Introduzione

La disciplina del subappalto costituisce uno dei profili più discussi del nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al D.lgs n.50/2016.

La disposizione di riferimento all’interno del nuovo codice è l’art. 105.

Con questo articolo, il legislatore italiano, da un lato ha confermato alcuni aspetti della previgente disciplina (regime autorizzatorio, divieto di subappalto a cascata, etc.), dall’altro, ha previsto delle profonde innovazioni.

Anzitutto, si rinviene, al pari di quanto avvenuto, più in generale, in tutta la materia appalti, una razionalizzazione della disciplina.

Come anticipato, infatti, il subappalto è oggi regolato da un’unica disposizione, l’art. 105, cui si aggiunge l’art. 80, in relazione al possesso dei requisiti generali.

È stato così attuato il principio contenuto nella Legge delega (L.11/2016, art.1, comma 1, lett. rrr), che ha richiesto l’introduzione, nei contratti di lavori, servizi e forniture, “di una disciplina specifica per il subappalto”.

Il presente lavoro si pone l’obiettivo di dar conto delle principali caratteristiche della nuova disciplina, frutto di una sintesi tra istanze innovatrici e conferme sostanziali.

Lo scritto si articolerà in tre differenti paragrafi.

Nel primo verranno individuati, a grandi linee, i tratti salienti della nuova disciplina.

Nel secondo ci si soffermerà su quella che, a modesto parere di chi scrive, costituisce la più radicale trasformazione: l’indicazione, da effettuarsi in sede di offerta, di una terna di possibili subappaltatori (art. 105, comma 6).

Nel terzo, infine, si cercherà di trarre delle conclusioni in merito alla novella legislativa.

 

  1. Le principali novità

Guardando alla nuova disciplina, una prima importante conferma è rinvenibile all’interno del comma 1 dell’art 105, ove si riafferma il carattere di eccezionalità del ricorso al subappalto nell’esecuzione di opere e lavori da parte degli appaltatori.

Il comma 1 stabilisce, infatti, che “I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice di norma eseguono in proprio le opere o i lavori, i servizi, le forniture compresi nel contratto” e che “Il contratto non può essere ceduto a pena di nullità. E’ ammesso il subappalto secondo le disposizioni del presente articolo”.

Pertanto, il subappalto, definito dal comma 2 dello stesso articolo come il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di tutto o parte delle prestazioni con lavorazioni oggetto del contratto dell’appalto principale, continuerà a costituire l’eccezione rispetto alla regola -  l’esecuzione diretta - almeno nelle intenzioni del legislatore codicistico.

È opportuno sottolineare, in ogni caso, che la locuzione “di norma”, contenuta nel comma 1 sopra menzionato, è da ritenersi tutt’altro che priva di significato, in quanto dimostrativa della consapevolezza del legislatore delegato della impossibilità di prevedere un sistema privo di un sub affidamento, ridimensionando, così, il carattere di eccezionalità del ricorso al subappalto.

Infatti, com’è noto, il ricorso al subappalto è assai frequente, in special modo con riferimento ad appalti di grandi dimensioni, stante la necessità di affidare a soggetti specializzati l’esecuzione di parte dell’opera.

Un ulteriore elemento di continuità nei confronti della previgente discipline è senz’altro rinvenibile nelle definizione stessa di subappalto, contenuta nel comma 2, cui si accennava supra.

Più nello specifico, il subappalto viene definito come il “contratto con il quale l'appaltatore affida a terzi l'esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. Costituisce comunque subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività del contratto di appalto ovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera”.

Il legislatore, così, da un lato, ha fatto propria la definizione civilistica di subappalto, dall’altro, con la successiva clausola generale, ha introdotto un’apertura definitoria di carattere pubblicistico.

Una volta definito il concetto di subappalto, il legislatore introduce dei limiti al suo ricorso.

Un primo e generale limite viene individuato nel 30 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture, oltre il quale il ricorso al subappalto non è ammissibile.

Tale limite, già presente nella vecchia disciplina, tuttavia, è stato a più riprese criticato.

Non a caso, l’ANAC ha stabilito, con riferimento a detto limite, contenuto nell’art. 118 del vecchio codice, che il suo superamento, in sede di offerta, non comporta l’esclusione del concorrente, potendo al più comportare l’esclusione del subappalto in caso di aggiudicazione (vd. Parere Anac n. 13 del 14.2.2013 e Cons. Stato, sezione V, 1229/2002; Cons. Stato, sezione VI, 557/2004).

Peraltro, nella previgente disciplina, il limite del 30% era riferito unicamente alla categoria prevalente.

Le altre categorie di lavori, invece, erano totalmente subappaltabili.

Il subappalto, consentito dall'art. 118, d.lg 12 aprile 2006 n. 163 per la categoria prevalente nella misura massima del 30%, del resto, ha rappresentato “un modo di essere dello svolgimento dei lavori”(Consiglio di Stato sez. V  20 giugno 2011 n. 3698).

Il riferimento operato dalla nuova disposizione all’intero rapporto contrattuale potrebbe, così, causare non pochi problemi con riferimento al sub affidamento di opere estremamente specialistiche, che richiedono l’ausilio di soggetti non necessariamente operanti all’interno della categoria del contratto principale.

Sotto diverso punto di vista, il legislatore ha escluso in via generale il ricorso a subappalto per determinate figure contrattuali.

Così, per ciò che concerne gli appalti di lavori, il comma 2, ha stabilito che le forniture senza prestazione di manodopera, le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo inferiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o di importo inferiore a 100.000 euro e qualora l'incidenza del costo della manodopera e del personale non sia superiore al 50 per cento dell'importo del [sub]contratto da affidare, non costituiscono subappalto.

Detta disposizione, tuttavia, suscita alcune perplessità.

Al suo interno, infatti, vengono parificate due figure contrattuali oggettivamente differenti, ovverosia quelle senza prestazione di manodopera e le forniture con posa in opera ed i noli a caldo.

Ciò comporterebbe, pertanto, che anche le prime sarebbero soggette ad autorizzazione nel caso in cui siano di importo superiore al 2% dell’importo delle prestazioni affidate o di importo inferiore a 100.000 euro.

 

  1. La previa indicazione della terna di subappaltatori

Entrando nel cuore della novella legislativa, il punto cruciale delle innovazioni codicistiche appare costituito da tre disposizioni che appongono dei limiti di non poco conto in merito al modus e all’ an del ricorso al subappalto: la previa indicazione, in sede di offerta, delle previsioni/lavorazioni che si intendono subappaltare (art. 105, comma 4, lett. b ); l’indicazione, anch’essa da effettuarsi in sede di offerta, di una terna di possibili subappaltatori (art. 105, comma 6); la dimostrazione della sussistenza, in capo al subappaltatore, dei requisiti generali di cui all’art. 80 (art. 105, comma 4, lett. c).

Più nello specifico, secondo l’art. 105, comma 4 “I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante purché: (…)

b) all'atto dell'offerta abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo; 

c) il concorrente dimostri l'assenza in capo ai subappaltatori dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80”.

A norma del comma 6 dello stesso articolo, invece, “È obbligatoria l'indicazione della terna di subappaltatori, qualora gli appalti di lavori, servizi o forniture siano di importo pari o superiore alle soglie di cui all'articolo 35 e per i quali non sia necessaria una particolare specializzazione. In tal caso il bando o avviso con cui si indice la gara prevedono tale obbligo. Nel bando o nell'avviso la stazione appaltante può prevedere ulteriori casi in cui è obbligatoria l'indicazione della terna anche sotto le soglie di cui all'articolo 35”.

È quindi facoltà dei concorrenti dichiarare in sede di gara la volontà di ricorrere o meno al subappalto per le attività di trasporto e consegna dei farmaci, nella misura massima consentita del 30% dell’importo complessivo del contratto.

In caso affermativo dovrà essere indicata una terna di nominativi dei subappaltatori.

La mancata dichiarazione di voler eventualmente ricorrere al subappalto in sede di gara non comporta esclusione, sanzione e/o richiesta di integrazione.

L’unica conseguenza è che, in caso di aggiudicazione, il concorrente non potrà poi subappaltare tali attività nel corso dell’esecuzione dell’appalto.

Ebbene, seppur introduttive di limiti ben distinti al subappalto, le disposizioni summenzionate, devono essere lette congiuntamente.

Solo alla luce di un’analisi congiunta è possibile, infatti, comprendere a pieno la portata innovatrice di dette previsioni.

Un sistema così delineato, infatti, ha quale obbiettivo la preventiva conoscenza, da parte della stazione appaltante, di tutti i soggetti che potrebbero svolgere delle prestazioni con riferimento al bando di gara dalla stessa pubblicato.

Ma non solo.

La necessaria indicazione delle lavorazioni e della terna già in sede di offerta, congiunta alla dimostrazione della sussistenza in capo al subappaltatore dei requisiti generali di cui all’art. 80, postula un’identificazione dei subappaltatori da parte dell’offerente molto più estesa di quanto non accadesse precedentemente.

Vero è che, ai sensi dell’art. del comma 12 dell’art.105, in caso di aggiudicazione, i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all'art. 80, potranno essere sostituiti, ma è altrettanto vero che la sostituzione avverrebbe nei confronti di un altro dei soggetti della terna, postulando la necessaria conoscenza della presenza dei requisiti generali in capo a tutti e tre i possibili appaltatori, già dal momento della presentazione dell’offerta.

L’aggiudicatario, in estrema sostanza, sarebbe onerato della previa verifica della sussistenza dei requisiti generali in capo a tutti i componenti della terna, ove non volesse correre il rischio di essere escluso a causa dell’esito negativo delle verifiche successive all’aggiudicazione.

Appare evidente come tali disposizioni siano fortemente limitanti per i partecipanti alla gara, introducendo l’obbligo sostanziale di prevedere già in sede di presentazione dell’offerta quali prestazioni saranno subappaltate, e soprattutto a quali soggetti.

La portata limitatrice delle disposizioni in esame si rende, peraltro, ancor più evidente se si tiene a mente che il contratto di appalto è un contratto di durata, la cui esecuzione si protrae spesse volte nel corso di anni, e finanche decenni.

Sicché, tanto l’indicazione puntuale delle prestazioni, quanto la previa indicazione di una terna di possibili soggetti cui sub affidare parte del contratto appaiono quantomeno complesse e foriere di importanti difficoltà applicative.

Molte sono infatti le componenti che potrebbero causare una modifica della situazione di fatto, tali da richiedere un mutamento del subappaltatore non prevedibile al momento della presentazione dell’offerta.

Si pensi, ad esempio, alla possibilità che uno dei subappaltatori indicati fallisca, o che non sia più in grado di svolgere le mansioni che gli verrebbero affidate.

Si pensi, ancora, più criticamente, ma non inverosimilmente, alla possibilità che ciò possa accadere anche per gli altri subappaltatori.

Quale sarebbero le conseguenze di un’impossibilità oggettiva per tutti i componenti della terna di svolgere le prestazioni già indicate dall’aggiudicatario?

Verrebbe individuato un nuovo subappaltatore? Con quali modalità? Con quali limiti?

In tal caso, che senso avrebbe la disposizione in esame?

Insomma, l’indicazione della terna suscita non poche perplessità, ed appare pertanto opportuno chiedersi il perché di una simile previsione.

Il cambiamento, infatti, come anticipato, è assai rilevante e potrebbe comportare delle importanti ricadute applicative.

Del resto, anche il presidente dell’ANAC Raffaele Cantone, intervenuto in tema di subappalto nel corso dell’audizione della 14a Commissione Politiche dell'Unione europee del Senato, con riferimento all’articolo 105 dello schema di decreto legislativo aveva precisato che “Difficoltà applicative potrebbero derivare, inoltre, dalla previsione del comma 6, contemplante l'obbligatorietà dell'indicazione della terna di subappaltatori solo per i contratti di importo superiore alle soglie e per i quali non sia necessaria una particolare specializzazione; la norma così come formulata sembra generica e, quindi, foriera di difficoltà applicative”.

Ebbene, cercando di dare risposta al perché di tale cambiamento, appare opportuno riferirsi all’evoluzione normativa e ancor prima giurisprudenziale che a tale mutamento ha condotto.

L’indicazione, già in sede di offerta, della terna dei subappaltatori, in particolare, seppur apportatrice di numerosi dubbi applicativi, è dovuta, normativamente, ad un garantistico recepimento da parte del legislatore codicistico dei principi contenuti tanto nella Direttiva 2014/24/UE, quanto nella legge delega, di cui alla L.11/2016.

In particolare, l’art. 71, comma 2, della Direttiva, stabilisce che “Nei documenti di gara, l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere o può essere obbligata da uno Stato membro a chiedere all’offerente di indicare, nella sua offerta, le eventuali parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti”.

Dalla lettura della norma si rende evidente che agli Stati membri è stata lasciata la facoltà di scegliere tra l’obbligatorietà della previa indicazione dei possibili subappaltatori, e la possibilità di rimettere tale scelta alla discrezionalità della stazione appaltante.

Ebbene, il legislatore delegante, con l’art. 1, comma 1, lett. rrr), ha solcato la prima strada, lasciando tuttavia al legislatore delegato la possibilità di limitare il contenuto dell’obbligo di indicazione dei nominativi dei possibili subappaltatori.

Attraverso detto articolo è stato infatti espressamente invitato quest’ultimo a prevedere l’obbligo di per i concorrente di “indicare in sede di offerta le parti del contratto che intende subappaltare; l’espressa indicazione dei casi specifici in cui vige l’obbligo di indicare, in sede di offerta, una terna di subappaltatori per ogni tipologia di attività prevista in progetto; l’obbligo di dimostrare l’assenza in capo ai subappaltatori indicati dei motivi di esclusione e di sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza di motivi di esclusione”.

Il legislatore delegato, quindi, nel recepire in contenuto della delega succitata, attraverso l’art. 105, comma 6, da un lato, ha confermato l’obbligatorietà della previa indicazione della terna di subappaltatori, dall’altro, ha limitato tale obbligo, rendendolo applicabile ai soli appalti di lavori, servizi o forniture di importo pari o superiore alle soglie di cui all'articolo 35 e per i quali non sia necessaria una particolare specializzazione. 

Negli appalti con valore inferiore alle soglie di cui all’art. 35, invece, sarà rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante la possibilità di prevedere ulteriori casi in cui è obbligatoria l'indicazione della terna.

Orbene, la disposizione in esame, rendendo obbligatoria l’indicazione della terna di subappaltatori già in sede di offerta, altro non ha fatto che recepire positivamente le istanze a più voci formulate dagli operatori del settore, seppur con riferimento alla previgente disciplina.

A tal proposito, basti riferirsi alle numerosissime pronunce, aventi ad oggetto la necessaria indicazione del nominativo del subappaltatore e delle sue qualifiche in caso di “subappalto necessario” o “qualificante” ( ex multiis, T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, 15 febbraio 2015 n. 216, in Foro amm.-C.d.S., 2015; Cons. Stato, Sez. IV, 13 marzo 2014 n. 1224, in Foro amm., 2014, 3; Id., Sez. V, 21 novembre 2012 n. 5900, in Foro amm.-C.d.S., 2012, 11; Id., Sez. VI, 2 maggio 2012 n. 2508, in Foro amm.-C.d.S., 2012, 5; Id., Sez. V, 20 giugno 2011 n. 3698, ivi, 2011, 6) (1).

Tuttavia, è bene precisare che non tutta la giurisprudenza amministrativa si era pronunciata favorevolmente rispetto alla necessità della previa indicazione del subappaltatore in sede di offerta.

Anzi, la tesi prevalente era quella opposta.

Sicché, con riferimento all’art. 118 del vecchio codice, erano venute a formarsi due differenti tesi nella giurisprudenza amministrativa.

Secondo la prima tesi, la necessità della dimostrazione, ai fini della partecipazione alla procedura, della qualificazione per tutte le lavorazioni per le quali la normativa di riferimento la esige avrebbe implicato, quale indefettibile corollario, la necessità dell’indicazione del nominativo del subappaltatore già nella fase dell’offerta, di guisa da permettere alla stazione appaltante il controllo circa il possesso, da parte della concorrente, di tutti i requisiti di capacità richiesti per l’esecuzione dell’appalto (Cons. St., sez. V, 25 febbraio 2015, n. 944; sez. V, 10 febbraio 2015, n. 676; sez. V, 28 agosto 2014, n. 4405; sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4299; sez. IV, 26 maggio 2014, n. 2675; sez. IV, 13 marzo 2014, n. 1224; sez. III 5 dicembre 2013, n. 5781); la seconda lettura dell’istituto, viceversa, partendo da un’esegesi delle regole che presidiano i requisiti di qualificazione, e che escludono che, ai fini della partecipazione alla gara, sia necessario il possesso della qualificazione anche per le opere relative alle categorie scorporabili (esigendo il ricorso al subappalto solo per quelle a qualificazione necessaria e nella sola fase dell’esecuzione dell’appalto), imponeva la diversa soluzione dell’affermazione del solo obbligo di indicazione delle lavorazioni che il concorrente intende affidare in subappalto, ma non anche del nome dell’impresa subappaltatrice (Cons. St., sez. IV, 4 maggio 2015, n. 2223; sez. V, 7 luglio 2014, n. 3449; sez. V, 19 giugno 2012, n. 3563).

Ebbene, stante l’evidente e costante contrasto tra le succitate interpretazioni, la sezione V del Consiglio di Stato, con l’ordinanza n. 3069 del 17 giugno 2015, ha rimesso all'esame e alla decisione dell'Adunanza Plenaria l’interpretazione dell'art. 118 del vecchio codice dei contratti pubblici.

L’Adunanza Plenaria, con la sent. n.9/2015 sopra menzionata, dopo un’ampia disamina della disciplina e delle due tesi di cui sopra, partendo logicamente dai canoni interpretativi sintetizzati nei brocardi in claris non fit interpretatio (codificato nell’art.12 delle Preleggi) e ubi lex voluit dixit ubi noluit tacuit, ha statuito per la non obbligatorietà dell’indicazione del nome del subappaltatore all’atto dell’offerta, “neanche nei casi in cui, ai fini dell’esecuzione delle lavorazioni relative a categorie scorporabili a qualificazione necessaria, risulti indispensabile il loro subappalto a un’impresa provvista delle relative qualificazioni (nella fattispecie che viene comunemente, e, per certi versi, impropriamente definita come “subappalto necessario”)”.

Secondo l’Adunanza, “l’art.118, secondo comma, d.lgs. cit., ha catalogato (articolandoli in quattro lettere) i requisiti di validità del subappalto, ha evidentemente inteso circoscrivere, in maniera tassativa ed esaustiva, a quei presupposti (e solo a quelli) le condizioni di efficacia del subappalto, sicchè ogni opzione ermeneutica che si risolvesse nell’aggiunta di un diverso ed ulteriore adempimento (rispetto a quelli ivi classificati) dev’essere rifiutata in quanto finirebbe per far dire alla legge una cosa che la legge non dice (e che, si presume, secondo il suddetto canone interpretativo, non voleva dire).

Il complesso di queste novità ha reso il subappalto l’eccezione rispetto alla regola, costituita dall’assenza di subaffidamento, suscitando numerose critiche tanto in dottrina, quanto in seno alle associazioni imprenditoriali”.

Tali conclusioni, poi, ad avviso dell’Adunanza sarebbero state corroborate anche dal disegno di legge di delega al Governo per il recepimento delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE (all’esame della Camera dei Deputati, in seconda lettura, al momento della redazione della decisione).

Dal disegno, infatti, si sarebbe potuto ricavare un ulteriore prezioso riscontro alla tesi scelta dall’Adunanza Plenaria, “là dove si ripristina, ivi, l’obbligo dell’indicazione di una terna di subappaltatori, ad ulteriore conferma che il silenzio serbato sul punto dal codice dei contratti pubblici in vigore non può essere trattato alla stregua di una lacuna colmabile in esito ad una complessa ed incerta operazione ermeneutica, ma costituisce una scelta chiara e cosciente (tanto che la legislazione precedente e, forse, quella successiva hanno operato e, probabilmente, opereranno una scelta diversa)”.

L’Adunanza Plenaria, prendendo atto dell’intenzione del legislatore delegante di reintrodurre nell’ordinamento l’obbligo dell’indicazione della terna dei subappaltatori, ha affermato che solo quest’ultimo avrebbe potuto operare una simile scelta.

In ogni caso, l’Adunanza, in un passaggio della pronuncia in esame, pur statuendo per la non obbligatorietà dell’indicazione del nominativo del subappaltatore, per le ragioni sopra riportate, ha anche avuto modo di affermare che la tesi opposta sarebbe stata comunque plausibile e ragionevole, oltre che fondata sull’esigenza di tutelare l’interesse pubblico all’amministrazione imparziale e corretta delle procedure di affidamento dei contratti pubblici.

Da quest’ultima affermazione si ricava un principio.

Il nuovo art. 105, nel prevedere l’obbligatorietà dell’indicazione della terna, altro non ha fatto che prendere atto di quanto già anticipato da parte della giurisprudenza con riferimento, però, ad una disposizione da cui era impossibile ricavare un principio di tale portata, pena la compromissione dei principi interpretativi della norma giuridica.

Si noti, peraltro, che l’introduzione di una siffatta disciplina, oltre porsi a valle della giurisprudenza sopra citata, non costituisce un’assoluta novità nel panorama giuridico italiano, atteso che l’obbligo di indicare in sede di offerta i nominativi dei subappaltatori era già contenuto nell’art. 18 della legge n. 55 del 1990.

Tale obbligo venne poi soppresso con l’art. 34 della legge 11 febbraio 1994 n. 109 (“la legge Merloni”) così come modificato dall’art. 9, commi 65 e 66 della legge 18 novembre 1998 n. 415 (“la legge Merloni ter”).

In quel caso, al contrario di quanto avvenuto con il nuovo articolo 105, il Legislatore ha ritenuto che la preventiva organizzazione di mezzi propri per un appalto ancora incerto fosse eccessivamente gravoso, tanto per l’offerente, quanto per il subappaltatore o i subappaltatori individuati all’atto dell’offerta.

In conclusione, sembra che anche il dato storico-evolutivo della disciplina conforti le tesi esposte e non faccia altro che affermare la maggiore coerenza della scelta del Legislatore di addivenire ad un simile mutamento, apparentemente radicale.

 

  1. Conclusioni

A questo punto, è possibile trarre delle conclusioni in merito all’opportunità della scelta operata dal legislatore codicistico.

L’obbligatorietà dell’indicazione della terna dei subappaltatori in sede di offerta costituisce un’inversione di tendenza assai rilevante rispetto alla disciplina del vecchio codice.

La vecchia impostazione, infatti, aveva quali propositi lo snellimento delle procedure di gara, la maggiore possibile partecipazione al fine di ampliare il confronto concorrenziale e l’eliminazione di possibili intralci e sbarramenti a discapito di certe tipologie di imprese, come le aziende di dimensioni medio-piccole (T.A.R. Sicilia Catania, Sez. I, 16 febbraio 2005, n. 241).

La nuova disciplina, viceversa, risponde ad esigenze più garantistiche, conservatrici se si vuole, ed evidentemente meno concorrenziali.

I forti limiti introdotti al ricorso al subappalto, infatti, potrebbero indurre molte imprese a rinunciare alla partecipazione alle gare d’appalto.

In altre parole, “il subappalto, che sul piano dogmatico dovrebbe essere un subaffidamento inter alios, a cui la stazione appaltante resta estranea” diviene “una vera e propria procedura di affidamento con connotazione pubblicistica, in cui la stazione appaltante entra a gamba tesa(2).

In definitiva, il nuovo subappalto introduce senz’altro dei limiti imponenti al suo ricorso.

Detti limiti, tuttavia, non sono da considerarsi estranei alla natura dell’istituto, che, come si è tentato di esporre, in varie occasioni e grazie all’apporto della giurisprudenza, ha tentato di avvicinarsi contenutisticamente a quanto previsto dall’art. 105 del nuovo codice.

Le novità introdotte, pertanto, appaiono ragionevoli, se non altro, da un punto di vista normativo e finalistico.

Non per questo, però, sono da considerarsi necessariamente corrette, viste le numerose difficoltà applicative riscontrate, a distanza di pochi mesi dall’entrata in vigore del nuovo Codice.

Bisogna, infatti, tenere conto della drastica riduzione numerica degli appalti banditi a seguito dell’emanazione del nuovo codice, di cui la nuova disciplina del subappalto non può che ritenersi concausa.

Non a caso, è stato recentemente aperto un ciclo di audizioni alla Camera sull’attuazione del nuovo codice, con Consip e Ance, che hanno segnalato diverse criticità applicative, anche con particolare riferimento alla disciplina del subappalto.

Sicché, appare opportuno attendere che la nuova disciplina entri pienamente a regime prima di valutare con piena cognizione di causa l’opportunità della scelta operata dal legislatore codicistico.

 

[1] In dottrina, sull'argomento, si veda, V. Di Iorio, G.A. GiuffrèIl subappalto, in F. Caringella, M. Giustiniani (a cura di), Manuale di Diritto Amministrativo. IV. I contratti pubblici, Dike, 2014, 1378 ss., Codice dell'appalto pubblico, Giuffrè, 2015, 1366 ss.; A. Di Ruzza, C. LindaArt. 118, in S. Baccarini, G. Chinè, R. Proietti (a cura di), Codice dell'appalto pubblico, Giuffrè, 2015, 1366 ss.;

(2) R. De Nictolis, Le procedure di scelta del contraente, 09/11/2016, pubblicato su www.italiappalti.it