al giudice ordinario e specificando che si era inteso individuare quale motivo di esclusione non solo il motivo previsto dalla lett. c) del 5°comma dell’art. 50, ma anche quello previsto dalla lett. a), che consente alla stazione appaltante di dimostrare con qualunque mezzo adeguato la sussistenza di gravi infrazioni alle norme in materia di salute e sicurezza dei lavoratori e in materia ambientale.

II. IL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO

8. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia – sez. staccata di Brescia, Sicilville s.r.l. impugnava il provvedimento di esclusione dalla procedura di gara sulla base di tre motivi.

8.1. Con il primo motivo lamentava la violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. La tesi dalla ricorrente era che il provvedimento di risoluzione di un precedente contratto concluso con la medesima stazione appaltante non comportava l’automatica esclusione dalla nuova procedura di gara se oggetto di tempestiva contestazione in giudizio.

8.2. Con il secondo motivo lamentava la violazione dell’art. 80, comma 5, lett. a) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50: a suo parere la stazione appaltante non avrebbe potuto qualificare come “gravi violazioni debitamente accertate alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro” (secondo la disposizione citata) le contestazioni formulate all’operatore economico nel corso dell’esecuzione di precedente contratto tra loro intervenuto, e poste, poi, a fondamento di un provvedimento di risoluzione.

8.3. Con il terzo motivo lamentava la violazione dell’art. 1453 Cod. civ., in quanto, a suo dire, tale disposizione non può trovare applicazione alla fase di scelta del contraente nelle gare ad evidenza pubblica, disciplinate unicamente dal Codice dei contratti pubblici e non dalle norme civilistiche.

9. Si costituiva in giudizio il Comune di Brescia che domandava il rigetto del ricorso.

10. Il giudizio si concludeva con la sentenza 17 ottobre 2017, n. 1246, con la quale era respinto il ricorso e condannata la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

11. Il Tribunale amministrativo regionale ha respinto la domanda di annullamento sulla base del seguente ragionamento:

- il primo punto fermo è che il contratto oggetto di gara, rispetto al quale è stato adottato il provvedimento di esclusione contestato, è lo stesso contratto affidato alla Sicilville s.r.l. e, poi, risolto;

- è fondato il motivo di ricorso con il quale Sicilville s.r.l. lamenta la violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 in quanto l’esclusione dell’impresa è possibile solo in caso di inadempimento contrattuale non contestato o confermato in giudizio, non ricorrendo tale situazione in caso di contestazione giudiziale della risoluzione;

- nondimeno la domanda di annullamento deve essere respinta in quanto il provvedimento espulsivo è fondato anche sulla ragione di esclusione della lett. a) del comma 5 cit.: l’amministrazione ha dimostrato che la Sicilville s.r.l. aveva commesso gravi violazioni delle disposizioni poste a tutela della salute e sicurezza del lavoro e dell’ambiente;

- è vero che, nel caso di specie, tali violazioni coincidono con le contestazioni che hanno condotto alla risoluzione del precedente contratto (mancato rispetto della clausola sociale; non aver impiegato figure professionali in materia di sicurezza né mezzi tecnici proposti nell’offerta tecnica; aver smaltito i residui degli sfalci eseguiti nel SIN – Sito di interesse nazionale Caffaro, potenzialmente contaminati da PCB, come se fossero rifiuti biodegradabili e quindi destinati al compostaggio; aver violato in più occasioni le norme a tutela della sicurezza e dalla salute dei lavoratori), e che non vi sono state fattispecie delittuose accertate da sentenze penali e/o civili e verbali di accertamento provenienti da autorità giudiziarie e/o amministrative, ma la stazione appaltante ha la possibilità di dimostrare con qualunque mezzo la sussistenza delle gravi violazioni e, tra questi mezzi di prova, rientrano anche le contestazioni in sede di esecuzione del contratto che abbiano dato luogo alla risoluzione dello stesso;

- non rileva, poi, che le violazioni ravvisate siano negate dall’impresa poiché non è oggetto dell’accertamento dinanzi al giudice amministrativo l’effettiva sussistenza delle violazioni che hanno condotto alla risoluzione del contratto, essendo sufficiente l’autonoma verifica delle stesse ad opera dell’amministrazione;

- da ultimo, i principi civilistici sulla risoluzione del contratto trovano applicazione nella fase di esecuzione di un contratto pubblico per cui, qualora sussistano le condizioni per la risoluzione del contratto, non è possibile ad una parte di esso imporre unilateralmente la sua esecuzione.

III. I MOTIVI DI APPELLO.

12. Propone appello Sicilville s.r.l. affidato a sei motivi di appello. Si è costituito in giudizio il Comune di Brescia.

13. I motivi di appello rivolgono critiche a tutti i passaggi logici della sentenza di primo grado.

13.1. In particolare, ai fini che qui interessano, le contestazioni si appuntano sulla accertata legittimità del provvedimento di esclusione dalla procedura di gara per la ricorrenza di “gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro nonché agli obblighi di cui all’art. 30, comma 3 del presente codice” - motivo di esclusione previsto dalla lett. a) del 5°comma dell’art. 80 del codice dei contratti pubblici.

13.2. La società appellante assume che i comportamenti che le sono stati addebitati quali gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro nonché agli obblighi in materia ambientale (previsti dall’art. 30, comma 3, del codice) altro non sono che inadempimenti contrattuali sottoposti alla previsione di cui alla lett. c) del 5°comma dell’art. 80; non poteva, pertanto, essere adottato provvedimento di espulsione in presenza di contestazione giudiziaria della risoluzione.

13.3. Di seguito, poi, rileva che, seppure i comportamenti contestati rientrassero nelle “gravi violazioni” della lett. a) del 5°comma dell’art. 80 del codice non potrebbero, tuttavia, essere considerati “debitamente accertati”; i comportamenti, infatti, erano stati solamente oggetto di contestazioni rivolte all’impresa dal DEC – Direttore dell’esecuzione del precedente contratto stipulato con l’amministrazione comunale.

14. Il Collegio ritiene che con i motivi di appello esposti sono state prospettate critiche ragionevoli alla sentenza di primo grado e che, per questa ragione, assume rilevanza ai fini della decisione del giudizio anche l’ulteriore motivo di appello con il quale è riproposta la questione della possibilità per l’amministrazione di adottare un provvedimento di espulsione dalla procedura in caso di grave illecito professionale oggetto di precedente provvedimento di risoluzione contestato in sede giudiziaria (ragione di esclusione prevista dalla lett. c) del 5°comma dell’art. 80 del codice).

15. La questione si pone in questi termini: occorre valutare se la stazione appaltante ha il potere di escludere un operatore economico – già suo contraente in precedente contratto di appalto conclusosi con la risoluzione anticipata – se la risoluzione è stata oggetto di contestazione in giudizio e prima che il giudizio sia definito.

15.1. E’ quanto accaduto nella vicenda oggetto del giudizio: tra il Comune di Brescia e Sicilville s.r.l. era intercorso un precedente contratto di appalto di servizi avente ad oggetto la manutenzione del verde pubblico; tale contratto si è concluso con il provvedimento di risoluzione anticipata n. 450/17 per aver la stazione appaltante ritenuto sussistenti le condizioni di cui all’art. 136 d.lgs. 12 aprile 2016, n. 163. La risoluzione è stata, però, impugnata dalla società in giudizio attualmente pendente dinanzi al Tribunale ordinario di Brescia.

IV. IL DIRITTO NAZIONALE E LA GIURISPRUDENZA NAZIONALE

16. L’art. 80, comma 5, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 dispone: “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6, qualora: …c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione ovvero l'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.

17. La giurisprudenza amministrativa ha esaminato la disposizione richiamata.

17.1. Il Consiglio di Stato, nella sentenza sez. V, 27 aprile 2017, n. 1955, ha affermato il seguente principio di diritto: “l’art. 80, comma 5, lett. c), consente alle stazioni appaltanti di escludere i concorrenti ad una procedura di affidamento di contratti pubblici in presenza di «gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità», con la precisazione che in tali ipotesi rientrano, tra l’altro, «significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata», le quali siano alternativamente non siano contestate in giudizio dall’appaltatore privato o – per venire al caso che interessa nel presente giudizio – sia stata «confermata all’esito di un giudizio».

17.2. La sentenza citata ha reputato illegittimo il provvedimento di esclusione in quanto, nonostante fosse intervenuta una pronuncia cautelare da parte del giudice civile, non era stata ancora adottata alcuna pronuncia relativa al merito del giudizio; la spiegazione era la seguente: “Sulla base dell’interpretazione letterale della norma (ex art. 12 delle preleggi) si richiede quindi che al provvedimento di risoluzione sia stata prestata acquiescenza o che lo stesso sia stato confermato in sede giurisdizionale. E questa conferma non può che essere data da una pronuncia di rigetto nel merito della relativa impugnazione divenuta inoppugnabile, come si evince dalla locuzione (ancorché atecnica) «all’esito di un giudizio». A questo medesimo riguardo è invece da ritenersi evidentemente insufficiente la definizione di un incidente di natura cautelare, con decisione avente funzione interinale e strumentale rispetto a quella di merito.”.

17.3. Tale interpretazione va consolidandosi anche nella giurisprudenza di primo grado (cfr.; TAR Sicilia, 10 novembre 2017, n. 2548; TAR Sicilia, 3 novembre 2017, n. 2511; TAR Puglia, sez. III 18 luglio 2017, n. 828; TAR Puglia, sez. stacca di Lecce, sez. III, 22 dicembre 2016 n. 1935; TAR Calabria, sez. I, 19 dicembre 2016, n. 1935).

17.4. Con la sentenza, sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299, il Consiglio di Stato ha affrontato nuovamente la questione, precisando che:

- l’elencazione dei “gravi illeciti professionali” contenuta nella lettera c) dell’art. è “meramente esemplificativa”;

- l’elencazione ha lo scopo di “alleggerire l’onere della stazione appaltante di fornire la dimostrazione “con mezzi adeguati” ”;

- costituisce “mezzo adeguato” di dimostrazione anche il provvedimento esecutivo di risoluzione o di risarcimento non ancora passato in giudicato;

- la stazione appaltante può escludere un operatore economico anche per gravi inadempienze non riconducibili a quelle tipizzate, ossia anche se non ha prodotto effetti risolutivi, risarcitori o sanzionatori tipizzati, che, però, siano qualificabili come “gravi illeciti professionali” e per questo motivo siano ostative alla partecipazione alla gara perché rendono dubbie l’integrità e l’affidabilità del concorrente, ma dando adeguata motivazione.

17.5. La vicenda esaminata nell’ultima sentenza si distingue da quella oggetto del presente giudizio perché non era stato adottato un provvedimento di risoluzione del precedente contratto di appalto intercorso con l’operatore economico.

V. LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE RIMESSA ALLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA

18. Tra la norma interna e la norma euro – unitaria non vi è omogeneità.

18.1. L’art. 57, par. 4 della Direttiva 2014/24/UE stabilisce che le amministrazioni appaltanti possono escludere gli operatori economici “se l'amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità”.

18.2. Tale disposizione deve essere letta contestualmente all’indicazione contenuta nel Considerando 101 della Direttiva: “È opportuno chiarire che una grave violazione dei doveri professionali può mettere in discussione l'integrità di un operatore economico e dunque rendere quest'ultimo inidoneo ad ottenere l'aggiudicazione di un appalto pubblico indipendentemente dal fatto che abbia per il resto la capacità tecnica ed economica per l'esecuzione dell'appalto. Tenendo presente che l'amministrazione aggiudicatrice sarà responsabile per le conseguenze di una sua eventuale decisione erronea, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero anche mantenere la facoltà di ritenere che vi sia stata grave violazione dei doveri professionali qualora, prima che sia stata presa una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori, possano dimostrare con qualsiasi mezzo idoneo che l'operatore economico ha violato i suoi obblighi, inclusi quelli relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali, salvo disposizioni contrarie del diritto nazionale.”.

18.3. Dalla lettura della disposizione risulta chiaro che il legislatore europeo ha ritenuto di consentire l’esclusione dell’operatore economico se la stazione appaltante è in condizione di dimostrare la sussistenza di un grave illecito professionale “anche prima che sia adottata una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori”.

In questo senso, del resto, ben si comprende il richiamo alla responsabilità dell’amministrazione per una sua eventuale decisione erronea.

18.4. Il legislatore interno, al contrario, ha stabilito che l’errore professionale, passibile di risoluzione anticipata (per definizione “grave” ex art. 1455 Cod. civ. nonché ex art. 108, comma 3, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) non comporta l’esclusione dell’operatore in caso di contestazione in giudizio.

18.5. La conseguenza è la necessaria subordinazione dell’azione amministrativa agli esiti del giudizio; ciò è astrattamente possibile, essendo comprensibile che la scelta dell’amministrazione sia vincolata agli esiti di un giudizio, ma è incompatibile con i tempi dell’azione amministrativa.

18.6. La ragione è evidente: risolto il contratto per grave inadempimento dell’operatore economico, l’amministrazione dovrà indire una nuova procedura di gara per concludere un nuovo contratto; all’operatore economico inadempiente sarà sufficiente contestare in giudizio la risoluzione per ottenere l’ingresso nella nuova procedura, dovendo l’amministrazione attendere l’esito del giudizio per poter procedere legittimamente alla sua esclusione.

18.7. Quel che è accaduto nella vicenda oggetto del presente giudizio, insomma, è destinato a ripetersi costantemente, con la conseguenza per l’amministrazione di trovarsi a dover valutare in maniera imparziale un operatore economico che aveva già giudicato inaffidabile tanto da aver risolto il precedente contratto con lo stesso stipulato.

18.8. L’amministrazione appaltante non può, in questo modo, assumere la propria responsabilità nella decisione di escludere l’operatore, dovendo attendere, comunque, l’esito del giudizio.

19. Se obiettivo del legislatore nazionale è quello di alleggerire l’onere probatorio a carico dell’amministrazione per rendere più efficiente l’azione amministrativa attraverso l’elencazione di casi in cui è possibile escludere l’operatore economico (come in Cons. Stato 2 marzo 2018 n. 1299), lo strumento non è adeguato poiché l’azione amministrativa è arrestata dall’instaurazione di altro giudizio in cui è contestato il grave illecito professionale; se l’obiettivo è garantire che l’operatore economico sia definitivamente escluso dalla procedura di gara solo quando il grave illecito professionale è confermato all’esito di un giudizio, è sufficiente imporre all’amministrazione di fornire adeguata motivazione dell’esclusione, lasciando al giudice amministrativo di sindacare la ragionevolezza.

20. La norma interna fa dipendere dalla scelta dell’operatore economico – di impugnare o meno la risoluzione in sede giurisdizionale – la decisione dell’amministrazione; a fronte di “gravi illeciti professionali” identici, allora, un operatore sarà escluso in quanto non ha proposto impugnazione giurisdizionale della risoluzione e l’altro, per averla proposta, non potrà essere escluso.

20.1 I principi di proporzionalità e di parità di trattamento costituiscono principi dei quali gli Stati membri devono tener conto nell’aggiudicazione degli appalti pubblici (Considerando n. 1 e 2 della Direttiva 2014/24/UE; sul principio di parità di trattamento, cfr. Corte di Giustizia dell’Unione europea sentenza 16 dicembre 2008 in causa C-213/07, Michaniki AE).

21. Nella sentenza relativa alla causa C-171/15, Connexxition taxi service in cui la normativa europea rilevante era l’articolo 45, paragrafo 2 della Direttiva, 2004/18/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004 la Corte di Giustizia dell’Unione europea, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha affermato: “il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18, non osta a che una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, obblighi un’amministrazione aggiudicatrice a valutare, applicando il principio di proporzionalità, se debba essere effettivamente escluso un offerente in una gara d’appalto pubblico che ha commesso un grave errore nell’esercizio della propria attività professionale”. L’art. 45, paragrafo 2 non era distante dall’attuale formulazione dell’art. 57 par. 4 della Direttiva 2014/24/UE perché prevedeva l’esclusione facoltativa dell’operatore economico “che, nell'esercizio della propria attività professionale, abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall'amministrazione aggiudicatrice”.

VI. FORMULAZIONE DELLA QUESTIONE.

22. Alla luce delle considerazioni svolte è formulata la seguente questione pregiudiziale:

Se il diritto dell’Unione europea e, precisamente, l’art. 57 par. 4 della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, unitamente al Considerando 101 della medesima Direttiva e al principio di proporzionalità e di parità di trattamento ostano ad una normativa nazionale, come quella in esame, che, definita quale causa di esclusione obbligatoria di un operatore economico il “grave illecito professionale”, stabilisce che, nel caso in cui l’illecito professionale abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d’appalto, l’operatore può essere escluso solo se la risoluzione non è contestata o è confermata all’esito di un giudizio”.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), rimette alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale indicata in motivazione e, riservata ogni altra decisione, anche sulle spese, sospende il giudizio.

Dispone che il presente provvedimento, unitamente a copia degli atti di giudizio indicati in motivazione, sia trasmesso, a cura della Segreteria della Sezione, alla Cancelleria della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

 

 

Guida alla lettura

L’ordinanza in rassegna ha rilevato una non omogeneità tra la norma interna (art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) e la norma euro – unitaria.

Tale disomogeneità deriva dal fatto che l’art. 57, par. 4 della Direttiva 2014/24/UE stabilisce che le amministrazioni appaltanti possono escludere gli operatori economici “se l'amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità”.

Disposizione da leggere in combinato con quanto contenuto nel Considerando 101 della Direttiva,  che chiarisce come “una grave violazione dei doveri professionali può mettere in discussione l'integrità di un operatore economico e dunque rendere quest'ultimo inidoneo ad ottenere l'aggiudicazione di un appalto pubblico indipendentemente dal fatto che abbia per il resto la capacità tecnica ed economica per l'esecuzione dell'appalto. Tenendo presente che l'amministrazione aggiudicatrice sarà responsabile per le conseguenze di una sua eventuale decisione erronea, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero anche mantenere la facoltà di ritenere che vi sia stata grave violazione dei doveri professionali qualora, prima che sia stata presa una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori, possano dimostrare con qualsiasi mezzo idoneo che l'operatore economico ha violato i suoi obblighi, inclusi quelli relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali, salvo disposizioni contrarie del diritto nazionale.”.

Secondo i giudici del Consiglio di Stato, dalla lettura delle disposizioni di cui sopra risulterebbe chiaro che il legislatore europeo ha ritenuto di consentire l’esclusione dell’operatore economico nel caso in cui la stazione appaltante sia in condizione di dimostrare la sussistenza di un grave illecito professionale “anche prima che sia adottata una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori”.

Il legislatore italiano, al contrario, ha stabilito che l’errore professionale, passibile di risoluzione anticipata non comporta l’esclusione dell’operatore in caso di contestazione in giudizio, con la conseguenza della necessaria subordinazione dell’azione amministrativa agli esiti del giudizio.

Tale scelta legislativa, tuttavia, sarebbe, secondo i giudici di Palazzo Spada, incompatibile con i tempi dell’azione amministrativa. Questo perché risolto il contratto per grave inadempimento dell’operatore economico, l’amministrazione dovrà indire una nuova procedura di gara per concludere un nuovo contratto; all’operatore economico inadempiente sarà sufficiente contestare in giudizio la risoluzione per ottenere l’ingresso nella nuova procedura, dovendo l’amministrazione attendere l’esito del giudizio per poter procedere legittimamente alla sua esclusione.

In tal modo l’amministrazione rischierebbe di trovarsi a dover valutare in maniera imparziale un operatore economico che aveva già giudicato inaffidabile tanto da aver risolto il precedente contratto con lo stesso stipulato.

La norma interna farebbe dipendere, dunque, dalla scelta dell’operatore economico – di impugnare o meno la risoluzione in sede giurisdizionale – la decisione dell’amministrazione. Tale opzione legislativa potrebbe risultare, però, in contrasto con i principi di proporzionalità e di parità di trattamento, che costituiscono principi dei quali gli Stati membri devono tener conto nell’aggiudicazione degli appalti pubblici.

Alla luce delle considerazioni sopra riportate, il Consiglio di Stato ha formulato, quindi, la seguente questione pregiudiziale: “Se il diritto dell’Unione europea e, precisamente, l’art. 57 par. 4 della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, unitamente al Considerando 101 della medesima Direttiva e al principio di proporzionalità e di parità di trattamento ostano ad una normativa nazionale, come quella in esame, che, definita quale causa di esclusione obbligatoria di un operatore economico il “grave illecito professionale”, stabilisce che, nel caso in cui l’illecito professionale abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d’appalto, l’operatore può essere escluso solo se la risoluzione non è contestata o è confermata all’esito di un giudizio”.